domenica 20 marzo 2016

PADOAN E LA SPESA PUBBLICA: I TECNICONI-ESPERTOLOGI IN FUORIGIOCO (ma la grancassa non se ne accorge)


http://www.infodata.ilsole24ore.com/wp-content/uploads/sites/82/2016/02/debit-pubblico.jpg
Come premessa guardate questo grafico e tenetelo a memoria ogni volta che un espertone ci viene a raccontare, a reti unificate, che il problema italiano è il debito pubblico.


1. Anche se la notizia è passata senza che le fosse dato un particolare risalto, - considerando che le TV a reti unificate continuano a spiegarci che il male dell'Italia è l'enorme spesa pubblica, chiamando puntualmente espertologi, sedicenti economisti, a spiegarcelo- una specie di clamoroso "contrordine" è arrivato.
Venerdì 18 marzo, tornando da Milano, mi imbatto, su vari quotidiani, in un "annuncio a sorpresa" di Padoan; "La Repubblica" gli dedica un trafiletto, ma su "Il Messaggero", (pag.13), c'è un vero e proprio articolo con tanto di commento.
Padoan, mentre starebbe per essere approvata la "flessibilità" di bilancio per il 2016, si arma di dati, che sono sempre stati disponibili, per dare "una risposta alla lettera con la quale l'Unione europea ha messo sotto osservazione l'Italia, sottolineando, tra i punti a sfavore, proprio i risultati poco brillanti della spending review".

2. Di questo argomento, in realtà abbiamo parlato, da anni, in lungo e in largo: citando Haveelmo, il moltiplicatore, l'incidenza della spesa pubblica corrente sul PIL; la causazione effettiva, per via di interessi cumulati conseguenti a divorzio e "vincolo esterno", dell'innalzamento del rapporto debito pubblico su PIL, e via dicendo.
Ma è estremamente interessante vedere le argomentazioni e i dati richiamati da Padoan a sostegno della propria risposta.
Anzitutto: "Sui tagli alla spesa l'Italia non ha fatto poco, ma tanto. Anzi troppo. Al punto che oggi potrebbe non essere più possibile effettuare nuove profonde sforbiciate al bilancio dello Stato".
I dati forniti dal Ministero dell'economia sono eloquenti: 
"tra il 2009 e il 2014, secondo le tabelle del Tesoro, l'Italia ha contenuto l'incremento della spesa primaria corrente all'1,4%, l'aumento più basso tra tutte le economie del mondoIn Germania e in Francia, nello stesso periodo, la spesa è salita del 12%, con una media nell'Unione europea del 9%.Tra il 2014 e il 2016, come evidenzia un'altra tabella, i risparmi, grazie alla revisione della spesa, sono stati di 25 miliardi di euro".



3. E si tratta di aumenti nominali, cioè che se fossero depurati dall'inflazione segnalerebbero, per l'Italia, una contrazione della spesa in termini reali. Una contrazione che ci pone in controtendenza, VIRTUOSA (secondo la logica europoide-tecno-pop), rispetto a tutta l'eurozona:

 http://www.genitoritosti.it/wp-content/uploads/2015/02/perri-realfonzo.jpg
 https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgHkRZyjXLCFWfhQXNX8KDNYiqtFS9o9-1qiDyFIJYYJfN1rP4ST5-M6f29PDGHpwAJTTwZtMRUklAEK6Sh8F5YY-ExDiuXGq7tZv_Jwp_cVpLWzAD6ExEEO69PgMJuhXHYV1AyBl0RaF2-/s1600/sp-reale.png

Ma, in modo tristemente scontato, politici ed espertologi hanno fatto riferimento alla spesa pubblica in ammontare assoluto, per dare una cifra di "millemila miliardi" di sprechi sottintesi, o, al massimo, si rifanno, i più tecniconi, al rapporto spesa su PIL: dimenticando che, proprio perchè è un rapporto, l'ammontare assoluto (che, se costante, segnala una contrazione in termini reali, cioè al netto dell'inflazione) cresce, se considerato in percentuale sul PIL, se il PIL stesso si contrae o rimane largamente stagnante, appunto com'è accaduto tra il 2009 e il 2015.

4. Ma anche i più tecniconi-espertologi dimenticano questo fatto, che implica una serie di deduzioni aritmetiche evidentemente troppo complesse, e, soprattutto, dimenticano il dato comparato della spesa pubblica primaria con gli altri paesi membri dell'UE-UEM, laddove la crescita (tranne che per la Grecia) è stata superiore a quella italiana: e proprio perchè il deficit, cioè la spesa pubblica, sono stati superiori rispetto all'Italia.
Il che, tra l'altro spiega il "miracolo spagnolo", in una realtà fiscale che non si sogna neppure, DOPO LA CRISI DEL 2007, aggiustamenti dei conti come quelli intrapresi in Italia, come attesta la enorme differenza tra saldi primari che vedete sotto riportata (eccedenza delle entrate-pressione fiscale sulla spesa primaria, al netto dell'onere degli interessi). 
Notare che la tabella sottostante, per i maggiori paesi dell'eurozona, quindi anche per la Spagna, ci riporta il solo deficit primario (cioè, tranne che per Italia e Germania, non un avanzo corrente ma un disavanzo), per cui per quantificare il deficit effettivo di bilancio bisogna assommare il rispettivo onere degli interessi sul debito pubblico
Il debito pubblico, come vedete più sotto in base alla tabella del FMI, in Spagna è praticamente triplicato dopo la crisi, e non promette nulla di buono per il futuro...nonostante le smanie di Salvati di imporre, solo agli italiani, una restituzione forzosa del debito, che distruggerebbe la nostra economia con una deindustrializzazione da bombardamento su Dresda:


http://it.actualitix.com/grafico/esp/spagna-debito-pubblico-per-cento-del-pil.png

5. Insomma, il fiscal compact, secondo la Commissione UE, è un canovaccio da applicare solo all'Italia.
O alla Grecia. 
Spedendo inevitabili "lettere, memorandum e moniti", accigliati e sussiegosi, da parte di personaggi assolutamente improbabili che, però, si aspettano di essere presi sul serio dai nostri media; e ci riescono
E va considerato che, mi piace rammentarlo, nel nostro universo mediatico, i fatti sono un optional e, come diceva Caffè, il "ricatto dell'appello allo straniero" è il metodo di governo italiano instauratori non appena è stata emanata la Costituzione del '48; per vanificarla e colpevolizzarci.
Da notare che questa classifica della spesa pubblica pro-capite si riferisce al 2013, avendo nel frattempo, ad es; la Spagna, avuto tutto il tempo per aumentare la propria spesa pro-capite in forza di altri due anni di deficit, come vedrete subito sotto, e per una media di 2 punti di PIL all'anno di variazione incrementale rispetto all'Italia. 
Ovviamente ciò non vuol dire che tale spesa sia stata "sociale", in Spagna, trattandosi di sgravi sul costo del lavoro e misure di aiuti alle imprese, cioè politiche supply side che servono per attirare "investitori esteri" (in sostanza perseguendosi il "modello Irlanda" di crescita fondata sull'aumento del debito privato...fino a nuova crisi da bolla finanziaria in qualche parte del mondo globalizzato):


http://www.infodata.ilsole24ore.com/wp-content/uploads/sites/82/2015/02/20150226-Bilanci-Eu.png


http://www.magdicristianoallam.it/public/Immagini/Senza%20titolo6.png

6. Poichè i dati che vi ho fornito, e ve ne risparmio altri, sono di fonte AMECO (cioè banca dati della Commissione UE) o FMI, questi dovrebbero essere ben noti alla stessa Commissione, quando si accinge a esternare i suoi solenni rimproveri contro l'Italia.
Allora sorge spontanea la domanda: come le scrivono le "lettere"? Sentendo prima un astrologo o basandosi sui luoghi comuni standardizzati sull'Italia, "per sentito dire" di corruzione-cricche-sprechi, che vengono inventati in Italia o ivi ridiffusi con entusiasmo dalle "classifiche" delle ONG finanziate da Soros?

Ma forse questa non è la domanda più importante. 
Il punto sono i nostri governanti che, durante questi anni, hanno compattamente alimentato l'eco mediatica del taglio della spesa pubblica per poter tagliare le tasse. E che ancora non ci rinunciano del tutto.
Il cambio di paradigma, peraltro, cioè la resistenza "improvvisa" alla spending review "selvaggia" - che, come evidenzia persino la Corte dei conti, ha portato a un tale abbassamento del livello di funzioni e servizi publici da non poter essere ulteriormente sostenibile-, pare una necessità disperata.
Il fatto è che, seguendo i desiderata dell'UEM, in primis dell'impostazione continuamente richiamata da Draghi, le riforme strutturali, cioè la svalutazione interna salariale (quella che non basta a Salvati perché ne vuole molta di più), le abbiamo intraprese.  
Con un piccolo particolare che possiamo vedere descritto qui, come immediato effetto del Jobs Act (e siamo solo agli inizi del "processo" di aggiustamento innescato):

7. Cosa vuol dire? 
Significa che la base contributiva della maggior componente del gettito fiscale dello Stato, cioè le ritenute alla fonte sul lavoro dipendente, tenderà INESORABILMENTE a ridursi; e con ciò le entrate dovrebbero diminuire. 
Se a questo effetto di medio-lungo periodo, determinato dalle riforme strutturali considerate più importanti, si aggiungesse anche un ulteriore taglio della spesa pubblica, ciò vorrebbe dire qualcosa di socialmente pauroso.
Oltre che sancire un'enorme difficoltà a far quadrare i conti e specialmente, a realizzare un avanzo primario di bilancio nella misura voluta dall'€uropa per rispettare il fiscal compact.
Di fatto, questa tendenza delle retribuzioni - non solo, si noti, cadono i compensi orari, ma anche il numero di ore lavorate, essendo in costante diffusione il part-time involontario e i famosi vouchers- porta al simultaneo scenario di una netta mancata ripresa dei consumi; o, in alternativa, alla crescita esponenziale di credito al consumo, ma di quello che diviene diffusamente sub-prime, cioè non restituibile, innnescandosi sulla "crisi bancaria" indotta dall'omonimo "Unione" in odore continuo di bail-in.

8. Infatti, in questa situazione, il trend dei "conti in ordine" dovrebbe essere quello amato da Boeri, cioè ulteriore taglio delle prestazioni pensionistiche, e accelerazione della disattivazione del servizio sanitario pubblico universale, tagliato nei trasferimenti alle Regioni in maniera costante e tanto più rilevante, in termini reali, quanto più la popolazione anziana accresce il suo peso demografico percentuale.
Per compensare le minori entrate e "avere i conti a posto" (per l'€uropa), secondo il trend del mercato del lavoro che si sta consolidando, dunque, occorrebbe intensificare la tassazione, cioè inasprire e non attenuare le aliquote sul lavoro; oppure, tagliare drasticamente la spesa pubblica in sanità, pensioni, servizi sociali e infrastrutturali sul territorio e via dicendo.
Torme di pensionati/e sotto il livello minimo di sussistenza, (e private della pensione di reversibilità, com'è ormai inevitabile), sarebbero senza prestazioni curative decenti e gratuite, mentre i disoccupati - cioè, i potenziali licenziabili senza remore, inclusi i contratti a tempo indeterminato una volta finito l'effetto degli sgravi contributivi-, e i precari e i part-time involontari, non sarebbero certo in grado di pagare i premi delle assicurazioni private sanitarie e previdenziali (a tacer d'altro).

Vi pare una situazione senza via d'uscita? Padoan, probabilmente, se ne rende conto benissimo. 
La Commissione UE, di certo dispone dei dati per comprenderlo. 
Ma nessuno pare demordere da questa tendenza: dire che bisogna rallentare e rimodulare la spending review, orientandola su sprechi e "riforme strutturali" della p.a., non cambia di molto questo futuro orwelliano in cui siamo proiettati: al massimo lo ritarda o lo attenua leggermente.
Eppure una via d'uscita molto semplice, almeno sul piano della comprensione economica, esiste...


14 commenti:

  1. "Vi pare una situazione senza via d'uscita? Padoan, probabilmente, se ne rende conto benissimo.
    La Commissione UE, di certo dispone dei dati per comprenderlo"

    E'la dottrina Junker : se nessuno protesta andiamo avanti fino alla situazione di non ritorno.

    RispondiElimina
  2. "Novantasei gemelli identici che lavorano a novantasei macchine identiche!"
    "Se potessimo bokanovskificare all'infinito, l'intero problema sarebbe risolto"
    ...questo futuro orwelliano in cui siamo proiettati.

    RispondiElimina
  3. Sono tempi di manovre politiche 'sul campo'.
    La (contro-preventiva)offensiva di Padoan viene presentata durante la conferenza “L’Italia e il governo dell’economia europea” organizzata dall’Istituto Affari Internazionali (IAI), il think tank fondato da quella brava persona di Altiero Spinelli, davanti ai nemici del governo ( Fra il pubblico, l’ex numero uno di Cassa depositi e prestiti Franco Bassanini e il senatore a vita Mario Monti, che in chiusura sfodera una delle sue proverbiali e lancinanti perifrasi: “Il ministro ha due grossi meriti. Ha contribuito al posizionamento del governo in Europa secondo una combinazione perfetta di pragmatismo nella continuità e ambizione realistica e tolto, così facendo, le ambiguità che si erano create a Bruxelles per manifestazioni verbali non corroborate da sostanza”. Citofonare Renzi.).

    ... nel frattempo, l'aspirante successore di Renzi, l'empatico Tito Boeri manda a 7 milioni di italiani, lavoratori del settore privato, le famose buste-marroni con la previsione della futura, assai magra pensione. E così ha finalmente vinto la battaglia per poter usare l’ente da lui presieduto (INPS) per un’operazione ‘consapevolezza & verità & trasparenza’, un’iniziativa epocale prima non realizzata solo “Per viltà e per paura di essere puniti nell’urna ” (tradotto dal linguaggio boeriano, usare l'INPS per ottenere quei “sommovimenti sociali” di cui parlava il suo precedessore Mastrapasqua silurato via Report quando si era rifiutato di fare la stessa operazione, che tanto gli fanno comodo nella sua corsa politica, a fronte del nulla, cioè di una stima (ovviamente) senza alcun valore certificativo, già ricavabile sul sito internet dell’Inps o rivolgendosi a un patronato... ).

    RispondiElimina
  4. Certo è che alle istituzioni dell'UE non bastano regolamenti, direttive, decisioni, raccomandazioni, pareri e atti atipici dall'identità alquanto eterogenea; e non basta loro nemmeno la stipulazione di trattati "speciali" tipo il Fiscal Compact; no, ora si mettono a "governare" pure per lettera (con obbligo di pubblicità a quanto pare, in modo da indignare maggiormente le masse - quelle sì genuinamente europee - sempre meno propense a mandare giù l'amaro farmaco prescritto da schiere di tecnici che, naturalmente, offrono tutte le garanzie di competenza, indipendenza, imparzialità e onorabilità del caso). L'impressione che danno ad un osservatore esterno è che sono alla frutta. Ovviamente noi sappiamo che poi ci sarà il dolce...

    RispondiElimina
  5. Un'ostetrica, presentando il reparto maternità di una piccola clinica, aggiunge con enfasi: «Come potete notare, abbiamo deciso di togliere un posto letto a tutte le camere, in modo che le ospiti possano soggiornare più comodamente, senza impacci».

    Bazaar, che ha iniziato a leggersi il Saggio sul principio di popolazione di Malthus, chiede, ridestatosi: «Cos'è? sono crollate le nascite?».

    L'ostetrica impallidisce: «"Crollate" è un eufemismo...».

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ma..ma, l'esercito industriale di riserva, allora, chissà come lo alimenteranno!?

      Elimina
    2. La domanda era ironica...e che quella fosse la risposta gradita da ESSI, come detto tante volte in questa sede, era scontato (considerando che la domanda era rivolta a Bazaar)

      Elimina
  6. Temo che l'esercito industriale di riserva non occorra quasi più...
    http://www.dagospia.com/rubrica-29/cronache/man-against-machine-entro-2025-robot-software-ruberanno-umani-121006.htm

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ovviamente dipende da quali beni e servizi si intendano produrre. E, in definitiva, dalla instaurazione o meno del lavoro-merce per produzioni automatizzate a basso lavoro aggiunto e costi della manodopera in competizione con quelli dei paesi in via di sviluppo.
      Come evidenzia Cesare Pozzi, è il fattore istituzionale (che è poi l'indirizzo politico €uropeo) a essere decisivo sugli effetti sociali delle nuove tecnologie
      http://orizzonte48.blogspot.it/2014/02/la-disoccupazione-tecnologica-e-la.html

      Elimina
    2. Infatti è concettualmente sbagliato mettere in relazione tecnologia ed occupazione: semplicemente la tecnologia può aggravare nei periodi di crisi economica il problema occupazionale.

      Ma questo non per un motivo "tecnico-scientifico"; semplicemente diventa un'arma politica in più - da parte di chi la controlla - per alimentare l'esercito industriale di riserva prodotto dalle crisi economiche.

      Le crisi economiche causate dal liberismo sono determinate anteriormente da crisi politiche: ovvero nel conflitto tra capitale e lavoro il secondo ha la peggio.

      La struttura sociale "liberalizzata" è il sintomo della sconfitta politica delle classi subalterne e dell'ordine democratico che le tutela.

      In un ordine democratico, "tecnologia" significa semplicemente lavorare meno, con minor fatica, e avere salari e profitti maggiori con minori esternalità negative.

      La sovrastruttura ideologica dei pinochettiani consiste proprio nel malthusianesimo: «come si risolve la povertà? Ammazzando i poveri».



      Elimina
    3. Infatti gli effetti deflattivi più rilevanti attuali si producono proprio nel settore dei servizi, cioè quelli più soggetti all'effetto di spiazzamento determinato dall'immissione di nuove tecnologie.

      In pratica, gli impiegati, vecchia figura funzionale che incarnava l'elevazione sociale rispetto alla condizione del lavoro in fabbrica, una volta divenuti la principale massa di offerta sul mercato del lavoro, vengono riproletarizzati.
      E proprio in vista dei futuri sviluppi dei rapporti di forza.

      La conseguenza è quella di lavoratori che dimorano nel privato in ambienti urbani tipo Elisyum (dalla parte dei terrestri) e possono, anzi, debbono, considerare un privilegio accedere, per lavorare, a sfere spaziali riservate alla produzione.

      Ovvio che, per il (sub)mantenimento del territorio abbandonato ai sub-proletari (abitazioni e servizi fondamentali che, privatizzati, non potranno permettersi altro che a condizioni da medioevo), ci sarà anche un mercato del lavoro dualistico (quello che piace alla Sassen). Cioè un mercato di "meticci" kalergici che siano sub-artigiani, sub-operai, sub-addetti alla pulizia o, più precisamente, addetti al compito di monatti,per le spaventose condizioni igieniche che verranno instaurate nei mega-ghetti.

      Elimina
    4. E' un po' come il discorso sul gap fra formazione e lavoro... http://www.infodata.ilsole24ore.com/2016/03/21/gap-formazione-lavoro-400mila-giovani-sono-troppo-qualificati-per-il-lavoro-che-svolgono/ .
      Fermandosi a ragionare, uno poi pensa: se la macchine non sono però in grado di costruirsi da sole, qualcuno lo farà? Se "In Italia esiste un divario importante tra formazione (scolastica o universitaria) e mondo del lavoro...e secondo i dati elaborati da Datagiovani, sono sempre più diffusi i casi di “overeducation” (titolo di studio più elevato rispetto a quello richiesto dal lavoro che si svolge) e “mismatching” (formazione non congrua al lavoro svolto)", esso sarà colpa degli "overeducated employees" oppure degli "under-skilled jobs"?

      Elimina