domenica 11 dicembre 2016

L'INVESTITURA. LA CONTINUITA'. IL DECRETO

"...bisogna impedire qualunque interpretazione che un giorno possa far pensare a sovranità trasferite o comunque delegate. Ecco perché al termine «appartiene», come pure al termine «emana», preferisco il termine «risiede».
Gli organi attraverso i quali la sovranità e i poteri si esercitano nella vita di un popolo, sono organi i quali agiscono in nome del popolo, ma che non hanno la sovranità, perché questa deve restare al popolo. Ecco perché è preferibile il termine «risiede» in confronto a quello di «appartiene».
Quell'«emana», originario, dà il senso di una sovranità che si può trasferire agli organi i quali la esercitano; quell'«appartiene» dà un senso di proprietà; mentre il termine «risiede» consolida il possesso; non la proprietà. Il popolo, cioè, rimane possessore di questa che è la suprema potestà democratica.
Può sembrare una sottigliezza, ma sottigliezza non è. La verità è un'altra. Esistono fra gli uomini due categorie di persone di fronte ai problemi costituzionali: quelli che credono nelle Costituzioni e quelli che non credono nelle Costituzioni
Per quelli che non credono nelle Costituzioni, cioè che pensano che il giorno che avessero la maggioranza farebbero quello che vogliono, un'affermazione di principio può sembrare una sfumatura, e non ha importanza; ma per coloro che, come me, credono profondamente nelle Costituzioni e nelle leggi, ogni parola ha il suo peso e la sua importanza per il legislatore di domani.
Noi ci dobbiamo preoccupare del documento che facciamo, guardando verso l'avvenire, cioè dando norme sicure ai legislatori di domani, in modo che la volontà di oggi non possa essere violata per improprietà di linguaggio, voluta o non voluta che sia." 
(Dai lavori dell'Assemblea Costituente: intervento dell'on.Lucifero nella seduta del 22 marzo 1947)

1. Nell'evidenziare la sua perplessità su quello che definisce "il trenino di Pisapia", Stefano Fassina, sull'Huffington Post, fa un rapido (e nitido) riassunto della linea politica rivendicata dal presidente del consiglio dimissionario, indicando come ogni ripensamento o critica di tale linea sia assolutamente escluso in partenza da parte della c.d. "sinistra" coinvolta in qualsiasi livello di governo:
"È stato, per autonoma determinazione, proprio il Pd a volere e a rivendicare orgogliosamente, anche domenica notte nel discorso del commiato del presidente del Consiglio: il Jobs Act e la cosiddetta "buona scuola"; la legge per le trivelle facili e l'assoggettamento del sistema radio-televisivo pubblico all'esecutivo; una politica economica neo-liberista, mix spregiudicato di misure supply side per le imprese e laurismo prima di ogni passaggio elettorale; l'eliminazione della Tasi per tutti; il condono fiscale nell'intervento demagogico su Equitalia; i tagli espliciti e mascherati alla Sanità pubblica; l'esaltazione del Ceta e del Ttip". 

2. L'attuale incarico per la formazione di un nuovo governo, pare obiettivamente intervenire a confermare questa analisi; svolta da Fassina ma non solo: se non altro, nell'ambito della sinistra di governo, era stata, ancor prima, compiuta anche da Prodi, in occasione della sconfitta alle elezioni amministrative, come abbiamo visto nel precedente post ("Ci siamo illusi che la gente si rassegnasse a un welfare smontato a piccole dosi, un ticket in più, un asilo in meno, una coda più lunga...Se non cambi le politiche, il politico cambiato invecchia anche in un paio d'anni...").

L'attuale incarico, constatata l'indisponibilità delle varie forze parlamentari ad un governo di vasta coalizione, infatti, si appunta su un esponente del precedente governo che esprime una precisa connotazione: quella di una forte continuità con la linea del governo dimissionario, e, anzi, un'inclinazione ancora più marcata all'€uropeismo inteso come cessione di sovranità (che la Costituzione dice appartenere al popolo e che non può essere delegata, e tantomeno ceduta, da coloro che ricavano la loro legittimazione dal voto popolare e che, comunque, esercitano le loro funzioni avendo giurato di rispettarla).
3. Le ragioni che conducono alla nascita di questo nuovo governo e a questo (re)incarico sono state esplicitamente indicate dal Capo dello Stato nella sua dichiarazione finale al termine delle consultazioni e risultano sostanzialmente due:
a) quella principale, che peraltro emerge solo al termine delle consultazioni stesse, e che oggettivamente prescinde dall'attribuire ogni rilevanza alla volontà popolare espressa a larga maggioranza nel referendum, che non viene neppure menzionato: "Il nostro Paese ha bisogno in tempi brevi di un governo nella pienezza delle sue funzioni. Vi sono di fronte a noi adempimenti, impegni, scadenze che vanno affrontati e rispettati. Si tratta di adempimenti e scadenze interni, europee e internazionale"
b) quella già espressa in "prima battuta" e che, nel corso dell'evoluzione della crisi, diviene solo "concomitante" e, per il suo contenuto, anche secondaria, visto che l'investitura ritenuta legittima in base al punto a) è estremamente estesa: "armonizzare le leggi elettorali prima del voto".

Sommando queste due ragioni di "investitura", è agevole ricavare che non sarà solo il varo di una legge elettorale "armonizzata" la mission di questo governo, ben potendo gli "impegni europei" giustificare la sua permanenza fino alla scadenza della legislatura.
Rammentiamo infatti che (pp.2.1-3) la presente situazione di redde rationem bancario, che può diventare l'epicentro di una crisi finanziaria mondiale, si sarebbe egualmente manifestata in ogni suo elemento: anzi, probabilmente anche prima, perché, in assenza di una scadenza referendaria in cui il governo "deve" sostenere col consenso la propria proposta,  si sarebbe giunti più rapidamente a chiarire che, per MPS, così come per le altre situazioni di bilancio di altri istituti bancari italiani, la situazione non è risolvibile dal "mercato" e che si arriverà al sacrificio degli obbligazionisti, (gli azionisti hanno visto e vedranno praticamente azzerati i loro valori), e, successivamente, dei depositanti. 
Con, inoltre, il passaggio del controllo del sistema bancario nazionale in mano a "investitori esteri", a prezzi stracciati, accompagnato dall'espropriazione accelerata del patrimonio immobiliare delle famiglie e degli assets aziendali delle imprese strozzate dal credit crunch e dall'austerità fiscal€".

4. Aggiungiamo che, nel pieno di questa continuità, che fa leva sugli "adempimenti, impegni e scadenze" in chiave €uropea, e nonostante la crisi di governo, sarebbe stato già approntato un decreto che dovrebbe porre a carico dello Stato l'onere della ricapitalizzazione di MPS, dopo l'evidente fallimento della "soluzione di mercato" (cosa che non impedisce a JP.Morgan di richiedere 450 milioni di "commissioni" per i suoi servigi, in relazione all'avvenuta conversione volontaria dei bond in azioni). Tale decreto, però, riguarderà tutto il fronte dei problemi bancari che il governo uscente avrebbe dovuto comunque affrontare: 
-  sulla questione MPS: "La via tecnica ora allo studio di governo e management senese, [è] la "ricapitalizzazione precauzionale" (per 5 miliardi complessivi) nell'ambito della direttiva europea sul bail-in: lo Stato subentra al consorzio di garanzia; si passa attraverso l'azzeramento dei bond subordinati, con l'obiettivo di offrire il ristoro alla clientela retail esposta, come detto, per circa 2 miliardi" (tali "subordinate" risultano peraltro emesse per un valore di oltre 3,176 miliardi);
- sulle banche popolari e la loro trasformazione in ordinarie Spa: "L'intervento normativo allo studio del governo dovrebbe puntare dunque a dare una base giuridica solida per salvaguardare le banche che già hanno compiuto il processo. Per il futuro, però, non è escluso che si torni ad alzare l'asticella oltre la quale scatta l'obbligo di trasformazione: dagli attuali 8 miliardi di attivi, arrivare a 30 miliardi"
- vantaggi fiscali per gli istituti bancari: "si sommano altre norme volute sia dalle banche che dal Tesoro, che garantirebbero vantaggi fiscali agli istituti. Il capitolo più atteso riguarda le nuove risorse necessarie al Fondo di risoluzione, dal quale sono arrivate le risorse per la risoluzione - datata novembre 2015 - delle quattro banche (Etruria & co.). Il salvataggio - con la pulizia dei loro crediti deteriorati - non ha ancora permesso di concludere il percorso di vendita e così la dote gravosa è la difficoltà di recuperare gli 1,6 miliardi che devono esser rimborsati a Intesa, Unicredit e Ubi (proprio quest'ultima dovrebbe acquisire tre delle quattro banche, con l'eccezione di Cariferrara). Le risorse supplemetari dovrebbero esser ammortizzate dalle banche che vi contribuiscono in più anni (cinque), gravando meno sul bilancio".

5. A questo quadro sono da aggiungere alcune fondamentali osservazioni:
5.1) la prima è che tale decreto-legge, solo perché tale, dovrà quantificare e indicare i mezzi di copertura della spesa pubblica e degli sgravi fiscali che esso comporta. Va rilevato che il suo contenuto pare essere già noto al Sole24ore il 6 dicembre scorso: esso, dunque, non può che essere ascrivibile al governo dimissionario, ma risulta prioritario per il nuovo governo per l'agire di quella "indifferenza" all'indirizzo politico espresso dal processo elettorale che caratterizza gli "impegni" derivanti dall'adesione all'UEM;

5.2) la seconda è che l'insostenibilità dei bilanci bancari deriva dalle politiche di bilancio imposte dall'adesione dell'Italia alla moneta unica, culminate nel fiscal compact e nella conseguente revisione costituzionale dell'art.81, con l'inserimento in Costituzione del pareggio di bilancio, nonché dall'incessante effetto depressivo che provocano le altrettanto incessanti riforme strutturali imposte dall'€uropa (come ormai sostiene apertamente Stiglitz). 
Non può sottacersi che, seppure il "crack" di MPS affonda le sue radici nella vicenda dell'acquisto di Antoveneta dal Banco Santander, - provocando forti dubbi sia sull'autorizzazione rilasciata che sulla vigilanza esercitata da Bankitalia sulle operazioni che ne conseguirono, in particolare sulle "ricoperture in derivati"-, è l'Unione bancaria ad attualizzare i problemi generali e specifici dell'intero sistema bancario italiano.
L'inevitabile addossare il costo di questi "impegni" presi con l'€uropa alle tasche di tutti gli italiani, è in fondo, null'altro che un altro "impegno" preso con la stessa fonte di "sovranità" (ceduta), senza che il popolo italiano ne abbia ricavato alcun vantaggio oggettivamente comprovabile;

5.3) la terza è che "l'€uropa "unita e democratica" a cui continuare a cedere la sovranità popolare, non corrisponde per definizione alla lettera e alla ratio delle norme fondamentali dei trattati che escludono, con clausole caratterizzanti e irrinunciabili, (anzi, costituenti base essenziale dell'adesione tedesca ai trattati stessi), ogni forma di solidarietà fiscale tra Stati-membri e ogni possibilità di istituire un governo federale che disponga di poteri di intervento perequativo degli squilibri inevitabili interni all'eurozona;

5.4) anzi, su questa evidente REALTA' normativa dei trattati (che si vogliono anteporre alla Costituzione italiana, appena "confermata" nella sua cogenza suprema dal risultato del referendum), l'Unione europea è perfettamente cosciente che gli "Stati Uniti d'€uropa" sono irrealizzabili (v.pp.2-3) per volontà della Germania e ne prende atto, sottolineando la grande influenza che esercitano le prese di posizione della Corte costituzionale tedesca su tutti gli altri Stati dell'Unione:
"La corte spiega in modo minuzioso che lo Staatenverbund è un'associazione di Stati nazionali sovrani e poi descrive nei minimi dettagli le condizioni che consentono a uno Stato di mantenere la propria sovranità. Particolare interesse ha destato negli osservatori un elenco di diritti statali inalienabili che non potranno mai essere trasferiti al processo legislativo europeo se l'identità costituzionale e la sovranità degli Stati membri deve essere preservata.
Secondo Schönberger, si tratta soltanto di un'elencazione di pura convenienza politica (la corte vi cita pressoché la totalità dei settori in cui la competenza degli Stati membri è tuttora esclusiva o quantomeno prevalente) e non di un'interpretazione costituzionale fondata su principi. Altri autori concordano nel giudicarla una semplice raccolta e un elemento di tutela dei restanti poteri nazionali.
In alcuni passaggi la sentenza si dilunga anche sull'importanza della democrazia quale elemento costitutivo della sovranità di uno Stato membro, nella fattispecie della Germania.
 
È in questi paragrafi che la CCF ravvisa persino l'incapacità strutturale del Parlamento europeo (PE) di potere un giorno divenire una fonte di legittimità democratica diretta. Il motivo principale di tale impossibilità, secondo la corte, risiede nelle fortissime differenze d'impatto elettorale dei cittadini, da Stato membro a Stato membro, un aspetto che viene identificato come una violazione inaccettabile del principio di uguaglianza elettorale, per di più riconducibile al meccanismo di assegnazione dei seggi del PE in base alle quote nazionali.

Infine in questa sentenza, contrariamente a quanto accaduto in quella di Maastricht, la corte si è sentita in dovere di trattare minuziosamente il tema del divieto imposto dalla Legge fondamentale alla Repubblica federale di Germania di aderire a un eventuale Stato federale europeo. Questo tipo di decisione spetta, infatti, solo al potere costituente, ossia il popolo. I giudici sono tuttavia attenti a non porre il referendum come condizione, limitandosi invece ad accennare alle prerogative del potere costituente; rimangono dunque concepibili altri mezzi d'espressione della volontà di tale potere, anche ispirati alle origini della Legge fondamentale (che fu elaborata da una convenzione costituzionale sull'isola di Herrenchiemsee)".

14 commenti:

  1. Sicuramente una candidatura deludente.
    Mi è stato obiettato (non qui, ovviamente, ma in rete), che Gentiloni è la conseguenza della mancata volontà delle opposizioni ad addivenire ad un "governo di responsabilità": il ragionamento, però, regge fino a un certo punto, secondo me: infatti A) difficile chiedere alle opposizioni di assumersi la co-responsabilità di gestione di una crisi bancaria dovuta alle politiche insensate della maggioranza da cui lo stesso Renzi si è -infine- smarcato dimettendosi frettolosamente; e B) se proprio si mira ad un coinvolgimento delle opposizioni, si sarebbe dovuto comunque puntare su un nome più neutro e svincolato dal precedente esecutivo, come era, ad esempio, quello di Grasso, che poi si sarebbe presentato alle Camere chiedendo, se non la fiducia, almeno un coinvolgimento costruttivo sulla legge elettorale.
    Questa strada non è stata seguita, e -va detto con rammarico- la responabilità è anche di Mattarella, anche se non so fino a che punto poteva "imporre" Grasso alla maggioranza PD-Verdini (la quale, a sua volta, però, perché dovuto sfiduciarlo?).

    Gentiloni è un nome da "morto il re, viva il re", chiaramente europeista e ministro di un presidente del consiglio che si è dimesso ritenendosi -in sostanza- sfiduciato dal popolo. Si può riproporre un ministro di un esecutivo "sfiduciato dal popolo" come titolare di un governo comunque di transizione, e quindi che dovrebbe essere, per sua natura, "istituzionale"? In una democrazia matura la risposta sarebbe no.....

    Comunque: la maggioranza in parlamento ce la hanno sempre "loro" e andranno quindi avanti con Gentiloni, che a questo punto anche io sono pronto a scommettere sarà un governo di legislatura. Ma il PD si assume, per l'ennesima volta, una grande e grave responsabilità politica in un momento delicatissimo per il Paese. L'intento che emerge è quello di percorrere, di fronte all'esito del voto del 4 dicembre, la strada percorsa da Tsipras in Grecia, ossia di neutralizzare ed inibire quel voto.

    La discussione sulla legge elettorale (che ancorché legge ordinaria ha un valore costituzionale immenso, potendo di fatto influire sulla forma di governo), è da presumersi che non sarà pacifica e quello che sarà partorito sarà una "legge di partito". A questo punto mi auguro meglio il nulla.

    Cambiamo ora punto di vista.
    "Frattalicamente" parlando, mi si potrebbe obiettare che il crollo di un regime non viene mai gestito dalle opposizioni. Alla caduta di Mussolini misero Badoglio al governo, mica Nenni. Sotto questo aspetto, Gentiloni sembra ricalcarne le orme: poco prima del referendum era volato a Berlino a dire che "la guerra continua al fianco dell'alleato", ed è sempre stato prono agli interessi esteri. Insomma, uno di cui "ESSI" non dovrebbero sospettare, che appare una figura politica debole (comunque più neutra di Padoan), e che, forse, in gran segreto, dovrà preparare -sempre parlando per metafore- l'armistizio. Del resto, l'ultimatum della BCE su MPS non lascia più spazio e non si tratta solo dei risparmiatori, ma anche di potentati economico-politici che verrebbero danneggiati dall'applicazione "sic et simpliciter" del bail-in €europeo.
    Se questa "intuizione" è fondata, però, potrà dircelo solo il tempo. La sensazione è che in casa PD hanno probabilmente scelto non solo una figura di continuità ma, forse, anche "politicamente sacrificabile". Come era, probabilmente, Badoglio, al tempo. Vedremo........

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    1. La maggioranza di deputati e senatori che compongono questo parlamento - e sottolineo parlamento - ha approvato in via definitiva un progetto di riforma - che Travaglio, fra gli altri, ha appellato "deforma", ma che sarebbe probabilmente più appropriato nominare "sovrascrittura" - della Costituzione, che è la fonte principale del nostro ordinamento giuridico-istituzionale-sociale, cioè la base materiale e spirituale della Repubblica italiana; tale progetto mirante sostanzialmente a introdurre ufficialmente, per quanto surrettiziamente, il vincolo di subordinazione del nostro Stato all'Unione Europea - riprendendo la formula icastica citata da Quarantotto in qualche post fa, saremmo diventati "La Provincia italiana dell'Unione Europea". L’entrata in vigore di questo testo è fortunatamente (dal nostro legittimo e meditato punto di vista, beninteso: un europeista ingenuo non concorderà affatto con siffatta valutazione) stata sventata, in quanto il progetto partorito è stato sonoramente rigettato dal popolo italiano a cui "la sovranità appartiene", chiamato alle urne per decidere del proprio destino. Non solo il risultato finale, ma soprattutto il livello di affluenza ha sorpreso gli espertoni benpensanti che affollano il desolante panorama mediatico nostrano. Ora, si può ben affermare che questo parlamento, nel suo complesso, non rappresenta la volontà del popolo italiano: ha da esso una diversa concezione della forma di società verso cui progressivamente tendere e una differente visione del ruolo dell'Italia nel mondo.
      Assumendo la democrazia sostanziale come pilastro del nostro ragionamento, possiamo concludere che questo parlamento è non solo formalmente illegittimo - per le ragioni tecniche che sappiamo -, ma anche e soprattutto sostanzialmente illegittimo. Questo parlamento dovrebbe decadere all'istante dall'esplicazione delle sue funzioni. Ancora più grave è il fatto che persino l'attuale Presidente della Repubblica, che "è il capo dello Stato e rappresenta l'unità nazionale", è il figlio legittimo di un parlamento illegittimo. Chiaramente, egli non poteva fare altro che quello che ha fatto in questi giorni: quando si accetta di far parte materialmente di un sistema, lo si deve servire fino alla fine (con tutte le conseguenze che tale condizione implica): in senso "costruttivo" - sottomettendosi alle sue logiche inesorabili, tanto esplicite quanto implicite, tanto coscientemente quanto incoscientemente - o in senso "distruttivo" - tentando di spostarne l'asse logico nella direzione di una razionalità ritenuta migliore -. Nella fattispecie, operare in senso "distruttivo" avrebbe comportato, per l'attuale Presidente della Repubblica, prendere interiormente e pubblicamente atto del suo status "bastardo" (per la proprietà transitiva) nei confronti della manifestazione democratica del popolo italiano. Agire in senso "distruttivo" richiede innanzitutto mettere in discussione la propria persona e la propria posizione: richiede Coraggio - con la maiuscola - e non è da tutti, perché il Coraggio di cui parlo trova il suo fondamento in un'etica incrollabile: bisogna avere un appiglio massimamente sicuro per muoversi in un ambiente massimamente insicuro; il Coraggio di cui parlo non si può insegnare o trasmettere, né apprendere o ricevere: lo si ha o non lo si ha: è oppure non è. Sic et simpliciter.

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    2. La cosa saggia da fare da parte del presidente Mattarella, a mio avviso, è (e non “avrebbe dovuto essere”), per non incappare in future potenziali accuse di "alto tradimento" o "attentato alla Costituzione": lasciare il governo precedente (Renzi) in carica; far procedere le Camere all'immediata approvazione di una legge elettorale proporzionale e che permetta al popolo italiano di scegliere fra gli uomini e le donne che si vorranno fare avanti per rappresentarlo nelle sedi legittime quelli più attenti alle proprie rivendicazioni; scogliere le Camere e indire nuove elezioni anticipate (che sarebbe più corretto chiamare "posticipate", considerate le circostanze); lasciare che il nuovo Parlamento, finalmente legittimo, esprima un governo altrettanto legittimo; dopo qualche settimana dimettersi e lasciare che il Parlamento elegga un nuovo Presidente della Repubblica, anch’egli finalmente autorevole. Questo per quanto concerne l'estetica.
      Quanto all'etica, è presto detto: applicare la Costituzione vigente (magari depurarla dalle incrostazioni illegittime degli ultimi lustri e puntellarla laddove ritenuto opportuno, ma non adesso col mare in tempesta): incominciando dal nazionalizzare MPS rimborsando ad ogni obbligazionista il prezzo d'acquisto, come suggerisce Claudio Borghi.

      "Se sbalio, mi corigerete."

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    3. Non si può porre questione di "alto tradimento" da parte del Capo dello Stato che applica una prassi costituzionale (entro cui rientra il mondo di intendere gli effetti sul parlamento della sentenza sul Porcellum, subordinati al rispetto degli impegni verso l'€uropa) che, formalmente, non viola la lettera della Costituzione.

      Quest'ultima non scende in previsioni che regolano nel dettaglio situazioni come quella contingente; né d'altra parte poteva prevederle: lo sbarramento dell'art.11 Cost. non avrebbe consentito che si verificassero.
      Ma abbiamo visto come la Corte costituzionale abbia preso, a un certo punto, a renderlo un vuoto enunciato di cui non ha mai fatto applicazione concreta.

      Se non altro perché il "vincolo esterno" è stato ritenuto ormai da due generazioni di politici come un bene da preservare e il sommo interesse della Nazione.
      E la conoscenza del modello economico, normativo e fondamentalmente vincolante, della Costituzione è andata semplicemente perduta. A livello di prassi costituzionale, non ve n'è praticamente più traccia.

      Quando allora la degenerazione di una classe dirigente è così radicata e consolidata, è difficile sottrarsi alla "precomprensione": il sopravvenuto "non senso" della Costituzione, (laddove intendeva perseguire la democrazia partecipativa fondata sul perseguimento attivo del pieno impiego), e l'ipostatizzazione dei trattati, (a prescindere dalla comprensione delle loro previsioni e dagli effetti della loro applicazione), sono "patrimonio comune", mediaticamente indotto, di una porzione importante dello stesso elettorato; di conseguenza, lo sono della classe politica che non può che riflettere questo massiccio bias culturale.

      Teniamo conto che preoccupazioni e interpretazioni come quelle che proponi nei tuoi commenti, non sono neppure condivise dalla principale forza di opposizione che muova critiche poste su un piano del tutto diverso. E questo è un dato fondamentale per non abbandonarsi a una "purezza" intransigente che deve fare i conti con gli "ostacoli" di ordine sociale e culturale ormai, di fatto, frapposti dall'ideologia mediatica (cioè dei "poteri economici di fatto" che li controllano) sottostante ai trattati.

      Grazie ai trattati, la politica, cioè la forza dei poteri economici di fatto, è ormai al di sopra della Costituzione: come disse Calamandrei, da ciò deriva che essa ne è automaticamente distrutta, col ritorno allo stato puro della lotta politica.
      Di questo, però, non si accorge più nessuno (o quasi), nel mondo politico...

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    4. Gentiloni è oggettivamente il meglio che avessero a disposizione per 'ottimizzare' l'inevitabile galleggiamento. Molto altro in questo momento non mi pare possano fare: in vista dei nodi economico-finanziari che stanno per incastrarsi nel LORO pettine (questione bancaria e non solo), la permanenza dei renziani in cabina di manovra con un front-man, come giustamente tu dici, 'sacrificabile', consente, non potendosene smarcare andando subito al voto, quanto meno di gestirli in una posizione di perdurante diretto controllo della disinformazione istituzionale, condizione ancora decisiva (certamente, come sappiamo, almeno in rapporto a una fascia di popolazione) per addomesticare la percezione dei fatti in funzione della narrazione meno negativamente impattante.

      Anche per quanto riguarda le prospettive di durata, secondo me in questo momento navigano a vista: nell'attuale fase è complicato anche solo ipotizzare gli scenari al tempo stesso realistici e meno sconvenienti. Insieme all'evoluzione dei nodi di cui sopra, un punto di svolta che contribuirà a definire la tempistica sarà verosimilmente l'esito della partita (parte di quella interna) relativa alla legge elettorale. Tenuto comunque conto che, quando le cose si mettono male, vale sempre il vecchio adagio: finché c'è vita c'è speranza (se non di restare sulla giostra, perlomeno, di assaggiare le pere settembrine).

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    5. Credo che ogni analisi vada letta da un dato complessivo: servono 19 miliardi per evitare Iva al 25% nel 2018,23 miliardi per evitare Iva al 25,9% nel 2019. Chiunque ora voglia candidarsi al Governo del paese deve in qualche modo giustificare cosa intende fare, se adempiere a tali imposizioni oppure meno. Gentiloni (sarà vero?) pare essere "Italy’s Next PM Might Not Keep the Job Very Long", mentre stando a quanto si dice sui media pare esserci una certa convergenza verso il Mattarellum per indire quanto prima le prossime elezioni, anticipando la scadenza del 2018. Sta' di fatto che Gentiloni pare (pare) essere solo un traghettatore. Mattarella il suo l'ha fatto. Ma l'analisi nostra credo non possa prescindere dal fatto che:
      A) se si va a elezioni subito, e vincono forze fedeli all'UEM, il combinato di azioni pro-cicliche interne e magari sconquassi esterni non potrà che portare ad implosioni generalizzate a livello bancario e non, con conseguente azione sul fronte del risparmio italiano in aperta violazione art. 47 Costituzione via bail in.
      B) se si va ad elezioni subito, e vince il fronte non filo UEM (poco probabile poichè troppo poco "eterodosso" quello attualmente schierato) si dovrà verificare la disponibilità di questo fronte a
      b1) non adempiere ai diktat sovranazionali
      b2) oppure se ci sarà la tragedia greca in salsa tsipriota nostrana.
      Lo scenario b2 è già sotto i nostri occhi (Grecia), lo scenario b1 potrebbe forse essere assimilabile a quanto sperimentato con relativo successo in Svezia agli albori degli anni '90.

      La situazione è in ogni caso liquida, e le analisi secondo me non possono prescindere da quei 42mld. Ora o si va avanti con l'alleato o si "cade" chiedendo armistizio.

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    6. La disomogeneità delle forze "non filo UEM", sarebbe pure superabile, ove fosse introdotto un sistema elettorale proporzionale.

      Tuttavia ci sono due grosse obiezioni provenienti dalla (notevole) prevedibilità dei fatti. Una generale e una generalissima:
      a) nessuno, tranne a parole il M5S, ha veramente interesse a fare rapidamente una nuova legge elettorale. E nel tempo di prevedibilissima gestazione, subentreranno gli "stati di eccezione" relativi agli impegni assunti in sede €uropea cui ha fatto cenno pure il PdR in sede di incarico. Quindi tra maonvre aggiuntive, crisi bancarie CHE SI AGGIUNGONO e esigenze di varare la manovra per il 2018, in uno stato sempre più di marasma emergenziale, le elezioni "presto" mi paiono una scommessa su cui punterei poco.
      Salvo che il partito di governo non giunga, anche nella nuova compagine, alla stessa conclusione di Renzi: assecondare le richieste dell'€uropa è elettoralmente suicida e si smarca...in grande disordine. E ALLORA, PUNTEREI AL 25 LUGLIO (non so perchè :-) ); ma come data della smarcatura NON DELLE ELEZIONI;

      b) Ma siamo sicuri che esistano complessive forze non UEM che, se anche sia molto difficile coalizzare, possano aspirare alla maggioranza PRIMA che inizi la mattanza, e quindi prima che sia inoppugnabilmente chiaro alla massa il problema €uropeo della de-sovranizzazione (che oggi non è chiaro a gran parte delle opposizioni)?

      A me attualmente non risulta...
      Mi pare sia più probabile una esplosione del PD e una confusa fase di saldatura di formazioni(coalizioni) politiche che, tutte, attraversano una fase di scissioni interne...

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    7. Tipico caso, il mio, di gatta frettolosa che fece gattini ciechi. "si dice sui media pare esserci una certa convergenza verso il Mattarellum per indire quanto prima le prossime elezioni, anticipando la scadenza del 2018" in realtà doveva essere "nel caso si volesse veramente indire quanto prima le prossime elezioni". Succo comunque non cambia. Inoltre c'è il caso C) che per l'appunto è la continuità del Renzi bis (ciò che è Gentiloni) con annessi e connessi come ben sottolinei. Purtroppo "di qua" è chiaro a pochi come ben dici il discorso di "de-sovranizzazione" ed i pochi che lo sanno sono in posizioni subalterne (vedi Fassina, vedi Zanni).

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  2. So che nel fare considerazioni di questo genere ad un tecnico, che tra l’altro ha già risposto chiaramente (e cioè che la questione di “alto tradimento” non si pone) si rischia la reprimenda. Provo a metterla così:

    Nel prendere atto che Mattarella poteva fare quello che ha fatto, penso si possa però , forse (e qui appunto chiedo lumi) prendere atto che poteva fare anche diversamente: e cioè poteva anche tranquillamente rimandare Renzi alle camere con una motivazione che io riesco ad esprimere solo in modo molto rozzo ed ingenuo, come segue:

    Ti sei proposto per governare, il popolo ti ha detto di SI:
    Hai proposto di cambiare le regole fondamentali, il popolo ti ha detto di NO!
    Conclusione: vai avanti nel quadro che ti è stato indicato dal popolo, e non comportarti, sig. Presidente del consiglio (ex-oramai), come un bambino che pesta i piedi per terra perché non gli hanno dato le caramelle.

    Quindi se Mattarella aveva anche questa seconda opzione, possiamo se non altro prendere atto e mettere in memoria, che poteva perseguirla, ma non l’ha fatto!

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  3. Ma infatti a sto punto poteva dare il reincarico a Renzi per davvero. sembra proprio che sia una specie di accordo con Renzi per evitare che il fiorentino si bruci completamente elettoralmente (e Renzi in politica vorrebbe restarci vita natural durante) nell'annataccia prossima ventura.

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  4. OGNI TANTO UNA BUONA NOTIZIA

    Carta dei diritti: la Cassazione dà via il libera al referendum CGIL
    12/12/2016

    http://www.flcgil.it/attualita/carta-dei-diritti-la-cassazione-da-via-il-libera-al-referendum-cgil.flc

    Tirem innanz!!

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  5. È una buona notizia. Speriamo che la gente capisca l'importanza di andare a votare in massa e votare, stavolta, SI all'abrogazione della legge. Loro pensano di essere "resilienti", come va di moda dire oggi. Dobbiamo dimostrargli che non è vero ogni volta che possiamo. In fondo è una guerra psicologica: loro ci sbattono in faccia Gentiloni (ma soprattutto la riconferma di Boschi e Madia, che grida vendetta), noi gli dobbiamo sbattere in faccia l'abrogazione del Jobs act. Speriamo che la gente capisca cone ha capito il 4 dicembre.

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  6. A proposito di vincolo esterno

    A fine gennaio il governo italiano dovrà decidere a chi vuole piegarsi (vincolo esterno) o meglio essere serva:

    a) Alla 1° potenza mondiale gli USA o
    b) Alla megalomane Germania che un paio di mesi fà se è autodefinita "nuova potenza mondiale" ( Frank-Walter Steinmeier, ministro degli esteri tedesco).

    Se Trump riuscirà ad applicare la sua agenda "US-First", sopratutto in temi economici, ma non solo, vedi riavicinamento alla Russia, la Germania incomincerà ad iperventilare è cercerà il confronto diretto con gli USA, questo causerà una spaccatura nel UE è nel euro-zona, tanti paesi del UE è del euro-zona prenderanno le distanze dalla Germania. La Germania si isolerà. Per l'Italia vuol dire prendere una decisione (parola sconosciuta nel governo italiano) allearsi agli americani o ai tedeschi è qui la probabilità è alta che si unirà con il perdente, cioè la Germania, come 70 anni fà, probabilmente insieme agli austriaci.
    Ricordiamo che Fillon è si neoliberista, ma è anche nazionalista ed ha già fatto capire che se diventasse presidente della Francia cercerà il dialogo con la Russia è in generale sulla politica estera vuole rientrodurre la sovranità. Questo ha fatto subito incazzare i tedeschi che hanno risposto con tono spuderato è autoritario in questo modo "su questo Parigi prima dovrà discuterne con Berlino", che non vuol altro, se Parigi vuole dialogare con Mosca deve prima chiedere il permesso a Berlino.

    Obama, Clinton è l'intero establishment democratico degli USA -> Wall-Street stà facendo di tutto per impedire che Trump da president elect diventi il prossimo presidente degli USA. È questo fa sperare che Trump stà facendo sul serio è fa vedere anche un altro cosa cioè che dietro a Trump ci sono forze potentissime che hanno deciso di cambiare strada.


    Le nazioni non hanno amici, ma solo interessi. (Charles de Gaulle).

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  7. La retorica di certi politici tedeschi assomiglia veramente molto a quella del 38/39 o a quella del estate del 1914.

    È discraziatamente questa retorica sembra che faccia molta impressione ai governanti italiani, come già nel 39/40.

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