lunedì 1 febbraio 2016

VISCO, IL BAIL-IN E IL TRILEMMA DI MUNCHAUSEN: L'EUROZONA FUORI DAL MONDO?


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1. Abbiamo più volte evidenziato, nelle ultime settimane, le prospettive a dir poco disastrose dell'economia italiana: stretta tra le maglie dell'euro-follia, che gli impone di fare più austerità, in quanto nega la flessibilità che, rammentiamo, è solo un'attenuazione del consolidamento fiscale, che viene comunque perseguito, con tutti i suoi effetti di caduta della domanda interna e di stagnazione del PIL, continuamente a rischio recessione. 
All'interno del paradigma €uropeo, per l'Italia, si tratta dunque solo di scegliere con quale velocità far crescere...la deindustrializzazione - con disoccupazione strutturale a due cifre e "cattiva" occupazione di  working poors in inesorabile aumento- e, quindi, l'incapacità di restituire i debiti da parte di famiglie e imprese.
Crescono così incagli e sofferenze e, perciò, l'esposizione sistemica di banche e risparmiatori, inclusi i correntisti, al bail-in
In sostanza, questo €urosistema di risoluzione delle crisi di insolvenza delle imprese bancarie finisce per avere un'unica soluzione "residuale": l'intervento pubblico posteriore al burden sharing, in condizioni di enorme difficoltà di dare copertura a questo aumento della spesa pubblica, in costanza dei parametri  di rientro nel pareggio di bilancio. 
Il tutto preannuncia cioè la "doppia tosatura", prima di risparmiatori e correntisti (col meccanismo €uropeo di risoluzione) e poi di tutti i contribuenti: inevitabilmente e sempre in conseguenza di tale meccanismo innestato sul pareggio strutturale di bilancio.

2. Infatti, va anzitutto escluso che il meccanismo €uro-autorizzato delle "mini" bad-banks possa realmente funzionare per limitare i rischi di insolvenza del nostro sistema bancario, dato che implica un rating dei crediti in sofferenza che rende (relativamente) conveniente porre fuori dal bilancio (mediante la cessione), e comunque con perdite  rispetto ai valori precedentemente appostati, solo quelli ritenuti comunque ragionevolmene solvibili; la garanzia dello Stato, per di più a prezzi di mercato, è apprestabile solo per questi crediti "buonini", mentre per tutti gli altri crediti "non performing", proprio in ragione dei criteri fissati dall'€uropa in vista della cessione, si imporrebbero dei valori iscrivibili che determinano riduzioni dell'attivo talmente drastiche da obbligare le banche sia a probabili nuove ricapitalizzazioni sia a contrarre il credito ulteriormente. 

Insomma, un processo circolare di inasprimento delle condizioni di credito che il governatore della Banca d'Italia (come ha ribadito anche sabato scorso), non ha mancato di far notare, parlando di "rarefazione del credito" come conseguenza dell'introduzione di un sistema che consente di pervenire all'intervento pubblico di sostegno alle banche solo posteriormente all'imposizione di perdite a carico di azionisti, obbligazionisti (in via graduata ma comunque sia junior che senior) e "normali" depositanti oltre i 100.000 euro.

3. Per quelli al di sotto di tale soglia, il limite di coinvolgimento vige soltanto in teoria, dato che la garanzia consiste solo nell'apposito Fondo interbancario nazionale ed è alimentata dai contributi delle stesse banche sottoposte, attualmente o potenzialmente, al meccanismo di risoluzione; e quindi, è costituibile (anche nella sua massima espansione) in base ad un volume di contribuzione "volontaria", non solo minimo e largamente incapiente, rispetto alla massa di depositi da garantire, ma soggetto alla stessa impossibilità finanziaria di apprestarlo per non essere coinvolti in un livello di perdite di bilancio di rischio. 
In pratica, il Fondo interbancario funziona come l'autosalvataggio del Barone di Münchhausen, che evitava di affondare nella palude tirandosi per i capelli.


4. Ma non basta: come si è detto in premessa, il sistemino delle bad banks "dedicate" (cioè ogni banca si fa la sua e spera in Dio), non ha alcuna capacità risolutiva delle cause che portano alle sofferenze: che infatti proseguiranno a formarsi come pure, prima ancora, gli incagli, che verranno sottoposti ad un regime sempre più drastico di "rientro" cautelativo da parte delle stesse banche, peggiorando la condizione di ricorso al credito delle imprese e delle famiglie, e quindi deindustrializzando ulteriormente e facendo inevitabilmente deprimere i prezzi degli immobili (dato l'aumento dell'offerta di quelli gravati da mutui ipotecari, sempre più sottoponibili a procedure di vendita forzata, per di più accelerate). 
Anche qui un processo circolare che si autoalimenta, per effetto esclusivo del combinato delle imposizioni fiscali e bancarie €uropee. Lo stesso Visco citato, con un certa circospezione espositiva, lo fa emergere dal suo discorso

Per uscire dalla crisi, secondo Visco, occorre tornare alla crescita (come minimo, ci dice ottimisticamente, nella misura "sperata" dell'1,5% per i prossimi due anni)  e per far ciò occorrerebbe un rilancio rimarchevole degli investimenti; anche a vedere le cose solo dal lato dell'offerta, come fa Visco - in contraddizione con quanto il suo ufficio studi aveva affermato qualche anno prima, quando le cose non "dovevano" essere raccontate in altro modo, e non si doveva evitare di addossare responsabilità alle politiche di consolidamento imposte dall'appartenenza all'euro.

5. Questa è la situazione degli investimenti in Italia rispetto a cui Visco non indica dei rimedi ben comprensibili, nell'attuale vincolo alle politiche fiscali (che non pone minimamente in contestazione nel suo intervento):

All’inizio degli anni duemila il tasso di risparmio e di investimento pubblico e privato erano sostanzialmente allineati in Italia, la crescita della quota di investimenti fino al 2007 non è stata accompagnata da una crescita proporzionale dei risparmi, rimasti sostanzialmente costanti. Con la prima recessione (2008-2009) i risparmi sono calati più fortemente degli investimenti, che hanno resistito meglio. Durante la seconda recessione invece si è registrato un nuovo calo degli investimenti, mentre aumentava il risparmio precauzionale. Dal 2013 i risparmi sono tornati maggiori rispetto agli investimenti ma ad un livello radicalmente più basso per entrambi rispetto a quello pre crisi (nel 2014 18,3% di propensione al risparmio contro il 16,5% di propensione all’investimento). 
http://www.programmazioneeconomica.gov.it/wp-content/uploads/2015/05/6.51.png

Ed infatti, non è che non si faccia ricorso al credito soltanto perché le banche valutano e valuteranno il profilo di merito del potenziale debitore sempre più drasticamente (e in base a impersonali criteri automatici il cui apprezzamento verrà inasprito), ma essenzialmente perché le imprese non vedono le condizioni per effettuare gli investimenti: non vedono le condizioni esterne, perché la congiuntura internazionale sta virando sempre più verso una riduzione degli scambi e quindi la domanda estera è sempre più in fase di contrazione; ma non vedono neppure le condizioni interne, perché i consumi aumentano in modo irrisorio e comunque transitorio, dato che sono stati appena sostenuti da un certo strisciante aumento della spesa pubblica che si trova di fronte ad un'imminente e, probabilmente, drastico cambio di segno a fronte della rigidità della Commissione UE, già abbondantemente preannunziata, sui saldi, troppo "laschi", mostrati dalla manovra di stabilità per il 2016.

6. Rammentiamo cosa aveva detto lo studio del 2010 della stessa Banca d'Italia, quando per di più la situazione, sul lato della domanda interna, non era ancora deteriorata come oggi, dopo le cure "Monti" e la loro prosecuzione da parte dei successivi governi:
"Il lavoro esamina l'evoluzione del credito bancario in Italia durante la crisi finanziaria, al fine di valutare il contributo di domanda e offerta alla dinamica dei prestiti
L'analisi indica come motivazione prevalente della decelerazione dei prestiti il calo della domanda dovuto principalmente, per le famiglie, alla debolezza del mercato immobiliare e alla caduta dei consumi; per le imprese, al minor fabbisogno finanziario, a sua volta legato alla netta contrazione degli investimenti.
Gli indicatori congiunturali del mercato del credito e i risultati di studi empirici segnalano che a frenare la dinamica dei prestiti avrebbero contribuito tensioni dal lato dell'offerta dovute soprattutto all'aumento della rischiosità dei prenditori, oltre che all'impatto che la crisi ha avuto, specialmente in una prima fase, sulla condizione patrimoniale e di liquidità delle banche, sulla loro capacità di accedere ai finanziamenti esterni. Analisi econometriche avvalorano tali indicazioni, suggerendo che la decelerazione del credito riconducibile alle condizioni delle banche sarebbe di entità contenuta."
7. Insomma, è il calo della domanda che condiziona la "rischiosità dei prenditori" e non, naturalmente, viceversa. E dunque, senza la domanda, la propensione a investire semplicemente non può esserci: anche perché l'effetto di spiazzamento (delle risorse, dal pubblico al privato degli operatori "razionali") determinato dalla deflazione, dal conseguente calo dei livelli retributivi reali (e ormai anche nominali), e dai bassissimi tassi di interesse di cui fruiscono le banche nei rapporti con le banche centrali, nonchè dall'"irrinunciabile" taglio della spesa pubblica reale, semplicemente non si verifica.
Ma nelle prese di posizione pubbliche di Visco questo aspetto non pare focalizzato: e pensare, appunto, che rispetto al 2010, la situazione della domanda italiana appare indubbiamente peggiorata. 
Mentre il calo del corso dell'euro (rispetto al dollaro, beninteso) si infrange sul calo della domanda mondiale, sempre più drammatico e sempre più mostrato dal calo del prezzo del petrolio, che, a sua volta, finisce per essere sia indicatore della crisi mondiale (di domanda), sia propulsore della stessa
Gli USA, infatti, vedono il disastro incombente del settore industriale più solido, cioè più "reale" e meno finanziario (e quindi, in astratto, meno soggetto al dilagante effetto bolla e crescita dei sub-prime in ogni settore economico) che aveva caratterizzato la loro incerta ripresa: quello dell'industria petrolifera. E l'Arabia saudita registra il passaggio del proprio deficit pubbico dall'1,5 del PIL nel 2014 all'attuale -16%! Il che significa esigenza assoluta di contrazione della domanda e delle possibilità di alimentare importazioni e commesse di costruzioni faraoniche di ogni genere. 
E stiamo parlando solo di alcuni dei paesi-indice della domanda mondiale.

8. Nel Regno Unito, iniziano ad accorgersi che, a seguito del riformarsi di una bolla sui prezzi immobiliari, i consumatori si sono indebitati troppo: trattasi del consueto "effetto ricchezza", dato dall'illusione di essere diventati più ricchi potendosi offrire crescenti garanzie patrimoniali al credito, che sfumano non appena la droga dei consumi a debito pone le banche di fronte all'esigenza di rientro. Un effetto che spinge a comportamenti fortemente prociclici (cioè che ascuiscono le difficoltà determinate dalla mancata crescita, equilibrata e distribuita, dei redditi), laddove il tipo di mercato del lavoro e l'insufficienza del sostegno pubblico alla domanda, lasciano i cittadini in balia delle leggi della domanda e dell'offerta su posizioni di indebitamento che non coprono più neanche la restituzione degli interessi (ciclo Minsky, ben noto, ma altrettanto pervicacemente ignorato).

8. Se negli USA la situazione apparirebbe meno problematica, agli occhi dei citati commentatori britannici, è solo perché in quella sede l'effetto ricchezza, per gli strati intermedi della popolazione (comunque in drastica diminuzione numerica), è alimentato dai titoli finanziari in cui investono
Ma il fenomeno concreto di insufficienza della crescita delle retribuzioni reali accomuna entrambi i paesi, UK e USA, restituendoci l'immagine di una situazione di redditi, originati dall'economia reale e non dalle bolle finanziarie, che non consente di nutrire fiducia sulla capacità di restituzione dei crediti, divenuti sempre più sub-prime, a livelli pari se non superiori a quelli del 2008. Ponendo delle angosciose prospettive sulla tenuta del sistema economico mondiale. 

http://www.mybudget360.com/wp-content/uploads/2015/09/subprime-lending.png
http://blogs-images.forbes.com/michaellingenheld/files/2015/01/33.jpg
http://www.mybudget360.com/wp-content/uploads/2015/09/091015-DRE-Student-and-Auto-Loan-Debt-Chart1.png
9. Da qui si può vedere come vanno le cose: in UK, nel 2015 si sta cercando di correre un pochino ai ripari, e la correlazione tra crescita delle retribuzioni reali (comunque attualmente "quasi" al livello del 2007) e tasso di disoccupazione, conferma la curva di Phillips:
http://blogs.reuters.com/macroscope/files/2015/09/gateway1.jpg
E questo è quello che accade quando Cameron ripensa le politiche di sostegno alla domanda fatte subito dopo la crisi del 2008:
 http://bilbo.economicoutlook.net/blog/wp-content/uploads/2011/09/UK_public_spending_nominal_real_1997_2015.jpg
e quindi si abbandona a politiche sul solo lato dell'offerta:
https://cdn.americanprogress.org/wp-content/uploads/2015/01/LaborMarket_dec14_fig8.png
10. Questa è la situazione "salariale" comparata con gli USA, laddove la distribuzione degli aumenti di reddito mostra tutta la drammaticità del problema di "solvibilità, quando i debiti dei consumatori aumentano (come abbiamo visto nei grafici più sopra) ma non i redditi reali:
http://ftalphaville.ft.com/files/2014/04/RealWagesChart-590x457.png
11. Il consumo a indebitamento di massa non è mai una soluzione strutturale, mentre si registra una sovra-capacità produttiva mondiale che rende tutti questi debiti - e la montagna di derivati su essi costruita- una bomba ad orologeria, su cui le considerazioni sul lato dell'offerta (industriale e bancaria, italiane) svolte da Visco - che essenzialmente si preoccupa della massa di obbligazioni bancarie emesse in Italia tra il "1996 e il 2011!-, cioè su condizioni finanziarie tipiche del lato dell'offerta, appaiono insufficienti a indicare qualsiasi effettivo rimedio. O prospettiva di salvezza.




41 commenti:

  1. Pare di capire, in sostanza, che la "loro" soluzione sia quella di ripetere l'errore sperando che non si ripetano le conseguenze.
    Perversione allo stato puro......

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    1. Magari si può non essere Einstein, ma almeno si possono ragionevolmente considerare i suoi aforismi:
      "Follia è fare sempre la stessa cosa e aspettarsi risultati diversi"

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  2. Il tutto mentre la Russia, attaccata anche sul piano delle sanzioni internazionali da tutto l'Occidente ordoliberista, ha annunciato un piano anticrisi con supporto ai settori più in difficoltà o prioritari e misure sociali (http://www.firstonline.info/a/2016/01/28/russia-piano-anticrisi-da-9-miliardi/fb38a199-fc04-4ffa-a93a-32618df4c079)e pensa di convertire i mutui contratti in valuta estera in rubli dopo le recenti manifestazioni.
    Orban, in Ungheria, lo ha già fatto da tempo (http://www.iconicon.it/blog/2014/11/orban-stop-alla-speculazione-ue/), altro che bail in. Fascisti e cattivi Orban e Putin!

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    1. e potrebbe persino farcela, come Orban, se condideri che l'importazione di macchinari e beni capitali sia un capitolo "sospeso" e sfruttano know how disponibile...

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    2. Ho un amico ingeniere aereospaziale che ha lavorato spesso con ingenieri russi e mi raccontava che i russi lavorano e fanno ricerca molto di piú su base empirica che teorica con un discreto vantaggio. Rispetto allo zio sam.

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  3. Direi che l'eurozona è "finalmente" in linea con il resto del mondo.

    Resta salva solo la resistenza eurasista.

    Mentre le politiche malthusiane in Africa e nel sud-est asiatico (che hanno esacerbato il sovrappopolamento...) si apprestano a diventare utili alla distruzione dell'Europa tramite la migrazione di massa, le élite continuano nel loro lavoro certosino di perfezionamento eugenetico della razza umana.

    La guerra dell'oppio impazza.

    Ma perché chi ha potere economico e politico sta riducendo in questo modo l'umanità?

    Certo, per sentirti nobile quando in realtà sei una bestia, devi ridurre il resto dei tuoi simili a quello stato subumano così ben rappresentato dai role model che passano per la TV. Sale l'autostima anche ai cani che vanno a fare i loro bisogni nel giardino di casa mia.

    Come capirono i primi ingegneri sociali, il modello elitista di società tecnologicamente avanzata passa in primis dalla distruzione delle fondamenta culturali che sono alla base dell'Etica.

    In questo, il buon Lyndon - in bilico tra cospirazionismo britannico e brillanti inuizioni - si riscopre "goofysta":

    «Ad una guerra culturale occorre rispondere con una soluzione ugualmente culturale. Lo sta facendo lo Schiller Institute, a cominciare dall’esecuzione davanti a oltre mille cittadini del “Messia” di Haendel, suonato da un’orchestra con l’accordatura voluta da Giuseppe Verdi. Questo genere di rilancio completo della classicità è una delle più potenti armi con cui possiamo ispirare ed emancipare una popolazione finora abbrutita e demoralizzata da un secolo di attacchi britannici, cominciati con il progetto “culturale” di Bertrand Russell, H. G. Wells e Aldous Huxley»


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    1. Camille Paglia probabilmente la conosci già. Ma in questo dialogo non perde un colpo (al di là del contesto che non pare in grado di apprezzare pienamente il riferimento al "liberalismo umanitario"):
      http://blog.ilgiornale.it/rossi/2016/01/27/la-lesbica-anti-gay-camille-paglia-e-il-coraggio-della-liberta/

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    2. Ci sarebbero un paio di riflessioni da fare...

      Il liberalismo appare sempre più evidentemente come sovrastruttura naturale dell'ordine capitalistico post-medievale: monoteismo della modernità.

      Son sempre più dell'opinone che i socialisti - intesi nell'accezione "bassiana" di coloro che lavorano attivamente per l'effettiva socializzazione del potere - hanno iniziato ad essere contaminati dal parassitismo religioso liberale quando sono diventati "sinistra". Ovvero quando sono andati progressivamente ad occupare l'area del Parlamento riservata ai liberali storici.

      (Quanto sarebbe importante far risorgere la Filosofia classica morta con Hegel...)

      Qualsiasi persona mediamente alfabetizzata può riconoscere l'assurdità delle premesse epistemologiche del liberalismo, sia dal punto di vista di porre "l'astratto individuo" al centro delle riflessioni politiche (un controsenso talmente palese che lascia senza fiato) sia nel processo di ipostatizzazione della "libertà" che diventa "bene assoluto"... nonostante per definizione nasca come diritto limitato. Questa è una tale enormità che non può essere spiegata se non con la semplice equivalenza Libertà == Potere.

      Il liberalismo è la filosofia dell'assolutizzazione del Potere. Un Potere che non deve ammettere più neanche il rovescio della fortuna in guerra: ovvero una teocrazia assoluta, illimitata nello spazio e nel tempo. Tra lo schiavo e il Padrone deve esistere un invalicabile meccanismo, tecnocratico, artificiale, ma che - essendo un Dio nicciano il creatore - diventa a tutti gli effetti naturale: la Legge. Questa Legge separa "naturalmente" il terreno dal celeste. Fino alla morte.

      Infatti qual è la prima libertà che deve essere assoluta, deregolamentata? Quella del mercato. Ovvero quella del potere economico.

      L'ordine naturale, essendo in realtà il mercato un'istituzione umana, quindi artificiale, deve essere scardinato. La conseguenza è diretta: tutte le gerarchie naturali vanno scardinate.

      L'ordine è per definizione gerarchia.

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    3. Liberals...

      Vietato vietare, ovvero deregulation, ovvero fine dello Stato di diritto.

      L'uguaglianza sostanziale diventa "egualitarismo", nell'accezione di uguaglianza formale¹.

      Qual è l'unica gerarchia che viene cristallizzata e sacralizzata: quella sociale. Quella che rende imperituri i rapporti di forza: la perpetuazione del Potere.

      Orwell sta ad Huxley come Kalecki sta a Keynes: vedono il medesimo oggetto da classi sociali diverse.

      Se l'ingiustizia sociale deve essere giusta, l'artificiale deve essere naturale, allora due più due può essere uguale a cinque, ma anche a tre o a qualsiasi numero che viene dato rispetto ai risultati economici proclamati sui media.

      Lo schiavo da trasformare in batteria umana deve sapere di sapere.

      Per scardinare l'ordine naturale, che è comunitarista e solidale, l'etica del parassita viene iniettata come un batterio (pop) nell'ospite. Lo schiavo ragiona come il padrone, ragiona come un predatore pur essendo preda.

      Consegue la dialettica priva di sintesi sociale dei liberals con i conservatives: vogliono il medesimo oridine sociale.

      Quindi tutti a discutere sulle libertà civili... che sono strumento di schiavitù sociale. Il libero mercato esige lo scardinamento di tutte le gerarchie naturali, sostituendo la Natura come regolatore demografico. Oltre l'uomo: il banchiere si fa Dio.

      (Potere è Piacere: è vero che le nazioni vengono imposte dall'alto, ma l'identità può essere manipolata a piacimento solo dal padrone: così come l'identità di genere)

      ___________________
      ¹ Si può anche metafisicamente - ovvero logicamente - dimostrare come l'insistere sull'uguaglianza formale necessariamente implichi la progressiva disuguaglianza sostanziale: in natura non esistono oggetti che siano contemporaneamente identici nella forma e nella sostanza, si confronti con il principio di identità degli indiscernibili delle monadi di Leibniz.

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    4. @Bazaar
      "Come capirono i primi ingegneri sociali, il modello elitista di società tecnologicamente avanzata passa in primis dalla distruzione delle fondamenta culturali che sono alla base dell'Etica".

      Non so se esista un corrispettivo filosofico, ma il sottoscritto considera l'etica come l'ottava superiore della morale: laddove infatti la morale viene dettata da motivi d'ordine preminentemente sociale e collettivo - variabili nel tempo e condizionati da elementi tendenzialmente contingenti - l'etica prevede la piena assimilazione coscienziale di un iter comportamentale, il quale si domandi, di volta in volta, cosa sia moralmente corretto e dunque propriamente etico per l'essere umano integrale: potremmo dunque altresì dire che se la morale ha in vista il generale e il collettivo, l'etica persegua l'universale. Esempio è il noto comportamento di Socrate, il quale non respinge la morale ateniese, eppur persevera nell'etica immortale che scorge in se stesso; oppure la vicenda tradizionale giapponese dei 47 ronin, i quali vendicano il loro signore secondo il codice del Bushido, ma compiono poi seppuku secondo le leggi sociali che lo richiedono.
      Non dev'essere un caso se la morale possa decadere a moralismo, mentre riesce difficile scorgere gli estremi di un "eticismo". Di fatto, caratteristiche variegatamente moralistiche vengono esibite e nutrite nel castello strutturale europeista, per rassicurare la parte emozionale dell'essere umano che il sentiero intrapreso non sia affatto immorale. Però nei fatti non è etico, ma se non ci si pone il problema di “ragionare” in termini etici, non se ne scorgono i tratti, pertanto può rientrare nei termini dell’umanitarismo l’accogliere un siriano e farlo lavorare per un euro all’ora (così com’è umanitario offrire l’obolo al mendicante all’angolo: non gli risolvi il problema, ma vuoi mettere con l’autogratificazione che ricavi!)
      Concordo appieno coll’accezione di “egualitarismo” (è un termine che mi son trovato ad impiegare spesso anch’io, ultimamente).
      Aggiungo come in alcune lingue orientali non esista il termine di “libertà” e nemmeno quello di “materia”, il che la dice lunga; accennando a un fuori pista d’ordine metafisico, il sufi Al-Ghazali affermava che perfino il tanto decantato “libero arbitrio” umano altro non sia se non uno scegliere su scelte già compiute. Qualcuno, ad esempio, sceglie il sesso d’appartenenza e manifestazione? (recentemente, in effetti, si cerca di farlo…). Ma vorrei spingermi oltre: chi o cosa ha deciso che l’uomo debba avere due occhi, un naso, dieci più dieci dita e così via? Siamo talmente identificati con queste apparenze da credere di poterle modificare a piacimento, senza sapere nulla di ciò che, ontologicamente, le determini.
      Per il resto, sei un fiume in piena, e una dissertazione esaustiva meriterebbe molto più spazio e tempo.

      @Quarantotto
      Grazie per la segnalazione di Camille Paglia, che non conoscevo. Segno evidente che l’intelletto può ancora liberarsi dai luoghi comuni della propria condizione esistenziale, comunque transeunte, conducendo esattamente una profonda e indipendente riflessione sui medesimi, senza volerli invece affrancare proiettandoli come realtà universali (il che è operazione di mero colonialismo culturale, analogo nel senso ad altrettanti colonialismi d’ordine economico, sociale e materiale; come dice il vecchio adagio: cambiano i suonatori, ma alla fine la musica è la stessa – recentemente potremmo suggerirne una variante: cambia anche la musica, ma restano identiche le finalità); il che offre maggiori possibilità di comprendere ciò che è effettivamente “umano”, a prescindere dalle differenziazioni individuali distribuite dalla sorte.

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    5. Sì, Bazaar è un fiume in piena di spunti. Il suo eclettismo (delle fonti e delle induzioni sintetiche che ne trae) impone (sempre che trovi il tempo) che presto farà una raccolta sistematizzata dei commenti più importanti, al fine di non disperderli (che, per me, è un peccato...). :-)

      Una postilla: se sul piano "scientifico", diciamo quantomeno piscologico e filosofico, la distinzione tra etica e morale (tra l'altro molto studiata in teoria generale del diritto), ha un senso, bisogna fare molta attenzione quando ci si cala nelle tattiche di controllo sociale neo-liberiste (o ordoliberiste, a loro volta, a fronte impronta cristiana).
      Dico solo che, dopo Maastricht, ai paesi che dovevano "emendarsi" della colpa del debito, fatto coincidere ovviamente con corruzione-evasione-sprechi-Statobrutto, è stato tutto un fiorire di "codici etici" (per i sottoposti), imposti dalle oligarchie ri-gerachizzate su scala sovranazionale, per rafforzare sensi di colpa, nonché di richiami all'etica (implicando la superiorità individualista protestante) come libertà riconquistata da dedicare ai "mercati".

      Appropriarsi del linguaggio per imbrigliarlo e limitarne la capacità descrittiva e analitica del "reale" è un tipico espediente orwellian-oligarchico (come, appunto, gli aiuti di Stato per i furbi, naturalmente "etici", e von Hayek per "fessi").

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    6. In linea di principio per i fondamenti etici vale paradossalmente il "Trilemma di Munchausen": ovvero uno dei paradossi principali che impegnarono Socrate nella dialettica con i sofisti e la degenerazione eristica.

      Ovvero il "Trilemma di Munchausen" è alla base del relativismo etico.

      Sto leggendo con attenzione le drammatiche riflessioni della Arendt in "Alcune questioni di filosofia morale", tratte da lezioni che coronano la ricerca di una vita sull'apparentemente incomprensibile tragedia novecentesca.

      Tutto ciò che è morale religiosa non la categorizza neanche come filosofia morale: ovvero le riflessioni di Spinoza non le considera filosofia morale.

      Se con la "banalità del male" prosegue e perfeziona la sue intuizioni sulla "radicalità del male" dei totalitarismi, in queste lezioni - a freddo - lontana dalle polemiche, fornisci spunti veramente interessanti: ad iniziare dal termine Legge che, se intese come legge naturale - nell'accezione "scientifica" - è una necessità, mentre in senso morale, normativo, è un obbligo.

      Al di là del codice linguistico, che trascende il puro nominalismo, un paio di osservazioni vanno fatte.

      Sto contestualmente leggendo in italiano la Repubblica di Platone: ciò che è socialmente naturale (ma non di per sé "necessario") viene limpidamente ammesso, nonostante fosse già allora contrario alla morale, ai costumi: la giustizia è l'utile del più forte.

      Fa pronunciare questa chiara e nitida verità a Trasimaco, che ne è cosapevole come chiunque sia parte dell' élite: Socrate si pone quasi come colui che ragiona su come risolvere "il conflitto sociale".

      Le parole sono essenziali, misurate e dirette a rispondere alle domande fondamentali. Non c'è nessun moralismo e nulla viene dato per scontato. Ci sono solo le uniche riflessioni per cui la vita merita di essere vissuta come essere dotati di autocoscienza.

      Tutto cambia con l'arrivo del monoteismo.

      Questa chiara, diretta, sobria onestà intellettuale diventa una forma aberrante di fanatismo: proprio come quello di liberali e libertari.... e torniamo a bomba.

      La manipolazione della morale al fine di controllo sociale, trova una ulteriore rivoluzione con la nascita dell'ingegneria sociale che è - appunto - direttamente collegata alla "democrazia idraulica".

      Perché?

      Perché il concetto hayekiano di democrazia "idraulica" è enunciato da un concetto politologico ben noto: quello di "guided" o "managed" democracy, teorizzata dai primi ingegneri sociali moderni: Walter Lippmann e Edward Bernays.

      Cosa voglio dire? Che la dissociazione cognitiva dovuta al "pop", al caos informativo e alla diffusione di sostanze stupefacenti, portano alle estreme conseguenze il lavoro di anestesia totale dello storico parassitismo monoteista.

      Per chiosare: quando sono sbarcati gli americani, è sbarcato Hollywood, e l'Occidente non ha avuto veramente più la possibilità di capire realmente cosa fosse successo durante la GMII.

      E, ringraziando la pazienza di Quarantotto, sto cercando di dare un ordine (e un supporto "scientifico" con "fonti") agli "spunti": so' sistemico ma non sistematico... :-)

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    7. 1a parte
      Indubbiamente la definizione di ciò ch’è morale agevola alquanto rispetto alla definizione di ciò che è etico, viepiù se si gioca attraverso la dialettica e la retorica sul senso dei termini. In questa accezione l’etica mostra d’essere una cosa viva, che non si accontenta d’una definizione, ma richiede un’esperire d’indagine coscienziale, il quale nemmeno si sazia degli immediati e più evidenti effetti; l’ “etica” protestante, nella sua formulazione più immediata, postula il successo come garanzia della benevolenza divina, perdendo tuttavia di vista che a quel compiersi concorrono anche elementi ben meno nobili della stessa, e che col tempo possono mostrare di possedere una maggiore “efficacia”: da qui a capovolgere del tutto l’assunto iniziale (1), ovvero che non sia Dio a benedir il successo, bensì lo stesso successo a significare la benedizione divina, il passo e la tentazione sono alquanto brevi: varrebbero a intendere come beneplacito divino l’astuzia sgradevole per cui il colpire alle spalle l’avversario porti a un più rapido e nitido successo. Peraltro, in riferimento all’eticità d’estinguere ogni debito, vi sarebbe da chiedersi in quali condizioni “etiche” sia stato imposto o maturato il medesimo (perché pure la mafia crea debiti), sicché anche qui il rischio di degenerazione in puro moralismo, avulso da ogni etica, è assai elevato (anche le dottrine militari più assennate prevedono la disobbedienza a un ordine considerato assurdo, tant’è che un membro dei SAS britannici considerò come uno degli atti più coraggiosi della prima guerra del Golfo la decisione presa da un suo collega di richiamare l’elicottero che li aveva scodellati in zona calda per ritornarsene indietro, poiché le condizioni constatate rendevano improbabile lo svolgersi della missione – e sappiamo come in certi ambienti una decisione simile possa additarsi ad essere incapacità o vigliaccheria, con la sopportazione delle previste conseguenze).

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    8. Metto una postilla, piuttosto perlessa però, anch'io: si menzionano "gerarchie naturali". Ma chi è che parla in nome della "natura", stabilendo chi sta sopra e chi sotto? E ammesso che si riesca a mettersi d'accordo su che cosa sarebbe naturale (certo i precedenti non sono molto incoraggianti), perché mai bisognerebbe obbedire a un qualche ordine solo perché è "naturale"?

      Citiamo proprio Camille Paglia (a cui mi pare che l'antologia di citazioni del Giornale non renda granché giustizia): dopo la frase "la natura esiste", compare quanto segue: "That is the norm. Our sexual bodies were designed for reproduction.
      Penis fits vagina: no fancy linguistic game-playing can change that biologic fact."
      Poi però: "However, my libertarian view, here as in regard to abortion, is that we have not only the right but the obligation to defy nature's tyranny. The highest human identity consists precisely in such assertions of freedom against material limitation. Gays are heroes and martyrs who have given their lives in the greatest war of them all.
      Fate, not God, has given us this flesh. We have absolute claim to our bodies and may do with them as we see fit. To develop and expand our sensory responses is a pagan strategy, reverent in its own way toward nature. Homosexual potential is in everyone, and evidence suggests that under the right circumstances it will out." (C. Paglia, Vamps and Tramps, Random House, N.Y., Canada, 1994, pag. 71). Il che è un discorso un po' diverso da quello che pareva leggendo solo l'articolo. Poi, se devo dirla tutta, non è che sia tanto d'accordo con quest'ultima citazione, anzi, direi ben poco, ma d'altra parte lo sono poco anche con quanto la precede.

      In conclusione: secondo me i costituenti avevano fatto un gran bene a tenersi lontani dal predefinire un modello di famiglia astorico valido una volta per sempre, affidandone l'evoluzione alla coscienza sociale. A causa della, mi pare, non urgenza rispetto ad altre questioni e dell’assenza di leggibilità democratica della società, penso che la questione, su cui sono evidentemente possibili punti di vista anche molto diversi, vada rimandata a tempi democraticamente più propizi. Poi se invece se ne vuole parlare, facciamolo pure; però a quel punto le differenze verrano fuori.

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    9. 2a parte
      Potremmo suggerire che la pienezza etica attenga e attinga all’elemento coscienza, ovvero la completa acquisizione delle nozioni e delle realtà che presuppongono al formularsi di un’etica, e che ciò vada di pari passo con l’esercizio di una responsabilità consapevole; in questo senso, qualsiasi strategia di controllo sociale non può affatto definirsi etica, benché se ne voglia dare nome e parvenza, in quanto non promulga alcuna assimilazione effettiva nella coscienza individuale, ma anzi si propone spesso come un suo sostituto, o addirittura tutore. Il caso recente del dipendente ATAC di Roma, il quale denuncia – eticamente – le dissonanze interne all’organizzazione lavorativa di cui fa parte e viene sospeso in virtù di un codice “etico” aziendale, mi pare un esempio paradigmatico: qui, per etica aziendale, dovremmo intendere le finalità precostituite che l’azienda intende perseguire, anche in ambito comportamentale (sicché anche l’ISIS verrebbe a possedere un’ “etica”…), il che alla fine si riduce a una mera dichiarazione d’intenti (peraltro suscettibili di modificazioni dialettico-interpretative). Ed anche nel caso in cui si debba fare i conti con una “dogmatica”, sarebbe etico e corretto l’indicare un itinerario coerente perché l’effettivo significato e pienezza del dogma divengano palesi nell’esperienza coscienziale diretta, ovvero attraverso uno sforzo liberamente scelto ed esercitato, ed orientato in quella direzione: quanto alla fine prova che il cosiddetto “dogma” si sia rivelato pienamente veritiero soltanto per coloro che hanno compiuto la fatica di renderlo vivente in se stessi, pertanto non più dogma (itinerario complessivo che sostanzialmente la Chiesa, come religione istituzionalizzata, ben si guarda dall’incoraggiare – vedere all’uopo una recente affermazione dell’attuale Pontefice: “La Chiesa deve riflettere la Luce di Dio” - la possibilità che esista una lampadina interna a ogni essere creato, non accendibile ad arbitrio ma nemmeno dalla altrui mano, circostanza peraltro evincibile dalle scritture stesse, nonché da molti dei primi padri, no? ..non più?), e come per costoro, i quali hanno reso vivente il dogma, non possa affatto esser possibile il sostenere che il dogma stesso richieda solamente un mero e passivo “credere” o aderire, o genuflettersi, atteggiamento che rimane suscettibile di suggestioni, interne quanto esterne, nonché manipolazioni e che, col tempo e l’imperfezione umana, diviene una sorta di vera idolatria a una semplice immagine proiettata, di qualunque ambito si tratti.
      Mi scuso per essermi dilungato, e forse in modo noioso, ma il tema suscita in modo specifico il mio interesse.

      (1) assunto peraltro affatto discutibile, come fu intuito sia da Einstein nell’affermare che “Dio non gioca a dadi”, quanto da Bohr nel rimproverargli di non “suggerire a Dio cosa debba fare”, ed egualmente da qualsivoglia mistico autentico che non si preoccupa di “conoscere” Dio in maniera così grossolana e strumentalizzabile.

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    10. @Bazaar: speriamo che le fonti attengano a diritto e economia. :-)
      La filosofia, per quanto illimitatamente profonda (sai com'è la mente, quando ci si mette ritaglia infiniti e illimitati scaffali dentro la libreria della "razionalità"), è per definizione molto più contendibile.

      In effetti, la trasformabilità polisemantica del linguaggio (che comunque ogni individuo ricava da un contesto storico-sociale transeunti e fortemente incidente sulla "precomprensione") conduce inevitabilmente al trilemma di Munchausen.
      Cioè, per "italiano-medio", alla infinita legittimazione a discutere il principio di gravità in base alla "esperienza personale", assunta come "dati"...
      E non vorrei mai su questo misero blog periferico, alimentare questa tendenza: l'effetto Dunning-Kruger mi era piaciuto molto.
      Sto..

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    11. Macché, tutto da rifare...! Ascolto ora per la prima volta, e in via del tutto casuale, la pubblicità d'un noto gestore telefonico, che enfatizza come i suoi servizi offrano l'incredibile "libertà di non dover scegliere". Ora, volendo semplicemente gettare l’occhio su di una via apparentemente parallela ma invero affatto antitetica al suddetto slogan, esiste un testo zen, lo Shi Jin Mei, che dice: "La Via perfetta non conosce difficoltà, esclude solo ogni preferenza"; talora la seconda parte viene tradotta come "esclude solo ogni possibile scelta", ma è evidente che si riferisca a un contesto metafisico-trascendente ove si giunge al superamento della "scelta" dopo averne sondato tutte le potenzialità e i limiti, cercando precisamente di discernere il senso effettivo dello "scegliere", ovvero esercitandolo in profondità, e non come semplice opportunità dettata dalla confluenza favorevole dell'arbitrio e della contingenza. Insomma, che si ritenga una scelta frutto della ragione ponderata, o una “non scelta” frutto d’una trascendenza intuitiva non gratuita, la mirabolante dichiarazione di cui sopra, invece, promette una libertà ch’è frutto d’un esercizio di deresponsabilizzazione pressoché completa, che trova la sua elementare applicazione cominciando dalle cose semplici (e figurarsi poi cosa poter “pensare” al riguardo di quelle più articolate…). Si ha un bel dire che si tratti soltanto di pubblicità, ignorando l'impatto subliminal/emozionale che la stessa mostra di possedere; siamo dunque all'ennesima presenza di una voluta tendenza a capovolgere l’elementare buonsenso delle cose: dalla libertà di poter scegliere (senza peraltro reale discernimento alcuno), alla libertà di non dover scegliere, la libertà d’imparare a saper scegliere (vetusta perché impegnativa, sicché coercitiva ed antiliberale) è stata ormai bandita e superata.

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    12. @Arturo

      Con "gerarchia naturale" ho inteso esattamente l'opposto di ciò che intendono appunto i liberali e - in gran parte - i conservatori classici e i tradizionalisti. Quindi non nell'accezione classica di immutabile master e slave (sopra e sotto). Ho usato la medesima locuzione appositamente.

      Con "gerarchia naturale" - "gerarchia" inteso come ordine e organizzazione sociale, non ovviamente in senso etimologico - potremmo anche rilanciare intendendo qualcosa di relativo alla "Tradizione", intesa come sguardo verso un passato a cui si ispiravano anche... i comunisti (cfr. anche le riflessioni di Corey Robin sul progressismo sociale che guarda... al passato): comunque da non mischiare con la "Tradizione" intrisa di moralismo religioso alla Blondet, che ignorando gli elementi minimi delle scienze sociali si rifà - guarda a caso - a Nieztsche e al nazismo...

      Ti dico esplicitamente il mio sospetto: gli elementi di totalitarismo nel leninismo blanquista non li considero peculiari squisitamente alla geostoria russa, ma ad una contaminazione modernista che nulla ha a che fare - a parer mio - con il progressismo sociale.

      (Questa credo che sia poi la grande differenza tra il leninismo e il riformismo rivoluzionario)

      Questo spezzare violentemente qualsiasi regola - norma comportamentale, etica - dell'individuo - "giusta" o "sbagliata" che sia, per quello che significano "giusto" e "sbagliato" - ma naturale in quanto normale rispetto al path culturale più prossimo, è funzionale a quello che credo sia anche oggi un progetto totalitario: una destrutturazione della psicologia individuale funzionale all'accettazione definitiva dei risultati dell'attuale controrivoluzione sociale.

      Identità nazionale e di genere devono essere compromessi? sull'identità nazionale è evidente, in una tirannia amministrata per macroregioni trovi il suo mezzo (scardinando l'identità di classe) ma anche il suo scopo: la Grande Società segmentata. Per la seconda, data l'esperienza dei recenti totalitarismi con particolare accento a quello nazista, questo sorosiano insistere sui genitori "uno e due" mi fa temere il peggio...

      Il punto dirimente è la questione sociale e le gerarchie tra classi e gruppi sociali che comporta: il problema storico dei diritti delle donne è stato effettivamente un problema politico di gerarchia sociale che - a differenza del disastro sostenuto dalle femministe - non ha nulla a che fare con il ruolo naturale di una generica tradizione europea.

      (Il diritto della Donna è di lavorare come l'uomo, o essere tutelata per lavorare diversamente dall'uomo? Il valore sta nel lavorare con pari dignità, o nel trovare dignità nella parificazione formale dei ruoli lavorativi?)

      (Sono quelli della "democrazia diretta" che credono che la "socializzazione del potere" si ottenga con una "assenza di gerarchia", intesa come assenza di ruoli e responsabilità in funzione di inclinazioni e competenze a cui andrebbe democraticamente o meno attribuito un "potere" determinato... ritrovandosi poi, grazie ai vari Lippmann, un analfabeta al ministero dell'istruzione)

      Un conto è l'uguaglianza sostanziale indipendentemente dal genere, da cui il suffragio universale o le tutele ad hoc, un altro conto l'uguaglianza formale come nel comunismo bolscevico: in "Cuore di cane" citato dal buon Poggio, viene fatta anche la satira di queste ragazze in divisa acconciate come maschi... in onore dell'uguaglianza.

      (Effettivamente ogni tanto la "filosofia" complica ciò che l'arte rende evidente)

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    13. Come giustamente si evince dalle argomentazioni della Paglia, un conto sono gli usi e i costumi (se vuoi un altro alias di "Tradizione") a cui anche il diritto si appoggia, e che quindi possono avere un valore in una discussione di carattere politico, un altro sono le libere scelte personali.

      La perversione del liberalismo pare proprio manifestarsi nel momento in cui si fa delle libere scelte personali un totalizzante problema politico: i costumi sessuali sono affari personali che non hanno di per sé valore politico.

      (Faccio notare che prima dell'imperversare dei monoteismi questi "costumi" non hanno mai coinciso - la Tradizione! - con "lo famo alla missionaria"...)

      In questo contesto sono più interessanti i "metadati" che i "dati".

      Non credo sia un caso che Pannella - di cui sai cosa penso - si definisse tra le altre "libertino"...

      Francamente a me del "dato" sulla questione dei diritti civili non ci trovo niente da dire: anzi, sono d'accordo con te che non è il momento per discuterne.

      Non solo perché ci sono tensioni sociali tali per cui, come lasci intendere, non ci può essere la lucidità necessaria in temi che toccano il profondo dell'emotività. Ma proprio perché è palesemente una "arma di distrazione di massa".

      Non è quindi un caso che della Paglia mi sia interessato solo ai "metadati": ovvero alla sovrastruttura liberale come necessario complemento della struttura sociale e dei nuovi rapporti di (non) produzione che si stanno venendo a instaurare.

      Se fossi un collaboratore di un "Lippmann", non solo mi impegnerei a fomentare il "divide et impera", come sappiamo teorizzato dai liberali classici come fattore di controllo sociale - antidemocratico - ma mi focalizzerei anche su quali "temi" propagandare in funzione di eventuali obiettivi politici.



      @Quarantotto

      So' "straussiano": gli "iniziati" alla filosofia sanno che se parla de' massimi sistemi ma in realtà se sta prendendo la misura de' Guelfi e de' Ghibellini. Non voglio trasformare questo lido di libera ricerca e discussione in un ritrovo New Age... :-)

      Le "fonti" sono parte del "gambo", "l'episteme", per quel mistero esoterico che è il sistema monetario internazionale... non vorrei mandare in crisi depressiva Alberto. :-)


      @Citodacal

      Parlando dell'etica protestante e dell'evidente inversione etica nella sua dottrina morale, arrivi a quello che è il "nodo" della modernità e del relativismo etico: il libero arbitrio. E ti rimando a Socrate e ai sofisti poco sopra...

      Ne abbiamo già accennato in questi spazi... e non vorrei essere bannato definitivamente dal blog...

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    14. @Bazaar: Ritengo che la contrapposizione tradizionalismo - antitradizionalismo, come ha detto a mio parere molto bene Lordon in questo articolo su Michéa, sia una "machine à faux problèmes." Pensare di imporre un segno di valore, positivo o negativo che sia, al corso della storia credo rappresenti un'illusoria scorciatoia concettuale e politica.

      Osserva anche Lordon, piuttosto banalmente, che le abitudini avranno sì una radice biologica, ma dipendono in non piccola misura da determinazioni sociali: ai contadini dell’Ottocento riusciva un po’ difficile darsi al libertinismo dopo aver passato la giornata nei campi. D’altra parte la sollecitazione di un desiderio mordi e fuggi è perfettamente funzionale alla flessibilizzazione della forza lavoro; niente però esclude che a chi flessibile non può essere vengano invece riproposti modelli d’antan: “L’uomo selvatico si segnala inoltre per un altro aspetto, certo sorprendente per la cultura di oggi, dove la salvezza viene sempre richiesta all’esterno, a Stati, ordini professionali, burocrazie, enti, cui si chiede appunto di occuparsi della “salvezza” delle persone, anche entrando in modo molto invadente nella loro vita (famigliare, sessuale, religiosa). Il salvadego, invece, l’uomo selvatico, “si salva” da solo (o almeno cerca di farlo). Non esclude naturalmente, anzi auspica l’aiuto di Dio, ma l’uomo personalmente in contatto col creato sa (questo insegnamento è parte centrale del sapere del mondo della selva –bosco - natura incontaminata) che deve darsi da fare per vivere. La volontà è indispensabile alla salvezza. Il selvadego deve impegnarsi a trovare il modo di farcela: questa è una sua precisa responsabilità.”

      Insomma, aiutati che il ciel t’aiuta, ma tienti lontano da qualsiasi azione politica collettiva o dal welfare: roba da femminucce. Questa citazione è tratta dalla prefazione de Il maschio selvatico 2 di Claudio Risè.

      Segue lunga tirata sui bamboccioni, allettati dal mito “della laurea per tutti” alimentato da una società votata a una produzione illimitata, che pure avrebbero poco di che lamentarsi: “Inoltre l’ancora oggi perdurante crisi economica ha provocato forte disoccupazione, ma non ha certo cancellato lavori manuali, agricoli, artigianali e di servizi anche tecnici per i quali continua ad esserci una buona domanda. Molti giovani però non vi rispondono, mentre queste opportunità di lavoro vengono volentieri accolte da persone di altri paesi.”

      Cari ragazzi, smettetela di studiare e frignare e andatevene virilmente a zappare la terra.

      Forse si capisce meglio in che senso parlavo di “illeggibilità”: in una società in cui il popolo è politicamente incapacitato, là dove la Costituzione lascia campo (parzialmente ma significativamente) libero alla storia, di un popolo sovrano però, manca un modello controfattuale. Questo non ci impedisce di denunciare le manipolazioni, per il loro formalismo ipocrita, la loro funzione pop-diversiva o un ulteriore allargamento della mercificazione; non ci consente però, almeno per come la vedo io, di sostituire le nostre personali preferenze a scelte ed evoluzioni che hanno una dimensione collettiva (questo per quanto mi riguarda vale anche per la misura di uguaglianza e differenza delle donne). Potremmo solo esporre considerazioni, intelligenti e apprezzabili finché si vuole, ma più adatte al dibattito politico che costituzionale. Leggerò comunque con interesse quel che scriverai: ça va sans dire. ;-)

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    15. @Arturo

      «non ci consente però, almeno per come la vedo io, di sostituire le nostre personali preferenze a scelte ed evoluzioni che hanno una dimensione collettiva» Lo penso anch'io.

      A livello "costituzionale" non mi meraviglia che non sia fissato un "modello standardizzato di famiglia": una famiglia "borghese" può darsi che assomigliasse a quello del Mulino Bianco.

      Gran parte dell'Italia contadina - forse ancora nel '48 - viveva in casolari dove i figli erano cresciuti secondo una tradizione "comunitaria". La famiglia come primo "welfare".

      Poi sai quanto naturalmente fugga da dogmi ideologi o da partiti presi.

      La discussione sulla sostanza dei diritti civili (i "dati") credo sia apolitica per definizione: è una questione etica. Di politico ci sono solo i "metadati": la forma, l'accidente.

      Di politico nei miei interventi - perché, se sto capendo l'insegnamento del buon Plato, la filosofia è la politica - c'è la "chiave" cognitiva che ho proposto:

      1 - il progresso sociale non necessita un "uomo nuovo": semmai viceversa.

      2 - l'eccellente definizione di Jeffrey Herf di modernismo reazionario, che guarda ad un passato mitologico (che non esiste!) che lippmannianamente giustifica il progresso tecnologico a fini di oppressione: archetipo di modernismo che si contrappone ad un progressismo sociale che guarda alla Storia per trarne i suoi insegnamenti. (Il segno di valore è tutta un'altra questione, spesso strumentalizzata dal conservatorismo: Strauss credeva alla "superiorità" degli antichi, e a leggere la Repubblica c'è anche da credergli: ma è un punto per definizione assolutamente irrilevante, non credo ci sia bisogno di sottolineare che si impara tanto dai traguardi quanto dagli errori).

      3 - con la scusa voltairriana che ciò che va contro la morale o la sensibilità comune non implica la tirannia della maggioranza - e si riconosce di conseguenza il "diritto civile" alla minoranza - il liberale impone il relativismo culturale.

      Quindi la democrazia sostanziale diventa la dittatura della maggioranza, la dittatura oligarchica diventa democrazia. Quindi la libertà è schiavitù e il free trade è pace.

      Se accetti che la dialettica nella fase capitalistica può essere ridotta alla pura contraddizione tra liberalismo e socialismo, converrai che i "diritti civili" in quest'ultimo non vengono fondamentalmente discussi: si danno per scontati.

      (Come si danno per scontati in Costituzione, art.3, ma transeat)

      L'unica battaglia che veniva considerata alla stregua della conquista dei diritti sociali, era quella per l'emancipazione femminile, per le analogie con l'oppressione causata dai rapporti di produzione.

      I diritti civili sono precipuamente un problema per i poveri cristi.

      Il problema rimane sempre e solo la miseria e l'ignoranza che questa impone. Basti pensare alla differenza di sensibilità verso le minoranze che si incontrano tra la colta e ricca città e la provincia.

      In una democrazia compiuta non ci sarebbeo mai stati neanche dei referendum sui diritti civili: ma è una mia opinione...

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    16. p.s.

      Di Michéa ho proposto recentemente una interessante "prefazione" di De Benoist in persona...

      E il filo conduttore che mi ha spinto a postare questi spunti di riflessione nasce dal lavoro di "propaganda" del blocco eurasista in funzione anti-atlantista. Ci sto lavorando. Da intuire è semplice, da comunicare è tutta un'altra faccenda... (Come quando l'Arendt faceva notare che "il lavoro del filosofo" era quello di "sbrogliare" le ideologie confezionate dagli ingegneri sociali, "i giocolieri della logica")

      È molto più semplice capire come le norme costituzionali siano state violate, che capire come ciò sia potuto rimanere sotto silenzio. Perché la "precomprensione"? Soprattutto: come fare perché ciò non si ripeta mai più?

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    17. Non c'è modo per impedire che si ripeta ancora.
      Ma forse c'è modo di rendere ripetibile un momento di riequilibrio quale fu la Costituente.

      Almeno si rifissano i paletti per un periodo abbastanza lungo da obbligarli a nuove strategie che mettano al lavoro gli intellettuali della elite; quelli che sono acquistabili un tot all'etto, una volta che la democrazia li abbia svalutati tremendamente e abbia così fatto sorgere, in loro, il rancore di non vedere (ap)prezzata la loro "genialità" egomaniaca.

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  4. Parlavo qualche giorno fa con un bancario, addetto alla gestione di patrimoni personali sopra X milioni di Euro (non proprio il risparmio di cui all'art. 47 Cost....).
    Mi diceva 1) del rendimento medio di tali patrimoni (anche qui, non proprio lo stesso rendimento dei risparmi di noi poveracci, che, in attesa della confisca per crisi bancaria, ci vengono remunerati con tassi effettivi negativi...) 2) che secondo la sua stessa banca, il futuro del credito sarà solo in piccola parte bancario, mentre il grosso del credito verrà erogati da soggetti non bancari, come i 'colossi' delle carte di debito/credito, o i 'servizi finanziari' di molte multinazionali (ad es. case automobilistiche o altri soggetti come Amazon da cui effettueremo il grosso dei nostri acquisti). Per molti aspetti il credito cesserà, quello commerciale sta già finendo: già adesso i fornitori delle piccole aziende si fanno pagare contestualmente alla fornitura della merce, e per converso si vedono ricomparire strumenti di credito assai primitivi quando non illeciti, come cambiale e assegni postdatati, che in molte zone d'Italia erano pressoché scomparsi.
    Chi vivrà vedrà, come sempre, ma nel nostro caso l'accento va posto sul "chi vivrà".

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  5. CUORE DI CANE, Собачье Сердце
    (OTC)

    Scorrere la lista degli assegnatari del Nobel per la pace e del Karlspreis – ultimo Papa Francesco - fa strani efffetti quanto una pellicola strana montata con fotogrammi senza sequenza, proeittata al contrario e sottosopra.

    Sono i tempi moderni - bellezza! -e nel ginepraio di questa storia, la candidatura della Grecia al prossimo Nobel per la pace pare non provocare particolari malesseri all’”uomo in pantofole con i’phone in mano” (© Baazar).

    Una logica sequenza senza neppure più l'emozioni del “naufragare dolce in questo mare”.

    Cosi è, se vi pare.

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    1. Il brutto è che così è anche se non ci pare. Specialmente se non ci pare: ma niente paura, quel che ci pare, ormai, è rigorosamente prestabilito a tavolino dai mercati etici (v.sopra).
      Salvo che, negli USA, la "facciata marmorea", dà qualche segno di cedimento (al momento senza esagerare, ma le cose possono cambiare in fretta dato il cumulo dei sub-prime...).

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    2. Sei un inguaribile ottimista.
      I rapporti S&P dettagliano la previsione di 2016 di un fantasmagorico crescendo (non si sa se rossiniano o una walkeriana cavalcata nelle finanza di Francoforte) della cartolizzazione USA (carte credito, prestiti "educatiuvi", mutui immobiliari e automobilistici ..) e della loro frantumazione nella "illibata" finanza creativa dei "derivati".

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    3. Собачье Сердце

      Sei un grande Poggio: ho appena visto il film originale russo, in russo, grazie alla mia dolce metà.

      Trapiantare il "cuore" (l'etica) di un delinquente dentro un bravo cane tramite una operazione chirurgica: un'altra parafrasi del batterio pop... l'essenza del totalitarismo.

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  6. Non vorrei che, come ultimo (?) regalo avvelenato del Potere, ci trovassimo a disprezzare i valori per cui dovremmo invece lottare.
    Quella che ci viene sottratta, ogni giorno, è proprio la libertà, attraverso l'incapacità di pensare correttamente innanzitutto, e poi attraverso una progressiva burocratizzazione della vita delle persone finalizzata alla loro "responsabilizzazione", id est colpevolizzazione sociale delle persone che osano volere essere libere.
    Proprio stamattina, sentivo l'intervista del Ministro del Lavoro sul "reddito minimo": in sostanza, i cittadini dovranno vendersi per Euro 320 / mese ("In cambio però queste persone dovranno aderire a un patto: mandare i figli a scuola, formarsi e, se gli verrà offerto un lavoro, accettarlo").

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    1. attenzione: 320 euro per una famiglia di 40 persone.

      Sono 80 euro a persona fino a 5 persone.

      praticamente la versione italiana dei food stamps americani. ma solo per un numero di cittadini prestabilito.

      Praticamente la misura necessaria a non costringere gli indigenti ad andare alla caritas per mangiare. nulla più.

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  7. Tre ulteriori spunti di riflessione che mi sono stati suscitati dalla lettura di post e commenti, sperando non siano troppo marzulleschi:
    * la democrazia come causa della necessità del Potere di nascondersi oppure come strumento creato ad hoc PROPRIO per nascondere la propria vera natura;
    * mi chiedo se, per moltissime persone (da intendersi anche nell'originario significato di maschera...), questo inferno che stiamo vivendo non sia in realtà il regime 'naturale', cioè che si confà veramente alla loro natura. Il rischio è, forse, di ostinarsi a ragionare in termini di pura convenienza di un sistema economico-sociale sull'altro, quando invece molte persone ritengono GIUSTO che la società umana sia una prevaricazione del forte sul debole. Per continuare il discorso di Bazaar, la natura di predatore non viene meno per il fatto che nella catena alimentare il predatore sia anche preda. Per venire meno la natura di predatore, occorre adattare la specie a nutrirsi di altri cibi;
    * la tecnologia rende finalmente possibile quello che è sempre stato presente nell'animo del burocrate: il controllo totale, ossessivo, umiliante, la possibilità di torturare il prossimo come un gatto che giochi col verme fino a farlo a pezzi. Oggi, è praticabile, a basso costo e con notevoli economie di scale, ogni forma di regime totalitario.

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    1. Credo che Bazaar col riferimento ai depredati che si credono predatori si riferisca a una tecnica di controllo mediatico-culturale del neo-liberismo, che previne, (abilmente, non c'è che dire) il riacutizzarsi del conflitto di classe (cioè della reazione dei predati, certamente, pur essa, frutto del risveglio della natura predatoria insita in tutti gli esseri umani: in diversi gradi e, naturalmente, gerarchizzabile proprio con tecniche di ingegneria sociale).

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    2. non credo che l'uomo sia predatore, comunque è un dato su cui si discute tuttora. Certo è un animale da branco, con tutto ciò che ne consegue, compreso il fatto che quando viene meno la struttura sociale di base (sostanzialmente, la tribù) saltano anche equilibrio psichico e consapevolezza.

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  8. Sono ammirato ma affranto dalle tante e brillanti analisi sulla drammatica storia che rappresenta lo sfondo di questa € TRAPPOLA... per topi a cui pian piano vogliono farci assomigliare, soprattutto per la relativa fine. Vi inVito a valutare questa "estensione" del "programma Juncker" cui "ESSI" mirano, così come ipotizzato dall'ottima Lidia Undiemi in questo recente articolo: http://www.lidiaundiemi.it/2016/02/la-verita-sul-crollo-dellue-prepariamoci-al-peggio/ nonché a esprimerVi su questo meno recente spunto di fine 2015 http://www.liberoquotidiano.it/news/politica/11861938/antonio-socci-angela-merkel-unione-europea-porcate-germania.html#.VniHSnXjUso.facebook che personalmente ho definito "LE #PORCATE DELL'EUROPA #TEDESCA DELLA #MERKEL SULLO SFONDO DELLA #FALSEFLAG "PIÙ #EUROPA". Con infinita riconoscenza a Orizzonte48 per avermi permesso di comprendere la rotta ove navigare, come un faro notturno nella tempesta, onde evitare (debbo sperarlo con ogni mia forza) quello che LBC definisce mirabilmente MAELSTRÖM, augurandomi che noi tutti ci si riesca a salvare come accade al pescatore del racconto di Edgar Allan Poe (1833 - A Descent into the Maelström), senza peraltro riportare troppi danni psicologici e fisici come invece accade al superstite nel racconto, e nondimeno danni economici.

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    1. Conosco l'articolo di Lidia e...concordo in parte. Quel tipo di governance (interogvernativo) c'è sempre stato ed è programmatico, proprio nei suoi effetti cumulativi.
      Credo che la prospettiva del TTIP lo confermi appieno: la vincolatività di un tale trattato per gli Stati aderenti era stabilita fin da Maastricht. E, in fondo, la Brexit conferma che i nodi vengono sempre al pettine. Come le stesse teorie, tutte portate avanti ALL'INTERNO dei trattati, della Venice Commission.
      Rammento che il TTIP è il "limite" per superare l'euro ATTUALMENTE accettato dagli USA: cioè purchè si faccia un accordo di cambio (fisso) sul dollaro.
      Nel frattempo, "spazzolare" (le costituzioni del welfare): nel senso di "sweep away".
      I tedeschi sono semi pronti, là l'ordoliberismo è religione di Stato da anni; noi ci stiamo attrezzando. Sgangheratamente, come quando si accettò di entrare in guerra a fianco della Germania (come evidenziò Caffè).

      Non è ancora tutto perduto, ma certo non ci manca molto, considerate le risorse culturali di cui dispone l'attuale "classe di governo"...

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  9. Ciao Quarantotto voglio continuare a sperare al di là di qualsiasi ragionevolezza. Di cosa abbiamo bisogno? D'intellettuali disorganici al potere che creino fra loro un tavolo interdisciplinare permanente, che il loro sapere discenda all'inizio come un rivolo d'acqua, che poi si trasforma in un ruscello di montagna ed infine si tramuti in un maestoso fiume che scende verso il mare. Fino a che c'è ancora la Costituzione nulla è perduto, essa deve essere la nostra linea di difesa e contemporaneamente il nostro punto di partenza e di rilancio.
    Poi Quarantotto lasciamelo dire visto che sono dal primo giorno ospite della tua dimora del Sapere, che la tua casa è ricca e sfarzosa, come poche ce ne sono, sempre intellettualmente s'intende.

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    1. Non dirlo a me del tavolo interdisciplinare permanente...Purchè sia affidabile e qualificato (se no finisce di male in peggio) :-)

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  10. scusi se la faccio tornare su un vecchio post e se forse l'intervento e' fuori luogo. Le volevo chiedere se in un certo senso gli effetti pratici del passaggio più antipatico della normativa sul bail in "il prelievo forzoso" non sia semplicemente l'introduzione in una norma della "consuetudine" già ieri in atto, ma strategicamente da sempre falsificata agli occhi del cittadini, ovvero l'uso distorto del deposito irregolare trattato quale prestito al di la della rappresentazione documentale rilasciata al correntista.

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    1. L'intervento è OT, ma è interessante.
      Ne parlavamo recentemente con un collega: talora il deposito irregolare è funzionalmente (sostanzialmente=casualmente) tale, perchè corrisponde a un risparmio precedente effettivo del depositante (cioè quel denaro è di sua proprietà, al netto dell'esistenza del sistema bancario).
      Talora, non è così, come quando il deposito deriva da una precedente apertura di credito, disponibile su apposito conto corrente.

      Nel bail-in queste due ipotesi (ben diverse; nel primo caso, si attacca un risparmio effettivo; nel secondo si ha un sostanziale rientro anticipato a prescindere da qualsiasi indice di insolvenza del debitore, che è generalmente un'impresa).

      In ogni caso ho distruzione o disicentivo del risparmio: per il risparmiatore "effettivo", di quello stockato e dato (ormai incautamente) alle banche.
      Nel secondo, disicentivo e preclusione di quello futuro dell'impresa, in quanto privata dei profitti relativi al ciclo di investimento definanziato: quindi, impedisco l'accumulo della parte di reddito non consumato (nei costi diretti) che sarebbe servito a ripagare la linea di credito.

      Tutti questi sono corollari della trasformazione de facto (non de jure) del deposito irregolare quale imposto dalla disciplina europea; e il loro effetto è un'escalation di insolvenze in situazione già precaria.

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    2. Manca la conclusione di un periodo: "nel bail-in queste due ipotesi (adde) ben differenziate, ricevono lo stesso trattamento"
      Sul punto, abbstanza complesso sul piano economico-finanziario v.
      http://orizzonte48.blogspot.it/2013/08/lezioni-da-cipro-moral-hazard-sopra.html

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    3. La ringrazio per la risposta. Volevo anche dire che forse la norma "per quanto riguarda il prelievo forzoso" sembra portare con se delle possibili conseguenze negative per il correntista che altrimenti non vi sarebbero ma che in realtà sono già implicite nella tipologia di contratto che suo malgrado ha stipulato con la banca, contratto che anche se può sembrare di deposito irregolare stante la presenza in cifre del tal deposito sulla documentazione bancaria rilasciata al cliente in realtà e' di prestito di quella somma alla banca con vincolo di restituzione “cioè è fin dall'origine la consegna e quindi l'auto-privazione di quelle somme per consegnarle alla banca affinché le investa dove crede con l'augurio che questa abbia la prudenza di tentare di riportale a casa”. Quindi nell'ottica di falsificazione della realtà di cui spesso Lei ci parla, tale manovra mi e' sembrata il tentativo, riuscito, di far "digerire" giuridicamente una stortura del sistema del risparmio attuale, che a fronte di un soggetto che intende detenere la propria' liquidità' presso un luogo “sicuro”, abbiamo invece di fatto un prestito di tali somme deciso unilateralmente ma molto poco dichiarato, tanto è vero che la norma sembra imporre un prelievo forzoso ex post quando in realtà tale prelievo e' già avvenuto fin dall'origine. Forse sbaglio punto di vista ma gli effetti del bail-in sugli azionisti della tal banca non mi sembra risultino essere particolarmente deprecabili dal cittadino “investo = rischio” anche se di fatto lo stesso schema contrattuale lo ritroviamo anche nel normale deposito da correntista.
      Non le chiedo di rispondermi vista la poca pertinenza al post, mi riservo, se posso, di farle qualche altra domanda se ritornerà sull'argomento in futuro. grazie

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