domenica 4 settembre 2016

LA FORMIDABILE (?) CRESCITA ALL'€UROPEA: LA SPESA PUBBLICA NON VALE LE RIFORME. E "LA RIFORMA".

http://blog02.ilsole24ore.com/opendatablog/wp-content/uploads/sites/82/2016/01/spesa-pubblica.png

1. Quelli sopra riportati sono i dati riferiti alla fine del 2014 dell'andamento della spesa pubblica - primaria e totale (inclusi gli interessi sul debito pubblico)- riportati dal Sole 24 ore, nel dare notizia della "bacchettatura" della Commissione UE all'Italia, all'inizio del 2016.
Di questo ennesimo "contenzioso", basato sul (non più menzionato ma invariato) criterio dell'austerità espansiva, abbiamo a suo tempo parlato in questo post: la risposta di Padoan, in vista del riconoscimento della flessibilità sul deficit per il 2016, fu alquanto netta:
"tra il 2009 e il 2014, secondo le tabelle del Tesoro, l'Italia ha contenuto l'incremento della spesa primaria corrente all'1,4%, l'aumento più basso tra tutte le economie del mondoIn Germania e in Francia, nello stesso periodo, la spesa è salita del 12%, con una media nell'Unione europea del 9%.Tra il 2014 e il 2016, come evidenzia un'altra tabella, i risparmi, grazie alla revisione della spesa, sono stati di 25 miliardi di euro".
Con tanto di dati esposti sul sito del governo:


2. Ora, bisogna rammentare un principio su cui egualmente abbiamo più volte richiamato l'attenzione: la flessibilità non è un sistema per procedere a manovre espansive, cioè di aumento del deficit spending, ma solo un meccanismo autorizzatorio, - altamente discrezionale se non del tutto arbitrario, visto il trattamento riservato ai paesi dell'eurozona diversi dall'Italia- che consente una minore riduzione del deficit, e quindi una politica di austerità attenuata (di qualche decimale di PIL).
Perciò ottenere la "flessibilità" dalla Commissione UE non consente di parlare, diversamente da quanto fanno i media italiani con accenti spesso indignati, di manovra espansiva e correttiva del ciclo economico in funzione dell'intervento pubblico.

Tant'è vero che anche nel periodo messo (ottusamente e tardivamente) sotto osservazione dalla Commissione, la spesa pubblica italiana "reale", cioè depurata dall'inflazione, è comunque diminuita (e in €uropa lo sanno benissimo visto che la fonte è AMECO):

https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgHkRZyjXLCFWfhQXNX8KDNYiqtFS9o9-1qiDyFIJYYJfN1rP4ST5-M6f29PDGHpwAJTTwZtMRUklAEK6Sh8F5YY-ExDiuXGq7tZv_Jwp_cVpLWzAD6ExEEO69PgMJuhXHYV1AyBl0RaF2-/s1600/sp-reale.png
3. Cosa avrà fatto Padoan, dunque, a parte la giusta replica funzionale a sostenere la richiesta di flessibilità?
Si è adeguato: sicché l'Italia, unica fra i grandi Stati dell'eurozona, ha diminuito la spesa pubblica.
Che ciò sarebbe accaduto, - e continuerà ad accadere-, d'altra parte, lo diceva chiaramente il DEF di aprile 2016 

La spesa pubblica totale in percentuale del PIL e di quella al netto degli interessi passivi e degli investimenti sono caratterizzate da un trend nettamente crescente dal 2000 al 2009. Il picco massimo della spesa totale viene raggiunto nel 2009 con una percentuale sul PIL pari al 51,1% (il dato è quello successivo rispetto alla revisione del Pil di settembre 2014). Il Documento di economia e finanza prevede cali consistenti nei prossimi anni, fino al 46,7% nel 2019, mentre le spese correnti primarie scenderanno dal 42,8% del 2014 al 39,9% nel 2019.
il cui messaggio, in definitiva, era ed è:

4. Ora, Marco Fortis, accreditato professore di economia e consigliere del governo, sostenitore della possibilità delle "altre politiche economiche", al moltiplicatore e all'acceleratore pare invece crederci.
Al riguardo, ci offre un punto di vista certamente attendibile, ma che rimane fortemente minoritario, se non inascoltato, nell'ambito delle politiche economiche €uro-conformi seguite dal governo, come appunto dimostra il DEF, che presuppone sì una crescita del PIL che faccia diminuire l'incidenza percentuale della spesa pubblica, ma pur sempre una crescita cui concorra il taglio della spesa pubblica stessa. Fortis, infatti ci dice:
"I numeri dell'Eurostat e dell'Istat parlano chiaro se vengono adeguatamente meditati.
Rispetto al quarto trimestre 2014 (ndr; termine finale del periodo oggetto di contestazione da parte della Commissione), nei sei trimestri successivi di ripresa, il PIL italiano è cresciuto unicamente con le sue forze, senza appoggiarsi alla spesa pubblica, che si è anzi ridotta di uno 0,3% circa.
La nostra crescita cumulata dal primo trimestre 2015 al secondo trimestre 2016 è stata così dell'1,48% (arrotondata all'1,5).
Al contrario, l'aumento della spesa pubblica ha contribuito per ben il 42% ala crescita complessiva del PIL della Germania (che è aumentato del 2,4%) e per il 26% a quella del PIL francese (che è aumentato del 2%).
Detto altrimenti, la spesa pubblica in più ha aggiunto addirittura un punto di PIL alla Germania e mezzo punto alla Francia. Sicché, senza variazioni di spesa statale (mantenendola cioè invariata ai livelli del quarto trimestre 2014), il PIL tedesco sarebbe cresciuto solo dell'1,43% (arrotondato 1,4), e quello francese dell'1,46% (arrotondato 1,5).
Dunque, una crescita "spontanea", in entrambi i casi, leggermente inferiore a quella italiana.
E, si noti bene, stiamo considerando solo l'apporto incrementale diretto della spesa pubblica al PIL, e non anche i suoi effetti moltiplicativi indotti
In altre parole, se si stimassero questi ultimi, la crescita italiana dell'ultimo anno e mezzo, senza la benzina dello Stato, risulterebbe più forte rispetto a quella di Germania e Francia.
Tutto ciò fa capire quanto sia incompleto il dibattito economico nel nostro paese..."

5. Su quest'ultima affermazione (eufemistica) non si può che concordare.
Basta vedere queste recise affermazioni:
- questa è di Vittorio Feltri e intenderebbe dare man forte all'eurexit richiamando l'effetto espansivo del taglio alla spesa pubblica!
- Questa è tratta dal TGcom24 e riporta la storiella del "fanalino di coda" che imperversa in Italia da decenni, senza battere ciglio e senza indagare sulle cause, dando per scontato che la ripresa è "ingranata" e "bene la fiducia di famiglie e imprese":

6. Tralasciamo ulteriori fonti che lamentano "l'enormità della spesa pubblica": in questo momento, sono un po' meno accaniti (ma non troppo: il cherry picking dei dati sulla riduzione del deficit rimane sempre di moda),  per via della prospettiva dei terremotati e dell'inverno in tenda che probabilmente, anzi, certamente, li attende.
Intanto, dall'€uropa arrivano segnali inequivocabili: dovete tagliare la spesa pubblica (visto che nemmeno loro consigliano troppo di aumentare ulteriormente la pressione fiscale) perchè i limiti di bilancio vanno rispettati e l'Italia si è gia giocata le sue carte. Per sempre.



7. Insomma, l'€uropa, si ri-afferma chiaramente, e in modo ufficiale, in termini di austerità e di "riforme": e quali saranno le riforme che non abbiamo già fatto, secondo l'€uropa, visto che "Dijsselbloem promuove le riforme Renzi"? 
Intanto, la solita ulteriore riforma finale del lavoro: la contrattazione decentrata a livello aziendale.
Poi "LA" RIFORMA, (quella oggetto di referendum, pare proprio) evidentemente la più "voluta dall'€uropa" (e da Confindustria): che, si conferma, proprio in vista dell'esecutività militare degli ordini di Bruxelles (e della Germania), azzerando le resistenze degli "inefficienti parlamenti" - come diceva Barroso in nome dell'€uropa-, la "vera posta in gioco".
Una posta che presuppone un gioco ben preciso, ben delineato da Chomsky:


 

8. Chissà perché, poi, il nostro presidente della Repubblica, ritiene che tutto questo "apparato" di regole per convertire le riforme in deflazione salariale e tagli della spesa pubblica, cioè essenzialmente del welfare in sanità e pensioni, possa definirsi come un insieme di "strumenti potenzialmente formidabili" volti "al fine di consentire il dispiegamento di proficue politiche comuni che, mirando alla crescita economica, alla coesione sociale ed alla piena occupazione, suonino concreto consolidamento dell'adesione all'ideale europeo”.
Forse dovrebbe farsi una chiacchierata con Fortis e chiedergli delle condizioni della crescita connesse non solo all'effetto incrementale (del PIL) della spesa pubblica, in sé, ma anche dei suoi "effetti moltiplicativi": quelli che l'€uropa impone all'Italia di ignorare, per poi indicarla come "fanalino di coda"...

7 commenti:

  1. Molto interessante, in considerazione anche delle altre variabili a noi sfavorevoli, come i tassi sul debito che ci costringono ad un immane avanzo primario. In presenza di cio' insomma, ed appunto degli effetti moltiplicativi indotti ricordati, la differenza a ns favore di aumenti pil sarebbe ancora maggiore rispetto a Francia Germania. Cio' a conferma degli sforzi immani cui e' sottoposto il valoroso popolo italiano. Il bello e' che Renzi potrebbe vantarsi di questo specifico dato ottenuto nel suo mandato, sostenere che e' merito suo il positivo differenziale del tasso di crescita depurato, ma non lo fa non puo' scendere nei dettagli perche' senno' sarebbe una autodenuncia , ergo accettiamo le decisioni dell'asse franco-tedesco volte a danneggiarci. Riguardo al referendum, e' banale ma -mi rivolgo a tutti i lettori- ricordiamoci di fare uno sforzo, scendendo in campo: frequentare i corsi del "no" di preparazione dei rappresentanti di lista, alla fine prendere nota del risultato numerico, e verificare l'indomani se i dati corrispondono. E' facile, si o no, se i seggi sono presidiati non dovremmo avere una sorpresa "austriaca".

    RispondiElimina
  2. per le stesse ragioni , credo, che lo hanno spinto a lodare Rockefeller nel concepire la "Trilateral". Quanto a Feltri non capisco perché detesti così tanto Prodi. Il contributo di quest'ultimo allo sgretolamento dello stato è stato determinante e credo che Feltri al pari di altri brami voluttuosamente di vedere la bandiera della troiKa ondeggiare sulle sue macerie.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Se addirittura "brami", non saprei; di certo, è acuta l'osservazione per cui non ha senso odiare colui che tanto ha contribuito a creare il mondo che idealizzi da sempre. E non vale solo per Feltri, ma per un'intera categoria di politici e di influencers...

      Certo, molto conta l'altezzosa autosufficienza con cui si tendeva a isolare come irrilevanti i partiti politici ritenuti superflui per un'adeguata strategia filo-€uropea (escludendosi vicendevolmente, a turno, dal meraviglioso mondo delle partecipate e dei cda...)

      In fondo, sono gli strascichi di una comp€tizione ad accreditarsi come veri ordoliberisti, enfatizzando ora l'anima roepkian-einaudiana, ora quella roepkian-sturziana; alla fine è andata male per tutti (pur se Prodi vinceva tutte le classiche cui partecipava, perdendo poi il "Giro").

      Ma gli strascichi rancorosi dell'ingeneroso disprezzo verso l'avversario sconfitto sono rimasti pur dopo l'unificazione montiana del PUD€.

      Elimina
    2. Vero. Continuano a beccarsi perché forse non rimarrebbe loro null'altro che il saluto alla bandiera della Falange Ordoliberista. Lo scontro li accredita di una fatua individualità e contribuisce a mantenere in vita questo simulacro di "diversità" che va però dileguandosi. E' vicino il momento credo in cui tale omaggio sarà omogeneamente reso.
      Non mi meraviglierei se "bramasse" il simpatico Feltri. Non fa altro che ripetere uno dei ritornelli più diffusi : la "fortuna" dei bassi tassi di interesse che l'Italia non ha saputo utilizzare ai fini dell'abbattimento del debito pubblico. Cosa poi non vera visto che fino all'avvento di Monti (l' unificatore come lei ben lo definisce) il debito era costantemente diminuito per impennarsi poi grazie ai salvataggi che non ci hanno salvato di Bagnaiana memoria. In genere , mi è capitato di osservare , chi ripete questo ritornello è anche bendisposto o addirittura entusiasta alla prospettiva di una definitiva cessione di sovranità.

      Elimina
    3. C'è gente che ama sentirsi "vaso di coccio" anche tra "vasi da notte". La grande scuola di Einaudi...

      Elimina
  3. Vabbè, siamo vasi di coccio in mezzo a vasi da notte...

    RispondiElimina