domenica 17 dicembre 2017

FONDATA SUL LAVORO: IL CONVEGNO (LA VERSIONE DI BAZAAR) -1

1. Come  avevamo anticipato in questo post (p.1), tenteremo, pur con le nostre forze limitate, di dare un adeguato risalto alla celebrazione dei 70 anni dell'entrata in vigore nella Costituzione democratica

La prima iniziativa al riguardo, organizzata con la massima tempestività possibile, cioè in vicinanza con la (ricorrenza della) data stessa della promulgazione, sarà un convegno presso l'Università di Perugia, la cui locandina trovate sopra riprodotta. E' stato grazie all'entusiasmo del prof.Ponti, ed alla pronta adesione alla sua proposta del direttore del Dipartimento, che è stato possibile calendarizzare un convegno che, per le tematiche che propone, sottolinea la vitalità e l'attualità della Costituzione del 1948, evitando di indulgere in una diffusa retorica della "commemorazione di un caro estinto"; o, al più, nella raffigurazione di un anziano e nobile pro-genitore, al quale si augura, con falso pietismo e incoerente "modernismo", un pronta e serena fine.

 

2. L'appuntamento, aperto a tutti coloro che sono seriamente interessati al tema della democrazia costituzionale come "soluzione" vitale e immediata, è dunque a Perugia, il 19 gennaio 2018, ore 15.30, presso l'Aula 1 del Dipartimento di Scienze politiche, via A. Pascoli, 20.

Mi pare peraltro interessante darvi un'anticipazione, - almeno per quanto "ci" riguarda (e mi riferisco al gruppo di ricercatori che, in vari modi, si è aggregato intorno al lavoro scientifico di questo blog-), del punto di vista e delle tematiche che cercheremo di affrontare. 

 

3. E proprio dalla matrice costituita dai contenuti di questo blog, estraiamo un commento di Bazaar che, con la consueta ricchezza di spunti che caratterizza i suoi appassionati e rigorosi interventi, sintetizza felicemente quel necessario connubio tra temi storico-economici, macroeconomici e giuridico-istituzionali, (spaziando nella filosofia e nella storia del pensiero politico-economico), che dovrebbe guidare l'argomento della "attualità" della nostra Costituzione. 

Il commento (arricchito da links che consentono di approfondire i vari passaggi), non a caso, è tratto da questo post: IL RISPARMIO SECONDO L'€UROPA E LA VIOLAZIONE DELL'ART.47 COST (secondo i Costituenti). Possiamo dire non a caso, in considerazione della centralità che rischia di assumere il tema (costituzionale!) del risparmio, nel corso del 2018, a seguito delle nuove regolazioni che varie istituzioni Ue si accingono ad introdurre a complemento dell'Unione bancaria:

"...In linea di principio nessun trattato di libero scambio - con annessa deregolamentazione dei fattori della produzione - potrebbe passare "per la cruna" dell'art.11 Cost. (v.qui, pag.131, cit. di M. Luciani) poiché la teoria dei "vantaggi comparati" comporta una disparità intrinseca, che è quella del fattore tecnologico.

A parità del fattore tecnologico, ci sarebbe comunque il problema della differenza tra tassi di inflazione e differente remunerazione del capitale: qualsiasi disomonegeità porterebbe a far esplodere le differenze, in quanto le dinamiche socio-economiche deregolamentate portano cumulativamente a circoli viziosi.

O meglio: simmetricamente, viziosi per il Paese con minore potere economico e militare, e virtuosi per il capitale del Paese più forte.

Il liberalismo è il cancro della modernità.

I sistemi complessi, come quelli biologici, formano un'unità di ordine superiore armonizzando le eterogeneità tramite la regolazione degli scambi tra unità di ordine inferiore: l'unione avviene tramite membrane, dogane o frontiere. Non con la loro soppressione; è logica elementare.

Le gerarchie naturali esistono e non hanno nulla a che fare con quelle sociali a cui, appunto, vorrebbero sostituirsi.

Ciò che è politico non è naturale per definizione, con buona pace dei tecnosofi. E viceversa.

L'internazionalismo della nostra Carta passa dal sovranismo democratico che pone in rapporto ordinamenti statuali fondati effettivamente sul lavoro.

Poiché la struttura economica può essere rivoluzionata solo tramite la coscienza politica, la sovranità popolare che si esprime tramite le istituzioni democratiche dello Stato-nazione necessita un progressivo rafforzamento dell'ordine westfalico.

La sinistra liberale e cosmopolita è anti-laburista per motivi strutturali, prima che etico-ideologici: è quindi di fatto anti-democratica e anti-umana. Ovvero, stante la morale manifestata, il relativismo etico di questo gruppo sociale deve estrinsecarsi in un "relativismo giuridico", così come espresso da giuristi che dimostrano capacità ermeneutiche al pari di un Benigni qualsiasi.

Un Benigni che vinse l'Oscar facendo liberare Auschwitz dagli americani".

18 commenti:

  1. Seguo giornalmente questo blog fonte di una consapevolezza ritrovata dopo tanti anni di un condizionamento veicolato dai media ma reso effettivo grazie al senso d' appartenenza ad una "sinistra"che s' è mutata da internazionalista ,come da tradizione del movimento operaio, in cosmopolita e apolide ,come da concezione liberista.Purtroppo la costruzione dell' "uomo nuovo" l' hanno fatta proprio i liberisti ,creando un mondo d'individui atomizzati e riuscendo nel condizionamento anche di soggetti ,che per il loro vissuto ,dovevano esserne immuni .A tale scopo è servita la creazione di una gabbia di pregiudizi, un "frame"che permetteva,ai presunti "colti"("capiscioni")l' interpretazione della realtà ,donando loro la rassicurazione di vivere nel mondo migliore possibile.Quindi "la globalizzazione"era un fenomeno "naturale" e tutto ciò che l' ostacolasse era solo ciarpame,Costituzione compresa.Purtroppo per tutti noi,la Costituzione è stata elaborata per rimediare al danno della precedente globalizzazione cioè la seconda guerra mondiale e prevenire i danni di quelle seguenti.L'oblio di questo fatto è la causa del pericolo del ripetersi dell' esito tragico della precedente globalizzazione che incombe sia sulla nostra come su tutte le altre comunità nazionali










































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    1. “Quindi "la globalizzazione"era un fenomeno "naturale" e tutto ciò che l' ostacolasse era solo ciarpame,Costituzione compresa”

      In conclusione, a complemento del discorso svolto da Keynes, ci pare opportuno riportare l'analisi di Gramsci (citata da Francesco), che con la sua consueta nitidezza, tratteggia, in raccordo alle stesse intuizioni keynesiane, una cornice storico-economica che, oggi, risulta più che mai attuale; la visione gramsciana, infatti, appare capace di descrivere le analoghe tensioni a cui sono esposte, sempre a causa dell'ordine internazionale dei mercati come paradigma che si deve affermare a qualsiasi costo, la pace e il democratico benessere dei popoli:

      "Lontani anni luce da Gramsci che non si era fatto attrarre da tali sirene, consapevole della vocazione globale del capitalismo mercataro e del falso mito dell’internazionalismo: “Tutta la tradizione liberale è contro lo Stato. [...] La concorrenza è la nemica più accerrima dello stato. La stessa idea dell'Internazionale è di origine liberale; Marx la assunse dalla scuola di Cobden e dalla propaganda per il libero scambio, ma criticamente” (A. Gramsci, L'Ordine nuovo, 1919-1920, Torino, 1954, 380).
      E sulla “globalizzazione”, diversamente da rapporti inter-nazionali tra Stati sovrani come concepita, già allora scriveva: “Il mito della guerra - l'unità del mondo nella Società delle Nazioni - si è realizzato nei modi e nella forma che poteva realizzarsi in regime di proprietà privata e nazionale: nel monopolio del globo esercitato e sfruttato dagli anglosassoni. La vita economica e politica degli Stati è controllata strettamente dal capitalismo angloamericano. [...] Lo Stato nazionale è morto, diventando una sfera di influenza, un monopolio in mano a stranieri. Il mondo è "unificato" nel senso che si è creata una gerarchia mondiale che tutto il mondo disciplina e controlla autoritariamente; è avvenuta la concentrazione massima della proprietà privata, tutto il mondo è un trust in mano di qualche decina di banchieri, armatori e industriali anglosassoni” (A. Gramsci, L'Ordine nuovo, cit. 227-28).

      http://orizzonte48.blogspot.com/2017/09/vademecum-per-la-difesa-della-sovranita.html?spref=tw

      p.s. da leggere tutto il post

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  2. Ammetto che è da poco (cioè solo dopo aver letto "La Costituzione nella palude") che mi interesso degli argomenti che sono al centro di questo blog. Tuttavia leggere i post ed i commenti è stata per me una illuminazione.

    Riflettendo sulla imminente ricorrenza del 70° anno dalla promulgazione della Costituzione, mi è capitato casualmente di leggere anche questo commento di Arturo (recentemente riproposto dal mio giovane omonimo).

    Arturo 10 novembre 2017 22:04
    Ma quanto piace il soft law agli aedi della globalizzazione e della sua “governance”!
    "Lo strumentario giuridico può essere prodotto da soggetti istituzionali o semi-pubblici (quali le grandi associazioni internazionali) alle prese con la scommessa della globalizzazione: in tal caso l’inventiva giuridica corrisponde alla ricerca di formule e strumenti che sappiano mediare tra le tradizionali misure normative e finalità che invece sono piuttosto comunicative, promozionali e di indirizzo." (M. R. Ferrarese, Le istituzioni della globalizzazione, Il Mulino, Bologna, 2000, pag. 92).
    Effettivamente l'"inventiva" nell’affrontare la "sfida" di sottrarsi a qualsiasi tipo di controllo popolare e responsabilità politica non si può negare abbondi.


    Il riferimento di Arturo alla frenetica rincorsa alle 'soft law' mi ha fatto accendere una lampadina nella mente.

    Per motivi professionali mi interessai anni fa di SE (https://en.wikipedia.org/wiki/Societas_Europaea).

    In sintesi, la normativa comunitaria in vigore dal 2004 per le SE introduce di fatto una nuova forma societaria, sovranazionale, accessibile anche ad aziende italiane, in questi specifici casi:

    "The Statute provides four ways of forming a European limited company:
    1)By merger of national companies from different member states;
    2)By the creation of a joint venture between companies (or other entities) in different member states;
    3) By the creation of an SE subsidiary of a national company;
    4) By the conversion of a national company into an SE."

    - Ma, alla luce di:

    Articolo 42
    La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati.
    La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti.
    La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d'interesse generale.
    La legge stabilisce le norme ed i limiti della successione legittima e testamentaria e i diritti dello Stato sulle eredità.

    - anche questa 'soft law' (l'istituzione delle SE) sembra in conflitto con la Costituzione....

    Infatti, ove mai si presentasse la necessità di nazionalizzare/espropriare una SE operante sul territorio nazionale, non sarebbe altrettanto impossibile di come voler nazionalizzare una società operante in un altro stato?

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    1. Il problema potrebbe porsi solo se si ritenesse che il diritto €uropeo abbia appunto abrogato o "costretto" alla disapplicazione la Costituzione economica.
      Diversamente, l'art.43 Cost (quarantatre), risolve il principio a prescindere dalla proprietà e in base al luogo di svolgimento dell'attività dell'impresa (entro il territorio nazionale della Repubblica), impresa che deve comunque assumere una soggettività regolata dal diritto nazionale (per una serie di fini e di interessi eccedenti quelli contemplati dalla disciplina della SE)

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  3. “Relativismo giuridico”.

    Sono gli stessi modelli teorici della tradizione moderna, sui quali si sono fondati i principi strutturali dello stato di diritto positivo di matrice otto e novecentesta (certezza del diritto, centralità del potere politico sovrano=Popolo e la cui volontà è tradotta in norme positive, formali ed imperative) che subscono oggi un attacco epocale:

    … È evidente che le costituzioni (scritte) sono manifestazione dell’idea - di matrice illuministica - che il reale possa essere modellato da un atto di volontà politica, e cioè da un atto di ragione finalizzato al governo della pólis… Se cedessero alla pressione del fatto sociale solo per salvare se stesse, da un lato rinnegherebbero la propria stessa matrice specificamente politica; dall’altro si salverebbero solo formalmente, perché diverrebbero irrimediabilmente altro da sé. Il solo fatto di aver adottato una costituzione scritta, specie quando è lunga e “per valori” , non kelsenianamente limitata alle regole dell’organizzazione istituzionale, attesta il rigetto della prospettiva antilluministica dell’ordine sociale spontaneo (ed è, dunque, davvero sorprendente che alcuni si accostino ad una costituzione di questo tipo qual è la nostra come se fosse possibile dimenticare questo suo fondamentale tratto genetico) .

    Quella prospettiva, al di là delle più o meno convincenti ascendenze “classiche” che le si vogliano trovare, fu aperta da Carl Menger in sede di indagine economica e soprattutto, in sede di riflessione gnoseologica, da Wilhelm Wundt, al quale si deve l’elaborazione della “legge” della “Heterogonie der Zwecke”… che domina l’agire umano e in forza della quale raramente gli scopi raggiunti da quell’agire corrispondono alle intenzioni dell’agente …Tuttavia, è soprattutto grazie ad Hayek ch’essa ha avuto successo tanto in terra liberista…quanto in terra cattolica, trovando un punto di sintesi di queste varie suggestioni negli sviluppi della dottrina ordoliberale

    Essa fu non a caso abbracciata dai primi critici delle pretese ordinanti della nostra Costituzione repubblicana, che, temendo gli eccessi dello statalismo, si ponevano ora nella prospettiva della difesa dei diritti individuali (così i liberisti), ora in quella della tutela dell’autonomia dei corpi intermedi (così taluni ambienti cattolici). La Costituzione, infatti, era criticata da quella prospettiva proprio perché…come tutte le costituzioni scritte, specie se “rigide” e “per valori”, esprimeva un’illuministica ambizione ordinante del reale.

    Quando si postula la necessità dell’adattamento delle costituzioni al fatto, pertanto, non si può intendere, puramente e semplicemente, il passivo recepimento delle esigenze che dal fatto promanano, perché se questo accadesse la contraddizione, storica, logica e ideologica nella quale si cadrebbe sarebbe insostenibile…
    ” [M. LUCIANI, Dottrina del moto delle costituzioni e vicende della costituzione repubblicana, 3].

    La mitica “costituzione materiale”. (segue)

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    1. E dunque è ben strano citare Menger (uno dei padri del marginalismo) e Hayek come teorici, politici, dello "agire delle forze politiche allo stato libero" (Calamandrei), - in pratica del sempre possibile svincolarsi dalla precettività testuale delle Costituzioni in nome della Legge naturale-, e poi NON accorgersi e non indagare sul fatto (normativo, in assunto) che ciò si accompagni a precise formulazioni para-economicistiche, offerte come leggi naturali e QUINDI divenute il clou dei trattati €uropei.

      Mi riferisco a concetti come "il debito grava sulle generazioni future", ovvero "l'inflazione creata dal torchio dello Stato che stampa moneta", fino alla inevitabile "corruzione legalizzata" nel concedere alla maggioranza, assunta come (incredibilmente!) "interesse sezionale", gli abnormi privilegi della redistribuzione attuata col welfare.

      In pratica, Einaudi e le sue facezie, in sede di dibattito nella Costituente (certo, poi, nucleo revanchista delle successive "critiche": non teoriche ma con risvolti molto pratici).

      Il senso politico di tutta questa (libera e indipendente) "scienza" economica fu enunciato non come mera "critica" ma proprio come proposta di deliberazione NELL'assemblea costituente: e finì in schiacciante minoranza. Fatto storico evidenziato da "La Costituzione nella palude" (scritto anteriore all'articolo che ora citi :-).)

      Insomma: perché non essere più concreti e diretti e parlare apertamente dell'esito del dibattito Costituente e di Einaudi, limitandosi a menzionare i suoi antecedenti ideologico-teorici (e il suo "socio" nella Mont Pelerin), e non definire direttamente i contenuti politico-economici di quella posizione come coincidenti con le tante vicende (a partire dal 1° "golpe" dl Quarto Partito nel 1947), che hanno minato la Costituzione in nome del (neo)liberismo e della relativa oligarchia "attiva"?

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    2. "Perche' non essere piu' concreti e diretti". Vogliamo imputarlo ad una svista? :-)

      La stessa per la quale viene auspicato che da questo ginepraio si possa uscire con un balzo in avanti, pur essendo del tutto evidente che nessun balzo in avanti e' possibile (un'altra €uropa).

      E' tutto alquanto "strano", diciamo cosi, soprattutto a certi livelli intellettuali.

      Ma altri Lelio Basso, caro Quarantotto, non ne sono piu' nati

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    3. https://gomppublic.uniroma1.it/Docenti/Render.aspx?UID=fce925b7-a330-49c7-8f4d-8d48a1e01e64
      A me basterebbe uno che si attiene all'impostazione di Mortati e MS. Giannini, e non dimentichi (e non abbia timore di citare) l'elaborazione di Basso, Gramsci, Calamandrei (volendo essere pluralisti) e che non citi in maggioranza solo autori anglosassoni di pensiero liberale :-)

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    4. Diciamo che per questo evidentemente ci "dobbiamo accontentare" del blog :-).

      Mi vengono comunque in mente spesso le parole di Lelio: "Nessuno potra' dirsi innocente". E la colpa non potra' che essere direttamente proporzionale alla coscienza

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  4. Per meglio capire ciò contro cui bisogna combattere (e di cui il blog si è ripetutamente occupato), si considerino le seguenti ed inequivocabili argomentazioni:

    … in ogni prospettiva non positivistica, l’indeterminatezza delle formule e dei concetti non è un difetto ma una necessità …. La pretesa di “trattare” positivisticamente il materiale costituzionale rappresentato dai suoi principi di giustizia (tra i quali i diritti fondamentali) è insostenibile e comporta veri e propri abusi concettuali, come quello compiuto da chi pensa che i principi costituzionali siano facilmente riducibili a norma della stessa natura delle regole positivistiche. Ma ciò non è possibile, non solo per la loro diversa struttura espressiva (norme senza fattispecie), ma anche per la diversa natura del loro contenuto, spesso semplice allusione a grandi concezioni della vita collettiva che trova la propria sostanza nell’esperienza storica e nel riconoscimento attuale del suo valore. Non si è riflettuto a sufficienza, in Italia, sulle trasformazioni categoriali del diritto che la presenza dei principî costituzionali ha comportato. Non si è colto appieno il significato del “diritto per principi”…

    L’inclusione nel diritto dei contenuti di giustizia per il tramite delle norme costituzionali di principio VALORIZZA CERTAMENTE IL RUOLO DELLA GIURISPRUDENZA. Si potrà vedere in questa rimozione una manifestazione dell’antica avversione per il ruolo creativo della giurisprudenza: un’avversione, invero, per la quale è facile trovare mille e fondati argomenti. Si può temere un “pensiero elitario” che trama per insidiare i meccanismi della rappresentanza politica che producono la legge e per sostituire a essi commissioni di tecnici irresponsabili, i giudici. Ma non si può non vedere che LA CRISI DELLA LEGGE È NELLE COSE DI OGNI GIORNO E CHE IL PRINCIPIO ELETTORALE-RAPPRESENTATIVO NON RIESCE A SOSTENERE L’IMMENSO PESO DEL REGGIMENTO NORMATIVO DELLA VITA SOCIALE e anche, soprattutto, a impersonare integralmente le pretese di legittimità delle società attuali, CHE SONO PRETESE DI GIUSTIZIA COSTITUZIONALE MATERIALE
    …” [G. ZAGREBELSKY, Introduzione, in R. Alexy, Begriff und Geltung des Rechts, Verlag Karl Alber GmbH, Freiburg im Breisgau, München, 1992, trad. it., Concetto e validità del diritto, Einaudi, Torino, 1997, 13, 20-21].

    L’essenza del diritto sarebbe quindi da ricercare nella giurisdizione piuttosto che nella legislazione (Hayek); il testo scritto (soprattutto quello posto gerarchicamente al vertice dell’ordinamento), non ha più importanza. Saremmo quindi di fronte ad un nuovo ordine, alla base del quale sta l’idea pilotata che la decisione collettiva generale e astratta (=popolare e sovrana) non sia più assistita da una forza razionale e da un valore etico superiori rispetto alla decisione concreta (la sentenza, con i suoi bilanciamenti ad libitum e la sua ragionevolezza che derogano il testo ed i principi ordinanti). (segue)

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    1. Vabbè, dai, la "crisi della legge" che "è nelle cose di ogni giorno" è formula direttamente confutativa di Gramsci e del suo definire lo Stato liberale.
      Ciò che Gramsci analizza come un male per il popolo e un bene per l'oligarchia, una strategia autoconservativa all'interno del suffragio universale, viene appunto degradato a fatto naturale, meteorologico, da cui trarre l'idea restauratrice del vecchio ordine (e sappiamo come la giurisprudenza non abbia disdegnato, in nomine €uropae, questa restaurazione, subendo la suggestione della pre-comprensione data dal fatto compiuto).

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  5. Tuttavia:

    … il tentativo di sganciare completamente i diritti dal diritto positivo … risulta arbitrario. In questi ordinamenti i diritti sono stati consapevolmente fondati da un atto costituente, E QUINDI DA UNA MANIFESTAZIONE DI VOLONTÀ IMPERATIVA…Qualunque atto costituente democratico si autolegittima grazie alla propria connessione con il logicamente presupposto principio di eguaglianza (e di pari dignità) di tutti i consociati… ma se non vuole essere effimero, se intende aspirare alla stabilità, così come è proprio di qualunque atto fondativo di un nuovo ordine, deve interpretare e rivelare l’interesse reale e profondo della comunità politica che intende - appunto - ordinare…

    proprio in quanto trasformatore o addirittura fondatore di un ordinamento, il potere costituente non possiede solo (visto nella prospettiva dell’esercizio) un lato “politico”, ma anche (visto nella prospettiva del risultato) un lato “giuridico”, poiché la costituzione è “ordine ed organizzazione giuridica del potere politico-statuale
    ” [M. LUCIANI, Costituzionalismo irenico e costituzionalismo polemico].

    Il relativismo giuridico si mostra per quello che è: un assolutismo neo-ordinante ad esclusivo uso e consumo delle ideologie oligarchie ed in danno del Popolo sovrano

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    1. Questo articolo assume più o meno senso a seconda dell'anno in cui risulti scritto: proprio perché non vi figura la parola "euro" (o, volendo essere più benevoli, almeno "fiscal compact"). E "giuridicamente" non è poco...

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    2. Infatti è del 2006: di lì a poco, il berlusconismo, brutto, avrebbe ceduto il passo alla "durezza del vivere" come nuova €tica (e il pareggio di bilancio sarebbe GIA' divenuto - non dimentichiamolo mai- l'obiettivo di ogni politica economico-fiscale e quindi in materia di "diritti fondamentali")

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  6. Il "relativismo giuridico" ha un non so che di religioso: potremmo avanzare anche l'idea per cui la Struttura sociale in classi sia l'entità divina adorata nel monoteistico culto del Mercato. Del Grande Legislatore. Dell'Architetto dell'Universo che si disvela come Natura. Come Gaia.

    (Il sacerdote è ministro - delle finanze - di Dio, la sacerdotessa è ministra - del Tesoro - di Gaia... essendo notoriamente una divinità politicamente corretta, amante dell'uguaglianza formale e non adusa al Principio di ragion sufficiente.

    Possiamo dedurre, poi, che l'unica vera ecologia è quella di classe. D'altronde, non a caso, anche Malthus era un sacerdote...)


    « Il diritto di natura, che gli scrittori chiamano comunemente jus naturale, è la libertà che ciascuno ha di usare il proprio potere a suo arbitrio per la conservazione della sua natura, cioè della sua vita e conseguentemente di fare qualsiasi cosa che, secondo il suo giudizio e la sua ragione, egli concepisca come il mezzo più idoneo a questo fine. »

    Thomas Hobbes, Leviatano, capitolo XIV

    L'individualismo metodologico è volontà divina, Provvidenza e Mano invisibile. Ed è "conservazione della Natura stessa".

    Insomma, conservatorismo...

    « Ius naturale est divinum ius, scilicet quod continetur in lege
    mosaica et evangelica, et sic accipitur hic
    »

    (Non avrei mai pensato di trovare nel monoteismo del panteismo di classe)

    « Et dicitur hoc ius naturale, quia summa natura, idest Deus, nobis illud docuit et tradidit per legem et prophetas et euangelium, uel quia ad ea que iure diuino continentur naturaliter racio eciam sine extrinseca excitatione ducit et impellit »

    Chi siete voi, insolenti, che con il vostro arbitrio, edificate Costituzioni profane e sfidate la Legge?

    « Natura idest Deus »


    (ringraziando Maurizio ed Arturo per lo spunto di riflessione...)

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  7. “(a partire dal 1° "golpe" dl Quarto Partito nel 1947), che hanno minato la Costituzione in nome del (neo)liberismo e della relativa oligarchia "attiva"?”

    E Francesco lo sa bene :)… che ringrazio sempre:

    la testimonianza di un importante ex esponente del PCI riguardo a quello stesso dopoguerra.

    Una testimonianza che esclude qualsiasi ombra legata ad un pericolo di passaggio dell'Italia nel Comunismo e, considerando la forte caratterizzazione della democrazia italiana nell'esperienza Costituente, esclude pure che il pericolo per il rispetto delle procedure e dei valori democratici affermati in Costituzione, arrivasse da movimenti popolari, meno che mai "comunisti":

    "Varrebbe certamente la pena di ricostruire più attentamente di quanto non si sia ancora fatto, il dibattito in Assemblea Costituente e i contributi di Einaudi, che peraltro abbracciarono campi importanti di interesse generale al di là dei "rapporti economici" (titolo III della prima parte della Carta) e del pur cruciale articolo 81. Interessante, e suggestiva, è l'interpretazione che in Cinquant’anni di vita italiana ci ha lasciato Guido Carli: secondo il quale «la parte economica della Costituzione risultò sbilanciata a favore delle due culture dominanti, cattolica e marxista», MA NELLO STESSO TEMPO, TRA IL 1946 E IL 1947, «DE GASPERI ED EINAUDI AVEVANO COSTRUITO IN POCHI MESI UNA SORTA DI "COSTITUZIONE ECONOMICA" CHE AVEVANO POSTO PERÒ AL SICURO, AL DI FUORI DELLA DISCUSSIONE IN SEDE DI ASSEMBLEA COSTITUENTE». SI TRATTÒ DI UNA STRATEGIA «NATA E GESTITA TRA LA BANCA D'ITALIA E IL GOVERNO», MIRATA ALLA STABILIZZAZIONE, ANCORATA A UNA VISIONE DI "STATO MINIMO", E APERTA ALLE REGOLE E ALLE ISTITUZIONI MONETARIE INTERNAZIONALI."
    http://orizzonte48.blogspot.com/2016/06/believe-me-roger-uk-needs-democracy-in.html?spref=tw

    p.s. naturalmente è da leggere tutto con i vari links

    p.s.2 praticamente ho finito i giga per poter navigare….. speriamo di sentirci prima di Natale.

    In ogno caso tanti auguri a tutti…. e sempre grazie per il vostro lavoro.

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    1. Ciao Luca,

      Ricordo bene il passo e anche l'entusiasmo di chi ha evocato l'operazione del sabotaggio costituzionale assumendo Einaudi come maestro. Grazie a te di averlo ripescato.

      La storia dal secondo dopoguerra ad oggi e', fino agli '70, una storia di inattuazione costituzionale (con riferimento al legislatore) e da meta' degli anni '70 in poi una storia di sovvertimento dell'ordine costituzionale (sempre da parte del legislatore).

      Dal lato dell'applicazione (avuto riguardo alla Consulta) e' una storia di esercizio sostanzialmente adattivo e legittimante la trasformazine ordinamentale.

      Cosa avra' mai fatto il Popolo italiano per meritare cosi' tanto odio

      E' incredibile

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    2. Ecco: sintesi storico-fenomenologica che si ha più bisogno di quanto non si creda (almeno qui) di ribadire.
      Oggi più che mai...

      Luca, tanti cari auguri: ma speriamo che trovi il modo di "comunicare" ancora...

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