martedì 24 marzo 2015

LA CRISI COME (SANO) "AGGIUSTAMENTO AL CAMBIAMENTO" E LE ORIGINI DEL PAREGGIO STRUTTURALE DI BILANCIO

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1. Qual'è l'origine del concetto di pareggio strutturale del pubblico bilancio su cui oggi si impernia la politica economica che la commissione UE impone, senza particolari adattamenti, ai paesi aderenti all'Unione monetaria?
Non sorprendentemente, tale concetto di politica fiscale è tratto dalle teorie, che si svilupparono durante la Grande Depressione seguita alla crisi del '29 negli USA, come reazione "liberista" alle politiche espansive, cioè in c.d. deficit spending, predicate sia dagli economisti variamente connessi all'Amministrazione Roosevelt sia, successivamente, definite come keynesiane.
Per trovare un'interessante rassegna de "The Depression-Era Case Against Expansionary Policies" suggeriamo la lettura di questo paper.
Teniamo conto della circostanza che, - proprio perchè la convinzione assoluta e persistente era quella che lo Stato dovesse agire come una famiglia e, quindi, non indebitarsi in alcuna circostanza e, semmai, risparmiare, cioè realizzare un surplus di pubblico bilancio al di fuori della condizione di "guerra"-, negli anni immediatamente anteriori alla crisi del '29, e fino allo stesso anno, il bilancio federale USA era in attivo.

Dai grafici che seguono, noterete anche come fino all'inizio del 1930 questo attivo sia stato mantenuto. Si può vedere come un sostanziale pareggio di pubblico bilancio (dopo una serie di deficit) fosse stato ripristinato intorno al 1936, allorchè, appunto, si è verificato il c.d. double dip, cioè la ricaduta in una fase recessiva del PIL USA negli anni 1937-38.







2. Una lezione per i seguaci delle teorie neo-classiche dell'equilibrio marshalliano? Niente affatto.
Hoover, presidente fino al 1932 e primo "gestore" della Grande Recessione, riteneva che una politica fiscale espansiva fosse da evitare per quanto possibile. 
Nel dicembre 1931 indirizza alla Nazione questo messaggio, le cui parole rieccheggiano "stranamente" (e, se volete, clamorosamente) le identiche frasi e formule utilizzate, poi, dai tecnocrati e dai governanti €uropei negli attuali frangenti di crisi economica dell'area euro:
"Il nostro primo passo verso la ripresa è di ristabilire la fiducia e ripristinare così il flusso del credito che è la base della nostra vita economica.

Il primo requisito della fiducia e della ripresa economica è la stabilità finanziaria del governo degli Stati Uniti.
Anche con un'accresciuta tassazione, lo Stato non oltrepasserà il limite assoluto di sicurezza della sua capacità di indebitarsi, nei limiti della spesa per la quale avviamo già preso impegno...Andare oltre questi limiti...distruggerà la fiducia, depriverà il commercio e l'industria, metterà in pericolo il sistema finanziario, e, in effetti, amplierà la disoccupazione e la depressione dell'agricoltura piuttosto che attenuarla."

3. Anche dopo l'arrivo di Roosevelt e il concepimento in varie - e, per il vero, notoriamente ondivaghe-, forme di intervento pubblico, la resistenza degli economisti e dei politici "neo-classici" al deficit spending non fu mai veramente abbandonata, tanto che solo i bruti risultati, fallimentari, dei vari tentativi di ristabilire un bilancio dello Stato in (almeno tendenziale) pareggio - appunto come in un famiglia- condussero al livello di pubblico intervento accresciuto che, lentamente, risolse la situazione e proprio con il verificarsi della massiccia spesa pubblica legata alla seconda guerra mondiale.
In tale direzione riportiamo un'eloquente opinione di Schumpeter, che esprime una convinzione tanto dura a morire da rimanere intatta, in tutta la sua potenzialità, nello stesso dopoguerra (laddove il deficit, come si vede dai grafici soprastanti, scomparve per alcuni anni dell'immediato post conflitto, ma, in verità, per la diminuzione improvvisa dell'economia di sovraproduzione "bellica", ovviamente finanziata dalla spesa pubblica). 
Ecco il lapidario pensiero di Schumpeter, che riporta come vi fosse un pregiudizio avverso "le politiche di stimolo fiscale come rimedio alla recessione, in quanto in sè, erano atte a produrre problemi aggiuntivi nel futuro...
Ciò in quanto le Depressioni non sono semplicemente dei "mali", che dovremmo tentare di sopprimere, ma...forme di qualcosa che si rende necessario ("which has to be done"), cioè degli aggiustamenti al cambiamento...e la maggior parte di ciò che sarebbe efficace nel porre rimedio ad una depressione, sarebbe egualmente efficace nell'impedire tali (benefici) aggiustamenti".

4. In questa cornice si spiega come, nello stesso immediato dopoguerra, si fosse subito riorganizzata la pressione verso l'abbandono delle politiche di deficit spending. Un gruppo di uomini d'affari "liberali" (whar else?) si organizzò (cfr; Galbraith "Storia dell'economia", pag.280) in un "Committee for Economic Development", il cui scopo era studiare come si potesse diminuire la disoccupazione e aumentare la produttività una volta tornata la pace. 
Tra i componenti del Committee, un ex-professore (di non grande popolarità accademica), poi divenuto executive di una catena di grandi magazzini, Beardsley Ruml, escogitò la formula del "pareggio strutturale di bilancio". 
Il concetto è che il finanziamento della spesa pubblica in disavanzo fosse una prova di irresponsabilità e che, dunque, il bilancio federale dovesse essere in balance - "pareggio".
Pur rifiutando espressamente di tributare un qualsiasi riconoscimento alle teorie keynesiane, nondimeno, Ruml concesse che il pareggio in equilibrio corrispondesse alla situazione di "piena occupazione", ammettendosi dunque delle deviazioni, cioè un bilancio in situazione di deficit, durante i periodi di maggior disoccupazione e per il tempo strettamente necessario a ripristinare il tasso di piena occupazione. 
Si tratta, a ben vedere, praticamente della stessa formula utilizzata nel "nuovo" art.81 (al secondo comma) della Costituzione!

5. Per farla breve, ecco come, oggi, in perfetta "Restoration" di questa ideologia economica, aggiornata e riproposta in totale avversione e "damnatio" delle politiche anticliche keynesiane, si giunge al fiscal compact ed alle formule odierne di pareggio strutturale.
Quest'ultimo viene così legato a un livello "indicizzato" di occupazione "piena", ritenuto funzionale e strettamente corrispondente al livello di inflazione desiderato, il cui target "ideale", com'è noto, viene posto al 2%: tale livello di disoccupazione, per l'Italia, è un tasso del 10,5%. 
Esso, peraltro, nel quadro del fiscal compact (art.3) dovrebbe corrispondere a un deficit al livello minimo inferiore dello 0,5%.
Ergo, il pareggio "strutturale", (con una serie di formule matematiche), viene considerato compatibile con un certo deficit ("l'obiettivo di medio termine" verso il pareggio) laddove la disoccupazione sia superiore a tale livello di disoccupazione (inflattivamente) "sana"
Ad es; l'Italia, in ciclo negativo (cioè di recessione a partire dal 2011 e ininterrottamente fino ad...oggi, Istat permettendo- v.par.14), può avere un deficit superiore allo 0,5, in quanto si registra un ciclo economico negativo con una disoccupazione intorno al 13% (poi si può vedere di quanti decimali aumenti o diminuisca; sempreche ciò abbia veramente un senso in termini di effettiva ripresa del prodotto interno....).

6. Ovviamente, per le regole del fiscal compact, questo deficit strutturale di medio termine dovrebbe, oggi, essere comunque inferiore a quello attualmente registrato dall'Italia; esso quindi "devia" dall'obiettivo legal€ di medio termine...confermando così che la ripresa responsabile e basata sulla fiducia, e cioè sulla austerità fiscale e il pareggio di bilancio, non si verifica affatto... 

La legge di Okun spiega in che termini sta il rapporto tra disoccupazione e PIL. 
In particolare la legge stabilisce che è necessaria una crescita (nominale) del PIL del 2.7%, affinché il tasso di disoccupazione rimanga stabile (invariato). 
Invece, per ridurre il tasso di disoccupazione dell’1%, occorre aumentare del 2% il tasso "reale" di crescita del PIL (la c.d. regola del 2 a 1).
Questo tanto per capire come, per ottenere un livello di crescita che consenta di ridurre di circa 3 punti la disoccupazione (preferibilmente creando occupazione effettiva e non "apparente"), ed avuto riguardo al moltiplicatore della spesa pubblica, il deficit dovrebbe - teoricamente- essere aumentato in un anno di circa 4 punti di PIL, da impiegare in spesa pubblica (anche considerando che l'inflazione attuale è negativa e, comunque, molto prossima allo zero).
In sostanza, per non far aumentare la disoccupazione (effettiva) occorre circa un punto di PIL di aumento della spesa e, per farla diminuire fino a un presumibile livello intorno al 10%, occorrerebbero altri 3 punti di deficit. E non di sgravi fiscali (che hanno un moltiplicatore dimezzato, sicchè tali incrementi di deficit dovrebbero essere raddoppiati).

8. Ma, dovendosi avere un deficit di circa 7 punti di PIL (cioè i 3 attuali più i quattro correttivi della disoccupazione), essendo noi vincolati in un'area valutaria imperfetta, cioè priva di strumenti fiscali "federali" di correzione degli squilibri commerciali, questo stesso incremento non gioverebbe, con affidabile certezza, ad una crescita corrispondente del livello necessario, cioè in grado di ridurre la disoccupazione (vi osterebbe il peggioramento delle partite correnti e la flessione corrispondente del PIL).
Occorrerebbe avere un cambio flessibile e, anche, un sistema industriale ancora efficiente.
Ma questo è un altro discorso (peraltro già svolto varie volte).


27 commenti:

  1. Come sempre molto chiaro... grazie Luciano

    Drammatica la situazione del paese... ieri ho dato un'occhiata a dati "top secret" di Auchan Italia UN DISASTRO!! I FRANCESI SE NE VANNO!!

    Amici imprenditori vivono nel limbo di vane speranze... e mi rattrista questa impotenza.

    OT- ps.
    il vino francese... anche un paio d'ore nel decanter e mi raccomando la temperatura ;-)

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    1. Il punto è sempre quello: il 25 luglio arriva nella sua conclamazione quando non potranno più far finta di voler fare qualcosa. E non potranno più sparare la gigantesca ca.,,,ta della "fiducia".
      Allora gli imbelli e proni cittadini condizionati dai talk show demenzial-ordoliberisti si agiteranno in preda all'egoismo tardivo e cacceranno gli €urotruffatori.
      Ma ci vuole sempre qualcuno che gli porti l'acqua (della verità) co le recchie. Da soli, continuerebbero a credere alle "riforme"...

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    2. Ad "occhio", ossia ragionando da mero profano, già prima della crisi il proliferare di centri commerciali mi dava l'idea di un eccesso di offerta.
      Probabilmente (se sbaglio mi "corrigerete"), anche quel proliferare era, a suo modo, una "bolla": ci vivevano sopra, infatti, tanto l'edilizia quanto i consumi interni drogati dal ciclo di Frenkel.
      Anche il messaggio delle pubblicità ti spingeva ad indebitarti. Perfino quando compravi un'auto (ricordo personale), vedevi il venditore "spingerti" verso le rate piuttosto che verso il pagamento in contanti anche se facevi capire di preferire la seconda strada. Altro segno del bis-linguaggio liberista: lo Stato deve comportarsi come il buon padre di famiglia e non fare debiti; invece, il padre di famiglia può anche spendere a deficit indebitandosi sempre di più.

      Se si prosegue su questa strada di deflazione, tuttavia, temo che vedremo molti centri commerciali vuoti.Magari nei quali stipare i soliti disperati che fuggono dai loro devastati paesi. Dal di fuori non si vedrà nulla (sulla scia del capolavoro di Tor Vergata a Roma, dove il degrado e le condizioni inumane dei migranti sono nascoste dai vetri a specchio di un bell'ex ufficio), e i piddini saranno con la coscienza a posto.....

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    3. L'ultima cosa che hai detto mi pare abbastanza post-nuke da essere gradita al regime ordoliberista. Vuoi mettere dei bei quartieri fantasma, abbbitati da extracomunitari con vetri specchiati sempre più "in frantumi", per solleticare la solidarietà, e il senso di colpa comparato, di chi sta a casa di babbo col reddito di cittadinanza?

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    4. Del resto, come ho detto, il "progetto pilota" purtroppo già ce lo abbiamo, come puntualmente riportato dai media di regime:

      http://www.lastampa.it/2014/06/19/scienza/ambiente/focus/palazzo-selam-un-ghetto-per-rifugiati-a-roma-iHQmRp2SBA3lDmoIcWktGM/pagina.html

      http://www.repubblica.it/solidarieta/profughi/2014/06/16/news/selam-89126713/

      http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-12-08/palazzo-selam-171318.shtml?uuid=Ab9eFMAH

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    5. @Roby Bury --I francesi scappano dall'Italia? Pero'...non ci avevo pensato. Allora bisogna peggiorare ancora un po' (non e' difficile, gli riesce, un altro po' di tasse da girare all'europa) Andare tanto male, da costringere i predatori esteri a fuggire a gambe levate. Come in natura determinati animali, che si fingono morti ed emettono un fetore insopportabile, per non essere divorati, e poi si rialzano(speriamo, di rialzarsi).

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  2. Insomma, la politica economica per essere seria e rigorosa, deve essere fatta da "uomini".

    Certo, da uomini, da gentleMan.

    Non da piccoli borghesucci, populisti, che con un po' di demagogia pensano di piazzare loro e la loro famiglia a spese dei contribuenti.

    E tra Gentiluomini, con la gi maiuscola, esiste solo l'integrità e lo spirito: non esistono le classi. Se un pezzente ha un carattere degno di fiducia, il credito glielo si concede.

    Infatti si dice: "dare credito" a qualcosa o a qualcuno. Fiducia. Trust.

    Perché i Gentilumomini sono una famigghia. Pardon, una famiglia.

    Così funzionano gli affari tra uomini di affari.

    E se non hai una personalità degna di fiducia, dei tuoi "collaterali", me ne batto il cilindro.

    «Because a man I do not trust could not get money from me on all the bonds in Christendom»

    Ma come è avvenuta la transmutazione da Uomo a Gentiluomo?

    Come è stato possibile?

    È un segreto... o quasi.

    L'impero dei porci.

    Morgan had a deformed purple nose, because of rosacea, which resulted in a disease called rhinophyma. As the deformity worsens, pits, nodules, fissures, lobulations, and pedunculation contorted the nose. This condition inspired the crude taunt “Johnny Morgan’s nasal organ has a purple hue˝. »
    « Il mistero della Morgan’s lifelong battles with depression, anxiety, abandonment and “astringent perfectionism”»)

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    1. Mi hai suggerito che il credito sarà concesso soltanto on line, previa assegnazione di una password che, se dimenticata, non consente più l'accesso a nessun tipo di acquisto nemmeno per sopravivvere.
      Un po' come funziona, ormai, l'INPS e specialmente con Boeri (c'è da supporre); perdita irrimediabile dei diritti se non hai il profilo telematico-digitale assegnato alla nascita.
      In fondo i nuovi gentlemen, dal lato della domanda, se ridotti a codici alfanumerici non dovrebbero neppure puzzare.
      Neanche da morti...

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    2. @Bazaar

      Lo so è ro(b)ba vecchia, le deposizioni dei "pirati" al Pujo Committee Pujo uniscono punti "diacronici" delle piste tra Mr Jekill (island) & Mr Hide

      https://fraser.stlouisfed.org/scribd/?title_id=1329&filepath=/docs/historical/house/money_trust/montru_report.pdf#scribd-open

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    3. Appunto, ed è giusto ricordare le origini suine della "credibilità", dello "Stato come una famigghia", della "stabilità finanziaria" e de "il denaro non si può controllare ma il credito sì".... in quell'interrogatorio c'è tutta l'aberrazione sociopatica degli odiatori dell'umanità.

      Si potrebbe fare un trattato di psichiatria su quelle dichiarazioni di J.P. Morgan, il nostro simpatico prorceddu bis-linguista, la cui "casata" sarà poi fra le maggiori responsabili del fallimento keynesiano di BW.

      (Poi mi incuriosiva capire perché dal XX secolo i Paperoni venivano disegnati come Porci col cilindro... e avanzo l'ipotesi "archetipica"... solo Orwell toglierà il cilindro... ma la specie rimane sempre quella del suino... poveri maiali!)

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    4. Incuriosisce ancora di più come la
      SUS SCROFA DOMESTICUS L.
      che, nel corso della Storia, ha costituito un fondamento di equilibrio tra sussistenza, economia e cultura abbia dovuto "indossare" un cilindro ..

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  3. Gia'. La famosa frase del ministro Mellon: «Liquidate il lavoro, liquidate le azioni, liquidate gli agricoltori»
    Chissa' nei circoli di ESSI quanto sara' ossessivamente ripetuto questo concetto.

    A proposito di credere alle riforme. 'Nzomma...
    Ti segnalo (l' ho trovato su Twitter) un cartello mostrato da Floris. Con una domanda sorprendentemente precisa e efficace e una risposta altrettanto lapidaria degli intervistati:
    "Le riforme del governo hanno migliorato la sua vita ?"
    Risposte:
    Si 13%
    No 85%.

    Ok, poi il messaggio sara' "bisogna aspettare il lungo leriodo" e l' intramontabile (e mutuato dai comunisti anni '80 in riferimento all' URSS) "le riforme non sono abbastanza/sono troppo ooche/ sono incomplete". Ma anche ste scemenze mi sa che convinceranno sempre meno gente.

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    1. Che le riforme non siano mai abbastanza, in base agli INDICI, lo ha dimostrato ampiamente Arturo in uno dei (tre) post che racchiudono la orrenda trattazione dell'argomento. Non orrendamente, ma brillantemente, (sia ben chiaro) trattato dall'ottimo Arturo, che invece mostra come la realtà superi abbondantemente la fantasia più teratologica.

      Attendiamoci infinite stagggggggioni di riforme ordoliberiste e acclamazioni finali di gente assopita dal bis-linguaggio.
      In testa ci metto, e non insisterò mai abbastanza, l'ORRENDO REDDITO DI CITTADINANZA

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    2. cmq bisogna notare che Floris, da quando ha lasciato la Rai, è più scomodo verso Renzi.

      ci dev'esser un dente avvelenato.

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  4. La Sua analisi è come sempre cristallina. A proposito di pareggio, sto veramente facendo di tutto per convincermi, Presidente, che l’avversione ordoliberista nei confronti dello deficit spending sia semplice imbecillità. Sono troppi i buchi neri nei ragionamenti di questi “ciucci bardati”. Non è neppure immaginabile un sistema mondo che non sia impostato sul pareggio tendenziale dell’import-export, contrariamente a quanto sostengono gli asini liberisti che intenderebbero raggiungere esclusivamente la massima efficienza dal lato dell’offerta. Per di più con un cambio fisso!! Ci vuole così tanto a capirlo? E’ un concetto così difficile? L’idea secondo la quale un interscambio in cui determinati paesi siano sistematicamente esportatori ed altri solo importatori è semplicemente da nosocomio psichiatrico.

    E allora è evidente che lo sviluppo di qualsiasi area non può che appoggiarsi sul mercato interno, ovvero sulla domanda interna, altro che pareggio di bilancio. E la domanda interna, a maggior ragione se in periodi di recessione buia come quella che stiamo vivendo, non può che essere stimolata con la spesa a deficit che tenda alla piena occupazione, con tutte le logiche conseguenze che ne discendono. Non vogliono dare retta a quel cattivone di Keynes? Che diano retta almeno alla storia ed all’esperienza. Se sei al ristorante, ti portano un piatto di escargot e non sai come si mangiano, guarda come fa il tuo dirimpettaio, ma non blaterare che i gusci devono frantumarsi e per di più con la nitroglicerina! Eppure la tesi manualistica è questa. Siamo di fronte a Gentiluomini che devono essere solo interdetti. Eppure la schiera di rinoceronti s’ingrossa: Ionesco già nel 1959 aveva visto lontano

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  5. E' grottesco che idee - false - le cui origini remote risalgono a Hume vengano presentate come chissà che belle novità modernizzanti. Teoria quantitativà e neutralità della moneta, inflazzzione dietro l'angolo, equivalenza ricardiana, il crowding out...c'è tutto. Scrive Blyth: "Hume pulls no punches on the issue of government debt. It’s a bad thing. Period. If the reasons he offers sound familiar today, it’s because, as Hirschman warned us, the same arguments have been doing the rounds for the past few hundred years with little modification. [...] Despite this broadside of familiar critiques, we must remember that Hume predicted the end of Great Britain due to excessive debt issuance just at the moment that Great Britain was about to dominate the world for a century. It’s hard to be that wrong; and yet the arguments against debt, in essentially the same form, continue to be used today, three hundred years later. Facts, it seems, seldom triumph over a good liberal ideology [...]".

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    1. AAAHH! Ti stai convertendo anche tu alla lotta all'empirismo! Padre demoniaco delle aberrazioni deterministe e relativiste del liberalismo!

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    2. Dipende cosa intendi per empirismo...certo a quello pre-kantiano antirealista non son mai stato favorevole. :-)

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  6. Il quadro macroeconomico internazionale è più favorevole. Le economie, europea ed italiana, stanno entrando in una finestra di opportunità". Lo ha detto il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, intervenendo al Salone del Risparmio. Questo però "non ci condurrà ad una situazione come quella precedente alla crisi. Non è possibile né auspicabile"
    DISARMANTE.
    Luca

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  7. Le radici assurde del liberismo – e sono del tutto d’accordo con Arturo - affondano in pensieri filosofici subdoli e malati sviluppatisi nel XVII secolo, dominando la scena dell’età moderna. E’ l’empirista radicale Locke il padre fondativo del liberismo, il creatore del moderno homo oeconomicus.

    Dal punto di vista gnoseologico, nel Saggio sull’intelletto umano il soggetto di Locke va addirittura oltre quello di Cartesio (che, sebbene dovesse rispecchiare l’oggettività data, quantomeno aveva ancora idee innate): l’intelletto è una sorta di ripostiglio, una camera oscura, nella quale un piccolo foro lascia entrare la luce formando un’immagine rovesciata. In definitiva, siamo del tutto passivi (più che per Cartesio) rispetto ai contenuti dell’oggettività data (res extensa), che è così e che possiamo limitarci a rispecchiare senza modificarla. Un ripostiglio che raccoglie ciò che altri vi mettono (è il messaggio dell’inemendabilità che oggi va di moda: il mondo è capitalistico, esiste il sistema eurocratico, tutto va a rotoli, ma non c’è niente da fare, dobbiamo prenderla così, sopportare, è un dato di fatto). Questo sistema, proseguito da Kant (che in verità è un giano bifronte) verrà totalmente ribaltato dagli idealisti, soprattutto Fichte e poi il grande Hegel, l’ultimo dei greci (stranamente ostracizzati dagli ordoliberisti e tacciati di essere reazionari, nazisti, comunisti e quant’altro).

    Dal punto di vista politico, per Locke non esiste la comunità, esistono solo gli individui (mi ricorda la frase della regina madre d’Inghilterra, oggi defunta!), che lavorano, scambiano, si arricchiscono. Insomma, l’uomo di Locke è Robinson Crusoe slegato da una “sostanza” comunitaria (immaginaria) che non preesiste al sistema scambistico. Nessun terreno extraeconomico preesistente, quindi, ma individui che egoisticamente hanno il loro diritto di proprietà (naturalmente dato per grazia divina), producono in competizione tra loro (ricorda la “forte competitività del TFUE), scambiano ed implementano la loro ricchezza senza limite. Prima l’individuo egoistico, poi gli altri con i quali si instaurano rapporti, ma solo economici e di interessi (la koinonìa aristotelica è praticamente dissolta, la polis – che veniva prima dell’individuo - parimenti, i valori dei greci classici, ripresi dall’idealismo, del tutto frantumati). Non c’è spazio per la solidarietà, ma solo per rapporti di proprietà individuali e di scambio (così come nel TFUE). segue

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  8. Nel secondo Trattato sul governo Locke arriva a dire che “ciascuno di noi è proprietario della sua stessa persona (ricorda “il corpo è mio e lo gestisco io” di ottusa sessantottina memoria, tempo della definitiva emancipazione del capitalismo liberista). E lo Stato? Lo Stato ha una sola funzione: quella di garantire la proprietà che ciascuno ha conquistato. In tal caso il rapporto è tra il singolo e lo Stato al quale si chiede di proteggere la proprietà conquistata. Che ognuno se la gratti da solo, lo Stato non deve intervenire se non per proteggere la proprietà. Uno stato poliziotto, insomma, garante delle transazioni commericiali. “Vivere bene nella pace reciproca assicurandosi il godimento della proprietà” dice Locke (il quale aveva però investimenti in America nella tratta dei neri!)

    Poi arriva Adamo Smith che mette il carico da undici, ovvero la religione (quanto e più di Locke). Per lui la questione della proprietà privata è scontata, così come è scontato che ci siano detentori di moneta che comprano lavoro anche a costo di disuguaglianze. Smith introduce la manina invisibile (che è di Dio, come quella di Maradona) e che porta in equilibrio domanda ed offerta. E’ Dio stesso in azione (mi ricorda, chissà perché, “In God we trust”$ !!). Ma Smith fa di più, ovvero anticipa la teoria evoluzionista nel peggiore dei modi possibili e prima di Darwin. Nella ricchezza delle nazioni dice “But in civilized society, it is only among the inferior ranks of people that the scantiness of subsistence can set limits to the further multiplication of the human species; and it can do so in no other way than by destroying a great part of the children”.

    Il quadro di cui sopra è molto chiaro ed è stato trasposto “paro paro” in tutti i trattati europei. Quell’idiota di Hayek non ha inventato nulla di nuovo, ha solo ciabattato e male – insieme alla sua cricca di Gentiluomini - idee malate (forse avrà letto anche Max Stirner, non è da escludere)

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    1. Bella "rassegna" sintetica...
      Alla fine non risolveranno mai il problema di spiegare come si possa divenire, di volta in volta, - e proprio perchè il governo del mercato non riesce a spiegarlo-, "l'unico...e la sua proprietà"

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    2. Senza nessuna intenzione polemica vorrei precisare che “il corpo è mio e lo gestisco io” fu lo slogan della lotta per la depenalizzazione dell'aborto, di cui a quel tempo si continuava a morire, non spesso ma regolarmente. Tutto questo mi pare che con la frase di Locke c'entri poco (fra l'altro sarebbe interessante stabilire se il "noi" di Locke si estendesse concretamente a mogli, madri, figlie e sorelle).
      Fu una lotta portata avanti prima di tutto dalle femministe dell'epoca, che non erano esattamente personcine cui sarebbe piaciuta la Boldrini, e viceversa :-).

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    3. Viva la faccia, Frank, ci voleva. L'analisi di quel fenomeno qui mi sembra di livello molto inferiore e alquanto approssimativo rispetto alla lucidità e alla precisione con cui si affrontano la Costituzione, la UE e le sue implicazioni economiche, o la storia politica del dopoguerra.
      Lasch e i suoi epigoni o megafoni decisamente non bastano, se non per sprofondare in una vaga laudatio di nebulosi tempi che furono, e per instillare un vago senso di colpa che ricorda ben peggiori attori che il femminismo, fenomeno peraltro posteriore al '68 strettamente inteso e che con quel movimento polemizzò e si scontrò anche aspramente.

      Nemmeno io avrei fatto polemiche tre anni fa, ma oggi questa rilettura superficiale, strabocchevole di amalgami forzati, sta diventando davvero soffocante e pervadente. Come se farla passare per acquisita fosse la vera posta in gioco per poter ricostruire la "giusta" visione del mondo. E non mi piace.

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  9. "Occorrerebbe avere un cambio flessibile e, anche, un sistema industriale ancora efficiente." e io, per l'ennesima volta aggiungo: "ed un sistema bancario non parassitario". No perchè pensavo: il piano Juncker a quanto ammontava (al loro delle risate 315MLD, al netto cazzate quanto? 13mld). Gli aiuti alle banche invece? Trovate alcuni articoli, datati, qui, qui , qui, qui, qui . Devo dire che non c'è male. Il piano Juncker al confronto è una mancetta. Sottolineo poi quanto dice Zezza sui CAC, questione che qui avevamo già affrontato ma per cui Visco apre scenari cupi…

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  10. Coincidenza vuole che proprio ieri stessi leggendo sul blog di Bill Mitchell un riepilogo della storia del "pareggio strutturale" e della sua relazione con la piena occupazione nella prospettiva NAIRU.
    Question 2 qui: http://bilbo.economicoutlook.net/blog/?p=30426

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  11. Non capisco, per ignoranza mia, se Schumpeter fosse d'accordo con la concezione delle depressioni come fattori di benefici cambiamenti.

    La cosa è interessante perché lo slogan "depressione[anzi, crisi] come opportunità" è stato declinato in vari modi nei primi anni della crisi, diciamo fino al 2011, prendendo diverse sfumature, da quella liberista a quella decrescitista.

    E l'altro slogan della, ovviamente condannabile, resistenza al cambiamento, magari sotto la sfumatura recentemente apparsa di "necessità di tempo per adattarsi al cambiamento", è sempre pronto a riapparire a ogni segno di resistenza in atto, fosse pure solo nel senso dell'uso eterodosso della democrazia formale.

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