mercoledì 16 novembre 2016

DOLLARO UP OR DOWN? TRUMP TRA WAL-MART E IL PIANO MARSHALL (politically inverted)?


http://www.asset1.net/tv/pictures/356/200/movie/caught-in-the-crossfire-2010/Caught-in-the-Crossfire-TC.jpg

1. Discorrendo e "corrispondendo" con amici che di economia ne sanno molto più di me, ci si poneva la questione se il ciclone Trump assumerà una veste di svalutazione o rivalutazione del dollaro
E tenete conto che la svalutazione del dollaro va a neutralizzare i pochi effetti benefici del QE e porta praticamente al collasso finale l'eurozona...semplicemente per "termination" degli espedienti a disposizione per mantenerla in vita (visto che ci attende pure il redde rationem della crisi bancaria, laddove le "soluzioni di mercato", cioè senza oneri per le nostre finanze pubbliche, ovvero per i contribuenti-risparmiatori, non si presentano all'appello)...
Le ragioni in un senso o nell'altro, ora raccordate con l'attuale percezione di un ritorno alla "aspettativa" di un aggancio del dollaro alla pressocché parità con l'euro (1:1 o giù di lì), le avevamo viste nel corso del tempo, in relazione all'evoluzione della trattativa per il TTIP.
 
Oggi poi, l'amico Mattia Corsini, nel sollevare la questione della cooperazione di Sanders, - ove mai Trump volesse veramente risolvere il problema del mercato del lavoro e della crescita salariale reale negli USA-, rinvia implicitamente alla relazione tra l'aspetto del corso della valuta statunitense e il livello dell'occupazione.


2. Per livello dell'occupazione ci riferiamo alla crescita di quella "buona", cioè non rilevante solo ai fini statistici ufficiali (elettoralistici in sostanza): la dura lezione subita dalla Clinton, come abbiamo già evidenziato, appartiene proprio ai pesanti effetti collaterali di questo equivoco, (o trucco propagandistico). 
Un trucco, peraltro, come dovrebbero attentamente considerare tutti i governanti degli Stati UEM, generalizzato in tutto l'Occidente sottomesso al paradigma del Washington Consensus; fino alla sua forma più hard, che è l'eurozona (in quanto mercantilista e quindi deflazionista a-qualsiasi-costo, come auspicava Einaudi per "il mercato comune" fin dagli anni '50).
E che l'eurozona sia un'area mercantilista aggiogata alla Germania ce lo conferma l'ennesima pantomima della Commissione sugli squilibri eccessivi della Germania nel surplus delle partite correnti.  
A parte la già vista risibilità delle sanzioni, (qui, p.5) ove mai applicate, a parte che sono almeno tre anni che viene tirato fuori questo surplus senza alcun esito concludente, l'attuale (ennesimo) risveglio tardivo della Commissione, nasce dalla prevalente intenzione di mettere i puntini sul "debito pubblico eccessivo" italiano, facendone la leva con cui catapultare l'austerità sul deficit-fabbisogno pubblico annuale (amplificando il drenaggio di liquidità per via fiscale, che è alla base delle sofferenze che travolgono il nostro sistema bancario...per spostarne il controllo in mani estere).
 
3. Ora, per trovare un filo conduttore che raccordi alla domanda iniziale (che farà il dollaro con Trump), il problema del mercato del lavoro USA, dovremmo cercare anzitutto di assumere il punto di vista di Trump: è un tycoon, ha relazioni personali e ambientali con altri grandi employers (cioè datori di lavoro), è repubblicano, quindi non certamente incline all'interventismo statale di tipo "socialista", che agisce sulla tutela del lavoro legiferando in modo esplicito, in genere in conseguenza di apposite norme costituzionali proprie delle "democrazie sociali" (queste clausole costituzionali, come sappiamo, sono dichiarate "fondamentali" e non revisionabili: aspetti impensabili rispetto alla Costituzione federalista americana, sia storicamente, sia ideologicamente, cosa che conta ancora di più della risalenza al XVIII secolo di quella Costituzione). 
Ma la digressione sulla tutela costituzional-legislativa del diritto al lavoro, lo chiudo qui rammentando il suo intreccio con la riforma costituzionale.

4. Tornando a "bomba" (senza "er", sia chiaro), possiamo escludere quindi che Trump faccia qualcosa di simile al rinforzare (o meglio "rigenerare") la legislazione del lavoro che prese vita dopo il New Deal.
Consigliamo di andarsi a rileggere, nella Storia dell'economia di Galbraith (pagg. 280-283), come già lo Employment Act of 1946 fu in realtà una trasformazione (intrinsecamente di respingimento del keynesismo) dell'originario - e ben diverso- Full Employment Bill of 1945
E' pur vero che nel 1978, la legge del 1946 fu emendata con una normativa chiamata "the Full Employment and Balanced Growth Act": ma nel frattempo era passata l'idea che l'intervento fiscale diretto, di sostegno pubblico all'occupazione, fosse comunque connesso alla crescita "bilanciata" con la stabilità dei prezzi, e quindi i vari Comitati esecutivi della legislazione del lavoro assumono ormai il loro compito come vigilanza, (dell'Esecutivo e del Congresso), sull'azione della Fed conforme al suo mandato misto (o "dual")
Oggi, quindi, nessuno dubita di dover annettere un peso minore, e comunque un'assenza di qualsiasi vincolo automatico, al "compensatory spending" dello Stato, ormai circondato da una diffidenza che è giunta fino a Star Trek, come paradigma del futuro (pop): "In the Star Trek: Deep Space 9 episode Past Tense, the Employment Act was repealed, one of the changes in the future of 2024".

5. Insomma, Sanders appare un attore marginale, e un alleato di Trump attualmente improbabile, in questo contesto consolidato: anche se non si può mai dire, di qui a pochi anni, come sostiene Reich, v.qui, infine, p.6,, alla faccia di Star Trek. Ma attenzione, nella premonizione di Reich, c'è prima una gigantesca crisi finanziaria ulteriore che affliggerà la presidenza corrispondente a quella di Trump!

Cosa rimane dunque a Trump per rilanciare l'occupazione "vera" - non walmartizzata-, senza dover tradire le aspettative dei suoi elettori (che certo non possono per sempre essere tenuti a freno dalla crociata contro il "politically correct")?
Escluso il perseguimento diretto del "Full Employment" legato a interventi di spending esclusivamente mirati a ciò, gli si prospetta, anche per vocazione naturale, la Balanced Growth.
Di qui, anzitutto, un ovvio programma di investimenti pubblici in infrastrutture (non necessariamente "pubbliche": basta siano di "interesse pubblico", con commesse ai privati: e lui è un costruttore..).
Non a caso Zerohedge, collegando i puntini della curva di Phillips, parla di "Trump Reflation Rally", implicando una correlazione (inversa) tra livello dell'inflazione e livello dell'occupazione.

6. Ma il fiscal stimulus di Trump non può che essere repubblicano, anche se più "nazionalista" di quelli dei suoi ultimi predecessori, di entrambi i partiti: cioè "including a pledges to cut taxes, spend more than $500 billion on infrastructure and restrict imports". Promette tagli di tasse e 500 miliardi di spesa pubblica in infrastrutture. E "restrizione delle importazioni".
Sì perché aumentare il deficit, e promuovere più occupazione, porta sicuramente a un aumento della domanda interna, e quindi a una spinta inflazionistica, ma anche, date le condizioni della dislocazione della produzione mondiale dei beni, all'aumento dello squilibrio estero dei conti. Circostanza che, come sappiamo, contribuisce a rendere fuori controllo il deficit pubblico, aumentandone l'impatto inflazionistico "puro" (cioè non legato all'aumento della produttività nazionale), e rendendo insostenibile la sua posizione.
I dati su disoccupazione, vera e "ufficiale", deficit pubblico e spesa pubblica USA, afflitta dai costi sociali propri del tipo di mercato del lavoro che si è andato affermando, potete verificarli qui.

7. Ma, sebbene la Cina già si sia posta in allarme, non basta limitare le importazioni per promuovere la creazione rapida di "real jobs" (task affidato a imprese di dimensioni consolidate, possibilmente manifatturiere, e che possano contare sulla stabilità della domanda creata da redditi interni "solvibili").
Occorrono politiche industriali, l'altro grande strumento a disposizione di qualsiasi presidente, e compatibile con la filosofia politico-economica attuale, applicativa dell'Employment Act: anche se molto meno compatibile con il ruolo del dollaro e il suo "esorbitante privilegio" di essere valuta degli scambi internazionali, sopravvalutata, a prescindere dai conti con l'estero.

US Unemployment Rate Chart

http://www.tradingeconomics.com/charts/og.png?url=/united-states/current-account

7.1. L'ideale dunque è riuscire a contemperare la creazione di reddito e lavoro "effettivi", (e fuoriuscenti dai numerini U3, riducendo cioè U6), con una ragionevole correzione delle ragioni di scambio commerciale con l'estero, senza dover proseguire nel liberoscambismo che, sul versante USA, ha finora puntato sulla forza relativa della finanza di Wall Street, che procura entrate nella partita "redditi" (e dei servizi), ma non rilancia l'occupazione "buona"; ed anzi, vincola a proseguire nella crescita affidata solo ai consumi, che divengono una montagna di sub-prime.
La situazione, abbastanza aggiornata, delle partite correnti USA è questa, infatti (i saldi del grafico di cui sopra, semmai, ci dicono di un lieve peggioramento nel 2016):

https://docbea.files.wordpress.com/2016/03/current-account-balance-317.png?w=475&h=244

http://images.advisornet.ca/e-newsletters/chart1-march-2015.jpg
7.2. E ciò in contrapposizione alla distribuzione del reddito che coinvolge almeno l'80% della popolazione USA (come abbiamo già visto qui):

http://www.cbpp.org/sites/default/files/styles/downsample150to92/public/atoms/files/11-28-11pov_rev7-29-16-f2.png?itok=US9SO6uQ
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1280px-US_productivity_and_real_wages.jpg

8. La situazione che Trump deve risolvere è dunque ricca di variabili negative e di difficoltà tra scelte difficilmente conciliabili, proprio nella sua ottica di appartenenza sociale, prima che politica.
Ma c'è una via d'uscita un po' ardita
Che è quella che passa per le relazioni geo-politiche con l'€uropa e per il ragionevole principio che, se devo migliorare i conti con l'estero e creare occupazione "buona" (non necessariamente ben pagata, come ci dice il grafico appena sopra), devo passare per il rafforzamento delle filiere industriali in cui ho un qual certo vantaggio tecnologico e di "specializzazione", non essendo utile a tal fine il settore dei servizi finanziari (che è già una voce positiva delle partite correnti e non è idoneo a incrementare il livello occupazionale, dato il basso rapporto numero addetti/prodotto complessivo).

Ecco dunque che si inserisce anche la questione della rivalutazione o svalutazione del dollaro: in sintesi, ricalca la dicotomia "svaluto per vendere all'estero il mio prodotto <=> rivaluto per acquisire il controllo dell'industria concorrente". 
In definitiva, una questione di rapporti geo-politici, se consideriamo che l'industria più solida degli Stati Uniti è quella dell'armamento (il famoso "complesso militar-industriale di Eisenhower, p.1").

9. La cosa potrebbe funzionare più o meno così.
E' vero che Trump spinge al rientro dei capitali, anche con un condono fiscale a aliquota ridotta, - e dunque questo può far supporre una rivalutazione del dollaro-, ma è anche vero che le attese sono reflazioniste (non disgiunte da misure di "razionamento"sui prodotti cino-asiatici...detesto l'uso allargato di "protezionismo" finchè ci sono BC indipendenti e libera circolazione dei capitali).

Non solo ma il dollaro debole può ben servirgli per proporre un trade-off tra eurobreak e (auspicato) riarmo euro-NATO (la cui dimensione di spesa sarebbe fiscalmente insostenibile dentro l'eurozona).

9. Sul punto il quadro delle prospettive stabilite dal paradigma normativo UE è contrastante.
Infatti, anche facendo leva sulle direttive difesa UE e sulle conseguenti raccomandazioni di Consiglio e Commissione, l'idea sarebbe di farci importare moooolte armi, intanto che gli americani entrano (o almeno negoziano di entrare) nei megaconglomerati produttivi UE, da sviluppare (obbligatoriamente)...cedendo il controllo sulle nostre (fiorenti) industrie del settore.

Inoltre, lo stesso trend UE, già patrocinato dalla NATO, è quello di ridurre i dipendenti pubblici della difesa (truppe incluse) e affidarsi a contractor privati "operativi", settore in cui le corporations USA sono leader.
A tal fine, al dollaro conviene stare basso nella prima fase di riarmo, che per loro è un export (ammesso che la loro tecnologia sia così appetibile; ma per gli F-35 non è stato un problema). 
Un business enorme in rapporto all'incremento di spesa su PIL: in media, per sopperire allo sganciamento USA dalla Nato, occorrerebbero approssimativamente circa due punti di PIL a paese-membro ALL'ANNO.
Mercenari included (qui, attenzione, i britannici pure sono piazzatissimi).
 
10. Questo sarebbe il neo-Piano Marshall: farci pagare o affittarci ciò che prima elargivano gratis...ma avendoci imposto UE e euro...
Ci si potrebbe persino stare, ma a condizione di saper negoziare il mantenimento del controllo della nostra filiera del settore.
 
Invece, per gli IDE-acquisizioni-joint venture, conviene naturalmente che il dollaro sia ragionevolmente alto.
E questo in una seconda fase, che non si può prevedere, allo stato, "quando" debba prevalere sulla prima (dipende da quando riescono a imporre la ristrutturazione industriale dei "conglomerati" europei: magari proprio come trade-off rispetto all'eurobreak). Le due fasi potrebbero pure "intrecciarsi" fino a che non ne prevalga una...
Ma se questa dinamica risulterà verosimile, il trend di svalutazione o rivalutazione del dollaro, legato alla presidenza Trump, sarà rilevabile solo nel medio periodo, lungo lo sviluppo (industriale) di questo processo di "sganciamento USA vs. riarmo europeo".

11. Da notare che, dal punto di vista politico, si tratta di una vera e propria inversione, rispetto al Piano Marshall: questo serviva a finanziare consumi ed investimenti nell'economia civile di un'Europa da ricostruire, in modo che gli Stati coinvolti poteressero spendere per acquistare beni strumentali e di consumo statunitensi, e dunque acquistabili solo in dollari. 
In cambio, gli USA spendevano in armi e personale militare, all'interno del loro bilancio fiscale, per fornire protezione armata sul territorio europeo.

In questo caso, all'opposto, si tratta di far finanziare agli €uropei, con la loro spesa pubblica, un riarmo che sostituisca il venir meno (progressivo) del "presidio" militare USA
E in cambio, forse, si consentirebbe alla maggior parte dell'Europa, cioè agli Stati dell'eurozona, di respirare un po', grazie alla recuperata sovranità monetaria e fiscale, in modo di potersi...autoproteggere, importando armi (e servizi militari) dagli USA.
Forse...

19 commenti:

  1. Mi permetto di segnalare alcuni passaggi non chiari, non so se limiti personali o per errori di battitura:
    1. «(visto che ci attende pure il redde rationem della crisi bancaria e "soluzioni di mercato", senza oneri per le nostre finanze pubbliche, o per i contribuenti-risparmiatori, *non si presentano all'appello*)»
    2. «nasce dalla prevalente intenzione di mettere i puntini sul "debito pubblico eccessivo" italiano facendone la leva con cui catapultare l'austerità sul deficit-fabbisogno pubblico annuale, *in cui l'Italia *»

    Grazie e buon lavoro.

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    1. Il 1° passaggio era giusto: l'ho cambiato per renderlo più chiaro.

      Il 2° in effetti era un "incompleto"; e l'ho completato.
      Grazie delle segnalazioni.

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  2. Se è vero che Trump ha già chiesto la reintroduzione del Glass-Steagal Act, non mi stupirei di una inversione totale di tendenza: svalutazione del dollaro E stop alla marcia imperialistica del grande capitale americano verso il mondo distopico orwelliano.

    La questione è in realtà semplice: non esiste una risposta all'ordine sociale che non sia democratico sostanziale e keynesiano.

    È inutile che l'archetipo triadico della psicopatia Kissinger-Rockefeller- brzezinski se la prenda con i neocons o con il neoliberalismo-clintoniano: sono il loro naturale prodotto. Hanno fallito: gli uomini più potenti della terra sono dei falliti.

    Che conseguenza ha tutto ciò in rapporto alla « Tecnica scatenata »?

    La competizione economico/tecnica fa parte di quella classe di competizioni... che non ha vincitori.

    A causa della tecnica e dell'energia che superano di gran lunga il controllo dell'uomo, il monopolista finisce con la sua famiglia come le vittime in Yemen.

    Come diceva Marx, siamo in un mondo « invertito », e in un mondo invertito è strutturale che come "élite" (de me nona) ci si ritrovi degli invertiti.

    La verità è che solo per sopravvivenza una parte dell'élite imperiale ha compreso che essa stessa - ESSI - sono la patologia stessa del sistema: quel famoso "fuori onda" della Regina Elisabetta, come dall'inizio alcuni commentatori hanno sottolineato, non è stato "casuale": il Brexit viene così a sembrare come la volontà di una parte dell'élite (vera) di arrivare ad un ordine mondiale multipolare, e, probabilmente, accettando la dedollarizzazione.

    Per il semplice fatto che, come "casualmente" si è fatta scappare la Regina davanti a milioni di ascoltatori - tradotto - si era a rischio della scomparsa della razza umana.

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  3. Hayek era un sociopatico conclamato - cari Signori elitisti - e che istituzioni sane potrebbero mai nascere da visioni di ordine sociale di questo tipo di studiosi?

    Quello che son riusciti a fare nell'ottocento i banchieri, non possono più farlo ora: anche se deindustrializzassero e disarmassero tutto il pianeta blocchi contrapposti compresi, avrebbero la necessità di disarmare anche se stessi. Perché nessun gruppo umano può gestire un potere così concentrato.

    Un potere che - grazie alla Tecnica - è inconcepibilmente sproporzionato rispetto a quello a disposizione di qualsiasi imperatore o generale della storia umana.

    L'unico modo di far star insieme il pianeta che cade a pezzi, è la democrazia: e la democrazia passa dallo sviluppo degli stati nazionali.

    Non è assolutamente un caso che venga confermato anche da Flassbeck che dietro Trump (come nel caso del Brexit, aggiungo io) il capitale sia stato trascinato da pezzi importanti di Stato - parti di istituzioni e strutture - che hanno sempre puntellato il vecchio ordine imperiale.

    Nessuno, al di fuori di questi spazi, può capire fino in fondo Flassbeck:

    « E’ sufficiente rinunciare ad ogni senso di moralità per sentirsi moralmente superiori. Come “femministe” noi difendiamo le donne se sono le nostre donne, quelle della nostra classe, della bolla in cui noi viviamo, isolati dalle sofferenze dell’umanità. Bombardare donne e bambini non ci riguarda. [...]

    La più grande bugia che i liberal stanno creando è che Trump sta portando il fascismo, mentre invece il fascismo è già qui – [...] nelle periferie impoverite di Baltimora, dove la speranza di vita è più bassa che nel Bangladesh, ripetetelo ad un contadino afghano che ha perso la sua famiglia in un attacco di droni, o a un veterano, che soffre di stress post traumatico, che dorme da qualche parte per strada e che rischia di essere prelevato dalla polizia nel paese più ricco del mondo e sentite se LORO non lo chiameranno fascismo. [...]

    Sono i liberali che hanno promosso il fascismo. Lo hanno razionalizzato, lo hanno giustificato, lo hanno celebrato. E’ stato semplicemente il loro compito.»

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  4. Altro che "sinistra" facendo intendere i "comunisti", i "socialisti"!

    TUTTA la sinistra moderna è liberale!

    *Solo* in questo senso è corretto affermare che "non esistono più destra e sinistra": destra e sinistra politiche sono entrambe liberali, e la sinistra economica - quella socialista! - non ha rappresentanza politica.

    Grazie Gadamer...

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  5. Come ho avuto modo di scrivere non dovremmo confondere il vento montante della de-globalizzazione con la fine della globalizzazione. Trump ha vinto ma: “Le potentissime forze oligarchiche che hanno tenuto in pugno le sorti del mondo per quattro decenni sono ancora tutte ai loro posti di comando: controllano le borse e le banche sistemiche, sono alla testa dei conglomerati finanziari e dei consigli di amministrazione delle più potenti multinazionali, tirano i fili delle università e dei think tank, spadroneggiano nel mondo della cultura e dell'informazione, hanno infiltrato gli Stati ed i loro apparati coercitivi.”.
    Tuttavia viene anche dagli USA la conferma che si il ciclo mondialista ha toccato il suo apice.
    Venendo alla politica economica di Trump.
    Giuste le considerazioni di Luciano.
    Tenderei tuttavia ad escludere che gli USA faranno leva sulla svalutazione. Piuttosto preferiranno una riedizione della reaganomics, puntando sull'aumento del tasso d'interesse (per altro già adesso la Fed di Yellen va ponendo fine al Qe) ed un dollaro forte. Ovvero: calamitare negli USA capitali da ogni parte del mondo per finanziare ricapitalizzazioni di imprese e tenere a galla la costellazione di giganti finanziari e bancari made in USA; per piazzare titoli e obbligazioni per finanziare così la spesa pubblica: e per evitare eventuali spinte inflazionistiche a cui il settore privato potrebbe ricorrere ove ci fosse davvero l'inversione effettiva della curva del monte salari.
    L'impatto sulla Ue sarà profondo.
    Draghi e la Bce dovranno, per evitare una generale fuga dei capitali, porre presto fine al Qe e correre a ripari alzando il tasso d'interesse. Che è proprio ciò che vuole la grande finanza tedesca.
    Quindi guai serissimi per il nostro Paese, in particolare per il suo malmesso sistema bancario, pieno zeppo non solo di Npl ma di titoli di debito pubblico, che si deprezzeranno facendo salire il premio da consegnare a chi voglia tenerseli.

    Moreno Pasquinelli

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    1. Caro Moreno,
      la reaganomics e i tradizionali capisaldi del monetarismo sono proprio il modello la cui entrata in crisi segna il nuovo corso, obbligato, di cui Trump è espressione.

      La prospettiva è: "come gestire la concretizzazione progressiva de-dollarizzazione, senza far finire la Nazione più potente della Terra nelle mani della "sola" finanza, il cui controllo mediatico-culturale segna ormai evidenti limiti?"

      Forse in Italia il punto non è chiaro e si continua a ragionare come se gli americani siano, in blocco, degli alieni e non solo un grande popolo pragmatico, (e certamente aggressivo), oggi in preda di psicopatici. Potentissimi, ma pur sempre pochi. E questo "conta" quando si inizia la "conta"...

      Il giochetto di attirare capitali, al contrario, penso che sia sempre più percepito come insostenibile: tutti sanno che lo scoppio della bolla è imminente; e il suo sottostante sono i debiti sub-prime della "gente": cioè di una maggioranza degli americani che inizia a divenire "too big to be managed".
      Una massa che, per ora, protesta col voto. Poi, potrebbe non accontentarsi di ciò; e parliamo degli USA.

      Per il resto, sulle prospettive di svalutazione rinvio ai grafici coi dati e ai commenti di Bazaar (specialmente l'incipit del primo).
      Il dollaro indebolito ha molte logiche e molti vantaggi, di medio e breve termine, che lo rendono più praticabile della linea opposta.

      Flassbeck (v.sempre i commenti di Bazaar) ci indica alcune solide ragioni politico-economiche che sono i principi generali che avvalorano l'ipotesi formulata nel post).

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    2. Per onestà intellettuale, la riflessione sul rapporto tra tecnica e potere in blocco al commento è una rielaborazione presa paro-paro da Carl Schmitt... che piuttosto di dar come ovvia soluzione la socializzazione del potere, si è poi dato all'esoterismo "tellurico". (Oggi concretamente rappresentato dal blocco eurasista).

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  6. Caro Luciano,


    Da Repubblica Finanza di oggi, 18/11:

    «MILANO - Continua il rafforzamento del dollaro contro le principali valute mondiali, con l'euro che tocca in avvio di giornata i nuovi minimi da un anno sotto quota 1,06 contro il biglietto verde. Una dinamica innescata dalla forza dell'economia americana ma accelerata con decisione dopo la vittoria di Donald Trump. Secondo gli operatori, le politiche economiche annunciate dal presidente eletto (un menu di tagli di tasse e investi) avranno impatto sulla crescita, sui posti di lavoro e quindi sull'inflazione. Con i prezzi in crescita, la Fed potrebbe esser costretta ad alzare i tassi più rapidamente del previsto: la stessa Janet Yellen ha spiegato ieri che "presto" arriverà la prima mossa (i mercati danno per certa la riunione di metà dicembre) e che se la Fed non agisse per tempo rischierebbe di trovarsi a dover rincorrere in futuro la dinamica dei prezzi. Secondo i gestori partecipanti al Reuters Global Investment Summit, proprio l'intensità del rafforzamento del dollaro sarà una delle variabili centrali per i mercati il prossimo anno, con rischi di ripercussioni sui mercati emergenti e sulle entità indebitate in dollari, che vedono rincarare il costo del loro indebitamento. Sta di fatto che dalla vittoria di Trump, il dollaro ha guadagnato il 3,2% sull'euro, il 4% sullo yen e l'1,9% sullo yuan cinese, che è ai minimi da otto anni».

    Da Il Sole di oggi 18/11:

    « A questo punto sarebbe clamoroso un dietrofront della Fed. Perché i mercati da ieri prezzano con una probabilità del 96% un rialzo dei tassi negli Usa nella riunione del 14 dicembre. Che i mercati scontino tale scenario è evidente leggendo i movimenti del dollaro e dei rendimenti dei titoli di Stato americani. Il dollaro continua a rafforzarsi contro tutte le principali valute internazionali....»

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    1. Trump è stato eletto come nuovo presidente degli USA, ma fino a gennaio l'establishment democratico americano è al potere è farà di tutto per redendere difficile l'inizio della presidenza del nuovo presidente degli USA Trump. Fino a gennaio l'ammistrazione Obama farà di tutto per danneggiare Trump, fregandosene altamente del impatto negativo sul popolo degli USA.
      Sintomatico il viaggio di Obama in Europa pochi giorni della scadenza della sua scellerata presidenza. Il suo richiamo agli Europei di tenere unita l'europa (UE è EZ) è di sottoscrivere il CETA ha veramente del surreale. L'elogio alla Merkel di Obama come unico faro in un Europa in declino è semplicemente discustoso è rivoltante. Merkel che ha affossato la Grecia, che sta affossando il Sud Europa è in generale l'intera Europa viene chiamata "faro d'europa". Lo "Spiegel" ha subito approfitato del elogio di Obaman alla Merkel creando lo Spin delirante "Merkel the new leader of the free world".

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    2. Meglio, tutto sommato.
      La Germania viene individuata dall'avversario interno come ad esso solidale.

      Dunque la Germania prende sempre più esattamente la posizione che rende plausibile l'ipotesi da me formulata: sarà inequivocabilmente chiaro, a Trump, che lo sganciamento "Nato", permanendo l'eurozona, sarebbe solo il rafforzamento militare, e geo-politico, della Germania.
      Col suo surplus-monstre e la sua incompatibile tendenza al Drang nach Osten

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  7. La posizione di Andrea Mazzalai (Icebergfinanza) che aveva previsto dal 2010, su base empirica derivante dall'analisi di passate esperienze storiche, la deflazione da debiti e che da due anni investe con successo sulla rivalutazione del dollaro e dei titoli di debito pubblico statunitense. Lui continua a prevedere la rivalutazione del dollaro o comunque nessuna sottovalutazione sensibile rispetto ai valori attuali:

    http://icebergfinanza.finanza.com/2016/11/16/trump-moment-pura-illusione/

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    1. Rispondo anche a Moreno:
      a) la rivalutazione è speculativa, per definizione di breve termine, basata su aspettative contagiose e non fondate altro che sul conformismo "ambiental-finanziario". Ovvero, di brevissimo termine.

      a1) Aspettiamo almeno i primi mesi di policies, specialmente internazionali e fiscali di Trump. Prima è inutile affidarsi ai giornaloni...che normalmente ti portano dove vogliono ESSI: rammentiamo il rally dell'oro a fine 2015.
      Fiammate.

      b) la Yellen può pure rialzare i tassi e rafforzare il dollaro: ma questo accelererà soltanto le probabilità di esplosione di una nuova bolla. E può darsi che, politicamente, sia proprio quello che vuole la sua "appartenenza".

      Non tanto perché renda un "non senso" un nuovo afflusso di capitali in USA, che nessuno saprebbe bene dove investire (se non affidandosi all'insider trading di breve periodo), ma perché una politica deflazionista, ora, a mercato del lavoro invariato, accelererebbe soltanto l'accumulo di debiti sub-prime e il collocamento dei relativi titoli "junks" strutturati; e quindi l'esplosivo stockato nella Santa Barbara del Titanic.

      c) un rialzo dei tassi, se porta a deflazione aggiuntiva, accelerando esplosioni di bolle e contrastando qualsiasi aspirazione reflazionista e di incremento occupazionale voluti da Trump (se ancora li vorrà), ha però anche il grande vantaggio di lasciare alla Yellen, in caso di scoppio della bolla, un MARGINE SUL TAGLIO DEI TASSI, CHE NON HA PIU'; E CHE POTREBBE CONSENTIRLE DI PRESENTARSI COME LA SALVATRICE DELLA PATRIA, IN CONTRAPPOSIZIONE A UN TRUMP "INETTO" NEL GESTIRE LA CRISI FINANZIARIA PROSSIMA VENTURA...

      Ci siamo?

      In ogni modo: faccio un'analisi che si proietta su tempi di qualche anno. Mi sbaglierò?
      Vedremo. Magari Trump finisce preda dei suoi correligionari dell'establishment e lascia mercato del lavoro e Nato-geopolitiche così come sono...

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    2. Un grazie a tutti intanto per le sempre interessanti idee insite nei vostri commenti. Io non posso che concordare con 48 in questo caso, anche se gli scenari posti sia dal Sig. Pasquinelli che dal Sig. Monaco mi sembrano altrettanto plausibili. Concordo perchè coi livelli di debito attuali, un rialzo dei tassi non farebbe altro che far esplodere la bolla. Alcuni giorni fa Zerohedge pubblicava questo interessante articolo sulle foreclosures mentre se diamo un occhio alla Cina con il suo debito corporate ci ritroviamo a livelli abnormi. I due "giganti" mondiali hanno i piedi d'argilla. Non so quanto sia salutare per la Yellen alzare i tassi... Il rialzo dei tassi d'interesse introdotto dal 2004, effettuato in vista della ripresa in corso dell'economia statunitense, portò via via allo scoppio della bolla sub-prime...

      Non so se Trump abbia vinto solo per suoi meriti o anche perchè possa servire da "utile idiota". Ma se la Yellen dice che "non vuole la riforma di Wall Street" e che "a breve ci sarà un rialzo dei tassi" in uno scenario di debito elevato, sottoccupazione mascherata da piena occupazione, commercio mondiale fermo, parte di conto corrente nazionale in affondo, debiti privati esteri (quasi) fuori controllo o ci troviamo di fronte al precipizio, per cui Trump è davvero l'utile idiota a cui addossare le colpe del prossimo scoppio bolla, oppure la Yellen dice quello che in realtà NON vuole, quindi si andrà avanti con la riforma di Wall Street cercando nel frattempo di contenere il debito in qualche modo lasciando i tassi come stanno ma lasciando pure correre il corso del dollaro fino ad una sua stabilizzazione "di mercato" chiamiamola così... il dollaro è già sopravvalutato in questo momento visto l'abnorme disavanzo di parte corrente, non vedo come una sana politica monetaria possa insistere in questa strada pena lo strozzare ulteriormente e definitivamente ogni qualsivoglia velleità di ripresa manifatturiera interna... scenario davvero complicato per me mente semplice... vedremo nelle prossime settimane...

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    3. hai meritato una citazione nel prossimo post che cercherà di far legge con più attenzione quanto scritto in questo (che mi pare però chiaro nel distinguere fasi e lags temporali di realizzazione della sua ipotesi) :-)

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  8. Una domanda (forse più di una).
    L'€uropa, oggi, è sempre di più una "Grossdetuschland" (vedi, al riguardo, le analogie normative tra trattati e costituzione tedesca). Ora, disimpegno militare dall'europa e riarmo dei singoli paesi significa anche riarmo tedesco? Perché se gli sono bastati i trattati e l'euro per ridurre la grecia (poi seguiremo noi, soprattutto se vincerà il Si al referendum), ad un "governatorato generale", una volta che gli si concede anche il "riarmo" con la "R" maiuscola non so dove si finirà. O comunque la Storia, da questo punto di vista, può fornire più di un avvertimento.

    Peraltro, un'autonomia militare di "questa" europa, così come è, andrebbe valutata attentamente dalla presidenza Trump. Personalmente, credo che gli USA non possano più esimersi dal "gestire politicamente" l'europa e quello che è diventata. E questa gestione politica non può che passare, a mio avviso, per un contenimento (non solo economico) della Germania. La politica francese di "contenerla con i trattati" si è rivelata un pericolosissimo boomerang ed è fallita: è necessario qualcosa di nuovo.

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    1. D'accordissimo.
      Infatti, la previsione strategica che compio include un "pari" sforzo di riarmo dei paesi europei, che si rafforzino tutti in misura proporzionale fino a un livello omogeneo: cosa che, come ho evidenziato, PUOì AVERSI SOLO FUORI DALL'EURO.

      Il punto del post è un trade-off tra riarmo e fine dell'euro.

      Proprio perché altrimenti si avrebbe solo un rafforzamento tedesco come dici tu...
      Fuori dall'euro, infatti, la Germania si sgonfierebbe per drastica rivalutazione e non potrebbe neppure contare sulla prospettiva dell'avvento della moneta unica, come a metà degli anni '90 (per anticipare i concorrenti e fare deflazione salariale preventiva fino al culmine delle Hartz).

      Sarebbero socialmente quasi impraticabili politiche svalutative deflattivo-salariali aggiuntive...

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  9. Solo per un grazie, a Quarantotto e a tutti. È il quarto mio, credo, e non sarà l'ultimo. Non serve ma non vi rinuncio. Mi risparmiate la lettura di un enorme fascio di giornali (che tra l'altro richiederebbe comunque l'antidoto di una... controlettura), la fatica di ricerche bibliografiche con annesso sforzo di traduzione, lo studio o almeno la compulsazione di parecchi volumi, non solo di economia e diritto - per voi la conoscenza storica è prerequisito e strumento (uno degli); per me è interesse primario, al pari della ricerca di un approccio corretto di pensiero a quanto si tematizza in questo blog.

    Due cose, dunque: subito un bel link a questo post sui social media, e un'altra citazione integrale dei commenti di Bazaar (senza furto di proprietà intellettuale!).

    Vi devo moltissimo.

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