Su "mainstream" compare un post che si pone alcuni interrogativi "dietrologici" sul post relativo alla uscita "secca" dall'euro.
Calma: non sostengo alcuna uscita dall'euro PER mantenere in vita l'UE, meno che mai nella forma attuale. Affannarsi, con tanto di individuazione polemica di "linee contrapposte", su questo problema è come discutere, nel 1943 - prima dell'8 settembre, per di più-, delle maggioranze raggiungibili nell'assemblea costituente del 1947.
E non sono "espressione" della linea di alcun "manifesto" di cui non sono firmatario e del quale attendo con curiosità di vedere una illustrazione che ne chiarisca la portata.
E tra l'altro, che il trattato di Maastricht - secondo lo stesso Tesauro, principale studioso del diritto europeo-, istituisca una implicita ed assolutamente non chiara equazione euro=UE, e che sia, altresì, in sè il principale disattivatore dei principi immodificabili della democrazia costituzionale, sono forse l'unico giurista ad averlo scritto, in termini espressi, in lavori pubblicati ormai nel corso di un anno.
Se si guarda al dibattito seguito nei commenti al post "criticato" (con tutta una serie di punti prevedibilmente sollevati), gli interrogativi proposti su mainstream trovano più o meno risposta.
Mi sono limitato a sollevare un punto giuridico, anche con argomenti "inediti" (ma nel deserto culturale italiano, inaridito dal mito dell'euro, non risulta una cosa insolita), DOPO che, da oltre un anno, ho mostrato come, rispetto alla integrale considerazione del vincolo UE-UEM, non si tratti di ricorrere all'art.50 del TUE (recesso volontario "acausale"), bensì alle più fondate e funzionali disposizioni del diritto dei trattati (convenzione di Vienna), connesse ai ben diversi casi dell' "inadimplenti non est adimplendum" e della "eccessiva onerosità sopravvenuta" (c.d. clausola rebus sic stantibus).
Quindi si è trattato solo di provare a far luce su un punto giuridico, all'unico fine di (tentare di) dissipare la cortina di nebbia che circonda dei dati normativi volutamente formulati in modo difficilmente decifrabile: le norme dei trattati, infatti, ormai albergano in un quadro di stratificati "sentito dire", sui quali, tutti i cittadini "europei" in generale, compresi gli economisti, sembrano non avere le idee chiare (probabilmente nessuno potrebbe, et pour cause).
Anche perchè per stimare gli autonomi effetti dei trattati "al netto" dell'euro, occorrebbe saper distinguere tra leggi di recepimento di direttive UE IN MATERIA DIVERSA DA QUELLA FINANZIARIA PUBBLICA, FUNZIONALE AI PARAMETRI DEL PATTO DI STABILITA' MONETARIA (ad es, in materia di antitrust, appalti, servizi pubblici di interesse generale, e loro privatizzazione, in tema ambientale e così via, fino a materie come gli imballaggi e la preparazione del "pane") e leggi finanziarie e "manovre" per rispettare questi parametri.
Le prime, diciamo, di recepimento della normativa UE non finanziario-monetaria, hanno effetti sul mercato interno, sulla sua struttura (accesso ai settori di mercato, standards tecnici da rispettare ecc.) nonchè sulla competitività e redditività del sistema produttivo. Senza dubbio.
E, questi effetti si allargano anche alla questione delle "privatizzazioni".
Ma, in concreto, è molto difficile estrapolarne e misurarne gli effetti non connessi ed acuiti dalla esistenza di per sè del vincolo monetario.
E ciò persino riferendosi a quanto accaduto nella fase "preparatoria" della moneta unica, post 1992 e uscita dallo SME, caratterizzata, appunto, da linee politico-economiche serventi le esigenze della moneta unica prossima ventura, con creazione ossessiva del saldo primario e dell'output gap conseguente, in vista del rispetto dei parametri di deficit e di debito.
Per chi è abbastanza "anziano" da ricordare quel periodo, in cui si accumularono a tappe forzate le nubi dell'attuale tempesta.
Appartengono a tale fase(senza voler esaurire l'argomento), le "riforme del lavoro" in senso precarizzante, a partire dalla legge Treu, per finire al fatidico art.18, la riforma delle banche da unire alla ratifica legislativa della "indipendenza" della BC e, in generale, la progressiva sterilizzazione dell'intervento pubblico a sostegno dell'economia e dell'occupazione (unita all'aumento sinergico della pressione fiscale.
Ma si tratta, ripetiamo, anche di altre leggi non direttamente finanziarie, che abbiamo criticato già al tempo della loro promulgazione, e di cui, in questo blog, abbiamo espressamente parlato, in vari post.
E basterebbe averli letti.
Intanto, attendiamo economisti che siano in grado di farle queste stime sul "mercato unico" in sè e sulla sua influenza "netta" sul sistema economico italiano. Ciò richiederebbe, da parte loro, un'attenta ricognizione di una legislazione, accumulatasi in un ventennio, che persino i giuristi avrebbero difficoltà a "catalogare". E, in retrospettiva, dovendosi scremare gli effetti quantomeno direttamente legati all'adozione della moneta unica, si dovrebbe ricorrere al "controfattuale", in condizioni cognitive alquanto incerte.
Una considerazione del problema nei suoi "fatti rilevanti" che sarebbe, almeno in parte, possibile ottenere se si avesse una proficua cooperazione interdisciplinare. Che non ho mai negato: e che, in termini peraltro solo "preliminari", ho avuto finora solo con Bagnai in occasione del suo libro "Il tramonto dell'euro".
In ogni modo, per tornare agli "interrogativi", una cosa è che "si debba" necessariamente uscire dall'UE simultaneamente all'UEM, altra cosa è che, invece, le due facoltà siano disgiungibili e separatamente ed "eventualmente" esercitabili; specie se non si hanno idee ben chiare sul "dopo" (in termini di praticabilità politica ed economica) e fatti/dati accertati sui problemi legati alla "mera" partecipazione UE.
E' ovvio che la forza negoziale di uno Stato è rafforzata nella seconda ipotesi, avendo maggiori spazi di manovra e strategie "graduabili": se non pare ovvio, basti pensare, oltretutto, alla estrema difficoltà a raggiungere una maggioranza elettorale e a formare un governo che, conformemente ad essa, possa procedere a tutto il programma (con il consenso indispensabile). Laddove, invece, è evidente che, per quanto solo parzialmente e imperfettamente risolutiva, la questione euro-exit sta diventando un'urgenza ben più chiara e presente alla pubblica opinione. Fino al punto che le forze politiche "potrebbero" essere costrette a prenderne atto.
Insomma, basterebbe leggere qualche decina di post sulla compatibilità dei trattati con la Costituzione, prima di farsi delle domande "al buio".
E sarebbe bastato intervenire sul blog per avere questi stessi chiarimenti senza alcuna difficoltà.
Le Istituzioni riflettono la società o esse "conformano" la società e ne inducono la struttura? In democrazia, la risposta dovrebbe essere la prima. Ma c’è sempre l'ombra della seconda...il "potere" tende a perpetuarsi, forzando le regole che, nello Stato "democratico di diritto" ne disciplinano la legittimazione. Ultimamente, poi, la seconda si profila piuttosto...ingombrante, nella sintesi "lo vuole l'Europa". Ma non solo. Per capire il fenomeno, useremo la analisi economica del diritto.
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Avrei un dubbio da chiarire, sulle eventuali "sanzioni commerciali" che verrebbero effettuate verso un paese che dell'UE volesse recedere. In che modo sarebbero possibili? Non fanno tutti e 28 i paesi del WTO? Suppongo che i paesi sanzionati potrebbero farvi ricorso, o sbaglio?
RispondiEliminaPS: nell'articolo al buio si parla di TFUE in luogo di TUE, forse avrei potuto non farmi prendere dall'emozione e sospendere la lettura al terzo rigo piuttosto che rispondere :)
Sull'intreccio, molto eventuale, tra regole UE (ove non più applicabili) e considerato che l'art.50 TUE non parla di sanzioni, e regole WTO, basti pensare questo: lo stesso art.50 prevede che, comunque, proprio perchè permarrebbe un quadro più ampio di altri trattati commerciali universali, lo Stato che recede concluda un "accordo" che involga "le future relazioni con l'UE".
EliminaMa d'altra parte, poi, se il "mercato unico" potesse risultare così vantaggioso per i paesi core, anche in assenza della moneta unica, perchè ci avrebbero tirato dentro all'euro? E, quindi, siamo così sicuri che questo "mercato unico", e non l'euro, sia la forza capace di plasmare l'Europa in modo da distruggere la democrazia fondata sul lavoro?
Un UE con l'Italia fuori dall'euro (possibilmente in un quadro concordato con altri paesi cointeressati) farebbe certamente venir meno la ragione sociale della moneta unica e l'intera UEM sarebbe rinegoziata.
Anche perchè i tedeschi sono intrinsecamente e convintamente protezionisti. In nome della loro Costituzione: ormai è un fatto.
mi riesce difficile capire come fa un paese che determina il 50x100 del PIL sull'export ad essere convintamente protezionista.
Eliminaper quanto riguarda il mercato unico, siamo sicuri che la libera circolazione delle merci, capitali e della forza lavoro FAVORISCA la "piena occupazione" così come DETTA la costituzione del '48?
in altri termini, senza una qualsivoglia forma di camera di compensazione, come suggeriva Lord Keynes, lo sport del "fotti il vicino" continuerebbe...
..come giustamente ha SEMPRE scritto 48 nel suo blog..
EliminaMa non c'è dubbio che un mercato unico di piena liberalizzazione sia antitetico alla piena occupazione: ogni paese (teoricamente) sarebbe sempre alla ricerca di surplus mediante politiche deflattive del lavoro.
EliminaMa il fatto è che il "mercato unico" dei trattati è un "programma" in gran parte irrealizzato: affidato com'è all'attuazione in parte discrezionale dei più forti. Sicchè in germania, Hartz e credito all'export, e altre misure che congiurano per la restrizione delle importazioni, ovvero in Francia un dirigismo mai abbandonato (vedi PSA)e golden share del pubblico potere, (insieme ai legami con le ex colonie), garantiscono che il liberismo sia accettato solo "a carico nostro".
Se l'Italia raggiungesse non dico un surpluls, ma almeno un pareggio bdp stabile, e non indotto da recessione, sarebbero i primi a non stare più a queste regole del giochino...
Letto,digerito,assimilato e condiviso.Molto modestamente penso stiano/siano maturati tempi x una aggregazione consapevole, competente e cosciente che aiuti a districarsi fra mille rivoli supinamente accettati se non scientemente imposti.Le masse ragionano in maniera "grossolana" e la conferma che il corpo elettorato da immobile e statico che era è diventato mobile e fluttuante denota l'inconffesato bisogno di un qualche Progetto contenitore affidabile,di un approdo e un porto sicuro attraverso un percorso chiaro e trasparente che difenda l'interesse Nazionale pur in un contesto europeo a tutela di un Popolo.Una Resistenza post-novecentesca che rifugga dalla sola tecnica €lobbistica da organizzare in Soggetto di riferimento.Grazie.I suoi scritti e quelli di numerosi,ma "oscurati" Altri, sono l'unica luce che si riesce a vedere in questo tunnel che nel breve prenderà sempre + la forma di un imbuto.
RispondiEliminaOh beh, grazie.
EliminaQuanto all'aggregazione consapevole, speriamo che, un giorno, necessariamente non lontano, ci siano i "numeri"...
Continuare da Patrioti,gente mormora...era meglio la...:-)
EliminaCondivido pienamente la NECESSITA' di un "aggregazione consapevole". Credo che i numeri si stanno creando, anzi si siano già creati. La Malfa ha concluso il suo intervento al convegno di A/SIMMETRIE con una domanda affermazione molto significativa in tal senso. Vogliamo aspettare ancora?
EliminaX niente.Diversamente aspetteremo x altri 6 anni.
EliminaNo, ma sei impazzito? Uscire dall'euro proprio ora che è tutto risolto? (Meno male che c'è Evans-Pritchard a dire quel che viene a questo lugubre pagliaccio...).
RispondiEliminaHai visto il post su voci dall'estero della proposta di Sapir? Altro che i "monetacomunisti" alle vongole...
EliminaAvevo già letto la proposta sul suo studio sulla dissoluzione dell'eurozona (la parte sulla moneta comune dell'articolo tradotto ne riproduce quasi alla lettera le pagg. 67-69). Certo che in un contesto di definanziarizzazione dell'economia la proposta è ben diversa! Sapir sembra ritenere che alla fine dell'eurozona si accompagnerà quasi inevitabilmente questo fenomeno (pp. 84-5: "L’un des effets induits par une dissolution de l’Euro puis par une dévaluation pourrait être une «dé-financiarisation» de l’économie française. Qu’il le veuille ou non, le gouvernement français sera contraint de mettre fin à la grande libéralisation financière qui a commencé dans les années 1980."): possiamo solo augurarci che abbia ragione...
EliminaSapir ha pubblicato anche questo :
Eliminahttp://russeurope.hypotheses.org/1552.
"Nothing authorizes the statement which is sometimes heard that a dissolution of the Euro and the devaluations which this would entail would bring about “catastrophic” changes in the exchange rates."
Nothing, Nothing, Nothing.
A parte la malafede.
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