martedì 15 marzo 2016

EMMANUEL TODD: L'IMMAGINARIA GENESI MITOLOGICA DEL FEDERALISMO EUROPEO (Ventotene e i costituzionalisti)


http://trapianti.net/wp-content/uploads/2015/05/Miti_Trapianto-HIV.jpg

https://candidonews.files.wordpress.com/2011/03/costituzione1.jpg?w=900&h=375

1. Leggiamo un'interessante intervista allo storico francese Emmanuel Todd, curiosamente pubblicata sul "La Stampa": un'intervista sui cui contenuti, qualsiasi lettore abituale di questo blog, potrebbe, in linea di massima, prevalentemente concordare. 
Diciamo che Bazaar e Arturo, nell'illustrare gli effetti immancabili della struttura politico-economica indotta dal federalismo (cioè un assetto sociale oligarchico), sono obiettivamente andati più in profondità.
E non è una stranezza.

2. La stranezza è che "La Stampa" dia spazio a un'analisi del genere. 
Ma qualche spiegazione, coerente con la direzione costante del nostro mainstream, c'è:
a) la voce è francese e in un sistema politico-strutturale, e quindi mediatico culturale, come quello italiano, - che, come diceva Caffè (p.2), è "disposto a seguire programmaticamente il ricatto dell'appello allo straniero"-, la pubblicazione dell'intervista è obiettivamente inseribile nell'ovvio contesto "ad un francese (c'est plus facile) è consentito"
Voci italiane che esprimano, anche meglio, concetti e analisi analoghe non hanno finora potuto comunque ricevere lo stesso spazio: ce lo dicono i fatti, con cui "è inutile polemizzare". Precisiamo, a onor del vero: non hanno spazio, a meno che queste analisi "autoctone" non concludano, l'esposizione della loro visione critica, con la formula "e dunque ci vuole più "vera" (?) €uropa" o analoghe: cioè una visione che, comunque, salvi la mitologia della genesi pacificatrice e democratica dell'€uropa;

b) e per l'appunto, la risposta alla prima domanda posta a Todd (quella che inciderà suggestivamente di più sul lettore) è comunque idonea a salvare "capra e cavoli", cioè a mantenere il giudizio di non imputabilità a titolo di colpa o di dolo, alla nostra classe dirigente, della scelta di "entrare in €uropa"

3. Una "non imputabilità" di tale scelta, sempre mantenibile a condizione di continuare a ignorare le voci di avvertimento, sulla deriva del federalismo europizzante, che provenivano da molte parti, almeno prima dello SME, e riassumibili, emblematicamente, sempre nelle parole di Caffè, oggi attualissime-issime:  
"Ma che il fastidio del tutto esplicito per le soluzioni non elitarie e l’artificiosa attribuzione della qualifica di “populismo a ogni aspirazione di avanzamento sociale avvengano con la tacita acquiescenza delle forze politicamente progressiste è ciò che rende particolarmente amaro il periodo che viviamo"...

"La soddisfazione manifestata per l’adesione governativa allo Sme potrà essere una benemerenza padronale. Ma, se è consentito utilizzare la trasmissione orale per lasciar traccia in futuro di una frase memorabile detta in tale occasione in sede molto qualificata, può anche obiettarsi – come qualcuno ha affermato – che siamo entrati nello Sme con la stessa incoscienza con la quale a suo tempo dichiarammo guerra agli Stati Uniti d’America. E sarebbe bene, a questo riguardo, non confondere le temporanee illusioni con la dura realtà che questo vincolo comporta".

4. Infatti, Todd, posto di fronte all'interrogativo se ci troviamo di fronte alla "fine del sogno di Spinelli" - che, come si continua a ignorare in Italia, tutto questo sogno non era, per i lavoratori e le classi subalterne autoctone, data la forte influenza dell'internazionalismo dei mercati esercitata da Einaudi -, risponde
«L’Europa è qualcosa di molto diverso dall’idea originaria di comunità di Paesi liberi e uguali. Oggi ci sono paesi più uguali di altri e la soluzione è debole per tutti. Siamo di fronte a un sistema gerarchico con la Germania alla guida, la Francia a fare il servitore e gli altri d’accordo o zitti: non si discute»

A Todd suggeriremmo, con una certa hybris dettata dalla fatica ad aver sceverato il problema dopo aver raccolto le fonti dirette teorizzanti il "federalismo" europeo, dalle sue origini negli anni '40 del secolo scorso, la lettura de "La Costituzione nella palude"; là dove, la ricostruzione storica dell'ideologia e della visione economica dei fondatori del federalismo europeo, risulta in una straordinaria coerenza e omogeneità con le posizioni degli euro-tecnocrati odierni, estesa fino ai minimi dettagli della gestione (deflattivo-salariale) della moneta unica e  persino della Unione bancaria.

5. Condividere la questione della sovranità, una volta che questo "recupero" si proietti sul piano delle politiche economiche che conseguono alle sovranità democratiche costituzionalizzate, - quelle che, rammentiamo a Zagrelbesky, si conformano nella sostanza alle finalità indeclinabili di "pace e giustizia fra le Nazioni", nelle necessarie "condizioni di parità" -, comporta di dover abbandonare tutte le illusioni con cui la propaganda oligarchica ha connotato il liberoscambio e il "governo internazionale dei mercati" (dei mercati: lo teorizzano, da sempre, ESSI stessi, federalisti europei, e lo scrivono nella norma fondamentale del Trattato, l'art.3, par.3, senza alcun equivoco).

E dopo aver abbandonato questa inesatta ricostruzione della "genesi", diviene decisamente più attendibile rammentare ciò che è ovvio e che Caffè (vedremo tra poco non a caso nuovamente richiamato), aveva ricordato come fulcro della compatibilità tra economia capitalista e democrazia (sostanziale, cioè pluriclasse):
"Keynes, considerando come presupposto di un "capitalismo intelligente" l'allargamento delle funzioni e degli scopi dello Stato, includeva tra le decisioni più importanti della politica pubblica quelle riguardanti "ciò che dovrà essere prodotto nel Paese e ciò che dovrà essere ottenuto in cambio dall'estero".  
Il che, anche per un giurista, profano di economia internazionale, dovrebbe manifestamente risultare antitetico al liberoscambismo e al "governo sovranazionale dei mercati", propugnato dal Manifesto di Ventotene.

6. Ora, a questo proposito, poiché i più illustri costituzionalisti fanno un po' di confusione nell'intendere il senso e la funzione di quello che definiscono, esclusivamente in un'accezione negativa, come "protezionismo", vorremmo ancora rammentare:
"...l'equivoco in cui incorre Wolf (ndr: e, nel presente discorso, non solo lui, ma tutta la cultura che denuncia l'oligarchia ma non prende atto delle conseguenze politico-economiche di ciò), quantomeno nella sua frettolosa etichettatura negativa del "protezionismo" imputato a Trump, sta nella differenza di esiti e finalità cui può rispondere il protezionismo stesso:
 a) Il protezionismo adottato da Potenze imperialiste è l'altra faccia del liberoscambismo, perché ne costituisce l'evoluzione conservativa delle posizioni dominanti raggiunte e, al tempo stesso, di utile strumento anche in senso contrario alla contenibilità di tali posizioni da parte di altri competitor statuali.

b) Il protezionimsmo adottato da ordinamenti nazionali in via di sviluppo e non dominanti sui mercati internazionalizzati è invece un ragionevole strumento di crescita del c.d."infant capitalism", come spiegato da Chang ne "I Bad Samaritans" con riguardo a casi non certamente guerrafondai quali la Corea o, oggi, in UE, la "fascista" Ungheria.
7. Sul piano costituzionale, come ben illustrava Meuccio Ruini, ciò ha delle inequivoche conseguenze che risultano agli atti della Costituente, proprio nel dibattito sull'art.11 Cost. e che hanno poi avuto una qualche (timida) eco e reiminiscenza anche nel costituzionalismo successivo italiano, :
1) "Accettiamo, invece di «reciprocità» e «uguaglianza», l'espressione «in condizione di parità con gli altri Stati». 
Non avremmo nessuna difficoltà ad accogliere la proposta Zagari: «favorisce la creazione e lo sviluppo di organizzazioni internazionali». Ma qualcuno ha chiesto: di quali organizzazioni internazionali si tratta? 
Non si può prescindere dalla indicazione dello scopo. Vi possono essere organizzazioni internazionali contrarie alla giustizia ed alla pace. L'onorevole Zagari ha ragione nel sottolineare che non basta limitare la sovranità nazionale; occorre promuovere, favorire l'ordinamento comune a cui aspira la nuova internazionale dei popoli..." (Meuccio Ruini a pag.268 de "La Costituzione nella palude");
2) "La prospettiva costituzionale richiede di essere recuperata anche là dove, di fatto, al di là del formale ossequio alla dottrina dei controlimiti, la si è sterilizzata: nella prospettiva della integrazione sovranazionale.
Non tutti i cammelli europei possono passare per la cruna dell'art.11 della Costituzione, il cui significato essenziale è che il posto dell'Italia in Europa (e comunque in tutte le istituzioni create da accordi internazionali) deve deciderlo l'Italia, perché quale che sia la prospettiva che si assume è nella Costituzione (nelle singole Costituzioni degli Stati membri) che giace la legittimazione delle istituzioni sovranazionali, non viceversa (Massimo Luciani, "La Costituzione nella palude", pagg. 131-132: inutile dire che questa affermazione consequenziale al dettato costituzionale è in urto irriducibile col Manifesto di Ventotene e col sogno di Spinelli).
3) "quando il potere è saldamente in mano alle potenti lobbies degli affari e della finanza, dei circoli mediatici e della manipolazione delle informazioni, i giuristi si abbandonano al cosmopolitismo umanitario e si arruolano nel "grande partito" delle buone intenzioni e delle buone maniere: magari fornendo una inconsapevole legittimazione al mantenimento dello stato di cose esistenti" (Pietro Barcellona, in "La Costituzione nella palude", pag.108).

8. Abbiamo più volte citato Ruini e Caffè (e Keynes), collegandone le rispettiva analisi e le autorevoli prese di posizione - almeno di questa autorevolezza occorrerà dare atto, da parte degli assolutori della scelta europeista, (in base all'immaginaria idea "genetica" di federazione europea)- per una serie di fatti, di rilevanza storica e istituzionale, che sarebbe bene conoscere.
Caffè e Ruini sono uniti da un profondo sodalizio nella loro visione istituzionale ed economica, che, - come possiamo constatare anche dalle posizioni assunte dal secondo nello "scontro" con Einaudi sulla terza via (ordoliberista e europeista) che Einaudi tentò di inserire in Costituzione (cfr. pagg. 99-101 de "La Costituzione nella palude")-, assume un coerente riferimento a Keynes e a Beveridge che fu consapevolmente trasferito nella nostra Costituzione "economica" per realizzarne il carattere fondamentale "lavoristico" (arrt. 1 e 4 Cost.).

8.1. Ruini fu nominato Ministro per la ricostruzione nel 1945 (nel governo Parri: poco prima era stato nominato Presidente del Consiglio di Stato, a "riparazione" della sua estromissione dall'Istituto dovuta alla sua opposizione al fascismo...) e scelse come segretario particolare e capo di gabinetto il giovane Caffè, proveniente dal servizio studi della Banca d'Italia (dove si occupava proprio di finanza e scambi internazionali...).
Quando Ruini viene eletto deputato nell'Assemblea Costituente, nel 1946 (appunto: il 2 giugno), fu subito nominato Presidente della Commissione dei 75, a cui è nella sostanza dovuto il lavoro di messa a punto del modello economico-sociale recepito dalla nostra Costituzione. 
Negli stessi anni, Caffè era a sua volta nominato consulente presso il Ministero apposito "per la Costituente"; e, non a caso, Caffè, con un ruolo di supporto istituzionale alla stessa Commissione dei 75 la cui importanza non può sfuggire, proseguì a dare il suo contributo  come componente della sotto-commissione "moneta e commercio con l'estero" della Commissione economica della Costituente
E certamente svolgere un ruolo di expertise in tali materie, dato anche il profondo rapporto con Ruini, non fu estraneo alla formulazione della Costituzione economica e dello stesso art.11 Cost.

8.2. In pratica, a differenza dei rationalia (einaudiani) del Manifesto di Ventotene, l'art.11 Cost. incorpora, in coerenza con la sua proiezione nel modello economico della Costituzione, la visione dei commerci internazionali e della moneta propri dell'economia keynesiana. 
Cosa di cui registriamo ampia traccia nello studio dello stesso Caffè "un riesame dell'opera svolta dalla Commissione economica per la Costituente", pubblicato nel ventennale dell'adozione della Costituzione e ritrovabile alla pagg.293 e ss. de "La dignità del lavoro", raccolta di scritti di Caffè qui citata numerose volte. 

9. Concludiamo riportando, da una monografia dedicata al Caffè "costituente", delle sue parole che ricalcano, anche qui non a caso, quanto espresso da un celebre discorso "sulla Costituzione" dello stesso Calamandrei, riassunto alle pagg.62-63 de "La Costituzione nella palude" (condiviso, ovviamente, da Ruini).
"[Caffè] esortava i responsabili della politica economica a ricordare che "E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini"...mentre "oggi ci si trastulla nominalisticamente nella ricerca di un nuovo modello di sviluppo e si continua a ignorare che esso, nelle ispirazioni ideali, è racchiuso nella Costituzione; nelle sue condizioni tecniche è illustrato nell'insieme degli studi della Commissione economica per la Costituente (1978)...".
Con il che, sul piano dell'autenticazione diretta della volontà dei Costituenti e dei contenuti di questa volontà (suprema e democratica) il cerchio si chiude.
Salvo ulteriore (ma ben spiegabile) oblio, che continua e scendere sulle menti della classe politica, culturale e mediatica, di questa disastrata Italia...

10 commenti:

  1. Certo è che sbrogliare secoli di intricate menzogne è un lavoro sovraumano; soprattutto dopo aver constatato il degrado intellettuale e spirituale della dirigenze politica, economica e culturale del Paese. Una melassa amorfa e stordita di anime alienate dalla Storia.

    Furbetti che non possono aver altro titolo oltre all'aggettivo sostantivato stesso, che, come una fratellanza dal sorriso tanto arrogante, quanto sciocco, occupa i mezzi di informazione producendo menzogna secondo i medesimi estremi della propaganda totalitaria: il fascismo rifutato dalla Carta che ritorna prepotente senza nemmeno più la decenza di farsi chiamar per ciò che è.

    La codardia tipica di chi neanche la spada sa maneggiare, ma solo strozzare i poveretti monopolizzando la moneta. Tale padrone, tale servo.

    Il vilipendio assoluto, starnazzare i canti della Resistenza quando sotto il maglioncino scolorito del culto progressista, si stringe al petto una camicia nera, mai sbiadita: lo stragista che accompagna al funerale la vedova.

    «Oltre all'attività delle Commissioni, occorre ricordare anche che, soprattutto grazie all'infaticabile opera di Massimo Severo Giannini, giovane capo di Gabinetto, fu svolta un'ampia opera di informazione e di divulgazione, rivolta alla generalità della popolazione e finalizzata alla costruzione di un'opinione pubblica sensibile alle problematiche riguardanti la fondazione del nuovo ordinamento democratico:

    [...] nel breve volgere di un anno il Ministero per la Costituente adempì a tutti i compiti ad esso commessi. Fu questo un risultato politico e tecnico di primaria importanza che fu reso possibile dal clima di grande tensione ideale che il Paese viveva in quei mesi. Nella interminabile notte della dittatura, infatti, non si era interrotto il grande discorso politico iniziato dal Risorgimento su "quale dei Governi meglio si addica alla felicità dell'Italia" e proseguito per cent'anni nelle prigioni e nell'esilio, nelle trincee, nelle aule di studio e nelle fabbriche. Basta rileggere la stampa clandestina e dell'esilio per constatare quanto grandi e vitali fossero l'impegno della classe politica antifascista nel prefigurare il nuovo tipo di Stato democratico e le idee costituzionali della Resistenza.
    ».

    Il ministero per la Costituente, Divulgare La Democrazia

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Eh già; Massimo Severo Giannini, Federico Caffè, Meuccio Ruini...ed erano le punte di diamante di un intera cultura "epocale".
      Se anche avessimo recuperato alla legittimità idee e contenuti, se anche questi avessero ancora cittadinanza nell'equilibrio delle Relazioni internazionali, quali uomini potrebbero servirli (idee e contenuti), nell'interesse generale?

      Non è una (consueta) domanda retorica: è un terribile problema strutturale.

      Elimina
  2. In passato Luciani era stato ancora più chiaro (La Costituzione italiana e gli ostacoli all'integrazione europea, Politica del diritto, a. XXIII, n. 4, dicembre 1992, pag. 589): "Quella che l’integrazione europea sia un problema essenzial­mente politico, di volontà degli Stati di proseguire sul cammino intrapreso e di consenso dei popoli al superamento dei partico­larismi nazionali, è un’idea molto diffusa. Ciò non toglie che sia un’idea sbagliata, che ha portato a trascurare o sottovalutare le molte altre difficoltà, prime fra tutte quelle derivanti dalla necessità dell’osservanza delle regole imposte dai rispettivi ordinamenti costituzionali a ciascuno degli Stati protagonisti del processo di integrazione. In particolare in Italia, si è ritenuto che la giustifi­cazione originaria del Trattato di Roma (la sua «copertura costi­tuzionale» da parte dell’art. 11 Cost.), magari perché sostenuta dall’ampio successo del referendum cosiddetto di indirizzo del 1989, risolvesse alla radice tutti i problemi. Non è così. La rigorosa giurisprudenza costituzionale, la cui cautela deve essere apprezzata da chiunque sa ricordare i limiti (di democraticità) e le incertezze (strutturali e funzionali) dell’ordinamento comunitario, impone una seria riflessione sui confini costituzionali delle scelte europeiste. Impone, soprattutto, una consapevolezza. Che è logicamente im­possibile trasformare completamente la Costituzione vigente, facen­do dell’Italia non più uno Stato nazionale, ma un membro di una vera e propria federazione europea, pretendendo allo stesso tempo
    di trovare proprio nella Costituzione la legittimazione di questo
    progetto. Quando il processo di integrazione verrà spinto ai suoi
    confini estremi bisognerà capire che - quali che saranno le forme
    in cui esso verrà condotto in Italia (leggi ordinarie, revisioni
    costituzionali, pronunciamenti popolari) - la legittimazione del
    nuovo ordine costituzionale europeo non potrà mai venire dalla
    Costituzione del 1948, ma dal mero fatto della sua autoafferma­zione. Dal punto di vista della nostra Costituzione d’oggi, l’instau­razione di quel nuovo ordine resterà - se mai avverrà - un fatto extra ordinem, epperciò illegittimo".


    Per questo gli appelli a Ventotene di Zagrebelsky (e altri che sappiamo) sono così irritanti: quali che siano i contenuti che ritiene di leggere in quel documento, come costituzionalista dovrebbe difendere la logica costituzionale, non esprimere sue (velleitarie) posizioni politiche che la contraddicono. (Che siano velleitarie, visto quel diceva venti e fischia anni fa e quel dice oggi sull'Europa (punto 2), forse sarebbe poi anche il caso di prenderne atto).

    RispondiElimina
    Risposte
    1. La conclusione del "fatto extra ordinem" risale ai primi post di questo blog.

      Qui, v. p.9, e basandosi su un ragionamento solo in parte delimitato alle condizioni logiche di ostacolo alla illimitata introducibilità di diritto pattizio, nonchè riportato alle condizioni positive poste dalla legalità Costituzionale:
      http://orizzonte48.blogspot.it/2013/05/costituzioni-banche-e-sovranita.html

      La differenza sta in un rilevante fatto cronologico: la divulgazione di orizzonte48 stava iniziando quando i fuochi del costituzionalismo risultavano piuttosto...spenti: e per di più, proprio in coincidenza con i fatti, legati alla moneta unica, che, paradossalmente, stavano avverando tangibilmente le previsioni eversive formulate decenni prima...

      Quanto a Z., rimane un mistero l'attaccamento a un "documento" che precede, come qui varie volte evidenziato, le soluzioni al conflitto sociale e alla democraticità delle relazioni internazionali assunte dalla Costituente.

      Spinelli, almeno, aveva la giustificazione di scrivere mentre il fascismo era nel pieno del suo potere (e quando qualsiasi cosa poteva passare per "più" democratica...)

      Elimina
    2. La differenza "sostanziale" intendevo, e non solo logico-ermeneutica...

      Elimina
    3. E chi se lo scorda il post :-) (che poi è diventato un capitolo del primo libro). Ma in un tempo in cui Casaleggio passa da "esperto costituzionalista" (la realtà supera sempre le più fosche previsioni) temo ci si debba rassegnare a scavare sotto spessi strati di cenere per trovare un po' di brace costituzionale.

      Casaleggio chiamato come esperto per l'"attuazione" dell'art. 49. L'altro articolo dovuto a Basso: "Per Basso «il principio del riconoscimento ai partiti di attribu­zioni di carattere costituzionale» rappresentava «una specie di avviamento a superare tutte le forze di tipo puramente individualistico, antiquato con una nuova concezione di democrazia di partiti», nella quale il cittadino partecipa «veramente», permanentemente «all’esercizio della sovranità popolare», alla «vita dello Stato» e non più soltanto nel momento delle elezioni rimettendosi «a quello che faranno i suoi mandatari».
      E proprio «attraverso la vita dei partiti» che il cittadino fa esercizio «quotidiano di sovranità popolare», divenendo «ogni giorno partecipe della gestione politica della vita del Paese»". (C. Giorgi, La sinistra alla Costituente, Roma, Carocci, 2001, pag. 159).

      Da Basso a Casaleggio. E (speriamo) ritorno.

      Elimina
    4. Arturo mi hai rattristato. Se consideri pure la risposta sopra data al commento di Bazaar.
      Non so se mi riprenderò...

      Elimina
    5. Ripensando l'ipotesi frattalica, non è che siamo ancora a metà anni '30 (o pure prima)? Il botto vero deve ancora arrivare in fondo...Anche se, secondo me, gli effetti del conflitto saranno più simili a quelli prodotti dalla Prima Guerra Mondiale (proprio per il livello infimo delle classi dirigenti di tanti Paesi, mica solo dell'Italia): vedremo interi Stati scomparire e altri sorgere al loro posto. Vedremo...se arriveremo alla fine, naturalmente.

      Elimina
    6. Scusami, ammetto che è stato un colpo basso. Ero fresco reduce dalla lettura di Il diritto di avere diritti di Rodotà (un'autentica summa del pensiero giuridico piddino: magari poi vi racconto qualcosa) che quella di Casaleggio è stata la proverbiale goccia. E' anche vero che con la sua autoincoronazione, via Movimento, a "esperto costituzionalista" siamo ormai alla farsa conclamata.

      Elimina