giovedì 30 ottobre 2014

IL CRINALE DELLA BORSA: "OLTRE IL TREND DRAGHI". COMUNQUE...?


Tratto da "Investire oggi" (http://www.investireoggi.it/finanza-borsa/quotazioni-CSMIB/).

Il grafico "aggiuntivo" che precede conferma, ad oggi, alcune delle intuizioni previsionali che Mauro Gosmin ci ha inviato. Le sue riflessioni sono utili a capire sia il "crinale" su cui si trovano le aspettative finanziario-borsistiche, tra euro-break e stagnazione insolubile, se non recessione protratta "ad libitum €uropae", sia la connessione di lungo periodo con l'economia reale
I fatti sono sempre più conclamati: e non c'è alcuna manovra espansiva o Comissione flessibile alle porte, se teniamo conto del vero impatto dell'attuale legge di stabilità, scontandone, come faranno i risparmiatori (specie in estinzione), i forti effetti restrittivi rinviati al 2016. Quando si inizieranno a constatare anche gli effetti debolissimi del TLTRO.

Glossario per il Post:
MIB 40= indice azionario Italiano dei 40 titoli a maggiore capitalizzazione
Dax = Indice azionario tedesco dei 30 titoli a maggiore capitalizzazione.
S&P500 = indice azionario americano  formato dalle 500 aziende a maggiore capitalizzazione.
Trend= direzione del mercato
Il Trend si divide in:
Trend rialzista; Trend ribassista; Trend laterale.
Il trend laterale, può essere un movimento di accumulo e quindi precede un trend rialzista, oppure può essere un movimento distributivo che precede un trend ribassista.
Inoltre i trends si possono dividere in trends  di lungo periodo, di medio periodo, breve periodo ecc.



Quello qui sopra è un grafico a barre mensili dell’indice italiano Mib40,  che parte dal 1996 ed arriva ai giorni nostri. Cerchiamo di scomporlo per trend di lungo periodo.
1) il trend rialzista che parte dal 1996 e si conclude a marzo 2000 a 51200 di indice Mib 40
2) un trend ribassista che va da marzo 2000 e si chiude a  marzo 2003 da 51200 a 20400 di indice Mib 40.
Fino a questo momento il nostro indice azionario è allineato all’indice azionario americano e all’indice azionario tedesco, anzi tende a fare meglio.
3) Trend rialzista da marzo 2003 a maggio 2007 da 20400 a 44364 di indice Mib 40
Il nostro indice azionario è sempre allineato all’indice azionario americano e tedesco, anche se tende a fare peggio rispetto ai due indici di riferimento.
4) Trend ribassista da maggio 2007 a marzo 2009 da 44364 a 12332 di indice Mib40.
Il nostro indice azionario è sempre allineato ai due indici azionari di riferimento anche se le sue perdite sono di gran lunga superiori, il 72% per il nostro indice contro il 56% dell’indice tedesco.
Da marzo 2009 si verifica il disallineamento del nostro indice rispetto ai due di riferimento, i quali innescano un trend rialzista che li porta entrambi sopra i massimi del 2007, mentre il nostro indice entra in un trend laterale, non riuscendo nemmeno a recuperare metà delle perdite,  indicate dalla linea rossa sul grafico.
Ora è da capire se questa lateralità è accumulo per la partenza di un trend rialzista, ovvero è distribuzione per la partenza di un nuovo trend ribassista verso nuovi minimi.
Inoltre è da valutare se questo disallineamento è anticipatore di una marginalizzazione dell’Italia rispetto ai paesi più evoluti, insomma se dalla serie A siamo retrocessi  in serie B, per la felicità dei molti auto-razzisti. 
Detto in parole semplici,  è elevato il rischio che dal 2009 si sia verificata una frattura fra il nostro Paese e il mondo più sviluppato di cui facevamo parte. Importante sarebbe capire se questa rottura sarà ricomponibile nel futuro o sarà una cosa definitiva. 
Ed ecco il confronto  fra il Mib 40 linea azzurra e il Dax 30 linea  verde  dal 1997 ad oggi:




 E qui sotto il confronto fra il Mib40 linea azzurra e S&P500 linea verde








Secondo il mio personale punto di vista, quello in atto da marzo 2009 è un movimento distributivo e anticipatore di nuovi minimi.   
Questi minimi si formeranno a causa del  Breakout dell’euro, oppure perché il nostro paese andrà incontro ad una lunga e autodistruttiva fase di deflazione che distruggerà il nostro tessuto economico sociale fatto di piccole e medie industrie?
Insomma un ritorno ad una moneta nazionale ci fornirebbe la possibilità di tornare a giocare con i grandi, per cui da quel minimo  potrebbe seguire un trend rialzista di proporzioni impensabili oggi, viceversa la permanenza nell’euro sarebbe segnata da una deflazione che ci allontanerebbe sempre di più dai vertici mondiali e il mercato azionario si limiterebbe a registrarlo.

Se il trend di lungo periodo è laterale, quello di medio, dalle famose parole di Draghi di luglio 2012, è rialzista
Lo possiamo definire il trend Draghi
Giovedì  16 ottobre l’indice aveva bucato il trend che sorregge i corsi azionari dal 2012, recuperandolo miracolosamente il giorno seguente. Una rottura del canale rialzista confermata a chiusura settimanale (v. sopra, grafico a inizio post: la media di fine ottobre è in bilico intorno ad uno "scivolamento" al di sotto dell'ottobre 2012, ndr.), sancirebbe l’inversione di tendenza del trend di "medio" trascinando a ribasso il trend di "lungo".

Sarà pure una coincidenza, ma in concomitanza di una possibile inversione di tendenza del trend Draghi subito escono queste indiscrezioni.
MILANO (WSI) - Futures europei positivi, sostenuti anche oggi dai rumour secondo cui la Bce acquisterà bond societari sul mercato secondario, e che una decisione in tal senso potrebbe essere adottata già a partire da dicembre.
Grafico sotto del Mib40, su barra settimanale, dal 2012 ad oggi: le due linee rosse evidenziano il trend  rialzista di medio periodo che io chiamo Draghi.



Conclusioni
- se ci sarà il Breakout dell’euro, prima dobbiamo avere la pazienza di aspettare che il trend Draghi s'inverta, poi l’evento si materializzerà probabilmente sotto i minimi di marzo 2009 e luglio 2012 e dovrebbe essere un movimento rapido e violento, con giornate di vero e proprio panico borsistico. 
Se il movimento in atto, che io reputo distributivo  andrà a formare nuovi minimi area 10.000/9500 di Mib40, non per il Breakout dell’euro, ma bensì per una conclamata deflazione che durerà a lungo, allora la discesa sarà lenta e snervante e prenderà tutti per sfinimento. 
Insomma il destino dell’indice azionario Italiano sembra sia segnato a formare nuovi minimi, essendo un indice sbilanciato verso il settore finanziario e non industriale: suppongo che tali minimi saranno provocati a causa di una nuova crisi bancaria, dovuta o alla rottura dell’euro, ovvero per effetto di una lunga deflazione.
Mi ripeto: anche se può sembrare la stessa cosa non è così.
Nel primo caso ci giochiamo la possibilità di tornare fra i grandi del mondo, soprattutto se verrà gestita bene la fase del dopo euro. Nel secondo caso ci allontaneremo sempre di più dai paesi che contano.

4 commenti:

  1. Ringrazio per l'analisi di prospettiva, più sensata di tanta analisi tecnica, che mette ordine e profondità in quanto mi era superficialmente evidente fin dal 2011-2012 dalla semplice osservazione della divergenza Mib/S&P, aggiungendo la significativa e parallela divergenza Mib/Dax, cosa che non avevo osservato perché normalmente non proietto su Metastock l'indice tedesco.
    Solo tre osservazioni (tra cui la terza credo sia la più rilevante):
    1) La rottura del trend Draghi del 16 ottobre, per il momento, non può dirsi conclusa. Il rimbalzo di questa settimana è ancora aperto ed in base al movimento di ieri e di oggi ci sono buone possibilità di tornare presto sui minimi del 16 ed eventualmente romperli: dunque il trend Draghi è tutt'ora passibile di rovesciamento immediato.
    2) Le due prospettive di declino, pur avendo implicazioni diverse, non sono per nulla esclusive: mentre quella "industriale" fa da sfondo, quella "finanziaria" è costantemente in agguato e può benissimo darsi che il movimento reale sia una sommatoria delle due; nel qual caso si dovrebbe comunque arrivare al botto "finale" finanziario.
    3) Purtroppo non è affatto evidente (anzi è alquanto evidente il contrario) che ci siano o siano in formazione le risorse politiche per la svolta ad U dopo il botto. Malgrado l'alto livello (anche etico) delle osservazioni di questo blog e di altre iniziative che cercano di ampliare la conoscenza dei termini e dell'orizzonte della crisi, constato per ora l'impossibilità di una loro trasformazione in significativa organizzazione, pressione e consenso politico. Nulla di simile a quanto avvenne nell'evoluzione e nel crollo del fascismo, dove con la guerra evidentemente persa ci fu un pullulare di movimenti ed iniziative che prefiguravano il dopo e dove peraltro il regime non fece tabula rasa di una potenziale alternativa se si pensa che gran parte di coloro che gestirono con successo la prima repubblica furono anche "giovani" fascisti con prestigio e riconoscimenti culturali. Insomma, il tramonto del fascismo non fu il deserto culturale e politico d'Italia come rischia di essere il tramonto dell'Europa e dell'Euro.
    Oggi, allo stato dei fatti, chi potrà gestire la ricostruzione? Mi rifiuto di credere che la banda di faccendieri, boy-scout ed oche giulive che oggi hanno le mani in pasta e che, fino a prova contraria, si troveranno col cerino in mano, possano essere coloro che ci tireranno fuori dal guano.

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    1. Osservazioni perspicue.
      Sulle prime 2 lascerei eventualmente a Mauro una risposta articolata.

      Mi limito ad aggiungere, sulla 2), che la notoria concentrazione in poche mani dei titoli emessi e quotati nella Borsa italiana rende l'ipotesi crollo industriale una sorta di riflesso della colonizzazione estera: le stesse banche, a termini degli effetti della c.d. Unione bancaria-UEM, sono probabilmente destinate a divenire dependance di gruppi esteri.
      E non vedo possibilità di reistenza di lungo termine nemmeno per la proprietà delle sparute "eccellenze" residue. Comunque la delocalizzazione agisce nel senso di un futuro effetto "Fiat" anche per i pochi sopravvissuti. Insomma, se difficoltà industriali potrebbero esserci uscendo dall'UEM, rimanendoci non avrebbe quasi più senso una Borsa italiana (nominalmente separata da quella di Londra; LSE è già una società unica http://www.corriere.it/economia/11_febbraio_09/borse-fusione-londra-toronto_45baa090-342c-11e0-89a3-00144f486ba6.shtml).


      Quanto alla 3), permettimi di richiamare il "ci sono le risorse culturali per uscire dalla crisi?" http://orizzonte48.blogspot.it/2013/12/litalia-ha-sufficienti-risorse.html

      Di fronte a questo evidente deserto,-che è prima di tutto mediatico, con persino maggiore corresponsabilità televisiva, specie recente-, c'è solo da chiedersi se gli italiani abbiano bisogno di perdere democrazia e indipendenza per poterle sufficientemente comprendere.

      Il che ci riporta a uno strano paradosso: non possiamo riconoscere il 25 luglio che, a mio parere, sta scivolando quasi inosservato nella nostra società, perchè non pare possibile un post 8 settembre.

      Cioè, siamo di fronte ad una strana mistura tra 1943 e 1924. Certo, prima o poi, i fatti mondiali ci porteranno a dover scegliere come popolo tra le due alternative. Qualcuno (molti) si dovrà svegliare ed altri smettere di sparare, per puro egocetrismo narcisistico, alle spalle delle poche voci democratiche che ancora tentano di lottare.

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  2. Ciao Mirko ciò che volevo sottolineare nel mio articolo, è che un evento traumatico come può essere la fine di una unione monetaria, molto probabilmente avviene in un mercato discendente, difficilmente il suo contrario. Se la memoria non m'inganna l'uscita dell'Italia dallo Sme nel settembre 1992 era stata preceduta da una discesa dei corsi azionari iniziata a febbraio 1992 e protrattasi fino al verificarsi dell'evento.
    Da un punto di vista strettamente tecnico sul minimo di luglio 2012 (trend Draghi) ci starebbe bene l'ipotesi della partenza di un onda C che si sviluppa in 5 sott'onde, dove la correzione iniziata questa estate potrebbe essere la sua IV. Mancherebbe ancora un V all'insù. Ipotesi corretta se verranno bucati a rialzo i massimi estivi. Inoltre sul minimo del 16 ottobre potrebbe essere partito un ciclo semestrale, e se fosse così il mercato spingerebbe all'insù ancora per almeno 6/7 settimane. Insomma il trend Draghi è veramente duro da morire e con esso la fine dell'euro.

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    1. Grazie per la valutazione tecnica del minimo del 16 ottobre, e del rimbalzo successivo che non ho motivo di contestare o non avendo dimestichezza con la teoria delle Elliot's waves, e non avendo finora cercato di scandire il trend in quest'ottica. La mia idea che la correzione (e l'eventuale tonfo) potesse essere ancora aperta (al di là della mia speranza in uno scossone) era basata soprattutto sull'impatto a forbice della chiusura del QE3 da parte della FED e dell'improvviso stop del quasi QE della Banca Centrale Cinese alle prese col mostruoso eccesso di riserve estere evidenziato ieri da Pritchard. Ma il movimento di oggi, con la reazione all'escalation giapponese, sembra effettivamente aver chiuso ogni prosecuzione immediata.
      Il ché riporta all'aspetto drammatico del crinale evidenziato dall'articolo: la quota non è statica ma in sostanziale discesa. Nessuno mi toglie dalla testa che se il "whatever it takes" non fosse partito, il sistema sarebbe saltato nel 2012 ed ora, per quanto becera potesse essere la classe politica che avrebbe gestito la rottura, una qualche reale svolta sarebbe avvenuta e la fogna in cui nuotiamo sarebbe oggi un po' meno puzzolente.
      Viceversa, più il collasso finanziario viene di volta in volta rimandato, più il sistema euro produce i suoi danni sostanziali e più la risalita dovrà partire dal basso, fino al momento in cui sarà semplicemente impossibile.

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