martedì 15 dicembre 2015

IL GIUBILEO DEGLI "AVANZI" E DEGLI ESCLUSI. IN €UROPA- 2. I LIMITI ONTOLOGICI DI OGNI "DOTTRINA SOCIALE"


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Per connotare questa denuncia di crescente esclusione ed emarginazione, nella sua novità alienante e disumana, dobbiamo necessariamente supporre che il Santo Padre abbia in precedenza compiuto una sua riflessione sulla natura dei rapporti sociali che si è andata affermando negli ultimi decenni, cercando, forse, di individuare le scelte economiche ed istituzionali che ne sono alla base.
Che sia così, e non sarebbe logico ipotizzare diversamente,  se ne avrebbe conferma anche nel precedente paragrafo 52.

2. Nel complesso, la risposta a queste complesse domande, il Papa pare ricercarla nella confluenza degli effetti del progresso tecnologico innestata su un  atteggiamento umano che non risulta, peraltro, attribuito a precisi attori delle dinamiche sociali
Per esclusione (logica), questo atteggiamento non dovrebbe essere imputabile a coloro che risultano "esclusi" e ridotti ad "avanzi".
Ma quando un essere umano sia effettivamente identificabile in questa condizione  non è del tutto chiaro: e nemmeno è chiaro, perciò, il meccanismo che rende obiettivamente sempre più vasta la categoria degli "avanzi".
Se si avesse riguardo alla condizione di immigrato economico (o da altre cause di disperazione materiale), nonché di disoccupato senza alcuna protezione sociale, infatti, come il Pontefice pare esplicitamente sottolineare, sarebbe inevitabile considerare che a tale condizione sono ormai esposti settori di popolazione in crescita vertiginosa; anche, e specialmente, nell'(ormai ex) opulento Occidente. 
Dunque, sempre sul piano logico, deducibile dalle parole del Papa, non dovrebbero essere gli attuali e, sempre più, potenziali "scarti" i responsabili di tale atteggiamento ma, sempre dedudendo dalle sue parole, "l'economia che uccide" ("Come conseguenza di questa situazione, grandi masse di popolazione si vedono escluse ed emarginate: senza lavoro, senza prospettive, senza vie di uscita")

3. Ergo, sebbene in modo indiretto, il Papa sembra volersi riferire a coloro che prendono le decisioni fondamentali a riflessi collettivi in questo settore; l'alternativa infatti, sarebbe quella di attribuire una complicità, psicologica e culturale, nella propria riduzione ad "avanzi", di coloro che non sono realmente in grado di influire su queste decisioni. 
Questa, pure, risulterebbe un'ipotesi di "complicità eteroindotta e...autolesionistica" che è ampiamente indagabile, ma che presuppone l'analisi del fenomeno del rigido condizionamento mediatico e culturale, promosso dall'oligarchia, che induce i danneggiati a invocare la propria distruzione appoggiando i controllori del processo politico-economico: ma è la diretta individuazione di un oligarchia e del suo modus operandi che non è ritrovabile nelle parole del Pontefice.

Obiettivamente, infatti, nel contesto del discorso svolto, il Papa non risulta voler fare una tale generalizzata colpevolizzazione di massa di vittime e carnefici.
Dunque, una qualche identificabilità di coloro che adottano questo atteggiamento, causativo della "esclusione" sociale in termini così totalizzanti e irredimibili,  - una identificabilità indiretta e al di fuori della esplicita denuncia della stessa esistenza di una oligarchia-, è oggettivamente affidato, dal Papa, a un processo indiretto di derivazione logica.

4. Facendo un salto concettuale e lessicale, ma non arbitrario, (in base al principio dell'esclusione delle premesse alternative da scartare, per necessaria incompatibilità logica con le conclusioni esplicite assunte nel discorso), dovremmo ragionevolmente identificare tali responsabili in coloro che hanno promosso la restaurazione istituzionale del capitalismo sfrenato (che, come abbiamo visto, in Europa ha assunto la forma dei Trattati UE e, in particolare, della moneta unica).
Più che insistere su tale cornice istituzionale, - che abbiamo cercato di focalizzare proprio in contrapposizione a quella, ben diversa, delle Costituzioni democratiche del welfare e dei diritti “attivi” della persona -, ci pare interessante evidenziare che è proprio in tale “restaurazione” che si ritrova lo svilimento, forse senza precedenti, della condizione umana.

5. Ma a questo punto, si pone un problema preliminare di grande portata: se necessariamente le "esortazioni" del Papa rinviano a un' analisi implicita, quale loro necessaria premessa, è possibile individuare delle fonti che, per la loro notorietà e connessione logica, siano da porre, altrettanto necessariamente e per obiettiva coerenza delle premesse rispetto alle conclusioni ("grandi masse di popolazione si vedono escluse ed emarginate: senza lavoro, senza prospettive, senza vie di uscita"), alla base di questa analisi?

A ben vedere, tuttavia, questo interrogativo presuppone, con un'evidenza che non dovrebbe sfuggire, la risoluzione di una questione ancora più preliminare: perché l'analisi che costituisce la premessa delle affermazioni papali non è esplicitata? E ciò, con il rischio di indebolire una denuncia senza l'indicazione dei "denunciati" e, quindi, di farla apparire come un appello genericamente rivolto contro gli effetti ma, in pratica, vanificabile nel suo impatto sulle cause?

6. Alla possibile individuazione di fonti e fatti, sociali e culturali, che possano logicamente asseverare le conclusioni del Pontefice, dedicheremo un prossimo post.
Per risolvere la questione ulteriormene e preliminarmente anteriore sul "perché" della non esplicitazione, ricorreremo, invece, allo sviluppo che ci hanno fornito i commenti al precedente post.
Cominciamo, (come sovente capita) da questo scambio tra Sofia (1) e Arturo, che ci mette sulle "tracce":

Vedo che un'altra SOFIA interviene sul blog, ma mi pare di capire che la pensiamo allo stesso modo. I Papi non sono certo sottratti alle influenze liberiste ed anzi, hanno contribuito non poco a plasmare le menti anche di questa grossa fetta di mercato (quella dei cattolici). In un post (che magari Quarantotto pubblicherà) ho evidenziato che già (nei punti 42, 43, 58) della enciclica Centesimus Annus del 1991 Giovanni Paolo II sosteneva che il sistema economico vincente è quello “ di mercato “. E le stesse considerazioni si trovano anche nella eciclica Sollecitudo Rei Socialis del 1987. Quanto a Francesco, non è certo un caso che nel Conclave per la sua elezione, i voti sud-americani si sono sommati alla "massa critica" statunitense, e le tre americhe si siano unite dando una svolta al Conclave.

Risposte



  1. Penso tu abbia proprio ragione, Sofia. 
    E basta vedere come sono penetrati certi concetti nel Compendio della dottrina sociale della Chiesa (in particolare numeri 347, 351 e 354).
    C'è però un punto più di fondo, sollevato, a mio avviso giustamente, da Somma (soprattutto pagina 11 e ss.): non si è trattato di un improvviso salto in avanti, ma di uno sviluppo che trova salde radici in una profonda sfiducia cattolica verso l'intervento statale in nome di una sussidiarietà che non è assolutamente in grado di fare realmente fronte ai problemi sociali di una moderna società capitalistica
    Non credo sia un caso che una raccolta di interventi, presentati durante un vivace dibattito dei giuristi cattolici nel '51, di uno egli intellettuali di punta del pensiero democratico cattolico, Giuseppe Dossetti (appoggiato per l'occasione da Mortati, Moro e La Pira), sia stato efficacemente intitolato "Non abbiate paura dello Stato!"
    Quel che ci si può domandare è cosa sia rimasto oggi di quella cultura. A me pare ben poco.
Cercheremo allora di derivare da questi due interventi delle spiegazioni semplificate e basate su dei fatti oggettivamente evidenti, in modo da (almento tentare di) evitare quella complessità che aiuta molto l'intellettualità di cui si nutre il controllo culturale delle oligarchie, in quanto rende impenetrabile ai più il senso sostanziale delle giustificazioni degli slogan che la "gente" accetta così più facilmente, "fidandosi" più dell'autorità morale e culturale di chi porge questa complessità che della comprensione diretta dei problemi e, in tal modo, accettando degli slogan che riposano esclusivamente sulla loro provenienza e, quindi, su un implicito o esplicito, atto di fede" (e di pigrizia culturale che è un effetto deliberatamente perseguito dalle elites nell'epoca del tecnicismo pop).

7. Le spiegazioni in questione possono così essere riassunte:
a) il Papa è, per pacifico fatto notorio e istituzionalmente rilevante anche sul piano del diritto internazionale,  il capo di un'organizzazione (a carattere religioso, ovviamente) presente nei territori statali della gran parte del mondo e che assume anche la qualificazione, per una sua proiezione, di soggetto di diritto internazionale. Ma a duplice titolo, di Santa Sede e di Città del Vaticano:
"Dal punto di vista di diritto internazionale, la Santa Sede è un'entità distinta dallo Stato della Città del Vaticano, che è il territorio di 0,44 km² su cui la Santa Sede esercita la sovranità. 
Lo Stato della Città del Vaticano ha natura di Stato patrimoniale con la finalità di dare indipendenza e sovranità alla Santa Sede e ha quindi funzione strumentale alla missione della Santa Sede. La sua sovranità è dunque limitata.[3][4]
Le ambasciate estere, infatti, sono accreditate presso la Santa Sede e non presso lo Stato della Città del Vaticano, poiché quest'ultimo non gode di piena sovranità internazionale. 
La Santa Sede gode della sovranità nelle relazioni internazionali quale caratteristica relativa alla sua natura in conformità alle sue tradizioni e alle richieste della sua missione. La minima base territoriale è detta necessaria per garantire una sufficiente autonomia dei suoi organi istituzionali.
L'Italia, in forza dell'articolo 3 del Trattato Lateranense stipulato nel 1929, riconosce alla Santa Sede la «piena proprietà esclusiva ed assoluta potestà e giurisdizione sovrana» sulla Città del Vaticano.[3]
Secondo una sentenza della Corte di Cassazione italiana la situazione giuridica della Santa Sede è espressa in questi termini:
« Alla Santa Sede, nella quale si concentra la rappresentanza della Chiesa cattolica e dello Stato della Città del Vaticano, è stata riconosciuta la soggettività internazionale ad entrambi i titoli e quest'ultima non è venuta meno neppure nel periodo in cui era cessata la titolarità di qualsiasi potere statuale. » (Cass., S.U., 18 dicembre 1979, n. 6569)

 
b) In secondo luogo, il patrimonio della Santa Sede, cioè l'ambito delle proprietà di cui è titolare l'organizzazione ecclesiastica retta dal Papa, al di là delle sue proiezioni giuridiche di diritto canonico e internazionali, è certamente di grande rilevanza. Esso fa capo all'APSA:
"L'Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica (A.P.S.A.) è l'organismo della Santa Sede che si occupa della gestione del suo patrimonio economico.
Successivamente papa Giovanni Paolo II, con la costituzione apostolica Pastor Bonus del 28 giugno 1988, ha emanato nuove disposizioni riguardo al funzionamento dell'amministrazione...
L'ufficio ha lo scopo di amministrare i beni della Santa Sede e fornire i fondi necessari al funzionamento della Curia romana. È da considerare come la banca centrale della Santa Sede anche se spesso questo ruolo è erroneamente assegnato all'Istituto per le opere di religione.[2]
L'attuale presidente è il cardinale Domenico Calcagno, nominato da papa Benedetto XVI il 7 luglio 2011.
Era strutturata in due sezioni, l'ordinaria e la straordinaria, con differenti funzioni:
  • la Sezione straordinaria amministra i beni finanziari trasferiti dallo Stato Italiano in base alla Convenzione finanziaria allegata ai Patti lateranensi, quelli affidati da altri enti della Santa Sede, nonché altri fondi acquisiti successivamente; è lo strumento di contatto della Santa sede con le istituzioni finanziarie internazionali e con il sistema bancario;
  • la Sezione ordinaria curava gli aspetti pratici di gestione, il bilancio, gli acquisti, le risorse umane, il CED e l'ufficio legale della Santa Sede, oltre a gestire i fondi necessari al funzionamento dei differenti dicasteri della Curia romana.
Nel luglio 2014 un motu proprio di Papa Francesco ha trasferito le funzioni della sezione ordinaria alla Segreteria per l'economia, costituita nel febbraio precedente, lasciando all'Apsa le funzioni più squisitamente finanziarie[3].
Emette moneta metallica, dal 01/01/2002 in Euro con valore legale e quindi in quanto monete con potere liberatorio limitato in tutta l'area dell'Euro."

c) Limitandosi dunque al patrimonio centrale della Santa Sede, cioè facente capo all'organizzazione di vertice sotto l'autorità giuridica e politica diretta del Papa medesimo, si avrebbe una stima di beni patrimoniali per circa 10 miliardi; da ciò andrebbe esclusa, si noti bene, una difficile integrale valutazione dell'oro depositato in varie istituzioni bancarie estere, e del patrimonio, certamente collegato agli scopi del magistero ecclesiale, di Propaganda Fide (ribattezzata Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, ha un patrimonio stimato, al netto della crisi immobiliare, di circa 7 miliardi);

d) A questo patrimonio "centralizzato", deve aggiungersi, in base al principio di sussidiarietà, quello delle diocesi e delle Conferenze episcopali nazionali, di ogni parte del mondo, che, secondo il diritto canonico hanno una titolarità proprietaria e gestionale autonoma dalla Santa Sede. 
Ma, nondimeno, tutto questo complesso di beni, dovrebbe confluire nella sana gestione posta al servizio degli scopi spirituali del Magistero ecclesiale, inteso nella sua realtà ecumenica e quindi finalizzata a uno scopo "religioso" unitario.
Un sunto di questa articolata realtà giuridico-patrimoniale a fini unitari la traggo da questa fonte ufficiale (perdonate gli eventuali errori di carattere tale essendo il testo rinvenuto in rete):
"Sul piano tecnico-scientifico per comprendere la disciplina dei beni materiali nella Chiesa, bisogna tenere presente che si tratta di una materia con un profilo giuridico ed uno economico, ciascuno con propri principi e criteri, armonicamente articolati ma diversi.
Il profilo giuridico riguarda la realizzazione della giustizia, il rispetto dei diritti, le garanzie sul corretto uso dei beni per le finalità che sono proprie della missione della Chiesa. E' di questo che ci occuperemo soprattutto in queste lezioni. 
Spetta invece all'economia stabilire le regole per un'adeguata gestione del patrimonio, al fine di ottenere da esso il maggior rendimento e la sua migliore applicazione alle stesse finalità della Chiesa.
Le esigenze di giustizia che si basano sul Diritto naturale o divino positivo (per es. i fini del patrimonio ecclesiastico, il rispetto della volontà del donante, ecc.) devono prevalere sui motivi di carattere economico; mentre le materie che sono, in quanto tali, indifferenti per la giustizia, dovranno essere regolate sulla base di criteri di efficacia economica opportunamente stabiliti da norme di diritto umano. Economia e diritto non soltanto non si oppongono; anzi, il giusto impiego dei beni richiede una adeguata gestione economica delle risorse.

3. Concetto unitario di patrimonio ecclesiastico: fini

L'espressione patrimonio ecclesiastico è utilizzata dalla dottrina canonica per designare l'insieme dei beni temporali della Chiesa; tuttavia, nè il nuovo CIC nè quello precedente adoperano questa nozione giuridica per riferirsi ad essi ma preferiscono fare riferimento in genere ai beni ecclesiastici o ai beni temporali della Chiesa.
Il patrimonio della Chiesa, infatti, non è riunito sotto l�unica e diretta titolarità dell'ente Chiesa universale, ma è diviso nei diversi patrimoni delle persone giuridiche ai cui fini e attività specifici sono finalizzati in maniera immediata. Come è stato ribadito, non vi � nessun bene il cui titolare diretto sia la Chiesa universale[2], perciò il can. 1257 � 1, nello stabilire quali sono i beni ecclesiastici non si riferisce solo ai beni della Chiesa universale, ma anche a quelli della Sede Apostolica (soggetto di diritto ex ipsa ordinatione divina: can. 113 � 1) e delle altre persone giuridiche pubbliche della Chiesa."

e) Il Sole 24 ore ci dà questa stima complessiva del vasto arcipelago del patrimonio ecclesiastico nel mondo: 
Il suo patrimonio mondiale è fatto di quasi un milione di complessi immobiliari composto da edifici, fabbricati e terreni di ogni tipo con un valore che prudenzialmente supera i 2mila miliardi di euro. Può contare sullo stesso numero di ospedali, università e scuole di un gigante come gli Stati Uniti. Ha oltre 1,2 milioni di "dipendenti" e quasi un miliardo e duecento milioni di "cittadini".
Questo Paese immaginario dotato delle infrastrutture di un big dell'economia occidentale e della popolazione della Cina va sotto il nome di Chiesa. Un universo dietro al quale non c'è solo e unicamente il Vaticano, ma una galassia di satelliti fatta di congregazioni, ordini religiosi, confraternite sparse ovunque nel mondo che, direttamente o attraverso decine di migliaia di enti morali, fondazioni e società, possiedono e gestiscono imperi immobiliari immensi che nessuno forse è in grado di stimare con precisione e che sono sempre in costante metamorfosi.
Un patrimonio dove l'elenco dei beni, la maggior parte sicuramente no-profit ma una discreta fetta anche a fini commerciali, sembra non esaurirsi mai: chiese, sedi parrocchiali, case generalizie, istituti religiosi, missioni, monasteri, case di riposo, seminari, ospedali, conventi, ospizi, orfanotrofi, asili, scuole, università, fabbricati sedi di alberghi e strutture di ospitalità per turisti e pellegrini e tante, tantissime abitazioni civili in affitto. Un universo intorno al quale gravitano nel mondo 412mila sacerdoti e 721mila religiose – senza contare centinaia di migliaia di laici - che assistono 1 miliardo e 195 milioni di fedeli.
"

8. Da quanto finora evidenziato, in termini peraltro schematici, e salva la possibile opinabilità delle stime (in pejus ma anche in melius, data la scarsità di dati disponibili complessivamente dotati di completezza e certezza), si possono però ragionevolmente trarre alcune considerazioni:
- il Papa, qualsiasi Papa (anche animato dalla più grande coerenza nel fornire un esempio pauperistico alla comunità mondiale dei fedeli e, in genere all'umanità intera), si trova inevitabilmente di fronte a un substrato materiale di imponenti accumuli di patrimonio e di ricchezza che, obiettivamente, è difficile controllare nella loro effettiva stima e , ancora di più, nella loro effettiva corretta gestione, coerente con la finalità strumentale di diffondere la fede e la dottrina cattolica. Un simile compito di reductio costante ad effettiva unitatem, risulta manifestamente impossibile.

- Quel che però è certo è che l'istituto della proprietà e, quelli ad essa strumentali, secondo i più diffusi, ordinamenti giuridici in tutto il mondo, cioè gli istituti giuridici di diritto pubblico e privato che prevedono i poteri gestionali di un tale patrimonio, corrispondono a un interesse essenziale della Chiesa: e questo, tra l'altro, dato che non esiste più un rilevante fenomeno di Stati "socialisti reali" che privano la Chiesa del diritto proprietario in modo prevalente e coessenziale, segnalandosi, questi Stati, come il principale nemico di fatto della stessa sopravvivenza organizzativa e funzionale della Chiesa stessa.

- La coesistenza tra questa enorme patrimonializzazione, le sue, spesso incontrollabili, esigenze di corretta gestione "economica" (espressamente enunciate a livello di diritto canonico), nonchè la programmatica esigenza di autoconservare e, possibilmente, estendere, l'elemento personale (tutti quegli ordini, congregazioni e diocesi e loro presidi territoriali, di cui parla il Sole 24 ore) e materiale della diretta organizzazione ecclesiastica, dunque, rendono la Chiesa direttamente interessata alla promozione di assetti istituzionali, in tutto il mondo, che si incentrino sulla tutela della libertà della proprietà e dei suoi strumenti di gestione contrattuale; una libertà possibilmente avulsa da ogni cenno di funzionalizzazione statuale, cioè di necessaria strumentalità al servizio di interessi pubblici affermati dagli Stati ove si collocano gli stessi beni ecclesiastici (nella loro complessa articolazione di titolarità e gestione proprietaria).

- Se dunque esiste questo interesse di sopravvivenza, e la "funzionalizzazione" statale e costituzionale della proprietà è geneticamente avversa alla diversa funzionalizzazione enunciata dai canoni ecclesiali, di gestione e autoconservazione della propria esistenza e funzionalità (ai fini dell'esercizio mondiale del magistero), la Chiesa non può, per definizione, aderire ad una visione sociale e solidaristica pluriclasse degli istituti giuridici e delle politiche economiche quale affermata nelle Costituzioni interventiste e sociali.
Vi riporto a titolo di esempio particolarmente rilevante, trattandosi della Costituzione dello Stato italiano, nel cui territorio alberga una parte estremamente consistente del patrimonio della Santa Sede (comunque strettamente integrata, anche  e proprio nella veste di Città del Vaticano, con quello dello Stato italiano, in base ai Patti Lateranensi),  l'articolo 42 della Costituzione stessa:

Articolo 42


La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati.
La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti.
La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d'interesse generale.
La legge stabilisce le norme ed i limiti della successione legittima e testamentaria e i diritti dello Stato sulle eredità.

9. Dunque, la Chiesa, portatrice di una sua "superiore" funzionalizzazione di una vasta proprietà intrecciata con le sovranità statali-territoriali in tutto il mondo:
- avrà un interesse diretto a sostenere, da un lato, la mondializzazione (alternativa alla statualizzazione, "avversa" per definizione) della governance di queste stesse politiche economiche e giuridiche del regime complessivo della proprietà
- dall'altro, sarà sempre portatrice di quella "paura" dei principi proprietari funzionalizzati all'interesse pubblico, affermata dagli Stati in chiave solidaristica e democratica sostanziale che, potenzialmente e anche praticamente (si pensi alle leggi sulla "manomorta" dell'ostile Regno piemontese unitario e alle riforme agrarie del secondo dopoguerra), sono visti come una minaccia alla propria esistenza.

Ora la posizione proprietaria, in termini gestionali e di conservazione contro ogni funzionalizzazione statale, è generalmente rafforzata dai trattati europei, come abbiamo visto quando si sono analizzati i fondamenti dell'economia ordoliberista anche in termini di morale cristiana, quali elaborati dal suo principale teorizzatore Roepke e dai suoi epigoni italiani, in primis Sturzo e De Gasperi (ampi ragguagli sul tema li troverete ne "La Costituzione nella palude").
I trattati sono infatti volti proprio alla destrutturazione di ogni forma di economia mista, interpretata come evoluzione ultima del collettivismo dannoso per i mercati e la loro libera e virtuosa formazione dei prezzi, e ciò da Roepke viene visto come riaffermazione delle stessa etica cristiana, che sarebbe inscindibile dalla piena libertà della proprietà privata (a cui, a rigore, eccettuato parzialmente quanto ambiguamente affermato dai Patti Lateranensi, bisognerebbe ascrivere, come avviene peraltro in gran parte del mondo, la proprietà a variegata titolarità giuridica dei beni ecclesiastici complessivamente intesi; secondo lo stesso diritto canonico).

10. E' allora più agevole comprendere, in questo contesto, perché l'analisi del Papa non sia esplicitata nelle sue premesse rispetto alle sue, pur drammatiche, conclusioni
Uno status quo rafforzato dalla sterilizzazione dell'intervento statale nell'economia, incluso il fondamentale regime della proprietà privata, come quello promosso in crescendo dai trattati europei non può, per definizione, essere malvisto e criticato dalla Chiesa.
Questo status quo, - e abbiamo visto come la Santa Sede- APSA adotti persino l'euro come moneta di emissione-, non è facile da mettere in discussione: la funzionalizzazione statale minacciosa (che Dossetti esortava a superare, con argomenti del tutto dimenticati in sede ecclesiastica),  della proprietà e dei suoi istituti di gestione, in funzione di un interesse pubblico necessariamente apprezzato dagli Stati a livello nazionale, costituisce un pericolo più immediato e tangibile di quello costituito dalle crescenti povertà e emaginazione di massa, provocate dalle politiche che le elites che gestiscono l'€uropa e, in generale, il new order mondialista dell'economia neo-liberista.

11. Anzi, la logica esplicita della complessa, ma finalisticamente unitaria organizzazione patrimoniale ecclesiastica, rende inevitabile un'ulteriore e obbligato sviluppo deduttivo: questa povertà e emarginazione sociali di massa, nella loro stessa esistenza, sono un oggetto di una condanna, da parte del cristianesimo in generale, e della Chiesa cattolica in particolare, che è sempre intrecciata con la funzione caritatevole e assistenziale che la Chiesa intende offrire e che giustifica la sua presenza nel mondo sul piano di un'azione materiale che viene considerata testimonianza di quella spirituale.
In base, però, al principio di sussidiarietà: cioè affidato a soluzioni, appunto caritatevoli e assistenziali su base volontaria, che reclamano la loro necessaria libertà da inquadramenti e obblighi sanciti normativamente dagli Stati. 
E queste soluzioni si collocano sempre sul versante dell'intervento sugli effetti.
Mai su quello delle cause della povertà e della emarginazione, la cui estirpazione o correzione, non rientra negli scopi stessi del Magistero, come conferma l'incipit del paper di diritto canonico citato sopra:
"La Chiesa come società terrena e spirituale, ha bisogno di beni materiali per compiere la sua missione, infatti anche se il Regno di Dio non è di questo mondo, in quanto vive ed opera nel mondo è soggetto ai condizionamenti della vita terrena. "Le realtà terrene e quelle che, nella condizione umana, superano questo mondo, sono strettamente unite tra loro, e la Chiesa stessa si serve delle cose temporali nella misura che la propria missione richiede" (GS, 76).
Il Concilio Vaticano II ha voluto sottolineare, confermando il precedente magistero, quest'unione del celeste e del terreno nell'unica realtà della Chiesa pellegrinante (LG, 8), rifuggendo sia da un esagerato spiritualismo o pauperismo, sia dalla ricerca di un potere meramente terreno, fondato sull'influsso politico, economico o anche meramente umanitario: la missione propria che Cristo ha affidato alla sua Chiesa non è di ordine politico, economico o sociale: il fine, infatti, che ad essa ha prefisso è di ordine religioso. 
Eppure da questa stessa missione religiosa scaturiscono dei compiti, della luce e delle forze, che possono servire a costruire e a consolidare la comunità degli uomini secondo la Legge divina. Così pure, ove fosse necessario, a seconda delle circostanze di tempo e di luogo, anch'essa può, anzi deve, suscitare opere destinate al servizio di tutti, ma specialmente dei bisognosi, ad esempio opere di misericordia o altre simili."

Insomma, in un modo o nell'altro, in questa teorizzazione, il presupposto dell'azione "eventuale" delle "opere di misericordia" è che i bisognosi ci siano. Non che, nell'instaurazione di un Regno di Dio che NON è di questo mondoil bisogno sia estirpato o, almeno, che si debba tentare con ogni strumento di ottenere questo risultato. Appunto, "rifuggendo sia da un esagerato spiritualismo o pauperismo, sia dalla ricerca di un potere meramente terreno, fondato sull'influsso politico, economico o anche meramente umanitario: la missione propria che Cristo ha affidato alla sua Chiesa non è di ordine politico, economico o sociale".
(2- continua)







66 commenti:

  1. Rigorosamente O.T.: arrivate da Feltrinelli Marconi Roma, le altre tre copie del libro.

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  2. Una domanda da cattolico e militante dell'associazione il cui simbolo campeggia all'inizio del presente post -- con cui, ovviamente, ho ampie e aspre divergenze di vedute sui temi a noi cari.

    Siamo sicuri che la sussidiarietà di cui si parla non sia quella vera quanto la sua sbiadita copia di cui oggi tanto si vaneggia? Sarebbe da rileggersi la "Rerum Novarum" (e lo farò ASAP) che era comunque scritta in altri tempi... ma non mi pare che la dottrina sociale della Chiesa abbia mai escluso tout court il ruolo dell'autorità statale.

    Grazie e a presto.

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    1. Sarebbe da rileggersi lo scritto di Dossetti linkato da Arturo, anzitutto.
      La Chiesa, anche e proprio nella sua dottrina sociale, non PUO' semplicemente, per i fondamenti dottrinari e canonici del suo agire, NON ritenersi minacciata dall'intervento statale in funzione redistributiva e pluriclasse che, agendo strutturalmente sulle cause delle ineguaglianze sostanziali (art.3, comma 2, Cost.: la norma più importante per i Costituenti stessi), "impinga" inevitabilmente sul regime della proprietà e dei suoi strumenti giuridici di gestione e di trasmissione (incluso l'eclatante aspetto tributario-impositivo ex art.53 Cost.).

      Per le stesse ragioni obiettive, piaccia o no, la Chiesa tenderà a essere affine a, o al massimo a mitigare nei loro indubbi eccessi storici, - ma solo quanto agli EFFETTI e in termini di "misericordia catitatevole"-, gli Stati non interventisti e liberisti, che lasciano, al regime della proprietà, il massimo grado di tutela e, quindi, evitano o addirittura vietano, ogni sua forma di funzionalizzazione nell'interesse pubblico.

      L'azione sulla ESCLUSIVA mitigazione degli effetti, e di indifferenza teologica sulle "cause" (e relative responsabilità), del bisogno e della disperazione umana, è legata al modo di intendere il brocardo "Il Regno dei Cieli non è di questo mondo".

      E' in questo scenario complessivo del modo di intendere il regime patrimoniale della Chiesa (in una tradizione plurimillennaria e mai rinnegata ma solo adeguata) che va visto il principio di sussidiarietà, che è solo una formula adattativa dei principi-guida sopra esposti alle realtà territoriali diffuse in cui continua a strutturarsi la Chiesa.

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    2. Senza voler tornare troppo indietro, già la Pacem in Terris e la Mater e Magistra ricordano la funzione sociale della proprietà privata: Torna opportuno ricordare che al diritto di proprietà privata è intrinsecamente inerente una funzione sociale. (Pacem in Terris).

      Non appena gli impegni accademici mi lasceranno un po' di tempo, riapprofondirò la questione andando alle fonti. Se dovessi produrre qualcosa di scritto, sarà mia premura inviarglielo. Nel frattempo, grazie del chiarimento.

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    3. 1) la "funzione sociale" cui alludono è quella, da sempre, considerata dalla dottrina e dai canoni della Chiesa, non quella positiva delle Costituzioni statali: questa è al massimo vista in termini di compatibilità col canone, ma mai come ampliativa o sostitutiva di esso;
      2) come corollario necessitato del punto 1), riservandosi la legittimazione ex parte (divinitatis) di tale funzione sociale, la Chiesa non può accettare che questa, IN OGNI MODO, si applichi alle sue proprietà.

      I Patti Lateranensi e le esenzioni IMU a edifici di culto in termini ingiustificatamente estesi, lo confermano: ma sempre rammentando che ogni trattato è soggetto (per quanto nel caso molto teoricamente, purtroppo), alla verifica di costituzionalità ex art.10 e 11 Cost.
      http://orizzonte48.blogspot.it/2014/10/corte-costituzionale-sentn238-del.html

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  3. Vorrà pur dire qualcosa il fatto che Draghi, Monti, Barroso, Renzi, Letta, Mattarella, Van Rompuy, Junker, Prodi, Ciampi, Andreatta, De Gasperi, Shuman, Adenauer, solo per citarne alcuni, al di là degli schieramenti politici a cui hanno deciso di appartenere, SIANO TUTTI CATTOLICI?
    http://www.istitutomassimo.com/public/files/corriere-della-sera.pdf
    Cosa pensano i Gesuiti dell'Istituto Massimo del loro pupillo Mario Draghi?
    https://www.youtube.com/watch?v=d13AgP3JHRM
    Me lo chiedo da tempo. E' pacifico che Draghi sia un cattolico allevato dallo stesso ordine che ha adesso Papa Francesco al vertice della chiesa. Possiamo ragionare pacificamente su questi DATI, oppure è complottismo farsi questa semplice domanda? Cioè cosa pensano i gesuiti di Draghi?
    Che cosa è poi quella autorità pubblica mondiale che le varie encicliche e comunicati papali chiedono sempre più a gran voce?
    "È un processo complesso e delicato. Tale Autorità sovranazionale deve, infatti, avere un’impostazione realistica ed essere messa in atto con gradualità, con l’obiettivo di favorire anche l’esistenza di sistemi monetari e finanziari efficienti ed efficaci, ossia mercati liberi e stabili, disciplinati da un adeguato quadro giuridico, funzionali allo sviluppo sostenibile e al progresso sociale di tutti, ispirati ai valori della carità nella verità....La costituzione di un’Autorità politica mondiale dovrebbe essere preceduta da una fase preliminare di concertazione, dalla quale emergerà una istituzione legittimata, in grado di offrire una guida efficace e, al tempo stesso, di permettere a ciascun Paese di esprimere e di perseguire il proprio bene particolare. L’esercizio di una simile Autorità, posta al servizio del bene di tutti e di ciascuno, sarà necessariamente super partes, ossia al di sopra di ogni visione parziale e di ogni bene particolare, in vista della realizzazione del bene comune."
    http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20111024_nota_it.html
    Si veda inoltre questo documento dell'Enciclopedia Treccani, dal titolo "De pecunia. Chiesa, cattolici e finanza nello Stato unitario":
    "È necessario riconsiderare, sul filo della storia, i rapporti tra cristianesimo e capitalismo senza dimenticare che la Chiesa fu ed è, ancor più dopo il 1870, uno Stato capitalistico per eccellenza, come tenteremo di mostrare sia pure per brevi cenni. La sua continuità e le sue plurisecolari metamorfosi nel settore finanziario hanno avuto un peso storico non indifferente in tutti i continenti. "
    http://www.treccani.it/enciclopedia/de-pecunia-chiesa-cattolici-e-finanza-nello-stato-unitario_%28Cristiani-d'Italia%29/
    Mi rendo conto che in questa Italia colma di bigotti cattolici dal cervello lavato citare questi FATTI, PERCHÉ SONO FATTI, equivalga al peccato più grave, cioè quello dell'essere etichettati come COMPLOTTISTI!

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    1. La "aferesi" dei fatti dal mondo del pensiero in Italia è praticamente il problema principale della mancanza di risorse culturali.
      Un elogio al pronto rinvenimento delle prova diretta della vocazione "mondialista" e necessitata della Chiesa come riflesso della sua stessa vocazione patrimoniale, legata al capitalismo proprietario (immobiliare e non; sempre di più "non solo"...)

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    2. Magari, più che di bigotti cattolici, l'Italia è anche piena di gente che distingue la sostanza e l'accidente. Ma, visto che si vuole parlare di fatti...

      > E' pacifico che Draghi sia un cattolico allevato dallo stesso ordine che ha adesso Papa Francesco al vertice della chiesa

      Come pure l'abate di montecassino che spendeva i soldi in festini gay è l'abate di montecassino. Come pure Giorgio Napolitano è stato presidente della Repubblica. Come diceva Paolo VI (a Guitton, mi pare) potrà verificarsi che un pensiero non cattolico si affermi anche maggioritariamente all'interno della Chiesa, ma questo non sarà mai il pensiero della Chiesa.

      Che poi nella Chiesa ci sia del marcio (come ovunque, del resto lo dice anche il Vangelo, no?), che il pensiero cattolico abbia preso -- specie dopo il '68 -- una brutta piega, ecc. Questo nessuno lo nega. Ma mi sembra che l'analisi di @Quarantotto fosse innanzitutto sulla formulazione della Dottrina Sociale, non su questa o quella fase storica. Dunque, il problema non è tanto se Draghi abbia studiato dai Gesuiti o no, il problema è: su quale base si può ritenere che il mondialismo sia una necessaria conseguenza del Cristianesimo? Ecco, quello che mi preme dimostrare è che questo non è vero.

      Una curiosa postilla: oggi i turbo-europeisti all'interno del c.d. pensiero cattolico in Italia sono proprio quelli che si dichiarano eredi di Dossetti. Strana la vita, eh? (o forse no, ma questo aprirebbe a un discorso troppo lungo).

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    3. @Stopmonetaunica

      Vuoi sapere cosa pensano i gesuiti di Mario Draghi.
      Precisamente questo:

      "...Il che permette alla BCE di assumere una enorme responsabilità pubblica - la gestione della moneta europea e anche, dopo il summit di Bruxelles di luglio 2012, la supervisione del settore bancario europeo - senza alcun mandato democratico.
      Quale cittadino è stato consultato per la nomina del signor Mario Draghi a successore di Jean-Claude Trichet?
      Questo finanziere italiano, ex quadro dirigente di Goldman Sachs lavorava per la banca newyorchese precisamente all'epoca in cui questa aiutava Atene a falsificare i propri conti pubblici al fine di dare l'illusione che la Grecia fosse in regola con i criteri di Maastricht nel 2001. Ha la legittimità per occupare il posto di presidente della banca centrale dell'euro?
      In ogni caso non è affatto certo che quell'uomo (cet homme-là) sarebbe riuscito a raccogliere molti voti da parte della società civile europea se la sua nomina fosse stata sottoposta a una deliberazione democratica?"

      Non so se serve di più.

      L'analisi di 48 è giusta ma bisogna tenere conto che nella realtà la Chiesa la politica la fa eccome.
      Come dice Cacciari la politica è il fondamento di una religione incarnata.
      Inoltre Francesco dice cose nuove in un modo nuovo quindi qualcosa si sta obiettivamente muovendo.
      Certamente l'idea della necessità che il popolo prenda coscienza e si ribelli è molto lontana dalla visione del Vaticano.
      Fra i preti e i fedeli però qualcosa sta cambiando.

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    4. Nessun discorso è troppo lungo se svolto con accuratezza.
      L'importante, prima di tutto, è leggersi il post, cercando di evitarne la "precomprensione" (cioè di commentare ciò che ci è scritto veramente, non ciò che ci si vuol vedere pensando di averlo già sentito).

      Poi "dimostrare" non è essere aspramente contrari senza argomentare, sulla base di fonti e rationalia giustificativi del ragionamento dalle sue premesse.

      La natura mondialista della Chiesa, costantemente affermata o implicata dalle prese di posizioni ufficiali sui principali temi socio-economici, è innnegabile.
      Ed è il riflesso della sua natura PATRIMONIALE ecumenica, inclusiva ad es; di un vero e proprio impero multinazionale della sanità a scopo di profitto, spesso legato al convenzionamento-rimborsi del pubblico denaro.
      Tale natura patrimoniale include, inoltre, investimenti finanziari legati al sistema della globalizzazione in un'oggettiva convergenza di interessi, che spiega la costante assenza di qualunque critica ufficiale, e chiaramente identificabile come tale, alla liberalizzazione finanziaria imperante; che, pure, tanta parte ha nella distruzione del mercato del lavoro nei paesi occidentali che, ora, tardivamente, si vuole stigmatizzare senza indicarne le cause, agevolmente accertabili.

      Il "marcio" non ha nulla a che vedere con questi fenomeni patrimoniali e finanziari, la cui entità dovrebbe far riflettere ogni cristiano. E spingerlo a informarsi cognita causa.

      Il "marcio" qui non è stato nemmeno menzionato e non ci interessa: esso risponde alla deprecabile logica della ricattabilità nella sfera della (contraddittoria) morale sessuale e in quella della inevitabile mancanza di trasparenza quando si entra a pieno titolo nella finanza a trazione liberista anglosassone: e chi vuol informarsi, capirà...

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    5. @Quarantotto: mi stavo riferendo al commento di @stopmonetaunica. Quanto alla "natura mondialista della Chiesa", mi permetta di continuare a vederla come una cessione al modernismo di quella che dovrebbe essere la sua natura universale. Viene da sé, che le cose sono ben diverse. Concordo (a grandi linee) sulla sua diagnosi, ma non sull'eziologia.

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    6. Non concordare sulla eziologia significa non concordare tout-court. Comunque, prima di non concordare, bisognerebbe rintraccaire fonti ufficiali, - non attribuibili a singoli esponenti non organici alla governance papale pro-tempore-, in cui vi sia la minima critica, se non condanna, alla impostazione mondialista del governo del mondo.
      Al di là della liquidazione di ciò in termini di "cessione al modernismo" (naturalmente il "modernismo" dei più forti economicamente, non della massa del popolo di Dio: sarà un caso?)

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    7. Infatti, era quello che ho detto nel mio primo intervento: "riapprofondirò la questione andando alle fonti", le fonti del Magistero, che vanno oltre questo-o-quello. Alla prossima, allora.

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  4. Ha completamente ragione Giulio Petrucci. La dottrina sociale della Chiesa nasce come totalitarismo trascendente. E' il primo documento dove si parla apertamente di sistema totalitario. E Carl Schmitt (come quelli di Radio Spada) lo sapeva bene. O si accetta il Moderno come tempo che rifiuta l'Eschaton e ricerca, attraverso liberismo e comunismo la salvezza immanente e personale dell'uomo (non c'è stata nessuna sconfitta del comunismo, ma solo un suo decadimento nella prima grande esperienza reale, così come potrebbe decadere l'esperienza reale liberista Usa, in quanto contingenza storica), oppure si crede alle parole di Paolo di Tarso. Tertium non datur. http://www.parrocchie.it/correggio/ascensione/volto_luciferino_occidente.htm

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    2. Sul ruolo dello Stato e sulla accumulazione capitalistica internazionale causata dal neoliberismo.
      Lettera pastorale del 1999 dei gesuiti sudamericani (che segue il documento contro il neoliberismo del 1996)

      -------------

      La cattiva distribuzione della ricchezza e dei guadagni. I gesuiti dicono che quasi la metà degli abitanti dell'America Latina e dei Caraibi non hanno i soldi sufficienti per vivere con dignità. "Opponendosi all'intervento ridistributivo dello Stato, il neoliberismo perpetua la diseguaglianza economica tradizionale e l'accresce". Il neoliberismo ha troppa fiducia nel mercato e "abbandona gli sforzi volti a raggiungere la giustizia sociale" attraverso politiche fiscali e di spesa.
      La precarietà del capitale sociale (cultura, conoscenza, educazione, risorse naturali, vie e comunicazioni). Il neoliberismo ha abbandonato il capitale sociale: l'offerta educativa è scarsa e di cattiva qualità, l'investimento in scienza e tecnologia è marginale, le condizioni di salute sono cattive, c'è un vuoto di infrastrutture nelle zone contadine. Avanza la distruzione della ricchezza naturale.
      I mercati senza controllo sociale. Non controllando la produzione del capitale sociale, il mercato rimane "al servizio dei più colti, di chi possiede infrastrutture e di chi mette le infrastrutture al proprio servizio". "Stabilendo la deregulation lavorativa e finanziaria, il mercato sposta facilmente il valore prodotto verso i nuclei di accumulazione nazionale e internazionale. In molti casi non si è inserita la popolazione nella produzione del valore aggiunto".
      La crisi sociale generale. Per i gesuiti, il neoliberismo ha acuito i vecchi problemi della disuguaglianza sociale in America Latina e nei Caraibi. "Siamo pericolosamente spinti da una cultura che radicalizza l'ambizione di possedere, accumulare e consumare e che sostituisce la realizzazione delle persone in comunità partecipative e solidali dal successo individuale nei mercati". Il neoliberismo porta alla "scomparsa del bene comune come obiettivo centrale della politica". Contrario alla dottrina sociale della Chiesa, "che considera che ci deve essere tanto Stato quanto richiede il bene comune", il neoliberismo riduce lo Stato al funzionamento macroeconomico e "all'impulso degli affari privati".
      Per quanto riguarda le proposte la lettera dei gesuiti ne elenca alcune:

      Costruzione della società civile. La chiesa deve aiutare la cittadinanza a costruire uno spazio del pubblico.
      Rinvigorimento della vocazione politica. La politica come vocazione aiuterà a superare la crisi di governabilità, a dare dignità al servizio pubblico e a porre i mercati sotto il controllo sociale che protegge il bene comune.
      Trasformazione dello Stato. Ristudiare lo Stato come agente per un modello alternativo di sviluppo sostenibile, equo e in cui l'essere umano sia il centro.
      Elaborazione di un'etica pubblica. I popoli poveri hanno bisogno di verità, di giustizia, dei diritti umani, di lotta contro la corruzione e della protezione dell'integrità della creazione.

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    3. La tesi esposta in queste fonti, e altre analoghe, sono state già menzionate da precedenti suoi commenti: vedo, però, che non si comprende il piano giuridico-economico, e dimostrativo, che è proprio del post.
      Quello che conta, non è dimomstrare ciò che è noto e innegabile, cioè l'esistenza di voci dissonanti all'interno della Chiesa e dotate di sensibilità alla sfera pubblica del sociale; ma se e quanto queste influiscano sulle posizioni ufficiali della Chiesa stessa, e quindi sul suo atteggiamento politico-internazionale effettivo.
      Che stiamo qui commentando.

      La sua citazione, dal punto di vista contenutistico, conferma e raffoza quanto sostenuto nel post: cosa impediva al Papa di dire le stesse cose che sono state dette negl anni '90 da UNA PARTE dei gesuiti sudamericani?

      E' evidente come esista una distanza immensa tra queste posizioni e le affermazioni delle Encicliche e della Esortazione.
      Si è qui cercata una spiegazione: mi conforta che sia confermata da questa fonte.

      Ma questo è stato fatto dal commento solo "involontariamente", cioè nel tentativo di dimostrare che la Chiesa esprima invece queste posizioni diciamo "democratico-sostanziali"; il che non solo non è, ma difficilmente mai sarà.
      Per ragioni innegabili di autoconservazione e di alleanze naturali.
      Ma non solo potrei, anzi VORREI, sbagliarmi.

      Riflettiamo un po' sull'argomento per non debordare nella mera disputa ideologica e fideistica...

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    4. Cosa ci sia di fideistico in quello che dico mi sfugge.
      Anche perché non ho una fede come la intendono i cattolici.
      Comunque: quei documenti non sono di UNA PARTE (maiuscolo suo) dei gesuiti ma dei PADRI PROVINCIALI quindi "I GESUITI" sudamericani.
      Bergoglio ha detto che la mano invisibile è un concetto fallace e anche la trickle down economy (termine testuale dalla Evangelii in inglese), che il salvataggio delle banche è stato fatto pagare ai popoli, che la finanza deregolata favorisce le disuguaglianze, che il lavoro non deve essere mercificato, che i paesi poveri sono mantenuti in schiavitù con il ricatto del debito che quindi va cancellato etc etc

      Lei ha scritto che quelle affermazioni della lettera pastorale che ho riportato erano solo di UNA PARTE dei gesuiti sudamericani e che il Papa non le dice.
      Invece sin da quando era arcivescovo ha sempre sostenuto la necessità di un ruolo attivo dello Stato in economia criticando le privatizzazioni.
      Un documento del 2009:

      El Estado: garante del bien común, equidad y solidaridad social.
      Tanto Bergoglio, como la Conferencia Episcopal Argentina, dejan claro que el Estado no puede declinar la responsabilidad que se le ha encomendado: el cuidar del bien común del pueblo. Esta afirmación cobra fuerza, sobre todo, cuando al Estado argentino se le ha olvidado, que tiene que ser un instrumento creado para servir al bien común, para ser garante de la equidad y de la solidaridad en el entramado social. Para él, en Argentina se han dado dos cuestiones: un “endiosamiento del Estado”, que sigue inmovilizando al hombre argentino, una especie de dios, que todo lo puede y al que se le puede exigir cualquier cosa.
      """"""Por otro lado, un “envilecimiento del Estado”, fruto del más crudo liberalismo, que le ha llevado a despojarse de todas sus empresas y generar una irracional privatización."""""
      También cree, que el Estado, no debe declinar su responsabilidad en la promoción y la asistencia social. Es antihumano privatizar la promoción social y la asistencia social. Respecto a esto, el Estado, tiene que asumir su rol de animador, integrador, responsable, auditor, delegador; pero nunca renunciar, a lo que le corresponde como vocación propia: cuidar el bien común del pueblo".

      Io vedo un cambiamento e lo trovo nei documenti, lei legge gli stessi documenti ma non lo trova.
      È la democrazia.
      Un giudizio più completo lo potremo dare solo fra qualche tempo. Intanto non butterei via i segnali positivi che molti sembrano raccogliere perché se un movimento popolare per la democrazia e contro l'economia di mercato senza regole riuscisse ad appoggiarsi all'autorità della Chiesa (se non direttamente al suo sostegno che è veramente difficile e rischioso) le cose potrebbero davvero cambiare per tutti.

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    5. Qui non si sta parlando del comune idiotismo della critica anticattolica alla maniera dei radicali; cioè quella che vede la Chiesa unicamente come una religione che si occupa di vietare i preservativi; qui si parla di un gigantesco impero patrimoniale-economico-finanziario globale poggiato su una religione che è un lavaggio del cervello che predica superstizioni e alimenta l'irrazionalismo; All'incognito che cita un singolo gesuita che condanna Draghi io dico che la mia domanda era diversa; cioè cosa pensano i gesuiti dell'Istituto Massimo del loro pupillo Draghi. Intanto sappiamo cosa pensano i gesuiti dell'Istituto Leone XIII del loro pupillo Monti. Vedere per credere.
      https://www.youtube.com/watch?v=cLpi1K-2tSo
      Questi cattolici che criticano il modernismo e vorrebbero ritornare alle vecchie tradizioni, in loro cuore, anche se a volte si trattengono bene dall'esprimerlo, vorrebbero non già tornare alla tradizione Costituzionale, ma a quella del dittatoriale diritto canonico. Lo Stato della Città del Vaticano è ancora adesso una dittatura, non certo un democrazia. Per quanto riguarda il mondialismo, questo è stato sempre un obiettivo della Chiesa di espandere la propria influenza a livello mondiale:
      "Nella conferenza Casanova legge la storia dei gesuiti attraverso il prisma della globalizzazione e la globalizzazione alla luce dello sforzo missionario mondiale dei gesuiti. La sua tesi è che nella complessa storia della diffusione della Compagnia di Gesù nel mondo si possono trovare le tracce di un modello innovativo di dialogo interreligioso, concepito come un processo di riconoscimento reciproco. Questa innovazione fu resa possibile dalla combinazione di apertura al pluralismo culturale e fedeltà all'universalismo cristiano tipica dei gesuiti, ma anche dalla loro capacità di sfruttare il carattere tutt'altro che univoco e coerente del processo di globalizzazione negli ultimi cinquecento anni."
      http://www.fttr.it/pls/fttr/v3_s2ew_consultazione.mostra_paginat0?id_pagina=1967&limite_id_sezione=0&limite_id_sito=0&rifi=&rifp=&target=1

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    6. Per quanto riguarda le origini del capitalismo è interessante leggere l'articolo di Sandro Magister dal titolo Chiesa e libero mercato. Il capitalismo l´ha inventato san Francesco:
      "Ma la realtà storica dice l´opposto. La moderna teoria del libero mercato nacque proprio dai primi discepoli di san Francesco, dai teologi francescani che più esaltavano il voto di povertà.
      L´ultima scoperta degli storici del Medioevo è che persino il gioco d´azzardo, nelle analisi dei teologi francescani, fu volto in bene. E aprì la strada alle moderne concezioni economiche del rischio.
      Lo studioso che ha compiuto questa scoperta e l´ha esposta in un libro documentatissimo è Giovanni Ceccarelli, professore alle università di Venezia e Padova, a sua volta discepolo di un altro storico dell´economia medievale, Giacomo Todeschini, dell´università di Trieste.
      Nel 2002, l´editrice il Mulino ha pubblicato di Todeschini un libro dal titolo "I mercanti e il tempio". Nel quale egli mostra le fortissime radici teologiche ed ecclesiologiche delle moderne teorie e pratiche capitaliste. Fin dal Medioevo, molto prima che arrivasse Calvino.
      E nell´estate di quest´anno ecco ancora il Mulino pubblicare di Ceccarelli "Il gioco e il peccato". Dove a segnare il passaggio dalla condanna totale del gioco d´azzardo a una sua ridefinizione come contratto a rischio sono proprio i teologi francescani dal Duecento in poi.
      Le sorprese sono forti. È la riflessione francescana sulla povertà volontaria a riconoscere nel possesso materiale dei beni un desiderio naturale e universale dell´uomo.
      È dal loro volontarismo e dal primato dato all´individuo, sulle orme di sant´Agostino, che i francescani ricavano una teoria economica tutta centrata sul soggetto contraente e sui contratti intersoggettivi.
      Sono soprattutto i francescani a precorrere la Salamanca del Cinquecento: dove teologi sia francescani che domenicani che gesuiti creano una vera e propria "scuola" del capitalismo in ascesa.” "
      http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/6975

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    7. Dario Antiseri, nell'articolo dal titolo “Capitalismo? Comincia col saio” che trovate subito sotto quello di Sandro Magister afferma:

      “Josef Schumpeter, nella sua monumentale "Storia dell'analisi economica", pone sant'Antonino da Firenze tra i fondatori dell'economia scientifica, senza citare nemmeno una volta san Bernardino da Siena. Senonché, come ha dimostrato Raymond de Roover (nel volume "St. Bernardino of Siena and St. Antonino of Florence: the two great thinkers of Middle Ages", Boston, 1967), la maggior parte delle idee esposte da sant'Antonino nella sua "Summa Theologica" sono riprese dagli scritti di san Bernardino, il quale, a sua volta, aveva attinto a piene mani alle dottrine del francescano Pietro di Giovanni Olivi. È così, dunque, che dobbiamo a dotti e geniali francescani l'origine di quella possente tradizione che, grazie alla successiva elaborazione dottrinale dei tardo-scolastici, si innestò nel filone dell'illuminismo scozzese e confluirà, ai nostri giorni, nella Scuola austriaca di economia.”

      " "Adesso, chi erano questi intellettuali spagnoli antenati del moderno movimento del “free market”? La maggior parte di loro erano scolastici che insegnavano morale e teologia qui all'Università della City di Salamanca. Questi scolastici erano principalmente sia Dominicani che Gesuiti, ed essi furono abili nell'articolare quella tradizione soggettivistica, dinamica e libertaria che, 250 dopo, doveva essere enfatizzata da Carl Merger e dai suoi seguaci nella scuola austriaca di economia."

      "Ho qui una lettera di Hayek datata il 7 gennaio 1979, nella quale Hayek scrive che Rothbard 'dimostra che i principi alla base della teoria del mercato competitivo furono ricavati dalla Scolastica Spagnola del XVI secolo e che il liberalismo economico non fu progettato dai Calvinisti, ma dai Gesuiti spagnoli'. Hayek conclude la sua lettera dicendoci:”Posso assicurarvi dalla mia personale conoscenza delle fonti che l'argomentazione di Rothbard è estremamente forte.'"
      "
      https://mises.org/library/four-hundred-years-dynamic-efficiency

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    8. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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    9. @8f947348-a257-11e3-83e3-000bcdcb2996 (ma un nick meno casuale e volutamente anonimo?)
      Mi pare che si ostini a ignorare quanto da me obiettato e sostenuto nel post: una deliberazione collegiale dei gesuiti sudamericani non è necessariamente unanime, ma normalmente a maggioranza, com'è noto.
      Ma il punto è secondario: sia quella di Bergoglio del 2009 sia quella dei gesuiti del 1999 sono certamente opinioni dissonanti ma non proprie degli organi competenti (in primis il Papa pro-tempore) della Chiesa come persona giuridica di diritto internazionale.

      Nella Esortazione di Francesco, cioè in un atto che conta come posizione organica ufficiale, la parola liberismo, tantomeno qualificata da "crudo" (certo termine consono nel clima dell'Argentina del 2009, molto meno oggi), non figura.

      Come non vi figura il ruolo statale di intervento per la solidarietà e la equità, meno che mai come strumento indeclinabile contro la privatizzazione della assistenza sociale: che, tra l'altro, sta verificandosi in Italia in questi giorni, senza alcuna presa di posizione da parte di "organi della Chiesa", certamente non da parte della CEI.

      Avevo invitato a riflettere e non a insistere polemicamente in infinite repliche sulla stessa posizione.
      Per regola di netiquette le repliche ad infinitum in polemica "sorda" all'altrui ascolto qui non sono ammesse: cerchiamo un dialogo costruttivo.

      Consiglio semmai di leggere, senza prevenzioni polemiche, anche altri commenti, come le repliche di stopmonetaunica, puntuali ma anche coerenti con le argomentazioni del post. E più sotto il commento di Bazaar.

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    10. Scorgo l'ostinata incapacità di distinguere tra le posizioni di Bergoglio vescovo, oltretutto in un'epoca ben precisa e come tale significativa (della flessibilità strategica dei gesuiti) e quella di Bergoglio Papa, e quindi della enorme significatività del cambio di argomentazioni e terminologie una volta divenuto "voce ufficiale", nei rapporti politico-internazionali.

      Ma temo che l'argomento sia troppo complesso per lei.
      Altri l'hanno compreso perfettamente:
      "Quindi è di converso innaturale che difenda "attivamente" le classi sociali subalterne: nel conflitto di classe l'Istituzione religiosa superpatrimonializzata sta dall'altra parte.

      E credo che la Storia della Chiesa sia ben descritta da questo principio: difficile obiettare diversamente.

      Oratores, bellatores, laboratores.

      L'unico capitalismo con cui si concilia il funzionalismo sociologico medievista è quello del capitalismo finanziario di tradizione liberale."

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    11. Ragionare con questa parte di società, che per altro frequento, è una strada che reputato importante, per viverne le potenzialità e i limiti.

      In passato mi sono speso molto e confrontato anche in altri, con risultati tipici della "democrazia diretta" ma i contributi dati, come semi, stanno germogliando.

      Da 4 settimane, con un gruppo AC locale sono in corso alcune riflessioni critiche sul tema "Lavoro, tempo libero e quotidianità" nell'anno della Misericordia. Dopo quanto sviluppato nel convegno Eucaristico di Firenze e la chiamata all'impegno, anche Politico, in ogni realtà locale.

      A tal fine ho raccolto documenti, libri, contributi filmati (di Orizzonte48 e Bagnai ad esempio) per analisi e discussioni critiche; 3 settimane fà abbiamo elaborato un 1° scenario: Identificazione delle cause ordoliberiste, critica ai trattati europei e all'euro, attribuzione responsabilità al capitalismo finanziario sfrenato e la necessità di un ritorno ai principi della Costituzione pluriclasse e alla democrazia sostanziale ... risultato un senso di "angoscia nel gruppo" e incertezza/sgomento sul come procedere.

      la settimana seguente presento un 2° scenario via mail: "ciao a tutti, per avere un altro punto di vista che "forse" diminuisce la nostra angoscia e ci permette di affrontare le cose in maniera diversa ( come ? bisogna discuterne insieme ...!?)

      Esiste una visione del +Europa, dove l'integrazione sui temi energetici-difesa-sicurezza-economico-finanziari deve essere più stringente, perciò il controllo e la governance vengono centralizzati e resi indipendenti e "neutri" rispetto alla politica e alle richieste delle comunità locali.

      Questo permette maggiore efficienza ed efficacia nelle azioni di coordinamento e meno sprechi. (vedi ad esempio

      Come conseguente complemento rimangono, localmente interpretate, tutte le azioni di sostegno sociale ai più deboli, ai malati, ai vecchi, ai poveri , agli immigrati , anche con sussidi pubblici nazionali ed EU,

      In quest'ottica sono benemeritite le azioni di volontariato e gli interventi di supporto, fatti da chi vuole e può dare un aiuto, con il moltiplicarsi delle associazioni e delle cooperative sociali.
      Importantissima risulta l'azione della chiesa (delle chiese direi ) con gli atti concreti di misericordia."

      il tutto arricchito con dichiarazioni di Amato G e Micossi al convegno IAI e , infine, il link al rapporto CENSIS sulla vitalità della società italiana del "resto".

      Nella discussione questo secondo scenario è sembrato "migliore" per permettere di elaborare un documento e, in prossimi incontri pubblici aperti a tutti, poter trattare in modo spirituale il tema della misericordia, come disposizione positiva d'animo, in grado di affrontare i problemi e riuscire a sopportarli e a superarli.
      Un aiuto, quello della Misericordia, a riequilibrare le nostre vite.
      la Misericordia quotidiana ci migliora sia nel fare il nostro lavoro, sempre più stressante, sia nel cercarlo, se manca, sia a vivere bene il tempo quotidiano con i suoi problemi.

      .... :| da parte mia giudizio sospeso :\ ....

      Domani sera nuovo incontro e, anche grazie a questo post, la sintesi finale!

      alla fine ne rimarra' uno solo.

      the final countdown

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    12. La vedo dura...a vedere l'andamento della vicenda.
      Com'è possibile una qualsiasi crescita della consapevolezza, se si deve subito sedare l'angoscia del dubbio proveniente dall'esposizione dei fatti "reali"?

      E se subito bisogna parlare di immaginifiche azioni UE-UEM - se ho ben compreso- a favore dei più deboli a fronte del notorio testo dei trattati, dell'art.3, par.3 TUE, degli artt.123-125 TFUE, e degli accadimenti in Grecia e, per la verità ovunque, in UEM, basati sulla spietata applicazione di tali principi, CONSIDERATI IRRINUNCIABILI?

      Illudersi che la realtà non sia così orribile e antiumanitaria, è un pericolo grave che solo la fede nell'universalismo, che dissimula il liberismo sfrenato super-finanziarizzato, può spiegare.
      Ma, temo, non "piegare": la misericordia che non promuove la liberazione dal bisogno e la programmatica assenza di scopi sociali ennunciata dai canoni, rimarranno un mistero che, con le fede, si può accettare.
      Ma che con la ragione NON SI DEVE criticare e porre in dubbio.
      Sai che angoscia!

      Comunque, un sincero in bocca al lupo :-)

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    13. Coloro che da generazioni, encicliche dopo encicliche, si affannano a rincorre una fantomatica "autorità politica mondiale" (e sono le encicliche e i comunicati dell'Organo Centrale della Chiesa, non certo di qualche sperduto cattolico ai confini del mondo) che spazio possono dare agli stati nazionali? Nullo, cioè ZERO.

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    14. @stopmonetaunica: ma tu, una di queste encicliche l'hai letta? Perché in tutte quelle che ho letto io, mai e poi mai si parla di cessione di sovranità o altra roba del genere...

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    15. @Alberto Tarabella: molto interessante. Sarei davvero curioso di condividere con lei alcune considerazioni su questa su esperienza con un gruppo di Azione Cattolica. Come posso contattarla privatamente? Grazie.

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    16. Abbi fede Giulio!
      " "Il 6 aprile 1951, il Papa Pio XII ebbe un incontro in Vaticano con il Movimento Mondiale per un Governo Mondiale Federale. Nel corso di tale incontro il Papa Pio XII incoraggiò il suo uditorio di “governo mondiale” a proseguire in questa ricerca:

      “Il vostro movimento, signori, ha il compito di creare un'efficace organizzazione politica nel mondo. Non c'è niente di più in linea con le dottrine tradizionali della Chiesa, o meglio adattato ai suoi insegnamenti sulla guerra giusta o ingiusta, soprattutto nella presente situazione mondiale. Un'organizzazione di questo tipo deve, pertanto, essere istituita...”

      Il Papa spiegava poi, giustamente, che i “germi mortali del totalitarismo meccanico” avrebbero potuto infettare questa “organizzazione politica mondiale”. Tuttavia, nel notare questa possibilità, egli ricordò ai partecipanti di perseguire un approccio federalista mondiale solidamente morale. Terminando il suo incontro, il Papa incoraggiava il suo uditorio a proseguire questa grande idea.


      “...Voi avete il coraggio di dare voi stessi per questa causa. Ci congratuliamo con voi. Vorremmo esprimere a Voi i nostri auguri per il vostro pieno successo e con tutto il Nostro cuore Noi pregheremo Dio affinché vi conceda la Sua saggezza e il Suo aiuto nello svolgimento del vostro compito.”[14]
      http://nwo-truthresearch.blogspot.it/2015/07/i-federalisti-mondiali-e-i-loro-legami.html

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    17. " “Di fronte all'inarrestabile crescita dell'interdipendenza mondiale, è fortemente sentita, anche in presenza di una recessione altrettanto mondiale, l'urgenza della riforma sia dell'Organizzazione delle Nazioni Unite che dell'architettura economica e finanziaria internazionale, affinché si possa dare reale concretezza al concetto di famiglia di Nazioni.

      Sentita è pure l'urgenza di trovare forme innovative per attuare il principio di responsabilità di proteggere [146] e per attribuire anche alle Nazioni più povere una voce efficace nelle decisioni comuni. Ciò appare necessario proprio in vista di un ordinamento politico, giuridico ed economico che incrementi ed orienti la collaborazione internazionale verso lo sviluppo solidale di tutti i popoli.

      Per il governo dell'economia mondiale; per risanare le economie colpite dalla crisi, per prevenire peggioramenti della stessa e conseguenti maggiori squilibri; per realizzare un opportuno disarmo integrale, la sicurezza alimentare e la pace; per garantire la salvaguardia dell'ambiente e per regolamentare i flussi migratori, urge la presenza di una vera Autorità politica mondiale, quale è stata già tratteggiata dal mio Predecessore, il Beato Giovanni XXIII.

      Una simile Autorità dovrà essere regolata dal diritto, attenersi in modo coerente ai principi di sussidiarietà e di solidarietà, essere ordinata alla realizzazione del bene comune [147], impegnarsi nella realizzazione di un autentico sviluppo umano integrale ispirato ai valori della carità nella verità. Tale Autorità inoltre dovrà essere da tutti riconosciuta, godere di potere effettivo per garantire a ciascuno la sicurezza, l'osservanza della giustizia, il rispetto dei diritti [148]. Ovviamente, essa deve godere della facoltà di far rispettare dalle parti le proprie decisioni, come pure le misure coordinate adottate nei vari fori internazionali."
      http://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/encyclicals/documents/hf_ben-xvi_enc_20090629_caritas-in-veritate.html#_ftn147
      Un'autorità con potere EFFETTIVO, SECONDO TE QUANTO SPAZIO LASCEREBBE AGLI STATI NAZIONALI????

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    18. Dal documento Nuovi Orizzonti per la Finanza Internazionale, tratto dall'organo dei Gesuiti Aggiornamenti Sociali, vengono discusse le riforme strutturali al fine di Governare la Finanza Globale; queste sono le dirette proposte del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, che non è un prete di strada del terzo mondo, ma un dicastero della Curia Romana. In questo documento si dice chiaro e tondo che si vuole accentrare la finanza attraverso l'istituzione di una BANCA CENTRALE GLOBALE:
      "In questa situazione occorre ≪avviare un processo di profonda riflessione e di riforme, percorrendo vie creative e realistiche, tendenti a valorizzare gli aspetti positivi delle istituzioni e dei fora già esistenti≫ (ivi). Non partiamo dunque da zero, ma possiamo costruire quanto appare indispensabile a partire da esperienze positive già realizzate. La Nota ne indica due. La prima è la logica ≪di pace, coordinamento e prosperità comune≫ alla base degli accordi di Bretton Woods, e in particolare del Fondo monetario internazionale (FMI), il cui statuto contiene potenzialità probabilmente ancora inesplorate. La seconda, a livello regionale, è quella della Banca centrale europea. Ci sembra non casuale che, insieme all’UE e al “Fondo salva-Stati”, siano le istituzioni a cui si guarda per la soluzione della crisi del debito sovrano dei Paesi dell’area euro, a partire dalla Grecia. La prospettiva è quella di giungere all’istituzione di una sorta di “Banca centrale mondiale”, incaricata di regolare i flussi monetari globali alla stregua delle banche centrali nazionali 6. Nel percorso verso la riforma del sistema monetario e finanziario internazionale trova spazio anche la formulazione di alcune proposte concrete di rapida attuabilità: misure di tassazione delle transazioni finanziarie (cfr Becchetti e Ciampoli 2011);"
      http://www.iustitiaetpax.va/content/dam/giustiziaepace/pubblicazioni/pubblicazionieng2/Foglizzo%2002.2012%20AS_bn.pdf

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    19. Sul progetto di moneta unica mondiale gestito da Sandro Sassoli, denominato United World Currency, Giovanni Paolo II ebbe a dire:
      "The UFWC project as symbol of unity and peace for the world". Pope John Paul II
      http://www.futureworldcurrency.com/Documents.asp?DocumentID=3018

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    20. Grazie per il sunto ad usum new entry, @Stop. Così mi dai modo anche di chiarire perché ho citato proprio l'austriaco Hayek in relazione al "reddito minimo" come unica battaglia "sociale" che può promuovere la Chiesa... con la sua funzione "sussidiaria".

      A differenza di ciò che sostenevano sulla nascita dell'etica capitalista Weber (dal protestantesimo) e Sombart (dall'ebraismo), la scuola austriaca riconosce che il capitalismo, dopo essere nato in Italia, trova la sua autentica espressione ideologica nella retorica liberista proprio nel cattolicesimo, che, grazie alla scuola di Salamanca, trova i suoi natali.

      È fondamentale averlo presente per comprendere la modernità e il mondialismo, suo figlio.

      Bisogna tener presente che, nonostante le smisurate risorse materiali ed intellettuali dietro a tale progetto, questo rimane prodotto di menti "infantili".

      Cosa può fantasticare un fanciullo senza il senso del limite, dell'equilibrio, che non ha maturato una coscienza morale e che non ha ancora sviluppato quella parte di intelligenza direttamente collegata all'empatia?

      Un supermegagoverno mondiale superpotentissimo con ilsupermassimo di optional ultrafantafunzionale al godimento eterno materiale e "morale" etereo con tutte tuttissime le razze mischiate assieme e tuttetuttissime... le religioni del mondo che si riuniscono.

      La costruzione del tempio di Salomone, affinché tutto il caos della "diversità" ritorni ad un nuovo ordine. A Sion.

      Il TINA ce lo hanno stampato nei cromosomi: nulla di più freudiano.

      Solo una classe sociale può trovare "bello" ciò che solo un bimbo ineducato al gusto spasimerebbe.

      Una classe educata all'anaffettività, educata ad inibire l'intelligenza emotiva, atomizzata e senza relazione personali che non siano regolate da contratti di natura privatistica: famigliari compresi.

      Una classe formata da individui che non hanno possibilità di fare grounding, lavorando, usando magari "le mani", tanto necessario per la salute mentale.

      Nobiltà e clero.

      La scuola austriaca aborre il capitalismo industriale: nasce con il filo-medievista (e marginalista...) Menger.

      Dove?

      Nell'ultimo feudo della vecchia aristocrazia terriera, della nobiltà di sangue: l'impero che sopravvisse fino alla prima grande guerra.

      L'infiammata dialettica occidentale sul potere temporale tra "identità religiose" occidentali è stata, a quanto pare, tra cattolicesimo ed ebraismo.

      Basti ricordare i banchieri di origine ebraica che dovranno lasciare l'Italia per trasferirsi in Germania ed Inghilterra.

      Come ricordava Quarantotto in questi spazi, fu la finanza ebraica a dare una grande spinta al protestantesimo.

      Il liberalismo è di fatto sovrastruttura di entrambi questi colossali interessi materiali: sarà il fondatore di Paneuropa (e grande promotore del mondialismo) in funzione della gestione del conflitto interno alla classe dominante cosmopolita a proporre la "filosofia" per restaurare l'ordine medievale, regolare i conti con il socialismo e le classi subalterne: come cattolico riteneva necessario fare "pace" con la secolare antagonista, oramai potentissima: la finanza ebraica.

      Con la nuova (esoterica) definizione di "aristocrazia dello spirito", gli ebrei (ovvero il capitalismo liberale per eccellenza) potevano "unirsi" insieme al banchetto con "nobiltà e clero". E via! escatologicamente verso la fine della Storia.

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    21. Ripropongo questa citazione di colui che, più di tutti, ci ha tirato addosso l'ira funesta dell' "aristocrazia dello spirito": dovrebbe essere più chiara:

      « Sappiamo che dietro ogni tiranno c'è un ebreo, come c'è un gesuita dietro ogni papa. Come l'esercito dei gesuiti uccide ogni libero pensiero dal quale il desiderio degli oppressi potrebbe avere possibilità di successo, così l'utilità delle guerre promosse dai capitalisti cesserebbe, se non fosse per gli ebrei che rubano i tesori dell'umanità. » New York Tribune. 1856, K. Marx

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    22. Ciò che dice Marx non è esattamente un assist alla visione genocentrica che i "filosofi" del darwinismo sociale hanno cercato di incidere sulle nuove Tavole Capitali?

      Sarà strano, ma io quando leggo Marx ci trovo il senso perverso per il quale i peggiori conservatori razzisti si sentono intimamente dalla parte giusta e fanno quello che fanno ai deboli o relativamente di grado inferiore.

      Follia? può darsi.

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    23. Certo sig. Ceccato: anche Marx ha studiato molto l'evoluzionismo di Darwin: solo che "L'origine delle specie" è datata 1959, mentre la rielaborazione di Spencer a livello sociale in "Principles of Biology" sarà del 1864.

      L'articolo di Carletto è invece del 1856: qualcosa non torna.

      Vede: il "politicamente corretto" è modulo della gabbia cognitiva del totalitarismo liberale in cui siamo immersi.

      Marx, come tutti i commentatori politici dell'epoca, non era "corretto".

      Semplicemente Marx non era marxista.

      Vede: si può passare alla storia fondando la sociologia conflittualista ed usare brutalmente le maschere dei peggior stereotipi, oppure si può cercare di aver della visibilità sproloquiando di conflitto distributivo non ottenendo altro che fomentare le peggiori pulsioni xenofobe.

      Pare che anche tra i cosiddetti "noeuro" abbiamo questa "lieve" distinzione intellettuale ed etica.

      Ci rifletta.





      p.s.

      Negli '80 l'unica "piramide che scalavo" era quella del parco giochi: si chieda, magari, quale sentimento l'ha spinta a fare questo intervento (visto che ormai ha uno "storico" sul tema, in questo e in altri blog).

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    24. A me pare chiaro che quando parlo di assist intendo verso quell'insieme di intellettuali ed accademici che hanno prodotto le basi "scientifiche" sulle quali i superliberisti odierni pongono in essere le loro nefandezze (e che sono all'incirca dei nostri giorni, gli intellettuali e le basi "scientifiche intendo).
      In quelle frasi, quelle di Marx contro gli ebrei, c'è molto pensiero etnico, gli ebrei, nell'immaginario collettivo, son sempre stati considerati una razza particolare. Quell'accusa pare una distinzione razziale, o per meglio dire, etnica.

      Sarei curioso di chiederle dove gli altri lettori possano trovare questo "cosiddetto" storico di cui fa cenno. Non capisco bene di cosa sia accusato, pare di poca etica, ma visto che pare centri poco con la discussione, e per rispetto a Quarantotto, credo possa spiegarmelo in questi "altri blog".

      Saluti

      p.s. anche io sono molto poco politicalmente corretto (mi dicono).

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    25. Errata Corrige: nel tentativo di accennare alle lotte interne al capitalismo internazionale ho forzato un "fu la finanza ebraica a dare una grande spinta al protestantesimo". Fu la "finanza", punto. Al limite. Semplicemente Fugger era tedesco. Quindi non supporta l'analisi che ho provato a sviluppare.

      Mi scusi Quarantotto...

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    26. Ceccato, nel suo "storico" abbiamo commenti tipo:

      « La prima cosa che ha fatti l'islam appena ha preso forma è stata quella di colonizzare. [...] La lotta di classe risale al tempo dei tempi e se non è stata ancora risolta e razionalmente bisognerebbe trarne alcune conclusioni [...] i muslim, orchestrati o meno, non ragionano per lotta di classe. [Gli immgrati islamici sono] un'orda di sciammannati estremisti (perchè è inutile, se tu provi ad andare al succo del discorso con loro, quelli che definite islam moderato, ti diranno; "Un dio, un re, un popolo.", tutti, e dico tutti. Il resto è piddinismo, punto) »

      Vede Ceccato, uno "storico" esiste, e nell'attuale contesto politico la considero un'espressione islamofobica. Pare che andiamo ben oltre al non essere "politically correct".

      Nonostante le espressioni come quelle dell'articolo riportato oggi disturbano, all'epoca il razzismo non c'entrava niente (almeno che lei non consideri i gesuiti una razza).

      Leggiamo Michael Heinrich dal suo libro sul Capitale: An Introduction to the Three Volumes of Karl Marx’s Capital, N. Y., Monthly Review Press, 2012, pp. 185 e ss.:

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    27. “In the Preface to the first edition of Capital, Marx writes that he doesn’t “by any means depict the capitalist and the landowner in rosy colours,” but that his depiction deals with individuals “only in so far as they are the personifications of economic categories,” and therefore the point cannot be to “make the individual responsible for relations whose creature he socially remains, however much he may subjectively raise himself above them” (Capital, 1:92). As shown above (see section 4.2 or 5.2), economic actors follow a rationality that is imposed upon them by the economic relations.
      Thus the constant attempts by capitalists to raise the level of valorization (in the normal case) does not result from an “excessive addiction to profit” on the part of the individual capitalist; it is competition that forces such behavior upon individual capitalists on pain of economic ruin. Everybody, including those who profit from the operation of capitalism, is part of a gigantic wheelwork. Capitalism turns out to be an anonymous machine, without any foreman who steers the machine or can be made responsible for the destruction wrought by the machine. If one wishes to put an end to such destruction, it is not sufficient to criticize capitalists. Rather, capitalist structures in their entirety must be abolished.
      With the “personification of things and the reification of the relations of production” (Capital, 3:969), capitalism as a whole seems to be largely immune to criticism. Since the capitalist machine appears to be nothing other than the most advanced manifestation of the process of social life (that social form-determinations can no longer be distinguished from their material content is precisely what is expressed by the trinity formula), society cannot extricate itself from this machine. The subjugation to allegedly unavoidable “objective necessities” is, so it would seem, impossible to escape; one must simply come to terms with the situation. In light of the impositions of capitalism—its crisis-prone develop­
      ment, often catastrophic in its effects upon individual lives, its constant railing into question all living conditions and circumstances—there occur time and time again forms of a blinkered negation of fetishism: “guilty” parties are sought behind the anonymous capitalist machinery that can be made responsible for the misery. Attempts are made to influence their actions; in extreme cases, they are supposed to atone for the misdeeds attributed to them. Thus, in the various capitalist societies, a personalization of fetishistic relations can be observed time and time again. Among such forms of personalization is anti-Semitism; however, it cannot be reduced to such a personalization.57 […] In pre-bourgeois societies, exchange and money also existed, but only played a subordinate role. Exploitation and domination were direcdy mediated by personal relations of force and dependence (the dependence of slaves upon their owners, the dependence of serfs or peasants compelled to perform corvée upon landlords, etc.). The spread of exchange and money undermined pre-bourgeois relations and increased the misery of the lower classes; often, impoverishment had begun through an act of borrowing from a small moneylender.
      Nobles and princes made use of the services of large Jewish bankers. The latter received in return a privileged place at the noble court, but were also often the objects of general envy and made responsible for political and financial difficulties. Jews were not the only people in die Middle Ages and early modern period who were occupied with trade and moneylending, but throughout the course of centuries, they were conspicuously visible as an “alien” group as a result of forced clothing regulations, living in ghettos, and non-participation in Christian festivals. It was therefore easy to identify them with the destructive power of money and interest, regardless of whether one was affected by this destructive power or if one had any contact with Jews at all.

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    28. [...] In an increasingly secularized world, the “wrong” religion can no longer be a decisive criterion. However, economic behavior attributed to Jews—being interested solely in money and profit, not having to work as a result of the power of money and instead living from the labor of others—obtains a brand-new importance. Money, the valorization of capital, profit maximization, and interest do not just play a role on the margins of society but are constitutive for the capitalist mode of production. Anti-Semitism in bourgeois-capitalist society is thus fundamentally distinct from all other forms of discrimination, prejudice, and attribution. In bourgeois as well as pre-bourgeois societies other groups were and are subject to discrimination and the attribution of particular modes of behavior or abilities (a particular shiftiness, aggressive sexual potency, etc.). Only in modern anti-Semitism are central constitutive principles of society projected “outward” onto a “foreign” group.58 The projection is also not limited to the economic sphere; rather, cultural characteristics of modern bourgeois society (intellectualism, mobility, etc.) are attributed overwhelmingly to “the Jews” and simultaneously devalued as decadent. […] With the contrast made out in particular by the Nazis between “productive” or “schaffendem” (non-Jewish) capital and “parasitic” or “raffendem ' (Jewish) capital, whereby the latter holds the former in a stranglehold through the banks and financial markets, the contradiction between an independent manifestation of value in the form of money and concrete labor is shifted onto the level of the total process of capitalist reproduction. It is the capital fetish, in its most developed form as interest-bearing capital, which is personalized. In section 8.1 it was shown how interest as the seemingly original fruit of capital makes enterprise profit into the fruit of entrepreneurial labor and therefore reduces the functioning capitalist to a particular category of laborer. The personalization addressed above builds upon this semblance. The separation of interest and enterprise profit is not called into question, but the mysterious power of capital to bring about interest is. It is “the Jews” who hold the real laborers, whether capitalists or workers, in “interest bondage” and who as non-workers are nothing other than “parasites.”59
      In that “the Jews” are detected to be the real capitalists in anti-Semitic thought, they can be made responsible for all the ills and cataclysms that capitalism generates. At the same time, they appear to be all-powerful: through the banks and financial markets they dominate big business, with their money they can buy the press (which is allegedly proved by
      every newspaper article directed against anti-Semitism), and ultimately they influence political parties and governments. At the same time, “the Jews” are considered to be cosmopolitan and rootless, but with global connections to their own people. These two stereotypes, the all-power­fulness of Jews and their rootlessness, leads to a third stereotype in anti-Semitic thought: the “global Jewish conspiracy” (to which “Jewish communism” is often also attributed). The Jews are accused of seeking world domination and of already having come close to accomplishing this goal. All threats emanating from anonymous, incomprehensible powers now obtain a face: the threat of “global Jewry.”
      However, with this general determination of anti-Semitism nothing is yet said about whether and to what extent anti-Semitism is actually widespread. The fact that the personalization of capitalist relations provides a release for the individuals suffering under those relations does not necessarily mean that those individuals always aim for that release. Nor when they do so does it mean that the acts of personalization always have an anti-Semitic character.60”

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  5. Finalmente abbiamo capito qual'è l'origine del reddito di cittadinanza caritatevole;comunque ho ordinato il suo ultimo libro alla Feltrinelli di Trieste e, forse, arriverà prima di Natale.

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  6. un post titanico, semplicemente sublime per coloro che ancora sanno leggere e comprendere il "nuovo mondo" ..

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    1. Ciao Poggio: oltretutto, la mole dei FATTI forniti potrebbe far dedurre ben altro che posizioni difensive e negazioniste.
      Si sarebbero potute fare ben altre implicazioni, considerata anche la vera natura della lotta intestina al Vaticano finanziario e "gestionale", che mostra crudemente ben altre realtà...

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  7. Il principio di "sussidiarietà", soggiungerei, è uno dei pilastri tanto delle encicliche quanto di Maastricht.

    È un principio che fondamentalmente paluda presupposti "liberali". Federalisti e liberisti.

    Nonostante la sinistra "post-ideologica" abbia dipinto di rosso il processo liberista di integrazione europea, questo ha trazione fondamentalmente nel mondo democristiano europeo, in cui gli USA (e la finanza internazionale) pare abbiano trovato reale "quinta colonna".

    In Italia basti pensare a figure come De Gasperi ed Andreatta.

    Quello che Quarantotto con logica inoppugnabile - documentando - dimostra, è che la Chiesa non ha, di fatto, missione "sociale". Se non nel senso di "[a]ssicurare un reddito minimo a ciascuno [...] quando non può provvedere a se stesso, quantomeno come protezione assolutamente legittima contro rischi comuni a tutti".

    Ovvero, la Caritas non si esplicita in un percorso solidaristico di emancipazione dai bisogni e di elevazione spirituale, di cui, il primo, è socialmente precondizione del secondo; ma in una reazionaria dazione ai bisognosi in un contesto di elemosina.

    Non può quindi essere alfiere della Giustizia così come imposto dalle "democrazie sostanziali". Ha strutturalmente una colossale inerzia alla socializzazione del potere e alla conseguente tutela della dignità dell'uomo. Il suo universalismo, ponendosi di fatto di traverso a quello riconosciuto "nella dichiarazione universali dei diritti umani", si concilia con quello totalitario del mondialismo.

    Necessariamente, per la natura temporale dell'istituzione religiosa, questa risponde alle "leggi sociali" dell'economia: si comporta "naturalmente" come rentier monopolista in un mercato globalizzato.

    È la sua natura: "un corpo immerso in un fluido riceve una spinta dal basso verso l'alto pari al peso del volume del fluido spostato".

    Se il corpo "è umano" può anche nuotare in profondità, in apnea... ma a galla ci deve tornare: la scienza sociale rimane scienza anche se non è sempre "matematizzabile".

    Quindi è di converso innaturale che difenda "attivamente" le classi sociali subalterne: nel conflitto di classe l'Istituzione religiosa superpatrimonializzata sta dall'altra parte.

    E credo che la Storia della Chiesa sia ben descritta da questo principio: difficile obiettare diversamente.

    Oratores, bellatores, laboratores.

    L'unico capitalismo con cui si concilia il funzionalismo sociologico medievista è quello del capitalismo finanziario di tradizione liberale.

    D'altronde, perché tutto 'sto livore contro il comunismo che tanto assomiglia alle descrizioni del cristianesimo delle origini? Era Marx indemoniato perché antireligioso, o era Marx che è diventato antireligioso perché vedeva nelle istituzioni religiose naturale ostacolo all'emancipazione operaia?


    Gesù aveva influenza politica, ma non era un soggetto politico: così come Pietro e gli apostoli. La Santa Sede invece lo è e, nelle sue varie forme giuridiche, lo è sempre stato.

    Paradossalmente, seguendo la stessa traiettoria politica del globalismo secolarizzato per sopravvivere materialmente, la Chiesa sarà progressivamente destinata a rinunciare alla sua missione spirituale.

    È un'analisi, e, francamente, mi piacerebbe dimostrare il contrario senza insultare logica e dati fattuali.

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    1. VANGELI APOCRIFI

      Storie vecchie di mistificazioni fino a giungere quali fosse il "messaggio" da comunicare e diffondere.

      Siamo da sempre qui .. cosa comunicare, come diffondere quello che siam detto di comunicare e diffondere :-)

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    2. Caro Poggio, anche senza "vangeli apocrifi" e presunti filtri calati sul messaggio evangelico originale, è arrivato a noi un insegnamento etico che non può essere dimenticato con tanta leggerezza: è cardinale.

      Matteo 19,24: « È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco entri nel regno di Dio ».

      Come si può essere più chiari di così?

      Cosa c'è di più chiaro dell'Etica del nuovo Testamento? Il Vangelo è talmente chiaro che non ha bisogno di grandi dotti per l'ermeneutica e l'esegesi come nella tradizione ebraica.

      È un'Etica chiara ed evidente perché intrinsecamente correlata a quelli che tanto nella filosofia orientale, quanto nella psicologia occidentale, sono considerati valori strutturali dell'Uomo. Ovvero sono connaturati alla natura umana come il valore della costante gravitazionale universale è correlata a questo cosmo.

      Esistono principi universali perché ci sono dati, così come ci son date le leggi naturali.

      La ricchezza materiale è un impedimento a seguire Cristo.

      È una legge come quella di archimede: solo che maggiore è il volume dei liquidi che sposti, maggiore ricevi una forza uguale e contraria che ti spinge... dall'alto verso il basso.

      Verso il principe di questo mondo.

      Tutto il resto è dissonanza cognitiva da gestire manipolando il senso di colpa.

      (Comunque non se ne esce, fintanto che l'amministrazione dei Sacramenti verrà per dottrina considerata "sostanza" e non "accidente", l'Etica, per Legge, sarà accidente e non sostanza: ed ora, o giocolieri della logica, sbizzaritevi...)

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    3. Caro Baazar

      è da tempo che ricordo il Cristo che scaccia i mercanti dal tempio e, raggiunta la dimensione di una teiera marziana, ricordo il testamento di Magdala/Maddalena - compagna di quel "cristo" - riesumata come meretrice redenta.

      Pochi i sensi di colpa e le conseguenti redenzioni, tanto il desiderio di verità.

      :-)

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  8. un abbraccio da un eretico gesuita - quello peggiore e pesserrimo - poi domani, crudelmente, le realtà vere .. :-)

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  9. A mio modesto avviso, risulta oggettivamente impossibile alle sole facoltà umane scindere pienamente il piano dottrinario-spirituale da quello dottrinario-materiale, ovverosia pratico, e ciò è dovuto alla stessa natura dell'uomo: come Bazaar esponeva in termini particolarmente congeniali a questa sede in una discussione sul libero arbitrio, "la corporeità stessa a cui è ancorata l'anima è già di per sé "vincolo esterno"" e si tratta di un "vincolo esterno" al quale sottrarsi risulta impossibile quantomeno fintantoché si è in vita (altro che UE...).
    In virtù di questa necessaria premessa, ritengo che la posizione espressa da Quarantotto in merito all'insita equiparazione dei mezzi fra ecumenismo nella sua manifestazione temporale (qui in particolare si rimanda a tutti gli annessi e connessi storici che spaziano dalle Crociate al colonialismo "cristiano") portato avanti dalla Chiesa cattolica e mondialismo mercatista portato avanti dai movimenti liberisti - se ho ben capito -, suffragata dalle opportune documentazioni, nel suo post sia pienamente condivisibile: all'esportazione delle fede si va a sovrapporre l'esportazione della democrazia liberale.
    Una delle ragioni di questa "comunione eretica" verso l'istituzione di una organizzazione transnazionale, o meglio ancora a questo punto dell'analisi, oltrenazionale (Übernational) affinché gli Übermenschen possano più facilmente domarli, trovarli, ghermirli e incatenarli (i membri del gregge-giocattolo) credo sia individuabile nel carattere prettamente teologico che il liberismo è andato ad assumere nel corso dei secoli: la situazione attuale non può che essere il risultato di un'operazione effettuata in certi ambienti cristiano-liberali di sincretismo politeistico in cui le due divinità, Dio e il Mercato, si incontrano e si scontrano, ma si riconoscono reciprocamente quali entità naturali alle cui leggi (giusnaturalismo) l'uomo deve sottostare perché non può fare altrimenti. Si tratta di un quanto mai balzano tentativo di avvicinarsi al divino tentando di replicarne la struttura sulla terra.
    Ovviamente, tutto ciò non ha nulla a che vedere con l'ermeneutica biblica, così come l'azione immanente della Chiesa in quanto istituzione umana non ha nulla a che vedere con l'azione trascendente di Dio, le cui vie sono a noi non precluse, ma cionondimeno imperscrutabili. Nel cristianesimo, la redenzione dell'anima del singolo, a me pare scontato, non può che trovare piena realizzazione se non nella redenzione dell'umanità tutta per mezzo del sacrificio di Cristo in croce, dunque, seguendo metaforicamente il suo esempio, ci si dovrebbe prodigare per il bene del proprio prossimo rimuovendo le cause del suo male e non limitandosi ad agire sugli effetti, ma è chiaro a tutti che non sono un fine teologo, ergo è possibile che mi sbagli. È altresì evidente, tuttavia, che "il naufragar m'è dolce in questo mare".

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    1. Errata corrige: dove ho scritto "mondialismo mercatista", è più corretto dire "globalismo mercatista".

      P.S.: se avessi letto il commento di Bazaar prima di scrivere il mio, avrei potuto anche risparmiarmi la fatica. :-D

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    2. Fishing for compliments?
      Fa sempre bene esercitarsi in "critica della distopia".
      Finchè non sarà così vicina ad avverarsi che farlo diventerà un lusso inimagginabile.
      Goditi la vita intellettuale e lo Spirito dell'Uomo che ancora si possono esprimere...

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  10. @winston smith, il suo intervento è decisamente interessante. Se @Quarantotto lascia i commenti aperti per un po' (ma un bel po'), mi ripropongo -- ancora una volta -- di scrivere più organicamente sul tema.

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    1. Il tema verrà ripreso nelle prossime puntate.
      Saranno considerati non pubblicabli tutti i commenti che prescindono dalle fonti e dai documenti offerti e che non siano omogenei coi chiari principi di diritto organizzativo canonico, diritto internazionale, e determinazioni-esternazioni vincolanti in quanto provenienti dagli organi ufficiali della Chiesa.
      Nonchè che ignorino i datti fattuali e patrimoniali emersi e che pongono dei problemi di rilfessione giuridica ed economica che non possono essere ignorati con argomentazioni derivanti dal proprio sentire religioso, quand'anche condiviso in determinati contesti comunitari (volontari).

      Ci tengo a sottolineare, anche se pare molto difficile da comprendere, che una cosa è l'analisi storico-economica di tali fonti, altra è l'esposizione di credenze religiose e di fede determinate da personali esperienze e credenze religiose condotte a livello di partecipazione privata ad associazioni altrettanto private.
      Il blog non è di filosofia o di testimonianza religiosa personale.
      Aspetto certamente apprezzabile, nell'ambito della soggettiva visione esistenziale, ma che altri blog affrontano abbondantemente, ovviamente in un'ottica totalmente diversa.

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    2. Questo era chiaro dall'inizio. A presto (spero).

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  11. Il Vaticano è una Holding a livello mondiale e possiede imprese negli ambiti più impensabili. La Chiesa possiede anche investimenti presso i più importanti istituti bancari del mondo e quote azionarie nelle più grandi multinazionali a livello globale. Se questa è la situazione, è nella logica dei fatti che il Vaticano non possa sputare nel “piatto in cui mangia” (cioè rinnegare un’economia liberista e globalizzata di cui è esso stesso un eminente attore). Anzi, proprio per bocca dei pontefici che si sono alternati, la vocazione mondialista si è sempre di più accresciuta. Vediamo qualche fonte:
    - enciclica Pacem in terris di Giovanni XXIII (n. 70), ove il pontefice faceva presente che il mondo si stava avviando verso una sempre maggiore unificazione e prendeva atto del fatto che, nella comunità umana, era venuta meno la rispondenza fra l’organizzazione politica “su piano mondiale e le esigenze obiettive del bene comune universale”, augurandosi la creazione di “un’Autorità pubblica mondiale”;
    - enciclica Caritas in veritate di Benedetto (n. 67), ove il pontefice ribadisce quanto già detto da Giovanni XXIII, esprimendo la necessità di costituire “Autorità politica mondiale” per affrontare i problemi come pace, sicurezza, disarmo e controllo degli armamenti, promozione e tutela dei diritti fondamentali dell’uomo, governo dell’economia e politiche di sviluppo, gestione dei flussi migratori e sicurezza alimentare, tutela dell’ambiente.
    - enciclica Centesimus annus di Giovanni Paolo II (52), ove il pontefice affermava che “Come all’interno dei singoli Stati (…) il sistema della vendetta privata e della rappresaglia è stato sostituito dall’impero della legge, così è ora urgente che un simile progresso abbia luogo nella Comunità internazionale”.

    Quanto sopra è contenuto in un documento del 2011 del Pontificio Consiglio della giustizia e della pace, inquietante documento ufficiale del Vaticano, che se letto chiarisce molte cose, come per esempio (pag. 11) “Gli Stati moderni, nel tempo, sono divenuti insiemi strutturati, concentrando la sovranità all’interno del proprio territorio. Ma le condizioni sociali, culturali e politiche sono progressivamente mutate. È cresciuta la loro interdipendenza – sicché è divenuto naturale pensare ad una comunità internazionale integrata e retta sempre più da un ordinamento condiviso –, ma non è venuta meno una forma deteriore di nazionalismo, secondo cui lo Stato ritiene di poter conseguire in maniera autarchica il bene dei suoi cittadini”.

    Io non so se esistano fonti che smentiscano il più che ovvio flirt della Chiesa con la globalizzazione mondialista ed ordoliberale né se questa innegabile tendenza discenda da vaghi modernismi. Ciò che so è che la Chiesa è contro lo stato nazionale e, in stretta conseguenza, contro le Costituzioni democratiche inclusa la nostra. Questi sono fatti, il resto mi interessa poco

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  12. A questo punto temo che l'invocazione continua della misericordia da parte della Chiesa, unito al principio del perdono, forse è a dir poco autoreferenziale ed auto-assolutorio. Dovevo capirlo prima, ma il post del Presidente è stato a dir poco illuminante

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  13. Ciao Quarantotto, grazie di questo post Illuminante, ho letto con grande piacere ed interesse i relativi commenti. Certe cose le avevo interiorizzate per istinto, ma non razionalizzate con l'intelletto. Per riprendere le parole di Francesco dovevo capirlo prima, comunque non è mai troppo tardi per imparare, di nuovo grazie.

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  14. "[...] distinguere tra le posizioni di Bergoglio vescovo, oltretutto in un'epoca ben precisa e come tale significativa (della flessibilità strategica dei gesuiti) [...]".

    La flessibilità di "annusare dove tira il vento" è in effetti la caratteristica precipua di questo Papa, sin da quando era Principale dei Gesuiti argentino negli anni della "guerra sucia", una vicenda che - ad onta della propaganda mediatica - non è affatto chiarita ma solo occultata.

    Alcune spigolature:
    A): Horatio Verbitsky - il cosiddetto "accusatore" di Bergoglio - è un pluripremiato giornalista d'inchiesta e non un volgare imbrattacarte come lo si vorrebbe accreditare oggidì, conosciuto in tutto il mondo per lo scrupolo con cui scrive i suoi reportage, peraltro sempre suffragati da prove documentali e testimonianze circostanziate: è ne "L'Isola del silenzio" che vengono svelati i retroscena inediti del rapporto che ci fu negli anni della "guerra sporca" argentina tra il regime militare e le gerarchie ecclesiastiche, ove si incrociano alcune delle figure più importanti del Vaticano, dal nunzio apostolico Pio Laghi fino proprio al cardinale Jorge Bergoglio.
    B): Il prementovato tomo fu editato nel 2005, ben otto anni prima dell'elezione del cardinale bonaerense al soglio di Pietro, quindi in tempi non sospetti e lontano da considerazioni opportunistiche legate a ritorni pubblicitari per il libro stesso.
    C): E' "coincidenza" assai interessante che per tacitare il clamore levatosi sugli "anni argentini" del neo pontefice, in pochi mesi venga allestito e dato alle stampe "La Lista di Bergoglio", un libro nel quale il nuovo Papa viene presentato sotto una luce ben diversa - un porporato sollecito del bene altrui - nel quale l'autore - Nello Scavo - documenta le storie di argentini salvati dal futuro Papa, e non meno interessante è scoprire che lo stesso Nello Scavo è un cronista che lavora per "L'Avvenire", il giornale della CEI: il giornalista siciliano è certamente un professionista serio e coscienzioso e nella sua opera si sarà avvalso di fonti sicure, ma ciò non toglie che l'intera operazione presenti un carattere quantomeno ambiguo, considerando il palese e improvvido conflitto d'interesse instauratosi, e ricordando soprattutto che per otto anni in Argentina nessuno ha mai scritto nulla in proposito, neppure Sergio Rubin giornalista e biografo di Bergoglio che avrebbe potuto avere, va da sé, alcune "dritte" in proposito.
    E che la genesi di tal libro venga innescata dalla "necessità" di contestare le testimonianze riportate ne "L'Isola del silenzio" ci è detto proprio dallo stesso autore, in un'intervista a "Il Giornale", dove egli afferma serafico che " la pulce nell'orecchio me l'ha messa Horacio Verbitsky, il più accanito accusatore di Papa Francesco, con i suoi articoli usciti in Italia sul Fatto Quotidiano".
    D): L'aver legato il titolo di tale libro al famoso film di Spielberg "Schlinder's List" vuole indubbiamente creare nel lettore, così come nel mero fruitore della notizia, un pathos emozionale che trascenda considerazioni puramente razionali, spostando viceversa la narrazione su di un piano parallelo metafunzionale nel quale ciò che si è visto "diventerà" ciò che si leggerà, metodo applicato anche nella seconda "fatica" di Scavo I sommersi e i salvati di Bergoglio", titolo chiaramente allusivo alla celeberrima opera di Primo Levi.

    Mille altre considerazioni si imporrebbero, ma lo spazio è tiranno.

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  15. Sintesi per dummies: c'e' il comunismo/socialismo, c'e' il capitalismo, ma non c'e' il "cristianesismo", ovvero un diverso modello di societa' per questo mondo. L'Islam, qui, sembra differente.

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  16. Mi inserisco anch'io, tentando di produrre un qualcosa di utile. Parto innanzitutto dicendo un immenso grazie a tutti, ma proprio TUTTI, gli intervenuti per i contenuti profondi e mai banali inseriti a commento di questo post. Seconda cosa più importante spero che tutti si cerchi un dialogo COSTRUTTIVO. Opinioni diverse, ma che non ci devono dividere, perchè a dividerci ci pensa (e ci gode) sempre chi ci vuole male (e sappiamo bene chi è). Non lo so, ma non vorrei che si sia forse parlato su due lunghezze d'onda diverse. Nel senso, ho notato una critica al potere temporale della Chiesa - che condivido - mentre dall'altro lato si è lasciata da parte questa fenomenologia puntando tutto sul lato spirituale o trascendente (se sbaglio, correggetemi volentieri). A livello personale sono cresciuto all'interno di una parrocchia, ero Cattolico praticante fino ad età adolescenziale, poi con l'andare dell'età ho smesso di essere praticante, sono rimasto credente, anche se a livello molto più flebile. Cioè credo ad un messaggio, e credo (o spero) che ci sia qualcosa nell'aldilà. Pochi mesi fa abbiamo perso una persona cara - l'età - e questo fatto ancora oggi mi lascia incredulo. Non posso però negare che i segni della Sua presenza ancora oggi ci sono, e non sono banali o casuali. Con ciò voglio dire che alla fine DEVE esserci qualcosa nell'aldilà. Ed a livello spirituale io sono portato a "credere": perché se nell’aldilà non ci fosse nulla, allora avrebbe veramente senso durante la vita terrena godere al massimo di ogni cosa: soldi, vestiti, donne, case, macchina e chi più ne ha, più ne metta. Come sono portato a credere che possa esistere un giudizio, e che la nostra vita non sia già segnata (come lo intendono i calvinisti o protestanti, se non erro, per cui il destino è già segnato e non esiste libero arbitrio. Se hai successo è per merito tuo e solo tuo, tutti gli altri non contano), che assieme (cioè come comunità) si possa davvero riuscire a contare qualcosa. Potrà sembrare assurdo ma il Vangelo di Cristo è una fonte di ispirazione. Con questo non voglio dire che esso debba elevarsi all’unica filosofia di vita, tutt'altro.
    So però che Gesù Cristo, quando scacciò i mercanti dal tempio, inveì contro i cambiavalute e i venditori di colombe. Perchè? Il fisco imperiale al tempo accettava in pagamento delle tasse solo monete romane in argento, con tanto di effige imperiale (“Date a cesare quel che è di Cesare”; o meglio parafrasando “Date a Cesare quello che ha l’effigie di Cesare”). Questi cambiavalute, ricchissimi, erano in grado di fare incetta sul mercato delle monete romane circolanti, e ne creavano la scarsità al momento del pagamento delle decime. A quel punto artigiani, commercianti e popolino erano costretti a pagare cifre esorbitanti, in altre valute, beni, proprietà, per poter “acquistare” la moneta che i romani avrebbero accettato in pagamento delle imposte.

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  17. E’ inutile dire che i sacerdoti del tempio avevano le loro royalties su questo empio commercio: i “mercanti”, cambiavalute e “colombari”, pagavano una commissione per svolgere le loro attività speculative. Un vero sistema a delinquere costituito da speculatori, autorità politiche e autorità religiose a spese della povera gente.
    Bene. Questo è uno dei messaggi che rende ai miei occhi la Dottrina della Chiesa Cristiano Cattolica credibile. E che merita pertanto considerazione non indifferente. Anche Cristo aborriva gli speculatori, i politici e le autorità spirituali “vendute al potere”,
    Diverso però è l’atteggiamento della Chiesa temporale, come istituzione. Parafrasando Bazaar, non mi aspetto che il SuperPapa si stracci le vesti e vada in ogni angolo della terra a schiaffeggiare i governanti. Però dov’è finita la critica agli speculatori, a chi pratica l’usura, a chi inganna i popoli? Perché non c’è mai una critica allo scoperto contro qualcuno? Perché si commentano i crimini di Parigi, ma nessuno critica l’abominevole Proxy war che si sta combattendo in Siria fra potenze Occidentali ed Orientali. Perché ci si preoccupa della disoccupazione europea, senza indicare la causa (Euro e Trattati Europei)? Perché non ci sono accuse dirette allo Stato che più di tutti contribuisce, a livello economico/ militare, a destabilizzare il mondo?
    E’ questa dissonanza che preoccupa. Oltre al fatto che la predica al consumismo viene fatta da chi abita in super-appartamenti forniti all’insaputa del domiciliato stesso… Dove è andato a finire Gesù Cristo che scaccia i mercanti di Wall Street dal tempio?

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  18. La Chiesa, fin dal suo esordio, si è confrontata con l'Impero Romano, entro il cui ambito si è diffusa e consolidata. Inevitabilmente ha finito per modellarsi su quel registro "globale" anzi concependosi come autentica istituzione universale (cattolica!) destinata a durare perchè fondata sulla roccia, contrapponendosi all'Impero secolare destinato ad essere transeunte in una visione teleologica che vedeva prossimo il ritorno del Signore (Vieni Signore Gesù e passi questo mondo). Con la svolta costantiniana la Chiesa si è alleata con l'Impero, secolarizzandosi a sua volta ma sempre mantenendo un atteggiamento non del tutto subalterno e funzionale all'Impero ma piuttosto cercando di imporsi come potere superiore (perchè divino) rispetto allo stesso potere dell'Imperatore. Proprio per rafforzare questa "indipendenza" ha perseguto la strada della ricchezza patrimoniale e territoriale. Questo si è accentuato con la divisione dell'Impero Romano (la Chiesa d'Oriente è rimasta molto più subordinata al potere imperiale secolare, divenendone di fatto una emanazione) e con il successivo sgretolamento dell'Impero d'Occidente. Anche nel Medioevo si è riproposta l'alleanza conflittuale, l'amore/odio con la forma Imperiale secolare (Sacro Romano Impero). La Chiesa persegue la SUA "globalizzazione" e naturaliter predilige confrontarsi/scontrarsi con la forma "imperiale" che, come evidenziato da Quarantotto, meglio garantisce anche la salvaguardia del suo patrimonio globalizzato. Anche strutturalmente,l'accentuazione che nei secoli è venuta assumendo la figura del Papa a discapito di quelle dei Vescovi diocesani (una delle maggiori cause di disputa con la Chiesa d'Oriente), e che nonostante gli aggiustamenti del Concilio Vaticano II, fa del Papa il fulcro della Chiesa Universale (sul modello appunto dell'Imperatore) e un po' meno Vescovo di Roma (Primus inter pares). Però Bergoglio, appena eletto, si riferì a sè stesso come Vescovo di Roma e non casualmente, tanto é vero che il Patriarca di Costantinopoli lo apprezzò e si recò perfino alla cerimonia d'insediamento (non avveniva da secoli).
    Il discorso è lungo e non necessariamente lineare. Alla fine, io temo però che la Chiesa, in ultima analisi, non vedrebbe male un ritorno ad una qualche forma di neofeudalesimo, con uno Stato minimo che lasciasse alla Chiesa stessa campo libero per tutta la sua attività socio assistenziale, dall'istruzione alla sanità e che le consentirebbe "sussidiariamente" di veicolare anche la sua presa sulla società. Insomma, la Chiesa pensa unicamente a sè stessa, al suo consolidamento e potenziamento, naturalmente nella sua ottica questo è ciò che Dio vuole perchè Lei deve restare, il mondo deve passare. E noi che stiamo qui a penare? Gnente, tanto se saremo buoni e bravi alla fine andremo in Paradiso. Amen

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    1. La premessa mi aveva fatto impensierire...
      Ma i passaggi storico-istituzionali e la conclusione sono un pertinente e centrato riallaccio al tema del post :-)

      Si può aggiungere, come implicazione non irrilevante, che nel perseguire la "sua" globalizzazione, e dunque nel prediligere QUALUNQUE interlocutore politico che, nel corso del tempo, sia un omogeneo portatore di questa spinta - e quindi, per necessità logica, il potere egemone più legittimato dalla forza- ha sempre un atteggiamento strumentale: privilegia il proprio spirito di sopravvivenza, dunque a prescindere, nelle relazioni con tali poteri egemoni, da qualsiasi coerenza con l'etica formalmente perseguita.

      Questa rimane valida (solo) per le masse estranee al potere e flessibilmente (nel senso di "secondo i tempi") relegata a esortazioni e enunciazioni enfatiche nei rapporti politico-economico e, semmai, costantemente rigida sui costumi sessuali.

      Nessuna intransigenza, invece, sul piano sostanziale estraneo alla morale sessuale, che rimane il "core" dell'etica pubblica: l'unico che implichi un chiaro e puntuale sistema di regole e "sanzioni" ad applicazione terrena.

      Questa autoperpetuazione è dunque curata attraverso la strumentale relazione col potere storicamente egemone (e universale: oggi il mondialismo liberista).
      Ma viene realizzata offrendo, alla convenienza di questo stesso potere, un'abile suddivisione delle "competenze": cioè mediante (l'aspirazione a) una posizione dominante in settori "sensibili" ausiliari di qualunque struttura del potere economico: cioè la gestione organizzata delle opere di misericordia.

      In tal modo, alla percezione dell'uomo comune, lo "scopo sociale" autoperpetuativo, ed eminentemente politico, rimane celato.
      Come la "doppia verità" del liberismo

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  19. Mi permetto di consigliarvi la lettura di tutte e cinque le parti di questo scritto. Se credete che il capitalismo sia una cosa unica, vabbè... non ci posso far niente. Se credete che vi siano capitalismi, comincerete a vedere quali sono in lotta fra loro. E, come, sovrastruttura e struttura si interfaccino continuamente. Perchè la religione è certamente l'oppio dei popoli. Ma, come noto, l'oppio piace moltissimo.

    http://www.radiospada.org/2014/09/neoconservatorismo-conservatorismo-cattolicesimo-unimpossibile-alleanza/

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