martedì 15 settembre 2015

GLI INDICATORI MACROECONOMICI ITALIANI "UFFICIALI": "UN'ALTRA STORIA"


1. I soliti burloni ci raccontano che, insomma, finalmente le cose in Italia vanno bene
Addirittura, cresciamo più del "previsto" (!). Ragion per cui, fiduciosi di aver ingranato il metodo taumaturgico della ripresa, cresceremo in futuro ancora di più.
Si dimentica di considerare che il mercato del lavoro, in tutta €uropa, assomiglia sempre più a quello USA: piccoli miglioramenti del tasso di disoccupazione vengono sbandierati sulla scorta del fantastico modello Spagna, "ma ovviamente non si dice della quota salari su PIL, nel frattempo stabilizzatasi (cioè non varia, dai "minimi", con l'aumento dell'occupazione), dell'incremento del numero di ore lavorate per realizzare la produzione (comunque minore del 2008), a parità di salari reali (quando va bene), in questo stesso periodo, del crescente numero di semioccupati, precari e part-time, che sfalsano la significatività del dato occupazionale (cioè lo rendono un'apparenza statistica rispetto alla reale produttività realizzata ceteris paribus a partire dal 2008)".

PIL

3. Questa poi, dati OCSE alla mano, è la traiettoria comparata del trionfale percorso del PIL italiano, scontando la "uscita dal tunnel" degli ultimi 2 trimestri, rappresentata mediaticamente, a reti unificate, come un cambiamento epocale:

3. Questo l'andamento degli investimenti pubblici (che darebbero...impulso alla ripresa: cioè curva piatta o aumento micro sui livelli minimi del disastro e diminuzione dopo il 2016 e fino al 2018):

http://www.programmazioneeconomica.gov.it/wp-content/uploads/2015/05/6.51.png

"Gli andamenti di lungo periodo dell’economia italiana" secondo i dati "ufficiali" del governo risalenti all'8 giugno 2015; e notare i consumi, anch'essi in "inevitabile ripresa", come pure...gli investimenti esteri:

http://image.slidesharecdn.com/presentazionemercatofy2014def-150226072818-conversion-gate01/95/presentazione-fy2014-7-638.jpg?cb=1424936664

Questa, in base alla stessa fonte, l'evoluzione del PIL procapite italiano comparato con quello dell'Unione europea (naturalmente seguendo il modello Spagna, con tutti i fattori sopra evidenziati, ci riprenderemo...):

 Il PIL procapite italiano è calato in termini relativi dal 119% della media dell’UE 28 nel 2001 fino al 98% nel 2013. Tale calo ha caratterizzato anche Francia e Gran Bretagna e in misura minore la Spagna, che era invece cresciuta fino al 2007. La Germania invece, che aveva mantenuto un reddito procapite relativo sostanzialmente stabile dal 2000 al 2009, ha conseguito nel 2010-13 un consistente miglioramento.

Questa la produzione industriale al giugno 2015 che, nei tiggì, ci assicurano in virtuoso aumento (millimetrico):

La produzione industriale italiana aveva mostrato una tendenza a un moderato calo nel 2000-2005, seguito da una fase di crescita nel 2005-2008, con trend di crescita più limitato rispetto alla media della zona euro. Dalla metà del 2008 fino ad aprile 2009 la produzione industriale è crollata da un massimo di 106 ad un minimo di 78, analogamente a quanto accaduto in tutto il mondo con la crisi finanziaria internazionale. Dalla seconda metà del 2009 alla metà del 2011 la produzione industriale ha recuperato circa il 40% di quanto aveva perso, tornando successivamente a calare.

E come sicurezza della futura crescita questo l'andamento della spesa pubblica su PIL:

La spesa pubblica totale in percentuale del PIL e di quella al netto degli interessi passivi e degli investimenti sono caratterizzate da un trend nettamente crescente dal 2000 al 2009. Il picco massimo della spesa totale viene raggiunto nel 2009 con una percentuale sul PIL pari al 51,1% (il dato è quello successivo rispetto alla revisione del Pil di settembre 2014). Il Documento di economia e finanza prevede cali consistenti nei prossimi anni, fino al 46,9% nel 2019, mentre le spese correnti al netto degli interessi scenderanno dal 42,8% del 2014 al 40% nel 2019.

E naturalmente, pensioni e fannulloni del pubblico impiego, faranno la loro parte: se la relativa spesa diminuisce, il PIL cresce. O NO?

Dagli anni ’80 ai nostri giorni la spesa per i redditi da lavoro dipendente nella Pubblica Amministrazione e quella per prestazioni sociali sono andate divergendo. I redditi da lavoro dipendente mostrano un trend leggermente decrescente. Raggiungono il loro picco massimo nel 1990 con il 12,2% del PIL per poi scendere a un minimo del 10,1% del PIL nel 2000, risalendo all’10,9% del PIL nel 2009 per poi calare nuovamente. Diversamente dai redditi la spesa per prestazioni sociali (che è composta per quasi l’80% da spesa pensionistica) è cresciuta a un ritmo elevato: nel 1980 era poco superiore alla spesa per redditi da lavoro dipendente nella PA (12,3 % del PIL) ed ha conosciuto una forte crescita superando oggi il 20% del Pil, in parallelo all’invecchiamento della popolazione, con l’eccezione di una fase di stabilizzazione nel decennio successivo al 1994.

Questi poi il tasso di occupazione e di disoccupazione, secondo lo stesso studio di governo.it, sempre scontando le nuove modalità di lavoro flessibile (a singhiozzo) e i part-time involontari dilaganti (e il fatto che cassa-integrati e persino stagisti sono calcolati tra gli occupati):

I tassi di occupazione italiano e della zona euro sono aumentati entrambi fino alla crisi del 2008 (dal 57,4% al 63% per l’Italia e dal 65,5% al 70,2% per la zona euro). Successivamente, nel 2008-2013, il tasso di occupazione è calato sensibilmente per entrambe le aree, pur senza perdere tutti i guadagni del periodo precedente (dal 63% al 59,8% per l’Italia e dal 70,2% al 67,7% per la zona euro). Fino al 2008 l’Italia era caratterizzata da una fase di lenta ma continua convergenza verso il tasso di occupazione medio della zona euro, convergenza che si è fermata dopo il 2008, Nel 2014 è tornato a crescere il tasso di occupazione medio sia in italia che nella zona euro.

La tendenza della disoccupazione italiana, come vedete, è divergente, in peggio, al di là di dati stagionali e contingenti, rispetto alla già pesante situazione €uropea. E sono i dati ufficiali...
Dal 2000 al 2007 il tasso di disoccupazione italiano si è quasi dimezzato (dal 10,6% al 5,8%) scendendo sotto la media della zona euro. Successivamente, l’impatto della prima recessione ha portato a un aumento della disoccupazione in Italia, aumento tuttavia meno consistente rispetto alla media della zona euro. La seconda recessione invece ha avuto un impatto molto più forte in Italia che non in Europa (il tasso di disoccupazione in Italia è aumentato di 5,4 punti, passando dal 7,8% di aprile 2011 al 13% di novembre 2014, per poi iniziare a calare fino al 12,4% di aprile 2015 mentre la media della zona euro è aumentata nello stesso periodo solo di 1,7 punti, dal 9,8% all’11,5%). Nel 2014 l’aumento del tasso di disoccupazione è avvenuto in parallelo all’aumento del numero di occupati, perché numerose persone classificate come “inattive” hanno deciso di entrare nel mercato del lavoro.

Nella realtà reale, poi, non può stupire che risparmi e investimenti stiano messi così:
All’inizio degli anni duemila il tasso di risparmio e di investimento pubblico e privato erano sostanzialmente allineati in Italia, la crescita della quota di investimenti fino al 2007 non è stata accompagnata da una crescita proporzionale dei risparmi, rimasti sostanzialmente costanti. Con la prima recessione (2008-2009) i risparmi sono calati più fortemente degli investimenti, che hanno resistito meglio. Durante la seconda recessione invece si è registrato un nuovo calo degli investimenti, mentre aumentava il risparmio precauzionale. Dal 2013 i risparmi sono tornati maggiori rispetto agli investimenti ma ad un livello radicalmente più basso per entrambi rispetto a quello pre crisi (nel 2014 18,3% di propensione al risparmio contro il 16,5% di propensione all’investimento).
 
4. Aspettate. 
A questo roseo quadro, bisogna aggiungere che:
a) sul mercato del lavoro, a ulteriore effetto deflattivo, arriverà la contrattazione di livello aziendale;
b) proseguirà l'afflusso di immigrazione fino al monte premi, "internazionalmente" auspicato, di 150 milioni di nuovi insediati e l'Italia farà la sua parte, oh se la farà! Vedrete come si cresce, accelerando la deflazione salariale e senza disporre di manodopera qualificata e in assenza di  investimenti, pubblici e privati...
c) si acuisce la crisi dei BRICS e, forse, tutto questo modello di svalutazione interna competitiva, basato sulle esportazioni, rischia di impantanarsi. E poi?

5. Insomma non c'è molto da interpretare: piuttosto è meglio che il sistema mediatico non offra i dati ufficiali e racconti un'altra storia:
"...strutturare definitivamente una società sul mercato del lavoro-merce, che  esclude istituzionalmente i salari dalla crescita del prodotto, eliminando il welfare pubblico (pensionistico e sanitario), conduce alla deflazione permanente
E quindi acuisce il rischio della insolvenza sistemica e della stagnazione irreversibile dell'economia reale. Cioè del benessere e della dignità degli esseri umani coinvolti. 
In tale situazione, aumentare il deficit pubblico, neppure sortisce più gli effetti anticiclici che, in teoria, si verificavano in passato: comunque la spesa pubblica si indirizza alla crescente emergenza disoccupazionale, con grande dispendio di inutili misure tampone, e comunque finisce in improbabili misure supply side, che includono pure i programmi di spesa per infrastrutture e di alleggerimento del costo fiscale del lavoro, una volta che il mercato dello stesso lavoro sia strutturato sulla precarietà e sulla deflazione salariale."

18 commenti:

  1. The Ministry of Plenty (in Newspeak, Miniplenty) is in control of Oceania's planned economy (ndr, "pianificazione" dei target di inflazione e dei parametri frieadmaniani dei trattati). It oversees rationing of food, supplies, and goods. As told in Goldstein's book, the economy of Oceania is very important, and it's necessary to have the public continually create useless and synthetic supplies or weapons for use in the war, while they have no access to the means of production. This is the central theme of Oceania's idea that a poor, weak populace is easier to rule over than a wealthy, powerful populace. Telescreens often make reports on how Big Brother (ndr, il Grande Mercato) has been able to increase economic production, even when production has actually gone down (see § Ministry of Truth).

    The Ministry hands out statistics which are "nonsense". When Winston is adjusting some Ministry of Plenty's figures, he explains this:

    But actually, he thought as he readjusted the Ministry of Plenty's figures, it was not even forgery. It was merely the substitution of one piece of nonsense for another. Most of the material that you were dealing with had no connection with anything in the real world, not even the kind of connection that is contained in a direct lie. Statistics were just as much a fantasy in their original version as in their rectified version. A great deal of time you were expected to make them up out of your head.

    Like the other ministries, the Ministry of Plenty seems to be entirely misnamed, since it is, in fact, responsible for maintaining a state of perpetual poverty, scarcity and financial shortages. However, the name is also apt, because, along with the Ministry of Truth, the Ministry of Plenty's other purpose is to convince the populace that they are living in a state of perpetual prosperity. Orwell made a similar reference to the Ministry of Plenty in his allegorical work Animal Farm when, in the midst of a blight upon the farm, Napoleon the pig orders the silo to be filled with sand, then to place a thin sprinkling of grain on top, which fools human visitors into being dazzled about Napoleon's boasting of the farm's superior economy.

    A department of the Ministry of Plenty is charged with organizing state lotteries. These are very popular among the proles, who buy tickets and hope to win the big prizes – a completely vain hope as the big prizes are in fact not awarded at all, the Ministry of Truth participating in the scam and publishing every week the names of non-existent big winners.


    Ci siamo già dentro fino al collo.

    George Bazaarwell

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    1. Ieri ho rivisto "Quinto Potere" e mi è parso quasi ingenuo.
      Oggi, non farebbero uccidere Howard Beale per perdita di audience mentre predica che il sistema finanziario mondiale non può essere contestato e che dobbiamo rassegnarci che non siamo nulla di fronte ai mercati e alle big corporation che dominano gli obsoleti Stati.
      Non oserebbero mai: la perdita di share, considerata la totalitarietà attuale del "messaggio", sarebbe considerata un male minore. E Howard Beale imperverserebbe con conduzioni di talk e editoriali.
      Rispettato e temuto...
      Arthur Jensen ormai starebbe gongolante ai vertici delle istituzioni sovranzionali, ormai trionfanti
      https://it.wikipedia.org/wiki/Quinto_potere

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  2. Altre volte, in circostanze logiche altrettanto drammatiche seppure in campi diversi, si è avuto lo stesso fenomeno che ora è rappresentato dalle disperate argomentazioni di Monti; fenomeno che chiamai: argomentazione in fuga.
    Credo che si tratti poi in sostanza di una semplice esigenza psichica. Quando la struttura concettuale che ha sostenuto la fede di una vita, si dimostra una catastrofe logica, la mente cerca di produrre una argomentazione dinamica. Offrire una singola interpretazione del proprio agire o del proprio credere, fermarsi su di un unico significato, significa farsi prendere, farsi raggiungere anche dalla propria coscienza; ed ecco che si determina l'argomentazione imprendibile, che cambia ogni sei mesi, poi ogni mese, poi ogni giorno: l'argomentazione in fuga.
    Nessuna ostentato aplomb, nessun austero contegno, vale a riscattare un fallimento evidente e conclamato. In Giappone, un tempo, i samurai avevano trovato un modo forse più onorevole di prendere atto della propria sconfitta.

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    1. Forse è così, ma non sarei sicuro di premesse e conclusioni "diagnostiche".

      Le dichiarazioni di Monti, alla luce della teorizzazione ormai ultrasettantennale del federalismo europeo, specie in campo monetario e politico-economico, sono standard consolidati (stabiliti da Einaudi, Hayek, Roepke).
      Cioè sono l'aperta rivelazione di visione e finalità che, nel 2011, non erano (ancora, e del tutto) rivelabili ma che, oggi, riflettono un potere istituzionalizzatosi e rafforzatosi, anche culturalmente (cioè, che è quello che conta nella logica affermata, mediaticamente totalitario).


      In questo contesto, Monti non accusa una catastrofe logica rispetto alle sue azioni (e risultati) o, in generale, del paradigma abbracciato: esiste piuttosto una componente di reattività - vedendo misconosciuti i suoi meriti nell'aver determinato un salto di qualità nell'affermazione del paradigma di potere -, cioè una rabbia che lo porta a dire in faccia, a tutto il mondo, verità che (almeno in Italia), sono circondate da cautele idealistico-cosmetiche (la pax €uropea, l'euro come trasformazione sociale moralmente virtuosa).

      Ma lo fa con la logica del vincitore "morale": sa che il contesto mediatico in cui rilascia queste dichiarazioni lo ha "santificato", al di là dell'opinione pubblica che, ingiustamente, lo respinge e lo contrappone alla presunta diversità di approccio del presente.

      Ingiustamente e non a torto: obiettivamente non ha seguito un paradigma diverso da quello di chi gli è poi succeduto.
      Il prezzo dell'impopolarità gli fa dunque ensare, dal punto di vista logico, di aver subito un torto.
      E allora grida a coloro che vengono sconfitti, nella sua percezione (ma anche obiettivamente), una verità scomoda.

      Con ciò viola la regola liberista della "doppia verità" (si esalta la libertà nella forma, in odio alla democrazia nella sostanza): ma lo fa per il "torto" subìto, non perchè accusi un fallimento comportamentale.
      Anzi: si prende una rivincita. Perchè si rende conto che la situazione socio-politica, l'assetto di potere, è giunto al punto di poter parlare apertamente rimanendo "impunito".

      In sostanza, rivela rabbiosamente la sua indifferenza (logico-pratica) verso la perdita di consenso (e di titolatità di potere che ritiene dovutagli), rivelando che il consenso andato ad altri nulla toglie alla vittoria (sulla democrazia) a cui lui ha decisivamente contribuito.

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    2. A volte non capisco se ci è o ci fa ...
      Alla luce di quando hai ben descritto in questi anni sul blog egli appare di una franchezza, pur nella cattiveria, disarmante.
      Sono sicuro che un giornalista "navigato" e non di regime saprebbe tirargli fuori tutta, ma proprio tutta, l'imbarazzante (per molti ma non per lui) verità!
      Alla fine però non mi sembra che sia così indifferente alla perdita di consenso. Ed è proprio questa rabbia, e la consapevolezza che in fondo nulla è cambiato dopo di lui, che lo stimolano a queste esternazioni.

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    3. Buongiorno a tutti, è la prima volta che intervengo su questo blog.
      Perdonate se dovrò essere un poco prolisso, ma in merito al giapponese “seppuku” , citato da Matteo, occorre precisare come fosse qualcosa di ben oltre un semplice suicidio; il suicidio inteso in senso “moderno” infatti è legato al fallimento e alla disperazione personale e tutti lo riferiamo a questi elementi, mentre il seppuku faceva riferimento direttamente al senso dell’onore – ed era pertanto prerogativa della classe guerriera. Bisogna specificare inoltre che l’onore non veniva inteso come un fatto di prestigio individuale, quanto un atto di estrema osservanza dei principi del Bushido, sicché era possibile che fosse compiuto anche a seguito di un comportamento virtuoso e rispettoso dei medesimi principi, ma violante le leggi stabilite (vedere la storica vicenda dei 47 ronin), oppure per dimostrare la propria lealtà al signore feudale con cui si era in forte disaccordo in merito al da farsi, onde dar prova di non avere secondi fini. Non era pertanto una ammissione umiliante di sconfitta o fallimento personale, nel senso inteso odiernamente. Afferma infatti Hagakure, un testo classico del Bushido: “Dire che morire senza raggiungere il proprio obiettivo è fare una morte da cani è la via frivola dei sofisti. Quando si è pressati dalla scelta tra la vita e la morte, non è necessario raggiungere il proprio obiettivo.”. E ancora: “Ma non aver ottenuto il proprio scopo e continuare a vivere è codardia. Questa è una linea sottile e pericolosa. Morire senza aver realizzato il proprio scopo è una morte da cani ed è un fatto fanatico. Ma nell'agire così non c’è vergogna. Questa è l’essenza della Via del Samurai. Se nel disporre rettamente il proprio cuore ogni mattina e ogni sera si è capaci di vivere come se il proprio corpo fosse già morto, allora si ottiene la libertà nella Via. L’intera vita sarà senza biasimo, e si riuscirà nei propri propositi.”
      La domanda pertanto che sovviene spontanea è: quale senso effettivo e reale dell’onore, inteso nella maniera testé illustrata, possano avere personaggi come l’economista citato in questo post (ai quali, dunque, il seppuku non possa addirsi), con tutte le conseguenze comportamentali che abbiamo sotto gli occhi.
      In altra circostanza, si dice che il giovane e nobile gallo Vercingetorix, allorché capitolò innanzi a Cesare, esclamò: “Prendi me e risparmia sofferenze al mio popolo.”. Sicché s’impone una seconda domanda: quale senso d’appartenenza a una comunità animi davvero i già citati personaggi (glissiamo pietosamente sulla capacità di comportarsi in modo simile al giovane gallo sconfitto; qui pare invece che, al posto della premura d’evitare sofferenze al proprio popolo, sia stato quest’ultimo svenduto come pesce a tranci sul mercato). La cosa a mio avviso preoccupante è la concezione giustificante per cui non esistano più “popoli” nel senso tradizionale del termine, se non ricadendo nell’ormai esecrando nazionalismo guerrafondaio - perché, c’è forse pace nel mondo? E le guerre le decidono i “popoli”? - onde per cui il rendere conto del proprio operato politico ed economico si eserciti verso una astratta comunità globale i cui interessi non possono coincidere, né essere frammentati, secondo le singole necessità dei vari stati e delle varie etnie.

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    4. Ringrazio citodacal per l'approfondimento, la mia conclusione era improvvisata e quindi inevitabilmente imprecisa, ma in effetti quando dicevo: prendere atto di una sconfitta, era più sul prendere atto che mi soffermavo che sulla sconfitta. L'onore si salva soltanto se almeno si prende atto di segnare il passo in circostanze così conclamate, non si salva per nulla invece se si insiste contronatura, come nel caso in oggetto, e nella vergogna.
      Condivido quarantotto che, evidentemente, di Monti dà una ricostruzione psichica più conforme a realtà, di un signore che in sostanza non ci fa ma che ci è, e che resta immerso nella sua rabbia per non veder riconosciuta la sua gloriosa priorità sulle politiche che tuttavia persistono, e decide di tradire di schianto il patto segreto della dissimulazione. Ma io dunque rimprovero all'uomo di umiliare con questo suo inqualificabile comportamento quelle altre sue millantate tessere d'appartenenza: al liberalismo e alla scienza, per via che su queste non vale la possibilità d'avere la botte piana e la moglie ubriaca, per la contraddizion che nol consente:
      a) “breve periodo”, breve periodo? , tacendo poi che nello stesso anche il Burundi s'è ripreso?
      b) (e più grave) “le nostre democrazie …. diventano di fatto incompatibili”, questa è una frase degna d'un liberale?
      Se vuoi puoi mentire, chi te lo nega? Di solito la coscienza fa argine, il tuo caso può ben essere diverso. Ma delle tue motivazioni in fuga puoi, se vuoi, riempirci la testa di tua sorella, alla quale ben vendi quel tuo candore disarmante, che rileva moffi, legittimamente e senza remore. Al contrario ammettere di aver mentito al popolo sapendo di mentire, nei bassifondi si verrebbe apostrofati come di una persona che non ha due lati, come lo giri lo giri.

      Ammetto di non aver pazienza a ricostruire lo sferruzzare psichico di chi come Hayek prima querulo bussa al soglio di Benedetto Croce per elemosinare il riconoscimento di una comune appartenenza, ma infine per farsi stampare un libro, e poi con quella stessa faccia che Monti vuole con lui condividere, evidentemente, e contenti loro, dice: “Personalmente preferisco un dittatore liberale a un governo democratico privo liberalismo”, perché questo per Croce sarebbe stato un parlare da ubriachi, e per Dante: “ch'assolver non si può chi non si pente,
né pentere e volere insieme puossi per la contradizion che nol consente”.
      Ah! del suo premio nobel me ne infischio. Diamone uno pure a Monti, così la simmetria è perfetta e i meriti, finalmente, equamente ripartiti.

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  3. Salve a tutti! Commento per la prima volta quest'oggi pur leggendovi (riconoscere apertamente il preziosissimo contributo dei commentatori mi pare un obbligo morale in questo contesto) da qualche tempo e lo faccio per fornire un "utilissimo" parere su una questione dirimente quale è la natura caratteriale di Mario Monti.
    A mio modesto avviso, la persona che più si è avvicinata nell'individuare l'essenza reale di Monti è stato l'arbiter elegantiae dei poveri Roberto Formigoni quando lo tacciò di essere uno "squallido pettegolo". Provo ora a spiegare brevemente le ragioni di questo mio convincimento. Mario Monti appartiene alla schiera di personaggi che io, mutuando la terminologia de Il Signore degli Anelli, definisco Nazgûl; i Nazgûl sono uomini intimamente corrotti (nello spirito) da Sauron (Barra Caracciolo utilizza l'espressione "ESSI" per riferirsi a questa schiera di giostrai con le sorti dell'umanità) il quale è il detentore dell'unico anello, ossia del vero potere, e dispone di loro come il cavaliere dispone del proprio fido cavallo, sapendo che la creatura preferirà stramazzare al suolo sfinita piuttosto che voltargli le spalle nel momento del bisogno. Si tratta dei primi servitori, di coloro i quali hanno incontrato Sauron vis-à-vis (lavorando in istituti di credito, istituzioni finanziarie, partecipando a qualche cena per imprenditori di estremo successo e via dicendo) in qualche momento della propria vita e hanno da lui (sarebbe più corretto scrivere da loro, giacché Sauron non è un'entità singola in questa storia) ricevuto la nomina a cavalieri, emanazioni del potere per grazia ricevuta da parte degli stessi Übermenschen che essi venerano e che aspirano costantemente ad essere pur sapendo, nei più reconditi angoli delle proprie coscienze, che mai raggiungeranno tale status. Ed è proprio da tale sopito disagio esistenziale che deriva la schiettezza con cui codesti Nazgûl sputano la verità in faccia alle masse, cercando di dimostrare a se stessi e agli uomini ignari di contare qualcosa, di gestire il potere, di sapere. L'impressione è che questo conflitto interiore li eroda dall'interno, svuotandoli pian piano della caratteristica principe di un organismo sano: la vitalità; non credo che sia un caso che dei Nazgûl Monti ha anche il physique du rôle (metà Tristo Mietitore, metà fantasma).
    Come avrete oramai intuito dalla descrizione fornitavi, altri Nazgûl sono Giorgio Napolitano, Mario Draghi, Pier Carlo Padoan, Wolfgang Schäuble. Individuarli è piuttosto facile, del resto: presentano tutti, immancabilmente, le medesime caratteristiche caratteriali (franchezza, arroganza, malcelato disprezzo per le persone comuni, visione (del fine ultimo delle "riforme strutturali" a gran voce invocate)) e spesso financo fisiche (Lombroso oggi potrebbe vincere un Nobel, che tanto, per come vengono assegnati...).
    Spero di non essere risultato eccessivamente semplicistico nell'esposizione e mi scuso per aver utilizzato una prosa non sufficientemente involuta - secondo gli stilemi del generoso ospite Quarantotto -, ma mi rifugio, seguendo i dettami tramandatici dalla saggezza popolare tanto vituperata in questo nuovo secolo buio, nel breve motto che dice: "Ad ognuno il suo". ;)


    winston smith

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    1. Ho incautamente omesso di specificare che, secondo questo "schema dell'Anello", esistono più livelli di "servitù diretta" (so che ciò possa apparentemente rappresentare un ossimoro, ma sono convinto del fatto che disponiate degli strumenti linguistici adeguati per superare questa pseudo-aporia): ci troviamo dunque a osservare la presenza contemporanea di Nazgûl di primo e di secondo livello. Sono quasi certo che Monti appartenga alla categoria dei secondi (in tutti i sensi a questo punto), così come Padoan - entrambi chiamati a rapporto nei rispettivi ruoli istituzionali da Giorgio Napolitano stando alla opinione vulgata degli "espertologi" nostrani; proprio Napolitano, invece, è un classico esempio di Nazgûl di primo livello, disponendo dei contatti diretti da e verso l'estero. Confido di aver così fornitovi uno strumento con il quale sia possibile rendere esplicita la scala gerarchica a cui Quarantotto si richiamava in uno dei post più recenti di questo blog nella maniera più concisa che mi sia possibile concepire.

      P.S.: volendo, si potrebbe proseguire ad libitum; ad esempio, il nostro attuale Presidente del Consiglio Matteo Renzi è un semplice orco momentaneamente reso Uruk da Saruman (Confindustria et similia), ma che si crede Uruk-hai (difatti tratta i suoi simili, ovverosia i "compagni" di partito e di livello, come se fossero snaga (schiavi) che gli debbono cieca ubbidienza). Purtroppo per lui, temo che le forze che lo hanno voluto elevare con l'obiettivo di soddisfare i propri scopi di breve termine lo rimuoveranno dall'incarico con la stessa rapidità con cui ne hanno favorito l'ascesa.

      P.S. II: noi siamo gli Uomini, mentre hobbit ed elfi, come è noto anche agli infanti, non esistono.


      winston smith

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  4. Il post perfetto, veramente i miei complimenti. Soprattutto considerato che ormai la propaganda PUDE è inarrestabile: in metropolitana a Roma sui televisori vengono fatte scorrere notizie false e scritte a tal punto male da poter sembrare subliminali.

    C'è una cosa che però andrebbe aggiunta sull'articolo del Sòla 24 Ore. Osservate la foto di Monti: sguardo ispirato, portamento da visionario... insomma lui non può solo permettersi «di poter parlare apertamente rimanendo "impunito”», ma riesce a creare, su aiuto di intervistatori e giornalisti, una vera e propria liturgia della parola legata alla diffusione di un presunto sapere: il suo ovviamente, essendo egli un tecnico. È il sapere di un alter Christi, che si rivolge senza diritto di replica ai fedeli. Avete tutti in mente il simpatico “dibattito” quadrangolare svoltosi a IN ONDA, c’erano Monti, Travaglio, Parenzo e Labate, con De Bortoli nel tabernacolo in collegamento da Milano. L’atmosfera era di auratica serenità, qualche volta l’incalzare di Labate o le versate di bile di Travaglio inacidivano l’aria, niente di che. Il rispetto regale che viene portato alle parole di Mario Monti ha qualcosa di più della semplice cortesia che si deve a un senatore a vita: è sintomo di un ottundimento generalizzato delle coscienze, di cui qui tanto si è parlato, ma i cui esiti rasentano il ridicolo (ridicolo che poi viene fotografato, con Monti che sembra un critico d’arte alle prese con un uditorio difficile da accattivare).

    In assenza di certezze ci appoggiamo alla religiosità, al culto. Questa era una messa dell’autorevolezza, in cui ha diritto di essere udito solo chi viene comunemente inteso come un “maestro di color che sanno”.

    Che poi tecnico de che nn se sa! Basta leggersi la sentenza della consulta sul decreto Salva Italia: non ha nemmeno provveduto a una documentazione sufficiente per giustificare i disastri che ha fatto! Se proprio non si vuole seguire goofynomics per capire che avevano detto tutti che il progetto di integrazione finanziaria avrebbe fallito, almeno ascoltare le sentenze della consulta!

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    1. Infatti, divento' professore universitario con una sanatoria, non vinse mai un concorso. Mi pare che ha pubblicato piu' nulla che poco, ho letto che il progarmma governativo sembra lo scrivesse Ichino, e nello stesso ambito della Bocconi, altri prof: ben sapevano che avrebbe fatto disastri cone pdc. In sostanza e' solo uno che continuamente ci mette la faccia (ricevendo un mucchio di quattrini ) , non sa' fare altro.

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    2. Laureatosi nel 1985, non è chiaro dal curriculum, quando (1969 o 1985) divenga "professore ordinario" https://it.wikipedia.org/wiki/Mario_Monti
      Nè "come", cioè in base a quale procedura prevista dalla legge, abbia conseguito tale qualifica...

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  5. Nell'azione di governo del reo confesso Monti e dei suoi ministri (e di riflesso di chi lo ha insediato al governo con un vero e proprio colpo di stato) qualunque Procura potrebbe ravvisare numerosi reati contro lo Stato e contro i cittadini che in un Paese realmente democratico e libero costerebbero ai colpevoli anni e anni di galera.

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    1. http://orizzonte48.blogspot.it/2015/05/interesse-nazionale-tutela-impossibile.html
      v.punto 6 per le più verosimili fattispecie penali

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  6. L'unica speranza è chu un disegno cosi complesso ha una grossa percentale di fallimento, le possibili solevazioni popolari sono represse dai media ma bssta uno squilibrio nella strategia della gradualità del processo o l'intervento di un fattore esterno russi/cina per stravolgere il progetto ordoliberista, è successa nel 900 e ci costo 80m di morti questa volta non oso ipotizzare a quanto ammonterà il conto del macellaio.

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  7. Tutti problemi che saranno riassorbiti dalla produzione bellica.
    Vedo che tutti un po' ovunque si stanno riarmando fino ai denti, vuoi mica lascirle a far ruggine in magazzino?!

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  8. D'annunzii aveva ragione in fondo la guerra è l'unica igiene del mondo. Ma è anchè vero che le guerre moderne raramente danno la possibilità di eliminare chi andrebbe eliminato.

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    1. Unica consolazione è il paradossale e provocatorio supporre - in assenza di testimonianze validanti... - che sia buona l'interpretazione contraria alla consueta: a dispetto di quanto perennemente sbandierato dunque, la guerra, come igiene del mondo, estrae la parte sana (magari conducendola davvero verso più ameni lidi) e lascia la malata. Lo stesso Primo Levi, in maniera del tutto poco rinfrancante se visto dalla prospettiva di quaggiù, affermò che coloro i quali avevano maggior possibilità di sopravvivere nei lager nazisti erano le canaglie, i delatori, gli insensibili e gente appartenente a questo variegato campionario.

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