lunedì 6 giugno 2016

L'€UROPEIZZAZIONE IDRAULICA DELLE ELEZIONI: IL PATTO DEL SILENZIO E LA CREDIBILITA'

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1. In tutta Europa, il problema centrale che riguarda l'effettivo rapporto dei cittadini con le istituzioni politiche è...l'UE.
In Italia, quando si va al voto, questo problema, invece, perde di qualsiasi rilievo.
In altri termini, siccome il rapporto tra cittadini e istituzioni politiche è verificato e "certificato" dalle elezioni, ci si domanda, da parte di crescenti porzioni degli elettorati di tutti i paesi europei, che senso abbia votare se OGNI livello di gestione territoriale delle politiche possibili è predeterminato da tecno-decisioni €uropee. Il voto diventa non tanto protesta ma segnale di rivendicazione del senso del voto stesso e della democrazia (almeno formale) che vi si connette.
Il paradosso è che i settori popolari che chiedono di mantenere la funzione essenziale del voto, e cioè che esso sia esprimibile sulla base di valori ed obiettivi avvertiti come effettivamente attuali e prioritari, al di fuori della insoddisfacente imposizione operata dall'alto delle istituzioni europee, vengono definiti "populisti", xenofobi, razzisti o di estrema destra.
In pratica: chi non si piega all'idraulicità di un voto a esito e conseguenze predeterminati, e vuole almeno una parvenza di democrazia, non sarebbe degno...della democrazia.
Questo meccanismo di etichettatura e di raffigurazione del dissenso rispetto all'UE e ai suoi esecutori a livello nazionale, prelude pericolosamente all'abolizione del voto in tutta €uropa: se non l'hanno ancora espressamente propugnato, è perchè, allo stato attuale, stanno avendo successo nell'abolire la sostanza dei parlamenti nazionali, rendendoli tutti dei simulacri privi di potere decisionale effettivo come quello UE

2. Venendo alla "scottante" attualità italiana, si può obiettare che in elezioni amministrative, e quindi riguardanti enti locali di governo-amministrazione, esistono una serie di questioni e caratteristiche socio-economiche legate al concreto territorio, la cui soluzione esigerebbe una conoscenza specifica, appunto, localizzata e un collegamento tra visione e competenze degli eletti e comune sentire degli elettori.
Nulla di più fallace, se si fosse consapevoli della genesi dei problemi che si riversano sulle varie realtà territoriali: i patti di stabilità interna che vincolano le politiche degli enti territoriali molto di più di quanto non sia condizionato l'indirizzo di governo centrale, sono la diretta derivazione del vincolo €uropeo.
O ci si rende conto di ciò, da parte delle forze politiche che si presentano alle elezioni, oppure no: se "no", allora i problemi del territorio semplicemente non possono essere seriamente risolti

3. Certo, si possono fare crociate moralizzatrici per ottenere risparmi e tagliare gli sprechi: ma in un'organizzazione sociale che, come l'UE-M, normativizza l'inderogabile prevalenza del mercato, si ritiene che quasi ogni tipo di utilità possa essere resa all'interno di un ordinario contratto di scambio tra privati: tranne l'eccezionale e residuale ipotesi di beni non "rivali" e non "escludibili" (il "faro" e, oggi, con sempre meno convinzione, la difesa nazionale), tutto dovrebbe essere "razionato" efficientemente col sistema dei prezzi
Dunque apprestare ai consumatori/utenti quell'utilità - la pubblica istruzione, la sanità e le connesse forme di assistenza sociale, la costruzione e gestione di un ponte o di un'autostrada, il servizio di trasporto collettivo, - "deve" essere consentito, progressivamente ma inevitabilmente, a  qualsiasi operatore privato che, assicurandosi (tendenzialmente) un prezzo pari al costo marginale di erogazione, garantirebbe l'efficienza massima ottenibile.

4. Per promuovere al meglio questo sistema di razionamento efficiente - non necessariamente concorrenziale: l'importante è che sia privato- dei beni/utilità un tempo pubblici, occorre rendere sempre più alto il costo marginale di produzione pubblica, in modo che, appunto, l'ente pubblico debba prendere atto che "non ce lo possiamo più permettere"
Per fare ciò si procede al "razionamento" della moneta, escludendo la legittimità dell'emissione di moneta pubblica (ovvero "sovrana") e imponendo il pareggio di bilancio.
Rammentiamo: basta quello "primario", cioè con deficit solo determinato dall'ammontare degli interessi sul debito contratto in passato e con l'imposizione di crescenti "avanzi primari" che progressivamente portino al "pieno" pareggio di bilancio con l'estinzione del debito pregresso. 
Con tale sistema si rendono lo Stato e, ancor più accentuatamente, gli enti locali, dei debitori di diritto comune.
In tal modo, il settore pubblico diviene privo del flusso della moneta "pubblica", e affetto da una  costosa "scarsità" della moneta privata ottenibile dal settore bancario privato; ciò lo induce ad accrescere, via tassazione (centrale e specialmente locale) i flussi di reddito offerti a garanzia dell'ottenimento fiduciario del "credito" privato ma, specialmente, DELLA SUA RESTITUZIONE,  e, contemporaneamente, a dover procedere alla predetta privatizzazione di tutte le attività assoggettabili al pieno sistema dei prezzi privatistico.

5. Questo è il problema pregiudiziale, vero ed effettivo, che si pone in ogni amministrazione comunale: se non si risolve, anzi, nemmeno si mostra di conoscere, questo problema e la sua origine nell'imposizione del sistema voluto dall'€uropa, tutti gli altri problemi a valle, come si dice in termini logici e giuridici, "difettano di interesse concreto ed attuale"
Che senso ha occuparsi di tagli degli sprechi se la gran parte degli stessi sprechi sono determinati, strutturalmente, dalla mancanza di adeguati investimenti in strutture e competenze,  nonché dall'abolizione del sistema dei controlli preventivi? Sono, queste, tutte caratteristiche ordinamentali complessivamente derivanti dalla concezione privatizzante, anzitutto della moneta, imposta dall'€uropa e che deve condurre, prima o poi, con le buone o con le cattive, alla privatizzazione per vincolo da debito di diritto comune.

6. Che senso ha parlare di lotta alla corruzione, come soluzione morale e persino, pretesamente, economico-finanziaria, quando questa, nella sua essenza fenomenologica, viene depenalizzata nelle sue manifestazioni di gran lunga più importanti e sistemiche, dal sistema della de-sovranizzazione monetaria?  
Se sei un ente locale debitore, devi risparmiare per restituire capitale e interessi, e siccome i compiti che la Costituzione ti affida non consentirebbero mai di risparmiare abbastanza, questi compiti verranno progressivamente mandati in malora; la gente protesterà che le cose vanno male e che l'ente pubblico, che pure sta agendo come il "buon padre di famiglia" o la "massaia", in pareggio di bilancio, non sa gestire (perché è sprecone e corrotto, non perché è stato reso debitore di diritto comune, assoggettato "in corsa" alla legge del mercato del credito privato). 
 

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7. Dunque, bisogna privatizzare i "beni comuni" per fare il "bene comune". E aumentare le tasse per pagare il debito pregresso, raccontando che questo onere non è dovuto alla abolizione della sovranità monetaria e all'adozione del pareggio di bilancio, ma ai costi della corruzione!!!
E l'ente pubblico perde irreversibilmente la sua legittimazione a svolgere quei compiti, previsti dalla Costituzione come oggetto di doveri a carico della sfera pubblica: ma non importa.  
L'€uropa predilige il mercato, il mercato rende l'attività pubblica assoggettata al sistema bancario e, perciò, antieconomica e inefficiente, senza che più nessuno si preoccupi di stimare il valore, anche economico, del perseguimento dell'interesse pubblico (p.8) da parte dell'ente pubblico. Un valore che viene ormai costantemente distrutto senza che nessuno si preoccupi di contabilizzarlo: tranne rendersi conto di tale distruzione, senza saperne identificare l'origine, al momento di dover calcolare il PIL annuale.


8. A me risulta che nessuna forza politica abbia parlato di tutto questo durante la campagna elettorale per queste elezioni amministrative: ergo, chi non ne parla, e solo in base a questa macroscopica omissione, è favorevole al "paradigma" monetario e mercatista-privatizzatore dell'€uropa.

E se lo è (favorevole), al di là delle cosmesi su corruzione e sprechi, è inguaribilmente solo un "vecchio" (di almeno 30 anni) soggetto politico, soltanto imbellettato con la ricorrente cosmesi delle "mani pulite"; nei fatti, cioè, il replicante in forme adattate ai tempi, di esperienze già vissute e che hanno soltanto portato al rafforzamento del sistema neo-liberista, privatizzatore e abrogativo della Costituzione, tipicamente €uropeista.

E se si è, per azione o per omissione gravemente colpevole, favorevoli al paradigma €uropeo ed alla sacralità del pareggio di bilancio, ignorandone la funzione ideologica redistributiva, e pensando che sia possibile rispettarlo agendo con occhiuta onestà, NON SI E' CREDIBILI nel dire che non si vuole privatizzare e, anzi, che si intende "ripubblicizzare": si finirà per perdere la faccia o per essere travolti da scandali e inchieste, (generati, a loro volta, dall'acritica applicazione di norme incostituzionali da parte degli organi di controllo...ex post).
Tutto il resto sono chiacchiere su cui non varrebbe la pena di perdere altro tempo. 
Se non fosse che, purtroppo, l'astensionismo fa oggettivamente il gioco del paradigma europeista, implicitamente condiviso dall'offerta politica "vecchia" così come da quella "vecchio-nuovista". 
E che l'unica alternativa all'astensionismo, (cioè il voto antisistema cosmetizzato) ha in pratica effetti equivalenti all'astensionismo.
Fino a prova contraria: che potrebbe essere ormai tardiva e inutile (per venir meno irreversibile della democrazia e del benessere); ed ammesso che sia fornita mai...

14 commenti:

  1. Ovviamente ho fatto il ponte in compagnia con uno degli organizzatori della campagna politica degli aspiranti sindaci di una delle maggiori città in cui si sono svolte le elezioni.

    Bene.

    Inizialmente, dopo averlo "imbeccato", si definisce "socialista di destra": ottimo! penso; d'altronde ci stavo da tempo "lavorando su" e, curiosamente, accoglie la definizione, facendola propria.

    Chiedo per chiarire se capisce la qualificazione che ho provato a sottomettergli: "socialismo di destra" o "destra sociale"?

    No, be', la destra sociale non esiste più: socialismo di destra.

    Ottimo!

    Cosa pensate si debba fare per la vostra città? Perché, a parer mio, per quanto sia in gamba il tuo candidato, non può tecnicamente far nulla di utile.

    Certo che può!

    L'edilizia: costruire dappertutto; al limite ristrutturare. L'edilizia è il motore di tutto.

    Ah...

    Come è stato fatto a Milano, hai presente? Fantastico!

    Ed io: mah, veramente è rimasto quasi tutto invenduto...

    Non pensi che debba essere lo Stato ad intervenire in economia?

    Noooooo! Non vorrai mica "nazionalizzare" e tornare al fallimentare "statalismo"! Tutto in mano ai privati: proprio come a Milano!

    (Siamo a posto...)

    Trovandoci in una località turistica, insiste: vedi, per rilanciare le attività, io rifarei tutte le strutture alberghiere, con funzionalità super-moderne!

    Capisco, aggiungo: quindi è l'offerta a fare la domanda?

    Cerrrrrto!

    Ma sei sicuro di essere un "socialista di destra"?

    Beh... effettivamente sono più un socialista di "sinistra".

    (Sì, un marxista-leninista...)


    Insomma, l'amministrazione locale non ha nulla a che fare con la politica nazionale ed internazionale. Basta, sic, «non rubare» e dare «tutto in mano ai privati»


    Ma perché chi studia sinceramente - invece - non ne sbaglia mai una?

    «Nell’immediato dopoguerra, Basso guida le forze socialiste a schierarsi contro l’avvio del processo di integrazione europea, di cui non coglie il significato storico e in cui non scorge il mezzo per ridare la libertà e l’autonomia agli europei, ma in cui vede soltanto l’espressione del dominio statunitense e del capitalismo.» 1976, The Federalist, 1975.

    Che lungimiranza i federalisti!, Spinelliani, de destra o de sinistra... basta che non si studi e si fogni.

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    1. La genesi del termine statalismo è in effetti neo-liberista e in chiave polemica contro fenomeni, storici, istituzionali e politico-economici, diversi tra loro e difficilmente assimilabili (anzi, disomogenei e contrapposti nei loro caratteri strutturali).

      Chiunque usi il termine "statalismo": a) non sa di cosa parla; b) è un neo-liberista ideologico (in genere privo di minime conoscenze economiche e totalmente a digiuno di conoscenze storiche non manipolate a posteriori dai media tecno-pop).

      L'Italia è saldamente in mano a costoro.
      L'Italia continuerà saldamente a sprofondare...

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    2. Basso, durante la sua segreteria, sotto il terzo governo De Gasperi, aveva preteso che i ministri socialisti, prima delle riunioni del consiglio dei ministri, gli comunicassero l’ordine del giorno e i disegni di legge che dovevano discutere. Lui aveva creato due commissioni di consulenza, una incaricata dei problemi dello Stato, con Massimo S. Giannini, l'altra delle questioni economiche, con Caffè, così da poter controllare rapidamente i disegni di legge e poi incaricare uno dei ministri di sollevare tutte le contestazioni preparate in sede di partito (notizie, credo poco note, in C. Giorgi, Un socialista del Novecento, Carocci, Roma, 2015, pag. 245).

      Tanto per chiarire la differenza fra la politica e l'idraulica.

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    3. @Quarantotto

      Be', un'altra perla?

      Essendo costui professionista laureato in economia, chiedo perché mai volesse abbattere il PIL a suon di "tagli agli sprechi" ed "efficientamenti" della spesa pubblica.

      Non è che si "abbatte", mi dice: se tagli la spesa pubblica di "80", il PIL crescerebbe di "40".

      (Insomma, si guadagnerebbe "-40"...)

      La tragedia della borghesia semicolta.

      (La "coltura" del PIL: più lo poti, più cresce)


      @Arturo

      Grazie mille Arturo, assolutamente "poco note": Basso con Giannini e Caffè... un po' come Vendola con la Boldrini e la Tajani.

      Anzi, queste ultime consultant sono un progresso: il progresso di genere.

      Basso è stato molto più conosciuto ed apprezzato all'estero, tanto da essere stato chiamato ad entrambi i "tribunali Russell".

      Di Basso e delle principali fonti che influenzarono il suo pensiero sostanzialmente democratico, si deve constatare un silenzio sbalorditivo.

      A Lelio Basso, a quanto pare padre dell'antieuropeismo, i federalisti sono costretti a riconoscere un lavoro «estremamente ricco [...] delle tensioni morali e delle aspirazioni profonde».

      D'altronde, la "tensione" e la "profondità" esprimono aspetti fenomenologici che indicano come "assoluta", "certa", "indubitabile"... l'etica dei valori.

      Tutto torna.



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    4. "Quando il socialista Lelio Basso, condannato al confino di Ponza nel 1928, si presentò scortato dagli agenti all’esame di filosofia [morale], Martinetti cominciò a interrogarlo, ma presto lo interruppe più o meno con queste parole: «Io non ho alcun diritto d’interrogarla sull’etica kantiana: resistendo a un regime oppressivo Lei ha dimostrato di conoscerla molto bene. Qui il maestro è Lei. Vada, trenta e lode»."



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    5. Sul taglio della spesa pubblica, la lontananza dalla realtà diviene splendido isolamento (del neurone telecomandato). In fondo essere così ignoranti da continuare ad applicare (per inerziale sentito dire), il moltiplicatore 0,5 di Commissione-FMI, valido per i paesi del "terzo mondo" e smentito come erroneo dallo stesso FMI (con intervento di Blanchard), ci potrebbe pure stare. Quello che sottolinei, però, e che travalica nel comico involontario, è che l'ignoranza si estenda a non sapere che G è un componente positivo della domanda aggregata, cioè del PIL.

      Credo che queste siano tutt'ora le basi su cui opera la comprensione economica più diffusa: al più, si tende ad ammettere che solo la spesa pubblica in "investimenti", pur rimanendo un costo, porterebbe alla futura crescita. Magari non sapendo che, spesso, i beni strumentali, sono una pesante voce di importazione.

      Ma sai, il sogno europoide è costellato di misteriose formule simboliche e la realtà deve esserne plasmata: altrimenti, è "statalismo, la più grande minaccia alla pace!

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  2. Il fatto di stigmatizzare le reazioni popolari alle politiche dominanti, e di "passare sopra" anche a pronunce referendarie è molto grave ed è rivelatore (tacendo dei "voti per posta"). All'UE delle "grandi visioni", il voto, dà fastidio. Concordo sul fatto che prima o poi si libereranno anche della forma del voto, tornando, di fatto, ad ordinamenti di tipo settecentesco.

    La riduzione a "metodo idraulico" è chiaramente percepibile nelle campagne elettorali, ormai ridotte a mero teatrino senza alcuna efficacia. Del resto, aver reso lo Stato e le sue articolazioni debitori di diritto comune, come sottolineato nel post, neutralizza ogni opzione politica.
    A titolo di esempio: il comune di Roma ha circa 12 miliardi di debiti. Cosa può fare una Raggi qualsiasi, una volta salita sulla poltrona di sindaco? Senza contare che la "cultura economica" del suo partito non prende nemmeno in considerazione il problema di fondo e che per molti versi non è tanto diversa da quella del "Partito Deflazionista" (=PD). Il nuovo leader del M5S, sembra poi avere come preoccupazione quella di rendersi "politicamente presentabile" (ossia allineato). .... ed allora che senso ha "votare Raggi per votare contro"? Nessuno, nei fatti. Ecco come a dialettica elettorale (e quindi politica) viene già neutralizzata in partenza.

    Certo, ha anche ragione Bagnai quando dice "votate chi vi pare ma non il PD", se non altro per dare un segnale. Ma, a mio avviso, nella consapevolezza che il meccanismo elettorale è già gravemente compromesso.

    Mi riviene in mente un passo di Giolitti che ho più volte citato, risalente al 1897 (se non erro). Se si impedisce al popolo di mutare le proprie condizioni per vie legali, si alimenteranno contesti rivoluzionari (ossia la violenza). Questo è il prezzo che, probabilmente, si pagherà per avere cestinato la democrazia in favore dell'onnipotenza dei mercati. Spero di essere smentito.

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    1. Credo che il sistema global-federalista sia in attesa di vedere se le nuove cosmesi "locali", su cui punta, possano reggere alla prova dell'efficienza, nell'accelerare la desovranizzazione e la denazionalizzazione delle democrazie.

      Un'efficienza da verificare nel medio-breve periodo e, peraltro, con basse aspettative di successo.

      Credo piuttosto che puntino direttamente a un'escalation di stati di eccezione per abolire progressivamente le elezioni nei singoli Stati nazionali, passando per una fase intermedia di loro neutralizzazione, già in atto (gli stati di eccezione già applicati hanno ridislocato la sovranità in modo permanente, svuotando in gran parte le istanze rappresentative nazionali).

      Per questo, all'interno di un siffatto quadro istituzionale, punire l'uno o l'altro dei principali "attori interni" (nel senso indicato dalla Sassen) di questo disegno sovranazionale, si risolve in un'accelerazione di tale programmato disegno politico-istituzionale.

      Per fermarlo occorrerebbe la creazione di un fronte unitario di liberazione nazionale: un'ipotesi che, al di là del nomen, possono tentare popoli che abbiano un'idea di sè meno autocolpevolizzante e autorazzista e, perciò, quando messi con le spalle al muro, più resistenti al condizionamento mediatico.

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    2. Noto che anche Giannuli, notoriamente equilibrato, ipotizza uno scenario simile a quello prefigurato a suo tempo da Giolitti più di un secolo prima, laddove, riferito all'astensionismo, rileva che "...otto anni di crisi non potevano non avere un riflesso anche sul piano politico ed il “polo muto” è il sedimento di rancori, rabbia, senso di rivolta che sta covando in fasce sempre più numerose di elettorato e che, prima o poi, si manifesterà nel più violento dei temporali. E non è detto che debba necessariamente essere un temporale elettorale, potremmo trovarci di fronte ad una rivolta di piazza impossibile ora da qualificare se di destra o di sinistra. Teniamone sempre conto."

      (l'articolo è qui: http://www.aldogiannuli.it/analisi-amministrative-2016/).

      Per quanto ancora, mi domando, si potrà procedere per "stati di eccezione" senza dar luogo ad una paura e ad una rabbia che nessuna televisione, nessun giornale, nessuna propaganda e nessun Corpo armato saranno poi in grado di gestire? Nessuno studia la storia, ai piani alti?

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    3. "una rabbia che nessuna televisione, nessun giornale, nessuna propaganda e nessun Corpo armato saranno poi in grado di gestire".
      Hai sollevato un punto importantissimo: l'esperimento-pilota Grecia (o portoghese, o spagnolo, o persino irlandese, a rigor di storia) attesterebbe il contrario, cioè una gestibilità del caos (indotto).

      Credo sia oggettivo che il calcolo di ESSI è il seguente:
      - create irreversibilmente le condizioni per cui non siano più configurabili autentici partiti di massa (ce lo dice anche Rodrik: prima condizione è la libera circolazione dei capitali), la rivolta - che non è rivoluzione, in quanto non consegue alla solidarieà orizzontale nell'identificare il conflitto sociale- è agevolmente sedabile e persino tatticamente consentibile-diluibile, perché:

      a) uno stato di eccezione "del mercato", a sua volta intrecciabile con quello "terroristico", è ULTERIORMENTE rafforzato dallo stato di eccezione "di piazza" (il tentativo di Hollande, ad es; è abbastanza evidente);

      b) ogni rivolta contiene in sé, nell'attuale frame di controllo mediatico, un forte profilo di conflitto sezionale o sub-sezionale (in Italia siamo i migliori specialisti del genere, ora con i conflitti intergenerazionali, divenuti linguaggio corrente persino della Corte costituzionale, e la contrapposizione, più tradizionale, evasori fiscali-pubblici dipendenti improduttivi. Per non parlare, in tutta l'UE, del problema "immigrazione").

      Il conflitto sezionale, rammentiamolo, è il più efficiente ed efficace neutralizzatore della saldatura della parte debole del conflitto sociale.

      Forse, "ai piani alti", la storia l'hanno studiata poco, ma gli spinelliani-hayekian-einaudiani-monetaristi, a loro tempo, hanno stabilito un format ben studiato; e proprio in funzione delle esperienze del primo '900.

      La domanda è ("solo", a mio parere): non essendo mai passati gli USA per la fase politica del socialismo rivoluzionario in proiezione istituzionale, le crepe di sistema che denotano, preannunciano una rottura del vero motore di tutto questo?

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    4. Sicuramente trattasi di un progetto studiato a tavolino che si avvale sia delle esperienze maturate nel primo '900, sia delle conquiste del marketing e della psicologia in ordine alla persuasione dei soggetti ed alla "eccitazione" delle masse (e controllo della stessa).

      Pure, stiamo parlando di sensazioni umane come paura, tristezza, rabbia, sconforto ed altro che non so quanto siano riconducibili a schemi logici o quanto siano gestibili "all'infinito". Fosse così, dovremmo concludere che costoro abbiano veramente trovato l'uovo di colombo e che questo sistema durerà sostanzialmente in...... eterno! L'intero popolo europeo farà dunque la fine degli ebrei tedeschi? Si renderà conto, metaforicamente, che qualcosa non va solo di fronte a quella ciminiera che erutta tanto tanto fumo?

      Insomma, arriverà pure il giorno in cui il negoziante e il dipendente pubblico o chi per loro si guarderanno negli occhi e, senza dover parlare o spiegare, "capiranno".....

      .... o forse no?

      Di sicuro siamo di fronte ad un mostro politico che sembra aver fatto "tesoro" di tutte le peggiori mostruosità del '900. Temo che questo XXI secolo sarà una tenebrosa appendice di quello che lo ha preceduto.

      Sul piano pratico, è probabile, sì, che solo dagli USA possa arrivare un "contrordine compagni". Di sicuro, però, questo non accadrà se sarà la Clinton a vincere le presidenziali.

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  3. il vero motore è la creazione di moneta, e in particolare la privatizzazione della creazione della moneta moneta, no? Può essere che questo motore grippi, in seguito a uno scossone politico potenzialmente devastante come l'elezione di Trump. Ma... ho paura che ci attenderebbe, in quel caso, non un ritorno della creazione pubblica di moneta, quanto una nuova e atroce "età dell'oro", magari basata su uno strumento "etico" e "asettico" come il bitcoin o porcherie simili. In carenza di un partito rivoluzionario, andrà a finire così, temo.

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  4. Tsipras...
    http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/tsipras-hai-mani-pulite-un-intercettazione-2012-milionario-126229.htm

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  5. segnalo delle slides di Pietro Ichino, ora PD e prima Scelta Civica, giuslavorista da sempre in prima linea per le riforme delle relzioni industriali, convito sostenitore della direzione del Jobs Act, della riforma del sistema elettorale, federalista, europeista convinto.

    http://www.pietroichino.it/wp-content/uploads/2016/06/Milano.6VI16.B1.pdf

    A me ha colpito in particolare la slide 17, e il riferimento alla UE...

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