mercoledì 21 settembre 2016

IL TRILEMMA DE "L'EURO NON E' IL PROBLEMA MA L'AUSTERITA'." E IL DIFFERENZIALE MEDIATICO

http://i.quoteaddicts.com/media/quotes/2/57631-goebbels-propaganda-quotes.jpg

1. Per chi dice che l'euro non è il problema ma che lo sono (solo) l'austerità e il fiscal compact.


Inutile precisare che chi, a questo punto, non è in grado di comprendere il senso dei grafici che vedremo più sotto non dovrebbe più intervenire a cuor leggero nel dibattito mediatico e, ancor più, politico.
Questo perché, sull'euro-che-non-è-il-problema-senza-austerità-brutta, basta vedere i dati più significativi,  e confermativi delle dinamiche INEVITABILI illustrate dal rapporto Werner - e che Carli, dico Carli, ben comprendeva

2. Questi dati illustrano come funziona(va) l'Unione monetaria con il mero "valore di riferimento" del disavanzo pubblico al 3% e in assenza di una disoccupazione strutturale indotta in via fiscale, che debba attestarsi a livelli, (come tali irreversibili), tali da consentire un'intensa svalutazione interna. 
Cioè indicano quali sono gli inevitabili problemi di a/simmetrie che discendono da una disciplina della moneta unica che, in assenza dei vietatissimi (dai trattati) trasferimenti federali, non si doti di criteri automatici di correzione improntati alla logica del gold standard (tanti euro-oro escono, tanti vanno recuperati e, se non lo si è fatto, occorre che il pareggio di bilancio fiscale dreni liquidità in modo da non consentire l'accumulo ulteriore di debito commerciale con l'estero via spesa privata, limitando le importazioni e sperando, in un secondo tempo, che la conseguente deflazione porti a una miglior competitività di prezzo relativo, ottenuta riducendo il costo del lavoro).
E, naturalmente, tutto ciò vale in presenza del dato istituzionale, fondamentale: una banca centrale indipendente "pura" che non solo non può svolgere funzioni di tesoreria, e quindi rifornire di liquidità l'economia reale - cioè l'ente politico generale "Stato"- in funzione anticiclica, ma a cui è vietato anche di svolgere politiche monetarie differenziate per aree che presentano diversi saldi dei conti esteri con il resto dell'UE (e del mondo).

3. E dunque.
Questo è stato il saldo della BdP col tetto del 3% e in assenza di incentivazione (per via legislativa di "riforme strutturali") alla disoccupazione, in funzione svalutativa e correttiva degli squilibri commerciali:

https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgtfeM7DVWiVT5NhfiCje8JRcJChXfQKDTukVpHwkqC1fHLzhUDEcDV4jqcNkD-KtzOWVhaxXqsDPlHoU2yjbm5CMsrxqnY89ookCr738NWNiJ3hL0RAeTCj2HJJw-GCcDxrEX9Rt8flgI/s1600/italia+CA+%2525+pil+1990-2013+piccola.jpg

Una situazione che ha anche questa implicazione sugli "enormi vantaggi" in termini di reciproca apertura delle economie nell'eurozona.
3.1. Questo è il correlato andamento della disoccupazione e dell'inflazione, prima e dopo lo shock esterno del 2008, a seguito delle inevitabili politiche correttive imposte dalla semplice, e insufficiente, adozione del tetto del 3%, (dunque) in assenza della imposizione normativa (internazionalistica) delle riforme strutturali e fiscali di accelerazione deflattiva e, quindi, delle loro conseguenze sociali (cioè quello che è il "Fogno" della pace, da vendere agli italiani, ancora oggi, come cosa bella e irreversibile). 
E' evidente che, vigente il tetto al 3%, sia stato un errore imperdonabile (cioè "avete vissuto al di sopra delle vostre possibilità" e quindi "FATE PRESTO"), non forzare il livello della disoccupazione - e quindi della deflazione- verso il bench mark medio dell'eurozona. Poi abbiamo provveduto ma solo perché era condizione priva di alternative per mantenere l'euro-che-non-è-il-problema.

http://www.programmazioneeconomica.gov.it/wp-content/uploads/2015/06/42.png

http://www.programmazioneeconomica.gov.it/wp-content/uploads/2015/05/3.11.png

4. Ma...un momento: tutte queste cose le avete sentite fino allo sfinimento. Vi, e mi, chiederete: che ce le dici a fare?
In realtà, assunta una "realtà parallela" composta da una comunità di persone "informate sui fatti", e non sul "sogno", avreste completamente ragione.
Ma il punto è che tale comunità non è massa critica. Potremmo discutere a lungo di quello che ciò significhi in termini scientifico-sociali; ma tale assunto rimane veritiero.
Il riscontro è facilmente acquisibile: i media italiani stanno addirittura intensificando la campagna di censura (della) e di narrazione del tutto opposta alla realtà macroeconomica; che è invece sempre più evidente sul piano scientifico internazionale (ma anche nell'immediato post-shock del 2011 la letteratura economica non "scherzava" nell'evidenziare i problemi delle a/simmetrie sistemiche dell'eurozona, richiamando, a sua volta, illustri precedenti di "avvertimento" che le cose sarebbero andate così come sono andate: non ci sarebbe stato alcun dividendo o "enorme vantaggio" della moneta unica). 

5. Potreste, altrettanto brillantemente, replicarmi: ma si sa che il problema dell'euro è sempre stato "politico" (e ce lo hai tante volte evidenziato). 
Sì, infatti: perché nessuno si è messo a parlare (alle "genti", alle "masse", oggettivamente umiliate e disprezzate), del problema del "moltiplicatore fiscale", - neppure in "pareggio di bilancio"-, come di un fattore con cui fare i conti quando si svolgono politiche correttive degli squilibri esterni in ottica gold-standard, nonché della conseguente impossibilità di politiche fiscali espansive, dentro la moneta unica, che non tengano conto del balance of payment constraint.

Ma dire che il problema non è l'euro bensì l'austerità, vecchio cavallo di battaglia, misura la distanza tra la realtà dei dati economici e delle loro correlazioni e quella dell'orchestrazione mediatica, (o grancassa),  relativa alla narrazione delle cause della interminabile crisi italiana. Nel secondo frame, questa posizione potrebbe persino passare per coraggiosa.

6. Solo che non lo è: essa implica la premessa che sia scontato un trilemma. Non quello stranoto, e ormai abusato, di Rodrik. Piuttosto quello che, avevamo segnalato, di Bibow, o qualcosa che gli assomigli in termini più ampiamente sistemici (di neo-macroeconomia classica, in gran parte neo-keynesiana, laddove convenga così qualificarla in termini...di comunicazione sedativa della destabilizzazione sociale). 
Il trilemma di Bibow riguarda la Germania e la impraticabilità di avere simultaneamente, all'interno della moneta unica, un surplus enorme della partite correnti, il divieto nei trattati dei trasferimenti e una banca centrale indipendente "pura": ma non avrebbe senso fermarsi al punto di vista tedesco, una volta che si affermi che "il problema non è l'euro ma l'austerità".
Questa è una fortissima scelta politica che, appunto, presuppone, la precisazione del trilemma in termini più generali: siccome il mantenimento dell'euro implica la correzione via svalutazione interna da parte dei paesi debitori "commerciali" (essenzialmente verso la Germania), non si possono avere contemporaneamente l'euro stesso, una disoccupazione inferiore a quella strutturale ritenuta "competitiva" dalle formule del fiscal compact e una politica fiscale espansiva.
Ovvero: non si possono avere contemporaneamente l'euro, politiche fiscali espansive in misura tale da ridurre la disoccupazione verso l'equilibrio keynesiano (che esclude la logica della domanda interna piegata all'equilibrio esterno in condizioni di assenza di flessibilità del cambio), e una banca centrale indipendente unica e vincolata a politiche monetarie che escludono trattamenti differenziati tra Stati aderenti all'UEM e vietano le funzioni di tesoreria, cioè di rifornimento di liquidità all'economia reale.

7. L'euro non è un problema solo se si accetta dunque che sia irreversibile il mercato del lavoro-merce, cioè la totalitaria (e apparentemente multiforme, dal punto di vista contrattuale e "offertista") precarizzazione e flessibilizzazione del lavoro, con conseguente stabilizzazione della riduzione dei salari reali e di sacrificio della domanda interna a favore della competitività esterna.  
L'euro non è un problema, in altri termini, se accetto la istituzionalizzazione della disoccupazione strutturale (al momento, per l'Italia, in un target di "piena occupazione" neo-liberista del 10,5%), la riduzione permanente della domanda interna rispetto al pieno impiego dei fattori (ovvero un grado di deindustrializzazione inevitabilmente crescente, come ben evidenziava Nuti sopra citato), e politiche espansive nei limiti, ristrettissimi, di quanto mi consente, transitoriamente, l'utilizzo dei margini di surplus delle partite correnti realizzato pro-tempore

Ma un surplus destinato a scomparire non appena avrò forzato, attraverso politiche fiscali di moderato aumento del deficit, - divergenti dal fiscal compact, beninteso-, le maglie dell'equilibrio esterno possibile in situazione di fissità dei cambi.
Intanto, all'interno di questo paradigma, non avrò necessariamente potuto realizzare un sufficiente ciclo di crescita tale da correggere il simultaneo problema della insolvenza di famiglie, soggette a indebitamenti che non possono più restituire a causa di disoccupazione diffusa e perdita di salario reale, e imprese, che non possono più contare, e in misura divenuta strutturale (come la disoccupazione e la deflazione salariale), su una crescita affidabile e consistente della domanda interna. 

8. Perché l'euro non è "solo" l'euro e (cioè "più") il fiscal compact, che abbiamo visto non essere separabili all'interno del paradigma economico che sostiene l'euro. E questo fin dal rapporto Werner e da Einaudi e...Hayek-Roepke: e non si comprende perché non si sappia affrontare questa minima operazione di ricostruzione storico-economica, così agevole e utile da compiere.
L'euro è anche l'Unione bancaria. E intanto che si discute, (candidamente?) della pleonastica "stupidità" del fiscal compact, la realtà normativa dell'Unione bancaria continua ad agire.

Il problema non sarebbe dunque l'euro solo se fingessimo, in base a una magica e "irenica" concezione del mondo senza capitalismo oligopolistico nazionale, che non esistono più i rispettivi saldi delle partite correnti di ciascun Stato aderente e che, più sistemicamente, i saldi settoriali non siano più rilevati su base nazionale
Ma la Germania, e per la verità l'elite italiana che invoca oggi, con ancor più convinzione, il "vincolo esterno", non hanno alcuna intenzione di ricorrere, nella linea politica implacabile che impongono alle politiche €uropee e nazionali, al "pensiero magico".

Quest'ultimo, il "pensiero magico", così come la serena visione irenica dell'euro, appartengono solo alla propaganda politica. Oligarchica (o delle elites, visto che oggi va di moda chiamarle così).
Ma sempre di propaganda si tratta.

9 commenti:

  1. Un mio caro amico mi confidava le sue sopraggiunte difficoltà economiche a cui non era uso. Mi viene spontaneo accennare ad una situazione di declino reddituale che colpisce tutti (quasi) ,in diversa misura ovviamente, nel tentativo di indirizzare la sua frustrazione verso un quadro più ampio. Si annuisce è vero e , aggiunge , meno male che l’€uro è una moneta forte, pensa il disastro se ritornassimo alla lira. Lui coglie il mio sbigottimento e infierisce : ma dai immagina cosa sarebbe la lira : solo carta straccia. Tuo padre , gli dico , ha potuto mantenere una famiglia di quattro figli e moglie (la consorte era casalinga) con un solo stipendio in lire, e in modo soddisfacente, avete tutti conseguito una laurea e acceduto a posti gratificanti.
    Ma dai mi fa e l’inflazione a due cifre te la sei scordata ? No faccio e comunque tu e la tua famiglia stavate molto meglio e si poteva pensare ad un futuro…mentre i tuoi figli non so se possono.
    Mah mi fa…non credo…se usciamo sarà un disastro…è che si sono mangiati tutto (testuale non scherzo)…se solo governassero i tedeschi.
    Ma governano i Tedeschi dico io.

    Mi ha guardato con commiserazione ma non per questo ho smesso di volergli bene.

    Riesco a capirlo. Non riesco a capire il professor Piga e quelli come lui. E’ evidente che i Tedeschi (– per imbrigliare i quali – la moneta €unica è stata pensata DAR) , non avrebbero mai accettato una politica diversa da quella rigidamente prevista dal piano Werner.

    RispondiElimina
  2. Praticamente Piga dice che, se un essere umano spara con un'arma da fuoco ad un altro essere umano e lo uccide, la colpa non è dell'essere umano che le deteneva ma della pistola che ha sparato... ma caz...

    Non si rende conto che la Germania ha una storia di sistematica ricerca di surplus di parte corrente già dal secolo scorso, e che la loro filosofia è così, punto.
    Non si rende conto che il nostro atteggiamento è di difesa verso un vicino di casa che vuole strozzarci.
    Non si rende conto che i primi a sforare sono stati loro, i cranti teteschi con le francesine!
    Non si rende conto che la Germania ha tratto solo benefici dall'Euro e come li ha impiegati? In derivati Deutsche Bank o come HSH Nordbank AG http://www.repubblica.it/economia/2015/11/12/news/ue_il_salvataggio_di_una_banca_non_e_aiuto_di_stato-127170629/?refresh_ce sommersa dai crediti incagliati dello shipping in overcapacity...

    Non si rende conto che i trattati, cioè l'Euro, impongono la separazione fra BC e Tesoro, nonchè la privatizzazione anche dei monopoli naturali che di fatto dovrebbero rimanere appannaggio dello Stato per non avere un monopolio privato, il ritiro dello Stato dalla intermediazione bancaria, dalla vita industriale di un paese, nonchè culturale e sanitaria.

    Piga dovrebbe rovesciare la Sua affermazione: Senza austerità, il problema permane. Non sa quello che dice. O fa finta.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Hai colto l'essenza del problema: senza l'austerità il problema della insostenibilità di un'area valutaria ottimale senza i "trasferimenti" emerge al suo stato più puro.
      Ma l'euro era stato progettato proprio per arrivare all'austerità una volta che uno shock esterno fosse intervenuto ad accelerare il problema delle asimmetrie.

      Lo attestano tutte le enunciazioni, circa il paradigma monetarista e il sistema di correzione deflattivo, incidente sul costo e sul mercato del lavoro, che hanno fatto, a partire da Einaudi, i suoi "padri federalisti" (della pace).

      Quello che può apparirne un costo sociale (subordinato non si sa a quale obiettivo, dato che quello della "pace" non regge ad alcun serio vaglio storico), è in realtà il risultato avuto di mira: la ridislocazione del potere dalla democrazia, inammissibilmente ertasi a protezione del lavoro, alla oligarchia.

      Poichè quest'ultima conclusione è unanime (sul presupposto che sia un "bene" e che riaffermi la razionalità del "Mercato") sia nei suoi passati più autorevoli propugnatori, sia in quelli istituzionali attuali, non si comprende dove si collochino, scientificamente e politicamente, i sostenitori della teoria che solo l'austerità sarebbe un aspetto negativo.

      Elimina
    2. Sinceramente sentir dire un professore universitario di rango come Piga che "il problema è l'austerità non l'Euro", non rendendosi conto che:
      a) con un vicino di casa come la Germania (e come lo stiamo diventando anche noi perchè vogliamo seguire esempio) è impossibile cooperare
      b) che la struttura interna tecnicamente parlando è profondamente imperfetta perchè i cicli di espansione, visti i risultati a cui portano, sono altamente nocivi
      c) altra anomalia il fatto che, più che favorire la concorrenza, favorisce la concentrazione
      d) capacità produttiva è relegata al solo export, poichè domanda interna e pubblica (export secondario) sono di fatto tagliate perchè quanto a punto b) ...
      e) lo Stato non controlla più la moneta con tutti annessi e connessi.
      Dire quello che dice Piga a fine 2016 suona un po' stonato ma tant'è, lui è professore mentre io non sono nessuno...

      Elimina
  3. Che delusione umana e professionale Gustavo Piga, votato ad un'improntitudine degna di un Renzi qualunque.
    Leggere la conversazione nella quale pronuncia una serie di "perle" tra le quali quella richiamata nel post dà l'esatta dimensione di cosa significhi non possedere le "necessarie risorse culturali".

    RispondiElimina
  4. Grazie per quest’altro post straordinario.
    Semplicemente stavamo annegando da molto prima che intervenisse l’austerità. Lo ha capito ormai anche il cane della mia vicina.

    Mi permetto di aggiungere che il prof. Piga (tra un incontro e l’altro in Confindustria) dovrebbe leggersi anche il discorso di Constâncio del 23 Maggio 2013 a tutti noto, nel quale l’allora Vicepresidente della BCE ovviamente era costretto ad ammettere dopo cinque anni solo una mezza verità, l’altra mezza (ovvero che il problema è l’€uro-gold standard studiato come strumento di massacro di massa) non potendola dichiarare : “…

    La più vecchia narrativa della crisi, progressivamente corretta dagli accademici ma ancora popolare tra alcuni segmenti dell’opinione pubblica, recita all’incirca così: Non c’era niente che non andasse con il progetto iniziale dell’unione monetaria europea, e la crisi è scoppiata per lo più perché diversi paesi periferici NON HANNO RISPETTATO QUEL PROGETTO – IN PARTICOLARE LE REGOLE FISCALI E IL PATTO DI STABILITÀ E CRESCITA – generando una crisi di debito sovrano. Questa è la storia “il problema è essenzialmente fiscale” … Nonostante questa sia una storia internamente coerente, NON È CORRETTA…non c’è una forte correlazione tra il rispetto del Patto di Stabilità e Crescita di un membro dell’eurozona. Per esempio, Germania e Francia non hanno rispettato tale Patto nel 2003-2004; mentre Spagna e Irlanda lo hanno rispettato più o meno pienamente fino al 2007. In secondo luogo, non c’è stato un aumento uniforme nell’indebitamento pubblico durante i primi anni della valuta comune …in certi paesi il debito pubblico è decresciuto, e in qualcuno è diminuito sostanzialmente

    … al contrario dei livelli del debito pubblico, IL LIVELLO DEL DEBITO PRIVATO è aumentato nei primi 7 anni dell’euro del 27%. L’aumento è stato particolarmente pronunciato in Grecia (217%), Irlanda (101%), Spagna (75,2%), e Portogallo (49%), tutti paesi che sono stati sottoposti a grandissimo stress durante la recente crisi. Da dove venivano i finanziamenti che hanno fatto esplodere il debito privato? Un aspetto particolare (NdR: studiato a tavolino) del processo di integrazione finanziaria europea dopo l’introduzione dell’euro È STATO UN DECISO INCREMENTO NELLE ATTIVITÀ BANCARIE TRA PAESI. L’ESPOSIZIONE DELLE BANCHE DEI PAESI DEL CENTRO VERSO I PAESI DELLA PERIFERIA È PIÙ CHE QUINTUPLICATA TRA L’INTRODUZIONE DELL’EURO E L’INIZIO DELLA CRISI FINANZIARIA… nessuno aveva previsto che un “sudden stop”, caratteristico delle economie emergenti, potesse accadere nell’eurozona …”.

    Il prof. Piga non si è mai chiesto come mai gli “idioti di Dusserdolf” del puttaniere Hartz prestassero denaro a piene mani ai PIIGS? E soprattutto, non si è mai chiesto perché Monti ha varato, solo DOPO il sudden stop, l’austerità lacrime e sangue vantandosi di aver distrutto la domanda interna? Diamine, è un professore universitario.

    Caro Presidente, non c’è nulla da fare quando i dati scientifici sono filtrati dalla lente ideologica (http://www.blitzquotidiano.it/opinioni/gustavo-piga-opinioni/euro-senza-italia-morta-ma-cosi-arma-1782836/). Posso capire quello che pensa il prof. Bagnai dei propri colleghi e come possa sentirsi.

    Comunque, la conta ormai è semplice e va al di là del politically correct: chi è fedele alla Costituzione e chi la tradisce in qualunque modo (con dolo o con colpa). Punto

    RispondiElimina
  5. Piga?

    Uno dei primi economisti che anni fa "testai": da come filtrava i commenti ebbi subito un netta impressione di... come dire... malafede?

    Certo, solo un'impressione.

    Come faceva notare zio Orwell, la potenza della massa - nel celebre episodio dei prolet incazzati al mercato - rimane un urlo, uno sfogo bestiale senza senso.

    Come negli episodi di disordine pubblico in Grecia.

    Questa "potenza" - dunamis - ai auto neutralizza nel momento in cui non è cosciente; e non è cosciente a causa della propaganda.

    E la propaganda è il più grande segno del livello di compattezza delle classi dominanti.

    E questa è garantita da una serie di istituzioni. L' arché.

    Che cristallizza il kratos.

    (Stando con Porcaro, oltre che « compagno Machiavelli », aggiungerei « compagno Platone »)

    Ora: la situazione è talmente compromessa che non vedo altro tipo di resistenza che non quella culturale.

    La propaganda è totale e omogenea su gran parte del globo, e, purtroppo, come annota Domenico, le vittime più psicoticamente annientate dai media goebbelsiani sono proprio gli appartenenti alla borghesia semicolta.

    Cosa si vuol dire a costoro? Che hanno buttato via gli anni migliori della loro vita a studiare inutili cazzate? Che persone di bassissimo livello d istruzione sono più intellettualmente libere e hanno più capacità di cognizione di questa gente?

    È inutile perdere tempo con costoro: sono vittime, e, allo stesso tempo, carnefici di se stesse.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Il complemento di quello che affermi con la consueta graffiante lucidità, in relazione al contenuto della "resistenza culturale" sta nel finale del commento di Francesco che precede (lo aggiungo per i lettori):

      "Comunque, la conta ormai è semplice e va al di là del politically correct: chi è fedele alla Costituzione e chi la tradisce in qualunque modo (con dolo o con colpa). Punto"

      Elimina
  6. Ho visto il dibattito di Chianciano:

    1 - Moreno è inutile che si nasconda dietro un dito con "l'uscita da sinistra": la cosa mi infastidì parecchio già sulla questione dei fire sales in cui litigarono Bagnai e Brancaccio (che, mentre, quest'ultimo sosteneva tali posizioni, chiamava il pubblico "compagni")

    Quella roba dell'uscita da sinistra è un frame per il gregge: è inutile che Moreno si arrampichi sui vetri e neghi.

    Questo frame spinge la destra (ovvero "Salvini", ovvero "BBBerlusca", ovvero l'Hitler nazifascista che utile a dare un'identità becero-buonista "antifascista") ad arroccarsi su posizioni tanto più becere-demagogiche quanto più consenso elettorale si ottiene da coloro che non possono sopportare (a buon motivo) il gregge dell'altro colore. (O, meglio, dell'altro lato del pascolo: alla sinistra)

    Invece di trovare coscienza e coesione nazionale e di classe su motivi di carattere strutturali - ossia nella Costituzione solidaristica, keynesiana e antiliberista - si segmenta la coscienza politica e sociale in funzione di slogan espressione di quella falsa coscienza che è parte della sovrastruttura.

    Porcaro mi è piaciuto molto, invece: si è dichiarato "non di sinistra".

    Sembra banale ma non lo è. Non mi meraviglierei se leggesse il blog.

    Marx era di sinistra? Lenin era di sinistra?

    Erano socialisti o comunisti: punto.

    E Marx ed Engels scrissero il Manifesto del partito comunista e non "socialista", perché in quel periodo chi si faceva chiamare "socialista" era ai loro occhi "compromesso politicamente".

    Similmente, spesso i liberali si facevano chiamare "democratici".

    E, da almeno la Rivoluzione francese, a sinistra nel parlamento si sedeva il "terzo stato": i liberali.

    I socialisti rappresentano il "quarto stato": i proletari.

    Quelli che nella Storia sono sempre stati chiamati "schiavi" finché hanno avuto la fortuna di essere di proprietà di qualcuno ed essere curati al pari di attrezzi, terra ed immobili.

    Poi, da salariati sono finiti in leasing, con obblighi unilaterali visto che l'impresa che li produceva e metteva sul mercato era Madre Terra, che difficilmente reclama su questioni di piccolo conto come i contratti e che chiede gli interessi in tempi geologici (poi, il lavoratore è notoriamente biodegradabile).

    Un affare: con il gold standard il padrone doveva occuparsi solo delle macchine, e pagare la rata-salario (in realtà, a Madre Terra).

    Alla radicalità si risponde con la radicalità. Punto.

    Si parla con tutti ma non si transige sui valori: ovvero quando si parla di struttura.

    O si è radicalmente democratici o non lo si è.

    La concertazione e il compromesso, sui temi strutturali, è solo cialtroneria.


    (Complimenti per il pathos)

    RispondiElimina