http://goofynomics.blogspot.it/2016/10/global-currency-misalignments-il-terzo.html
Sfrutto l'occasione del mio ruolo di "discussant" al Goofy-5 per ritrovare un post, di questo blog, specificamente anticipatore dei temi dibattuti ieri, ma anche oggi.
E questo, in attesa che maturi il momento in cui si potrà commentare seriamente il fenomeno "Trump", cioè almeno su basi più attendibili delle dichiarazioni dal medesimo rilasciate, su vari temi caldi (bancari) e apparentemente contraddittori (sanitari), in questi giorni di eccessiva euforia.
La fonte che vi riproduco è del luglio 2013 ed è anzitutto interessante per due motivi: perché già allora si evidenziava l'impossibilità di far realisticamente progredire la "costruzione €uropea" finché permanga la "contabilità nazionale"; e perché si parla in termini di positiva eccezione riguardo a Lazslo Andor.
Con un "forse" (come leggerete) che il dibattito di ieri ha confermato, quando egli ci ha detto che "dobbiamo rispettare le regole" se non vogliamo tornare alla "Unhealhty situation" anteriore all'euro (!!!) e se vogliamo che la Germania ci faccia "un assegno in bianco"...assolutamente MAI richiestole.
Ma è interessante anche per la connessione del tema (parlandosi di Germania Dominatrix e di...Minsky), anche a Draghi e al modus operandi della banca centrale, non solo sovranazionale (e quindi accentratrice della parte più importante della sovranità democratica, come ieri diceva Gianni Bulgari in una piacevole discussione a cena), ma anche "indipendente".
In soldoni, indipendente lo è fino a che il principale stakeholder della sua azione (imparziale?) non sia posto in pericolo dal "paradigma" che promuove questa stessa indipendenza. Cioè fino a che il "costo sociale della crisi" non si rifletta in un pericolo di instabilità finanziaria che metta in serio pericolo il sistema bancario "di riferimento", nel caso quello €uropeo (com'era scontato, per degli "apprendisti stregoni" nostalgici dell'economia pre-crisi del '29). E questo problemino, l'Unione bancaria non solo non pare in grado di risolverlo, ma, in fin dei conti, lo aggrava.
Al post "ritrovato" ho aggiunto degli "adde" di opportuno raccordo chiarificatore (e una numerazione dei paragrafi).
Preciso che non ho nessun intento di proseguire una polemica che non era mia intenzione sollevare. Comprendo il punto di vista di Andor: ma mi limito a constatare come non avrei potuto dire cose diverse da quelle già dette (oltre) tre anni fa.
Anche perché, durante questo stesso periodo, le cose sono progredite dandomi sempre più ragione, - anche sulla scontata "paralisi autoriformatrice" dell'eurozona-, ed aggiungendosi nuovi dati a quella "diagnosi": il subentrare di una (scontata) deflazione, lo strutturarsi della (voluta) alta disoccupazione e l'inefficacia del QE a risolvere realmente questi problemi strutturali, nel quadro delle irrinunciabili regole €uropee (ordoliberiste) e delle riforme strutturali che continuano a essere indicate come soluzion€ unica.
Tanto da indurre, in Italia, e principalmente in Italia, una riforma costituzionale che essenzialmente serve ad accelerarne l'implementazione. Per esplicita ammissione dei suoi proponenti (passata curiosamente in secondo piano nel dibattito, che certamente solleva tanti problemi che il referendum non può risolvere. E questo periodo dell'introduzione è dedicato a Massimo D'Antoni...
Notazioni finali: il post riproposto è privo di enfasi in "neretto". Forse un unicum in questo blog.
Ho deciso di lasciarlo così per un "omaggio" ad Alberto.
E poi: in inglese "liberalismo" si traduce come liberalism ("liberal", invece, sta per "progressista"...rigorosamente "cosmetico", cioè che non impegna a sopportare nessun costo per la propria "nobiltà" d'animo).
Mentre "liberismo" di traduce come free-competition e, in chiave "ordine sovranazionale dei mercati", come free-trade.
Mentre "liberismo" di traduce come free-competition e, in chiave "ordine sovranazionale dei mercati", come free-trade.
E quel "free"- che sembra per tutti ma è invece per pochi- è il tratto logico-sostanziale unificante dei due concetti.
1. Perchè una moneta unica, cioè comune a più Stati caratterizzati da
distinta sovranità per soggettività giuridica di diritto internazionale,
possa condurre a una "economia" comune (come fenomeno politico-sociale "senza confini", non dovrebbero più aversi
distinte bilance dei pagamenti.
Cioè un current account balance ancora
calcolato nella sua effettiva rilevanza economica, registrabile, in tutti
i suoi riflessi, proprio rispetto a una popolazione vivente sul territorio giuridicamente appartenente ad un singolo Stato: rispetto a questo, in assenza del superamento di questa dimensione statale, continueranno ad "contare", eppure molto, andamento dei tassi di cambio reale, posizione
debitoria su un "estero" che continua a includere i paesi aderenti alla
stessa moneta unica, livelli di rendimento nella collocazione del
rispettivo debito sovrano, differenti afflussi di liquidità da un paese
all'altro e potere di emissione monetaria che tenga (o NON tenga) conto delle esigenze che derivano
da questo (ben preventivabile) fenomeno di "divergences" (adde; come le ha chiamate ieri lo stesso Andor).
2. Questa precisazione, dopo qualche anno di dibattito innescato dalla c.d. euro-crisi, o crisi dei debiti sovrani europei, parrebbe quasi un'ovvietà.
Ma il problema di fondo rimane.
L'irrilevanza economica della rispettiva bilancia dei pagamenti scaturirebbe dalla previsione, come meccanismo indispensabile e strutturato all'interno del trattato (di diritto internazionale) istitutivo della moneta comune, di trasferimenti automatici (adde: di tale automatismo, infatti, Andor ha correttamente parlato) fatti, ai paesi con maggior squilibrio monetario e commerciale, dai partner in "attivo" della stessa area valutaria.
Il che, com'è altrettanto noto, potrebbe essere gestito solo da un governo federale, cioè espressione di una unificazione che, arrivando al livello fiscale, cioè di bilancio pubblico altrettanto comune ai vari Stati, segnerebbe anche un'unificazione politica e, in definitiva, una nuova soggettività (più che meramente cumulativa) di diritto internazionale.
3. Il che poi coincide(rebbe) con la nascita dell'Europa. Quella effettiva, non quella prefigurata dai banchieri come programmatica "shock economy" che costringesse a "ulteriori passi", essenzialmente a colpi di deflazione salariale. Seguendo pedissequamente la ricetta di Von Hayek.
3.1. Ebbene, se c'è una cosa chiara in questi frangenti storici europei, è che ciò non può essere realizzato.
Per il semplice fatto che il paese con la posizione estera attiva più importante - e commercialmente dominatore dell'area- non ha convenienza a farlo e utilizza una posizione politica di preminenza ormai sempre più forte, per impedire questa (molto teorica) soluzione: la Germania controlla "l'agenda" dell'eurozona e decide a suo piacimento i temi che possono o non possono essere presi in esame e in che termini. Con la sollecita e supina accettazione da parte delle istituzioni europee (forse con l'eccezione del commissario agli affari sociali Lazslo Andor).
4. Ma ci soccorre Draghi, che, formalmente addolorato del costo sociale della crisi, finisce poi, con una più realistica e sintomatica "eruzione" di verità, per considerare la recessione come un rischio prioritario, (soltanto...) per un peculiare suo effetto: cioè, "soltanto" una volta che metta in pericolo l'amato sistema bancario (che ha imposto questa situazione e questa politica, di deleverage tutorio delle sue stesse posizioni creditizie):
2. Questa precisazione, dopo qualche anno di dibattito innescato dalla c.d. euro-crisi, o crisi dei debiti sovrani europei, parrebbe quasi un'ovvietà.
Ma il problema di fondo rimane.
L'irrilevanza economica della rispettiva bilancia dei pagamenti scaturirebbe dalla previsione, come meccanismo indispensabile e strutturato all'interno del trattato (di diritto internazionale) istitutivo della moneta comune, di trasferimenti automatici (adde: di tale automatismo, infatti, Andor ha correttamente parlato) fatti, ai paesi con maggior squilibrio monetario e commerciale, dai partner in "attivo" della stessa area valutaria.
Il che, com'è altrettanto noto, potrebbe essere gestito solo da un governo federale, cioè espressione di una unificazione che, arrivando al livello fiscale, cioè di bilancio pubblico altrettanto comune ai vari Stati, segnerebbe anche un'unificazione politica e, in definitiva, una nuova soggettività (più che meramente cumulativa) di diritto internazionale.
3. Il che poi coincide(rebbe) con la nascita dell'Europa. Quella effettiva, non quella prefigurata dai banchieri come programmatica "shock economy" che costringesse a "ulteriori passi", essenzialmente a colpi di deflazione salariale. Seguendo pedissequamente la ricetta di Von Hayek.
3.1. Ebbene, se c'è una cosa chiara in questi frangenti storici europei, è che ciò non può essere realizzato.
Per il semplice fatto che il paese con la posizione estera attiva più importante - e commercialmente dominatore dell'area- non ha convenienza a farlo e utilizza una posizione politica di preminenza ormai sempre più forte, per impedire questa (molto teorica) soluzione: la Germania controlla "l'agenda" dell'eurozona e decide a suo piacimento i temi che possono o non possono essere presi in esame e in che termini. Con la sollecita e supina accettazione da parte delle istituzioni europee (forse con l'eccezione del commissario agli affari sociali Lazslo Andor).
4. Ma ci soccorre Draghi, che, formalmente addolorato del costo sociale della crisi, finisce poi, con una più realistica e sintomatica "eruzione" di verità, per considerare la recessione come un rischio prioritario, (soltanto...) per un peculiare suo effetto: cioè, "soltanto" una volta che metta in pericolo l'amato sistema bancario (che ha imposto questa situazione e questa politica, di deleverage tutorio delle sue stesse posizioni creditizie):
"The head of the European Central Bank says the region's persistent recession is weakening its banking system and is the most pressing risk it currently faces".
Questa potrebbe essere la paradossale "via di salvazione mediante le opere" in vista della fine dell'euro, cioè la ragione sostanziale della presa d'atto della sua insostenibilità.
4.1. Intanto i francesi continuano lo shopping in Italia, col caso Loro Piana. Pur versando in condizioni di offerta, e di difficoltà di cambio, forse peggiori delle nostre, hanno il vantaggio di non soffrire, misteriosamente, dello stesso "credit crunch".
Il mistero (buffo) è svelato comprendendo la vistosa "eccezione" politica che i tedeschi, per ora, ancora concedono ai transalpini: basti rammentare i fiumi di liquidità, ben oltre il controllo della BCE, che in Francia vengono creati con il sistema Euroclear-STEP, tutto controllato da Banque de France, senza molta interferenza della BCE.
Ma non basterà per salvare l'euro dal rischio bancario creato dalla recessione, sventatamente provocata dalle politiche fiscali imposte di chi adesso ne paventa gli effetti. Però basterà per creare la colonizzazione industriale di quel che resta dell'Italia.
Aveva ragione Minsky: l'intermediazione finanziaria e la sua logica speculativa di breve periodo alterano la stessa funzionalità dell'industria e le sue prospettive di investimento basato sulla capitalizzazione di profitti che non possono razionalmente realizzarsi senza una domanda che non sia repressa dai decrescenti livelli salariali reali (adde: una domanda repressa, come ha detto ieri Cesare Pozzi, dalla riduzione dei salari "a livello di sussistenza).
4.1. Intanto i francesi continuano lo shopping in Italia, col caso Loro Piana. Pur versando in condizioni di offerta, e di difficoltà di cambio, forse peggiori delle nostre, hanno il vantaggio di non soffrire, misteriosamente, dello stesso "credit crunch".
Il mistero (buffo) è svelato comprendendo la vistosa "eccezione" politica che i tedeschi, per ora, ancora concedono ai transalpini: basti rammentare i fiumi di liquidità, ben oltre il controllo della BCE, che in Francia vengono creati con il sistema Euroclear-STEP, tutto controllato da Banque de France, senza molta interferenza della BCE.
Ma non basterà per salvare l'euro dal rischio bancario creato dalla recessione, sventatamente provocata dalle politiche fiscali imposte di chi adesso ne paventa gli effetti. Però basterà per creare la colonizzazione industriale di quel che resta dell'Italia.
Aveva ragione Minsky: l'intermediazione finanziaria e la sua logica speculativa di breve periodo alterano la stessa funzionalità dell'industria e le sue prospettive di investimento basato sulla capitalizzazione di profitti che non possono razionalmente realizzarsi senza una domanda che non sia repressa dai decrescenti livelli salariali reali (adde: una domanda repressa, come ha detto ieri Cesare Pozzi, dalla riduzione dei salari "a livello di sussistenza).
La teoria di Von Hayek
per cui la recessione è in realtà una cura per eliminare le distorsioni
che si sono accumulate durante il boom, onde le risorse sprecate in usi
improduttivi finiscono invariabilmente per essere liberate e trasferite
in settori in cui esiste una domanda reale e sostenibile, ignora la
realtà bancario-finanziaria del capitalismo, una volta liberato
dell'odiato controllo dello Stato-arbitro.
E di questo "principio di realtà" persino Draghi deve iniziare a rendere conto.
E di questo "principio di realtà" persino Draghi deve iniziare a rendere conto.
Andor? :-)
RispondiEliminaLa prima volta che ho assistito ad uno scolaretto esporre di fronte a seicento docenti.
That's it, that's all.
Passiamo oltre: appunterei solo che liberal viene inteso come "progressista": nel senso di (giovanilismo sessantottino) anti-autoritario da contrapporre al (saggio e paterno) conservatorismo gerarchico e autoritario.
Per quel che mi riguarda è un aggettivo parte di un frame complementare a quelli del liberalismo sia classico (Locke, Smith, ecc.) sia a quello neo-medioevale (cattolico, austriaco, ecc.) anche se è stato storicamente il terreno "in discesa" per la nascita del liberalismo sociale anglosassone (da JS Mill a JM Keynes e W.Beveridge, includendo analogamente autore americani come Galbraith o Rawls) che porterà ad una vera dialettica all'interno del pensiero unico liberale.
Liberali sociali da non confondere con i socialisti liberali (i piddini che vanno da Spinelli a Pannella, dai "sepolcri imbiancati con nomi esotici" (cit.) a Corey Robin): i primi sono liberisti che avviano un percorso verso una coscienza democratica e socialista, i secondi sono "socialisti" (de me nona) che promuovono il liberismo cosmopolita dei banchieri (spesso senza sapere dicheccazzoparlano).
Per conoscere qualche autore negli States che sappia cosa siano la democrazia e il socialismo bisogna appoggiarsi a filologi del calibro di Arturo...
Io sto dalla parte di quel catto-nazista di Carl Schmitt: quando qualche imbecille lo intervistava e gli chiedeva se era "liberale", il giurista rispondeva: « mia moglie è liberale ».
Il concetto "progressivo" di liberal è da intendersi sempre e comunque nell'ambito del pensiero liberale, ovverosia individualistico: è un concetto che attiena alla sfera del privato.
Ossia, anche nella sua accezione "progressiva", è un aggettivo per definizione impolitico, che riguarda la virtuosità personale.
Essere "liberal" è una virtù.
Generalmente una virtù di chi può permettersela.
La moglie di Schmitt sarà sicuramente stata una santa donna... molto generosa e ospitale...
(Farei notare che esiste anche l'aggettivo "democratico" usato comunemente nell'ambito del privato e della virtuosità di organizzazione *private* o nel descrivere un leader con attitudini non autoritarie: ecco trovata la genesi della macro-cazzata cognitiva: democratico = liberale)
(Il pubblico è il Politico: quando il pubblico diventa privato nasce il totalitarismo.
Per questo le varie figliazioni della MPS sono state finanziate con badilate di dollari per far credere che il nazifascismo fosse il prodotto della follia di un gruppo di violenti e autoritari populisti, ovvero che grazie alla debolezza mentale del popolo bue han fatto un casino senza pari per il semplice fatto che esistessa lo Stato. Peccato però che i primi Lager sono stati inventati dai liberali inglesi...)
Nella Storia il liberalismo ha quello « stile generale di un sistema totalitario che estirpa ciò che non può utilizzare e cerca di utilizzare ciò che non può estirpare », C. Schmitt (in rif. alla sua posizione di intellettuale durante il totalitarismo ordonazista)
Ehi, vuoi venire a Roma il 26 p.v. a parlare insieme a me e a Cesare Pozzi di Costituzione (e miti vari del costituzionalismo politico)?
EliminaA proposito: emenderò il punto sulla traduzione di "liberal". Occorre aggiungere l'aggettivo cosmetico.
Che è, in sè, concetto ontologicamente "privato" e non costa nulla né a chi è liberal, nei confronti dei "patronized", né alle mitologiche "tasche dei contribuenti" (accuratamente chiamati a sollevarsi a difesa dell'oligarchia dei mercati)
E ora vomitate...
Elimina« «Che cos'è il liberalismo?», si domanda il nostro autore [Röpke]. «Esso è umanistico. Ciò significa: esso parte dalla premessa che la natura dell'uomo è capace di bene e che si compie soltanto nella comunità, che la sua destinazione tende al di sopra della sua esistenza materiale e che siamo debitori di rispetto a ogni singolo, in quanto uomo nella sua unicità, che ci vieta di abbassarlo a semplice mezzo. Esso è perciò individualistico oppure, se si preferisce, personalistico ».
Forse Dossetti era veramente prodotto « di un moralismo ignorante e di un economismo ottuso ».
Questa versione di Roepke è stata già riportata qui, al p.11
Eliminahttp://orizzonte48.blogspot.it/2016/05/bene-comune-beni-comuni-mercato-e.html
Ovviamente, da un approccio fenomenologico, ne risulta come e quanto la dottrina sociale (l'importante è usare il termine...) della Chiesa sia vicina al libero mercato (sempre col solito temperamento solidaristico: per cui OGNI "operatore economico", se cristiano è capace INFALLIBILMENTE di fare il bene e quindi di evitare sfruttamento dell'uomo, avidità, e rendite monopolistiche.
in tal senso, semmai è il sindacato a fare monopolio dell'offerta di lavoro: brutto collettivismo, che dovrebbe quindi lasciare ogni decisione alla mediazione del cristiano...operatore economico "buono". Per definizione.
...E se non è cristiano? Si pongono interessanti problemi etici di legittimazione a partecipare al "libero mercato"..."umanistico").
Certo, mi ricordavo: dell'articolo è interessante che si insiste a mostrare come l'ordoliberismo sia figlio legittimo della dottrina sociale della Chiesa.
EliminaE, ricordo, in quel lavoro in cui si fece l'analisi economica istituzionalista della dottrina sociale della Chiesa, emerse chiaramente che il "socialismo" era cosmetico, mentre il liberismo rimaneva la risposta strutturale all'ateismo comunista de noantri; il feeback fu immediato: la dottrina sociale della Chiesa non è dossettiana ma chiaramente ordoliberale.
L'ho riportato appunto perché, essendo appena stato pubblicato, dimostra che la carogna ordoliberale, con la sua etica marcescente, è ancora propugnata con il disprezzo più totale della logica elementare e della sanità mentale.
Questi non si fermano.
Dici che occorre tornarci su per i tanti che non hanno ancora compreso (fuori di qui)?
EliminaMah, direi che un senso ce lo ha.
EliminaQui siamo veramente in una bolla: siamo circondati da zombie che hanno le sinpasi cortocircuitate dalla stampa, dal partito e dalla religione. Sembrano vivi ma non lo sono: dormono.
Fanno paura. I cattopiddini - soprattutto - fanno paura: religione e partito e media.
È difficilissimo comunicare con chi biascica di "essere in buona fede" e vede in qualsiasi dialettica un inconciliabile conflitto per cui tutto è relativo e l'unica sintesi la distruzione totale della controparte, secondo il metodo totale dello justus hostis.
La dottrina sociale della Chiesa è, come l'ordoliberismo, sviluppata secondo quello che Schmitt chiamava complexio oppositorum: ha in sé una dialettica di complementari, creando un conservatorismo sociale senza pari - aggiungiamo noi - che la sociologia legata all'analisi economica mostra che, come invece "sorvola" Schmitt, in realtà rende intrinseca l'ingiustizia strutturale dovuta alla ineliminabile dialettica materiale.
La solidarietà si sviluppa solo a determinate condizioni, quelle che fanno pervenire tramite suffragio universale ad un patto sociale democratico sostanziale.
Tutto il resto è wishful thinking buono per non cambiare i rapporti di forza sociali che danneggerebbero gli interessi materiali dell'istituzione giuridica temporale: la Chiesa romana è destinata a sparire, dopo duemila anni, fondendosi con la propaganda universalista e totalitarista del monoteismo liberale.
Il cattolicesimo romano è sempre stato, e sempre rimarrà, in primis sussidiarietà morale.
« Il fondamento della critica irreligiosa è: l'uomo fa la religione, e non la religione l'uomo. Infatti, la religione è la coscienza di sé e il sentimento di sé dell'uomo che non ha ancora conquistato o ha già di nuovo perduto se stesso. Ma l'uomo non è un essere astratto, posto fuori del mondo. L'uomo è il mondo dell'uomo, Stato, società. Questo Stato, questa società producono la religione, una coscienza capovolta del mondo, poiché essi sono un mondo capovolto. La religione è la teoria generale di questo mondo, il suo compendio enciclopedico, la sua logica in forma popolare, il suo point d'honneur spiritualistico, il suo entusiasmo, la sua sanzione morale, il suo solenne compimento, il suo universale fondamento di consolazione e di giustificazione. Essa è la realizzazione fantastica dell'essenza umana, poiché l'essenza umana non possiede una realtà vera. La lotta contro la religione è dunque mediatamente la lotta contro quel mondo, del quale la religione è l'aroma spirituale.
La miseria religiosa è insieme l'espressione della miseria reale e la protesta contro la miseria reale. La religione è il sospiro della creatura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore, così come è lo spirito di una condizione senza spirito. Essa è l'oppio del popolo.
Eliminare la religione in quanto illusoria felicità del popolo vuol dire esigerne la felicità reale. L'esigenza di abbandonare le illusioni sulla sua condizione è l'esigenza di abbandonare una condizione che ha bisogno di illusioni. La critica della religione, dunque, è, in germe, la critica della valle di lacrime, di cui la religione è l'aureola. »
È inutile citare.... avevano già detto tutto.
In effetti se posso intromettersi anch'io penso sia meglio approfondire questo argomento dato che non mi pare di aver realmente afferrato il collegamento tra dottrina religiosa della carità e ordoliberismo
EliminaPrima però, leggi questo (links inclusi) e il dibattito nei commenti
Eliminahttp://orizzonte48.blogspot.it/2016/05/bene-comune-beni-comuni-mercato-e.html
Poi vediamo se fare una sintesi semplificata (non sofisticata e ricca di implicazioni presupposte come quella di Bazaar :-)
Ciao Quarantotto, più il tempo passa e più mi convinco che potremmo anche uscire dall'euro, ma non certo dal paradigma libberista attraverso un processo democratico, sia perchè mancano le risorse culturali, sia perchè chi detiene il potere non lo cederebbe ne pacificamente ne democraticamente, d'altronde lo abbiamo sentito ieri dai due banchieri: se si parla di politica monetaria nei bar allora c'è un problema.
RispondiEliminaRiassumendo in pillole cosa ci hanno detto i due personaggi sopracitati:
A) Che loro, i banchieri hanno deciso quale è l'aspetto più importante per una comunità civile organizzata in uno Stato: la stabilità dei prezzi
B) che la politica non è in grado di perseguire questo obiettivo in quanto deve rispondere ai propri elettori
C) loro hanno deciso che gli unici in grado di adempiere a questa missione ( il mantenimento della stabilità dei prezzi) sono loro l'Establishment monetario, attraverso l'indipendenza della banca centrale, che significa che Governo e Parlamento, quindi il popolo, sono dipendenti delle politiche della banca centrale.
D) La monetizzazione del Deficit per creare infrastrutture atte a migliorare la qualità della vita della collettività e dei lavoratori non è più contemplata dai nuovi manuali d'economia.
E) lo Stato minimo dell'Ottocento è il nuovo che avanza e siccome questo concetto d'indipendenza della banca centrale è relativamente giovane, non lo si può nemmeno contestare.
F) dimenticavo una cosa:ieri ci hanno insegnato, in contrapposizione a Bagnai, che una collettività è una bella Signora Bionda, non esistono i conflitti d'interesse, la stabilità dei prezzi dogma irrinunciabile favorisce tutti in egual misura, povero e ricco, lavoratore e capitalista, creditore e debitore.
G) abbiamo anche imparato che per i banchieri esiste solo il debito pubblico, quello privato non esiste
Ma veramente qualcuno pensa che si possa discutere Democraticamente con personaggi del genere?
Sono della stessa opinione.
EliminaO Noi, o nessuno.
Già...
EliminaImpossibile.
Elimina@Mauro Gosmin
Eliminail vero "problema" è quando si parla di politica economica nei "bar" togliendo l'esclusiva alle cleaning&dark rooms.
Sarebbe il caso di ritornare all'abecedario della democrazia ma, temo, senza speranza: non mancano le "bbasi" ma i recettori dell'insegnamento, o meglio, sono il prodotti della mutazione darwiniana della "competizione in un libero mercato".
Sai rompono tanto con "l'economia della conoscenza" (naturalmente con strumento di asservimento offertista), poi quando la conoscenza che conta veramente si diffonde, piagnucolano indignati.
EliminaRagion di più per moltiplicare gli sforzi tesi a diffondere questa conoscenza. Cioè orizzonte48.
Mi raccomando :-)
@'48
EliminaOccorre, ahihmè, prendere atto delle profonde mutazioni indotte dagli inquinanti utilizzati che pongono il dilemma di qualche salto tassonomico di genere e specie: di pozzi "franchi" ce ne sono sempre meno, caro '48, che vien quasi voglia di smetter di bere .. :-).
Quando si sentono farneticare gli Onida, i Pasquino, gli Zagrebelsky, per citarne solo alcuni (ma non sono giurista ..) che riconoscono negli Einaudi lo Spirito della Costituente, beh, qualche "problema" esiste.
Meglio l'integrità di quelli seduti sulle "amache" (ndr, i Michele Serra) che riconoscono e considerano l'inevitabile sconfitta come opportunità per poggiar terga sul velluto (tengono anch'essi, cioè essi, famiglia).
Su Onida (e vabbè) e Z. come endorsers di Einaudi esponenziale dello Spirito costituente, linka, linka...
EliminaNon ho capito bene .... linkare o "crucifige!"
EliminaMeglio (sor)ridere .. :-)_
Vi consiglio l’intervista di Minoli al Presidente di Confindustria Boccia di ieri sera (http://www.la7.it/facciaafaccia/rivedila7/faccia-a-faccia-di-giovanni-minoli-puntata-13112016-13-11-2016-197910). A dir poco allucinante.
RispondiEliminaGlobalizzazione e neocorporativismo con il patto della fabbrica. Bene.
Abbiamo bisogno di più Europa, ma diversa e che deve rivedere una politica economica per la crescita, che sia anticiclica. Un’Europa che sia compatta e giochi un ruolo in politica estera. Bene.
Il jobs act funziona. E le tutele crescenti? “Sono in crescendo (!)” (Boccia). I voucher sono una anomalia, ma il jobs act dal punto di vista strutturale è altra cosa. Non c'è di meglio.
Minoli “Ma la flessibilità che Renzi cerca in Europa, non era meglio se la otteneva con le privatizzazioni ed i tagli alla spesa pubblica ?”
Boccia: “Devi sempre prima fare i compiti a casa prima di chiedere agli altri. Dobbiamo fare molto perché dobbiamo fare i conti con debito, deficit e crescita”. Bella anche questa.
E le politiche della crescita? Bisogna intervienire sui saldi di bilanci. Ottimo.
Bisogna privatizzare le municipalizzate. E la RAI? Dobbiamo renderla forte, cioè autonoma dalla politica nell’interesse del paese.
L’economia non è in ripresa, ma il racconto che se ne fa è quello del bicchiere mezzo pieno. E allora? Boccia: “Siamo pessimisti nelle previsioni (bicchiere mezzo vuoto) e ottimisti nelle aspettative (bicchiere mezzo pieno). Dobbiamo lavorare perché le previsioni vengano allineate alle aspettative”. Io questa non l’ho capita.
Il fatto che gli italiani vendano le aziende è un fatto di globalizzazione normale? Boccia “E’ un fatto di globalizzazione normale se c’è una dimensione di reciprocità…Se molliamo su tutto non è una cosa positiva. Dobbiamo avere una capacità di reazione”. Chiarissimo e propositivo.
Il sistema italiano è fatto di piccole e medie imprese. Un grande imprenditore italiano, Andrea Guerra, ha detto “Le piccole e medio imprese sono microaziende. Le microaziende, in questo mondo, non hanno più alcun significato”. Boccia “Ha ragione. Piccolo è una condizione da superare. Bisogna costruire le filiere e le alleanze. Se vogliamo affrontare i mercati globali, quello che dice Guerra è esattamente la verità. Non possiamo più difendere lo status quo, ma bisogna costruire un percorso. Bisogna andare in Borsa”. Presto anch’io dovrò crescere, associarmi in filiere e quotarmi in borsa. Ci sto lavorando.
Altro che riformare l’Europa! Questi la vogliono proprio così
Questi vogliono "le filiere" e la quotazione in Borsa. Ma gli sta bene pure l'Unione bancaria - che serve a conservare l'euro dei creditori commerciali esteri - la quale fa saltare il risparmio nazionale.
EliminaTUTTO.
Ergo, il venture capital dello scatto dimensionale è giocoforza estero.
E siccome sono d'accordo col dogma per cui "non ci sono pasti gratis", la sbandierata reciprocità è una favoletta che ci/si raccontano senza aver capito.
O senza VOLER capire.
E' un fatto oggettivo.
Se ne accorgeranno quanto prima. Purtroppo.
RispondiEliminaLa teologia economico-politica del banchiere.
RispondiEliminaQuesta la dedico ai "marxisti" che "ma la banca centrale indipendente non è un problema" ("banche nazionali" sono le banche centrali; la legge bancaria del '44 era basata sul currency principle, cioè la versione ottocentesca della teoria quantitativa della moneta. Raccomando la citazione finale :-)): "Il sistema creditizio, che ha il suo centro nelle pretese banche nazionali e nei grandi prestatori di denaro ed usurai che ruotano loro intorno, rappresenta una gigantesca centralizzazione, e conferisce a questa categoria di parassiti il favoloso potere non solo di decimare periodicamente i capitalisti industriali, ma di intervenire nel modo più pericoloso nella produzione reale – e, della produzione, questa masnada non sa nulla, e non ha ci ha nulla a che vedere. Le leggi del 1844 e del 1845 sono una prova della potenza crescente di questi banditi, ai quali si uniscono i finanzieri e gli stock-jobbers (speculatori in borsa).
Se poi qualcuno dubitasse che questi rispettabili banditi sfruttino la produzione nazionale ed internazionale nel solo interesse della produzione e degli stessi sfruttati, valga ad aprirgli gli occhi il seguente excursus sull’alta dignità morale del banchiere:
«Gli istituti bancari sono istituzioni religiose e morali. Quante volte il timore d’essere visti dall’occhio vigile e disapprovante del suo banchiere non ha distolto il giovane uomo d’affari dal cercare la compagnia di amici chiassosi e stravaganti! Quanto ansioso è costui di godere della stima del banchiere, di apparire sempre rispettabile! La fronte accigliata del banchiere esercita su di lui un influsso maggiore che le prediche morali degli amici; non trema egli d’essere sospettato reo di un imbroglio о della più piccola affermazione inesatta, per timore che ciò possa causare allarme e, di conseguenza, la banca gli riduca о gli cancelli il credito? Il consiglio del banchiere è più importante di quello del sacerdote» (G. M. Bell, direttore di banca in Scozia, The Philosophy of Joint Stock Banking, Londra, 1840, pp. 46-47)." (K. Marx, Il capitale, vol. III, UTET, Torino, 2004, pp. 683-4).
« Il consiglio del banchiere è più importante di quello del sacerdote »
EliminaFantastico.
Come già ti dicevo un paio di anni fa, sarebbe necessario riscrivere totalmente la Storia degli ultimi tre secoli.
In quanti hanno letto veramente il Capitale di Marx e, soprattutto, hanno mai avuto i requisiti filologici e culturali per apprezzarne appieno il documento storico? lo strabiliante esempio di approccio multidisciplinare nell'interpretare il reale?
Il clero bancario come nuova chiesa secolarizzata.
Karl è uno dei nostri.
Non i marxisti....
Anche i "filosofi" più colti non hanno fatto altro che riprodurre su carta sterili tecnicismi o slogan banali. (Che poi sono i due lati della stessa medaglia).
(Il lavoro gigantesco che stai facendo leggendoti e analizzando tutto il Capitale è culturalmente tanto importante che meriterebbe un ciclo di conferenze: la filologia come arma di scioccante disintegrazione di ogni imbecille frame ideologico)
Mi associo (e rivendico pure la poziorità temporale :-)...)
EliminaSolo una cosa; nel brano sopra riportato, nel periodo che regge la citazione di Bell, non mi torna il senso di "nel solo interesse della produzione e degli stessi sfruttati": non è che manca qualche parola?
Sono state scoperte interessanti per me per primo. :-) Ovviamente l'analisi filologica la fanno altri, in particolare i curatori della MEGA 2; io poi provo a unire i puntini. ;-) Anche perché lo sforzo divulgativo che hanno compiuto, soprattutto in italiano, è vicino allo zero: mi sto leggendo Un nuovo Marx di Fineschi. In pratica se il Capitale non lo hai già letto tutto quanto, e possibilmente assimilato, non c'è speranza di riuscire a seguire l'esposizione. (E pure Hegel un po' bisogna già conoscerlo).
EliminaSul senso della citazione, mi pare si sia già chiarito l'equivoco grazie al sempre ottimo Francesco, ma per scrupolo ho controllato sull'originale tedesco: non manca niente.
Nota divertente: l'edizione dai cui ho citato è sì la prestigiosa, e carissima, UTET, ma in una versione supereconomica acquistata in una collana di classici del pensiero venduta insieme al giornale dal...Sole 24 Ore! Un pensiero affettuoso. :-)
Nell'edizione Newton curata da E. Sbardella, con traduzione di R. Meyer, la frase viene tradotta cosi':
RispondiElimina"...Se ancora esiste qualcuno il quale intendesse mettere in dubbio che questi rispettabili banditi sfruttano la produzione nazionale e internazionale solo nell'interesse della produzione e degli stessi sfruttati, questi potra' trarre insegnamento..."(MARX, Il Capitale, 2006, 1283).
In questa versione dell'opera non sembrano mancare parole :-). Come sempre, grande Arturo.
Perdonate: ho compreso il senso.
EliminaD'altra parte oggi ho la febbre alta (e comunque quanto a linguaggio "involuto", evidentemente ho illustri precedenti. Contrariamente a quanto NON paiono sapere alcuni dei miei critici...costruttivi...ut dicunt :-)
Macchè involuto, Presidente! Si capisce tutto! Basta... alfabetizzarsi al Suo stile espositivo. Basta volerlo. Tre-quattro post sono sufficienti. Ho ex alunni diplomati ragionieri che La leggono regolarmente. Chi non La legge o non La capisce non vuole. E così il Suo diventa un ottimo modo di fare pulizia. Non è più tempo di ecumenismo...
RispondiEliminaSì in effetti "non vuole": considerato che da anni la "critica" rimane sempre la stessa - e hanno continuato a non leggere accettando questa versione per sentito dire- e invece i lettori sono decuplicati. Strano, no?
EliminaMa tu, caro Quarantotto, non capisci! È la formattazione!
EliminaChi ha "problemi alla vista", proprio materialmente non ce la fa!
@Bazaar
EliminaPossibile che una persona erudita come te, capace di analisi profondissime e pregnanti che tante volte mi hanno spinto a frequentare determinate letture e a mettermi di fronte a riflessioni assai feconde, possa cadere in queste frequenti punzecchiature da "putavecchio", come dicono dalle mie parti?
Invita Barbara a cena e chiaritevi una volta per tutte, per il bene nostro e della santa opera di divulgazione di cui siete tra i più illuminati ed efficaci alfieri. :)
Baci.
D’altra parte il blog procede con un movimento circolare, e man mano ritorna, didatticamente, a riprendere ed approfondire temi che ha già trattato. Si tratta quindi di leggere e di continuare a leggere. Così facendo, poi, si risparmia tempo perché non occorre più seguire quelle tonnellate di scemenze che abbondano altrove.
RispondiEliminaGià che ci sono, visto che Quarantotto oggi ha il febbrone, come augurio di pronta guarigione approfitto per ricordare che fra pochi giorni è il compleanno del blog: quattro anni passati generosamente, votati a difendere la democrazia costituzionale ed a ripristinare e moltiplicare le risorse culturali.
Tra i grandi meriti qui mi soffermo su uno soltanto: in un panorama culturale da Fahrenheit 451 ha ridato voce ai giganti. Mortati, Calamandrei, Basso, Caffè, Keynes, Kalecki sono i primi che vengono in mente in un lungo indice dei nomi.
Grazie, grazie, grazie.
Ma grazie a te Sergio...
EliminaAnche per avermi ricordato il compleanno del blog
Ciao Quarantotto,Auguri di pronta guarigione.
RispondiEliminaSpero la febbre sia passata... nel frattempo non so se questa possa essere una piccola chicca (... di questi tempi...), ma vedere che in Giappone Shinzo Abe fa "il sindacalista"... beh... non ha prezzo... "Sintetizzando, il governo dice: con le politiche dell’Abenomics che hanno indebolito lo yen e sostenuto la Borsa e i profitti aziendali (anche con tagli alla corporate tax) le imprese hanno conseguito utili record o vicini al record. Però tendono a tesaurizzare l’eccesso di disponibilità finanziarie anziché tentare di immetterle nel circuito dell’economia. Così non va. Il messaggio, dunque, è: se non volete fare nuovi investimenti, almeno date qualcosina dei soldi che tenete fermi ai lavoratori, in modo da favorire un recupero dei consumi.".
RispondiEliminaMandiamo tutti i giornalisti delle maggiori testate un pochino in Giappone? Così forse capiscono perchè in Europa "non si muove foglia..."? ;)
Cavolo! Mi stai "bruciando" un prossimo post già in preparazione :-)
EliminaI'm so sorry!!
EliminaNot at all! It helped...
EliminaMi unisco agli auguri di pronta guarigione, e La ringrazio, perché leggendo e rileggendo i Suoi post (e i commenti relativi) ora per me è più agevole capire: non sono ancora all'altezza della complessità, ma poco per volta ci arrivo. Sono tanto grata a questo blog e ai Suoi libri (che devo rileggere con la consapevolezza di oggi)! #ORIZZONTE48
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