Prassi teoretica dell’elitismo nell’economia di mercato: liberalismo, malthusianesimo e diritti civili – Parte I
Post di Bazar
con il contributo di Francesco Maimone e Arturo
con il contributo di Francesco Maimone e Arturo
« [...] quel
tremendo fenomeno nell'orizzonte politico, la Rivoluzione Francese,
che, come una cometa infuocata, sembra destinata a ispirare nuova vita e
vigore, o a bruciare e distruggere gli abitanti della terra che si stanno
stringendo, ha concorso a far abbracciare a molti uomini capaci
l'opinione per la quale si stava attraversando un periodo gravido di
importantissimi cambiamenti, cambiamenti che sarebbero stati in qualche misura decisivi per il destino futuro
dell'umanità. » An Essay on the Principle of Population, 1798, Thomas
Robert Malthus
« […] la filantropia cosmetica [quella
“liberale”, ndB] ha prodotto la più cruda, la più barbara teoria che sia mai
esistita, una dottrina della disperazione che ha abbattuto quelle meravigliose
frasi sull’amore per il prossimo e sulla cittadinanza mondiale [...] » Friedrich
Engels, DEUTSCHFRANZÖSISCHE
JAHRBÜCHER,
1844, a proposito di Malthus.
«– Noblesse oblige, – osservò il
gatto e versò a Margherita un liquido trasparente in un bicchiere da vino
rosso.
– È vodka? – domandò Margherita, con voce fioca.
Il gatto fu così offeso che fece un balzo sulla seggiola.
– Per carità, regina, – gracchiò, – come potrei permettermi di mescere vodka a una signora? Questo è alcool puro!» Бегемот, Мастер и Маргарита (Il Maestro e Margherita)
– È vodka? – domandò Margherita, con voce fioca.
Il gatto fu così offeso che fece un balzo sulla seggiola.
– Per carità, regina, – gracchiò, – come potrei permettermi di mescere vodka a una signora? Questo è alcool puro!» Бегемот, Мастер и Маргарита (Il Maestro e Margherita)
1 – Premesse
metodologiche ed epistemologiche
«
Secondo la concezione
materialistica, il momento determinante della storia, in ultima istanza, è la produzione
e la riproduzione della vita immediata. Ma questa è a sua volta di
duplice specie. Da un lato, la
produzione di mezzi di sussistenza, di generi per l'alimentazione, di
oggetti di vestiario, di abitazione e di strumenti necessari per queste cose;
dall'altro, la produzione
degli uomini stessi: la riproduzione della specie. Le istituzioni sociali entro le
quali gli uomini di una determinata epoca storica e di un determinato paese
vivono, sono condizionate da entrambe le specie della produzione; dallo
stadio di sviluppo del lavoro, da una parte, e della famiglia, dall'altra. Quanto meno il
lavoro è ancora sviluppato, quanto più è limitata la quantità dei suoi prodotti
e quindi anche la ricchezza della società, tanto più l'ordinamento sociale
appare prevalentemente dominato da vincoli di parentela. » L'ORIGINE DELLA
FAMIGLIA, DELLA PROPRIETÀ PRIVATA E DELLO STATO,
1948, Friedrich Engels (1820-1895)
Consideriamo
sinteticamente la fondazione delle scienze sociali nella filosofia morale; la
filosofia morale può essere considerata sovrastruttura degli interessi
materiali delle classi egemoni.
Cosa significa?
Significa che qualsiasi pretesa teoresi di carattere morale, laica o religiosa,
è condizionata in primis dai rapporti di forza materiali che influiscono
su coloro che praticano l’attività teoretica, direttamente in quanto il
sostentamento è finanziato da rappresentanti di un particolare ceto o, indirettamente, in
quanto l’ambiente socio-culturale
stesso è stato precedentemente influenzato da ceti con particolari interessi
materiali.
La visione del mondo,
la Weltanschauung, e quindi l’Etica a cui rispondono quelle costruzioni
sociali che sono le istituzioni, sono quindi prodotto dei rapporti di forza fra
i vari gruppi sociali che compongono una comunità, rapporti di forza a sua
volta influenzati dalle varie comunità con cui vengono instaurate relazioni.
La forza di una
comunità sociale dipende soprattutto dalla sua capacità militare e culturale,
entrambe espressione del potere economico.
1.1
– Kratos, Arché e Dynamis: le forme del potere.
L’influenza sulle
persone per ottenere vantaggi materiali avviene tramite un potere primigenio
(chiamiamolo kratos) che garantisce istituzioni altrettanto primigenie
come la proprietà (o qualsiasi altra forma di controllo) dei fattori
della produzione (terra, capitale, lavoro); questo potere primigenio, che è
costituito dalla struttura della comunità sociale, è a sua volta
garantito nella sua perpetuazione da istituzioni di carattere politico e
giuridico che ne costituiscono una sua sovrastruttura, sovrastruttura
istituzionale che impedisce, alle contraddizioni che questo genera, di
ribaltare i rapporti di forza in essere a dispetto di coloro assai più numerosi
che non possono godere di questo privilegio; e, inoltre, queste sovrastrutture
rendono possibile, tramite l’organizzazione coordinata di mezzi e persone, la
possibilità di espandere questo privilegio primigenio su altre comunità
sociali.
Il potere
esercitato su queste istituzioni
l’abbiamo chiamato kratos, mentre il potere che viene esercitato tramite
queste istituzioni politiche e giuridiche lo possiamo chiamare arché,
rimanendo tendenzialmente fedeli alla classica distinzione platonica ne La
Repubblica.
La classe che
detiene potere puro primigenio ha interesse, allo scopo di conservare
con sicurezza il proprio privilegio, a far sì che le contraddizioni
scatenate da questi rapporti di forza opprimenti i ceti subalterni non generino
disordine, e che la comunità sociale sia ricondotta politicamente alla unità.
Il potere
primigenio da cui nasce l’“arché” è la Costituzione: nelle
costituzioni moderne questo si contrappone “rigidamente” al potere di fatto – kratos
– che i rapporti sociali in essere permettono a determinati ceti.
La dialettica
che si genera nella sovrastruttura politica tende a sua volta a
confermare e perpetuare le istituzioni esistenti: il controllo tramite il
potere economico (kratos) e politico-legislativo (arché) sui
mezzi istituiti per istruire ed informare garantiscono un perimetro
intellettuale, concettuale, coscienziale, oltre al quale il dibattito politico non può accedere affinché non venga mai messo in discussione il potere primigenio.
1.1.1 – La
consapevolezza come coscienza storica e politica: la finestra di Overton e la
morale.
Questo punto è
essenziale: e lo sottolineiamo: il controllo
sull’istruzione, sull’informazione e sulla cultura
crea una finestra che filtra la percezione del mondo tramite una serie di
cornici cognitive – frame – che ingabbiano tanto la dialettica interiore
– ovvero il pensiero, la riflessione – quanto il momento dialogico proprio
della socialità.
Maggiore
è la concentrazione del potere primigenio dovuto ai rapporti di proprietà,
maggiori sono le contraddizioni e le frizioni che l’oppressione genera sulle
classi subordinate, maggiore è il controllo culturale e coscienziale che deve
essere esercitato.
La prima forma di
controllo delle coscienze viene esercitata dalla morale, ovvero da una
forma di “super-io” che agisce a livello tendenzialmente inconscio sulla prassi
individuale e sociale.
Questa forma di
controllo può avere varie sanzioni di carattere sociale, che agiscono
principalmente sulla solitudine e sulla paura dell’esclusione: fondamentale è
la sanzione di carattere religioso, che agisce sulla paura della morte.
A mettere invece
pressione alle contraddizioni di tutti questi livelli di astrazione, a partire
dalla struttura della società stessa, agisce la dinamica demografica.
A livello
strutturale la forza degli oppressi sta nel numero. Forza in potenza – dynamis
– che è nulla senza il
controllo della consapevolezza: ovvero la coscienza
di classe.
2 – Elitismo: sovrastruttura etico-politica
funzionale al potere delle classi egemoni
«
Ai giorni nostri è sorta una nuova fede che afferma ogni essere umano
doversi sacrificare al bene «dei
piccoli e degli umili», e i suoi credenti discorrono altezzosamente
delle altre fedi, da loro dannate come poco scientifiche, e non s'avvedono quei
miseri che il loro
precetto non ha maggior fondamento scientifico di qualsivoglia altro precetto
religioso. […]. »
Gli
studiosi delle scienze sociali che traggono interesse diretto o indiretto a conservare
l’ordine sociale esistente, essendo espressione di interessi di un ceto
composto da un numero esiguo di persone, avrà la necessità di mostrare:
a) o di
essere in qualche modo neutrali, come di fronte a fenomeni naturali impersonali ed oggettivi;
b) o
dovranno mostrare come, facendo gli interessi delle classi dominanti, anche i
dominati ne gioverebbero “a cascata”. (A patto, sempre, che i dominati
si comportino come a loro suggerito: come abbiamo visto la componente moralistica
è strutturale per perpetuare l’egemonia).
Se
da una parte, poi, la naturalizzazione dei fenomeni sociali porta alla
negazione del libero arbitrio (la Politica) con cui viene costituita la
comunità sociale, e quindi deve essere negata l’esistenza di una coscienza
morale, dall’altra viene contemporaneamente emessa una condanna morale a
coloro che responsabilmente non si adeguano ad accettare l’ordine in
essere e a patirne funzionalmente le conseguenze.
In
qualsiasi forma di elitismo, come il liberalismo, i principi fondativi che
devono ingabbiare la dialettica volta alla conoscenza e alla consapevolezza,
sono in sintesi:
a)
la morale è idealizzata ed esterna all’Uomo e non coincide con la prassi in se stessa secondo coscienza
(essendo l’obiettivo inibire la coscienza);
b)
l’ordine sociale è naturale, è obiettivo ed esogeno, non artificialmente costruito; l’Uomo non
è in intellettualmente in grado di fare meglio di quanto le leggi “naturali”
che lo guidano possono fare, non riuscendo mai a determinarle “perfettamente”
(quindi l’ordine sociale va conservato, ogni interferenza del libero arbitrio
politico sull’ordine stesso è genericamente dannoso).
Secondo
il pensiero elitista l’Uomo non è quindi soggetto storico, ma oggetto
naturalizzato: la morale soggettiva interviene solo quando “irresponsabilmente”
l’uomo si discosta dalle prescrizioni inderogabili che conservano l’ordine
sociale.
L’alienazione
risulta così il prodotto dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo permesso dalla
struttura sociale stessa.
L’élite si
autopercepisce come “natura”, ovvero
altro dall’Uomo, ovvero come divinità che può dare e togliere la vita,
sfruttarla, in quanto investita di un’autorità che va al di là della persona umana.
2
– Pareto: excerpta
« Chi
pensa sia necessario filosofare deve filosofare e chi pensa non si debba
filosofare deve filosofare per dimostrare che non si deve filosofare; dunque si
deve filosofare in ogni caso o andarsene di qui, dando l'addio alla vita,
poiché tutte le altre cose sembrano essere solo chiacchiere e vaniloqui. »
Aristotele
Queste
sintetiche considerazioni di carattere sociopolitico vorrebbero fornire quei
concetti e quelle categorie essenziali, utili ad interpretare e a comprendere i
tratti principali del pensiero elitista e segnatamente, in un secondo tempo, le
politiche demografiche di stampo malthusiano.
Si
noti, tra le altre, come Vilfredo Pareto, padre nobile dell’elitismo moderno,
sviluppi riflessioni di filosofia morale per dimostrare che la filosofia morale
non sia necessaria quando si fonda epistemologicamente l’economia politica:
secondo il Nostro si può essere obiettivi come osservando i fenomeni
naturali...
« è utilissimo
il mostrare come tutta la teoria dei fenomeni economici possa essere instituita senza avere bisogno di
ricorrere al termine ed al concetto di capitale. Similmente, il concetto del
prezzo non è essenziale... [ce l’ha con Marx, bestia nera in
quanto economista, ndB]
Lo studio dei
fatti passati e presenti dimostra che la protezione è conseguita, in gran
parte, mercé l'opera di coloro che ne traggono vantaggio per appropriarsi le
cose altrui. Ma basta ciò per condannare, nel concreto, la protezione? No
davvero; occorre badare alle altre conseguenze sociali di tale ordinamento…
[...]
Lo scopo in tal caso è esclusivamente scientifico: cioè
di conoscere, di sapere, e basta. […] in questo libro non miro a persuadere
chicchessia, miro solo a
ricercare le uniformità dei fenomeni […] »
« Erra […] chi biasima l'economia politica di non tenere
conto della morale; tanto varrebbe accusare una teoria del giuoco degli
scacchi di non tenere conto dell'arte culinaria. […]
L'economia politica non ha da tenere conto della morale;
ma chi propugna un provvedimento pratico deve tener conto non solo dei
risultamenti economici, ma anche di quelli morali, religiosi, politici, ecc. [Insomma, secondo
Pareto, la teoria non sarebbe già prassi, l’etica non sta nelle Istituzioni
stesse ma solo nella morale individuale del decisore politico, ndB]
[Purtroppo,
nonostante lo sforzo “scientifico” John Stuart] Mill spesso […] predica in pro dei poveri. […]
[Comunque] le
leggi scientifiche non hanno un’esistenza oggettiva. L’imperfezione della nostra mente non ci consente di
considerare nel loro insieme i fenomeni […] [Il problema non è
“il metodo”, ma l’essere umano in se stesso, Hayek non si è inventato
nulla, ndB]
Noi
non conosciamo, non conosceremo mai, un fenomeno concreto in tutti i suoi
particolari; vi è sempre un residuo […]
leggi
fisiche e
chimiche e perfino lo matematiche patiscono eccezioni, precisamente come le leggi economiche
[…] [la
dicotomia kantiana fenomeno-noumeno viene traslata alle scienze sociali per
predirne e giustificarne la fallacia previsionale: viene esclusa la Politica ed
i suoi risvolti etico-sociali come elemento soggettivo nelle dinamiche
oggettive studiate, ndB]
Lo
stesso uomo che, per scopo di studio economico, considero come homo
oeconomicus, posso considerarlo come homo ethicus, per scopo di studio morale;
come homo religiosus, per scopo di studio religioso; ecc. […] [divisione del
lavoro e divisione delle specializzazione scientifica per poter giustificare la
dicotomia prima indicata, ovvero la negazione della coscienza morale
contestualmente all’attiva predica moralistica: schizofrenia metodologica, ndB]
Quando
dall'astratto si torna al concreto, occorre nuovamente riunire le parti che,
per scopo di studio, si erano disgiunte. […] [con la divisione dei saperi si
risolvono funzionalisticamente le contraddizioni, ndB]
L'economia politica non ha da tenere conto della morale; ma chi propugna
un provvedimento pratico deve tener conto non solo dei risultamenti economici,
ma anche di quelli morali, religiosi, politici, ecc. [… ] [la prassi e
quindi l’etica sono da imputarsi solo al decisore politico, non alla teoria su
cui il decisore si basa, ndB]
Chi propugna il
libero cambio, unicamente pei suoi effetti economici, non fa già una teoria
errata del commercio internazionale, ma fa un’applicazione errata di una teoria intrinsecamente
vera; e il suo errore sta nel trascurare altri effetti politici e
sociali, i quali formano oggetto di altre teorie […]
Disgiungere così le parti di un fenomeno, studiarle
separatamente, e poi da capo ricongiungerle, facendone la sintesi, è via che si
segue, e si può solo seguire, quando la scienza è molto progredita; al principio tutte le parti si
studiano insieme, l’analisi e la sintesi si confondono.
È
questa una fra le cagioni per cui le scienze nascono sotto forma di arte; ed è
pure una fra le cagioni per le quali le scienze, progredendo, si partiscono e si suddividono. […]
Lo
studio dell'origine dei fenomeni economici […] è certamente utile dal punto di
vista storico, ma cadrebbe in errore chi stimasse per quella via poter giungere
alla conoscenza delle relazioni tra i fenomeni che accadono nelle nostre
società.
Tale
errore riproduce quello dei filosofi antichi, quali ognora volevano risalire
all'origine delle […] cose. Essi invece dell'astronomia studiavano
cosmogonie; [la ricerca dell’origine è una ricerca di
senso: secondo l’approccio elitista questo sarebbe un errore, in quanto lo
studio non deve essere quindi “interpretativo”, “storicistico”, ma
squisitamente “descrittivo” come è prassi da metodo scientifico, che ha come
oggetto il “naturale”, l’obiettivo, ndB]
Preme
proprio niente di sapere come
si è costituita la proprietà privata, fino dai tempi preistorici, per
sapere quale ufficio economico ha quella proprietà nelle nostre società. Non
già che uno di quei fatti non sia strettamente legato all'altro, ma la catena
che li unisce è tanto lunga e si perde in regioni tanto oscure che ci è vietato ogni ragionevole
speranza di conoscerla, almeno per ora. […]
Mai non avremo [nota] la relazione tra
l'origine della proprietà privata e questa proprietà nei tempi nostri,
o in generale tra l'origine di un fenomeno economico e questo fenomeno nei
tempi nostri. […]
[Insomma,
si lasci perdere la Storia! Studiare tanta, tanta, matematica!, ndB]
Sogliono alcuni asserire che l'economia
politica non può usare gli stessi mezzi delle scienze naturali «perché è una
scienza morale».
[…] per quanto
concerne la verità di una teoria non ci può essere altro criterio se non la
concordanza di essa dottrina coi fatti, e quella concordanza non si può
conoscere che in un sol modo: onde sotto quell'aspetto è una scempiaggine il volere porre
differenza alcuna tra l'economia politica e le altre scienze. […]
le affermazioni
degli uomini si possono evidentemente distinguere in due categorie. Nella
prima […] porremo quelle affermazioni che possono verificarsi sperimentalmente; nella seconda […] quelle che non si possono verificare
sperimentalmente […]
« l’irreligione
delle classi colte, specialmente delle latine, venne ripudiata dalla grande
reazione religiosa del protestantismo; e da capo, in Francia, quando l’irreligione delle classi alte
ebbe termine colla rivoluzione del 1789; la quale, con molto senno il de Tocqueville osserva essere
stata una rivoluzione religiosa; tale religione essendo quella umanitaria e dei
giacobini. »
« l’uso della ragione affievolisce
nelle classi superiori i sentimenti religiosi e ad un tempo quei morali;
qualche volta anche quelli di amor patrio, onde appaiono i cosmopoliti;
ed in generale si può dire che perdono forza molti dei sentimenti non-razionali »
« Chi desidera che altri faccia
cosa alcuna in suo pro, ben di rado esprime schiettamente tale desiderio; egli
stima miglior consiglio di dargli forma di un concetto generale o di una
massima morale. »
« L'eterogeneità
della società ha per conseguenza che le norme di condotta, le credenze, la morale, debbono essere,
almeno in parte, diverse per le diverse parti della società, affine di
conseguire il massimo vantaggio per la società. »
« Le classi inferiori hanno
bisogno di una morale umanitaria, la quale poi vale anche a lenire le
loro sofferenze. Se le classi superiori l'accolgono solo formalmente, poco o
nessun male segue; ma invece, se la fanno sostanzialmente propria, alla società sovrastano gravissimi
guai. Per il passato, fu notato molte volte che i popoli hanno bisogna
di essere governati da una mano di ferro in un guanto di velluto. La giustizia deve essere rigida
e parere clemente. Il buon chirurgo con pietose parole conforta
l'ammalato, mentre con mano sicura, e che pietà non trattiene, ne taglia le
membra. »
« La diversità
d'indole degli uomini, congiunta all'opportunità di soddisfare in qualche modo
il sentimento che li vuole eguali, ha fatto sì che nelle democrazie si è
procurato di dare l'apparenza
del potere al popolo, e la sostanza del potere ad una parte eletta »
[cfr. “potere al papero”, cit., ndB]
Notevolissimo è il
caso di Socrate. Egli era rispettosissimo delle credenze religiose popolari,
moralissimo, ossequente alle patrie leggi sino a soffrire la morte per non
sottrarvisi: eppure, l’opera
sua fu diretta involontariamente a distruggere la religione, la morale, l’amor
patrio; e ciò perché colla sua dialettica, collo spingere gli uomini ad
indagare colla ragione le cagioni di quei sentimenti, li scalzava dalle radici.
[…] le accuse mosse a Socrate sono
false formalmente e nel particolare, sono poi vere nella sostanza e in generale.
la circostanza che più onora Socrate, e che in astratto
pare accrescere molto i meriti suoi, cioè il non avere tolto egli danari per
insegnare, è appunto quella che faceva il suo insegnamento massimamente dannoso
alla città.
Infatti i sofisti, che
grave prezzo richiedevano all’opera loro, non potevano avere che scarsi
ascoltatori, i quali erano per la massima parte dell’aristocrazia
intellettuale: onde a pochi scalzavano le credenze patrie, e anche a parte di
questi i sofisti potevano fare più bene che male, per essere tali loro
discepoli apparecchiati ad usare della ragione; invece Socrate investiva l’artigiano, l’uomo che
dalle cure giornaliere della vita materiale era posto nell’impossibilità di
seguire con frutto lunghi, sottili ed astrusi ragionamenti; ed a lui toglieva
la fede, senza potervi in nessun modo sostituirvi utili frutti della ragione. » [Insomma,
Socrate era un po’ comunista dentro…, ndB]
« I due partiti fanno a gara nel
prostrarsi umilmente ai piedi dell'uomo dell'infima plebe, e ognuno di essi
procaccia di superare l'altro nell'adulazione. Questa, persino nelle
minuzie, appare. Quando si
preparano le elezioni, i candidati non si vergognano di mandare le donne e le
figlie, loro a mendicare suffragi, e a porgere la mano e le labbra a gente
sudicia e male educata. »
« Quando uno strato ha inteso che
le classi elevate vogliono solo sfruttarlo, queste classi scendono più giù, per
trovare altri seguaci; ma è manifesto che per tale via sorgerà pure
giorno in cui non si potrà proseguire, poiché verrà meno la materia. Quando il suffragio si sarà dato
a tutti gli uomini, compresi i mentecatti e i delinquenti, quando si sarà
esteso alle donne, e, se vuolsi, anche ai bimbi, sarà pure necessario fermarsi;
nè si potrà scendere ancora, essendo impossibile, se non di dare il suffragio
agli animali, almeno di farlo da loro esprimere. »
« In Germania, il suffragio universale fu
instituito in parte per combattere la borghesia liberale; il fenomeno è
dunque simile a quello seguito in Inghilterra; e similmente pure furono promulgate molte leggi
sociali, nella speranza di togliere seguaci al partito socialista; ma
questo disegno fallì interamente, ed il popolo vide troppo bene il giuoco che a
lui si voleva fare. Ora
le classi elevate principiano a dolersi di avere il suffragio universale e
studiano le vie che potrebbero seguire per tornare indietro »
« Quando
principiò l'evoluzione democratica che si svolse nel secolo XIX e che accenna a
compiersi nel XX, parecchi pensatori videro chiaramente quale ne doveva essere
la meta; ma le loro previsioni sono dimenticate, ora appunto che stanno
compiendosi, e che finalmente l'uomo appartenente agli ultimi strati sociali
intenderà e recherà nel concreto l'osservazione logica che « se
l'espressione arbitraria della mia volontà è il principio dell'ordine legale,
il mio godimento può essere anche il principio della ripartizione della ricchezza » [Stahl,
Rechtsphilosophie, II, 2, p. 72.]
Ma
a quel termine della presente evoluzione non si fermerà la storia; e, se il futuro non sarà interamente
diverso dal passato, alla presente farà seguito altra evoluzione in senso
contrario. »
«
[…] la società non è omogenea; e
chiunque non vuole chiudere volontariamente gli occhi, deve riconoscere che gli uomini fisicamente,
moralmente, intellettualmente, differiscono assai l’uno dall’altro.
A quelle disuguaglianze proprie dell’essere umano
corrispondono disuguaglianze economiche e sociali,
le quali si osservano presso tutti i popoli, dai tempi più antichi ai moderni,
ed in qualsiasi luogo del globo, per modo che, tale carattere non mancando mai,
la società umana si può
definire una collettività con gerarchia. »
Se ti pare, è Pareto.
« Come è stato detto
prima, la scienza in
Platone non è mai meramente teorica: essa è trasformazione dell'essere,
è virtù, e ora possiamo dire che è anche affettività. Si potrebbe applicare a
Platone la formula di Whitehead: « Il
concetto è sempre rivestito di emozione». La scienza, persino la
geometria, è una
conoscenza che impegna tutta l'anima, che rimane sempre legata a Eros,
al desiderio, allo slancio, alla scelta. « La nozione di conoscenza pura, ossia di puro intendimento,
- diceva ancora Whitehead, - è del tutto estranea al pensiero di Platone.
L'era dei professori doveva ancora arrivare » Hadot, Che
cos'è la filosofia antica? Einaudi, Torino, 1995, pag. 70
…
à méditer
...
FINE
I PARTE
Pareto era un ingegnere. La forma mentis è quella.
RispondiEliminaE questo è ancora niente... il nostro economista politico, ingegnere sociologo, filosofo immorale, ecc.m riesce ad essere molto più esplicito.
EliminaNella seconda parte del lavoro.
"Consideriamo sinteticamente la fondazione delle scienze sociali nella filosofia morale; la filosofia morale può essere considerata sovrastruttura degli interessi materiali delle classi egemoni."
RispondiEliminaDa povero ingegnere, neofita delle discipline sociali, questa cosa l'ho sempre sospettata, anche con riferimento al libro sacro per eccellenza...
http://orizzonte48.blogspot.com/2017/11/la-lunga-marcia-segreta-della.html?showComment=1511266665458#c4738665761393775015
«– Noblesse oblige, – osservò il gatto e versò a Margherita un liquido trasparente in un bicchiere da vino rosso.
RispondiElimina– È vodka? – domandò Margherita, con voce fioca.
Il gatto fu così offeso che fece un balzo sulla seggiola.
– Per carità, regina, – gracchiò, – come potrei permettermi di mescere vodka a una signora? Questo è alcool puro!» Бегемот, Мастер и Маргарита (Il Maestro e Margherita)
E' uno dei miei libri preferiti. Non riesco a capire (oltre a il gatto è Bazaar e il post è alcool puro )la relazione con il post...
Nel senso che alcool puro può essere veleno opure la quintessenza della vodka.
Significa che quello che scrivono gli elitisti, i reazionari, i liberali classici, è "roba forte".
EliminaGrazie a Bazaar per questo suo insistere sulle “BASI” intese come fondamento (scientifico), le sole che ci consentono hegelianamente di non fermarci ad osservare l’albero, ma la foresta (il vero è l’intero).
RispondiEliminaD’altronde, “… l’aspetto essenziale della società è il suo carattere di totalità: noi non possiamo capirla se non la vediamo nel suo quadro totale, non possiamo isolarne gli aspetti per cercare di capirli. In ogni momento della società c’è tutta la vita sociale: ci sono i rapporti di produzione, ci sono i rapporti sociali, ci sono le ideologie. Le istituzioni, le idee, la morale, la religione, le macchine, gli strumenti, tutto fa parte di un tutto inscindibile che si lega, di cui ogni momento si spiega con gli altri…” [L. BASSO, La sociologia marxista, sviluppo in Italia e attuali problemi, in Le scienze sociali e il problema dell’intervento sociale nella realtà italiana, Roma, 1966, 85-104].
Struttura e sovrastruttura, quindi:
“… questo rapporto è fondamentale per Marx. Marx concepisce la struttura della società come l’insieme di tutto quanto attiene alle necessità della produzione, l’organizzazione economica, tecnica e sociale della produzione, ivi compresa la divisione in classi sociali che nasce sulla base dei rapporti che gli uomini stabiliscono fra loro nel processo di produzione. La sovrastruttura, viceversa, è tutto quel complesso di istituzioni e di ideologie che, sulla base di quella struttura, sulla base di quei rapporti, sulla base di quella società ordinata in quel certo modo, vengono espressi dagli uomini per spiegare a se stessi il proprio mondo e per dare ad esso un ordine e un funzionamento attraverso costruzioni religiose, filosofiche, morali, giuridiche, politiche, amministrative, ecc. Questa sovrastruttura è legata, però, alla struttura, cioè all’insieme dei rapporti sociali.
Esse sono inscindibili; non possiamo immaginare che vadano ciascuna per suo conto, non possiamo immaginare che non ci sia continuamente questo mutuo rapporto dialettico tra quello che è il nostro modo di vivere la vita economico-sociale, i rapporti con gli altri uomini, il modo come noi organizziamo nella società la produzione dei beni che ci occorrono e la riproduzione della specie ed il modo come noi concepiamo la vita dell’uomo, come la discipliniamo legislativamente, come la organizziamo moralmente e socialmente…” [L. BASSO, La sociologia marxista, cit.].
Dal punto di vista del metodo e per chiarezza, mi permetto solo di aggiungere un aspetto - che è sottinteso nel discorso di Bazaar - in merito al rapporto tra struttura e sovrastruttura. E per renderlo esplicito, parto ancora dalle parole di Lelio Basso:
“…in questo mutuo rapporto tra una struttura che è fatta di rapporti sociali e una sovrastruttura che è fatta di istituzioni e di idee, NON C’È UN RAPPORTO A SENSO UNICO, COME SUGGERISCE TALVOLTA UNA INTERPRETAZIONE CHIUSA E GRETTA DEL MARXISMO, UN RAPPORTO QUASI MECCANICO per cui una data struttura produce automaticamente una data sovrastruttura.
In realtà per Marx il rapporto è estremamente più complesso, cioè strutture e sovrastrutture costituiscono un insieme che si influenza reciprocamente. Non è concepibile una sovrastruttura che non abbia determinati rapporti con la struttura, che non ne sia in una certa misura modellata, ma reciprocamente la struttura reagisce sulla sovrastruttura. (segue)
Le leggi che noi facciamo contribuiscono a modificare anche i rapporti sociali; lo stato, che è un prodotto sovrastrutturale, interviene nei processi della produzione, interviene nella struttura. Quindi un continuo ricambio fra struttura e sovrastruttura, un continuo influire della parte intellettuale, morale dell’umanità sulla parte tecnico-economico-materiale, e reciprocamente. Questo processo, questo rapporto continuo di struttura e sovrastruttura, costituisce il processo dialettico della storia dell’umanità…
RispondiEliminaEsiste una interconnessione permanente per cui non possiamo fare un’analisi della società per fattori, per momenti isolati e poi metterli assieme. No, perché l’uno influenza l’altro, le strutture influenzano le sovrastrutture, le sovrastrutture influenzano le strutture. L’ideologia nasce da quel tipo di rapporti sociali; quel tipo di rapporti sociali si configura in quel certo modo e si presenta articolato in quel certo modo, perché c’è una certa struttura di base, una certa tecnologia, una certa divisione in classi” [L. BASSO, cit.].
E’ su questa linea, infatti, che si spiega la gramsciana valorizzazione della sovrastruttura come strumento nella lotta per l’egemonia, quella “… valorizzazione del fatto culturale, dell’attività culturale, di un fronte culturale come necessario accanto a quelli meramente economici e meramente politici” [A. GRAMSCI, Quaderni del carcere, a cura di V. Gerratana, Torino, 1975, 1224].
Le sovrastrutture sono "momenti" fondamentali della lotta di classe ed hanno per Gramsci un valore teoretico-conoscitivo: “La tesi secondo cui gli uomini acquistano coscienza dei conflitti fondamentali sul terreno delle ideologie non è di carattere psicologico o moralistico, ma ha un carattere organico gnoseologico…” [A. GRAMSCI, Quaderni del carcere, cit. 1595].
(Caro Bazaar, il mio breve "addendum" deriva dal vissuto. Un sedicente appartenente all’asinistra, e a suo modo furbo, sull’argomento mi ha sollevato un’obiezione, ovvero quella secondo cui anche noi in fondo facciamo “ideologia”, anche noi saremmo veicoli “sovrastrutturali”. Ebbene, e per chiarire meglio quanto sopra, se l’essere umano, a differenza di tutte le altre forme di vita, si caratterizza per agire in vista di uno scopo, lo scopo deve pur fare la differenza. L’attività finalizzata alla difesa della Costituzione e dei suoi principi fondamentali (al di là della obbligatorietà giuridica di detti precetti ai quali si potrebbe fare appello per chiudere la faccenda) non può essere liquidata come una “ideologia” qualunque, come un elemento sovrastrutturale tra i tanti. Per motivi ben più complessi di cui in questa sede si è già discusso, ma che è bene ribadire in sintesi, è possibile affermare che tutto il discorso sotteso alla difesa della Costituzione si identifica con le strutture ontologiche (e quindi fenomenologicamente scientifiche-veritative) sulla quale la stessa è edificata. Prima fra tutte la dignità del lavoro, fondamento indiscusso dell’uomo come essere sociale e misura dell’uguaglianza sostanziale. Contro ogni forma di oppressione. Ma capisco che in un periodo di nichilismo spinto, non può che suonare eretico parlare (e agire) secondo “verità”)
La Costituzione infatti si occupa in primis di sociotruttura, ed il significato di quella italiana in particolare è quello per il quale la coscienza etica, sociale, imprime una determinata volontà, un preciso intento per risolvere gli squilibri e le ingiustizie di carattere strutturale che opprimono la persona umana.
EliminaTi ringrazio tantissimo per le precisazioni, perché ricordare il momento dialettico tanto "orizzontale" all'interno dei piani concettuali, quanto "verticale" tra piani nella concretezza della realtà sociale, distingue chi ha capito qualcosa delle categorie marxiane, da chi Marx se lo fuma ai centri sociali.
Mi ha dato soddisfazione leggere che Basso usa il verbo "reagire", simile al "retroagire" che si usò in un primo post sull'argomento.
La scelta non è casuale in quanto la dialettica non è "simmetrica", poiché, cronologicamente, la prima azione, ovvero l'azione che imprime la forma alla struttura sociale, è quella del ceto egemone: ed il ceto egemone è tale in quanto controlla la proprietà dei mezzi di produzione e di riproduzione ed è in rapporto di forza con i ceti che non lo sono.
I ceti subordinati quindi re-agiscono prima prendendo coscienza (da ricordare alla tua cattiva frequentazione...), quindi organizzandosi politicamente, quindi sindacalizzandosi a livello economico secondo tutele legali riconosciute dopo le lotte politiche.
Questo fatto fa sì che le dinamiche sociopolitiche non siano completamente aleatorie ed inintelleggibili, ma mantengano delle regolarità storiche per cui queste siano oggetto di studio scientifico.
Tutto ciò, ad esempio, permette (epistemologicamente) all'economia di essere una scienza, producendo quella obiettività che l'Etica (e gli interessi materiali che tendenzialmente la influenzano) non ha.
Le istituzioni, in quanto costruzioni umani, poi, sono conformi al concetto con cui sono state edificate: avendo quindi una razionale intelleggibilità, queste dovranno conformarsi a leggi oggettivi, a "regolarità", anche se solo in un determinato e preciso momento storico.
(Bellissimo, affascinante e defatigante)
Senza contare il rischio di misconoscere, per distrazione o partito preso, l'alta qualità mitopoietica (mirabile in sé e giammai a priori trascurabile a fini contro-retroattivamente demiurgici) di certe elaborazioni sovrastrutturali.
Elimina"Ripensare il pensiero, senza escludere dal pensiero il pensiero scientifico. Sembra facile a farsi e quasi banale a dirsi, ma non è così. Come è possibile che nella scienza l’idea dell’automatismo del progresso si rovesci spesso così facilmente nell’idea del fatalismo della catastrofe? Come è possibile che si sia potuta sviluppare la «leggenda» del «divorzio emancipatore» fra la scienza e la filosofia, quando è ormai evidente che questo sciagurato e dissennato divorzio ha comportato una divaricazione brutale fra una concezione puramente tecnologica della scienza ed una concezione puramente letteraria della filosofia?"
RispondiElimina"Il problema sta invece in ciò, che l’autorevolezza del discorso scientifico è teoricamente l’anticamera della responsabilità, mentre praticamente lo è invece della più totale e provocatoria irresponsabilità. La grande macchina giornalistica e televisiva della divulgazione scientifica è in generale del tutto ignara di questo cruciale aspetto del problema." (C. Preve, Il convitato di pietra, Vangelista Editori, Milano, 1991, pagg. 39 e 45).
Il moralismo è l'ingiunzione disciplinante verso le vittime di questa religione nichilista, che i sacerdoti predicano nella più sprezzante, talvolta compiaciuta, indifferenza per le sofferenze da loro provocate o almeno legittimate. Lo vediamo quotidianamente.
Grazie Arturo, è il tema dei temi teorico-cognitivi: per questo forse risulta essere tanto illuminante la fenomenologia husserliana.
EliminaE più li vedi "da vicino" più "lo vedi quotidianamente" in forme pure ed intransigenti
EliminaLe èlites, manipolando la storia, sono riuscite a farci credere che l'elevato debito pubblico sia colpa degli italiani (moralismo), colpa che devono espiare con l'austerità. Sono riusciti a nasconderci che in realtà il debito pubblico è il risultato di scelte istituzionali (sovrastruttura, controllata dall'élite) volte ad imporre un modello socio-economico in cui gli squilibri del mercato ricadono sulle spalle delle classi più deboli. Le élites sanno benissimo il legame che c'è tra struttura e sovrastruttura, e sulla manipolazione di questo legame hanno costruito il loro dominio.
RispondiEliminaSul "benissimo" ci andrei cauto. Molte volte le loro reazioni hanno solo l'intuito del branco.
EliminaProprio così.
EliminaI liberali Marx lo conoscono... a differenza dei marxisti.