martedì 28 febbraio 2017

HUMANA PIETAS E CRUDELTA' ISTITUZIONALIZZATA DEL CREDITORE: QUALE CREDIBILITA'?


https://image.slidesharecdn.com/lacredibilitdellinformazionesulweb-160601083702/95/la-credibilit-dellinformazione-sul-web-5-638.jpg?cb=1464770375

1. Da questo post di circa un paio di anni fa, di fronte alle priorità che mostrano gli attuali spin mediatici, possiamo trarre una lezione: l'individualismo metodologico serve sempre e comunque a creare delle illusioni di libertà; delle libertà che sono normalmente proporzionali alla condizione economica di chi le rivendica e, allo stesso tempo, a dissimulare il fatto che tutte le immaginanbili libertà sono negate, e sempre più potenzialmente negabili, dalla distruzione del solidarismo comunitario che si accompagna allo smantellamento degli Stati sovrani-democratici in nome dei mercati.
La humana pietas non dimora nel mondo del "libero mercato", - che ne è la cosciente negazione-  e non è credibile che sia essa a guidare le scelte politiche generali allorché sia definitivamente affermata l'istituzionalizzazione dell'ordine dei mercati.

2. Ogni soluzione corretta di problemi che non siano "costruttivisticamente" legati alla dimensione (posticcia) di individui scientemente atomizzati, come impone l'ordoliberismo €uropeista, deriva già dagli articoli fondamentali della nostra Costituzione e si sarebbe già imposta con una disciplina conforme alla loro "interpretazione naturale".
L'art.2 Cost. enuncia che la Repubblica riconosce i diritti inviolabili dell'uomo e perciò richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà...sociale, per consentire lo svolgimento della personalità umana; a complemento indispensabile di ciò, il fondamentale art.3, comma 2, della stessa Cost. (qui illustrato dal suo autore, Lelio Basso), impone alla Repubblica di attivarsi per rimuovere gli ostacoli che limitano "di fatto" la libertà e l'eguaglianza dei cittadini" e "impediscono il pieno sviluppo della persona umana". 
Anche di fronte alla crudeltà della malattia, che può negare, nella parte finale del suo arco di sviluppo, la dignità e il pieno svolgimento della personalità umana, questi criteri devono prevalere. 

3. Certe applicazioni farmacologiche e terapeutiche, che portano la condizione umana verso confini che violano con evidenza eclatante il diritto a una vita dignitosa, - cioè espressiva di quel pieno sviluppo della naturale dimensione sociale della vita umana-, disattendono inevitabilmente gli artt.2 e 3: sia perché l'individuo vede necessariamente negati tutti i diritti inviolabili più elementari che definiscono la sua "personalità", sia perché di fronte alla negazione di quest'ultima, lo Stato non interviene per rimuovere l'ostacolo "di fatto" costituito da questa deprivazione dei diritti inviolabili, condotta in nome di un solo inerziale "vincolo": quello dei mercati, nel caso della farmacologia, che prescindono dal senso esistenziale della diagnosi
Si prescinde, cioè, dalla condizione vitale in cui effettivamente versa il malato, e riducono l'individuo alla mera funzionalità specialistica di quel trattamento farmacologico e del suo effetto scisso da ogni aspetto della sua "personalità", privando la persona umana di ogni scelta circa il proprio valore nella comunità solidale e circa la propria espressione di libera volontà al riguardo.
La sofferenza legata alla malattia non è eliminabile, ma neppure può esistere un obbligo, eticamente accettabile, a rendere irrilevante la volontà dell'individuo di fronte alla sua libertà di fronteggiare la morte conservando il senso profondo della propria dignità umana.

4. Ecco la radiografia della società attuale che si vorrebbe accentuare e portare alle sue estreme conseguenze, in nome del cosmetismo elitario, ovvero, per usare la felice espressione di Lorenzo, delle "ideologie di secondo livello":
"Il progetto politico di "Essi" pare quindi consistere in:
a) l'instaurazione di un governo sostanziale "nascosto", perché comunque i veri governanti (la grande finanza), non assumono direttamente -agli occhi dei governati- la responsabilità delle politiche che decidono, nascondendosi dietro al politico di professione, titolare formale (ma non sostanziale) del potere e ridotto a mero prestanome (sotto questo aspetto era meglio perfino il "vecchio" ancien regime: anche se "non votato da nessuno", un Luigi XVI era chiaramente identificabile come responsabile dal governato:come aveva statuito suo nonno, lo Stato.... era LUI. E infatti, alla fine, raggiunto il punto di rottura la società lo chiamò a rispondere!).
b) la creazione di una non-società "universale, multietnica, multiculturale, globale", composta da una massa povera, abbrutita, incolta, disorientata e senza valori di riferimento (e come puoi averne senza una cultura a cui riallacciarti, una terra a cui legarti, una famiglia di cui far parte, una politica da valutare, fin anche un dio in cui credere?). Sotto questo aspetto, è incredibile la sinergia tra quelle che Diego Fusaro chiama la "Destra del denaro" e la "Sinistra del costume". 
Basti pensare alla comune condivisione del relativismo dei valori, della "guerra" contro la famiglia tradizionale (ossia contro il welfare privato che esiste da sempre: famiglia non è forse uguale a mutuo soccorso?), dell'anticlericalismo stereotipato etc....
c) un'opera di sviamento delle coscienze (e in una non-società frammentata e senza punti di riferimento è oggettivamente facile), dai problemi autenticamente politici verso delle "ideologie di secondo livello" (es. gender,femminismo ultra-radicale, animalismo, veganesimo,etc....), identificando falsamente in esse la nuova frontiera della (non) lotta politica.

Personalmente credo che un progetto del genere capisca poco l'uomo in sè, che alla fine la "società dei disorientati" esploderà come una bomba ad orologeria, anche perché, rimanendo "terra-terra", per quanto tu sia un informatore bravo, sarà difficile far credere all'infinito ad un poveraccio che il suo slum sia "il migliore dei mondi possibili" (anche se il teleschermo orwelliano glielo ripeterà dalla mattina alla sera), e perché, tanto per dirne un'altra, la "dittatura delle minoranze" è la peggiore forma di tutela che si possa dare alle stesse, in quanto presupposto per l'esplodere violento della maggioranza.....
E' un progetto pericoloso, perché costruito sulla non politica, sulla neutralizzazione del consenso e su un'ipocrita morale di cartapesta, per la quale, tanto per dirne una, un morto va in prima pagina ed un altro no a seconda di dove muoiono ed in quale contesto e a seconda dell'utilità che ha la notizia.
Il problema, è che coloro che si definiscono "intellettuali", hanno seppellito il proprio spirito critico per credere in tutto questo". 

5. Insomma, come possono essere credibili nel voler tutelare la "fine" della vita umana, in continuità col perseguimento per intero di una esistenza libera e dignitosa, coloro che considerano, come principio cardine della neo-società del totalitarismo dei mercati,  il legittimo esercizio della "crudeltà del creditore", cioè l'espressione più estrema, ma inscindibile dalle sue premesse, dei rapporti di forza che si instaurano sul mercato, regolato in modo da far prevalere le sue forze irresponsabili in quanto, per definizione, "naturali"?

6. Dunque, le libertà degli individui atomizzati, e passivi recettori della dinamiche del mercato, sono indipendenti dalla volontà e dalla dignità del singolo essere umano: questi disporrà esattamente del grado di libertà che la sua vincolata dimensione individuale ha conquistato nei rapporti di forza del mercato "liberalizzato" e depurato dell'intervento solidale dello Stato.
«le identità personalistiche ed etniche dominano a scapito della solidarietà di classe»: free trade, vantaggi comparati, cambi fissi e favorimento attivo e passivo delle migrazioni.
...Mi autocensuro, e, all'analisi che sopprimo, sostituisco il pensiero cosmopolita del mio filosofo morale preferito...

Friedrich Nietzsche: Genealogia della morale
«The debtor made a contract with the creditor and pledged that if he should fail to repay he would substitute something else that he “possessed,” something he had control over; for example, his body, his wife, his freedom…

Let us be clear as to the logic of this form of compensation: it is strange enough. An equivalence is provided by the creditor’s receiving, in place of a literal compensation for an injury (thus in place of money, land, possessions of any kind), a recompense in the form of a kind of pleasure—the pleasure of being allowed to vent his power freely upon one who is powerless, the voluptuous pleasure “de faire le mal pour le plaisir de le faire,” the enjoyment of violation….In “punishing” the debtor, the creditor participates in a right of the masters….The compensation, then, consists in a warrant for and title to cruelty.»

(Corey Robin 2015, sulla Grecia)
"Il debitore ha concluso un contratto con il creditore e si è impegnato nel senso che, se non dovesse restituire il dovuto, darà in sostituzione qualcos'altro che possiede, qualcosa su cui ha il controllo, per esempio, il suo corpo, sua moglie, la sua libertà...
Chiariamo la logica di tale forma di compensazione: è alquanto singolare. 
Un'equivalenza è stabilita dall'atto del ricevere del creditore, in luogo di una letterale compensazione (monetaria ndr.) per qualsiasi danno (da inadempimento) (così, al posto del denaro, terra, possedimenti di ogni tipo), un vantaggio apprezzabile nella forma di un tipo di piacere - il piacere di essere autorizzato a dar liberamente sfogo al suo potere sopra chi ne sia totalmente privo, il piacere voluttuoso "di fare il male per il piacere di farlo", il godimento del violentare...Nel "punire" il debitore, il creditore partecipa del diritto (illimitato) dei padroni...La compensazione, allora, consiste in una garanzia "di" e in una legittimazione "a" la crudeltà"
7. Ripetiamo: in una società dominata da questa idea istituzionale ed ossessiva, come può essere credibile qualsiasi humana pietas se non per fini distrattivi che siano, al tempo stesso, un attacco di delegittimazione del (voluto) non-Stato, e la riaffermazione di un'etica dell'indifferenza verso il fondamento solidale della personalità umana? 

lunedì 27 febbraio 2017

I CONTI IN TASCA A TRUMP PRESIDENTE: LA "BOLLA" TRA YELLEN, CONGRESSO E DEBT CEILING


http://www.toptradingacademy.com/wp-content/uploads/2015/06/bolla-speculativa.jpg

1. Giochiamo d'anticipo su lo scenario probabilmente più importante nei prossimi mesi. 
Comprensibilmente, la linea di politica economica seguita da Trump, in quanto presidente esponenziale (per appartenenza) di un "ragionevole compromesso", non è allo stato decifrabile.
Solo le pratiche misure di politica fiscale e, almeno a prenderlo sul serio, industriale, che verranno dopo il grande cimento del ban agli islamici, potranno chiarire il punto.
Come vedremo la volontà di Trump, anche ad accordargli la fiducia di una coerenza e una "visione" ben chiara, potrebbe non risultare, in concreto, decisiva. E non certo a causa della "rivoluzione arancione" spostata nei confini del più importante paese capitalistico del mondo, condita da corporates media (p.2) e Hollywood parties (dal tenore di vita stratosferico rispetto agli odiati populisti dell'America profonda...).

2. Intanto, si può argomentare tutto e, praticamente, il contrario di tutto:





Traduzione: Il Pres. Trump usa lo stratagemma di apparire contro l'elite mentre imbottisce i loro portafogli. Quando il tea-party se ne renderà conto?
R: Il tea-party è stato finanziato per anni dai fratelli Koch. L'intera linea dei tea-party è di far passare le politiche per l'1% come anti elite.

3. Verrà mai risolto questo nodo? 
Ovviamente sì, perché Trump dovrà, via via, adottare misure da portare al voto del Congresso e del Senato su tutto il fronte delle politiche che ha annunciato di voler fare. Non può, cioè, per ovvii motivi di "Rule of Law" (in soldoni: l'Esecutivo, per previsione costituzionale, ha poteri normativi circoscritti ed eccezionali, se non delegati dal Legislativo) cavarsela limitandosi a emettere executive orders (come il ban selettivo sull'immigrazione).
Il problema è che questa prospettiva rivelerà la curiosa, quanto ignorata dai media €uropei, consonanza tra democratici e repubblicani in seno alle assemblee legislative.

4. E il "nodo" verrà al pettine in tempi piuttosto brevi.
Per capirlo, partiamo dal rally borsistico innescatosi, contro ogni logica, all'indomani dell'insediamento di Trump.  
Ci dice David Stockman, direttore dell'ufficio del bilancio della Casa Bianca ai tempi di Reagan, che questo è il rally degli stupidi ("suckers") più grande di tutti i tempi, poiché è basato su una certa idea di libertà/fattibilità delle politiche fiscali attuabili nell'immediato da Trump: mentre prescinde da ciò che implicherebbe realmente una politica di big tax cuts, cioè di forti tagli della tassazione.
Stockman riassume così la situazione che, come vedrete, si chiarirà tra il 15 marzo e il principio dell'estate. E non sarà una passeggiata:
Quello che sfugge alla gente è il termine del 15 marzo. In quel giorno la vacanza (nel senso di tregua) del tetto al debito pubblico andrà a scadenza: era stata concordata da Obama e Boehner in 20 trilioni (20mila miliardi di dollari). Il debito attuale è di 10 triliardi (106% del PIL USA), ma le spese a regime derivanti dall'attuale legislazione, "già a libro", cioè la spesa già deliberata e incomprimibile, a legislazione invariata, determina di per sè il raggiungimento del tetto di 20 triliardi (nella traiettoria, legalmente scontata, dei prossimi anni di esercizio di bilancio).
Il 15 marzo, dunque, il tetto al debito, scontato nella legislazione e dunque nella spesa già autorizzata, sarà automaticamente congelato a 20 triliardi. E questo tetto, nei criteri di proiezione pluriennale della legislazione comportante spesa pubblica, diverrà legge.
E, prosegue Stockman, ci sarà un duro stop. Il Tesoro avrà all'incirca in cassa 200 miliardi. E il governo USA "consuma" liquidità al ritmo di 75 miliardi al mese.
Per l'estate (ndr: a legislazione attuale, e quindi senza forti correzioni di taglio agli impegni di spesa attuali) la liquidità sarà esaurita. E ci sarà la madre di tutte le crisi di debt ceiling. Tutti gli ingranaggi si fermeranno. Penso, dice Stockman, che ci sarà un "government shut down". Dunque non ci sarà una riforma e una sostituzione dell'Obama care; non ci sarà alcun taglio delle tasse; non ci sà alcuno stimolo fiscale con un programma di investimenti pubblici in infrastrutture. 
Ci sarà soltanto un unico gigantesco bagno di sangue fiscale su un tetto al debito pubblico che dovrebbe essere aumentato e che nessuno vuole votare.
5. Gli effetti di questa "calamità" da bilancio fiscale saranno quantomeno sia l'emergere della illusorietà delle aspettative su cui si basa l'insensata crescita attuale dei mercati azionari, - un pericolo persino acuito dall'ambiguità della Yellen sul rialzo dei tassi, in effetti ipotizzabile proprio per marzo (sulla scorta della sua dichirazione che l'andamento dei conti pubblici USA non è sostenibile!) - sia un frenetico periodo di anarchia fiscale, una sorta di trattativa "impazzita", in cui potrebbe saltare ogni connessione tra il (pur confuso) programma di Trump e l'attività legislativa che si riuscirà effettivamente a "negoziare" tra Esecutivo e Legislativo (bi-partisan nell'avere interesse, ideologico contrapposto ma convergente, nel non autorizzare un più elevato tetto al debito).
E tutto questo rivelerà da che parte sta la "casta" eletta nel Legislativo, con tutti i suoi finanziatori (mission: "to stop Trump") e le sue connessioni bipartisan col big business, che contrasta le aspettative di un elettorato sempre più inquieto e incoercibile. 
Cosa ne uscirà fuori, in una primavera di frenetiche trattative, rivelerà quali carte ha veramente in mano Trump: e, peraltro, per conto di chi le giocherà.
Sempre che la situazione dei mercati finanziari non sfugga prima di mano (è il caso di dirlo).

sabato 25 febbraio 2017

LE PRIORITA' DELLA SOVRANITA' DEMOCRATICA. "A FUTURA MEMORIA".


http://image.anobii.com/anobi/image_book.php?item_id=01f7a4337d7dcd656d&time=&type=4

1. Nella situazione attuale, ci si dibatte (piuttosto al buio, in verità), tra mosse "sperate" di Trump, complesse questioni geopolitiche collegate, e le solite grida di "incertezza politica" venduta come causa di ostacolo alla "ripresa" (!!!), quando invece tutto questo non può che essere irrilevante: infatti, c'è il famoso pilota automatico, che non è stato inventato da Draghi ma solo da lui "copiato" a Milton Friedman.

Questa situazione, a dir poco angosciante, tuttavia, mi spinge a cercare di rammentare la "rotta" unica e possibile per giungere alla salvezza democratica del paese. 
E, trattandosi in definitiva di una rivendicazione di legalità costituzionale, che è la pregiudiziale assoluta di qualsiasi soluzione pratica - nonché di qualunque "composizione" delle forze, non controllabili, che si agitano sullo scenario internazionale-, premetto da subito le parole di Lelio Basso, semplici e paradigmatiche per quanto concerne il cuore del problema che la Nazione italiana si trova ad affrontare, (volente o nolente):
“…penso che la battaglia per la democrazia nei singoli paesi debba essere prioritaria rispetto ai fini federalisti…ci sono cose che vanno, secondo me, profondamente meditate. A me, se così posso dire, la sovranità nazionale non interessa; però c’è una cosa che mi interessa: è la sovranità democratica... Nella Costituzione abbiamo scritto, nel primo articolo: “L’Italia è una Repubblica democratica”; poi abbiamo aggiunto quelle parole forse sovrabbondanti “fondata sul lavoro”; e poi abbiamo ancora affermato il concetto che la “sovranità appartiene al popolo”
Sembra una frase di stile e non lo è. Le costituzioni in genere hanno sempre detto “la sovranità emana dal popolo” “risiede nel popolo”; ma un’affermazione così rigorosa, come “la sovranità appartiene al popolo che la esercita” era una novità arditissima. Contro la concezione tedesca della “sovranità statale”, di quella francese della “sovranità nazionale”, noi abbiamo affermato la “sovranità popolare” quindi democratica. A questo tipo di sovranità io tengo[37]. La sovranità costituzionale è tutto.
(L. BASSO, Consensi e riserve sul federalismo, L’Europa, 15-30 giugno 1973, n. 10/11, 109.118).
2. Non farò quindi a seguire un lungo discorso: quello che è stato appena riportato non ha un grande bisogno di spiegazioni ulteriori e, ormai, qualunque lettore dovrebbe essere in grado di decifrarne la portata fondamentale.
Mi limiterò invece a segnalare i temi su cui occorre portare il discorso per cercare di raggiungere, sia a livello di opinione pubblica che di quella di massa, una concreta via d'uscita dal totalitarismo neo-liberista (solo transitoriamente soft) in cui ci ha piombato il federalismo €uropeo, fin dalle sue scaturigini.
3. Quindi, i presupposti per un recupero della sovranità correttamente intesa, passano oggi per:
 a) la chiarissima definizione delle dinamiche e degli effetti sociali del debito pubblico, della spesa pubblica e dell'inflazione/deflazione: cosa che conduce da subito al problema della reindustrializzazione guidata italiana, in base alla Costituzione economica, ergo inevitabilmente dallo Stato (l'inflazione ha il problema centrale della compatibilità con l'equilibrio di lungo periodo dei conti con l'estero, ma, sul piano della legittimità costituzionale, necessariamente assicurato dall'azione politica dello Stato).
b) il definitivo chiarimento del ruolo della banca centrale e dei suoi corollari, troppo spesso dati per scontati  e che scontati non sono affatto (specie negli scenari terroristici di exit);
c) non scevro, ormai, tutto questo, data la "costituzione materiale" reclamata dalla vasta e variegata maggioranza dell'offerta politica €uropeista, da una proposta di revisione costituzionale chirurgica sull'art.11 Cost, sull'art.139, sulla funzione legislativa e sullo stesso ruolo di garanzia e responsabilità, rispetto al prevalente "vincolo costituzionale" (qui, p.7) del presidente della Repubblica (che è ormai un garante del vincolo esterno da circa 30 anni);
d) last but not least, un seria attuazione dell'art.21 Cost., mediante un'opportuna e non più rinviabile legge: l'offerta di "informazione" va regolata rimuovendo ogni barriera all'accesso, ma anche la domanda va "garantita" con effettività, perché la libertà di stampa in senso liberale (cioè inevitabilmente controllata dall'oligarchia delle "idee dominanti"), con ogni evidenza, non basta più a garantire il processo democratico informato.

4. Tutto questo consente di svolgere un'azione indipendente dall'indicare questa o quella soluzione al problema monetario o a quello della "riforma" o "rifondazione" dei trattati: l'importante è che QUALSIASI soluzione sia preventivamente imbrigliata in un chiaro quadro di legalità costituzionale, in modo che tutto questo non possa ripetersi mai più.
Assicurarsi questo fire-wall istituzionale e costituzionale, e portatolo avanti fino alla diffusa consapevolezza, consente di arrivare POI  a qualsiasi trattativa economico-internazionale in condizioni di sicurezza per l'interesse nazionale, rendendolo comprensibile e appetibile alla massa degli elettori: cioè al popolo sovrano in base all'art.1 Cost. e perseguendo le finalità fondamentali della nostra Costituzione.
5. E quanto ora detto vale, a maggior ragione, nel caso in cui la situazione negli USA sfugga di mano ai "mercati" - tentati dall'idea di addossare a Trump quell'inevitabile scoppio della bolla che continuano impunemente ad alimentare- e l'intero mondo globalizzato, intrecciato in una follia senza precedenti, ripiombi nelle spire di una nuova grande crisi economico-finanziaria.
Naturalmente, semmai ci fosse bisogno di ripeterlo, tutto questo è detto "a futura memoria": essere inascoltati  è un fatto praticamente scontato. 
(By the way: cercate di leggere i links, per quanto possibile...) 

giovedì 23 febbraio 2017

LA NATO. E LA GERMANIA. E L'EURO.

http://www.lastampa.it/2017/01/07/esteri/trump-cerca-un-alleato-in-italia-per-rilanciare-la-partnership-con-gli-usa-QTYtmZagBagSkP456CvgYP/pagina.html

1. In un precedente post, avevamo esaminato, muovendo dal caso del terrorismo in Francia, la disciplina dei trattati UE in tema di "difesa comune", evidenziando come essa sia stata concepita al fine di non pregiudicare "il carattere specifico della politica di sicurezza e di difesa di taluni Stati membri" e, in questa ottica, proprio per preservare il quadro Nato in cui sono inseriti i più importanti paesi-membri dell'Unione. Infatti (art.42, par.2, 2° cpv, TUE):
"La politica dell'Unione a norma della presente sezione non pregiudica il carattere specifico della politica di sicurezza e di difesa di taluni Stati membri, rispetta gli obblighi di alcuni Stati membri, i quali ritengono che la loro difesa comune si realizzi tramite l'Organizzazione del trattato del Nord-Atlantico (NATO), nell'ambito del trattato dell'Atlantico del Nord, ed è compatibile con la politica di sicurezza e di difesa comune adottata in tale contesto."
La clausola di generale "compatibilità" così enunciata, comporta, nella materia, in pratica una prevalenza del trattato Nato su quello UE, lasciata alla discrezionalità politica dei singoli Stati, e dunque  una "genetica subordinazione ad esso di ogni iniziativa europea comune nel campo della difesa". 
Anche questa clausola ha una ragion d'essere che, nel complesso dell'art.42 citato, e del suo rinvio agli artt.43 e 46, si connette anche all'esigenza che l'appartenenza all'UE non pregiudichi la compartecipazione di singoli Stati UE alle missioni (militari) extraeuropee e alla "lotta al terrorismo", guidate dagli USA (appunto nel quadro Nato) (post citato, punto 9).
Vedremo poi, nell'articolo di Zero Hedge di seguito commentato, come questa parallela ragione giustificativa del quadro Nato, recepita nel trattato UE, sia ormai oggetto di dubbi e di "disappointment", sempre più evidente, da parte USA.

2. Risulta perciò una conclusione sufficientemente oggettiva: il federalismo €uropeo, in quanto originato e promosso dalla mano USA e, evidentemente, per un proprio prevalente interesse, si stempera, nei suoi effetti politico-economici, allorché gli USA stessi abbiano già provveduto a creare un quadro di alleanze militari che precedono e prevalgono su quelle euro-federate (che a tal fine vengono considerate meno utili se non superflue).
Ma se il quadro è sempre stato questo, - cioè quello dell'interesse geo-politico USA a "controllare" l'insieme delle ex potenze europee creando interlocutori unificati, servendosi di due strumenti separati, l'uno federalista liberoscambista per legare in blocco l'€uropa all'economia di mercato, l'altro più strettamente militare (e, opportunamente, più frammentato sul versante UE)- il mutare dell'interesse stesso degli USA non può non influire in modo decisivo su questo schema.

3. Questa influenza dei mutamenti, d'altra parte, è perfettamente naturale in tema di trattati internazionali che, non vengono mai intesi come scolpiti nella pietra, nonostante gli enunciati retorici ed ideologici, propri del momento in cui vengono conclusi, che li accompagnano. 
Oggi parlare di "difesa comune" €uropea, in preteso superamento dell'influenza e dell'interesse genetico degli USA, peraltro, significa in pratica creare un superorganismo militar-industriale sotto l'egida dell'egemonia tedesca: e questo, con ogni evidenza, tenendosi realisticamente conto dei limiti fiscali e di bilancio che caratterizzano l'eurozona e, sia pure in forma più attenuata, l'intera UE (in forma attenuata almeno fino a quando non verrà incorporato il fiscal compact nei trattati stessi). 
Insomma, anche allo stato delle principali direttive in materia di difesa e, specialmente, delle Comunicazioni n.764 del 5 dicembre 2007 e, ancor più, di quella n.542 del 24 luglio 2013, il disegno è, sempre in nome del risparmio e dell'efficienza, quello di una ristrutturazione del relativo settore industriale mediante creazione di grandi conglomerati incentrati sul controllo dei soggetti industriali più grandi, essenzialmente tedeschi,  ma accompagnato da investimenti nel settore della difesa dei singoli Stati (cedenti le proprie partecipazioni industriali!) a...giovamento di tali ridisegnati gruppi industriali (a trazione tedesca).

4. E se l'interesse USA si trovasse invece a essere mutato e a non più contare sul blocco Nato nel suo insieme, magari ridisegnato e amplificato mediante il consueto sistema dell'egemonia tedesca come strumento per unificare l'€uropa e farne l'interlocutore "unico e utile"? 
E se, più in generale, l'Europa, in particolare con l'eurozona, divenisse un fastidioso ostacolo al riequilibrio dell'economia USA, proprio per quell'aspetto di "manipolazione" del corso della moneta unica, addebitato principalmente all'espansionismo mercantilista tedesco, che costituisce un vero e proprio ostacolo alle politiche di ritorno alla autosufficienza industriale, che gli USA si trovano, giocoforza, a tentare di percorrere per ristabilire la propria coesione sociale?
  
5. Dare risposta a queste domande può anche spiegare come si stia profilando come inevitabile uno scontro tra USA e Germania, in cui la seconda si trincera dietro il politically correct del globalismo (della "pace") e parla a nome degli altri partners €uropei (che altrimenti, nei rapporti interni all'eurozona, disprezza e sottopone a crescenti condizionalità vessatorie,) e gli USA assumono una veste fortemente critica della moneta unica
Ma in modo più diretto viene anche affrontato, sul versante USA, il problema del rebus sic stantibus che ormai caratterizza la giustificabilità e la convenienza dello stesso trattato Nato. 

Infographic: Who's Contributing How Much to Financing NATO? | Statista

6. Questo articolo di Zero Hedge (in passato seguivo il NY Times ma ormai si è ridotto a un foglio di propaganda del Global Economic Order...in crisi) ci offre, con un eloquente incipit, un ragguaglio sull'agire della clausola rebus sic stantibus rispetto all'attuale assetto Nato (avvertiamo subito: la visione è un po' semplificatoria e cosparsa di brutalità senza sfumature relative alle implicazioni economiche):  
"...Come ha di recente notato George Friedman, gli Europei devono fronteggiare due fatti...
Anzitutto, le guerre che contano per gli USA sono combattute nel mondo islamico. In secondo luogo, l'Europa non sta lottando per la ricostruzione dopo la seconda guerra mondiale.
Le sue capacità militari dovrebbero essere pari a quelle degli USA.
La NATO è obsoleta se si definiscono le sue responsaibilità principalmente nel respindere un'invasione russa. Specialmente in quanto (L'Europa) s'è rifiutata di creare una forza militare capace di farlo. E' obsoleta nel concepire gli USA come i garanti della sicurezza europea laddove l'Europa è sufficientemente capace di sostenere il costo dell'autodifesa.
Se la nazioni europee sono libere di seguire i propri interessi, allora lo sono pure gli USA.
Facendo un passo indietro, scorgiamo una più ampia verità.
Prima cosa,  l'Unione Europea is breaking (sta collassando). L'Europa non è in posizione di svolgere operazioni Nato supportate all'unanimità. Per gli europei, la Nato è importante perché significa che, nell'improbabile caso di una guerra europea, gli Stati Uniti devono essere presenti (ndr: sullo scenario).
Gli Stati Uniti vogliono  fermare l'egemonia russa sulla "penisola" europea. Ma possono gestire ciò dislocando forze limitate nei paesi baltici, in Polonia e Romania.
Gli europei hanno trasformato la Nato in un meccanismo che funziona tramite relazioni bilaterali tra gli USA e ciascun membro della Nato.
In tal modo, gli Stati Uniti, possono agire allo stesso modo.
Possono anche accettare lo status quo in Ucraina, scritto o non scritto. Gli USA non andranno in guerra in Ucraina. E la Russia neppure lo farà.

L'approccio di Trump alla Nato è stato imposto agli Stati Uniti dagli europei. 
La  Nato non funziona come un'alleanza. E' un gruppo di nazioni sovrane che risponde alle richieste americane se lo ritiene opportuno. Gli Stati Uniti lo sanno e a un certo punto, qualcuno evidenzierà che la Nato è obsoleta.
La questione può riassumersi nella seguente domanda. Qual è l'impegno dei paesi europei verso gli Stati Uniti? E qual è l'impegno USA vero l'Europa?
Non è più chiaro se ci sia la base geopolitica per questo impegno. Gli interessi sono divenuti divergenti. Nato non è più adatta alla realtà odierna".

7. Ora questo insieme di notazioni non sono scevre da lacune: ad esempio, sono svolte senza coordinare il quadro delineato alla concreta modalità con cui le "Comunicazioni" €uropee sopra menzionate vogliono sviluppare la difesa - e l'industria- militare in UE
Abbiamo visto che il prevedibile sviluppo di questo disegno si riveli un inevitabile rafforzamento dell'egemonia industriale, ma soprattutto politica, della Germania.
Zero Hedge non pare (esplicitamente) dar peso al fatto che un paese mercantilista, - che ricorre per di più al vantaggio abilmente dissimulato dell'euro, per commerciare con una moneta svalutata rispetto alla sua capacità esportativa individuale-, una volta preso il controllo politico-economico dell'intera eurozona (quantomeno: a questo può tra l'altro ricondursi il progetto dell'€uropa a 2 velocità, qui p.11, ferma l'intangibilità della moneta unica), accoppiando pure quello militar-industriale, non potrebbe che acuire la sua resistenza e le sue pretese di contrapporre i propri interessi a quelli USA. 
E questo anche in chiave di rapporto con la Russia (e di rapporto privilegiato per farne un ulteriore hub esportativo per beni strumentali, costruzione di infrastrutture e beni durevoli di consumo).

8. Zero Hedge, poi, non pare rendersi conto di un altro aspetto, ancora più inquietante: la prosecuzione degli indirizzi di politica industrial-militare progettati in sede europea, proprio perché soggetti all'imposizione de facto della preminenza politico-economica tedesca, rischiano di innescare non le mire russe sulla "penisola europea" quanto un conflitto interno alla stessa europa occidentale (si pensi alla prospettiva di una vittoria della Le Pen alle presidenziali francesi; ma non solo). 
La "minaccia" tedesca, oggi ammantata di europeismo (ipocritamente pacifista da parte del paese meno cooperativo della già non cooperativa UE-M), diverrebbe un rischio, sempre più concreto, di ritorno alle stesse ragioni che portarono gli USA a intervenire sul teatro europeo nella seconda guerra mondiale.

9. Questo ordine di problemi non può essere trascurato: se gli USA, con un nuovo corso di realpolitik, disinnescassero il pericolo "russo", linea del tutto ragionevole adombrata dall'Amministrazione Trump (e che l'articolo di Zero Hedge conferma), non per questo avrebbero risolto il problema tedesco. Questo, anzi, rischia di aggravarsi e proprio sul versante più pericoloso, quello militare, per la stabilità della pace in Europa e nel mondo.
Per questo, anche il disimpegno finanziario USA dalla Nato, e la connessa esigenza di ridisegno del trattato relativo, su basi che prendano atto di una maggior bilateralità, non possono evidentemente essere disgiunti dal risolvere la questione UE. E ancor più il presupposto della sempre più pericolosa egemonia tedesca, cioè la moneta unica. E questo può aversi solo attraverso uno smantellamento dell'eurozona attraverso la guida USA.
Ma certo, tutto sta in quel considerare come un "fatto" una circostanza alla quale gli USA non potrebbero mai considerarsi estranei:
"l'Unione Europea is breaking (sta collassando)"

martedì 21 febbraio 2017

TRUMP AL BIVIO DELLA DEMOCRAZIA IDRAULICO-MEDIATICA. VINCERE O SOCCOMBERE?




1. E' veramente impossibile comprendere se il POTUS Trump stia svolgendo, o sia comunque intenzionato a svolgere, in modo coerente, le politiche che il suo programma lasciava intravedere. 
In modo ancora più sostanziale, il messaggio vincente di Trump aveva a che fare con la rigenerazione della dimenticata middle-class, mediante la creazione di occupazione buona, in controtendenza dichiarata ad un assetto di economia aperta, e anzi epicentro del free-trade globalista (cioè istituzionalizzato per trattati voluti da governi rigidamente controllati dall'elite capitalista).
E dunque, la situazione compattamente oscurata dai media di entrambe le parti dell'Atlantico - e questo è oggettivamente il problema principale- era, ed è, che negli USA l'apparente dialettica bipartisan dissimulava, con piccole varianti (qui, p.5), per lo più ininfluenti sul costante peggioramento delle prospettive di vita della schiacciante maggioranza degli americani, la fine della mobilità sociale  (pp. 6-8): si era così strutturata, fino all'inaspettata elezione di Trump, la creazione indiscussa di un consenso basato sugli "abbienti" e fanaticamente teso a circoscrivere ogni progressismo alle guerre (simili a quelle di religione del '500 europeo) sui diritti cosmetici (malthusiani, come ben evidenziava Bazaar).

2. Con una certa dose di "ottimismo della volontà", il recente bollettino EIR, evidenzia questa contrapposizione tra ipocrisia sui diritti cosmetici in chiave anti-Trump e "mosse" che quest'ultimo potrebbe/dovrebbe adottare, con priorità, per disinnescare la sollevazione, manovrata dalle elite finanziarie e mediatiche, per eliminarlo
"Mentre gran parte dei media transatlantici continua a denunciare istericamente Trump come bugiardo, incompetente e una minaccia per la civiltà, e i suoi oppositori chiedono il suo impeachment o addirittura il suo assassinio, si sta forgiando la sua politica estera (vedi sopra).  
Durante la campagna elettorale, Trump ha promesso di porre fine alla finta "guerra al terrorismo" neoconservatrice e alla politica di "cambiamento di regime" utilizzata dalle amministrazioni precedenti di George W. Bush e Barack Obama. Queste tattiche hanno provocato migliaia di vittime tra il personale militare, hanno ucciso centinaia di migliaia di persone nelle nazioni prese a bersaglio, e sono costate oltre 4 mila miliardi di dollari, che potevano essere spesi nello sviluppo infrastrutturale, nella reindustrializzazione, nell'istruzione e nel sistema sanitario.  
Questa promessa è stata la chiave della sua vittoria elettorale, perché milioni di americani sono stanchi di guerre e disperati per il crollo dei loro livelli di vita, che Hillary Clinton e Barack Obama definivano una grande ripresa economica.
Per rendere possibili i cambiamenti invocati da Trump occorrevano due passi immediati. Il primo, porre fine alle minacce di guerra nei confronti di Russia e Cina, esemplificate dalla campagna di attacchi contro Vladimir Putin, alle sanzioni contro la Russia, all'espansione a Est della NATO e alla minaccia di scontro con la Cina nel Mar Cinese Meridionale.

Il secondo passo, essenziale perché il primo abbia successo, è togliere il potere ai cartelli finanziari globali, che utilizzano le guerre e la destabilizzazione politica, e impongono dure condizioni di austerità per concedere aiuti, al fine di mantenere il proprio potere. 

L'arma migliore disponibile a Trump per fare questo è il ripristino della separazione bancaria con la legge Glass-Steagall, che imporrebbe una riorganizzazione fallimentare del sistema bancario, indebolendo la loro capacità di ricattare i governi, compreso quello di Washington. È in corso un dibattito sulla Glass-Steagall in questo momento, al Congresso e altrove (vedi EIR Strategic Alert 5,6/2017).
La spinta verso una "rivoluzione colorata" contro Trump proviene proprio da questa élite finanziaria globale, che teme che il nuovo Presidente possa mettere fine al proprio strapotere. L'ex Presidente Obama, per esempio, ha incoraggiato manifestazioni contro la nuova Amministrazione, mentre alcuni suoi alleati hanno presentato ricorso contro il bando all'immigrazione di Trump con dubbie motivazioni.
 

Uno di loro, l'ex consulente legale del Dipartimento di Stato Harold Koh, è la persona che ha scritto la difesa "legale" del programma illegale di Obama per assassinii extragiudiziarii con l'uso di droni e che ha addestrato John Yoo, l'avvocato che ha difeso l'uso della tortura. 
Ci permettiamo di mettere in dubbio le loro credenziali sui diritti umani. Quanto alla protezione dei migranti, dove erano costoro quando i migranti venivano deportati durante l'Amministrazione di Obama e tutte le amministrazioni precedenti?"

3. Più prosaicamente, Zero Hedge (articolo di Michael Krieger) evidenzia i limiti di entrambi i contendenti: Trump come presunto outsider tutore della maggioranza (silenziata dai media più che "silenziosa") degli impoveriti dalla globalizzazione istituzionale, e l'establishment con il suo braccio armato mediatico. E lo fa partendo dall'ennesimo (stucchevole) articolo del New York Times, a firma di Nicholas Kristoff, (non a caso, un autocelebrato difensore dei diritti civili e delle donne), che dà per scontata la necessità dell'anticipata estromissione di Trump dalla sua carica come ripristino dell'ordine, addirittura, costituzionale (...dei mercati globalisti):
"Infine, qui Kristoff enuncia così la sua patetica istanza di rovesciare Trump:

Cosa dire di una presidenza della quale, dopo un mese dal suo insediamento, noi stiamo già discutendo se possa essere anticipatamente terminata?
No Nicholas, “noi” non stiamo discutendo di ciò. Lo stai facendo tu. Tu e i tuoi colleghi dei media. Il che mi porta al più irritante aspetto di ciò che sta accadendo nel discorso pubblico oggi in America. Cosa dovrebbe fare qualcuno come me a cui non piace Trump, ma a cui piacciono ancor meno i corporate media?
Questa è la scomoda posizione in cui mi trovo attualmente e se mi ci trovo, lo stesso vale per milioni di altri.
Trump comprende questo, ed è perciò che prosegue nel suo attacco implacabile agli elementi della grande industria dell'informazione.
Personalmente, la mia antipatia per Trump sarebbe molto più acuta se non fosse per la mia totale repulsione per i media di proprietà dei miliardari. 
I giornalisti si suppone che siano avversari del "potere" in generale, non che selezionino e scelgano quali figure di "potente" sfidare basandosi sulla propria ideologia politica. L'industria dei media ha chiaramente ingannato il paese, sicché Trump sta tenendo una linea di saggezza nello scegliere di combatterla. Come ho tuttavia notato la scorsa settimana su Twitter (traduzione: Se Trump si sceglie come obiettivo le istituzioni elitiste vincerà.
Se si sceglie la gente comune, perderà. Non è complicato):


Ancora una volta, l'industria mediatica sta comprovando la propria inefficacia nel tentare di tutto contro un uomo, in quanto in opposizione al disastro sistemico costituito dalla società a controllo oligarchico in cui viviamo.
L'attuale Presidente non sarebbe abbastanza carismatico e non utilizzerebbe nemmeno gli stereotipi giusti quanto bombarda donne e bambini musulmani. Questa costituisce, in apparenza, la linea rossa tracciata dai media.  
Se suona che io sia contro tutto e tutti, c'è una ragione. La nostra cultura è gravemente squilibrata e l'industria dei media merita per questo molta parte del biasimo.
E infatti, qui abbiamo un articolo pubblicato l'anno scorso da Forbes che serve ad accelerare la comprensione di ciò che abbiamo realmente contro:  Questi 15 miliardari possiedono le società americane dei media . (Ndr: 15 persone ci forniscono ogni singolo elemento dell'agenda in base alla quale possiamo credere di  interpretare il mondo).
E i miliardari non comprano gli "sbocchi" sul mercato dell'informazione per fare soldi: i soldi già li hanno. Li comprano per manipolare la pubblica opinione".
4. Sarebbe inutile rammentare quanto esposto in questa sede circa la "questione mediatica" e il controllo/manipolazione dell'opinione pubblica come sistema di pre-orientamento del sistema politico-elettorale in funzione della sovranità dei mercati (cioè dei pochi che si riparano dietro questa ipocrita terminologia impersonale) anzicché di quella popolare. Vale negli USA come in Italia. 
Oggi, si arriva al tentativo di voler annullare con ogni mezzo, moltiplicato per via mediatica, l'espressione democratica del voto popolare. Pensate a quello che sarebbe escogitato nel caso (ipotetico, allo stato) che la Le Pen vincesse le elezioni presidenziali francesi!
Ma la sempre più manifesta difficoltà di continuare questo "metodo di governo" - senza il quale, ad esempio, la moneta unica non sarebbe mai venuta in vita e oggi, comunque, non esisterebbe più- si misura sull'insensatezza delle tattiche di breve termine (un "tiriamo a campare") che stanno utilizzando le elites coi loro eserciti mediatici: Trump è infatti un accettabile compromesso e sarebbe saggio lasciarlo lavorare piuttosto che ostacolarlo e comprimere ulteriormente la pentola a pressione del conflitto sociale. 
"Rovesciare" Trump e pensare di rispristinare "l'ordine globale dei mercati" come unico titolo di legittimazione delle istituzioni nazionali, anche nello Stato più importante del mondo, significa ignorare il conto aperto con le masse in crescente dissenso rispetto a questo stesso ordine.
"Non dimentichiamo che Reich (qui, p.6) colloca questa presidenza come fase di ultimativa resistenza del sistema e prevede l'emergere di un vero candidato estraneo a...ESSI, solo nelle prossime elezioni presidenziali del 2020; e dopo una nuova crisi recessiva a epicentro finanziario..."
5. Come in Italia, dunque, è irrilevante, ciò che accade, in termini di spartizione di postazioni elettorali, all'interno delle forze €uropeiste e globaliste, - perché anche se si vincesse la "conta" non sarebbe mai possibile vincere il dopo-elezioni, contrassegnato dall'acuirsi TINA di politiche avverse agli interessi più elementari dell'elettorato!-, lo stesso vale negli USA.
Si può anche rovesciare Trump, specialmente se questi non sarà tempestivo nello svolgere politiche effettive a favore della maggioranza popolare, schiacciata dalle elites mediatico-globalista, ma il problema sostanziale rimarrebbe. 
Il rigetto, da parte dei corpi sociali occidentali, delle politiche neo-liberiste globaliste, non potrà essere risolto con espedienti mediatici: ma neppure con la violenta repressione, già preannunziata dalle diffuse idee di censura, che le stesse elites non sarebbero in grado di portare utilmente fino in fondo, senza autodistruggersi.

domenica 19 febbraio 2017

NON E' RILEVANTE (GRAMSCI, LA CONTA E IL GOVERNO TECNICO "RESPONSABILE")


http://www.altrodiritto.unifi.it/ricerche/minori/adduci/image25.gif
http://www.altrodiritto.unifi.it/ricerche/minori/adduci/cap3.htm

1. Tra le grandi questioni sulle quali trepidano, in questi giorni, telegiornali, radiogiornali e giornaloni, non v'è nulla di veramente rilevante.
Non è rilevante che i partiti europeisti siano 5, 6, 7 o 8 (magari, differenziando l'offerta mediante scissioni, riescono ad allargare il "bacino di utenza"). 
Tanto si alleeranno comunque tra di loro. 
Anche se qualcuno di questi dovesse rimanere fuori dall'alleanza perché non si vuole..alleare o perché, magari, gli altri, messi tutti insieme, non hanno bisogno di spartire il potere e i suoi vantaggi anche con questo. Ognuno poi, si sa, ha un suo "altroeuropeismo", come operazione di marketing elettorale (privo di qualsiasi effetto concreto) e lo sfrutta come se fosse il brevetto su un prodotto offerto sul mercato elettorale.

2. Quindi non è rilevante se si voterà con un tipo di legge elettorale o l'altra: ci sarà sempre, preventivamente o, più probabilmente, dopo le elezioni, una Große Koalition.
E questa esisterebbe, per una necessità di autoconservazione più o meno già implicita e consapevole, anche se non venisse dichiarata prima delle elezioni.
Chi oggi non ha già fatto autocritica sull'adesione all'euro e sulle politiche del piano inclinato verso la distruzione che esso comporta, sa di poter vincere la gramsciana "conta" (qui, p.3.1.), cioè le elezioni idrauliche orwellianamente mediatizzate, ma non di poter vincere il "dopo elezioni". 

3. E, quindi, con ogni probabilità, come ogni volta che si deve distruggere in nome dell'€uropa la sovranità e il benessere del popolo italiano, si farà un governo tecnico, infarcito di appelli allo straniero e di "esaltatori acritici degli scambi internazionali" nonché condito di "unità nazional€" e di "r€sponsabilità".

4. Dunque è irrilevante che si faccia passare come svolta "sociale" o addirittura keynesiana la futura concessione di redditi di inclusione o di varie forme di redditi di cittadinanza
Questa misura è comunque obbligata, nell'ottica della stessa necessità di autoconservazione, dalle ulteriori politiche economiche fiscali imposte comunque dall'europeismo, tra solenni investiture di governo tecnico e magari qualche altro nuovo piantarello.
E' irrilevante che ci si opponga o meno a ulteriori privatizzazioni quando sono la logica delle risorse scarse e del debito pubblico come causa della crisi economica italiana a dominare.

5. Ed è persino irrilevante che la "beffa" di un governo tecnico - che si succeda alle elezioni "politiche", dopo un'intera legislatura (o quasi: la differenza è anch'essa irrilevante) di governi supportati da maggioranze elette con una legge elettorale dichiarata incostituzionale-, possa indicare che nessuno può vincere il dopo-elezioni, perché nessuno può più esercitare la sovranità e perseguire gli interessi generali del popolo italiano, indicati dalle norme fondamentali della Costituzione.
E' irrilevante perché la sovranità non esiste più già oggi, per rinuncia (illegittima) già preventivamente compiuta e il dibattito politico è solo un lunare susseguirsi di alibi preventivi, e di false prospettive di concessioni, per nascondere l'asfalto, con cui ricoprire definitivamente il benessere e la democrazia, che continuano a impastare senza alcuna remora o ripensamento.