martedì 22 novembre 2016

REFERENDUM, SPREAD, CRISI BANCARIA, OMT, MEMORANDUM E...LA GRANDE TRANVATA


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1. Ooops! Fanno una scoperta...

ALLARMISTI PER IL SÌ - Ft: "Se vince il No, Italia fuori da euro". Confindustria: "Si fermano investimenti". Ma per Nyt il problema è un altro

 
 RENZI

Naturalmente non spiegano bene perché il referendum si colleghi all'uscita dall'euro dell'Italia
Anzi, dicono che per il New York Times "il problema sarebbe un'altro" (come vedremo): non il referendum in sé, ma le sofferenze creditizie in Italia, cioè, l'Unione bancaria che, (ma si ostinano a non voler unire i puntini), coincide con l'euro
E ciò in quanto l'Unione bancaria è il meccanismo assicurativo dei Paesi creditori all'interno di un sistema in cui le insolvenze diffuse sono la conseguenza degli strumenti di correzione degli squilibri commerciali determinati dalle svalutazioni competitive tedesche, poste in essere in violazione dei trattati, ma tollerate dalle istituzioni €uropee...
E tollerate, anzi avallate, in quanto soggette all'indirizzo politico imposto dal paese che ha vinto la guerra commerciale che l'euro era programmato ad innescare: secondo la previsione della "economia sociale di mercato fortemente competitiva". 
Questo bel concetto-chiave, come evidenziava Guarino nel 1993, è in sè il preannuncio (pretesamente) costituzionalizzato (art.3, par.3, del Trattato) di un liberoscambismo, interno all'€uropa, inscindibilmente funzionale ad un sistema di guerra commerciale permanente, che premia il paese più spregiudicatamente dedito al mercantilismo imperialista: che vuol dire, teso a sottomettere, economicamente e politicamente i paesi vicini appropriandosi della loro domanda in grave violazione della "causa" (formalmente) coooperativa dei trattati (v. qui, pp. 3 e 4).

2. Dunque l'euro è lo strumento politico di ridisegno sociale che porta dritti a quelle stesse sofferenze.
Ma...
Cosa c'entra il referendum con tutto questo?
Poco o nulla. 
Immaginiamo che non si fosse percorsa, da parte dell'attuale governo italiano, la priorità della riforma costituzionale e la si fosse lasciata a tempi economicamente più propizi (è una mera ipotesi astratta: non esisteranno mai tempi propizi dentro l'unione monetaria)...

2.1. Ebbene, la presente situazione di redde rationem bancario, che può diventare l'epicentro di una crisi finanziaria mondiale, si sarebbe egualmente manifestata in ogni suo elemento: anzi, probabilmente anche prima, perché, in assenza di una scadenza referendaria in cui il governo "deve" sostenere col consenso la propria proposta,  si sarebbe giunti più rapidamente a chiarire che, per MPS, così come per le altre situazioni di bilancio di altri istituti bancari italiani, la situazione non è risolvibile dal "mercato" e che si arriverà al sacrificio degli obbligazionisti, (gli azionisti hanno visto e vedranno praticamente azzerati i loro valori), e, successivamente, dei depositanti. 
Con, inoltre, il passaggio del controllo del sistema bancario nazionale in mano a "investitori esteri", a prezzi stracciati, accompagnato dall'espropriazione accelerata del patrimonio immobiliare delle famiglie e degli assets aziendali delle imprese strozzate dal credit crunch e dall'austerità fiscal€.

3. La stessa Banca d'Italia, in uno studio del 2016, verificando i valori delle garanzie sottostanti alle "sofferenze", nel paragrafo sulle "principali determinanti delle differenze tra valore di bilancio e prezzo di mercato delle sofferenze", enuncia subito la tragica prospettiva che si sta abbattendo su sistema bancario e risparmio delle famiglie italiane: 
"E' noto che il valore di bilancio (net book value, NBV) delle sofferenze è significativamente superiore a quello che gli investitori attivi in questo mercato (tipicamente fondi di tipo speculativo – hedge funds – internazionali) sono disposti a pagare.".
E mi fermo qui.
Perché questo è il problema attualissimo di MPS, laddove, dalla determinazione dell'esatto prezzo di (s)vendita degli NPLs, dipende la determinazione dell'esatto ammontare dell'aumento di capitale che, però, nessuno pare deciso a sottoscrivere
Anche perché il sistema generatore di sofferenze, cioè l'austerità fiscale e la moneta unica, è ancora in vigore e addirittura in accelerazione applicativa.
Tant'è che oggi, su "Il giornale" si fanno quattro calcoli sulle esigenze sistemiche di ricapitalizzazione bancaria...pubblica.

3. "Mani straniere" interverranno solo quando si potranno impadronire di tutto, banche, complessi aziendali e patrimonio immobiliare, a prezzi ancora più stracciati. 
Basta attendere e, intanto, farsi pagare lautamente gli incarichi di advisor su soluzioni che non risolvono nulla (finché non si giunge a questo punto finale di svendita). 


Laddove, come abbiamo altrettanto visto, lo Stato italiano non potrebbe intervenire, anche fingendo che si potesse incrementare l'indebitamento annuale violando il fiscal compact (come fanno tutti gli altri paesi UEM, d'altra parte: ma per loro senza alcuna conseguenza); e questo, data la disciplina specifica degli "aiuti di Stato", in cui è incorsa l'Italia, a seguito dell'incauta e incondizionata (molti dicono, impropriamente, retroattiva) adesione all'Unione bancaria. Tanto più che, anche su questo, la Corte €uropea e la Vestager si sono già pronunciate e non c'è da farsi alcuna illusione. 

4. Interessante, in tutto questo agitarsi della stampa portavoce dei "mercati", la posizione di Munchau: il referendum, in caso di esito negativo sull'approvazione della riforma,infatti: 
"potrebbe accelerare il cammino verso l'uscita dall'euro. Se Matteo Renzi dovesse risultare sconfitto, come annunciato si dimetterebbe, portando al caos politico. Gli investitori potrebbero pensare che sarebbe finita. Il 5 dicembre, l'Europa potrebbe svegliarsi con un immediata minaccia di distintegrarsi".
Più asciuttamente, anche Goldman&Sachs la pensa come Munchau:  
"Da No rischi per banche più deboli". Il referendum italiano costituisce "un rischio materiale per le previsioni di crescita" del nostro paese".
4.1. Senza giri di parole ipocrite, invece, il New York Times, va al sodo e prescinde dal referendum, come la logica delle imponenti ragioni sopra esposte impone, e focalizza sui soli effetti destabilizzanti dell'Unione bancaria, implicitamente consapevole che, semmai, il  referendum ne ha solo ritardato l'emersione: parla infatti di 'Slow-motion banking crisis' evidenziando che 
"un quinto di tutti i prestiti nel sistema bancario italiano sono classificati come problematici, per un totale di 360 miliardi di euro alla fine dello scorso anno secondo l'Fmi. Un valore che rappresenta il 40% di tutte le sofferenze dei paesi dell'area euro. Goodman cita poi i recenti problemi attraversati da Deutsche Bank ma dice anche che se l'istituto tedesco è stata la crisi del momento, l'Italia è la minaccia perpetua che potrebbe, in oggi momento, presentarsi al mondo con una brutta sorpresa".
5. Ma l'artificio di Munchau, nell'alterare i nessi causali della imminente crisi finanziario-bancaria che incombe sull'Italia, non pare tanto un endorsement per il "sì", che fatto da un tedesco potrebbe anzi risultare indigesto all'elettorato italiano, quanto un "gancio" lanciato alle infinite capacità di salvezza dell'eurozona escogitate da Draghi.
Ed infatti, resta fermo che, per i tedeschi, l'obiettivo più vantaggioso derivabile dall'Unione bancaria è quello di poter imporre, - come corrispettivo alla istituzione di una garanzia comun€ dei depositi...(per il 2024, cioè a sistema bancario italiano passato di mano!)-, il rating dei titoli pubblici e il conseguente obbligo delle banche italiane detentrici di liberarsi massicciamente di quelli detenuti, che sarebbero costrette a svalutare in bilancio, aprendo così la via a rendimenti molto più alti.
Quindi si avrebbe quel radicale reinnalzamento degli spread, - che i mercati sembrano già "scontare"-, in modo da divenire, i tedeschi stessi, i sottoscrittori e acquirenti di tali titoli, potendo così, grazie al flusso di interessi così realizzabile, provvedere al loro disastrato sistema previdenziale, pubblico e privato
Ora, in questa ottica, l'allusione al referendum pare costituire un mezzo di pressione, via FT, affinchè Draghi attui finalmente l'OMT e "aiuti" gli italiani nel limitare il danno da spread con acquisti mirati.

5.1. Solo che, piccolo particolare, l'OMT, cioè il famoso "whatever it takes", si può realizzare oggi solo alle condizioni precisate nella sentenza della Corte di giustizia €uropea che, nella sostanza, ha dato ragione alla Germania, specificando che:
"Le caratteristiche specifiche del programma OMT non consentono di affermare che esso sia equiparabile a una misura di politica economica. 

Per quanto riguarda il fatto che l’attuazione del programma OMT è subordinata al rispetto integrale, da parte degli Stati membri interessati, di programmi di aggiustamento macroeconomico del Fondo europeo di stabilità finanziaria (FESF) o del Meccanismo europeo di stabilità (MES), non si può certo escludere che tale caratteristica abbia incidenze indirette sulla realizzazione di taluni obiettivi di politica economica. Tuttavia, simili incidenze indirette non possono implicare che il programma OMT debba essere considerato come una misura di politica economica, poiché risulta dai Trattati dell’Unione che, fatto salvo l’obiettivo della stabilità dei prezzi, il SEBC contribuisce alle politiche economiche generali nell’Unione".
5.2. Dunque, i "programmi di aggiustamento macroeconomico" assomigliano in tutto e per tutto ai memorandum imposti alla Grecia: sarebbe un'occasione, sanzionata dal previsto accordo necessario tra BCE e Commissione, per imporre da subito - oltre che un'ondata di privatizzazioni firesales del residuo settore industriale pubblico, pensate a quello della difesa, così alla ribalta in questi giorni post-elezione di Trump - il rating e gli obblighi di cessione del debito pubblico italiano.
Poi, in questo "memorandum" di imposizioni teratologiche e "creative", potrà pure essere previsto un salvataggio bancario pubblico, ma in vista della successiva cessione, sul "mercato degli investitori" esteri (naturalmente), delle partecipazioni statali acquisite sottoscrivendo gli aumenti di capitale, e, soprattutto, finanziato con una bella patrimoniale straordinaria sul patrimonio mobiliare e immobiliare degli italiani.

Tutti vecchi pallini tedeschi. Via BCE e trattamento "Grecia"...

53 commenti:

  1. Neanche a Cartagine è stato riservato un trattamento simile.

    Ai Cartaginesi è stato almeno concesso la dignità della verità storica e l'orgoglio di passare con valore alla Storia.

    Possibile che in Italia siano rimasti solo un branco di imbeclli a credere di far parte dell'élite? Solo fascisti? L'unica Resistenza queste pagine digitali pubblicate dalla piattaforma del nemico stesso?

    Io almeno una tomba con un bel fiore da partigiano la voglio.

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    1. Il RICONOSCIMENTO DEL VALORE si conquista non arrendendosi e non avendo una prevalente fazione collaborazionista dentro le mura della città assediata.

      Sempre rammentare la storia della QUINTA COLONNA!

      "L'espressione quinta colonna è un calco italiano del castigliano quinta columna, che, a sua volta, è una frase d'autore che qualcuno attribuisce al dittatore Francisco Franco. A coniare l'espressione fu più probabilmente un sottoposto del caudillo, il generale Emilio Mola, che durante la Guerra di Spagna comandava l'Armata del Nord.

      Secondo lo storico inglese Hugh Thomas,[1] durante una conferenza stampa con giornalisti stranieri fu chiesto al generale quale delle "quattro colonne" che componevano la sua armata avrebbe conquistato Madrid; al che Mola rispose che l'iniziativa sarebbe spettata alla quinta colonna (quinta columna), con implicito riferimento ai gruppi filomonarchici e franchisti che agivano clandestinamente a Madrid. Thomas afferma che queste "parole imprudenti" fornirono il pretesto per una lunga serie di eccidi nella capitale. Secondo altre fonti Mola avrebbe affermato, durante una trasmissione radiofonica nel 1936: "Abbiamo quattro colonne che avanzano su Madrid. La quinta colonna si solleverà al momento giusto" (in effetti può trattarsi dello stesso episodio tramandato in due versioni differenti).

      L'espressione ebbe subito fortuna nel lessico giornalistico, ed è stata ricalcata in tutte le lingue europee (ad esempio esiste fifth column in inglese e fünfte Kolonne in tedesco).

      Di solito l'espressione «quinta colonna» viene usata in senso dispregiativo, per indicare gruppi di traditori che aiutano il nemico; spesso, durante una guerra, gli aderenti a una fazione politica che si oppone alla maggioranza vengono accusati di costituire una quinta colonna: di collaborare cioè (consapevolmente o no) con il nemico che minaccia il loro Paese"
      https://it.wikipedia.org/wiki/Quinta_colonna

      NB: collaborare...consapevolmente o no

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    2. MPS sarà quindi la nostra quinta colonna? ;) (@Vocidallestero per traduzione)...

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    3. Esattamente, non avevo portato la provocazione sul senso storico dello stalinismo a caso: sono assolutamente sconvolto dalla quantità di traditori autorazzisti, ossia delle "quinte colonne inconsapevoli".

      Ma per avere quest'esercito di utili idioti, mi chiedo quale sia le dimensioni dell'esercito di collaborazionisti e TRADITORI coscienti: quelli che non se ne può più a sentirli alla radio, ai giornali, alla TV a strombazzare emerite stronzate colossali in un concerto compatto oltre ogni decenza animale a portare decine di milioni di persona alla sofferenza e alla morte.

      Il colaborazionismo piddino e brunoleonino è la banalità del male: o, se vuoi citar Alberto, la malvagità del banale.

      Sono incazzato come un orso.

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    4. Purtroppo la "banalità del male" è di lungo corso (cfr. le scansioni da leggere sul blog del prof. Cesaratto, i tempi cambiano, ma le idee, purtroppo, restano)... caro Bazaar, come ti capisco...

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    5. @Flavio A rigore la Quinta Colonna è l'insieme di persone che, appartenendo formalmente a una popolazione assediata o a una nazione attaccata, lavorano, consapevolmente o meno, per il nemico.

      MPS mi pare più un avamposto già assediato in cui si vede come agisce la complessiva strategia consentita dalla Quinta Colonna...

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    6. Possiamo vederla anche in questo modo, forse, se per te è logico, ribaltando la prospettiva. ;) Potremmo definirla la nostra quinta colonna in quanto:
      - crediti inesigibili sono al valore nominale del 50%, ma reale al 20%, se continua l'aumento dei tassi su bond nazionali, e calano i prezzi, il bilancio non tiene ed inizia escalation...
      - continuando sulla strada tracciata dalla "Vis germanica" non potremmo far altro che peggiorare la situazione, con innesco "soluzione finale"
      - se dall'altra parte dell'oceano Trump dà il via al "Nixon moment", svaluta, crolla nostro export (e quello UE), crisi...
      Direi che siamo quasi quasi al capolinea? O no?

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    7. Credo che le dimensioni dell'esercito di collaborazionisti o traditori coscienti - nel senso reale e compiuto del termine - siano dopotutto esigue: vedo piuttosto un ammasso di elementi col cervello al monte dei pegni, come quando all'inizio della Grande Guerra si vagheggiava entusiasticamente di un rapido sfondamento del fronte nemico e della cavalleria che ne avrebbe incalzato la ritirata, suggellandone l'accerchiamento. Sappiamo come andò.

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    8. “… Quando diamo uno sguardo accanto a noi, a quello che accade in altri paesi “atlantizzati”, dove il movimento cosciente della classe operaia è più debole, noi vediamo quali sono le cose che anche voi fareste, se ne aveste la forza. E che le vostre intenzioni siano le stesse lo si può argomentare agevolmente dalla durezza della polemica che avete condotto in questi ultimi tempi contro di noi, e dalle affermazioni gravissime del Presidente del Consiglio…

      QUINTA COLONNA SIGNIFICA GENTE ASSERVITA ALLO STRANIERO… È lo spirito di un governo di partito, di classe che pretende di ignorare, che pretende di respingere, di escludere dalla vita nazionale tutti coloro che non si rassegnano al ruolo di fiancheggiatori (NdF: l’accozzaglia), che pretende di escludere dalla vita nazionale tutti coloro che hanno il coraggio di difendere interessi che non sono gli interessi della classe dominante. Noi sappiamo dove questa politica conduce. Conduce dove ha già condotto in altri paesi vicini a noi, conduce cioè a negare, a poco a poco, i più elementari diritti di libertà e di eguaglianza per i cittadini …” [L. BASSO, Camera dei deputati, Atti parlamentari, seduta del 26 ottobre 1950]

      La fotografia mi pare che riassuma e corrisponda in tutto alla realtà odierna come descritta dal post e dai commenti.

      Come nel '43, o ci si rassegna ai rastrellamenti oppure si aderisce alla Resistenza. Tertium non datur

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    9. "Tertium non datur" è la quintessenza di ciò che neutralizzerebbe la Quinta Colonna.
      Ma sono quasi 60 anni il tertium è "datur" (come espediente diversivo di neutralizzazione del disegno costituzionale, Basso docet); e, nota bene, in nomine europae (v. Einaudi)

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    10. E allora ricordiamolo - a suo disonore imperituro - il primo tertium datur, grande fiancheggiatore della Quinta Colonna, in una delle sue indimenticabili performances:

      “… è chiaro che sarebbe inutile proclamare la libertà del commercio fra Stato e Stato, se poi ai cittadini di ogni singolo Stato fosse negata la facoltà di fare liberamente pagamenti per le merci acquistate o vendute. Questa facoltà sarebbe illusoria se ai singoli Stati fosse consentito di far ballare, come succede oggi, il ballo di San Vito alla propria moneta cartacea; e quindi fosse consentito di regolare le quantità di divise nazionali ed estere da scambiare.

      Federalismo vuol dire tante altre cose oltre quelle che ho accennato; ma vuol dire certamente abolizione del diritto di ogni singolo Stato di emettere carta moneta. Così come oggi non è lecito ai singoli comuni e provincie, e domani non sarà lecito alle regioni, di istituire proprie Banche di emissione, così nel futuro Stato federale europeo dovrà esistere un solo istituto di emissione.

      Per salvare la faccia ai singoli Stati si potranno inventare palliativi apparenti; ma fa d’uopo affermare che senza una unica moneta lo Stato federale non potrà esistere. Il che avrà per risultato che gli Stati singoli non potranno più, come oggi non possono comuni e provincie in Italia, ricorrere al torchio dei biglietti per far fronte al disavanzo dei loro bilanci. SARÀ COLPITA A MORTE LA ILLIMITATA SOVRANITÀ FINANZIARIA DEI SINGOLI STATI…” [L. EINAUDI, Europa federata, Edizioni di Comunità, 1947, 55-56]

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  2. Tomba? Oggi c'è il forno crematorio pe' tutti.

    #statesereni

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  3. ( ... ) e io senti' chiavar l'uscio di sotto
    a l'orribile torre; ond' io guardai
    nel viso a' mie' figliuol sanza far motto.
    (Dante, Inferno, Canto XXXIII)

    Mi sa che vivremo tempi duri. E la fine dell'Italia sarà quella del Conte Ugolino. Non prima, però, che vengano "spogliate le nostre misere carni".

    Secondo me il referendum un valore comunque ce lo ha: è quanto abbiamo a disposizione per dire NO a tutto questo processo involutivo, di cui la (pessima) riforma oggetto del quesito è, bisogna averne coscienza, un mero fenomeno "a valle".
    La riforma Renzi-Boschi rappresenta infatti la ratifica finale di una (aberrante) costituzione materiale imposta con metodi poco trasparenti e volti a neutralizzare la democrazia sostanziale: si pensi, per rimanere ai tempi recenti, al tenore della lettera di Draghi e Trichet (che non solo dettano -impropriamente e senza legittimazione alcuna- l'agenda politica italiana ma suggeriscono l'uso del decreto-legge come strumento ottimale, concretizzando il "governo dell'urgenza" e dello "stato di eccezione" ), ovvero alla frase di Monti "al riparo dal processo elettorale" (che basta e avanza a far capire tante cose), ovvero ancora al voto bulgaro -registratosi sotto il suo governo- sull'introduzione del pareggio di bilancio in Costituzione (che anticipa, in sostanza, il tenore antiparlamentare della "riforma"). In un contesto del genere è chiaro che la vittoria del NO non darà -da sola- la garanzia di un ripristino "valoriale" dei principi della nostra Costituzione. Tuttavia resta importante andare a votare e votare NO: la bocciatura della riforma resta infatti condizione necessaria perché di tale ripristino possa (in futuro) parlarsi.

    Ora, il problema è che tutto ciò presuppone un voto consapevole, quale, secondo me, quello del 4 dicembre prossimo probabilmente non sarà.
    Ho sentito dire da tanti che "ormai le cose stanno già così quindi tanto vale metterle nero su bianco". Un autogol clamoroso che sarà pagato dai nostri figli, per giunta, ma che molta "gente" farà nella propria porta.
    Ancora, l'uso della paura (paventate instabilità finanziarie) può fare presa sui (molti) pensionati italiani che non si rendono conto, come le pecore, che "sarà comunque il pastore a portarle al macello".
    E questo tacendo, infine, di tutta quella gente (e ne conosco!) che voterà sì "perché quanto meno si cambia qualcosa": gente figlia di un'antipolitica che, va detto, è stato il M5S a creare e diffondere e che ora torna indietro come un boomerang, alla vigilia di un voto che invece ha grande importanza politica e che richiede, per contro, grande consapevolezza.
    L'unica speranza è che molte altre persone capiscano "a naso" come tutelare "per davvero" i propri interessi. Domandandosi, magari, perché chi è già (molto) ricco (Marchionne, Confindustria, gli "intellettuali" che scrivono sui "giornaloni", gli esponenti del mondo dello spettacolo et similia), ci tiene così tanto a questa "riforma" e alla vittoria del Sì, e rispondendosi di conseguenza ("loro" si salveranno....sulla pelle nostra!). Speriamo che queste persone siano più di quelle sopra menzionate.

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    1. Basterebbe domandarsi: c'è un solo "vero" ricco che non sia espressamente a favore della riforma?
      Potevano almeno tacere e disinteressarsene.

      E i pensionati che si identificano con costoro, quale rapporto con la logica e il proprio (modesto) interesse sono più capaci di istituire?

      Nessuno che non sia così ricco da avere la maggior parte del proprio patrimonio già trasferita all'estero, avrebbe alcuna convenienza razionale a votare una riforma che costituzionalizza l'obbligo di attuare le politiche europee, privandosi di qualsiasi residuale efficacia il proprio voto e la propria partecipazione politica (ad un indirizzo che, definitivamente, non sarebbe più italiano)!

      Ma la "logica elementare" è caduta col Muro di Berlino, come abbiamo detto qui...

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    2. Desolante è constatare che uno degli argomenti più gettonati tra quelli che voteranno si è quello della riduzione dei costi della politica, assolutamente risibile in termini reali (meno di 50 milioni l’anno) ma ritenuto meritevole di consenso nell’ottica anti-casta propagandata da anni su tutti i mezzi di informazione. E sembra davvero incredibile, ma purtroppo è invece spiegabilissimo - come 48 ha fatto più volte egregiamente – come insegnanti, pensionati, disoccupati possano convintamente dare il 4 dicembre il proprio consenso alla definitiva cessione di ogni residua sovranità nelle mani dei volenterosi carnefici di Berlino e Bruxelles. Il rito masochistico autocolpevolizzante, evocato dai nostri editorialisti più filogermanici (da Mieli a Scalfari a De Bortoli, tutta gente che ha peraltro messo al sicuro i propri cospicui patrimoni dalle future espropriazioni che colpiranno i loro concittadini) è quindi pronto, e l’unico, vero ostacolo al successo del si nel quale possiamo ancora sperare sta nella profonda avversione di moltissimi italiani nei confronti di Renzi e dei suoi insopportabili sodali. Ciò non toglie che una vittoria del no prospetterebbe inevitabili assalti a colpi di spread e di qualche famigerato governo tecnico, magari guidato da chi è disposto a “morire (o far morire?) per Maastricht”.

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  4. Intanto, in Germania: "Intervenendo al Bundestag in un dibattito finale sul bilancio tedesco 2017, Schaeuble si e' riferito al "dibattito che viene condotto in Europa" e ha citato "numeri". Dapprima ha ricordato che le entrate fiscali sono aumentate in Germania del 3,3% annuo dal 2005 al 2015 a fronte di un incremento del 2,7% nell'eurozona e le uscite sono cresciute del 2,3% annuo e del 2,5% nella zona euro. Poi, facendo scattare applausi dei deputati, ha aggiunto: "gli investimenti sono cresciuti del 3,9% all'anno e nell'eurozona del 0,7%. Trovo quindi che le raccomandazioni della Commissione vanno in qualche modo a quelli sbagliati". "Il problema", ha detto ancora Schaeuble, "non e' che riceviamo raccomandazioni che non ci piacciano: e' del tutto normale" routine "quotidiana e ci sono opinioni diverse". "Il problema - ha detto ancora - e' che, con queste raccomandazioni, la Commissione devia dal compito della Commissione stessa: cioe' di giudicare se i bilanci e budget" dei "singoli paesi europei corrispondo alle regole e intese europee. Questo e' il compito della Commissione, questa e' la premessa perche' la zona euro rimanga stabile" e "la moneta europea forte e questo compito, con queste raccomandazioni, la Commissione non lo assolve ma fa il contrario e per questo dobbiamo opporci", ha detto inoltre Schaeuble di nuovo fra gli applausi.".

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    1. Questa sfuriata è perfettamente in linea con altre manifestazioni analoghe dell'establishment tedesco. E' chiaro che hanno l'enorme paura che salti la moneta unica.

      Il fatto è che i tedeschi in preda alla paura sono animali pericolosi, molto pericolosi.
      E la cosa tragicomica è che sono proprio i tentativi di mitigare le regole, al fine di conservarle, che accentuano la loro chiusura in se stessi e la loro irritazione.

      Obama non poteva mostrare un maggior irresponsabile pressapochismo, nel NON comprendere il dramma €uropeo, di quello manifestato andandoli a vezzeggiare come alfieri dei diritti umani e dell'antipopulismo.
      E solo per far dispetto a Trump...

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    2. Anche io vedo una cecità politica, squisitamente (ma non solo) "democrat", che, dimentica delle lezioni della storia, si ostina a non riconoscere il pericolo rappresentato da una nuova egemonia tedesca sul continente europeo.....

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  5. E allora facciamolo il ripassino di storia (il sistema di clearing di cui si parla era un iniseme di accordi bilaterali stretto dal Reich con i paesi partner, per tentare di equilibrare debiti e crediti con ciascuno di essi. L’Italia al momento dell’armistizio era in una posizione creditoria).

    “Subito dopo l’ingresso delle truppe tedesche, nel settembre del 1943, nel territorio dell’Italia sottrattasi all’alleanza con la Germania, il ministro degli esteri di Berlino chiarì per iscritto che rapporto vi sarebbe stato fra i costi di occupazione e le compensazioni di clearing. I diplomatici sapevano evidentemente che ciò che stavano facendo era contrario alle norme del diritto internazionale e disposero perciò che la lettera con le loro istruzioni non dovesse essere “per nessuna ragione inoltrata ad altri in originale”. Vi era scritto: “La situazione militare ci costringerà a prelevare dal territorio italiano e a immagazzinare in Germania prodotti finiti e materie prime in una quantità tale da rendere impossibile la compensazione attraverso il clearing. Il pagamento di questi beni dovrà quindi essere coperto essenzialmente ricorrendo ai contributi per gli oneri di guerra che il governo italiano metterà via via a disposizione, mentre la reimpostazione del clearing [quale era esistito ai tempi dell’Asse] assumerà il carattere di un sistema aggiuntivo di compensazione e mascheramento economico, di modo che si possa confutare la tesi, sostenuta all’interno e all’estero dalla propaganda nemica, di una “spoliazione dell’Italia””.
    Per garantirsi la disponibilità di importanti ditte a fornire ulteriormente i prodotti richiesti occorreva innanzi tutto pagare i vecchi debiti, ancora insoluti dai tempi dell’alleanza italo-tedesca, debiti che costituivano “un rilevante saldo a favore dell’Italia”. Per appianarlo, secondo il parere del ministro degli Esteri, occorreva “diramare” un importo mensile fisso di circa 100 milioni di lire dai versamenti italiani per i costi di occupazione, importo che sarebbe stato anche opportuno “elevare di caso in caso” nei limiti del possibile. Avvenne così che furono gli italiani nel loro complesso a pagare quei debiti che i committenti tedeschi avevano contratto negli anni precedenti con i singoli fornitori, mentre i marchi con cui le ditte private tedesche credettero di onorare i loro impegni fluirono nelle casse dell’erario germanico. Gli autori della menzionata lettera proposero che si applicasse la stessa tecnica anche per mettere le mani sui risparmi che i deportati e i prigionieri di guerra italiani costretti a prestare lavoro forzato in Germania avrebbero rimesso alle loro famiglie. Fin dall’inizio si previde che per questo scopo fosse sottratto un “importo mensile di 200-250 milioni di lire” dai contributi per gli oneri bellici pagati dall’Italia.
    Nel complessi i tedeschi sottrassero all’Italia beni e valori per almeno 10 miliardi di marchi. Inizialmente, dopo l’8 settembre 1943, il governo italiano fu costretto a pagare 7 miliardi di lire di contribuzioni al mese. Se è vero che nei successivi 18 mesi di guerra gli alleati liberarono parti sempre più estese della penisola, il ricco settentrione d’Italia rimase però fin quasi alla fine sotto controllo tedesco. Poiché il paese fu ben presto di nuovo considerato, almeno formalmente, un alleato della Germania […], l’Italia non pagò più i costi d’occupazione ma quello che fu eufemisticamente detto un contributo per le spese belliche.


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  6. Come altrove, i tedeschi fissarono i costi dell’occupazione non in base alle effettive spese della Wehrmacht, ma presero come base di riferimento il quadro dei dati che emergeva dall’ultimo bilancio statale. In Italia il preventivo per l’anno fiscale 1942-43 era stato di circa 81 miliardi di lire. Aveva compreso fra l’altro una notevole parte di entrate che l’Italia fascista avrebbe incamerato nei territori che rimasero occupati dalla truppe italiane fino all’agosto del ’43, e fatto conto inoltre su entrate che sarebbero dovute venire da parti del paese che gli alleati stavano però passo dopo passo conquistando. Ciò nonostante i tedeschi considerarono il, per così dire, pan-italico bilancio 1942-43 come la base su cui commisurare il livello del contributo da pretendere per le spese belliche.
    Nel marzo del 1944 il funzionario relatore responsabile delle finanze presso il comandante plenipotenziario germanico in Italia analizzò in modo più preciso la situazione economica del paese, constatando che questo, a fronte di un reddito nazionale lordo di 130 miliardi di lire, doveva pagare ai tedeschi 84 miliardi di lire quale contributo per le spese di guerra. Rimanevano dunque all’Italia 46 miliardi per i consumi pubblici e privati. Questo il quadro puramente contabile. Sennonché quello reale era ancora più deprimente: “Perché occorre considerare, -diceva il rapporto-, che l’Italia, a parte il contributo per le spese di guerra, si trova a dover pagare anticipatamente ai tedeschi anche gli acquartieramenti e il vettovagliamento, le requisizioni e i danni bellici causati e subiti dalla Wehrmacht, e infine, in una certa misura, anche gli impegni di clearing. A tutto ciò bisogna poi aggiungere gli oneri di guerra propri dell’Italia (altri danni bellici da risarcire, pensioni da pagare, ecc.)”.
    Come se non bastasse nulla frenava il continuo aumento di tutti questi “contributi” fissati dall’accordo-diktat del 23 ottobre 1943. Il passaggio decisivo dell’accordo in questione diceva: l’Italia “deve mettere a disposizione” del Grande Reich germanico “un contributo per gli oneri bellici corrispondente alle esigenze economiche delle organizzazioni tedesche”. Se in Francia, nel 1940, si erano ancora fatte cerimonie a base di conto A e conto B per contabilizzare separatamente i prelievi estranei ai costi d’occupazione, a questo punto il ministero delle Finanze di Berlino fece invece sapere: ciò che la parte tedesca avrebbe fatto dei soldi delle contribuzioni sono “fatti nostri”; e “nella misura in cui saranno impiegate lire per acquisti al fine di soddisfare esigenze che sorgeranno fuori dall’Italia”, l’Italia sarà tenuta a pagare “un contributo per le spese esterne di occupazione che sarà espresso nel suo controvalore in marchi”. Come c’era da aspettarsi, il ministero per l’Alimentazione del Reich, Göring, la Roges, nonché gli incaricati del ministero degli Armamenti di Speer si fecero mettere a disposizione elevati importi in lire per fare acquisti in Italia settentrionale. […]

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  7. Una simile politica fece salire bruscamente l’inflazione, diradò la disponibilità di beni di consumo e diffuse la miseria, tutte cose che – accentuate dai successi militari degli alleati – provocarono la crescita del movimento partigiano e della protesta civile. Quando, nel giugno del 1944, settantamila operai a Milano e cinquantamila a Torino scesero in sciopero, l’inviato del ministero delle Finanze del Reich, dottor Hubert Schmidt, formulò questa proposta: “Una soluzione del problema sarà solo trasferendo nei campi di concentramento tedeschi un grande numero di scioperanti”. Allo stesso funzionario delle Finanze, pronto a suggerire a cuor leggero simili soluzioni, non venne invece in mente niente di praticabile per ciò che riguardava il suo specifico campo di attività: “L’indebitamento dello Stato italiano è in continua crescita, -così riassunse la situazione nell’agosto del 1944 – le entrate ordinarie del bilancio 1943-44 sono calate del 30% circa rispetto all’anno precedente e coprono solo il 14% scarso delle uscite”. (G. Aly, Lo stato sociale di Hitler, Einaudi, Torino, 2007, pagg. 171-74).

    Sia chiaro, non per riaprire vecchie ferite, ma solo per ricordare che la baby-sitter tedesca auspicata dai vari Severgnini l’abbiamo già provata e la prova di sé che ha dato non mi pare invogli al bis.

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    1. Sai cosa mi colpisce?
      Non la profonda ignoranza della Storia di gente come Severgnini (cui sarebbe di facile alibi dire che "questa" Germania è diversa e tanto democratica e pacifista, non sapendo nulla della continuità tra quel funzionario "inviato delle finanze" e l'ordoliberismo, prima tedesco e poi €uropeo).

      No, quello che mi colpisce è la frase: "I diplomatici sapevano evidentemente che ciò che stavano facendo era contrario alle norme del diritto internazionale".
      Ebbene, oggi, cercano invece persino di giustificare apertamente quello che stanno facendo, qui come in Grecia, sotto l'egida del "diritto europeo", che sarebbe indipendente e "diverso" dal diritto internazionale.

      Insomma, la teoria "monistica" del diritto sovrano di un'organizzazione internazionale che non è, per loro stesso divieto costituzionale, un vero Stato.

      Un capolavoro.
      E la nostra corte costituzionale che pensa che l'art.11 Cost. non possa essere violato dagli "impegni presi con l'Unione €uropea"!

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    2. Grazie Arturo, grazie 48. Bella anche la prefazione del libro nel sito dell'editore Einaudi, che risuona terribilmente attuale: "Il nazionalsocialismo fu una dittatura implacabile con le popolazioni sottomesse ma compassionevole e compiacente verso il popolo tedesco. La sua principale preoccupazione fu alimentare il consenso della nazione tedesca, con politiche che oggi definiremmo di welfare state. Programmi di sostegno ai piú deboli, sovvenzioni per le famiglie dei combattenti, reti di sicurezza sociale. Il tutto fu finanziato con la rapina selvaggia e sistematica delle nazioni asservite dalla guerra: depredate delle materie prime, colpite nella moneta nazionale, saccheggiate di ogni bene. Ricavando dalla guerra di rapina le risorse per il sistema del consenso, Hitler e i suoi uomini si comportarono come classici uomini politici attenti agli umori dei loro cittadini. Chiedendosi sempre come garantire la soddisfazione del popolo tedesco o quanto meno la sua indifferenza. Per questo la dittatura hitleriana poté contare per la gran parte della sua durata sull'appoggio della maggioranza dei cittadini tedeschi.

      «Com'è potuto accadere? Come poterono i tedeschi consentire che in mezzo a loro fossero commessi crimini senza precedenti e in particolare lo sterminio degli ebrei europei? La risposta è chiara. Hitler risparmiò l'ariano medio a scapito delle basi esistenziali degli altri. Per tenere alto il morale del proprio popolo, il governo del Reich rovinò le altre monete europee imponendo contribuzioni sempre piú elevate. Per garantire lo standard di vita nazionale fece predare molti milioni di tonnellate di viveri per sfamare sul posto i soldati tedeschi e trasportare in Germania tutto il resto su cui poté mettere le mani. Con la sua guerra razzista e di rapina, il nazionalsocialismo fece in modo che in Germania vigessero un'eguaglianza e una mobilitazione in funzione dell'ascesa sociale senza precedenti. Ciò lo rese contemporaneamente popolare e delinquenziale. E furono la possibilità di vivere materialmente bene e i vantaggi indiretti tratti dal grande crimine - di cui i singoli non furono personalmente responsabili, ma i cui frutti erano bene accetti - a determinare l'atteggiamento della maggior parte dei tedeschi dinnanzi alle premure del regime. L'assenza nella Germania nazista di un'opposizione interna degna di menzione e la scarsità di sensi di colpa nella Germania postbellica si spiegano con lo stesso contesto storico».".

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    3. E a proposito di "carri armati" (questa volta però ammerigani): "The macro impact of exchange rates on net exports is well known, but perhaps less appreciated is the financial channel, which kicks in when borrowing in dollars takes place in large amounts. The key is the so called risk-taking channel described in Bruno and Shin (2015a, b). The risk-taking channel of exchange rates turns on the impact of dollar appreciation in a world where many balance sheets have dollar liabilities. When so many borrowers have borrowed so much in dollars, whether for hedging or speculative purposes, dollar appreciation exposes borrowers and lenders to valuation changes and in turn impacts their balance sheets…
      … if the banks have a portfolio of dollar assets, some of which may be vulnerable to dollar appreciation, then a bank’s overall risk-taking capacity will be subject to shocks…
      …Banks based in Europe have traditionally played a sizeable role in intermediating dollars to Asian borrowers…
      …banks based in Europe have traditionally lent more in US dollars to borrowers in Asia than did banks based in the United States. For example, in 2014, banks based in Europe had claims of $647 billion against borrowers in Asia, while banks in the United States had $571 billion. In this respect, European banks are more important than US-based banks for dollar intermediation in Asia. This is another example of how the global role of the US dollar makes its presence felt…”. Vorrei proprio sapere chi ha prestato di più… ma forse posso immaginare chi…

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    4. Flavio

      Però Hitler anche nei confronti dei tedeschi non scerzava. Il primo provedimento che Hitler fece, fù l'abbattimento totale dei sindacati.
      Hitler era un socialdarwinista nello stato puro. Gente improduttiva o malata veniva massicciamente stigmatizata è in certi casi assassinata (operazione T4) questa gente veniva vista come un peso per la nazione.
      Oppositori del suo regime vinivano annientati.
      La minima opposizine aveva consequenze drammatiche.

      Poi chiaro il tedesco "produttivo" veniva visto come Übermensch lo straniero, in particolare lo slavo è l'ebreo come Untermensch. Questo attegiamento in certi circoli del Elite tedesca mi sembra ancora molto attiva, un pò meno nel popolo tedesco. Secondo il blog German foreign policy l'attuale governo tedesco cerca di riattivare il militarismo nel popolo tedesco. Operazione molto ardua, semplicmente perchè gran parte del popolo tedesco del militarismo tedesco ne ha piene le balle. Il riarmo della Germania non ha nessun senso se non si ha soldati motivati.

      Il problema della Germania non è il popolo tedesco ma la sua Elite che si stà sempre più allontanando dal suo popolo come praticamente in Italia. Per fortuna oggi esiste Internet dove ci sono informanzioni alternative al Mainstream, cosa che non esisteva negli anni 30. Per questo, Blog come 48 sono di un importanza fondamentale è non da sottovalutare.



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    5. Ho riportato la prefazione del libro citato da Arturo . Innegabile comunque è il fatto che, almeno nel Reich, la cura a cui il nazismo sottopose il proprio popolo ha radici lontane, e che l’unico modo che esso (come così il fascismo) aveva per poter “durare” era il
      consenso quanto più totalitario, questo è innegabile. Non ho detto che il nazismo trattava bene (ho visto foto di archivi della mia zona che ritraevano partigiani trucidati dai tedeschi/ repubblichini e visionato carte processuali per potermene rendere conto), ho messo il punto sul fatto che il consenso interno “doveva esserci” pena la delegittimazione di quanto si faceva “al di fuori”. I regimi totalitari non potevano avere un fronte interno oltre a quello estero da combattere. Ed all’interno usavano bastone e carota, come ben sappiamo. Le similitudini con il presente ci sono eccome ed è un brutto segnale. Per tutti noi.

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  8. perdonatemi .
    bazaar ha ragione , questo orizzonte48 é un modello bazaar , intelligente .
    scusate ,ritorno nell'angolo e continuo a leggervi.

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    1. Bravo, penso che tu sia il primo ad averlo capito fino in fondo: è in dialettica con il modello a "Cattedrale" di Alberto.

      Finché ce lo permetteranno di fare.


      (E se conosci il modello socioeconomico a cui penso tu faccia riferimento, sai che in questa "antitesi" non esistono "angoli"... )

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    2. Ecco, questo è argomento che meriti di approfondire per chi non cogliesse l'elitticità dei concetti (non fenomenologicamente espansi) :-)

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    3. Approfondire? Ci ho fatto intorno una tesi su 'sto modello di produzione...

      E ci ho pure l'insopportabile frustrazione di aver lasciato a metà un progetto d'impresa che, come sai, vegeta da anni in attesa di tempi migliori...

      Tutto inizia qui.

      Poi ci sono una serie interminabile di paper per spiegare come mai l'economia mainstream non contempla certi fenomeni, in un esoterico viaggio interdisciplinare tra economia e tecnologia...

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    4. Comunque, cercando di elaborare "lutti" personali, possiamo sintetizzare così:

      1 - Alberto adotta un'apparente stile scanzonato ma segue un rigoroso processo di divulgazione e produzione scientifica che nasce nell'ambito accademico (il processo a "cattedrale" ha la "peer review")

      2 - Orizzonte48 ha al centro un "dittatore benevolo" che organizza un disordinato processo di produzione scientifica di volontari apparentemente disorganizzati... tale che sembra, appunto, un "bazar".

      Il secondo processo può arrivare a risultati molto spesso stupefacenti... :-)

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    5. In realtà, dal primo all'ultimo post, ritrovi in questo blog una chiara impostazione sistematica, tipica dell'analisi giuridica.
      Il primo e l'ultimo post, o uno qualsiasi nel mezzo, sono sistematicamente e metodologicamente coerenti in sviluppo e conseguenzialità.
      Poi certo, meglio essere sorpresi dalla ricchezza del feed-back e incorporarlo nel metodo fenomenologico che inibire i "contribuenti" lasciandogli intendere che tanto alla fine "beati voi che non capite un c..." :-)

      Che dunque i contributi dei lettori abbiano esteso alcuni campi di indagine rientra perfettamente nella coessenza fenomenologica, cioè metodologica, con cui si è fin dall'inizione costruito il sistema.
      E per fortuna: così è un'esperienza collettiva che riflette l'essenza della democrazia partecipata...

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    6. Assolutamente: sottolineo che oggetto non è il metodo o l'atteggiamento scientifico o fenomenologico: ma l'assetto organizzativo e i suoi processi.

      Il processo "partecipato" di questi spazi si fonda su presupposti scientificamente ben studiati....

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  9. Interessante stato dell'arte geo- politico di Sapelli

    http://www.ilsussidiario.net/News/Esteri/2016/11/23/FINANZA-Sapelli-cosi-Trump-puo-salvarci-dalla-Germania/734365/

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    1. Sì, interessante: se hai seguito i due post sul dollaro up and down, la sua analisi coincide, nelle conclusioni, con la mia.
      E negli sviluppi del ragionamento, ("Leo Strauss" e "hegelianamente"), pare aver letto Bazaar :-)
      Non ipotizzo l'inverso perché qui quelle stesse cose le abbiamo scritte prima e in modo più analitico...Almeno con riferimento al mutamento di paradigma generabile da Trump

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    2. UK si oppone radicalmente ad un esercito europeo, giustamente.
      Il principale alleato UK da gennaio saranno gli USA.
      Adesso manca solamente la Francia è i fronti saranno uguali a quelli del 1939.

      L'Italia fin quando non toglie di mezzo questo ridicolo vincolo esterno non potrà evolvere. Togliere di mezzo il vincolo esterno equivale praticamente togliere di mezzo l'attuale casta politica italiana. I principali strozzini degli italiani sono i loro stessi governanti.

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  10. OT

    Che tristezza. Niente ci è risparmiato. Saltando qua e là tra i programmi televisivi sono arrivato allo Zecchino d'oro. E ho visto cose che (noi umani)...
    Perdonate la mancanza di documentazione ma rivedere i bimbi che cantano in inglese è troppo.

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  11. Ciao Quarantotto è da un pò di tempo che continuo ripetere a me stesso: I piddini di oggi stanno ai repubblichini del 1943. Il momento storico che stiamo vivendo non è una normale divisione fra chi difende interessi sezionali diversi all'interno di una stessa comunità. In un mondo normale sarebbe nell'interesse di tutta la società l'aumento della ricchezza per poi eventualmente dividersi per la sua spartizione. Qui è diverso, quattro noci nel sacco che siamo noi, che difendono l'Interesse Nazionale contro lo straniero, in mezzo una massa informe incapace di comprendere ciò che accade, dall'altra parte i piddini, disposti a distruggere il Paese pur di fare l'interesse tedesco.
    Per parafrasare lo storico Marc Bloch finita questa follia bisognerà fare i conti all'interno del nostro Paese con questi traditori una volta per tutte, sperando di non fare la sua stessa fine.

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    1. Un'osservazione molto giusta, Mauro, ma non è certo un inedito nella storia dell'europeismo italiano. Di recente ho ripescato una dichiarazione di Di Vittorio del '52 relativa all'adesione dell'Italia alla CECA: "Non è leale, ha continuato l'oratore, sostenere che solo i comunisti sono contrari al Piano Schuman. In Germania esso è sostenuto solo dai grandi capitalisti direttamente interessati ed è contrastato anche dai socialdemocratici, i quali giustamente lo considerano un ostacolo alla riunificazione del Paese. In Francia gli stessi industriali del complesso del Creusot sono contrari al pool perché minacciati direttamente. In Belgio il pool è avversato da esponenti di tutti i partiti. In Italia si sono dichiarati contro il pool la stragrande maggioranza dei lavoratori e perfino la Confindustria. Il senatore Jannaccone, e cioè un autorevole economista liberale, ha detto che il Piano è sorto da un'idea americana ed è caratterizzato dalle sottigliezze giuridiche francesi e dalla nebulosità tedesca. Il certo è dunque che non ha nulla di italiano! Né vale, ha continuato Di Vittorio, accusarci di "collusione" con gli industriali, giacché è noto che la classe operaia lotta contro gli industriali per la divisione del reddito delle industrie e non per la distruzione delle industrie.
      In Italia il Piano Schuman è sostenuto soltanto dal ceto polico dirigente."
      (Di Vittorio chiede di sospendere la ratifica del "Piano Schuman", L'Unità, 17 giugno 1952).

      Di Vittorio nazionalista!

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    2. Beh, questa è una delle più belle pistole fumanti di sempre. Ancora si vede il fumo che lascia!

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  12. OT
    Le invio il messaggio che mi è comparso seguendo il suo link da tw.

    A

    Attention: ce lien peut être dangereux
    https://orizzonte48.blogspot.com/2016/11/referendum-spread-crisi-bancaria-omt.html?showComment=1479823383454#c5915032625993134253

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    1. Decine di persone me lo dicono ogni giorno su twitter.
      E' un po' seccante, in effetti.
      Fortunatamente, sono sempre più quelli che capiscono che trattasi di curiose fandonie e che l'unica parte da considerare è:
      "Ignorer...et continuer"

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  13. Ciao Arturo grazie di questa ultima perla storica e un grazie per tutto il lavoro che metti a disposizione di tutti noi.

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    1. E speriamo che Arturo tenga un archivio di raccolta (magari sistematica) dello sterminato materiale studiato e selezionato per i commmenti nel blog. Potrebbe, presto, essere molto, molto utile :-)

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    2. @Quarantotto: ne dubiti? ;-)

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    3. Allora dobbiamo iniziare uno sharing mirato, dato che mi chiedono da più parti di scrivere contributi a libri vari. E tu sei il mio main quotist writer, "par excellence" (tanto più, digiaaaamolo, che ti cito e ti ringrazio..) :-)

      Se Bazaar e Francesco Maimone avessero fatto altrettanto, non avrei bisogno di perdere ore per trovare e linkare i pezzi sparsi in milioni di miliardi di pagine e commenti...

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    4. Ehm... ho iniziato a scriver dei post di "riordino"... e sai... con la mia proverbiale sistematicità... son saltati fuori Leibniz, Parmenide, Gödel... dalle pareti... la Genesi... Leviatani...

      Se me ne riesco a liberare ti spedisco qualcosa... ma sono antiliberale... e, insomma, ...aiuto!

      ordo ab chao

      :-)

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    5. E come no. Mi dici a cosa "miri" e penso/mi auguro di essere in grado di servirti. :-)

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    6. @Bazaar: un...misero archivio ordinato (possibly) per argomenti e dotato dei links relativi, would do very well. Senza ulteriori levitazioni, anche se so che ti è impossibile non aggiungere altra pasta :-)

      @Arturo: servo suo...(mi piace l'atmosfera goldoniana che ne può derivare) :-)

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    7. Chiedete e vi sara' dato :-)
      Sono a disposizione per quanto fosse necessario alla causa.

      E il solstizio d'inverno di Orizzonte48? :-)

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    8. Vediamo: sto cercando spazi e tempi opportuni...

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  14. Articolo davvero impeccabile.
    Facciamolo circolare.
    In linea, se ci è permesso, con quanto scrive
    Leonardo Mazzei

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  15. Quando i miei colleghi mi motivano il sì al referendum mi viene sempre in mente la definizione che di "liberale" diede Arturo: una condizione psicologica ben interpretata da Samuel Jackson nel penultimo western di Tarantino. È quello che ho sempre pensato...e penso ogni giorno. Sempre.

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