1. Poiché mi si dice, a torto o a ragione, che i miei post sono troppo lunghi (e immaginiamoci i libri!), invece di svolgere ulteriori complesse analisi sulla congiuntura economico-politica internazionale (che è la parte "divertente" per chi segue il blog con attenzione), vi propongo uno schemino riassuntivo a giovamento dei lettori incostanti o "nuovi" del blog.
Cercherò di limitare i links all'essenziale perché poi, altrimenti, Moreno protesta :-)
Lo schemino che segue ha in realtà una portata ambiziosa, come sempre accade quando si vuol riassumere analisi di vasta portata.
Inoltre, serve (secondo una mia ricostruzione), anche allo scopo di completare, - nel solco di una "tradizione" che segue, (giocosa), a un Goofycompleanno-, la parte dell'analisi di Cesare Pozzi che, per oggettivi limiti di tempo, egli non ha potuto svolgere.
2. Dunque dovendo dare uno schema generale di quella che è "l'analisi economica del diritto pubblico" (approccio scientifico proprio di questo blog), muovendo dalla (dimostrata) natura legale-normativa keynesiana della nostra Costituzione, abbiamo:
A- Schema del legame tra mercato e diritti civili nella loro evoluzione.
Sul piano dell'evoluzione ordinamentale (e quindi del
"tipo" di Costituzioni), dovremmo riallacciarci a quella parte della teoria economica, e del costituzionalismo, che sono ancora in grado di capire
correttamente l'incidenza, sull'assetto ecomico-sociale, del fattore istituzionale: assunto, quest'ultimo come non subordinato alle esigenze della competitività internazionale.
Una breve ricostruzione storico-economica e giuridica, può togliere ogni dubbio, al riguardo.
I "diritti civili" (cui Cesare ha fatto cenno contrapponendoli alla visione smithiana della domanda contrassegnata dal "salario di sussistenza"), nella visione fordiana (p.1) dell'offerta, assunta in funzione della domanda-potere d'acquisto, segnano l'evoluzione al capitalismo sostenibile ('na
vorta).
Ma questi diritti civili, nel corso della storia del capitalismo, sono divisibili in 3 generazioni (secondo il costituzionalismo
giuridico, cioè democratico, e non secondo il costituzionalismo "politico", cioè neo-liberista, che non riconosce gerarchie di interessi
e assoggetta tutti i diritti, senza eccezioni, all'adeguamento dettato
dalle condizioni del mercato in economie aperte-liberoscambiste):
1a) mere libertà negative: c.d. diritti di libertà (conformi al vetero-liberismo e alla legge di Say: lo Stato si deve astenere da imprigionarti senza prove e giusto processo e dal limitare domicilio, corrispondenza e libertà di parola);
2a) diritti politici: allorchè legati all'introduzione del suffragio universale (che può anche essere visto come un allargamento del "giudizio sul mercato" alle classi sociali medie e subalterne), quindi elettorato attivo e, specialmente, passivo per tutti, unito alla estensione generalizzata della facoltà e soprattutto "liceità" di associarsi in partiti;
3a) diritti sociali, la cui cerniera generatrice, rispetto alla 2a generazione, è il riconoscimento, tormentato, del diritto alla tutela sindacale, cioè non più associazionismo de facto tollerato...a singhiozzo.
1a) mere libertà negative: c.d. diritti di libertà (conformi al vetero-liberismo e alla legge di Say: lo Stato si deve astenere da imprigionarti senza prove e giusto processo e dal limitare domicilio, corrispondenza e libertà di parola);
2a) diritti politici: allorchè legati all'introduzione del suffragio universale (che può anche essere visto come un allargamento del "giudizio sul mercato" alle classi sociali medie e subalterne), quindi elettorato attivo e, specialmente, passivo per tutti, unito alla estensione generalizzata della facoltà e soprattutto "liceità" di associarsi in partiti;
3a) diritti sociali, la cui cerniera generatrice, rispetto alla 2a generazione, è il riconoscimento, tormentato, del diritto alla tutela sindacale, cioè non più associazionismo de facto tollerato...a singhiozzo.
La tutela collettiva "lecita" del lavoro (non più vista
come monopolio "cattivo", come però Hayek e anche Il Manifesto di Ventotene, e tutti gli €uropeisti, continuano a sostenere), può essere vista come una fase segnata nel suo inizio, - almeno nel paradigma
concorrenziale ora dominante, cioè quello USA-, dal "Clayton Act", 1914.
A.1- Da tale liceità discende poi il riconoscimento come attore politico del "fattore lavoro"; da tale rilevanza politica i diritti sociali nascono come diritti di prestazione verso lo Stato (non più censitario), relativi a:
- istruzione pubblica universale (aumenta il capitale nazionale creativo di valore, anche in senso "spiritutale"; art.33 Cost.);
- tutela legislativa del mercato del lavoro (sostiene domanda e, quindi, investimenti);
- servizio sanitario pubblico universale (salario indiretto a sostegno del potere di mercato del lavoro e della sua preservazione fisica);
- sistema previdenziale (salario differito, che sostiene la domanda=consumi+risparmio=>investimenti, e promuove la coesione sociale, che consente ulteriore conversione di risparmio in investimento: Rapporto Beveridge e art.47 Cost., su risparmio e investimento come "funzione pubblica" dell'intermediazione bancaria, vigilata a tal fine da governo e parlamento).
- istruzione pubblica universale (aumenta il capitale nazionale creativo di valore, anche in senso "spiritutale"; art.33 Cost.);
- tutela legislativa del mercato del lavoro (sostiene domanda e, quindi, investimenti);
- servizio sanitario pubblico universale (salario indiretto a sostegno del potere di mercato del lavoro e della sua preservazione fisica);
- sistema previdenziale (salario differito, che sostiene la domanda=consumi+risparmio=>investimenti, e promuove la coesione sociale, che consente ulteriore conversione di risparmio in investimento: Rapporto Beveridge e art.47 Cost., su risparmio e investimento come "funzione pubblica" dell'intermediazione bancaria, vigilata a tal fine da governo e parlamento).
B- Nuove relazioni tra "mercato" e "lavoro" conseguenti allo schema "A" e loro proiezione come soluzioni al problema di stagnazione e instabilità economico finanziaria creato dall'appartenenza all'unione monetaria europea.
In questa ottica riequilibratrice (del vincolo €sterno imposto dai trattati €uropei), occorre una convergenza su alcuni concreti punti di politica economica e istituzionale.
Cioè:
Anzitutto, dunque, ritorno alla sovranità monetaria e, di conseguenza, ad una BANCA CENTRALE conforme all'art. 47 Cost.: quindi, capace di creare moneta in vista del valore futuro, (più che
proporzionale al suo ammontare), indotto dalla crescita della domanda- Ciò conduce all'attivazione di moltiplicatore e acceleratore fiscali, in base al cui agire, si risolve anche
l'insolvenza diffusa, cioè le sofferenze alla base della crisi bancaria;
- Superamento del dogma collegato della "banca universale":
Ripristino di un sistema creditizio senza più il modello di banca universale (che porta alla conseguenza che il risparmio dei
cittadini e le tasse dei contribuenti garantiscono le banche e, come
dovrebbe essere, non viceversa).
L'intermediazione bancaria va riportata a "pubblica
funzione": cioè lo Stato ricapitalizza, grazie alla banca
centrale, e diviene, con scelta strategica già fissata nell'art.47 Cos., un azionista con vincolo di perseguire l'interesse
generale, mediante politiche di piena occupazione dei fattori della
produzione e accrescimento degli stessi;
- poi il recupero del sistema di "governabilità" costituzionale (quella "vera", non il decisionismo tecnocratico dei mercati; qui. pp. 2.1.4. e 2.1.5.), fatto di intervento dello Stato con politiche industriali pubbliche (cioè gli strumenti della Costituzione economica);
- e questo per proteggere l'occupazione e preservare il welfare, cioè il livello della domanda nazionale (welfare "adeguato" e non riducibile a livelli di compressione crescenti, per "superiori" esigenze di par€ggio di bilancio, art.38 e 32 Cost., "effettivo", art. 3, cpv e 4 Cost., e perciò sorretto dalla sovranità monetaria e di politica economico-industriale: cioè la Costituzione economica nazionale e non quella €uropea, modellata sul gold standard).
3. Delineati questi concetti fondamentali, ciascun lettore potrà auto-testare la propria assimilazione dei contenuti principali del blog e, soprattutto, verificare la propria consapevolezza della "vera posta in gioco" della riforma costituzionale.
Per difendere la Costituzione, quando è il momento più importante per farlo, e il benessere proprio e dei propri figli.
Fatemi sapere...
Le faccio sapere,"O è come ha scritto lei,O il Piave, O tutti accoppati!!!!!! SPACCAGIO
RispondiEliminaA me piace ironizzare su chi con ogni evidenza usa pretestuosamente un obiettivo sforzo di seguire con costanza un discorso molto, molto, molto ampio e complesso, per poi continuare a urlare « forza Fallaci!, forza Thatcher! ».
RispondiElimina"Formattazioni" e relative "dislessie" lasciano in tali contesti un certo gusto aspro di infantilismo fuori luogo, mentre l'animo è soverchiato dalla coscienza storica di questo frangente; contemporaneamente tragico e farsesco.
Senza polemica non c'è politica, ma, di converso, senza critica non c'è coscienza. Ossia, senza autocritica non c'è autocoscienza.
E l'autocoscienza, spiritualmente e materialmente, è tutto.
Vorrei ricordare che chi sta dalla parte della democrazia, sta dalla parte dei più deboli e che, star dalla parte dei più deboli, è individualisticamente irrazionale.
Stare dalla parte dei più deboli, significa stare dalla parte dei politicamente perdenti; stare dalla parte dei perdenti, significa perdere.
Poi possiamo essere coscienti della dialettica servo-signore e riconoscere nella sconfitta dialetticamente una vittoria.
La sconfitta, forse, è veramente gravida di vittoria: entriamo, però, nell'escatolgia marxiana dell'emancipazione universale.
E keynesianamente dovremmo constatare che, nel frattempo, saremo tutti morti.
Ciò fa a pugni in parte con la tradizione democratica e socialista: forse meno con quella cristiano-sociale... che tanto ricorda il keynesiano liberalismo sociale, che, nella sua laicità, mira comunque alla progressività prima di passare a miglior vita.
Manca una leniniana avanguardia intellettuale: una che sappia portare coscienza alle masse oppresse e, se si vuol veramente uscire il meno peggio e il prima possibile da questo incubo, un approccio "keynesiano" che sappia dialogare con la classe dominante per portarla a più miti consigli e cercare quella frattura nella cosmopolita classe egemone; che spinga una élite ragionevolmente illuminata a cooperare solidaristicamente con i subalterni.
Keynes e Lenin sono storicamente stati in una dialettica complementare: in antitesi al capitalismo sfrenato, producendo in sintesi la progressiva realizzazione del pensiero luxemburghiano e, nel centro geostorico dello sviluppo umano, gettando le basi per la realizzazione delle aspirazioni ideali bassiane.
Ma ci si sta lavorando...
Ciao Bazaar, ma possono esistere i vincenti se non ci fossero i perdenti? Domanda retorica, no. Alla fine siamo tutti perdenti, quando arriverà la morte non ti servirà l'inglese, cantava Battiato, nulla possono fare le vittorie o le sconfitte dinnanzi l'incedere del tempo, dell'invecchiamento, delle malattie, al dolore fisico. Forse finchè rimarremo legati e prigionieri alla logica del vincente/perdente l'umanità non andrà da nessuna parte, infatti la sua storia è costellata di guerre, massacri, rapine, violenze, ingiustizie che gridano vendetta a Dio e agli uomini.
RispondiEliminaL'Alba di un nuovo mondo potrà nascere quando l'uomo non si sentirà più un individuo isolato rispetto agli altri, incapace di comprendere di avere un destino comune e condiviso con i suoi simili, ma si sentirà parte integrante della famiglia dell'umanità che è qualcosa di più e di diverso dalla somma di tanti individui.
Non dico nulla di nuovo o di originale, era già tutto scritto nella nostra Costituzione e soprattutto nel leggendario discorso del Padre Costituente Lelio Basso:" L’operaio sa che il suo lavoro, la sua opera, la sua stessa vita, assumono un valore nell’armonia dello sforzo collettivo. L’operaio sa che la macchina che esce dalla sua officina non è una somma di pezzi freddi e uguali, ma è l’armonia dell’opera complessiva, sa che la sua macchina non è una semplice somma di viti o di dadi, ma che le viti e i dadi hanno un senso in quanto sono parti della macchina .
Ed è da questa esperienza che nasce la nostra esperienza, oggi la società non si può considerare come una somma d’individui, perché l’individuo vuoto non ha senso se non in quanto membro di una società. Nessuno vive isolato ma ciascuno uomo acquista senso e valore dal rapporto con gli altri uomini; l’uomo non è, in definitiva che un centro di rapporti sociali e dalla pienezza e dalla complessità dei nostri rapporti esso può soltanto trovare senso e valore ."
Questo passo di Basso ricordato da Quarantotto nel suo primo libro è il motivo per cui il pochissimo tempo libero che ho a disposizione lo uso per cercare l'origine prima del tutto, usando come punto privilegiato dell'osservazione la Costituzione, come vetta privilegiata che sintetizza la coscienza umana nel suo punto più alto di un periodo storico: un punto di riferimento imprescindibile per l'ermeneutica del reale, proprio perché riguarda il mistero dell'intersoggettività.
EliminaLa vittoria e la sconfitta sono sempre relative ad una competizione: e una competizione appassiona in base agli interessi; e gli interessi dipendono dal sistema di valori; o meglio dalla morale.
Sapere di non sapere è il primo passo verso la sapienza.
La coscienza della propria debolezza, è il primo passo verso la vittoria.
No man is an Iland, intire of itselfe; every man
Eliminais a peece of the Continent, a part of the maine;
if a Clod bee washed away by the Sea, Europe
is the lesse, as well as if a Promontorie were, as
well as if a Manor of thy friends or of thine
owne were; any mans death diminishes me,
because I am involved in Mankinde;
And therefore never send to know for whom
the bell tolls; It tolls for thee.
(John Donne, MEDITATION XVII Devotions upon Emergent Occasions, 1624)
Poi riproposto in "For Whom the Bell Tolls" (E Hemingway, 1940) e, come ben si sa, ci si divide tra psicopatie congenite: chi "sociopatici", altri "bipolari" con complicanze
Sapevo che avresti citato John Donne :-)
EliminaMa fenomenologicamente, cioè secondo la scuola cognitiva più attendibile (e non alterata. o meglio: alterabile, da...finanziatori), l'essere umano è invece specificamente "insulare".
Cioè portatore di un'esperienza autoesplicativa a autosufficiente a prescindere da qualsiasi dimostrazione, estremamente ardua, della natura sociale prevalente dell'esistenza.
Assumendo il "sociale" come intersoggettivo, i fenomenologi dichiarano il legame inscindibile tra razionalità depurata nella "sospensione del giudizio" e possibilità di cooperazione "intenzionale" tra esserei umani
Il bel commento di Mauro rinvia, in definitiva, a un approccio buddhista, partendo dalla fenomenologia, comunicabile intersoggettivamente, dell'oceano della sofferenza, come esperienza fenomenologica riduzionistica (e quindi assumibile come intersoggettiva nel senso sopradetto).
Qual è la connessione di ciò con l'alta esperienza di consapevolezza della Costituente?
Che la razionalità "pura", cioè il Logos scevro dalla contaminazione del profitto personale (profitto che è un'assurdità di fronte alla nostra morte incombente), conduce a risolvere il conflitto sociale in modo permanente, per non aggiungere alla stupidità del resistere alle intemperie della Samsara, ANCHE la pressione della inutile malvagità umana (e questo è per Bazaar...:-)
Noto che conosci i (tuoi) "polli" .. :-)
EliminaQualche "epoché" sull'attendibilità della scuola cognitiva prevalente, quella della tassonomica dei cluster "apppriori" .. ;-)
Appunto: perciò rimaniamo fenomenologici (e non mainstream). Perché "rimaniamo umani"... :-)
EliminaPremesso che mi sono sottoposto a severa auto-testazione della mia facoltà assimilazione dei contenuti principali del blog e, soprattutto, verificata la consapevolezza della "vera posta in gioco" della riforma costituzionale;
RispondiEliminasono giunto alla conclusione che questo (eroico) sforzo di sintesi di Luciano costituisce la vera e propria piattaforma su cui potrà nascere il CLN che auspichiamo, ovvero non un'accozzaglia (per la legge del parallelogramma delle forze, se si tira in direzioni opposte la risultante è zero) ma un fronte che abbia un "progetto di Paese" degno di questo nome.
Anni addietro Luciano mi ricordò che il CLN non lo portò la Divina Provvidenza, che se prese forma fu anche perché poche ma le migliori teste dell’antifascismo, proprio negli anni più bui, gli prepararono il terreno. Allora fu lo shock della guerra a rendere possibile l’impossibile.
Se siamo davvero convinti che il collasso della Ue pone il nostro Paese nell’imminenza di uno shock di portata storica, ci tocca prendere le nostre responsabilità.
Mi ritorna alla mente un racconto di Victor Serge, che narrava un dialogo tra gli esponenti di spicco dell’opposizione antistaliniana. Ad un certo punto un vecchio bolscevico disse:
«Compagni, dovremmo agire come facemmo nei momenti più terribili e minacciosi della guerra civile, quando eravamo accerchiati da ogni dove dalla Guardie Bianche: pendiamo le nostre migliori teste, proteggiamole con due file di mitragliatrici. Tutto il resto alla merda! Anche i bambini se necessario».
Moreno Pasquinelli
E qua ti vogliamo bene :-)
EliminaE' corretta la similitudine con i tentativi antistalinisti.
La differenza rispetto al processo formativo dei CLN, è che questi agivano sulla base del fatto che non c'erano vasti e anzi maggioritari, settori intellettuali che si chiamassero "fuori".
Ciò accadde certamente anche rispetto alla coagulazione dell'antifascismo (con in più l'infiltrazione dei liberisti, divenuti "neo", che invece erano magna pars dell'ascesa di Mussolini).
Ma ciò avvenne (cioè l'apatia dell'attendismo opportunistico) in misura molto minore rispetto a quanto avvenne per l'opposizione allo stalinismo (come evidenzia la registrazione ex post degli esiti).
Sarà una banalità, ma il futuro sono i "gggioveni": il che, attualmente, è anche un grosso problema.
“… Ci si può chiedere dapprima se è più importante la PRIMA PARTE della Costituzione che riguarda i diritti dei cittadini o la SECONDA che riguarda, l’organizzazione e la struttura dello Stato. Fino ad ora è stata importante la seconda parte, che è prevalentemente retriva, conservatrice e che ha funzionato subito. La prima invece è molto avanzata, è una serie di affermazioni di cosa da fare, si proietta nel futuro, è la parte propulsiva; io credo che in ultima analisi sarà essa quella che avrà maggior importanza. Le generazioni non contaminate dal fascismo, mentre la classe dirigente politica italiana per quanto si dichiari democratica è tutta contaminata dalla educazione fascista, esperimentando in concreto la vita di oggi e IMPEGNANDOSI SUL SERIO A REALIZZARE LA PRIMA PARTE DELLA COSTITUZIONE potranno trasformare profondamente l’italia e potranno far sì che la prima parte della costituzione diventi la più importante e di conseguenza i meccanismi dello Stato si adeguino ad essa…” [L. BASSO, L’esigenza di una democrazia sostanziale e la nuova Costituzione repubblicana, in Dal fascismo alla democrazia attraverso la resistenza, Padova, Collegio universitario D. Nicola Mazza, 1975, 108-112].
RispondiEliminaCe la facciamo? Si spera, a patto di tornare incondizionatamente alle origini. Altrimenti nessuno potrà dirsi innocente:
“Sono passati trentatre anni dal giorno in cui. sotto la spinta congiunta degli eserciti alleati e dell'insurrezione popolare, l’esercito d'occupazione nazista capitolava e il popolo italiano poteva finalmente salutare l'alba del nuovo giorno. Quanto diverso esso sia poi stato dalle speranze che avevamo nutrito, e che almeno in parte abbiamo consacrato nella costituzione, è sotto gli occhi di tutti.
A distanza di 33 anni - un terzo di secolo! - tre mi sembrano gli aspetti dominanti della nostra scena politica. Nello sfondo la progressiva disintegrazione di tutta la vita pubblica, tanto nel suo momento statale quanto in quello sociale, la crisi dei valori fondamentali della civiltà, una situazione drammatica, sull'orlo dell'abisso, che solo in parte è da ricondurre alla crisi generale che colpisce tutta la civiltà contemporanea, e in parte invece è conseguenza delle scelte fatte dalla nostra classe dirigente nel corso di questi decenni….Non si può fare che ciò che è accaduto non sia accaduto, ma quel che si potrebbe e anzi si dovrebbe fare è di apprendere la lezione dei fatti. Purtroppo non pare che la nostra classe dirigente sia pronta a imparare. Una buona parte di essa non sa vedere le proprie responsabilità nell'accaduto… (segue)
Anzi, vi si trova un pretesto per accentuare i difetti: questo stato, che non ha saputo compiere la rivoluzione antifascista, che non ha saputo assimilare lo spirito democratico della costituzione, che si è tenuto aggrappato alle vecchie leggi, ai vecchi criteri, ai vecchi istituti, e, soprattutto, alla vecchia mentalità, è in fondo lieto di avere un'ottima giustificazione per annullare alcune conquiste democratiche, per ristabilire norme e strumenti repressivi, anzi addirittura per inventarne di nuovi, senza che si veda alcun segno di voler avviare un processo di bonifica…
RispondiEliminaE' troppo tardi? Siamo già alle soglie di una guerra civile? Può darsi che lo siamo, ma proprio per questo NON È TROPPO TARDI PER RIUNIRE TUTTI I DEMOCRATICI DI BUONA VOLONTÀ non allo scopo di puntellare un mondo in rovina, ma per erigere finalmente l'edificio sano della democrazia italiana, che è stata ancora una volta soffocata sul nascere trentatre anni or sono.
L'invito che un vecchio antifascista e resistente crede di poter rivolgere in queste giornate agli Italiani che amano il loro paese è quello di richiamarsi nuovamente agli AUTENTICI VALORI DELLA RESISTENZA, allo spirito democratico della Costituzione non solo per far fronte ai pericoli immediati, ma per guardare una buona volta al futuro, PER AVERE IL CORAGGIO, ANCHE NEL BUIO CHE STIAMO ATTRAVERSANDO, DI PORRE I MATTONI DELL'EDIFICIO DEMOCRATICO. Come ho detto altre volte, noi apparteniamo a coloro che non hanno bisogno di attendere che il sole sorga per credere alla luce. E quando è più fonda la notte, sappiamo che l'alba è vicina…” [L. BASSO, Non è troppo tardi, Il Messaggeto, 26 aprile 1978].
Caro Presidente, oggi e sempre Resistenza!
La verità assoluta si intuisce fenomenologicamente tramite la commozione.
EliminaE, il cuore aperto alla commozione, come il cuore aperto alla verità, è un libero ed assoluto arbitrio morale.
Ma poi esiste una verità assoluta in un mondo multiverso e a confini inimmaginabili nella sua incessante e misteriosa trasformazione? :-)
EliminaL'unica verità assoluta è the cornerstone della relatività esistenziale: la nostra morte ci attende, paziente e implacabile.
Anche se non riuscissimo a realizzare la dimostrazione del cogito ergo sum...(Cogito? Ergo? ...Sum?).
Certo che esiste! :-) come ricorda Husserl « lo scetticismo è assurdo » :-)
EliminaSe non fosse così, il ricercare costantemente, incessantemente e con determinata passione tutta la vita il senso dello Spirito e dell'essere, sarebbe inutile tanto quanto accumular denaro.
Insomma, che si disperda l'energia che che ha creato la coscienza soggettiva appare un fatto; che ciò che si ha creato in vita trascenda la morte permettendo una coscienza ed una esistenza di ordine superiore, appare come un altro fatto...
(???)
Mmmm...stiamo debordando dall'astratto, dall'intenzione, al concreto, al logico-dimostrativo (che difende una supposizione a priori) :-)
EliminaHusserl infatti dalla posizione demolitoria dello scettiscimo, essendo molto attento alla natura verbale del discorso, si guarda bene dal parlare di verità "assoluta".
Egli pone il problema, piuttosto, della "conoscenza in assoluto" e ne individua il fondamento irriducibile nella "intenzionalità".
La verità, come poi dirà il suo "discendente" ermeneuta Gadamer, è "metodo" (ma nei limiti della coscienza rivelata dalla intenzionalità).
In pratica, è proprio l'epoché che fa affiorare il tratto riduzionistico della intenzionalità come manifestazione irriducibile della coscienza.
Ma questo ci dà, simultaneamente, la chiave del mistero e del suo incessante non rivelarsi se non attraverso atti puri di conoscenza.
L'unico atto puro di conoscenza costantemente ripetibile è quello relativo alla coscienza della nostra morte.
Oltre tale confine, compresente sia nella coscienza sia nella conoscenza (dell'essenza relativa all'oggetto), nessun soggetto od oggetto trova modo di definirsi.
Questo perché "il metodo" stesso è per definizione inapplicabile divenendo "supposizione" della coscienza (olter la morte), cioè filosofia speculativa, del tutto simile alla conoscenza "scientifica".
Esattamente il punto di partenza che Husserl assume...per scartarlo :-)
"...il futuro sono i "gggioveni": il che, attualmente, è anche un grosso problema."
RispondiEliminaEppure, eppure... Un altro episodio (io porto solo quelli, e vabbè): stamane in aula parlo della crisi dell'Italia liberale, dello Stato monoclasse, dell'inadeguatezza autoritaria e assassina di quelle classi dirigenti... Accenno ai limiti dell'approccio liberale, alla sua prospettiva privatistica, al suo individualismo metodologico, e naturalmente mi corre il discorso alla Costituzione. Ora seguente, termine: il collega di diritto mi riferisce che gli studenti gli hanno richiesto una lezione sul referendum. Non avevo parlato di referendum, io! I ragazzi ce li mettono, i link...
In effetti, più sono giovani, più si avvicinano naturalmente al break point di chi non ha un futuro e lo capisce da subito: e QUINDI si interroga sulle cause, perché intuisce che gli hanno sempre mentito tutti.
EliminaSono i "giovani" intermedi, per così dire, che in realtà preoccupano: arruolati, senza mezzi critici, nelle schiere dei livorosi e vissuti sempre all'ombra della propaganda Erasmus.
Come se prima dell'euro non ci fossero intensi scambi di studio e culturali, e borse di studio concesse tra università di diversi Stati europei, e come se, dopo l'euro, tutto questo divenisse necessariamente impossibile.
Dimenticando che se te ne vai in Spagna o in Olanda a studiare, ma poi sei costretto a lavorarci, starai comunque peggio rispetto alla qualità di vita "normale" di quelli della generazione precedente, anche avendo questi ultimi studiato all'estero.
E senza domandarsi veramente: PERCHE'?
Verissimo. La mia migliore ex alunna, la migliore in vent'anni, ha raffreddato i rapporti dopo aver letto su Facebook i miei commenti a proposito di Brexit e indignazioni conseguenti di Severgnini & altri cosmopoliti "de me nona" (Arturo). Si è convertita all'università e frequentando i "buoni", bazzicando l'associazionismo cattolico. Sai quante skills, a fare i lavapiatti a Birmingham! Ora non può più, crede. Ah où sont les Erasmus d'antan?... E a proposito, vogliamo parlare delle responsabilità dell'accademia? Servono un passaggio generazionale e una tragedia, come nel '43... Temo.
RispondiEliminaL'associazionismo cattolico...sovranazionale dei mercati
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