martedì 14 giugno 2016

BREXIT E IL VIZIO DEL "FATE PRESTO": STORIA RECENTE DI UNA (ITAL)MORTE ANNUNCIATA


https://cibology.files.wordpress.com/2011/03/tacchi.jpg
Tracce di consapevolezza della vera posta in gioco, in UK, non mancano, va detto:
Non va sottaciuto, però, che il segnale del Brexit - comunque vada- rimane importante, perché, in qualche misura, avrebbe anche, almeno per noi italiani, un significato di rigetto del "fate presto" (anche se in gran parte poco cosciente e a forti connotazioni "immigrazioniste, non lucidamente connesse col mercato del lavoro). Un vizio, questo, che non è congiunturale, in UE, ma strutturale, intrinseco all'unico obiettivo di conservare in vita la moneta unica.  
Il "fate presto", infatti, in realtà non comincia nel 2011, tra lettere estive, ondate di "manovre" e governi tecnici che dovevano diminuire lo spread e "risanare" l'economia attraverso il raggiungimento del pareggio di bilancio e la pretesa corrispondente diminuzione del rapporto debito/PIL. (Sul punto consiglio la rilettura del post TREMONTI AL "NETTO" DI MONTI: L'INUTILITA' CONTABILE DEL "PIU' €UROPA" E LA CURVA DI PHILIPS IMPLICITA).
Naturalmente c'è anche chi sostiene che l'austerità non abbia provocato la crisi in Europa, dopo il 2011, semplicemente perché non è stata realmente applicata e non si è strutturalmente ridotto il "perimetro dello Stato": insomma, non si è tagliata la spesa pubblica abbastanza. 
Tuttavia, Stiglitz che fa "previsioni" esatte già nel 2008, confermate dalla più recente "vague" paperistica del FMI, risulta più attendibile di un esasperato schematismo controfattuale.

2. Andando a rivedere le notizie giornalistico-europeiste del recente passato, ci si accorge che il pareggio di bilancio, e la sua prodigiosa efficacia risanante, erano già ben posti come obiettivi ben prima della ratifica del fiscal compact e del suo recepimento (persino anteriore a tale ratifica!) con la modifica costituzionale dell'art.81 (e non solo).
Siamo ai tempi dell'ultimo governo Prodi e la crisi finanziaria c.d. dei sub-prime, negli USA, stava già dispiegando i suoi pesanti effetti: ma l'Italia, nel corso del 2007, non ne era stata ancora contagiata, dato che il nostro sistema bancario non era coinvolto in modo rilevante nell'investimento in tali titoli
A differenza della Germania, della Francia e del Regno Unito (o dell'Irlanda). Che, infatti, proprio a partire dalla fine del 2007, senza alcuna preoccupazione per il raggiungimento del pareggio di bilancio, o come per la Germania, del suo abbandono, - e meno che mai curandosi degli obiettivi intermedi di pareggio strutturale o di contrazione annuale dell'indebitamento pubblico di almeno lo 0,5%-, aumentarono i rispettivi deficit e rapporti debito su PIL.

3. Notare che l'Italia ha costantemente fatto "meglio" della Francia, e non solo, anche nei momenti più drammatici della crisi, seguiti alla contrazione della domanda mondiale, cioè  verificatasi come ondata lunga della crisi finanziaria e dello shock del fallimento Lemhan nel settembre 2008 (momento che innescò la parte più acuta della recessione mondiale). Fin dall'inizio della supposta (in molti sensi) "crisi del debito sovrano", l'Italia, rispetto alla Francia, alla Spagna, o alla mitica Irlanda, o ad altri maggiori paesi UE, ha sempre giocato "un'altra partita":

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/4/40/Government_surplus_or_deficit_since_2001_(piiggs_and_US).svg/2000px-Government_surplus_or_deficit_since_2001_(piiggs_and_US).svg.png 
http://archivio.panorama.it/images/t/a/tabella-deficit-pil/9049911-1/tabella-deficit-pil_partp.jpg

4. L'Italia rimane sempre costantemente più virtuosa, tant'è che l'aumento del debito pubblico italiano, entro il 2011, fu tra i più moderati dell'eurozona (anzi, il più moderato, considerate le "particolari" condizioni di collocamento, e di onere degli interessi, relative al debito tedesco):
https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/6/64/Dept.svg/2000px-Dept.svg.png
Ma poi arriva la cura Monti e il pareggio di bilancio in Costituzione e la "prodigiosa e inevitabile" cura determina questo effetto:

http://www.soldionline.it/pictures/20140711/debito-pubblico_2.gif 

Sia chiaro, però, l'Italia, anche dopo di ciò, rimane sempre tra i paesi più virtuosi dell'UE(M), nonostante i "fate presto!" e l'ital-grancassa mediatica e gli espertologi orwelliani in collegamento continuo (dallo spazio: tralasciate i dati relativi ai deficit "previsionali" stimati nel 2014, perché le cose sono andate, e andranno, molto peggio):

http://www.corriere.it/methode_image/socialshare/710413e6-cea3-11e5-8ee6-9deb6cd21d82.jpg
5. Ma nel febbraio 2008, quindi, ripetiamo, ben prima dell'accordo intergovernativo (considerato pienamente legittimo e vincolante, alla luce dei trattati, dalla "solita" CGUE) del fiscal compact, il linguaggio e i concetti di politica economico-fiscale che si andavano affermando erano questi, senza alcun dubbio e analisi critica circa la loro efficacia e praticabilità, per di più già all'interno di una fase congiunturale mondiale che si preannunciava globalmente recessiva!
Sono andato così a ripescare come riportasse la grande idea del pareggio di bilancio La Repubblica, nel febbraio 2008
Noterete, dall'articolo sottoriprodotto, come Almunia "sospettasse" che non solo l'Italia, evidentemente, potesse registrare una più debole crescita economica a causa della prevedibile crisi proveniente dall'altra sponda dell'Atlantico, dove veniva curata con deficit pubblici anche fino al 12% in quei medesimi anni: comunque, non certo in pareggio di bilancio: e, nonostante, ciò, per lui e per tutta l'€uroburocrazia la cura "unica" rimaneva il pareggio di bilancio. 

6. Vi riporto l'articolo senza aggiungere lunghi commenti: trattamento speciale della Francia incluso, incassato senza battere ciglio, nonché dichiarazione di "invalicabilità" del pareggio al 2011 rilasciata da Padoa-Schioppa con disarmante serenità sul quadro macroeconomico mondiale. (Da notare, in contrappunto, la radicale diversità di posizione che esprime oggi Padoan sulla sostenibilità delle regole del fiscal compact):

"Ecofin, sì al piano di stabilitàAlmunia "Conti 2008 a rischio"


Per Almunia il nostro Paese è ancora lontano dal raggiungimento del pareggio del bilancio. Padoa -Schioppa: "Il 2011 è una data invalicabile"
(12 febbraio 2008)
Via libera dall'Ecofin al programma di stabilità 2007-2011 aggiornato dell'italia che fissa la strategia di finanza pubblica. L'Ecofin raccomanda all'Italia di rafforzare la Finanziaria 2008 perché, visto l'alto debito, visti i rischi legati all'attuazione delle misure di bilancio e quelli legati alla crescita economica più debole del previsto, possa realizzare gli obiettivi che si è posta. Riforma delle pensioni e garanzia della riduzione del debito pubblico sono, inoltre, per l'Ecofin due priorità sulle quali l'Italia deve puntare il più velocemente possibile. Vale l'obbiettivo generale di un pareggio di bilancio nel 2010, ma anche per l'Italia varrà il principio inaugurato per la Francia secondo il quale si valuterà ex post, nel caso in cui nel 2010 il bilancio non si trovasse al pareggio, se si sono verificate e in quale misura condizioni cicliche sfavorevoli. Dunque, per l'Italia il pareggio di bilancio nel 2011 è invalicabile, ha detto il ministro dell'Economia, Tommaso Padoa-Schioppa. "La fissazione per il 2010 è stato un momento importante che ha rafforzato l'attenzione sul braccio preventivo del Patto di stabilità", ha spiegato il ministro ricordando che a Berlino "c'era stato un consenso su questa accelerazione". 
"Mi rendo conto - ha sottolineato - che l'aver detto in quella occasione che non me la sentivo di sottoscriverlo è stato più importante di quanto pensassi allora. Questo significa -ha concluso - che per noi il 2011 è assolutamente invalicabile". 
Ma l'Italia ha ancora una lunga strada da fare per raggiungere il pareggio di bilancio e per quest'anno la correzione dello 0,2 per cento del Pil prevista dal Governo è a rischio. Lo ha detto il commissario Ue agli Affari economici Joaquin Almunia al termine della riunione Ecofin. "L'Italia, insieme alla Francia, è ancora lontana dal raggiungere il suo obiettivo di medio termine, quello del pareggio di bilancio", ha detto Almunia, "e l'aggiustamento dei conti nel 2008 è lento e sottoposto a rischi". L'Ecofin ha dato il via libera anche ai programmi di Francia e Germania.
L'accordo con la Francia è che la scadenza del 2010 è subordinata, appunto, alla valutazione delle condizioni cicliche".

41 commenti:

  1. Q.E.D.: questo (e CENTINAIA di altri esempi possibili nei quali, sempre, gli attori dichiarano apertis verbis intenti e persino moventi) dimostra DEFINITIVAMENTE - uno storico godrebbe fisicamente, alla presenza di tante e tanto ricche ed univoche prove fattuali e documentali - quanto l'Italia sia oppressa da classi dirigenti infami e quanto esse le siano letali. Il danno economico, malgrado tutto, è cosa minore. Qui siamo di fronte (rectius: sotto) a una varia congrega che rappresenta la feccia morale, la vera infezione italiana (altro che corruzione). T.P.S. era quello dei bamboccioni e della durezza del vivere, no? Ecco, appunto.
    Grazie, Presidente, di nuovo. Se non altro, le sue analisi e denunce saranno ricco bottino per gli storici a venire. Mi basta questo, che la nomea di certi figuri rimanga indelebilmente imbrattata e che li si ricordi nei secoli. Mio figlio saprà di loro come io seppi di Mussolini ed Hitler. Mutatis mutandis (paucis!).

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    1. Il bello è che un'intera e variegata (politicamente) generazione di politici, adesso, senza alcuna autocritica su quanto avevano fermamente appoggiato in quegli anni, reclama gli Stati Uniti d'Europa, sulla cui praticabilità (esclusa recisamente e per motivi inderogabili dalla Germania, NEL 2009!) rinvio al post precedente.
      Il problema pare davverso essere, però, che sono sempre gli stessi, grosso modo (al più le seconde linee provenienti dallo stesso "vivaio" inesauribile) e che gli italiani hanno la memoria a breve di un cucciolo di cane. A quanto pare...

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    2. Sarebbe un lavoro di assoluto interesse la ricostruzione storica delle classi dirigenti italiane, partendo almeno dal periodo fascista per arrivare ai giorni nostri, e ragionando sul ruolo della Costituzione e dei costituenti all'interno (o all'esterno) di un continuum di criminalità politica.
      In alcuni casi basterebbe seguire i cognomi (a caso, Reichlin, Cossutta, Barca...), vedere il lavoro dei padri e quello ereditato dai figli per riscrivere la storia. Ma facciamo presto, prima che arrivi il reato di revisionismo storico anche su questo periodo!

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    3. La resettano, la memoria, con le tecniche di comunicazione di massa o col maquillage distrattore di cui tante volte si è parlato anche qui.

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    4. Il lavoro di ricostruzione a partire dal periodo fascista ai giorni nostri, passando per le correlazioni tra ordoliberismo, partito deflazionista (o "quarto partito",) e costruzione europea fin dale origini, è in realtà ricavabile da un insieme di post del blog: nonché ben approfondito nei relativi commenti.

      In maniera analoga, come evidenzia Luca, si è parlato di come questa storia sia stata contrassegnata costantemente dall'uso programmatico di tecniche di comunicazione di massa, perfezionateed adeguate costantemente; fino all'attuale forma, corrispondente a una sostanziale "presa di potere".

      Semmai, il lavoro interessante sarebbe curare l'integrazione dei vari post e dei relativi commenti in un discorso formalmente, e non solo contenutisticamente e logicamente, unitario.

      Un lavoro del genere, tra l'altro, per altri "blocchi" di argomenti, era stato validamente svolto da Sergio Govoni (ad es; in tema di corruzione).

      Mi rendo conto, peraltro, che il lavoro di ricerca collettiva che viene qui svolto si amplia in continuazione, e trovare un punto di "solidificazione" sistematica, (come hanno, via via, tentato di fare i due libri finora da me scritti, con l'aiuto di altri validi partecipanti al blog), risulta molto impegnativo...

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  2. E’ interessante quante cose si scoprono leggendo gli atti parlamentari.
    Nella seduta della I Commissione alla Camera di mercoledì 2 novembre 2011 (discussione su “Introduzione del principio del pareggio di bilancio (p.d.b.) nella Carta costituzionale”), l’on. L. Duilio (PD) osservava: “…non possiamo non dirci favorevoli al p.d.b., ritenendo tuttavia come l'introduzione nella nostra Costituzione del principio del p.d.b. non rappresenterebbe una vera e propria cesura culturale, dal momento che i costituenti - in particolare, EINAUDI - si proponevano l'obiettivo di garantire il tendenziale equilibrio del bilancio attraverso la disposizione del vigente articolo 81 della Costituzione. Nel segnalare come con la prospettata revisione costituzionale ci si proponga di fissare nella Costituzione norme che inducano comportamenti più virtuosi da parte dei decisori politici…Richiama la seduta dell'Assemblea costituente del 24 ottobre 1946 in cui LUIGI EINAUDI evidenziava come il quarto comma dell'articolo 81 fosse la garanzia della tendenza al p.d.b. e, diceva allora, “non si debbono fare spese che per il momento la finanza nazionale non può sopportare. Ed è bene che, anche dal punto di vista giuridico, il principio sia presente sempre alla mente di coloro che propongono delle spese nuove: il Governo deve avere la preoccupazione che il bilancio sia in pareggio e la stessa esigenza non può essere trascurata da una qualsiasi forza che si agita nel Paese e che avanza proposte che comportino maggiori oneri finanziari” (http://leg16.camera.it/824?tipo=C&anno=2011&mese=11&giorno=02&view=&commissione=0105&pagina=data.20111102.com0105.bollettino.sede00010.tit00010#data.20111102.com0105.bollettino.sede00010.tit00010). Seduta n. 553 dell’Assemblea alla Camera di mercoledì 23 novembre 2011, l’on. G. Bressa (PD) addirittura affermava “L'articolo 81 è scritto da Mortati e Vanoni (!) con l'importante tutoraggio di LUIGI EINAUDI. Mortati e Vanoni erano due costituenti favorevoli all'introduzione in Costituzione dei diritti sociali, ma erano anche preoccupati per programmi realistici di attuazione degli stessi e avevano pensato l'articolo 81 in questo modo. Faccio riferimento alla seduta del 24 ottobre 1946…”.
    Nella stessa seduta l’on. G. Calderisi (PDL), premettendo di non essere un economista e per ciò sproloquiando contro la politica di deficit spending, affermava “Insomma, lo short-termism che caratterizza le moderne democrazie di massa riduce drammaticamente gli spazi per un uso coerente e ragionevole della politica di deficit spending…È indubbio che nelle intenzioni dei nostri padri costituenti l'art. 81 avrebbe dovuto assicurare la naturale tendenza al p.d.b.. Così, del resto, si espressero testualmente sia Ezio Vanoni, firmatario dell'emendamento che sarebbe poi diventato norma costituzionale, sia LUIGI EINAUDI”. Identico riferimento ad Einaudi veniva fatto sempre dall’on. L. Duilio nella seduta n. 555 dell’Assemblea alla Camera di martedì 30 novembre 2011. (segue)

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  3. Ora, rileggendo il resoconto della seduta del 24 ottobre 1946, non mi risulta che Mortati si sia espresso in quella sede (e nemmeno in altre sedi) a favore del pareggio di bilancio così come altri “nostri padri costituenti”. E’ praticamente un grossolano falso storico dei citati onorevoli. Nella seduta del 24 ottobre 1946 la formulazione dell’allora IV comma dell’art. 81 prese infatti avvio dalla discussione sul problema se titolare dell’iniziativa legislativa in materia finanziaria doveva essere Parlamento e/o Governo. Nemmeno Einaudi pronunciò le ricordate parole riportate dall’on. Duilio, ma affermò “L’esperienza ha dimostrato che è pericoloso riconoscere alla camera tale iniziativa, perché, mentre una volta erano esse che resistevano alle proposte di spesa da parte del governo, negli ultimi tempi spesso è avvenuto che proprio i deputati, per rendersi popolari, hanno proposto spese senza nemmeno rendersi conto dei mezzi necessari per fronteggiarle” e Vanoni si limitò a rinforzare l’intervento di Einaudi interpretando il principio della commisurazione dei mezzi ai fini e dell’indicazione dei mezzi per fronteggiare nuove spese “come garanzia della tendenza al pareggio di bilancio”.


    Pare che i legislatori costituzionali di oggi abbiano riesumato (a sproposito) Einaudi a fini strumentali, eleggendolo a padre dell’italico “pareggio di bilancio”. Il fate-presto imposto da Bruxelles è così giustificato citando un Einaudi interpretante: “Se si suppone che l’ultimo comma dell’art. 81 non possa disgiungersi dal concetto di bilancio, ossia di pareggio, se ne deduce la conseguenza che il legislatore costituente abbia voluto affermare l’obbligo di governi e parlamenti di fare ogni sforzo verso il pareggio. Quindi in una situazione di disuguaglianza fra entrate e spese, il parlamento avrebbe ordinato a parlamenti e governi di dedicare innanzitutto l’opera loro ad aumentare le entrate e diminuire le spese, o a compiere una combinazione opportuna delle due azioni sì da giungere al pareggio. Se si suppone invece che si tratti soltanto di un divieto “di non alterare in peggio”, non si consacra quasi, almeno per l’esercizio in corso, la permanenza del disavanzo? Non si riconosce in questa maniera ai disavanzi previsti al principio dell’anno, quasi un diritto a perpetuarsi? Che cosa si direbbe di un padre di famiglia il quale, malauguratamente per lui, al principio dell’anno prevede di avere un reddito di 50000 lire al mese ed una spesa di 70000; ma, poiché durante l’anno le sue entrate crescono da 50000 a 55000 lire al mese, si dimentica delle 20000 lire di vuoto che ha nel suo bilancio ed allegramente seguita a far debiti per 20000 lire consacrando le 5000 lire di maggior reddito a portare il totale delle sue spese da 70000 a 75000 lire? Si direbbe che costui è assai imprevidente, ed un po’ per volta il credito verrebbe a mancargli, così che ben presto sarebbe costretto forzatamente a ridurre le sue spese nei limiti della disponibilità. Lo stato si può comportare diversamente? … Se così fosse, il valore dell’articolo 81 non si ridurrebbe a nulla” [L. Einaudi, Sulla interpretazione dell’articolo 81 della Costituzione, in L. Einaudi, Lo scrittoio del Presidente, Torino, 1956, 201-207]. (segue)

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    1. Però i consulenti di questi "nominati" non hanno tutti i torti...

      In una federazione ogni macroregione deve cercare il pareggio di bilancio; al limite, in caso di omogeneità linguistico-culturale, ci può essere un qualche "trasferimento" con relativa circolazione del fattore lavoro.

      Una federazione mondiale con una valuta unica che faccia da regolatore degli scambi interregionali, e una serie di comode monete parallele private, in "concorrenza" tra loro, ma accumunate tutte dal dogma della parità aurea.

      Una banca centrale unica, al cui consiglio di amministrazione ci stanno i rappresentanti delle marche globali che amministreranno i vari "feudi".

      Sì, "amministreranno", perché senza Stati nazionali non sarà più necessaria la Politica: non più zoon politikon, ma concorrenza e sistema dei prezzi a regolare etica, gusto e legislazione: il trionfo della Legge.

      Non ci saranno più guerre fra Stati nazionali brutti: solo violenza tra individui sradicati e gruppi segmentati: i tecnocrati verranno gestiti psicologicamente, i subalterni verranno repressi poliziescamente da energumeni lobotomizzati e da spassionati droni.

      La vera guerra che vuole essere definitivamente risolta è, quindi, quella tra classi: e, con la moneta unica globale, il monopolio OGM delle coltivazioni, quello dei farmaci e della salute, gran parte del problema malthusiano è risolto.

      Morire per Maastricht... Tutto 'sto "capitale politico" per un progetto, più che immorale, direi decisamente anti-estetico

      Ma d'altronde "non c'è alternativa", almeno che non trionfi la Democrazia e l'Uomo - in senso socratico e non sofistico - torni ad essere misura di tutte le cose. Ovvove!!!! La "fine di tutte le monvchie"!

      Vuoi la pace kantiana? Bene, moralizzati per via deflattiva, decresci con impronta ecologica tendente a zero e accetta la tua genetica schiavile di Üntermensch.

      Ecco, questo è quello che vedo quando sento parlare di "pareggio di bilancio".

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    2. Caro Bazaar, di conseguenza quelli che tu senti parlare di “pareggio di bilancio” apprezzeranno molto il seguente sermone veritativo: “Come si può pretendere che la crisi sia un incanto, e che col manovrare qualche commutatore cartaceo l’incanto svanisca, quando tuttodì, anche ad avere gli occhi mediocremente aperti, si è testimoni della verità del contrario? Si osservano, è vero, casi di disgrazia incolpevoli, di imprese sane travolte dalla bufera. Ma quanti e quanti esempi di meritata punizione. Ogni volta che, cadendo qualche edificio, si appurano i fatti, questi ci parlano di amministratori e imprenditori, o avventati, o disonesti. Le imprese dirette da gente competente e prudente passano attraverso momenti duri, ma resistono. Gran fracasso di rovine invece attorno a chi fece in grande a furia di debiti, a chi progettò colossi, dominazioni, controlli e consorzi; a chi, per sostenere l’edificio di carta, fabbricò altra carta e vendette carta a mezzo mondo; a chi, invece di frustare l’intelletto per inventare e applicare congegni tecnici nuovi o metodi perfetti di lavorazione e di organizzazione, riscosse plauso e profitti inventando catene di società, propine ad amministratori-comparse, rivalutazioni eleganti di enti patrimoniali. L’incanto c’è stato e non è ancora rotto: ma è l’incanto degli scemi, dei farabutti e dei superbi. A iniettar carta, sia pure carta internazionale, in un mondo da cui gli scemi, i farabutti ed i superbi non siano ancora stati cacciati via se non in parte, non si guarisce, no, la malattia; ma la si alimenta ed inciprignisce. Non l’euforia della carta moneta occorre; ma il pentimento, la contrizione e la punizione dei peccatori, l’applicazione inventiva dei sopravvissuti. Fuor del catechismo di santa romana chiesa non c’è salvezza; dalla crisi non si esce se non allontanandosi dal vizio e praticando la virtù” [L. EINAUDI, Il mio piano non è quello di Keynes, sullo scritto scritto di Keynes intitolato The Means to Prosperity, La Riforma Sociale, 1933, 129-142].

      In effetti, per il nostro ex capo dello Stato le crisi sono fisiologiche in un’economia di mercato e non dipenderebbero da problemi economici (l’€uro non c’entra, per carità), bensì morali! Ecco perché “chi cerca rimedi economici a problemi economici è su una falsa strada; la quale non può che condurre se non al precipizio. Il problema economico è l’aspetto e la conseguenza di un più ampio problema spirituale e morale” [L. EINAUDI, Economia di concorrenza e capitalismo storico. La terza via fra i secoli XVII e XIX, Rivista di storia economica, giugno 1942, 49-72]. Insomma, stato-brutto-corrotto-spendaccione-imprudente (come tutti gli italiani, ovvio). La crisi ha una funzione catartica, seleziona i migliori e virtuosi e fa fuori i viziosi, gli imprudenti, gli oziosi [si veda L. EINAUDI Il problema dell’ozio, su La cultura, XI, gennaio-marzo 1932]. Ed allora confessiamoci, riconosciamo i nostri peccati e … crepiamo in pace. Il pareggio di bilancio non è che una penitenza.

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    3. Angosciante, vero?

      Herbert Spencer, la vendetta.

      Si potrebbe quasi affermare che religioni monoteiste ed economie liberiste siano sostanzialmente la medesima cosa.

      Ad iniziare dal condividere l'essere sempre - e comunque - narrate al di là della Storia. Fuori dalla Storia. Al di là delle valutazioni concrete, significanti, della loro ingombrante realtà fenomenologica.

      Più Joseph de Maistre per tutti.

      Inoltre è talmente ovvio che non c'è sostanziale differenza tra teoria economica e filosofia morale... con l'aggravante, nelle dottrine monoteiste, di presentarla come "rivelata".

      Un moralismo scialbo, sciupato, psicotico.

      Quella psicosi fonte di ogni sociopatia.

      Le virtù nominate contro quelle concretate. La forma contro la sostanza.

      La retorica visionaria di chi non ha altro Dio se non la propria avvizzita immagine nello specchio: immagine di qualcosa che, in realtà, è altro da sé. Riflesso deforme di coscienza aliena.

      Chissà perché tutti i peggiori mostri coservano un rigore morale, un'integrità oltreumana? quella per cui ogni mancanza viene redenta, espiata, tramite il cilicio.

      Chissà perché, chi ostenta rigore morale, non comunica tensione morale?

      La fondazione fenomenologica dell'etica dei valori.¹

      Sto diventando superstizioso: per un qualche strano motivo, quando incrocio via Einaudi, faccio inversione ad U, arrivo un po' più tardi ad i miei impegni, ma guadagno il tempo per pensare alla mia cattolicissima bisnonna - contadina bergamasca capace di mettere al mondo tredici figli - che, ricevuto in dono dal mio nonno una stufa a gas, si preoccupò del non dover più faticare a tagliar della legna: di fronte al regalo esclamò: «ma non sarà peccato?».


      __________

      ¹ «Contrariamente a Karl Marx, Scheler ritiene che il proletariato non sia la forza destinata ad abbattere il capitalismo , dal momento che esso condivide gli stessi valori materialistici, propri della mentalità borghese.» Il consumismo è stato il fenomeno culturale, al di qua della Storia, che ha confermato indiscutibilmente l'intuizione del fenomenologo tedesco.

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    4. Scusa Bazaar non ho capito bene il tuo intervento: quindi, per abbattere il capitalismo, noi subalterni dovremmo smettere di pensare al nostro benessere e al “consumismo” e sentirci in colpa dei nostri peccati, cosí come fece la tua cattolicissima nonna? Dovremmo non accettare piú alcuna "lusinga" del benessere e riprendere in mano la zappa e l'ascia per riprendere in mano le nostre vite e le nostre anime che prima si erano prostituite al Dio industriale materialistico giudato dai capitalisti? Cioé, per abbattere il capitalismo, dovremmo tornare alla "sana" e "moralizzatrice" durezza del vivere sotto l'aurea santificatrice del senso di colpa della dottrina cattolica, secondo la quale é peccato ogni strumento che allevia le pene umane del vivere in questa valle di lacrime, perché ogni siffatta sofferenza diventa nobile sopportazione quando filtrata dalla morale cattolica? Dovremmo cioé tornare a vivere nei boschi senza industrie e esser felici del poco che si possiede, ritrovando la strada verso la spirituale ed anticapitalista "decrescita felice"?

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    5. Angosciante? E’ una galleria degli orrori. Pensa, ho scoperto che nell’ultima enciclica “Laudato Sì”, a pag. 76, viene citato indovina chi? Pierre Teilhard de Chardin, un gesuita darwiniano ed ugenetista. Poi, approfondendo, ho scoperto che amico e benefattore di Teilhard de Chardin fu un certo Julian Huxley il quale scrisse l’introduzione al libro di Teilhard de Chardin “Fenomenologia dell’uomo” e fu primo direttore dell’UNESCO. Leggo quello che hanno scritto e mi rendo conto che queste figure sono tutte collegate, nessuna esclusa, tutte con un unico tarlo in testa: sabotare con ogni mezzo lo Stato, quello costituzionale oggi come quello unitario allora.

      Questo ci ricorda Gramsci in uno dei suoi ultimi discorsi alla Camera, prima di essere imprigionato, durante la discussione del DDL contro le società segrete (presentato dai fascisti come un provvedimento contro la “massoneria”): “La massoneria, dato il modo con cui si è costituita l'Italia in unità, data la debolezza iniziale della borghesia capitalistica italiana, la massoneria è stata l'unico partito reale ed efficiente che la classe borghese ha avuto per lungo tempo. Non bisogna dimenticare che poco meno che venti anni dopo l'entrata a Roma dei piemontesi, il Parlamento è stato sciolto e il corpo elettorale da circa 3 milioni di elettori è stato ridotto ad 800 mila. È stata questa la confessione esplicita da parte della borghesia di essere un'infima minoranza della popolazione, se dopo venti anni di unità, essa è stata costretta a ricorrere ai mezzi più estremi di dittatura per mantenersi al potere, per schiacciare i suoi nemici di classe, che erano i nemici dello Stato unitario. QUALI ERANO QUESTI NEMICI? ERA PREVALENTEMENTE IL VATICANO, ERANO I GESUITI, e bisogna ricordare all'onorevole Martire come ACCANTO AI GESUITI CHE VESTONO L'ABITO TALARE, ESISTONO I GESUITI LAICI, I QUALI NON HANNO NESSUNA SPECIALE MONTURA CHE INDICHI IL LORO ORDINE RELIGIOSO. Nei primi anni dopo la fondazione del Regno i gesuiti hanno dichiarato espressamente in tutta una serie di articoli pubblicati dalla “Civiltà Cattolica” QUALE FOSSE IL PROGRAMMA POLITICO DEL VATICANO e delle classi che allora erano rappresentanti del Vaticano, cioè delle vecchie classi semifeudali tendenzialmente borboniche… I gesuiti della “Civiltà Cattolica” e cioè il Vaticano, ponevano a scopo della loro politica come primo punto IL SABOTAGGIO DELLO STATO UNITARIO, attraverso l'astensione parlamentare, l'infrenamento dello Stato liberale per tutte quelle sue attività che potessero corrompere e distruggere il vecchio ordine; come secondo punto, la creazione di un'armata di riserva rurale da porre contro l'avanzata del proletariato, poiché fin dal 71 i gesuiti prevedevano che sul terreno della democrazia liberale sarebbe nato il movimento proletario, che si sarebbe sviluppato un movimento rivoluzionario…. Poiché la massoneria in Italia ha rappresentato l'ideologia e l'organizzazione reale della classe borghese capitalistica, chi è contro la massoneria … è contro la tradizione politica della borghesia italiana. Le classi rurali che erano rappresentate nel passato dal Vaticano, sono rappresentate oggi prevalentemente dal fascismo: è logico pertanto che il fascismo abbia sostituito il Vaticano e i gesuiti nel compito storico, per cui le classi più arretrate della popolazione mettono sotto il loro controllo la classe che è stata progressiva nello sviluppo della civiltà: ecco il significato della raggiunta unità spirituale della nazione italiana, che sarebbe stato un fenomeno di progresso 50 anni fa; ed è oggi invece il fenomeno più grande di regressione” [A. GRAMSCI, Tornata di sabato 16 maggio 1925, 18 ss.].

      Oggi tecnocrazia €urista e gesuitismo di ogni tipo (con abito talare e non) vanno a braccetto.
      Dall’altra parte c’è la Costituzione da difendere.

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    6. 'Molti pensano che il liberalismo italiano, movimento politico e patrimonio ideale, non sia davvero altro che quello cresciuto sotto l' influenza della visione anticattolica cavurriana. Così non è. Tra i suoi maggiori esponenti troviamo due eminenti statisti di fede cattolica, non ostentata, non strumentale, ma sincera e profonda: Giovanni Giolitti e Luigi Einaudi.
      Proprio Giolitti fondò il Partito Liberale Italiano a Bologna l' 8 ottobre 1922. Mentre nel 1943 la ricostituzione del Partito Liberale avvenne con il contributo determinante di Luigi Einaudi.
      Giolitti, che non aderì alla Massoneria, non abbandonò la tradizione religiosa dei propri padri e per tutta la vita visse una fede non esibita ma non rinnegata, attuando una politica ecclesiastica nel contempo rigorosamente rispettosa della libertà religiosa di tutti e non ostile alla Chiesa cattolica.
      Pure la fede cattolica di Einaudi è poco nota, ma ebbe un ruolo importante nella sua vita e nel suo pensiero. Roberto Pertici, su L' Occidentale del 10 agosto 2008, presentando uno scritto troppo a lungo dimenticato del secondo presidente della Repubblica italiana, affronta "il problema del sentimento religioso dell’uomo Einaudi, se e come si armonizzasse col suo liberalismo". In questi giorni, segnati dalla morte del cardinal Martini, la questione dei rapporti tra cattolicesimo, modernità e società aperta è stata spesso sollevata. Dallo scritto di Einaudi emerge una risposta inaspettata ma profondamente rispettosa del cuore del cattolicesimo e solidamente radicata nel miglior pensiero liberale.
      Scrive Pertici: "Si tratta di un testo del 1945, quando era già governatore della Banca d’Italia: tre pagine di Introduzione a un libro di mons. Pietro Barbieri, L’ora presente alla luce del Vangelo, Roma, Cosmopolita, pp. V-VII. Durante l’occupazione tedesca di Roma mons. Barbieri si era dato molto da fare nell’aiuto e nell’ospitalità a non pochi esponenti dell’antifascismo. A liberazione avvenuta, aveva fondato la rivista «Idea» a cui anche Einaudi saltuariamente collaborò e – tra il 1944 e il 1945 – aveva tenuto ogni domenica una trasmissione radiofonica durante la quale leggeva e commentava il vangelo del giorno: in quel libro erano raccolte, appunto, queste conversazioni domenicali".
      continua...

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    7. In queste pagine, come citate da Pertici, Einaudi espone la propria visione del cattolicesimo:

      "Ma la comunità dei credenti non è composta dei soli uomini viventi oggi. Essa vive nelle generazioni che si sono succedute da Cristo in poi. Ognuna di quelle generazioni ha trasmesso quella parola alle generazioni successive; ed ogni generazione ha sentito quella parola e vi ha creduto perché essa era stata sentita e in essa avevano creduto i suoi avi. La parola di Cristo è viva in noi non perché essa sia stata scritta sulle pergamene e nei libri stampati. Sarebbe cosa morta se così fosse. Ma ognuno di noi l'ha sentita dalle labbra della mamma e della nonna. Mettiamoli in fila questi uomini e queste donne che in ogni famiglia hanno trasmesso oralmente gli uni agli altri i comanda­menti divini; amatevi gli uni gli altri, non fate agli altri ciò che non vorreste fosse fatto a te stesso. Non sono molti: da venti a trenta persone bastano a ricondurre la tradizione trasmessa ad ognuno di noi da un antenato il quale viveva al tempo del Messia.
      ...Confesso di apprezzare scarsamente la maniera dotta e quella polemica. L’uomo semplice e la donna umile, i quali sentono la bel­lezza delle parole latine dei canti imparati a memoria, anche se ripetuti con qualche errore di grammatica, non comprendono le dispute dottrinali e non si interessano alle polemiche contro i miscredenti siano essi protestanti o liberi pensatori o materialisti. L'uomo semplice e la donna umile chiedono al sacerdote: dimmi come dobbiamo vivere ogni giorno, come dobbiamo inter­pretare alla luce del Vangelo gli avvenimenti quotidiani, quale è la legge mo­rale alla quale dobbiamo conformarci, quali, fra i comandi ricevuti dai potenti della terra, da coloro che oggi imperano su di noi e sui nostri fratelli viventi nelle più diverse parti del mondo, siano quelli ai quali dobbiamo ubbidire".

      http://chiarodiluna-karl.blogspot.it/2012/09/il-cattolicesimo-di-luigi-einaudi.html

      Caro Bazaar, anche la tua austera e "peccatrice" bisnonna a quanto pare faceva parte di questa tradizione "divina" tramandata oralmente...

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    8. @Federico T
      Ma un piccolo sforzo di leggere e capire, prima di intervenire polemicamente, prendendo un abbaglio così colossale?

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    9. @ Francesco
      Naturalmente, se Gramsci fosse vissuto ai giorni nostri, e avesse scritto su un blog la seguente frase "QUALI ERANO QUESTI NEMICI? ERA PREVALENTEMENTE IL VATICANO, ERANO I GESUITI", sarebbe stato etichettato come complottista!
      Ma non si potrà nascondere per lungo tempo la realtà, e le vere anime critiche e non servili lo hanno capito.
      Come già da me riferito, è stata la gesuitica Scuola di Salamanca che ha posto le fondamenta del liberismo odierno, PER STESSA AMMISSIONE DI ROTHBARD E HAYEK, solo che non lo insegnano a scuola.
      ---
      Si leggano ulteriori fonti, che sono COPIOSE, per chi le vuole cercare, ad esempio:
      Le premesse di una concezione liberale del rapporto tra cattolicesimo ed economia

      S. Tommaso d’Aquino e la tarda scolastica – che sostanzialmente si identifica con la Scuola di Salamanca (1350-1500) – sono stati considerati da alcuni studiosi [cfr. Chafuen 1999] come l’origine di una impostazione cattolico-liberale in materia economica.
      Questa considerazione non dipende immediatamente da ciò che si rinviene negli scritti di s. Tommaso e dei numerosi esponenti della Scuola di Salamanca a proposito dell’economia stessa e del mercato, ma dalle assunzioni di fondo a proposito della natura umana oltre al metodo utilizzato per affrontare i temi economici dal punto di vista etico-morale. L’economia, nelle sue diverse articolazioni, dalla proprietà privata alla finanza pubblica, dal commercio (anche quello internazionale nella Scuola di Salamanca) alla teoria della moneta, dalla giustizia distributiva all’interesse fino alle attività bancarie, vengono studiate – secondo la grande lezione di s. Tommaso, nella loro realtà. Husserlianamente potremmo dire che si studiano «le cose così come sono» prima di emettere un giudizio etico-morale su di esse, cioè sul come «dovrebbero essere». Un esempio chiaro di questo modo di procedere è contenuto in quanto s. Tommaso adduce in favore della proprietà: il suo pensiero a riguardo verrà ripreso da vari esponenti della scuola salmaticense.
      ....
      Con questo metodo si stabilisce una sorta di «autonomia» del processo economico e la scoperta delle sue leggi apre la strada a una valutazione non aprioristica – in definitiva – positiva di quelle che oggi potremmo chiamare economia di mercato e società aperta. A partire da queste considerazioni si è arrivati a sostenere una influenza della tarda scolastica in vari Paesi, su Lessio, Grozio, Pufendorf e – attraverso di loro – su Hutchenson, Ferguson e Adam Smith....
      http://www.bibliotecaliberale.it/glossario/c/cattolici-economia-sussidiarieta/#
      E prima o poi si arriverà anche a capire, al di là del fumo gettato negli occhi dalla propaganda, che la dittatura pinochettiana è stata una dittatura liberista CATTOLICA con forti legami con il VATICANO:
      http://nwo-truthresearch.blogspot.it/2016/01/riscopriamo-le-nostre-tradizioni.html

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    10. Sì, abbiamo apprezzato la tua citazione, a suo tempo.
      Tanto che l'argomento è stato infatti ripreso nel post su "bene comune e beni comuni", sul versante francescano della "nascita della tragedia"...
      Ma mi avvedo che sei pure intervenuto :-)
      http://orizzonte48.blogspot.it/2016/05/bene-comune-beni-comuni-mercato-e.html

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  4. Certo, l’on. Duilio ha poi aggiunto che “Noi ci dovremmo domandare come possiamo fare per rilanciare la crescita e dove prendiamo le risorse, ma questo è un problema che dovremo affidare ALLA VIRTÙ DI UNA POLITICA ECONOMICA E DI UNA POLITICA COMPLESSIVA che, nelle pieghe degli sprechi che esistono nel recupero di risorse, in un equilibrio più complessivo, diciamo così, che consenta alla classe politica di dedicarsi a questa grande questione della crescita, vedano la possibilità di uscire dalla situazione in cui ci troviamo”. (http://leg16.camera.it/410?idSeduta=0555&tipo=stenografico#sed0555.stenografico.tit00040.sub00010). I rappresentanti del Popolo Italiano.

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    1. Sì,in Costituente, lo stesso Einaudi non parlò di pareggio di bilancio (cioè di saldo "0" del bilancio, senza indebitamento annuale).
      Sebbene tirasse fuori l'argomento del "padre di famiglia" e quindi implicasse la solita storiella che la spesa pubblica è un costo.

      Nella seduta del 24 ottobre 1946 si discusse essenzialmente sul come formulare una norma che obbligasse, essenzialmente, una sola, o entrame le camere, o il governo (su questo era semmai la varietà delle opinioni), a indicare i mezzi di copertura delle proposte legislative che comportassero nuove spese.

      Nessuno, proprio nessuno, specificò il "come" vincolante di tale copertura: nemmeno Einaudi.

      Anzi, si potrebbe persino dire che la sua posizione, non attestata sul pareggio di bilancio (cioè se ho una nuova spesa devo, senza alternative, tagliarne un'altra o imporre nuove tasse), sarebbe più paradossalmente favorevole alla monetizzazione da parte della banca centrale e al deficit, sia pure per implicito ricavando ciò dalla sua critica verso la eccezionalità degli "eccessi" in tal senso. Ma rimarrebbe una deduzione comunque più fondata di quella dell'on.Galderisi. E con altrettanta maggior verosimiglianza si potrebbe trarre argomento che Einaudi fosse un sostenitore del bicameralismo (!):

      "Einaudi fa rilevare all'onorevole Perassi che in casi supremi — come quello dello scoppio di una guerra — secondo la prassi, le Camere danno al Governo l'autorizzazione ad aumentare il livello massimo delle anticipazioni al Tesoro da parte dell'Istituto di emissione.
      All'argomentazione dell'onorevole Fuschini oppone che può essere utile fissare nella Costituzione un criterio, tra gli altri, al quale subordinare la presa in considerazione da parte di una Camera della proposta di un suo deputato. Soggiunge infine che oggi può dirsi — sebbene questa non sia una ragione per non occuparsene nella Costituzione — che l'occasione di leggi di iniziativa parlamentare sia venuta quasi del tutto a mancare, in quanto il Governo è emanazione del Parlamento. Pertanto la disposizione proposta ha un contenuto morale, ma una scarsa importanza pratica".

      Come si vede dal finale, almeno in quella sede, si rendeva conto della "scarsa importanza pratica" della disposizione. Non arrischiò alcuna ulteriore pretesa, perché, come nella maggior parte dei casi, si sarebbe trovato in minoranza. E quindi, a rendere testimonianza di una visione costantemente estranea a quella del resto dell'Assemblea (e espressamente respinta nel testo poi adottato).

      Certo, dopo la venuta allo scoperto di De Gasperi sul "quarto partito", nella "rivincita" avversa alla Costituzione realizzata a posteriori, poteva raccontarla come meglio credeva e atteggiarsi a decisore in Costituente.
      Ma le cose non andarono così...

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    2. De Gasperi alla Camera, dicembre 1947: "Oggi credo che, onestamente, nessuno in Italia possa pensare una cosa simile, quando si vede la collusione di interessi da parte di grossi industriali e, purtroppo, anche da parte di lavoratori che hanno bisogno di lavorare per vivere, collusione contro la politica di Einaudi, politica deflazionistica che è evidentemente contro la speculazione".

      En plein: mezza giravolta di De Gasperi, "riabilitazione" di Einaudi, soprattutto (sin da subito, dunque) l'estrema chiarezza di quel dire esplicito, che non nasconde niente. Costituzionalizzazione surrettizia (a Carta ancora da sfornare!) del potere economico finanziario (con solamente un pizzico di ipocrisia sui "piccoli non plutocrati" - ma c'era pur da raggranellar voti), politica deflazionistica versus speculatori (come oggi: nel '92 è stato Soros, vero, non lo SME rigido? Idioti), einaudismo contro fordismo (la "collusione")...

      Questi macellai sono lettori di gialli: la verità va posta in bella vista, non c'è nascondiglio migliore.

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    3. La dottrina liberista (Bognetti, ça va sans dire) ha sempre cercato di accreditare l'esistenza del pareggio di bilancio nella vecchia formulazione dell'art. 81; al che si è replicato (da parte di Antonio Brancasi [voce fuori dal coro in un'opera altrimenti molto europeista], Governo della spesa pubblica e disavanzi eccessivi, in della Canananea - Napolitano (a cura di), Per una nuova costituzione economica, Il Mulino, Bologna, 1998 pagg. 61 e ss.): "Questa idea sarebbe condivisibile se esclusivamente le normali leggi, che sono le uniche sottoposte all’obbligo della copertura, fossero in grado di determinare, direttamente o indirettamente, l’ammontare delle spese: se cioè il bilancio dovesse essere un atto integralmente predeterminato dalle decisioni prese con le altre leggi. In realtà, così non è e non è mai stato, né è sostenibile che ciò sia imposto dalla norma che vieta al bilancio di «stabilire nuovi tributi e nuove spese»: il bilancio, tenuto conto che per la sua adozione è prevista una riserva di Assemblea, non può essere un atto dal contenuto predeterminato; il divieto in questione va, in realtà, inteso nel senso che al bilancio è precluso modificare le altre leggi, fermo restando che queste, siccome nulla è detto nella Costituzione in ordine al loro contenuto finanziario, possono benissimo lasciargli la possibilità di determinare l’ammontare delle spese. Ma, poiché il bilancio non è sottoposto all’obbligo della copertura (e sul punto non possono esservi dubbi), il sistema delineato dalla Costituzione non è in grado e non intende garantire il pareggio di bilancio, né pretende di limitare la politica di spesa dell’ente.
      Resto dell’idea che l’articolo 81 si limita a disciplinare i rapporti intercorrenti tra il bilancio e le normali leggi con l’intento di conformare i differenti processi decisionali di cui i due tipi di atti sono espressione. Tra il bilancio e le normali leggi deve intercorrere un rapporto di reciproco condizionamento, nel senso che la cura degli interessi settoriali (a cui provvedono le normali leggi) deve scontare il problema degli equilibri finanziari complessivi (alla cui cura è invece preposto il bilancio). In definitiva, una disciplina che non prende posizione sul tipo di politiche, che lascia all’indirizzo politico delle forze di maggioranza l’opzione tra orientamenti espansivi o recessivi e che viceversa si preoccupa di conformare i processi decisionali mediante i quali vanno prese le relative scelte. [...] Merita segnalare che il dato su cui si basa questa ricostruzione, e cioè il fatto che il bilancio non sia un atto dal contenuto predeterminato, era ben presente al momento della Costituente: il fenomeno delle leggi che predeterminano gli stanziamenti di spesa è, infatti, un prodotto della fine degli anni ’50; addirittura, in un primo momento prevalse quella interpretazione della norma costituzionale ben più permissiva, che limitava l’obbligo della copertura alle sole spese destinate a gravare sull’esercizio in corso.
      In definitiva, neppure gli orientamenti liberisti, da cui la disciplina costituzionale fu sul punto ispirata, se la sentirono di seguire la soluzione più radicale di imporre, con la Costituzione, un certo equilibrio finanziario."

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    4. Queste considerazioni, oltretutto, ci confermano che l'origine non chiara, a dirla tutta, della disposizione sul bilancio, deriva da una concessione fatta proprio agli einaudiani: ma non si arrivò mai neppure a proporre l'obbligo di copertura in pareggio di spese con entrate.

      Come abbiamo visto neppure il più consistente intervento dello stesso Einaudi, in sede costituente, lo implicava.

      Ma rimane, tristemente, che anche questa voce risale al 1998: cioè a un anno prima dell'introduzione "fiscale" dell'euro e senza tenere conto, a quanto pare, del regolamento di stabilità UE del 1997.
      Una pecca non da poco, sommata al silenzio successivo di costituzionalisti e corte costituzionale...

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  5. Certo, e cio' legittima ogni menzogna ancora oggi. A proposito "Anche con la Brexit, l'Unione Europea non torna indietro", firmato Mattarella al TG delle 20,00. Quando si dice destino anancastico

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    1. Diciamo pure costrittivo o "coatto"

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    2. Mi sembra che il tipo viva in un mondo parallelo, fuori da ogni realtà come la maggior parte dei governi italianI a partire da monti.
      Questi porci stanno giocando con i popoli, Estremamente grave è la situazione italiana che non sembra turbare più di tanto i governanti italiani, semplicemente abominevole.

      Non credo che un progetto talmente delirante è distruttivo possa durare. Possono ingannare la gente per un certo periodo ma non per sempre. È più la situazione diventerà ingestibile è più il popolo europeo si sveglierà.

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  6. Costretti in quanto debitori, Vincolati in quanto appartenenti al EUM con il TARGET 2 che diverge , Ricattabili in quanto esportatori netti e Manufatturieri inseriti in filiere di cui non abbiamo il controllo https://vaev1ctis.files.wordpress.com/2016/06/img_0525.jpg .... Non sarebbe facile neppure se fossimo guidati da una classe dirigente ...

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  7. La Polonia vuole introdurre un nuova tassa per le Shopping-Malls è i grandi supermercati che hanno un fatturato tra i 4 è 38 millioni di €, in questo caso la tassazione è del 0.8%. Sè il fatturato supera i 38 millioni la tassazione si alza al 1.4% è chi ha un fatturato sotto i 4 millione non paga nessuna tassa. Il motivo è proteggere i piccoli negozi locali. Il ricavato di questa tassa va alle famiglie che ricevono 112 € per figlio a partire del 2° figlio.

    Für kleine Läden: Polen führt Steuer für Supermärkte ein

    Fuori da questa tassazione sono medicamenti, alimentari di prima necessità, gas è olio per riscaldamento.

    In Italia succede il contrario.

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  8. Al grafico dell'incremento del debito pub(bl)ico italico andrebbero correlati i primi grafici del Supplementi al Bollettino Statistico n. 32 del 15/6/2016 della BdI e fare qualche "ragionamento sulla destinazione di quell'incremento di "debito" ....

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    1. L'enorme debito accumulato per sprechi e corruzione...dovrebbero pure fare il calcolo al netto del defiti annuale inevitabile di contribuzione al bilancio UE, coi suoi effetti cumulati sull'onere degli interessi (e, volendo, pure al netto della spesa di cofinanziamento dei relativi programmi dei fondi UE, completamente inutile e sottratta a sanità, publica istruzione e sostegno al pieno impiego)

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    2. E lo spreco delle pensioni dove lo mettiamo?!?!? Questi lavoratori che pretendono la pensione... ma chi si credono di essere. Bella poi la trovata del prestito bancario. Siamo al principio della "pensione privata" garantita dal pubblico?

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  9. OT rispetto al post ma in un certo senso collegato: osservo con molta preoccupazione ciò che sta accadendo in questi giorni, in Francia. Colpisce in particolare l'uso strumentale della minaccia terroristica (di cui i primi responsabili sarebbero coloro che non la prevengono o ne hanno sottovalutato, per anni, la portata, piuttosto che i lavoratori che manifestanopì), e delle manifestazioni sportive allo scopo di inibire la protesta dei lavoratori contro la loi travail.

    Colpisce inoltre l'assoluta insensibilità politica di Hollande e Valls. Due "socialisti" che si ostinano "per principio" a non dare rilevanza politica ad una protesta legittima posta in essere da larghi strati della popolazione.

    Sembra quasi che, rispetto alla via italiana, dove si è usata la retorica del debito e dello spread per inibire la protesta sociale, in Francia si sia seguita invece la strada di uno scontro più diretto, reso necessario -forse- dalla presenza di un'opinione pubblica in cui i principi democratici sono più radicati.

    Comunque, anche oltralpe la skock economy ha manifestato esplicitamente la sua presenza. Anche qui, era necessario un governo "di sinistra" per farlo....

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    1. Hai colto, come al solito, lo snodo nevralgico in cui si proietta la questione. Ne parlerà proprio il post di domani :-)

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  10. @BAZAR "Chissà perché, chi ostenta rigore morale, non comunica tensione morale?

    Perchè è tipico delle persone bloccate, cristallizzate in quello che sanno di sapere, al passato, e perciò vincolate dalla morale e dal dover essere che il mondo gli impone.

    Per questo si tratta di persone schiave di ciò che sono, di quello che possiedono e del potere.

    Mentre la tensione morale è invece rivolta in alto e al futuro, rappresenta la spiritualità cioè la forza destinata ad controbilanciare il capitalismo e i valori materialistici.

    Bisogna riconoscere quello spirito divino, presente in ogni uomo e in ogni donna, e sperimentare la sua capacità di immaginare, intuire, trasformare ciò che è in qualcosa di altro.

    Proprio per questo le intuizioni ed anche la superstizione sono importanti , da valorizzare:

    "Sto diventando superstizioso: per un qualche strano motivo, quando incrocio via Einaudi, faccio inversione ad U, arrivo un po' più tardi ad i miei impegni, ma guadagno il tempo per pensare alla mia cattolicissima bisnonna - contadina bergamasca capace di mettere al mondo tredici figli - che, ricevuto in dono dal mio nonno una stufa a gas, si preoccupò del non dover più faticare a tagliar della legna: di fronte al regalo esclamò: «ma non sarà peccato?».

    che bella immagine questa donna forte e pragmatica ma ricca di spirito , che accetta il regalo e riconosce il limite del suo mondo di prima, domandandosi "ma non sarà peccato" e poi lo supera quel limite perchè sente che è giusto. Non spacca più la legna e utilizza quel tempo per fare altre cose a favore dei figli e nipoti , o per la sua crescita personale.

    questa è la tensione morale che servirebbe, e il coraggio per fare le cose e allargare i confini del nostro mondo.

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    1. Sia lodato Gesú Cristo, la Madonna e tutti i Santi, secondo la nostra Santissima Tradizione tramandata dai nostri Avi e lodata sopra tutte le altre dal nostro Eminente Padre Fondatore cattolicissimo Luigi Einaudi.

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    2. Peccato = energia bloccata ... http://youtu.be/vPi3qHhpq8k

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  11. @Federico T traspare dalla prima parte della tua risposta che qualcosa hai intuito, ma poi ti spaventi e guardi al passato, e per auto-giustificarti ti è d'aiuto citare Einaudi con suoi attributi mondani.

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    1. Albe', vuoi dire che c'è un Einaudi con attributi trascendentali che vive nel futuro, e continua a proteggere il sacro fuoco del liberismo altamente cristiano?

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    2. tutto può essere ahahahaha :D ... ma molto più semplicemente ho notato la preghiera di @Federico T che , per chi lo sente, richiama ad una spiritualità trascendente.

      Tale spiritualità è fondamento della tensione morale.

      Chi possieda, anche solo in parte, questa tensione morale non ignora il passato e la situazione del mondo ma non si adegua allo status quo e non persegue l'avere e il potere anche a danno degli altri.

      La tensione morale è rivolta al futuro e in alto, chi la possiede non ha paura del cambiamento quando vede che il mondo è sbagliato e ingiusto.

      Poi Federico associa a tale preghiera una figura per lui negativa, quella di Einaudi, o meglio quella parte di Einaudi che può conoscere dalle sue opere, dai suoi atti pubblici e dalla sua biografia ( la parte mondana e conosciuta) . Negativo il liberale Einaudi e negativo tutto quello in cui (forse) credeva. Negativa la spiritualità. No tensione morale.

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  12. Albé, da una parte io metterei la tensione morale, che non ha alcuna etichetta religiosa, e dall'altra le religioni organizzate, che hanno sovente avuto impatto infausto nel destino degli uomini, e che non sono pure religioni, ma sono veri e propri sistemi di potere organizzati materialmente per soggiogare gli uomini. La storia della Chiesa é costellata di orrori, che dovrebbero far sobbalzare ogni uomo dotato di sensibilità, spirito critico, e, appunto, tensione morale.

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  13. @Federico T il mio riferimento alla spiritualità non etichetta un bel nulla, non mi sembra di aver preso a riferimento le organizzazioni vaticane e le regole religiose (religere in latino significa legare / trattenere) come assoluto morale.

    Non per questo rigetto il messaggio evangelico come tramandato nelle prime comunità cristiane (fino all'editto di costantino) e nei secoli fino ad oggi, tramite straordinari testimoni ed rivoluzionarie esperienze di vita. Nella chiesa cattolica romana e fuori dalla chiesa. In questo messaggio si possono trovare molti aiuti e stimoli per una crescita spirituale e per vivere meglio anche il presente.

    Quanto scritto in tutti i Testi Sacri, in generele, e quindi anche nella Bibbia (sia antico che nuovo testamento) è una straordinaria via che ci viene offerta per un percorso di crescita spirituale ( non l'unica via ma il testo sacro aiuta molto )
    se siamo in grado di capire quanto ci viene tramandato, tramite l'interpretazione della scrittura e dei simboli

    Poi quella strada bisogna percorrerla e viverla, consapevoli che si può perdere la strada ad ogni bivio.

    l'errore è possibile e gli errori gli uomini e le organizzazioni li hanno sempre fatti ma l'orrore più grande è "gettare il bimbo con l'acqua sporca"

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    1. Albè, sulle prime comunità cristiane possiamo essere d'accordo, sulle seconde e le terze, quelle che ci ha lasciato in eredità Einaudi, un po meno..
      Ma ti ricordo che si può avere anche una tensione morale essendo semplicemente keynesiani, anche se non si condividono i testi sacri.
      cordiali saluti

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