giovedì 8 settembre 2016

CHIANCIANO 16-18 SETTEMBRE (E I SUOI FRATELLI)


1. Questo post non avrebbe dovuto cominciare con questa immagine. Quanto piuttosto con questa, qui sotto (ben più foriera di un "raggio di sole", espressione usata dall'on.Merighi, in un frangente ben più felice ed appropriato, per la democrazia, del triste presente):

Personalmente interverrò in una tavola rotonda con Alberto Bagnai e Alfredo D'attorre, nella seconda giornata del programma (che vi riproduco):

 

2. Ma l'inserimento dell'immagine iniziale vuol richiamare, in qualche modo, il senso (quasi apotropaico) di un esorcismo, di una catarsi che il tema dell'evento pare obiettivamente richiamare.
Perché, proprio nel momento del "rabbioso tramonto", come sappiamo, possiamo aspettarci di tutto (v.p.11).
Poiché si tratta di un evento che, spero, per molti potrà rivelarsi interessante e "succoso" (ben al di là della mia modesta presenza), vorrei dare un tono all'aspettativa di liberazione (rigorosamente irrazionale, date le forze in campo), riproducendo alcuni estratti dell'ultimo Bazaar in veste di felice flamer; e ciò perché non solo le sue argomentazioni mi paiono in tema, ma risultano vieppiù meritevoli di non essere disperse nei meandri dei dibattiti che seguono i post):

a- "Come spiega Engels nell'introduzione italiana del Manifesto, il rapporto tra interessi nazionali e classi subalterne è tutt'altro che dubbio: Engels sostiene che senza Stati nazionali non ci sarebbe potuta essere una Internazionale.
Il problema politico è l'uso del nazionalismo a fini imperialistici e per neutralizzare la coscienza di classe.
Tant'è che, oggi che gli Stati nazionali sono neutralizzati, l'imperialismo ha come ostensione fenomenologica il "terrorismo".

A differenza di quel che sostiene imbarazzato Cesaratto, i grandi teorici del socialismo riconoscevano piuttosto compattamente l'importanza dell'arena nazionale per la lotta di classe, tant'è che votarono compattamente contro l'integrazione europea, parlando esplicitamente di "sovranità nazionale", con lo stupore del "capo dei rivoltosi" anti-europeisti Lelio Basso (qui, p.8), a cui premeva sottolineare che il principio guida non è di per sé il "nazionalismo sovrano" ma la democrazia sostanziale, di cui il primo è solo strumentale alla seconda.

L'intervento di Togliatti è in Costituente: "dopo" la IIGM...
(Poi c'era quella cosmopolita comunità di "figli dei fiori" dell'esperanto che ispirò la neolingua di Orwell in 1984...)."

b- "Caro Moreno, dico la verità: avrei scommesso che mi avresti capito e avresti apprezzato la critica allo pseudo-marxismo che si è definitivamente cristallizzato con la contro-rivoluzione neoliberista.
Non c'è niente di più marxiano della critica al marxismo: e tu dovresti saperlo meglio di me.

Tra l'altro, sei proprio una delle poche persone sul pezzo che ha contribuito a sedare la polemica assurda tra keynesismo e marxismo (un po' come quella se Hegel fosse stato di destra o di sinistra...)
La mia è una critica non per seppellire un'esperienza storica, ma, al contrario, per riscoprirla. Per riscoprirla nella sua essenza, per ciò che è stata.

Non perché "importante": ma perché imprescindibile a qualsiasi approccio analitico a quei fenomeni complessi che sono quelli sociali.
Per quel che mi riguarda, "anticomunista" è sinonimo di "antidemocratico".
Cito appunto Preve, perché è Preve che parla di "Gregge" e usa i medesimi toni quando parla dei teorici marxisti.
Io affermo che Preve (e Losurdo) sono - uno a livello puramente filosofico-intellettuale, l'altro, per come lo conosco, a livello storicistico-, i migliori esempi del pensiero marxiano in Italia.

Eppure - da ciò che emerge da questa perpetua ricerca e discussione - mi accorgo che anche la "pecora nera" Preve non ha finito di riportare la riflessione sulla strada "ortodossa" tracciata da Marx.
Questo perché nel suo pensiero valorizza il Marx filosofo e critico degli assetti sociali, ma non ne valuta l'aspetto oggettivamente ora più importante della filosofia marxiana: il matrimonio con l'empirismo che è a fondamento del materialismo storico [link aggiunto, ndr.]!
Marx rivoluziona il tragico empirismo anglosassone significandolo grazie all'idealismo e alla filosofia della storia.

Riportare Marx all'idealismo puro e semplice, è dimenticarsi che il genio comunista ha scritto "La miseria della filosofia".
Ha finito quel lavoro di "matrimonio" con l'empirismo inglese?
No.
Pensava di saltarci fuori in fretta, ma "il garbuglio economico" che è fondamentale per comprendere "il materialismo storico" verrà sistematizzato da Keynes e da Kalecki.
Quindi un marxiano ortodosso deve aver a che fare con la macroeconomia keynesiana.
Poi gli economisti potranno sezionare i capelli i mille parti, ma da questa grossolana riflessione bisogna passarci.

Spero che non si ripetano più questo genere di incomprensioni visto che, di fronte del macroscopico problema dell'euro e della sovranità, Sollevazione ha portato avanti la medesima critica e ha cercato di comprendere come mai fossero, al di là dell'immagine, i keynesiani a difendere i lavoratori e non gli "pseudo-marxisti", come li chiamava Lelio Basso.
È chiaro ora che "i pifferai magici" sono quelli di "usciamo dall'euro da sinistra" altrimenti ci svendono il patrimonio produttivo?
Un caro saluto.
(Lo spirito del CLN si è materializzato in Costituente riconoscendo che il vero elemento fondante della comunità sociale è il Lavoro: indipendentemente da particolarissime indagini sulla teoria del valore)
".

c "...se lo Stato-nazione è solo strumentale alla democrazia, anche il free-trade e il laissez-faire sono solo strumentali ad un determinato ordine sociale.
Tu stesso, caro Arturo, hai riportato quella citazione di Einaudi in cui i liberali temevano più i keynesiani e, in genere, «i neocomunisti di Cambridge», perché, appunto, il keynesismo veniva visto come una una prassi politica che paludava la diffusione del socialismo.

Infatti, secondo Einaudi e Röpke, i problemi economici non sono solo una questione "economicistica".

Il keynesismo fa finta che il conflitto tra classi non ci sia, però offre una soluzione di politica economica che dà per scontato il fatto che si voglia realmente massimizzare il benessere economico indistintamente di tutta la comunità....
Epistemologicamente si basa su una risposta di filosofia morale opposta a quella comunemente condivisa dalla classe dominante.
E parlo di keynesismo, non solo di Keynes".


d- [muovendo dalla distinzione, riconducibile a Basso, tra social-democrazia, sedicente keynesista, "subalterna" al capitalismo, e socialismo "autentico"
"Più che "keynesista" direi di stampo anglo-tedesco: quella da cui nasce il reddito di cittadinanza di neoliberista memoria: ovvero "le briciole sedative".
Ai tempi di Basso era il "consumismo" usato nelle Guerra Fredda.

Il socialismo "autentico" è quello in cui ogni uomo ha le medesime possibilità di esprimersi secondo le proprie capacità: e questo può essere ottenuto esclusivamente socializzando il potere politico tramite la socializzazione della capacità economica. 

Questo processo non può avvenire tramite il laissez-faire, ma tramite il controllo collettivo dell'economia per mezzo dello Stato.
Ovverosia, la libera concorrenza non porta "all'egualitarismo astratto dal liberalismo", ma all'asservimento di chi rimane escluso dal - o asservito al - processo produttivo a causa del fatto che, come qualsiasi competizione, anche quella del mercato ha i suoi vincitori.
(Vincitori che - come in qualsiasi competizione in cui ci sono mezzo i soldi - sono tali in quanto i migliori a "barare": da cui il liberalismo come via verso la tirannide)
Coloro che vincono a questa competizione a cui molto pochi hanno interesse a partecipare, hanno in premio il "monopolio" [ndr; o il suo equivalente, anche secondo Basso: l'oligopolio, apparentemente frammentato ma in posizioni co-dominanti concordabili]
.
Gli unici monopoli ammessi dal socialista - ossia dal democratico "sostanziale" - sono quelli di Stato.
I "socialdemocratici illusionisti" di cui parla Basso assomigliano molto ai socialisti liberali tedeschi ed italiani.

Infatti il keynesismo della nostra Carta non è quello né inglese, né tedesco, né rooseveltiano.
Il secondo comma del terzo articolo fa la differenza... portando il keynesismo alle sue estreme conseguenze [da cui, in connessione, la feroce insofferenza mediatico-culturale delle oligarchie nostrane verso l'art.41 della Costituzione, che vieterebbe la socializzazione dei costi determinati dai fallimenti del mercato, di cui assume la definitiva irrealizzabilità nella ipocrita forma "scolastica" della concorrenza perfetta].
Kalecki o la Luxemburg l'avrebbero sottoscritta la nostra Carta.
 

Con lode". 

17 commenti:

  1. Per i diversamente €uristi affetti da incurabile agorafobia intellettuale e da ignoranza giuridica (insomma, per tutti i “piddini” dentro):

    “… L’art. 3, secondo comma, costituisce la norma fondamentale della Costituzione. La può sovvertire tutta; essa può rovesciare tutte le norme giuridiche. Ha in comune con l’art. 49 la negazione del formalismo giuridico, è l’apertura di possibilità di interpretazione realistica del diritto; impone allo Stato di fare una serie di leggi per eliminare le disuguaglianze di fatto; se si facesse veramente questo, se si rendesse possibile a tutti i lavoratori l’effettiva partecipazione alla organizzazione politica ed economica, ci sarebbe una società socialista, non ci sarebbe più il capitalismo, lo stato di classe, non più una classe dominante e una dominata. Questo è diventato norma, LO STATO HA L’OBBLIGO DI FARE TUTTE LE LEGGI CHE SPINGONO IN QUESTA DIREZIONE, E LE LEGGI CHE VANNO CONTRO DI ESSA SONO INCOSTITUZIONALI. Questo articolo in un certo senso è la smentita di tutta la Costituzione; cioè se non si realizza l’uguaglianza di fatto, tutto il resto della Costituzione è falso (v. art. 3, v. art. 1). È UNA NORMA "EVERSIVA", è un’affermazione all’interno della Costituzione che la Costituzione è un inganno, perché afferma di garantire dei diritti che garantiti non sono e che saranno garantiti solo quando sarà realizzato l’art. 3. È quindi una norma fondamentale che nega il valore di tutte le altre e consente di dichiarare che il nostro paese non è democratico e che finché l’art. 3, secondo comma, non sarà realizzato, nulla è vero di ciò che è scritto nella Costituzione. È la base di articoli successivi: diritto allo studio, al lavoro, alla sanità, a un salario equo, ecc. Il nostro paese ha bisogno di una democrazia sostanziale…” [L. BASSO, L’esigenza di una democrazia sostanziale e la nuova Costituzione repubblicana, in Dal fascismo alla democrazia attraverso la Resistenza, Padova, Collegio universitario D. Nicola Mazza, 1975, 108-112]

    INCOSTITUZIONALI: sono le riforme del mercato del lavoro da Treu a Job Act, con buona pace della teoria dei controlimiti (che in fondo è principio neo-ordoliberista)

    Alla Camusso che chiede un piano per i giovani (http://www.liberoquotidiano.it/news/ultim-ora/11962737/lavoro-camusso-vogliamo-un-piano-straordinario-per-i-giovani.html): SVEGLIA!

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    1. Beh, sì, la teoria dei controlimiti nasce da premesse (passate qui in rassegna e in attesa dell'approfondimento che preannunziò Arturo), che paiono condurre al risultato, molto "pratico" di non applicarli mai alle fonti €uropee.

      E' quindi un'implicita affermazione della prevalenza ordoliberista, in particolare presupponendo, come da un certo punto ha affermato la Corte, che l'assetto dei rapporti economici non influisca su quello dei rapporti civili e, più ancora, su quello dei rapporti sociali!

      In pratica la frontale negazione del modo in cui Basso, - ma anche Caffè e Calamandrei citati nel post precedente- aveva inteso l'art.3, comma 2, (essendone l'autore) e la stessa "democrazia sostanziale".

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  2. Ci sarebbe un altro aspetto sul "marxismo tardonovecentesco" piuttosto inquietante, a partire da quello che "si fa bello" producendo raffinatissime analisi sulle sovrastrutture come quello della Scuola di Francoforte.

    Analisi molto chic... su qualcosa di politicamente inutile se non accompagnato simultaneamente da analisi economicistico-strutturali.

    Un fenomenologo come per certi versi anche Marx è stato - « ogni scienza sarebbe superflua se l'essenza delle cose e la loro forma fenomenica direttamente coincidessero » - non poteva che, molto poco "marxisticamente", mettersi in discussione di fronte alla crisi del '73.

    Non bastava leggere quello che aveva già scritto...

    (E, come già notato in altre occasioni, tra gli anni '60 e '70 dell'800, è successo un terremoto... proprio in coincidenza con l'apparente liberazione di schiavi e servi della gleba)

    « [...] nei momenti come questi i mediocri pensano esattamente il contrario dei grandi condottieri. Credono di rimediare il danno diminuendo le forze in campo, frazionandole, cercando un compromesso con le necessità reali; viceversa Temistocle, allorché Atene corse il rischio di essere distrutta, spinse gli Ateniesi ad abbandonarla e a fondare sul mare, su un elemento nuovo, una nuova Atene »

    :-)

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    1. Il tuo intervento mi rammenta una cosa che è di primaria importanza (come, per Kalecky, la "vera" posta in gioco nell'opposizione al modello dello Stato sociale interventista): il diritto non è, sempre e comunque, liquidabile come "sovrastruttura".

      Non, almeno, quando esso si esprime in una Costituzione rigida che implica la non revisionabilità dei suoi principi fondamentalisssimi.

      In questa accezione, la norma sull'eguaglianza sostanziale con l'obbligo di "attivazione" dello Stato verso la socializzazione del potere politico-economico, dovendo avere applicazione - conformatrice dei "rapporti di forza"-, almeno fino all'instaurazione de facto di una regola incompatibile (ed eversiva: Calamandrei dice "La Costituzione sarebbe distrutta"), è STRUTTURALE quanto i rapporti di produzione e il conflitto distributivo che ne consegue (materia di cui appunto si occupa).

      Tanto è da precisare a economisti e a pensatori di estrazione marxista cui pare sfuggire la distinzione tra una legge, frutto di un processo politico COLLOCATO a monte (legge quindi espressione di sovrastruttura) e una NORMA SULLA NORMAZIONE che predetermina il processo politico (e la legislazione "a valle") in modo così decisivo.

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    2. Certo, a patto - come ricordava Calamandrei nel celebre discorso del '55 - che fosse diffusa la coscienza del contenuto sostanziale della fonte di tutti, appunto, i rapporti...

      L'istituzione che è sia parte della struttura che della sovrastruttura per definizione è anche un simbolo della sovranità.

      La moneta.


      (Che probabilmente in costituente avrebbe meritato maggior attenzione... magari raccogliendo le obiezione di Togliatti ad Einaudi)

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    3. La norma sulla normazione che vincola alla eguaglianza sostanziale è fonte stessa delle istituzioni (che sono regola organizzativa della società): non è mera fonte di "legittimazione" delle istituzioni, tipizzate in precedenza dall'assetto sociale, cioè dalla struttura pregiuridica.

      Quindi, il fenomeno normativo, in tale (unica) ipotesi, trascende la sua stessa ordinaria funzione di "dare regola stabile" all'assetto comunque precostituito, e dà una regola che determina l'assetto delle istituzioni e delle regole che esse possono produrre.

      Spunti in tal senso li diede Crisafulli...

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    4. Mi pare assolutamente coerente con ciò che è stato uno dei perni portanti della tua divulgazione: ovvero che la costituzione "rigida" nasce come risposta ai problemi strutturali causati dal libero mercato.

      (E in questo il buon Amedeo Bordiga ci aveva preso: "l'antifascismo è il peggior prodotto del fascismo".

      Noi possiamo aggiungere che la retorica antifascista ha paludato l'antiliberismo strutturale della nostra Carta)

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    5. Infatti: la nostra non è una Costituzione-bilancio ma una Costituzione programma.

      “In questo senso «programmatiche» si dicono quelle norme giuridiche con cui il legislatore, invece di regolare immediatamente un certo oggetto, prestabilisce a se stesso un programma di azione, in ordine all’oggetto stesso, vincolandosi a non discostarsene senza un giustificato motivo. Con riferimento a quelle poste non in una legge qualsiasi, ma in una Costituzione di tipo rigido, quale la nostra vigente, può e deve farsi un passo ulteriore, definendo «programmatiche» quelle norme costituzionali con cui un programma di azione è assunto dallo Stato ed assegnato ai suoi organi, legislativi, di indirizzo politico ed amministrativi, precisamente come un programma che ad essi incombe l’obbligo di realizzare nei modi e nelle forme delle rispettive attivitià. Insomma, un programma politico assunto nell’ordinamento giuridico e tradotto in termini di norme costituzionali, ossia dotate di efficacia prevalente rispetto a quella delle ordinarie norme legislative: sottratto, quindi, alle mutevoli oscillazioni e alla varietà di criteri dei programmi e indirizzi di partito e di governo, ed anzi obbligatoriamente prefissato dalla Costituzione a fondamento e limite di questi.” (V. Crisafulli, La Costituzione e le sue disposizioni di principio, Giuffè, Milano, 1952, pagg. 103 e 104).

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    6. Sapevo che lo avresti ri-trovato :-)

      Non ho utilizzato la categoria delle norme programmatiche perché, rispetto alla costruzione "bassiana" della norma sulla eguaglianza sostanziale, rischiava di risultare di "appiattimento" della (super)gerarchia che Basso assume, fenomenologicamente, in termini di potenziale travolgimento -o validazione- di OGNI altra norma costituzionale che se ne discostasse (nell'applicazione politica).

      Insomma, tale categoria, del "programmatico" (che infatti Basso considera responsabile di una delle forme di sabotaggio della Costituzione), pur assunta a valido concetto descrittivo, potrebbe risultare fuorviante rispetto alla dimostrazione qui in rilievo: cioè che la grund-norm realizzativa del keynesismo, - portato alle sue estreme conseguenze, come aveva acutamente sintetizzato Bazaar-, non possa correttamente dirsi appartenere alla sovrastruttura.

      In tal senso, per quanto ricordi, stiamo tentando un'operazione di sistematizzazione delle fonti secondo uno schema sostanziale bassiano ma ricorrendo, selettivamente, allo sviluppo di Crisafulli...

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    7. Intendevo "per quanto ricordi "inedita" (grazie ad una maggior elaborazione dell'economia e dei suoi sviluppi politici e teorici, successivi alla stessa Costituzione).

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    8. Ma è questo il punto dirimente: è vero che i liberali erano "quattro noci in un sacco", ma avevano alle spalle quello che sarebbe subito diventato il partito con più influenza a livello strutturale: il "quarto".

      Il secondo comma del terzo articolo è potuto passare fondamentalmente perché i liberali - e coloro che rappresentavano - poterono controllare da subito la banca centrale.

      E cosa sono storicamente i banchieri centrali se non i gate keepers dell'oligarchia cosmopolita?

      Alla sovranità scritta nella Costituzione veniva opposta, in modo subdolo, la reale sovranità della moneta.

      Questo avveniva in un contesto di sistema monetario internazionale asimmetrico, e in un contesto particolare come quello italiano in cui le istituzioni non nascevano con l'intento di cristallizzare i rapporti di forza considerata l'evoluzione dei modi di produzione, ma, dato il terzo articolo, con l'intento di cristallizzare la prassi di modificare la struttura dei rapporti di produzione in funzione dell'evolversi dei suoi modi.

      Non è assolutamente un caso che il tentativo di scardinare la carta si sia manifestato con il combinato di due tipi di istituzioni: i trattati commerciali che permettevano la libera fuga dei capitali, e l'istituzione monetaria.

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    9. E questo dimostra la grandezza di Carl Schmitt (so che farai la connessione senza ulteriori elaborazioni)

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    10. Mi permetto di aggiungere che il Basso giurista, ovviamente in simbiosi con Crisafulli citato dall’ottimo Arturo, in tal senso sottolineava che “… l’aspetto dinamico dell’assetto politico-sociale previsto dalla Costituzione” che “… ha preso il posto dell’immobilismo giuridico codificato nelle vecchie costituzioni liberali. La Costituzione non deve soltanto conservare e garantire un ordine in cui si muovano liberamente gli interessi privati, ma deve fornire allo Stato gli strumenti e gli scopi per muoversi in una determinata direzione, che, nel caso specifico della nostra Costituzione, è una profonda trasformazione della struttura del nostro paese. Assegnando alla Repubblica, cioè allo Stato-apparato, strumento esecutore della volontà sovrana del popolo, il compito di rimuovere i denunciati ostacoli di natura economica e sociale, IL COSTITUENTE HA PRONUNCIATO UNA CONDANNA DEL PRESENTE E INDICATO CON CHIAREZZA I DOVERI PER L’AVVENIRE … Sta in questo forse l’aspetto più originale della nostra Costituzione. “L’elemento di originalità che si è notato le è invece conferito da UN SUO PIÙ PRECISO FINALISMO, da una più chiara consapevolezza della situazione di transizione alla quale la sua regolamentazione si riferisce, del difetto che in essa si verifica dei presupposti necessari al pieno attuarsi del regime di democrazia al quale si voleva dar vita, della necessità di imprimere all’azione dello Stato che sorgeva una funzione di mediazione dinamica tra le forze sociali in contrasto, diretta a realizzare un diverso equilibrio intorno al sistema di fini che si ponevano a base dell’ordine nuovo. “Si è efficacemente interpretato siffatto orientamento costituzionale, questa presa di posizione nei confronti dell’ordine sociale in atto e della sua insuscettibilità di soddisfare l’esigenza postulata, di far concretamente valere per tutti gli uomini, quale che sia la loro condizione sociale, i valori connessi alla persona, la dignità che è ad essa propria, quando si è detto che la nostra Costituzione NON AFFERMA SOLO (come accade per quelle che pongono un ordine nuovo), LA SUA POSIZIONE DI ANTITESI RISPETTO AL REGIME TOTALITARIO che l’aveva preceduta, MA POLEMIZZA CONTRO IL PRESENTE, CONTRO IL SISTEMA DEI RAPPORTI ESISTENTE, CHE ESSA NON PUÒ ELIMINARE, MA CONSIDERA TUTTAVIA INCOMPATIBILE CON LA META DA RAGGIUNGERE… (in nota Mortati, Ispirazione democratica, 407-408)”.

      E richiamando ancora Crisafulli, Basso continua “… La nostra è quindi una COSTITUZIONE DINAMICA, una Costituzione cioè che, come dice Crisafulli, contiene in sé “LA PROSPETTIVA E IL SENSO DI UN MOVIMENTO DELLO SVILUPPO DELLA SOCIETÀ STATALE IN CERTE DIREZIONI SCHEMATICAMENTE PREVISTE DALLA COSTITUZIONE” e “pertanto complessivamente considerata, CI DÀ NON SOLTANTO LA FIGURA ESSENZIALE DI UN MODO DI ESSERE ATTUALE (previsto e disciplinato come attuale) dell’ordinamento considerato, MA ANCHE ED INSIEME LA FIGURA ESSENZIALE DI UN MODO DI ESSERE FUTURO DELL’ORDINAMENTO MEDESIMO previsto, cioè, e disciplinato come possibile ed anzi come necessario ossia come giuridicamente doveroso” (in nota Crisafulli, La costituzione e le sue disposizioni di principio, 1952, 36)”. [L. BASSO, Il Principe senza scettro, Feltrinelli, Milano, 1958, 193-194].

      E infine Basso aggiunge un particolare fondamentale ai fini che ci interessa, ovvero sul fatto che la categoria del “programmatico” non appartenga alla sovrastruttura “… Questo comando costituzionale verso un ordinamento futuro, la cui progressiva realizzazione è giuridicamente doverosa fin da oggi, ha un’importanza essenziale nell’ordinamento italiano, PERCHÉ DÀ FORZA E VIGORE AL PRINCIPIO DELLA IRREVERSIBILITÀ DEL PROCESSO DEMOCRATICO. Che cosa significa irreversibilità del processo democratico? Significa che nel sistema della nostra Costituzione non è ammesso un ritorno indietro dalle conquiste democratiche realizzate…” [L. BASSO, Il Principe senza scettro, cit. 195].

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    11. "il diritto non è, sempre e comunque, liquidabile come "sovrastruttura".
      Non, almeno, quando esso si esprime in una Costituzione rigida che implica la non revisionabilità dei suoi principi fondamentalisssimi"
      Un'osservazione bellissima e brillantissima.

      OT: senz'altro per mia incapacità non sono riuscita a trovare nel blog un link, o una pagina con il testo di cui parliamo in continuazione: la Costituzione. Ovviamente 48 e altri commentatori la sanno a memoria, altri l'avranno studiata ma non necessariamente ricordano con esattezza la formulazione dei singoli articoli, qualcun altro ne ricorderà a grandi linee gli aspetti essenziali, ma per molti potrebbe non essere così. Un segnalibro al singolo articolo ogni volta che viene menzionato, una pagina facilmente individuabile e raggiungibile dall'homepage dedicata a questo testo, o almeno alle parti di cui più spesso si discute, potrebbero magari essere utili ai meno scaltriti. Poi se sono io che non son capace di vederla, mea culpa...
      Chiudo, per oggi ho parlato troppo.

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  3. Tra l'altro, Basso che era sicuramente un "marxista" in quanto proprio cultore di Marx come autore, oltre che ad essere un ortodosso nell'analisi sociopolitica, non amava essere appellato in questo modo per non farsi accostare all'omodossia del gregge.

    Bene, per capire quanto ritenesse poco marxiano l'atteggiamento del gregge, porta come esempio l'introduzione al Manifesto di Engels, in cui - già angosciato come Marx dalle rispettive groupies belanti, allertava che gran parte del pensiero politico contenuto nel Manifesto fosse "obsoleto".

    « Se una cosa è certa, è che io non sono marxista »

    K.M.

    Per capire chi il vecchio K.M. ritenesse "vagamente anticomunista"...

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    1. “Ortodossia significa non pensare, non aver bisogno di pensare. L’ortodossia è non-conoscenza”.
      GEORGE ORWELL. 1984

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    2. « È quello un tristissimo e beffardo funerale. Gli avvoltoi del mare sono tutti in lutto riguardoso, e i pescicani dell'aria tutti impeccabilmente in nero o in chiazzato. Pochi tra loro in vita avrebbero, immagino, dato un aiuto alla balena, se questa per caso ne avesse avuto bisogno; ma al banchetto funerario, tutti accorrono religiosamente. Oh spaventoso vulturismo del mondo, da cui nemmeno la più immane balena va salva.
      Né finisce così. Profanato com'è il corpo, uno spettro vendicatore sopravvive e vi si libra sopra a incutere paura. Avvistato da una qualche timida nave da guerra o equivocato da una nave di scoperta, lontano, quando la distanza che offusca gli stormi di uccelli lascia tuttavia intravedere l'ammasso bianco che galleggia al sole e la schiuma bianca che vi ribolle intorno: immediatamente l'innocuo cadavere viene segnato con mano tremante nel giornale: secche, scogli e frangenti da queste parti: attenzione! E per anni, in seguito, forse, i bastimenti eviteranno quel luogo; saltandolo, come le pecore sciocche che saltano su un nulla perché una prima volta, quando qualcuno teneva là una bacchetta, la loro guida ha saltato. Ecco la legge dei precedenti, ecco l'utilità delle tradizioni, ecco la storia dell'ostinato sopravvivere di antiche credenze, non mai fondate sulla terra e ora nemmeno librate nell'aria! Ecco l'ortodossia! » [H. Melville, Moby Dick, nella traduzione di Cesare Pavese, cap. LXIX]

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