sabato 17 settembre 2016

LE COS€ PR€CIPITANO?...PERCIO' IL "PIANO" VA AVANTI

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"Ed infatti, a proposito di Caffè, nel sostenere che il benessere economico non elimini comunque il rischio di emarginazione dalla vita civile, in un'intervista del 1977 egli afferma:
"...se per miracolo qualche risultato si dovesse raggiungere, ma andasse nel senso di un avvicinamento della nostra situazione a quella, poniamo, della Germania, non è questo il destino che augurerei al mio paese. Si tratta, infatti, di una situazione in cui i lavoratori, pur godendo di un certo benessere, sono in una posizione fortemente subalterna. 
Non credo, in altri termini, che il risanamento della bilancia dei pagamenti e un riassetto dell'economia, SENZA L'INTRODUZIONE DI VERI ELEMENTI DEL SOCIALISMO, sia qualcosa che vale, un traguardo degno di essere indicato alla società italiana. Se ci mettessimo su questa strada, tradiremmo per la seconda volta gli ideali della Resistenza. non vorrei apparire retorico.
Ma tradiremmo l'ideale di costruire un mondo in cui il progresso sociale e civile non rappresenti un sottoprodotto dello sviluppo economico, ma un obiettivo coscientemente perseguito" [F. CAFFE', 1977b,in Federico Caffè. Un economista per gli uomini comuni, a cura di G. Amari e N. Rocchi, Roma, Ediesse, 2007, 311]". 
1. Un breve aggiornamento.
Spero sia ormai chiaro quanto sia irrealistico credere che, siccome l'economia dell'eurozona non si riprende, e la deflazione appare irrisolvibile (anzi, in riacutizzazione, nonostante qualsiasi QE immaginabile), ciò debba, necessariamente e immediatamente, condurre a qualche forma di allentamento della presa neo-liberista, monetarista e anti-Stato sociale, sulle società occidentali. 

Un indicatore ce lo danno le questioni Wolkswagen, Deutschebank e Monsanto-Bayer. Dopo anni di lambiccate analisi sulla prospettiva di un riesplodere delle ostilità tra la Germania e gli USA, dovremmo prendere atto che si tratta di episodi sempre e comunque da contestualizzare.
E il contesto è, come ci ricorda Bazaar, quello della solidarietà di classe, - rafforzata da decenni di recenti inarrestabili successi-, tra gli "operatori razionali" del capitalismo finanziario e oligopolista sovranazionale.

2. Per cui, in questo contesto, tutto sommato:
"Appunto: sono segnali contraddittori nel complesso.
E confermano che, negli USA, si ha una prevalente visione non "destabilizzante" dei rapporti con la Germania: perchè ci sono fin troppe questioni intrecciate, e convergenti visioni prevalenti, rispetto ai motivi di dissapore.

In particolare, gli USA non possono non considerare l'enorme utilità della Germania per disciplinare il resto dei paesi UEM, quelli con le "Costituzioni antifasciste", ed eliminare una volta per tutte la tutela del lavoro, flessibilizzandolo e privandolo del welfare (salario indiretto di "resistenza" alla durezza del vivere), e liquidare anche solo una parvenza di senso del sindacato.

Prima questo: poi si ragiona eventualmente sul resto.
Salvo complicazioni: che gli USA possono avere dal fronte interno, cioè dalla fine della loro mobilità sociale e dai suoi riflessi elettorali forse imminenti, ovvero da Putin. Ma non dalla Germania".

3. E noi italiani, in mezzo a tutto questo? 
Attendiamo appunto. 
Attendiamo che si completi la riforma incessante del mercato del lavoro, lo smantellamento del welfare in vista della sua privatizzazione (TTIP o meno che sia), e, in sostanza la fine della democrazia sociale (non liberale, che è invece l'obiettivo che, se siamo fortunati, ci viene riservato dal capitalismo finanziario e oligopolistico). 
Con questa nostra traiettoria rigidamente prestabilita, il referendum ha, in fondo, solo un'interferenza strumentale: la Costituzione, nei suoi principi fondamentalissimi che delineano il modello socio-economico voluto dal Potere Costituente democratico, è ormai praticamente già disattivata.
Il referendum sarebbe, se vincessero i sì, una mesta ratifica formalizzatrice di questo stato di cose. 
E servirebbe da propulsore nell'accelerazione della traiettoria.
Se vincessero i no, (solo) l'indebolimento di una serie di personalità che si sono autopromosse come "i migliori garanti" del completamento del disegno delle oligarchie sovranazionali riservato a noi italiani (ovviamente non soltanto a noi italiani, ma per noi "di più"...et pour cause). 
E servirebbe come presupposto per uno "stato di eccezione" (v. n.4 successivo) da cui rafforzare la traiettoria stessa.
Ma il disegno e la sua scansione inarrestabile (almeno da parte di forse endogene) rimarrebbero in qualsiasi dei due casi.

4. Intanto,  persino i più estremi rappresentanti-fiduciari di questa elite restauratrice, sono scettici sull'esito del referendum: 
"...la banca francese ieri ha sfornato un corposo report sul Belpaese dall’eloquente titolo “il referendum italiano sta per aprire un periodo di instabilità politica”. Sin dalle premesse il testo ci va giù duro, arrivando addirittura a prevedere “un 55% di possibilità che il referendum fallisca”.

Da qui tutta una serie di conseguenze. “Nel breve termine”, scrivono gli analisti dell’istituto transalpino, “l’Italia entrerebbe in una nuova fase di instabilità e di assenza di azione politica dopo le dimissioni di Renzi”. Nel medio termine, in ogni caso, “formare un governo e varare una qualsiasi riforma controversa sarebbe rischioso”.
In particolare, prosegue il report sempre nelle sue premesse, “anche se il Movimento 5 stelle vincesse le elezioni nel 2018, dovrebbe effettuare una completa inversione di marcia e formare alleanze in Senato”. 
E questo “non soltanto esacerberebbe dissensi all’interno dello stesso Movimento, ma limiterebbe la sua capacità di governo e incrementerebbe i rischi di nuove elezioni”. Dopodiché, tutte queste posizioni nel resto del report vengono approfondite, con tanto di tabelle. Ma il senso ultimo dell’analisi non cambia".

5. Il "senso ultimo" di tutto questo è che, comunque la si voglia mettere, il "piano" deve andare avanti e si prepara l'arrivo di una trojka, formalmente in nome dell'€uropa. Forse: dipende da quanto tra qualche mese andrà il "brand" (come direbbe Lapo).  

Per chi fosse interessato (e motivato), ci vediamo a Chianciano!

20 commenti:

  1. Il 29 agosto D'Alema a Vicenza, presentando il suo No al referendum, ha detto che nutre dubbi sulla riforma dell'art. 81, a questo si aggiunga qiesta dichiarazione dell'on. Orlando https://www.youtube.com/watch?v=FOJWFbuZ1g4 , cominciano a pararsi il c....o

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    1. Peccato che critichi di il pareggio di bilancio "non tanto per il merito, che pure sarebbe contestabile, ma per il modo con cui si arrivò a quella riforma".

      Sarebbe stato ancor meglio se avesse detto il contrario: trattando del "merito", infatti, avrebbe dovuto menzionare l'euro e mostrare di aver compreso le politiche "gold-standard" che esso impone.
      Ma sarebbe pretendere troppo...

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    2. A proposito ... stamattina su La7 il prof. Enzo Moavero Milanesi, ex ministro dei governi Monti e Letta, col suo eloquio gentile spiegava che in realtà l'articolo 81 della Costituzione fin dagli anni '50 era correttamente inteso nel senso di imporre un equilibrio di bilancio (che però secondo Moavero Milanesi, che probabilmente non ha mai letto un bilancio vero in vita sua, è una cosa "un po'" diversa dal pareggio di bilancio...).
      Insomma, possiamo stare tranquilli, la riforma montian-bersaniana dell'articolo 81 è stata fatta per rendere esplicito un precetto che già c'era nella versione previgente, una sorta di interpretazione autentica ...

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  2. Alcune cose che sappiamo e che Lelio Basso, da quel genio che era, aveva evidenziato nel 1949. Ribadiamole:

    […] Alla Camera italiana, nella discussione preliminare sul Patto Atlantico, l’on. La Malfa, interprete applaudito della maggioranza, aveva affermato che il Patto Atlantico era appunto lo strumento necessario proprio in funzione di una terza forza a far sorgere l’unità europea. La più autorevole stampa borghese d’Europa ci assicura oggi che, avendo firmato il Patto Atlantico, i paesi europei si sono integrati alla potenza americana ed hanno rinunciato ad unirsi come terza forza. Un altro dei più quotati giornali della borghesia europea, Le Soir di Bruxelles pubblicava il 30 luglio un articolo di J. J. Servan Schreiber ancora più preciso:

    “Ci si sforza oggi di dare un volto all’Europa. Sembra di buon gusto concludere con Julien Benda che “tutti i crociati della libertà umana accompagnano (questi sforzi) con i loro voti”. Si voglia scusarmi se io mi permetto molto rispettosamente di non essere d’accordo. Ci si dice che l’Europa è in costruzione; io ne ho or ora percorso il cantiere: quello che vi si costruisce non è un edificio ma un semplice scenario, cioè il suo contrario. Perché la più evidente utilità di fare un’Europa di cartapesta è di distogliere l’attenzione di coloro che augurerebbero veramente che essa esistesse. … Per esistere, l’Europa occidentale deve manifestarsi anche come un insieme di forze che si oppongono all’America. Opposizione pacifica, costruttiva e ben delimitata; opposizione interna in un’alleanza, ma che dev’essere il fondamento stesso dell’edificio europeo. La comunità atlantica infatti non è omogenea. I paesi d’Europa a vecchia armatura industriale, poveri in materie prime e rovinati dalla guerra, si trovano fianco a fianco con un’America talmente più produttiva che si può considerarla in qualche modo come appartenente a un’altra era economica. Questo non rende la coabitazione impossibile, ma semplicemente le impone delle regole che bisogna riconoscere: il problema è qui. Il piano Marshall è una soluzione di attesa, o più esattamente l’attesa di una soluzione… PERTANTO IL GIORNO IN CUI L’AMERICA PRECONIZZA (E QUESTO GIORNO È OGGI) DI RITORNARE ALLO SVILUPPO INTERNAZIONALE DEGLI SCAMBI CON I METODI DELL’ECONOMIA "CLASSICA", cioè la libertà degli scambi e la concorrenza, quale forma prenderà l’associazione? Un equilibrio può stabilirsi, è evidente, ma esso implica per l’Europa o un assorbimento o una regressione del livello di vita e dell’attività economica. Non è una questione di dottrina, ma un fatto: se i prodotti americani e i prodotti europei sono messi in concorrenza libera sugli stessi mercati, la superiorità meccanica dell’apparato americano dev’essere compensata da una contrazione del prezzo della mano d’opera in Europa, cioè da bassi salari e da un basso consumo... L’Europa è un insieme di cellule strettamente dipendenti e su alcune di queste cellule l’America già ora e apertamente fa legge... (segue)

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  3. L’America è dunque ben dentro il corpo europeo: è difficile allora immaginarsi che questo corpo possa riunirsi in una attitudine comune che non sia, in questa o quella occasione, conforme ai desideri americani.... L’Europa oggi è semplicemente una zona geografica all’interno del mondo atlantico; le sole linee di forza esistenti sono dirette dalla periferia verso il centro, da ogni cellula (nazione europea) verso il nucleo (Stati Uniti); fra le cellule non ve n’è o ben poco. Notiamo che la zona più simile all’Europa attuale è probabilmente l’America del Sud. Protetti - come noi - dalla dottrina Monroe, sufficientemente deboli ormai - come noi – per non più farsi vicendevolmente la guerra, moralmente ostili - come noi - gli uni agli altri, il Brasile, la Colombia, l’Uruguay sono individualmente legati agli Stati Uniti. Essi fanno d’altronde, anch’essi, alcune conferenze dette “panamericane” di tanto in tanto, molto inoffensive, che è di buon tono commentare con rispetto. Pertanto queste attività politiche, questi comitati e questi ministri che gravitano attorno ai progetti di “Unione europea” sarebbero - benché inutili - abbastanza anodini, SE IL RISULTATO DI QUESTA MESSA IN SCENA NON FOSSE DI ATTRARRE LA NOSTRA ATTENZIONE POLITICA VERSO DEI FALSI PROBLEMI STORNANDOLA IN PARI TEMPO DAI PROBLEMI CHE CONTANO... Poiché il solo dialogo vero - politico, economico, strategico - È PER OGNI PAESE SEPARATAMENTE FRA IL PROPRIO GOVERNO E QUELLO DI WASHINGTON, perché ci si sforza di divertirci altrove?”

    Quindi “unità europea” significa oggi chiaramente accettazione totale della guida americana. Ma che interesse avrebbe l’America ad unificare l’Europa se volesse colonizzarla? …La risposta è già implicita nelle cose che abbiamo detto. Gli Stati Uniti hanno bisogno dell’Europa per esercitarvi le manifestazioni tipiche del dominio coloniale, per farne cioè un mercato di smercio dei propri prodotti, di investimento dei propri capitali, di acquisto di quelle materie e di quelle merci che gli Stati Uniti non producono per conto proprio, e per scaricarvi le conseguenze delle contraddizioni e delle crisi del sistema capitalistico (disoccupazione, ribassi di prezzi e salari, ecc.), facendone una garanzia relativa della sicurezza è stabilità dei propri profitti. Ora per smerciare più facilmente i propri prodotti e per acquistare più liberamente, gli Stati Uniti hanno bisogno di ristabilire la “libertà del commercio”, cioè abbattere le barriere doganali e le sovranità nazionali di cui si fa forte ogni borghesia che voglia difendersi dalla concorrenza straniera, e tutto ciò si realizza più agevolmente abbattendo questa molteplicità di stati, e sostituendovi una comunità europea…” [L. BASSO, Le tappe dell’imperialismo americano in Europa dal Piano Marshall al piano Hoffman, in Quarto Stato, 1-31 luglio-15 agosto 1949, 7-15]. (segue)

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  4. Lelio però aggiunge: “… Ma l’America ha anche dei mezzi più efficaci per tenere in propria balìa l’economia europea, ED È IL PREDOMINIO CHE ESSA SI È ASSICURATA NELLA GERMANIA OCCIDENTALE… In questo senso gli americani non hanno mai fatto mistero delle loro intenzioni. “Il bacino della Ruhr, dichiarava il 21 gennaio 1947 Foster Dulles, con le sue risorse minerarie, industriali e umane è per sua natura il cuore economico dell’Europa occidentale”. E il senatore Vandenberg, parlando del piano Marshall al Congresso, affermava che il suo successo “DIPENDE DAL PRONTO STABILIMENTO DELLA GERMANIA OCCIDENTALE A UN POSTO EFFICACE NELL’ECONOMIA DELL’EUROPA E DEL MONDO”, concetto espresso anche da Acheson il 25 giugno 1947: “LA RIPRESA DELLA PRODUZIONE TEDESCA È CONSIDERATA DAL GOVERNO AMERICANO COME IL FONDAMENTO DEL PIANO CHE I PAESI DELL’EUROPA POTREBBERO ELABORARE SECONDO LA PROPOSTA DEL SIGNOR MARSHALL”…

    È sulla base di queste considerazioni che lo stesso scrittore liberale di Le Soir che abbiamo sopra citato scrive nello stesso articolo: “Senza che se ne sia mai parlato molto chiaramente, il controllo dell’economia tedesca è passato in pochi mesi in mani americane. Non è utile entrare in dettagli: l’America tiene la Germania. E dalla Germania dipendono particolarmente l’Olanda, la Svizzera, l’Austria, la Danimarca, la Svezia e alcuni altri paesi; nessuno, qui o là, se ne preoccupa; è ben naturale che si tirino le conseguenze. L’America tiene - in senso rigorosamente preciso - quasi tutto il Mediterraneo. Non citiamo nomi, sarebbe proclamare in modo fastidioso e inutile ciò che è ben evidente di per se stesso. E chi siamo noi d’altronde per gettare la prima pietra?”. E Baldacci nel citato articolo del Corriere della Sera fa eco dimostrando la necessità di introdurre la Germania nel Consiglio dell’Europa: “nelle volute di fumo del sigaro di Churchill si legge anche dell’altro: che ALL’EUROPA MANCA LA GERMANIA. La Germania è la chiave dell’Est e non si può pensare di riguadagnare l’Est all’Europa senza far leva sulla Germania... L’intenzione degli Stati Uniti di puntare sulla Germania è ormai a tutti manifesta. Si parla di grossi investimenti privati dei capitalisti americani in Germania; si parla di brevetti tedeschi molto importanti, che sono mantenuti segreti per sottrarli al dominio pubblico cui viceversa sarebbero condannati: ed ora viceversa verrebbero sfruttati da società miste tedesche e americane. È tanto manifesta l’intenzione degli Stati Uniti, che qualcuno teme essi vogliano crearsi un luogotenente in Europa, congeniale al loro carattere e devoto ai loro miti (standard, organizzazione, ecc.)”…

    In sintesi NON C’È DUBBIO CHE LA PRESENZA DELLA GERMANIA IN UN’UNIONE ECONOMICA EUROPEA OCCIDENTALE significherebbe senz’altro predominio tedesco, E PREDOMINIO TEDESCO SIGNIFICHEREBBE PREDOMINIO DEL CAPITALE MONOPOLISTICO AMERICANO [L. BASSO, Le tappe dell’imperialismo americano in Europa, cit.]. (segue)

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  5. Le questioni Wolkswagen e Deutschebank sembrano in effetti assumere le sembianze di “scaramucce tra innamorati” la cui tendenza, però, è quella di stringere sempre più il loro legame in vista del matrimonio (Monsanto-Bayer).

    A livello planetario, infatti, “… il mondo capitalistico … procede verso forme monopolistiche e di alta concentrazione…”; quanto più il fenomeno va avanti in modo accelerato “… tanto più diventa incompatibile con un regime democratico e sia pure di democrazia borghese. Le forme democratiche possono sussistere, ma sono svuotate di ogni contenuto e di ogni reale efficacia, in quanto IL POTERE POLITICO TENDE AD IDENTIFICARSI SEMPRE PIÙ COL POTERE ECONOMICO E AD ESSERE SEMPRE PIÙ ESPRESSIONE DEGLI INTERESSI DEI POCHI GRUPPI MONOPOLISTICI…Questo processo, che si verifica in tutti i paesi capitalistici… si trova oggi COORDINATO SU SCALA MONDIALE DALLA GUIDA DELL’IMPERIALISMO AMERICANO che tende ad unificare il mondo, sia i paesi coloniali che i paesi a economia capitalistica, sotto una comune norma di sfruttamento…”. Solidarietà di classe, appunto, realizzata con il pilota automatico di Draghi.

    “… Ne consegue che in ogni singolo paese POLITICA INTERNAZIONALE (e cioè vincoli di subordinazione verso l’America e di inserimento nel “grande spazio” dello sfruttamento americano), POLITICA ECONOMICO-SOCIALE (tendente a favorire i gruppi monopolistici più forti e quindi, in via normale, quelli di portata internazionale, garantendone i profitti a scapito del tenore di vita dei lavoratori e dei ceti medi e a scapito dell’indipendenza delle piccole, medie e talvolta anche relativamente grandi imprese), E POLITICA INTERNA (tendente ad escludere le classi lavoratrici da ogni reale influenza sul potere e successivamente ad eliminare ogni serio controllo parlamentare e di opinione pubblica, asservendo i sindacati, la stampa, ecc.) SONO IN REALTÀ TRE ASPETTI DI UN’UNICA POLITICA …” [L. BASSO, Ciclo totalitario III, in Quarto Stato, 1-31 luglio-15 agosto 1949, 3-6]. Pertanto, “… noi non siamo in presenza di un fenomeno involutivo particolare all’Italia e spiegabile con motivi particolari tratti dalla nostra storia, e, meno ancora, dalla nostra educazione politica o dalla nostra psicologia, bensì di UNA TENDENZA GENERALE DEL MONDO CAPITALISTICO …” [L. BASSO, Ciclo totalitario III, cit.].

    In queste condizioni, in effetti, la discussione sul referendum costituzionale e gli eventuali esiti purtroppo non cambieranno lo scenario, come acutamente evidenziato nel post, scenario già dipinto sin dai tempi del piano Marshall. Mai soldi sono stati spesi meglio dagli Stati Uniti. Può darsi anche che vinca il “no”: in tal caso, gli oligarchi, dopo aver modilitato in prima serata tutti i loro Severgnini ed i Monti di turno ed averci detto con disprezzo che il “no”è stato votato solo da contadini e rozzi analfabeti, nella più rosea delle ipotesi potrebbero propinarci (secondo il messaggio hayekiano di Draghi) … il tranquillante reddito di cittadinanza. Ulteriore fattore di accelerazione nello smantellamento di quel poco di Welfare rimasto. (segue)

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  6. Secondo Basso, il problema italiano già allora era “… un problema di lotta contro i gruppi monopolistici e contro gli esecutori della loro politica, e di un MUTAMENTO RADICALE di questa politica, mutamento cui peraltro non possono consentire gli attuali dirigenti del nostro Paese indissolubilmente legati ormai all’imperialismo americano e alle sue brutali esigenze economiche, politiche e militari. I gruppi dirigenti italiani non possono né rovesciare né modificare sostanzialmente la propria politica; al contrario ESSI HANNO L’INDEROGABILE ESIGENZA DI SPINGERLA SEMPRE PIÙ ALLE SUE LOGICHE CONSEGUENZE E DI ACCELERARNE I TEMPI. Questo governo e i gruppi ch’esso rappresenta non possono far altro che insistere nel tentativo di spezzare la forza del proletariato italiano e dei ceti indipendenti: l’asservimento economico del paese ad interessi di monopoli dominati dalla finanza straniera, e la sua preparazione per una eventuale utilizzazione bellica, implicano necessariamente l’annientamento di ogni superstite libertà…”.[L. BASSO, Ciclo totalitario III, cit.]

    Quel “mutamento radicale” (auspicato da Basso come da Caffè) avverso la descritta politica reazionaria non si è però mai compiuto dopo 70 anni ed in modo democratico-costituzionale. Il risultato è che oggi siamo letteralmente panati. Nella storia, il mutamento radicale è avvenuto solo grazie a mobilitazioni di massa. Forse è ormai questo che dovremo inevitabilmente aspettare insieme al terrore repressivo, non si sa come né quando. Augurandoci però che la dialettica si inneschi al momento giusto, perché “… La pressione cronica è necessaria per un certo tempo per riscaldare il popolo. Il proletariato in questo caso colpisce meglio con una migliore conoscenza di causa, e con maggiore accordo; proprio come un attacco di cavalleria riesce molto meglio quando i cavalli abbiano dovuto trottare per un 500 passi, prima di arrivare alla carica. Non vorrei che scoppiasse qualcosa troppo presto, prima che tutta l’Europa ne fosse contagiata; la lotta, dopo, sarebbe più dura, più noiosa e più indecisa. … Per la lunga prosperità le masse debbono essere cadute in profondo letargo”… Per il momento non ci sono ancora molti sintomi di rivoluzione da notare: la lunga prosperità ha avuto un effetto molto demoralizzante. Per ora i disoccupati nelle strade mendicano e stanno con le mani in mano”” [L. BASSO, Carteggio Marx-Engels volume III, in Mondo operaio, 23 agosto 1952, n. 16, 21-22].

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    1. Grazie delle preziose e pertinenti fonti, eloquenti a presidio di quanto sostenuto nel post in base all'osservazione delle vicende tormentate di questi ultimi anni.
      Non sarebbe disagevole (ma, anzi, opportuno), raccoglierle in un post con gli opportuni raccordi di commento.

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    2. Ieri ho riascoltato su youtube il famoso discorso di Calamandrei (mi stupisco, anzi, che i neo-ordoliberisti non lo abbiano già fatto cancellare; forse perché sono sicuri che ormai quasi nessuno se ne interessa) e ora capisco cosa voleva dire quando ci ammoniva di ricordare che ogni giorno "sulla libertà bisogna vigilare". Roba da far tremare le vene e i polsi. Le parole di questi Uomini erano sentenze definitive. Proverò ad imbastire il post

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  7. Si è sempre discusso del (ahimè fantomatico) piano B di uscita dall ' €uro ma credo assisteremo all'attuazione del (già pronto e collaudato) piano B di permanenza nell ' €uro : Troika armata.

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  8. Ciao Quarantotto, mi scuso già in anticipo del mio intervento, se ritieni opportuno non pubblicarlo.
    Sono costretto a fare una piccola premessa; se il mondo si dividesse in vinti e vincitori, io farei parte di gran diritto alla prima categoria fin dalla nascita, in quanto sempre fra gli ultimi nella scuola, fino al raggiungimento del Diploma ( serale, di giorno lavoravo) e mai realizzato professionalmente costretto com’ero a vivere all’interno di un conflitto insanabile: ( testuali parole di un selezionatore del personale) non posso fare il manager in quanto privo d’esperienza, ma troppo intelligente per fare l’operaio. Per tutto questo mi sento un uomo in Rivolta e mi sono prefisso il silenzio, in quanto i perdenti non hanno il diritto di parola, quello spetta ai vincitori che mai elaboreranno le loro vittorie, ma consentimi una disgressione ai miei intenti, d’altronde la strada che conduce all’inferno è sempre lastricata di buone intenzioni.
    Ieri pomeriggio contro voglia sono andato ad una conferenza per il No al Referendum organizzata da amici di mia moglie. I relatori erano una Docente di Filosofia ed un altissimo Magistrato, di cui ho avuto fin da subito una buonissima impressione come Uomo, una bravissima e degnissima persona a cui daresti da tenere il portafoglio senza nessuna remora, insomma una persona onesta intellettualmente e umile rispetto al ruolo che ricopre.
    Ha aperto i lavori la Docente di Filosofia con: a) i problemi sono nostri in quanto abbiamo la Corruzione percepita più alta d’Europa, b) Le nostre opere pubbliche sono le più costose d’Europa. A quel punto avevo già i mei denti sul collo di questa intellettuale pronto ad azzannarla come un lupo. Poi il seguito, un desolante sciorinare di luoghi comuni, che se possono essere giustificati nella bocca di un operaio o di un impiegato, non possono essere tollerati in una persona che dovrebbe produrre Cultura usando il Pensiero e non le opinioni del clero mediatico/giornalistico
    Poi è stato il turno dell’Alto Magistrato e mentre parlava io capivo benissimo che come la relatrice che lo aveva preceduto, non aveva nessuna contezza dell’assetto valoriale della nostra Costituzione.
    A quel punto mia moglie mi ha trascinato fuori perché ero un vulcano in eruzione, ma se fossi intervenuto, e avrei avuto bisogno di ore, bene che mi fosse andata avrei fatto la figura dell’esibizionista presuntuoso, che vuole insegnare a due eminenti intellettuali.
    Continua

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  9. Come più volte in questo Blog è stato evidenziato e sottolineato, abbiamo una classe dirigente che non ha proprio le risorse culturali per capire ed interpretare la tragedia di questo momento Storico che stiamo vivendo. Ma è normale che in questa società meritocratica, siano i perdenti, che altro hanno fatto nella vita, a dovere spiegare a degli intellettuali, che se le opere pubbliche in Italia costano più che in Germania, questo dipende dalla morfologia del nostro territorio, e dall’enorme patrimonio archeologico che possediamo, perché è qui in questo disgraziato Paese che si è prodotta la gran parte della cultura Europea? E’ normale che un Alto Magistrato non abbia contezza che la nostra Costituzione è prima di tutto un documento programmatico economico, che vincolava qualsiasi governo al suo perseguimento? Qui non si tratta solo d’ignoranza giuridica, ma anche Storica, considerato che l’Insigne giurista Vittorio Emanuele Orlando, votò contro l’approvazione della nostra Costituzione, proprio per il motivo sopracitato, anche se ribadì che una volta approvata dalla maggioranza doveva essere rispettata. E’ normale che un alto Magistrato non abbia la consapevolezza che con il percorso d’integrazione europea, la nostra Costituzione è stata messa in congelatore da tanto tempo e che le modifiche costituzionali altro non fanno che prendere atto di questa situazione? Non si accorgono che con la libera circolazione dei capitali la sovranità che in teoria dovrebbe appartenere al popolo è stata dislocata da tanto tempo ai mercati? E quali sono le politiche dei governi messe in atto negli ultimi 35 anni per rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Forse le privatizzazioni? La liberalizzazione del mercato del lavoro? Lo smantellamento dello stato sociale? Ovvero passare da un sistema elettorale proporzionale ad uno maggioritario con il premio di maggioranza?

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    1. Mauro, avresti potuto tranquillamente fare le tue obiezioni; non saresti stato compreso - ed è questo il dramma- dalla maggior parte dell'auditorio. Ma avresti fatto solo la figura di chi la cultura la nutre nella sostanza e non nei luoghi comuni (magari lasciando insorgere qualche dubbio in più d'uno).

      Purtroppo, questo è lo stato delle cose: tra l'altro, quella non è classe dirigente. Piuttosto, appartiene al segmento intermedio (tendente allo strato inferiore) dell'opinione pubbliche che serve a ritrasmettere alla massa i paradigmi fissati dall'oligarchia; e ciò, come sappiamo, in base aul pianificato frame (pop) di controllo culturale (innescando il noto "processo identificativo degli oppressi con interessi e obiettivi degli oppressori). Forse potevi aggiungere anche questo aspetto...

      Il controllo accademico-culturale è totalitaristicamente determinato; lo sappiamo.
      I semi-colti, che credono di riflettere teorie scientifiche delle scienze sociali (quelle controllata dal capitalismo oligarchico degli...oligopoli, come direbbe Basso), hanno perso ogni memoria di ciò "che non siamo, ciò che non vogliamo".

      Però, a rigore, i veri "vinti", sono coloro che sono vittime fino al punto da divenire propagatori di questo controllo culturale; non tu, che conservi la tensione della consapevolezza, che è l'unica caratteristica dello Spirito dell'Uomo che rende la vita degna di essere vissuta.

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  10. Dimenticavo, fra le tante oscenità che il mio udito ha dovuto sopportare questa è una delle perle: i primi articoli della nostra Costituzione sono una cosa ideale. Questi sono i difensori della nostra Costituzione.

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    1. Questa, in realtà, è l'asinistra. A destra sostengono più semplicemente che si tratta di principi adottati sotto il ricatto comunista e che impediscono la "democrazia liberale".
      Tutti sono, più o meno intelligentemente, (meno, avendo riguardo agli interessi di cui sono portatori e che non sanno nemmeno più curare), al servizio del capitale internazionalizzato...

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  11. A Chianciano c’ero perché ero curiosa di ascoltare il tuo intervento (ho assistito anche a un’altra conferenza piuttosto generica). Invece di uno ce ne sono stati due, il secondo una lezione condensata e appassionata di educazione civica sul significato di “democrazia” partendo dall’attualità. Ero curiosa anche di vedere come si sarebbe sviluppata la discussione. Entrambe le conferenze hanno mostrato una certa impasse pratica nell’uditorio e una discussione ancora in corso sugli approcci e i metodi; non so se nel seguito della giornata o l’indomani siano stati fatti passi avanti, perché gli organizzatori parevano avere presente la necessità essenziale. Se vi sarà materiale online me lo guarderò.

    Se le persone paiono tutto sommato informate (tralasciando gli immancabili episodi di colore), pur se a un livello che a me pare di base, incluso il mio, sembra palese uno spaesamento davanti ai passi pratici da compiere. In effetti non essendo individuati uno scopo puntuale, né una serie di tappe, cosa peraltro non semplice, al di là di una richiesta di “exit da sinistra” le pur ottime intenzioni di tanti paiono destinate a disperdere molte energie, purtroppo anche nel tentativo di trovare un porto in personaggi che, dal canto loro, assimilano tuttora le richieste di exit piuttosto a un mare in tempesta nelle acque di casa.

    La pavidità palese e palesata da parte delle ali estreme del tavolo era del resto sconfortante, ma conferma una condizione di lunghissima data, ultraquarantennale. Se non son così non li selezionano, evidentemente. Come può un politico che dovrebbe avere per scopo convincere e comunicare con le persone, dire che non si può fare per passarvi ancora il cerino e lo sgobbo, dopo quanto i vostri blog fanno e ottengono da anni senza strutture di alcun tipo alle spalle? Il discorso è stato un discorso di rifiuto, e se pure sentirsi dire dal moderatore che avevano tradito non sarà stato un momento piacevole, l’atteggiamento è di chiusura totale, in attesa forse di non sa bene che cosa. Lo choc esterno – cioè il classico Vai avanti tu che a me mi vien da ridere? L’”unione della sinistra”, un classicone questo! che dovrebbe rincollare i coriandoli in un arcobaleno (associazioncine finanziate da progetti Ue incluse?) senza dire per fare cosa laonde non scontentare nessuno? Ma chi darebbe ancora retta, oggi, a operazioni così?
    Questi anelano al suicidio, ma non riusciranno a farlo passare per martirio.

    Poi si discorre, magari inquietandosene, sulla non esistenza “ormai” di destre e sinistre (ma allora come si fa a uscire o a restare dentro “da sinistra”? Misteri). Ma è questo che si vuole: convincere che siano uguali per dispensarsi dal fare politiche diverse, vale a dire, diverse da quelle richieste dal liberismo. O lo scopo sarebbe costruirsi una base di consenso sufficientemente piccola per non dover sostenere posizioni scomode e con ogni evidenza estranee al mondo di costoro, per proteggere rendite di posizione via via più ristrette che andranno sempre più riducendosi nel mondo EUropeo facendone una sufficiente base elettorale per quei pochi posti necessari al proprio perpetuarsi?

    (segue)

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  12. (continua)
    Perché l’impressione più netta è stata la totale estraneità a quelle persone che erano in platea e al loro mondo. Quei militanti di base spesso non privi di anni e capelli bianchi, di condizioni modeste, venuti da ogni dove, quei ragazzi lì a ascoltare qualche nome, fanno parte di un mondo con cui non ci si vuole più mescolare né rappresentare. Sono poveri. Sono i poveri e i nuovi poveri, altro che gli immigrati: sono opera loro e non possono ignorarlo. Era palese persino davanti all’intervento moderatissimo di Cesaratto, forse un tentativo di mediazione, leggibile come una richiesta di fare almeno una dichiarazione di politica sociale se non si vuol fare la scelta, l’unica risolutiva, di lavorare per l’exit inflessibilmente, ponendolo e imponendolo al centro della discussione politica. E ai poveri è meglio non avvicinarsi troppo, non si sa mai cosa potrebbero volere da noi: e poi ci stanno in casa sul serio, non come gli immigrati su cui è tanto semplice commuoversi e far confluire tutti i conflitti compresi quelli di giustizia sociale, perché sono un rassicurante “altro”, nel bene e nel male. Di certo i poveri non possono presumere di mettere le mani rozze sull’agenda, di fare politica, di partecipare alla Repubblica. E’ a questa gente che Grillo ha parlato, dicendo loro in primo luogo: “Tu, disprezzato, tu vali. Io, quello della tv, sono qui per te, per voi, voi potete cacciare chi vi ha posto in questa condizioni, voi potete fare, voi potete organizzarvi.” (Non mi interessa ora discutere quanto questo messaggio fosse sincero, a mio parere no, ma il punto è un altro: è l’illusione di dignità che ha saputo dare al loro malessere non solo economico, incapace di esprimersi altrimenti e di essere ascoltato altrove, perché riconoscerlo, organizzarlo, assumerlo non serviva più a nessuno, anzi, era imbarazzante.)

    Sopire, troncare, padre molto reverendo, troncare, sopire. Mota quaetare et quaeta non movere. E quant’altro viene in mente. Mentre sono abbastanza d’accordo con il terzo intervenuto e con il moderatore nel dire che il malessere sociale ormai è tale, e le malefatte della Ue in giro per il continente così grandi, che forse più persone di quante immaginiamo si pongono domande sul vero ruolo e natura della UE, pur non essendo capaci di individuarne le cause e l’impatto sulla loro situazione né di tradurle in proposte politiche, ciò che spetterebbe appunto ai politici fare, invece di raccogliere manciatine di suffragi un po’ qua e un po’ là. Ché gli cadono fra le dita come i pinoli dalle mani di un bimbo troppo ingordo: uno ne raccoglie dieci ne perde.

    Ecco, questa è l’impressione che ne ho tratto io.

    E poi i libri che hai messo sul tavolo: letti, annotati e pieni di segnalibri. La lettera anzitutto. Non si sa se vorresti di più che qualcuno ti facesse infine una domanda su ciò che ci è scritto dentro, o se arrivasse un giurista che sapesse impegnarti in un duello serio, al punto di andare a controllare le virgole nel codice civile.
    Il tuo intervento resta il più lucidamente inquietante nel suo dipanarsi rigoroso fino alla chiusa razionalmente disperata, cui toglierei anche il “forse”, e ha evocato alla mia memoria un verso: “infin che ‘l mar fu sovra noi richiuso”.

    P.S.: Mi scuso per il doppio commento, troppo lungo per essere postato in una volta sola.

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    1. Cara Pellegrina, potevi venire a parlarmi...sarebbe stato per me un piacere

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    2. Confusa e lusingata al ritrovarmi il commento inglobato in un tuo post. Ci saluteremo allora al prossimo appuntamento - quando?

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