mercoledì 8 febbraio 2017

FINANZA "CATTIVA"? NO, D€SOVRANIZZAZIONE MONETARIA UB€R ALLES


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1. Abbiamo visto come la "costituzione materiale europea", rivelando ancor più un'intrinseca natura totalitaria nella presente fase di crisi, confermi il suo carattere ordoliberista e i suoi naturali esiti.
Al riguardo vi offro dei sintetici riscontri (segnalati da amici su twitter), di come, fuori dall'Italia, questo tipo di analisi sia svolto molto più consapevolmente ed esplicitamente, confermando come questi esiti totalitari assumano, da noi, il tratto di una vera e propria censura culturale (la suggestione è quella della "terza via" (v.p.6), che serve a legittimare quella assunzione "a sinistra" di un modello sociale che, lo stesso Roepke, chiarisce non essere affatto diverso dal neo-liberismo in sè e dalla sue strategie di soppressione dello Stato democratico-sostanziale, cioè quello "sociale", tipicamente delineato nei principi fondamentali e inderogabili della nostra Costituzione):
https://york.academia.edu/WernerBonefeldYork (estratto da Werner Bonefeld, studioso presumibilmente tedesco presso l'Università di York)


https://www.ineteconomics.org/uploads/papers/WP23-Mirowski.pdf (é un estratto da Mirowsky, a noi già noto)
Bonefeld: “Abstract: analisi odierne affermano che un’ideologia tedesca governa l’eurozona: questa ideologia è l’ordoliberismo. In tali analisi si dice che la politica è stata ingabbiata dalla preferenza ordoliberista per l’austerità fiscale. 
In realtà l’identificazione dell’ordoliberismo con l’austerità è troppo limitata per sostenere l’idea di un’Europa ordoliberista. 
Il paper si concentra sulla visione ordoliberista del legame fra stato e società, economia libera e democrazia di massa. Introduce la teologia politica di Carl Schmitt come contesto teorico, mappa gli argomenti ordoliberisti volti a limitare il governo democratico, presenta la struttura decisionale europea e conclude sul possibile significato di democrazia in un’Europa ordoliberista.

Mirowski: “Benché sia innegabile che i neoliberisti, sia un tempo che ora, denigrino abitualmente lo Stato, non ne consegue per questo che siano politicamente libertari, o, come vorrebbe Harvey, implacabilmente ostili all’intervento statale nell’economia e nella società. L’errore di Harvey è spiacevole, perché il punto era già chiaro ad Antonio Gramsci: “anche il liberismo deve essere introdotto per legge, per intervento cioè del potere politico: è un fatto di volontà, non l’espressione spontanea, automatica del fatto economico.”
Dal 1940 in poi, la caratteristica distintiva delle dottrine e pratiche neoliberiste consiste nel sostegno a questa prospettiva di riprogrammazione di uno stato forte a cui imporre la loro visione di una società aperta alla dominazione del mercato, di nuovo, nel senso in cui lo intendono loro. 

Il fatto che neoliberisti da Hayek a Buchanan, da Richard Posner a Rüstow (inventore del termine Vitalpolitik, che Foucault tradusse con “biopolitica”) a Rueff, per tacere di una pletora di personaggi attivi dopo il 1970, siano tutti espliciti sostenitori di politiche volte a rinforzare lo Stato sembra sfuggire a quasi tutti coloro che si avvicinano alla MPS [Mont Pèlerin Society] dall’esterno. 
Le stesse proposte simbolo di Friedman, come il pilota automatico per la politica monetaria o la sostituzione dell’istruzione pubblica coi buoni-scuola, richiedono un stato estremamente forte per essere applicate. 
Mentre i think tank neoliberali sono impegnati a infastidire i comuni cittadini con orologi del debito e statistiche spauracchio sul rapporto tra spesa pubblica e PIL, i politici neoliberisti realizzano un incredibile aumento dell’incarcerazione e di misure di polizia per coloro che ritengono inadatti al mercato”. 

2. Ora questo "biopotere antidemocratico" - come tale modificativo/evolutivo o, addirittura, "purificatore", della stessa natura umana, e "con ogni mezzo", quindi fortemente costruttivista e dunque naturalmente incline all'autoritarismo- mira ontologicamente a "screditare" lo Stato, reinventando un "significato" nuovo, - ma niente affatto inedito- nell'intera €uropa, della democrazia.
Sempre collegandoci al post di premessa citato al punto 1, (la cui rilettura diamo per acquisita), siamo di fronte ad un biopotere che si impernia sulla esplicita teorizzazione dei mercati come detentori della sovranità "effettiva", appunto, per via del potere di dichiarare lo stato di eccezione (e non a caso qui emerge il collegamento con Carl Schmitt e la sua contro-teologia politica, tipica del liberalismo di governo che non può curarsi di dover validare le sue assurde e strumentali teorie economiche), conferitogli in molti modi dalle norme appositamente "oscure" dei trattati.
Tuttavia, i mercati - assunti in modo impersonale e "categoriale" - ma in realtà, come ci insegna Galbraith (pp.4-5), posseduti da una ristretta oligarchia- assumono il potere di dichiarare lo "stato di eccezione" in quanto vi sia una cornice istituzionale che glielo consente. Ed è questa la funzione dei trattati che fondano la "costruzione europea" nel suo insieme e fin dalle origini.

3. Sappiamo peraltro che per poter pienamente realizzare la ridislocazione della sovranità nei mercati (del relativo "ordine sovranazionale"), l'istituzionalizzazione passa per la ri-appropriazione dello strumento essenziale della stessa sovranità democratica: la moneta.
In molti evidenziano il dominio della "finanza cattiva" in chiave non solo globale ma, più che in ogni altra area geo-economica, nell'eurozona.

3.1. Ma questo richiamo rischia di essere generico e, specialmente, mal compreso dall'opinione di massa, se non lo si lega all'attacco alla sovranità monetaria degli Stati democratici - cioè "solo" quelli sociali, essendo una finzione (qui, p.14.1.) la formula oligarchica del metodo elettorale nelle democrazie "liberali"-, come momento decisivo di vera e propria, definitiva, "presa del potere".
La moneta fiduciaria a emissione sovrana e nazionale è, infatti, la linfa vitale che consente di perseguire liberamente, e cioè in autonomia sovrana, i fini che caratterizzano effettivamente la democrazia, ed è quindi, come ormai emerge con chiarezza assoluta, il contenuto pregiudiziale essenziale di ogni sovranità.

4. Dunque, la sottoposizione degli Stati a sovranità (democratica: non fa mai male ripeterlo) ai mercati passa per la moneta e questo obiettivo è realizzato mediante la c.d. finanziarizzazione dell'intero assetto sociale.
Sul piano istituzionale, cioè delle regole supreme imposte alle comunità politiche statali, ciò passa per la sottrazione della sovranità monetaria che significa, anzitutto, convertire lo Stato - e il suo intero substrato sociale-popolare- in un soggetto debitore di diritto comune.
Dunque, quando si teorizza il "vincolo esterno", e lo si elogia come soluzione salvifica dettata da trattati internazionali, si vuole, in realtà, partendo dal pretesto della "lotta all'inflazione", richiamare l'assoggettamento ai mercati, prima di tutto, finanziari privati.
Lo schema è relativamente antico e risale alle radici dell'evo "moderno"
Ma lo ritroviamo puntualmente svolto dapprima nell'idea dei cambi fissi e della banca centrale indipendente, legata al sistema dello SME e, poi, perfezionato, nell'euro.
Queste sono le basi, secoli fa, come oggi, della demolizione delle sovranità democratiche e dello stesso benessere sociale.

5. Per realizzare politicamente una così radicale trasmutazione delle prospettive di libertà (effettiva, condivisa da tutti i consociati) e di crescita generale, insite nelle democrazie, occorre una forte propaganda "morale", una giustificazione "etica" che travolga, come teorizza il richiamato Schmitt, ogni resistenza democratica e ogni percezione del proprio interesse della classi sociali danneggiate.
La de-sovranizzazione della moneta svolge egregiamente questo compito ma deve essere accompagnata da questo condizionamento totalitario culturale e accademico.
Ed è, questa, la caratteristica fondante di ogni ordinamento "liberale", in cui l'estrema libertà "da", difesa ad oltranza come limite alla indeterminata "tirannia", diviene in concreto "libertà di" pochi, pochissimi nello schema ideale, cioè "di" togliere la libertà a tutti gli altri e di reclamare tale prerogativa come "diritto" (di paradossale "libertà") in questa cornice morale travolgente.

6. Ce ne dà un primo riscontro lo stesso Ropespierre che, al di là della valutazione della sua controversa figura storica, nondimeno, incarna la vena democratica dell'illuminismo, che recedette, in ultima analisi, di fronte alla "sostituzione" (v. p.4) che la classe borghese liberale volle fare di se stessa alla vecchia aristocrazia

Ecco come Robespierre, in uno scritto del 1793, tratto (pag.345) da suoi "taccuini privati", ci rende conto della "impossibilità" della democrazia allorché prevalga l'ordine liberale dei mercati attraverso la sua morale istituzionalizzata (per via mediatico-culturale, cioè anzitutto "propagandistica", come nel caso della costruzione europea):
"Qual è il nostro scopo?
Imporre la costituzione a beneficio del popolo.
Chi saranno i nostri probabili oppositori?
I ricchi e i corrotti.
Quali metodi impiegheranno?
La calunnia e l'ipocrisia.
Quali fattori li incoraggeranno a ricorrere a questi mezzi?
L'ignoranza della gente comune.
Quando il popolo riceverà un'istruzione? 
Quando avrà abbastanza da mangiare e i ricchi e il governo smetteranno di pagare lingue e penne infide per ingannarlo; quando i loro interessi si identificheranno con quelli del popolo.
Quando accadrà?
Mai".

7. In effetti, tale identificazione è, per definizione, impossibile; nessuno si auto-priva del potere che costruisce attraverso il controllo economico e quello mediatico-culturale, a meno che una forza esterna più grande non lo induca a far ciò. Una prospettiva rara, nella Storia, e che, in Italia, si realizza episodicamente con l'unità nazionale confluita nell'Assemblea Costituente.

Ma lo sviluppo normale delle società capitalistiche è nel senso di controllare i media e la cultura e di far risultare "naturale" la privazione della sovranità monetaria nell'ordinamento democratico, col consenso "proiettivo-identificativo" della masse condizionate: e abbiamo altresì visto come proprio questo sia il tratto distintivo del paradosso €uropeo.

8. L'euro, dunque, quale perfezionamento istituzionalizzato del sistema di assoggettamento finanziario dei popoli ex-sovrani, resi debitori di massa verso oligarchi finanziari che controllano gli Stati da un livello sovranazionale, si mantiene in vita, contro ogni logica elementare, proprio sulla forza istituzionalizzata di questo vincolo morale manipolatorio
L'effetto del "mai" pronunciato da Robespierre può scorgersi, in tutta la sua valenza profetica, rispetto agli effetti estremi (ma non isolati) della privazione della sovranità monetaria in Grecia:
"Il debitore ha concluso un contratto con il creditore e si è impegnato nel senso che, se non dovesse restituire il dovuto, darà in sostituzione qualcos'altro che possiede, qualcosa su cui ha il controllo, per esempio, il suo corpo, sua moglie, la sua libertà...
Chiariamo la logica di tale forma di compensazione: è alquanto singolare. 
Un'equivalenza è stabilita dall'atto del ricevere del creditore, in luogo di una letterale compensazione (monetaria ndr.) per qualsiasi danno (da inadempimento) (così, al posto del denaro, terra, possedimenti di ogni tipo): un vantaggio apprezzabile nella forma di un tipo di piacere - il piacere di essere autorizzato a dar liberamente sgofo al suo potere sopra chi ne sia totalmente privo, il piacere voluttuoso "di fare il male per il piacere di farlo", il godimento del violentare...Nel "punire" il debitore, il creditore partecipa del diritto (illimitato) dei padroni...La compensazione, allora, consiste in una garanzia "di" e in una legittimazione "a" la crudeltà"
(Corey Robin 2015, sulla Grecia).
La pervasività della finanziarizzazione, dunque, è l'effetto della privatizzazione della finanza pubblica, intesa, appunto, come privatizzazione istituzionale dei metodi e delle fonti con cui lo Stato, alla stregua di un qualsiasi "affarista", si procura i mezzi finanziari per i suoi fini: quindi, autocostringendosi a ricorrere ai mercati, anziché utilizzando la sovranità monetaria e le leve del suo intervento economico per favorire attivamente lo sviluppo in piena occupazione.

10. Non è, dunque, la "finanziarizzazione" un dominio che si afferma tramite strumenti come i "derivati" o "la cartolarizzazione" (finanziaria) della dismissione massiccia dei beni pubblici di ogni tipo: questi sono soltanto effetti e corollari del fenomeno principale di desovranizzazione statale.
Ogni privatizzazione, ogni emergenza dei mercati che "scoppiano" sotto il peso delle loro scommesse sugli esiti futuri dell'assolvimento di "debiti" (generando poi il "welfare bancario" di soccorso con i soldi dei contribuenti), presuppone che il "debito", verso il sistema bancario privato stesso sia, anzitutto, imposto come metodo esclusivo di finanziamento dello Stato, accoppiato al divieto, tipico dell'ordinamento €uropeo, a carico degli istituti emittenti la moneta, di acquistare direttamente titoli del debito pubblico o comunque di fare anticipazioni monetarizzate di credito agli Stati e ad ogni forma di ente pubblico (art.123 TFUE, grund-norm, in tal senso della desovranizzazione istituzionalizzata a favore dei mercati sovranazionali finanziari).

11. Una volta reso lo Stato, e quindi la finanza pubblica, come un settore dipendente dal credito bancario, basato sulla "elargizione della fiducia", il costo collettivo che ne deriva è tale che lo Stato perde i suoi connotati democratici e l'attitudine a perseguire i relativi fini (quand'anche costituzionalizzati): il conseguente e intenzionale paragidma deflattivo (stabilità dei prezzi e monetaria, enunciati come fini caratterizzanti dell'UE nell'altra grund-norm dei trattati, l'art.3, par. 3 del TUE, qui punto B), conduce alla svalutazione salariale (reale) come politica principale che si realizza mediante un elevato livello di disoccupazione strutturale, e queste ultime caratteristiche strutturali istituzionalizzate, danno inevitabilmente luogo alla generalizzazione ed all'aggravarsi della situazione di indebitamento di tutti i consociati
Tutti divengono debitori e tutti i cittadini, sono asserviti alla "legittimazione alla crudeltà" dei padroni finanziari del credito.
Il precedente risparmio collettivamente accumulato (in regime democratico) da tutti i cittadini, diviene il patrimonio escutibile, da parte di questi padroni privati, come garanzia della restituzione del debito comunque e da chiunque contratto, a seguito dell'esplosione del ricorso al credito privato, assurto a necessità di "sussistenza", a cominciare da quella dello stesso Stato. 
E abbiamo perciò, inscindibilmente legata all'euro e alla desovranizzazione della moneta, l'Unione bancaria.
Di cui abbiamo a lungo parlato.
Spero di aver fornito un quadro sufficientemente chiaro della questione...


12 commenti:

  1. Si chiaro soprattutto in questo momento di confusione voluta da chi si sente mancare sotto i piedi il terreno della propaganda e della mistificazione, scalzato dalla realtà è da chi con coraggio ricerca e professa la Verità! Noi abbiamo ragione! e di nuovo grazie Luciano per tuo impegno

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  2. Art. 3 par. 3 TUE e dichiarazione di Monti a Ottoemezzo: "L'Europa non vuole l'austerità".
    Non ci sarà nessuna Boldrini a sanzionare da maestrina questo figuro per la sua insopportabile impudenza.
    Ultima prova, doppia, in ordine di tempo, di una serie innumerevole di verifiche sperimentali, di validazioni corroboranti la già stringente analisi svolta qui da Quarantotto.

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  3. Ciao Quarantotto quadro totalmente esaustivo. Se penso al livello del dibattito in questo blog e lo confronto a quello che si vede in televisione soprattutto quando ci sono esponenti economici del PD, mi vien da piangere. Ma questi da quale mondo alieno sono fuoriusciti, como sono riusciti a laurearsi? Sembrano tutti fatti con lo stesso stampo. La nostra Costituzione non viene mai nominata, come se non esistesse, in cambio si continua a prostrarsi al Dio mercato. Emblematica fu quella volta che Epifani ex segretario della CGIL commentando gli Exit Poll sulle elezioni politiche del 2013 esclamò: anche i mercati ci stanno premiando. ( peccato che quando i mercati festeggiano, i lavoratori piangono)
    Per quanto concerne la situazione frattalica temo che come risorse culturali siamo di gran lunga messi peggio del 1943. Peggio di Badoglio e Vittorio Emanuele III l'attuale classe politica.

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  4. Che bello questo "though collective" (Mirowski)

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  5. Bagnasco non poteva mancare all'appello:

    Bagnasco: «Sì al reddito d’inclusione. Con il terremoto il volto migliore dell’Italia»
    Roma - Aiutare le famiglie ancora in difficoltà per la crisi introducendo presto il Reddito d’Inclusione. È l’appello del Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il cardinale Angelo Bagnasco, alla politica, che accusa di riservare invece attenzioni ad altre questioni come il fine vita. E al proposito Bagnasco sottolinea: «Ci preoccupano non poco le proposte legislative che rendono la vita un bene ultimamente affidato alla completa autodeterminazione dell’individuo».
    [...]
    Per Bagnasco è necessario «prestare la massima attenzione alla legge delega di introduzione del Reddito d’Inclusione e alla predisposizione del Piano nazionale contro la povertà».
    http://www.ilsecoloxix.it/p/italia/2017/01/23/ASzzsE2F-bagnasco_terremoto_inclusione.shtml
    -------------
    Questi prelati parlano un linguaggio fine: infatti, anche se la frase era riferita al biotestamento, è proprio perché nella società ordoliberista "le proposte legislative rendono la vita un bene ultimamente affidato alla completa autodeterminazione dell’individuo", un individuo ISOLATO, ABBANDONATO, PRIVATO DEL WELFARE STATALE PUBBLICO E DELL'INTERVENTO KEYNESIANO NELL'ECONOMIA, che si introducono forme di elemosina per i poveri, come l'acclamato reddito di inclusione hayekiano. Ma lo sappiamo qual'è il welfare che intende la Chiesa; non è certo quello dello stato interventista, ma è quello "volontario" e privatistico dell'elemosina stracciona. Infatti lo stesso continua:
    "Il Presidente della Cei ha poi riferito che dalla colletta nelle Chiese a favore delle popolazioni colpite dal terremoto sono stati raccolti quasi 22 milioni di euro.
    «Attraverso le Caritas diocesane ci hanno dato la possibilità di intervenire con risposte ai bisogni primari, con la realizzazione di alcune strutture polifunzionali e l’avvio dei primi progetti sociali e di sviluppo economico», ha riferito Bagnasco. La Cei, oltre al primo milione di euro stanziato dai fondi otto per mille il giorno stesso delle prime scosse, ha messo a disposizione di ogni Diocesi interessata 30 mila euro per interventi su edifici ecclesiastici, destinati al culto e alla pastorale. "

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  6. io mi domando come tale privazione della sovranità ,con le conseguenze patite dai più ,possa proseguire.La risposta che più m' inquieta l' ho trovata sentendo l' intervento di Majone al convegno di asimmetrie di 2 anni fa :la possibilità che situazioni "insoddisfacenti" possano protrarsi nel tempo (dal minuto 33 al minuto 35)https://www.youtube.com/watch?v=J1bu9gjL3qw

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    1. Rammento: ero presente.
      Ma perché dare a Majone tutto questo peso?
      La degenerazione politico-internazionale attuale è solo l'inizio di un fenomeno a domino che conferma che predire equilibri disfunzionali, e in aggravamento progressivo, di lungo termine, non è mai un metodo previsionale attendibile.

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    2. Per parlare dell'argomento più che della persona: è purtroppo frequente oggi imbattersi nell'affermazione "ormai durerà così per un po', bisognerà abituarsi". Una cornice interpretativa pericolosissima tanto più che essa trova facile presa nella mancanza di spirito critico, nell'ignoranza, nello spirito di sacrificio tradizionale indotto dalla religione (anche comunista italica) succhiata col latte, nella pavidità ecc.

      Penso sia un argomento da non sottovalutare ma da combattere individuando bene le opportune armi della retorica (Orwell e più).

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    3. E credo, poi, che in sedi "seminariali" di informazione scientifica, criticamente corretta, contenuti del genere andrebbero contestualmente sottoposti alla normale dialettica che essi stessi generano: altrimenti, si può determinare una confusione cmplessiva (nel pubblico intervenuto) che è l'ultima cosa di cui abbiamo bisogno...

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    4. Assolutamente si'. Sono reduce da una sconfortante situazione in cui uno scientifico, diciamo, raccontava come a lezione avesse trattato un fatto di cronaca rispetto alla sua disciplina con criteri di moralismo spicciolo anziché offrendo strumenti critici di interpretazione. Come se un giurista invece di definire un atto o una situazione recitasse il catechismo. Distinguere i due piani no? No evidentemente, o non sarebbe propaganda. In effetti era coinvolto nel fatto stesso pur se non in prima persona.
      Insomma...q

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  7. Latito un po' in questi giorni a causa di questioni famigliari, ma traduco al volo (naturalmente non la citazione di Gramsci, che ho riportato dall'originale):

    Bonefeld: “Abstract: analisi odierne affermano che un’ideologia tedesca governa l’eurozona: questa ideologia è l’ordoliberismo. In tali analisi si dice che la politica è stata ingabbiata dalla preferenza ordoliberista per l’austerità fiscale. In realtà l’identificazione dell’ordoliberismo con l’austerità è troppo limitata per sostenere l’idea di un’Europa ordoliberista. Il paper si concentra sulla visione ordoliberista del legame fra stato e società, economia libera e democrazia di massa. Introduce la teologia politica di Carl Schmitt come contesto teorico, mappa gli argomenti ordoliberisti volti a limitare il governo democratico, presenta la struttura decisionale europea e conclude sul possibile significato di democrazia in un’Europa ordoliberista.

    Mirowski: “Benché sia innegabile che i neoliberisti, sia un tempo che ora, denigrino abitualmente lo Stato, non ne consegue per questo che siano politicamente libertari, o, come vorrebbe Harvey, implacabilmente ostili all’intervento statale nell’economia e nella società. L’errore di Harvey è spiacevole, perché il punto era già chiaro ad Antonio Gramsci: “anche il liberismo deve essere introdotto per legge, per intervento cioè del potere politico: è un fatto di volontà, non l’espressione spontanea, automatica del fatto economico.”
    Dal 1940 in poi, la caratteristica distintiva delle dottrine e pratiche neoliberiste consiste nel sostegno a questa prospettiva di riprogrammazione di uno stato forte a cui imporre la loro visione di una società aperta alla dominazione del mercato, di nuovo, nel senso in cui lo intendono loro. Il fatto che neoliberisti da Hayek a Buchanan, da Richard Posner a Rüstow (inventore del termine Vitalpolitik, che Foucault tradusse con “biopolitica”) a Rueff, per tacere di una pletora di personaggi attivi dopo il 1970, siano tutti espliciti sostenitori di politiche volte a rinforzare lo Stato sembra sfuggire a quasi tutti coloro che si avvicinano alla MPS [Mont Pèlerin Society] dall’esterno. Le stessa proposte simbolo di Friedman, come il pilota automatico per la politica monetaria o la sostituzione dell’istruzione pubblica coi buoni-scuola, richiedono un stato estremamente forte per essere applicate. Mentre i think tank neoliberali sono impegnati a infastidire i comuni cittadini con orologi del debito e statistiche spauracchio sul rapporto tra spesa pubblica e PIL, i politici neoliberisti realizzano un incredibile aumento dell’incarcerazione e di misure di polizia per coloro che ritengono inadatti al mercato;
    ”.

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