1. Sono ben contento di dare spazio alla sintesi, giuridicamente ineccepibile, che Duccio e Dario hanno delineato con questo loro botta e risposta nei commenti al precedente post. Si tratta della definizione di problematiche giuridiche e di elementi essenziali,"costitutivi" della nostra situazione politico-istituzionale, che riassumono un percorso di analisi fenomenologica intrapreso fin dagli inizi in questo blog.
E' quindi con un certo "orgoglio" che vi riporto la loro sintesi; è chiaro che molti argomenti sono noti e sviluppati, da Basso e Mortati, così come da altri, come Calamandrei, o Di Vittorio, fin dagli anni '50: non di meno è importante che la loro riemersione da un ambiente "di base diffusa" possa indicare almeno la speranza di un recupero della cultura giuridica democratico-costituzionale:
"Duccio: Mi azzardo a dire che è ormai l'intero ordinamento giuridico a non essere più tale, cioè ordinamento.
In primo luogo, se la gran parte delle norme viene creata al livello comunitario, cioè fuori dalla sede naturale del Parlamento, la Costituzione perde necessariamente quel ruolo di guida dell'attuazione del programma economico sociale in essa iscritto.
Potrà al più, anche senza negarne formalmente il ruolo di fonte sovraordinata, fungere da parametro esterno in base al quale operare il consueto controllo ex post, eventuale e "a risorse vincolate", da parte della Corte Cost., di singoli 'pezzi normativi' di un indirizzo politico determinato da organismi internazionali, che ovviamente non contemplano, né sono tenuti a farlo, il programma economico costituzionale.
Altro aspetto, strettamente conseguente, della dissoluzione dell'ordinamento sta nella mancanza di tassatività delle norme, il cui contenuto generico e indeterminato trova un chiarimento o talora una specificazione adatta soltanto "al caso concreto" nelle normazioni "secondarie" recate dagli organi dell'esecutivo.
Un terzo aspetto, anch'esso ampiamente trattato sul Blog e correlato agli altri, si verifica con il supino riconoscimento del carattere giuridico vincolante erga omnes a 'norme interne' degli operatori privati in posizione dominante a livello internazionale.
Che siano le norme di Basilea, giù giù fino ai mille protocolli e attestazioni di qualità su processo aziendale e prodotto.
In tutto ciò, il legislatore italiano non tocca palla, e nemmeno ne avrebbe le capacità. Infatti, in un circolo vizioso a velocità crescente, l'assenza o la perdita di capacità 'interna' (in tutti i poteri costituzionali e settori della società) legittima e rende necessitato il ricorso "allo straniero".
In primo luogo, se la gran parte delle norme viene creata al livello comunitario, cioè fuori dalla sede naturale del Parlamento, la Costituzione perde necessariamente quel ruolo di guida dell'attuazione del programma economico sociale in essa iscritto.
Potrà al più, anche senza negarne formalmente il ruolo di fonte sovraordinata, fungere da parametro esterno in base al quale operare il consueto controllo ex post, eventuale e "a risorse vincolate", da parte della Corte Cost., di singoli 'pezzi normativi' di un indirizzo politico determinato da organismi internazionali, che ovviamente non contemplano, né sono tenuti a farlo, il programma economico costituzionale.
Altro aspetto, strettamente conseguente, della dissoluzione dell'ordinamento sta nella mancanza di tassatività delle norme, il cui contenuto generico e indeterminato trova un chiarimento o talora una specificazione adatta soltanto "al caso concreto" nelle normazioni "secondarie" recate dagli organi dell'esecutivo.
Un terzo aspetto, anch'esso ampiamente trattato sul Blog e correlato agli altri, si verifica con il supino riconoscimento del carattere giuridico vincolante erga omnes a 'norme interne' degli operatori privati in posizione dominante a livello internazionale.
Che siano le norme di Basilea, giù giù fino ai mille protocolli e attestazioni di qualità su processo aziendale e prodotto.
In tutto ciò, il legislatore italiano non tocca palla, e nemmeno ne avrebbe le capacità. Infatti, in un circolo vizioso a velocità crescente, l'assenza o la perdita di capacità 'interna' (in tutti i poteri costituzionali e settori della società) legittima e rende necessitato il ricorso "allo straniero".
Dario: Potremmo
dire che oggi l'Italia è in Europa un vero e proprio territorio
annesso, considerando l'attuale assetto giuridico-economico che si è
venuto a instaurare.
Non credo che si possa neanche parlare di un
rapporto sul modello Stato (Europa)-Regioni (Stati membri), lo troverei
troppo "concessivo" (NdQ: dire "ampliativo", rispetto alla riconoscibilità di compiuti caratteri come "indipendenza" e "sovranità").
Direi invece proprio un rapporto di
Impero-Province. Gli ordinamenti interni, concordo, di fatto non
esistono più, salvo quello della Germania, e l'esercito europeo su cui
oggi si spinge molto costituirebbe il passo finale perfezionante di
quest'annessione."
2. Fissata questa traccia riassuntiva, familiare (ormai spero) alla buona parte dei lettori del blog, appare utile fare un collegamento all'attualità: rileggete con attenzione e rendetevi conto del perché il Truman Show delle prossime elezioni sia descrivibile in questi termini:
Il voto, attesa la incomprensibilità, da parte dell'individuo comune-elettore, della realtà normativa naturale - secondo il criterio di legittimazione neo-liberista e internazional-mercatista di ogni possibile "Rule of Law"- è solo un processo subordinato di ratifica delle decisioni "impersonali" del mercato.
3. Il che dovrebbe porvi al riparo sia da eccessive illusioni e aspettative, sia da una rassegnazione passiva che può discendere solo dalla mancata conoscenza del fenomeno di avvenuta de-sovranizzazione democratica.
Dovrebbe essere chiaro come il sole (e naturalmente non lo è, a livello di coscienza diffusa: e sappiamo pure perché) che, note queste informazioni, le nostre scelte sono limitate a quelle operabili in un simil-referendum: cioè al respingere o meno questa radicale irrilevanza del voto sulla formazione dell'indirizzo politico (qui, p.6):
"Oggi un residuo lumicino di speranza per evitare tutto questo, passa per una rigorosa rivendicazione della vostra autonomia di giudizio, per la libertà del vostro voto: per un no che, questa volta, non possa essere beffardamente vanificato.Perché, come ormai dovreste aver imparato, un "no" non preceduto dal risveglio e dalla mobilitazione delle coscienze (p.2), dall'aver coltivato "lo spirito di scissione" gramsciano (inteso come chiara presa di distanza che non ammetta compromessi e paure), può sempre essere vanificato.E questa con ogni probabilità potrebbe essere l'ultima volta che un "no" potrete ancora (utilmente per voi) esprimerlo. Almeno all'interno dei parametri democratici che, con eccessiva di prigrizia, si tende a dare per scontati".
4. Poi "come" esprimere questo "no", in questo caso, si chiarisce con un metodo "per esclusione" (qui, p.8):
Una volta eliminato l'impossibile ciò che rimane, per quanto improbabile, dev'essere la verità.da PensieriParole
cioè si è costretti ad operare adattando il criterio, ricostruttivo della verità fattuale, di...Sherlock Holmes, come criterio selettivo della propria manifestazione di volontà. Lo so: è poco, ma coi fatti compiuti non si può polemizzare; solo tentare di cambiarli da adesso in poi.
5. E dunque, si può operare basandosi su un'evidenza indicativa della "aliquota" di impossibile che possa essere eliminato (qui, p.7):
"se un certo assetto socio-economico è divenuto istituzionale, cioè salvaguardato da norme che, ci piaccia o meno, sono considerate ad applicazione inderogabile, ogni "metodo" di espressione politica che sia realmente manifestabile, non può che condurre a contenuti istituzionalmente compatibili con tale assetto.
Se così non fosse, d'altra parte, e un nuovo
gruppo politico arrivasse, in opposizione a ciò, a rendersi rilevante
elettoralmente e incompatibile con l'assetto (de-sovranizzato e de-costituzionalizzato), sarebbe dichiarato illegittimo: dapprima con le buone,
cioè in via mediatica, e fino a che non si auto-sconfessi e si dichiari
pro-istituzione, cioè pro-UE; poi con le cattive, procedendo
all'instaurazione di procedimenti penali a carico dei suoi promotori e
attivisti.
Ah:
se poi il partito oppositivo fosse "vecchio", cioè trasformatosi da una
precedente e diversa "identità", recherebbe al suo interno tracce di pregressa compromissione e istituzionalizzazione tali e
tante da non poter, a sua volta, che svolgere un'azione limitabile a priori:
la sua "espansione" sarebbe comunque difficoltosa e rallentata e
avrebbe comunque bisogno di alleanze.
E queste alleanze, non essendoci
possibilità di "nuovo" effettivamente incompatibile con il sistema
istituzionalizzato, sarebbero giocoforza con parti del sistema stesso...
5.1. I risultati operativi raggiungibili con questo criterio, dunque, sono sostanzialmente riducibili a due opzioni:
a) un voto oppositivo di tipo residuale "puro" (un vero "no" non equivocabile), cioè portando alle sue rigorose conseguenze il criterio utilizzabile (senza alternative). L'inconveniente consisterebbe nella sua irrilevanza quantitativa rispetto alla formazione dell'indirizzo politico (rebus sic stantibus altamente probabile). Ma tale formazione, come abbiamo visto, è già estranea all'esito del processo elettorale e quindi, fin dall'origine, il senso del voto poteva, e può essere, solo quello di segnalare una "non-effettività" del sistema che preannunci e, soprattutto, induca un'evoluzione verso la sua implosione. Che equivale, peraltro, al ripristino della legalità costituzionale.
b) un voto oppositivo a significato strutturalmente compromissorio (cioè un "ni") e ad esito non solo incerto ("ni" interpretabile arbitrariamente da chi se ne appropria) ma, in concreto, potenzialmente trasformabile in un "sì" (cioè con ribaltamento degli effetti della volontà a cui era originariamente diretto il voto).
Tertium non datur.
Almeno nell'ambito del quadro che si presenta attualmente.
"Il senso del voto poteva, e può essere, solo quello di segnalare una "non-effettività" del sistema che preannunci e, soprattutto, induca un'evoluzione verso la sua implosione."
RispondiEliminaPurtroppo temo che la possibilità di lanciare questo segnale dipenderà molto dai sondaggi nei dieci giorni cruciali prima del voto.
Esistono tanti modi per intorbidare le acque e nella EU l'assassinio politico risulta molto praticato (anche se nel caso ultimo in ordine di tempo, quello di Jo Cox, non ha pesato troppo in senso 'Bremain').
https://en.wikipedia.org/wiki/Murder_of_Jo_Cox
https://en.wikipedia.org/wiki/Anna_Lindh
https://en.wikipedia.org/wiki/Assassination_of_Pim_Fortuyn
https://en.wikipedia.org/wiki/Theo_van_Gogh_(film_director)
https://en.wikipedia.org/wiki/J%C3%B6rg_Haider
https://en.wikipedia.org/wiki/Andr%C3%A9_Cools
https://en.wikipedia.org/wiki/Alfred_Herrhausen
https://en.wikipedia.org/wiki/Detlev_Karsten_Rohwedder
https://en.wikipedia.org/wiki/Aldo_Moro
https://en.wikipedia.org/wiki/Zoran_%C4%90in%C4%91i%C4%87
https://en.wikipedia.org/wiki/Olof_Palme
Io ,scherzando con un mio vecchio compagno di scuola,ho detto "Va finire che voto per i trotskisti",poi andando a vedere mi sono accorto che pure per loro "l' euro è solo una moneta.....".L'aver scambiato il cosmopolitismo del capitale con l' internazionalismo proletario ha sedato la coscienza della sinistra sinistra ,evitando a molti l' inquietudine derivante dalla comprensione dell' attuale nostra condizione di nazionalità oppressa come quelle dei Paesi colonizzati,come Dario ha sinteticamente spiegato.L' inquietudine che ioprovo pensando che il risultato finale può essere una "sudamericanizzazione"dei Paesi del sud Europa,con annesse dittature militari come me le raccontò un mio caro amico che fu strappato dalle prigioni argentine solo grazie al mantenimento della cittadinanza italiana
RispondiEliminaÈ chiaro che se l'antistalinismo è stato usato come testa d'ariete per distruggere socialismo e, QUINDI, le democrazie sociali, è intuitivo di come i trotzkijsti (non Trotskij...) abbiano giocato il ruolo degli utili idioti.
EliminaFigure note delle sinistra "liberal" arriva da quelle parti...
L'aspetto della "malafede", dell'essere organici agli oppressori o proprio su busta paga del capitale imperialista, mi rendo sempre più conto essere marginale.
Incoscienza e menzogna spesso vanno di pari passo: molti mentono ma, se volessero, non riuscirebbero neanche a dire il vero. A dire qualcosa di utile per la coscienza degli oppressi e per la relativa prassi emancipatoria.
Quell'affermazione di Cassese riportata, come può essere considerata eticamente e deontologicamente?
O la Monticelli, esperta di fenomenologia husserliana che si lancia in analisi di scienze sociali con patente permeismo associando un atto di sovranità democratica come un referendum, a "decisionismo schmittiano"? come considerarla moralmente e deontologicamente?
Come considerare, moralmente, i pasdaran dell'europeismo? i pii sostenitori acritici di Francesco? o coloro che vedono nello sterminio e nella schiavitù di massa un fatto naturale ed ineluttabile? in coloro che vedono nel fatto compiuto qualcosa da accettare e per cui è necessario adeguarvisi, che piaccia o meno? come collocarli nella Storia?
E parlo di etica materiale, non di moralismo per coloro i quali credono che la giustizia sia un concetto meramente post-mortem, escatologico, e via disumanizzando.
La maggior parte della propaganda di regime passa per bocche, anche di alto profilo, che parla senza sapere di checcazzo parla.
Sono veramente pochi gli spin doctor, e non mi stupirei se anche costoro venissero imbeccati da funzionari di anonimi think tank, che, con la divisione del lavoro, sono più impersonali che mai. Ingranaggi di una macchina che ha vita propria.
Love the tentacles... VOTE the Tentacles for President!
Ciao Gilberto… a pensare che Basso (come ben sai) era così chiaro:
EliminaLe sue parole sono di una chiarezza assoluta, che non dovrebbe lasciare dubbi a tutti coloro che, in Italia, si collocano nella tradizione della "sinistra":
"l’internazionalismo del proletariato si fonda sull'unità e sulla solidarietà di popoli in cui tutti i cittadini, attraverso l'abolizione dello sfruttamento di una società classista, conquistano LA PROPRIA COSCIENZA NAZIONALE… il nostro internazionalismo non ha nulla di comune CON QUESTO COSMOPOLITISMO DI CUI SI SENTE TANTO PARLARE E CON IL QUALE SI GIUSTIFICANO E SI INVOCANO QUESTE UNIONI EUROPEE E QUESTE CONTINUE RINUNZIE ALLA SOVRANITÀ NAZIONALE.
L’internazionalismo proletario NON RINNEGA IL SENTIMENTO NAZIONALE, NON RINNEGA LA STORIA, ma vuol creare le condizioni che permettano alle nazioni diverse di vivere pacificamente insieme.
Il cosmopolitismo di oggi che le borghesie nostrane e dell'Europa affettano è tutt'altra cosa: è rinnegamento dei valori nazionali per fare meglio accettare la dominazione straniera… Noi sappiamo che in questa lotta il proletariato combatte insieme per due finalità e che in questa lotta esso ACQUISTA CONTEMPORANEAMENTE LA COSCIENZA DI CLASSE E LA COSCIENZA NAZIONALE, ponendo le basi per un vero internazionalismo, per una federazione di popoli liberi che non potrà essere che socialista! (Vivissimi applausi e congratulazioni)” [L. BASSO, discorso del 13 luglio 1949, in Il dibattito sul Consiglio d’Europa alla Camera dei deputati, ora in Mondo operaio, 10 settembre 1949, 3-4-]."
2. Neppure, in epoca più tarda, Lelio Basso rivide questa opinione, semmai esprimendola in termini più "idealistici": cioè tali da essere compresi anche da coloro che, nel frattempo, si volevano collocare all'interno del processo di costruzione europea e della incessante propaganda neo-liberista, accuratamente camuffata, che ne è lo strumento inscindibile. Si tratta, cioè, di quel "conformismo europeista", e censorio di ogni dissenso, che Luigi Spaventa aveva evidenziato nel dibattito alla Camera sull'adesione allo SME).
Le parole di Basso rimangono comunque una presa di distanza (v.p.7) dal "cosmopolitismo delle borghesie nostrane e dell'Europa" che rinnegano i valori nazionali per fare meglio accettare la dominazione straniera:
“…penso che la battaglia per la democrazia nei singoli paesi debba essere prioritaria rispetto ai fini federalisti…ci sono cose che vanno, secondo me, profondamente meditate. A me, se così posso dire, la sovranità nazionale non interessa; però c’è una cosa che mi interessa: è la sovranità democratica..."
http://orizzonte48.blogspot.com/2016/11/luropa-e-la-liberta-di-voto-minacciata.html?spref=tw
Hai perfettamente ragione Bazaar: come non mai.
EliminaIl che peraltro significa pure che occuparsi, una per una, delle foglie morte (o malate) dell'albero, cioè porsi in una dialettica, E PER DI PIU' ASIMMETTRICA, "culturale", è come svuotare il mare col secchiello.
E il bello, si fa per dire, è che questi stessi personaggi (variegati e in stato di confusione...cognitivo-concettuale permanente) dimostrano la loro stessa rilevanza subordinata (al burocrate influencer che smista gli "ordini del giorno") allorché NON POSSONO FAR ALTRO CHE TACERE di fronte ai fatti eclatanti, - e per di più dimostrativi allo stato puro della struttura dei rapporti economico-istituzionali- che travolgono irresistibilmente qualsiasi facciata delle loro costruzioni teoriche:
https://www.ilfattoquotidiano.it/premium/articoli/colazione-con-renzi-e-cena-con-la-boschi-il-jobs-act-e-roba-mia/
(cit. ex multis, naturalmente.
E sapendo che non abbiamo ancora visto "nulla" della realtà prorompente. E forse neppure lo vedremo mai...sul serio).
@Gilberto: una confusione singolare, in effetti.
EliminaA poco servirà, ma apriamo il solito libro di storia: conferenza di Genova, 1922, ripresa di quello che Lenin chiamava, con disprezzo, "pacifismo borghese" (di cui secondo lui la proposta di Stati Uniti d’Europa era un esempio): ne abbiamo parlato qui (n. 4).
Le potenze occidentali invitarono anche la Russia bolscevica, che aveva avviato da poco la NEP e avrebbe avuto molto bisogno di capitali stranieri, provando ad attirarla con una risoluzione preliminare che sulla carta riconosceva il “diritto di ogni nazione a stabilire «il proprio sistema di proprietà» e a organizzare la propria «vita economica interna e la propria forma di governo» senza pressioni e condizionamenti da parte delle altre nazioni. «Ogni paese - si proclamava - da questo punto di vista ha il diritto di scegliere per sé il sistema che preferisce».”.
L’illusione ebbe vita breve: “Tuttavia, la risoluzione di Cannes poneva delle condizioni, che avrebbero rischiato di annullare il pur importante riconoscimento che figurava nel suo primo punto. Gli eventuali investitori stranieri dovevano ricevere le necessarie garanzie sui propri diritti di proprietà, come pure sul diritto di ricavare un profitto dalle loro imprese. Per questa ragione, si chiedeva ai governi che intendessero ricorrere all’aiuto finanziario straniero di riconoscere tutti i debiti e gli obblighi passati e futuri [i bolscevichi avevano fatto default su tutto il debito estero della Russia zarista], di indennizzare tutte le perdite subite da investitori stranieri in seguito a «confisca o sequestri di proprietà». L’impegno alla non ingerenza inoltre doveva essere reciproco: tutte le nazioni infatti dovevano assumersi l’obbligo di astenersi da ogni propaganda diretta al rovesciamento dell’ordine e del sistema politico stabilito negli altri paesi. Il riconoscimento de iure del governo sovietico era fatto dipendere dall’accettazione preliminare di queste condizioni.”
Questa la valutazione che ne diede Radek: “Dietro la risoluzione di Cannes si sarebbe celato un piano, attribuito al governo britannico, che mirava a risolvere il problema tedesco a spese della Russia. Trasformando quest’ultima in una «colonia agricola» dell’Europa, sarebbe stato possibile poi dirottare a est le future esportazioni della Germania, così da non creare problemi di concorrenza per le merci inglesi sul mercato occidentale, una volta che la Germania, sgravata dagli oneri imposti dal Trattato di Versailles, avrebbe avviato la propria ripresa economica”.
Complottista! Comunque sia l'ipotesi, che spiegherebbe perché Hitler credette fino all’ultimo di poter trovare il consenso inglese per la sua espansione ad est, era condivisa anche da Cicerin, bolscevico d’accatto ma esperto conoscitore della diplomazia occidentale: “Che Radek proponesse sulla stampa opinioni ampiamente condivise nella dirigenza sovietica lo dimostrò la dichiarazione che Cicerin fece dinanzi al VCIK, convocato in seduta straordinaria il 27 gennaio per nominare la delegazione che avrebbe dovuto recarsi a Genova: il «consorzio europeo» celava il disegno di stabilire una «dominazione economica di tipo coloniale» sulla Russia da parte dei paesi europei occidentali.”
Sovranisti! Nazionalisti!
Quale fu la posizione finale del governo russo? Con una nota diplomatica a Gran Bretagna, Francia e Italia del settembre ‘22 “dichiarò alle potenze occidentali di aver optato per la ricostruzione interna contando esclusivamente sulle «proprie forze» e perciò d’ora in poi avrebbe dato la netta preferenza ad «accordi separati» e bilaterali, sull’esempio del Trattato di Rapallo.”
EliminaPer concludere, “secondo una testimonianza successiva di Zinov’ev, dopo il fallimento dei negoziati con gli occidentali anche all’Aia, Lenin avrebbe detto: «Meglio una Russia sovietica povera, che si ricostruisce lentamente, ma che resti nostra, piuttosto che una Russia che si ricostruisca rapidamente, ma che mette la volpe a guardia del pollaio»”.
(La fonte: A. Di Biagio, Coesistenza e isolazionismo. Mosca, il Komintern e l’Europa di Versailles (1918-1928), Carocci, Roma, 2004, pagg. 76, 78, 93, 94)
Questo solo per provare a far uscire un po’ la storia dalla bolla orwelliana e dare, nel bene e nel male, a ciascuno il suo.
Che ci fossero i pecorai microchippati dalla banda della Bo€ dietro al nazifascismo, non ce ne eravamo proprio accorti... già.
EliminaIl patto d'acciaio contro l'impero del małre... sì, proprio. (A proposito di ideologie ex-post, no?)
Volevano granai e petrolio sovietico. Come oggi, si direbbe...
Poi ci sono gli imbecilli per cui un finanziere che vive in Svizzera viene chiamato... "socialista".
(Secondo me dietro al Berlu non ci sono le medesime persone che stanno dietro a un De Benedetti o ad un Soros... non so cosa generi questo mio sospetto)
(1 di 2) Lenin & Trotsky furono grandi eivoluzionari....
Elimina“In early 20-ies he [Leon Davydovitch Trotsky ] was the Head of the People’s Commissariat of communication lines. Being headed by Leon Davydovitch, this company signed an agreement…..
…
It was the agreement about bulk purchase of steam locos in Sweden from Nydqvist & Holm AB.
Everything was so very interesting in that order.
Firstly, the amount, which was 1,000 steam locos.
Secondly, the price, which was 200 million golden rubles.
…
Nydqvist & Holm AB had never constructed more than 40 locos per year. But at that time it decided to brace itself up and to produce as much as 50 locos in 1921! After that the order was evenly spread within five years, when the Swedish should have been building a plant with our money. In 1922 the buyer should have received 200 locos, and since 1923 till 1925 it
was 250 locos per year [The Russian State Economical Archive. F. 4038. Op. 1. D. 31. L. 22. (Quoted from
the book of The New Historical Messenger. 2004. No. 1.)].
…
Weirdness of “the loco case” was described in the Soviet magazine Economist in early 1922. Mr. Frolov, the author of the article, felt puzzled about such a strange way of making business. He also asked a logical question, why these locos should have been ordered in Sweden, namely.
Wasn’t it logical to develop or, to be more precise, to recover the local industry?
The Putilovsky plant was able of producing 250 locos per year before the war. Why didn’t it get the loan? That vast amount of money would have allowed “to put our own locomotive plants and to feed our own workers” [Frolov, A. N. Modern state and nearest perspectives of railway transport. Economist. 1922. No. 1. P. 176. (Quoted from the book The New Historical Messenger. 2004. No. 1.)].
(2 di 2)
EliminaAnd indeed, the proletarian authorities should have strived to start there own industrial facilities as soon as possible and to let proletaries earn money, as supposedly the bloody massacre in Russia was started for their profit. As early as in late 1923 RSFSR had about one million unemployed3. And the Soviet government signed an incredibly stupid and enslaving agreement, definitely damaging itself, trying to feed Swedish capitalists. Why was that?
…
You will be surprised even further, when you learn how Lenin reacted to the article in the Economist magazine. “All of them are definitely counterrevolutionaries, the Entente supporters, a company of its slaves and spies, and youth molesters. We have to do something, so that these military spies would be caught. We have to systematically arrest them and exile them from our country” [Lenin, V. I. Collected edition. V. 54. P. 266.], the Proletary leader wrote. And he asked Felix Edmundovitch Dzerzhinsky to close this magazine down...
…
Let’s get back to the price of the agreement, the one so unfavorable for Russia, which was almost prohibited to criticize. It was 200 million golden rubles. Was it much or not? To understand this we need to find out what
a golden ruble was. In 1922 Lenin’s government passed through a monetaryreform to get economy out of crisis. New monetary units were produced, chervonets. They contained 7.74 grams of gold. One new chervonets was worth 10 golden pre-revolution rubles. This arrangement turned out to be rather successful. In a short period of time rate of the Soviet chervonets against global currencies became even and then became even more profitable than the tsarist pre-revolution ruble was [In 1924 one dollar was worth one ruble and 94 kopecks. Compare: in 1907 one dollar was worth two tsarist rubles.].
The golden ruble was a sterling monetary unit. When Bolsheviks came to power, golden reserves of the State bank in Russia was 1.101 million golden rubles. Some of gold (650 million rubles) were evacuated to Kazan, then Kolchak got it, and after he was defeated, about 409 million rubles were returned [Archive of the Russian Revolution. M., 1991. V. 5–6. P. 103]. Though, this would have been like that, if Bolsheviks wouldn’t
have spend a kopeck, but we know that it wasn’t so.
So, 200 million rubles didn’t just make a colossal amount. It was one quarter of the gold reserve of the country!
Why did it happen? Why was Trotsky doing it, and why Lenin was covering this colossal mess up? Were Ilyitch and Davydytch flatly stealing for a rainy day? Could they have been stealing that especially large amounts?
(3 dopo 2 di 2)
EliminaWasn’t that absurd? Why would the Head of the Soviet Russia Vladimir Ilyitch Lenin deliver money to the West in such clumsy way? He was never going to move there himself. And why would he need as much as . of the country’s golden reserve?! Lenin can be accused of any sins, but monetary symbols weren’t of decisive importance in his life ever. On the contrary, Bolsheviks would desperately need money to construct the new state. The loco agreement was signed in the end of 1920 — beginning of 1921.
Wrangel’s army evacuated from Crimea to Constantinople in November 1920. In fact, it was the end of the Civil War. Money should have been transferred from the country before that, in 1918–1919, when Denikin had a short bound to Moscow and when Judenitch was at Petrograd.
In 1921 it was time to blow the steam off and to start recovery of the country and establishment of new socialistic peace in it. So, what can such strange actions of Lenin and Trotsky mean? It just was that debts should have been repaid and that agreements should have been fulfilled. Amounts spent for crushing of Russia should have been paid back.
It was one of the agreements between representatives of Western government and Bolsheviks. Lenin managed to stay in power for so long, because he didn’t breach all his agreements with the Anglo-Saxon “partners” at once, because he was doing it step by step and because he violated only some of the agreements.”
(da N. Starikov 'Who set Hitler against Stalin", pag. 65-67)
OTC
RispondiElimina[consiglierei, sul tema, la rilettura riflessa de "La mandragola" del Niccolò .. potrebbe essere illuminante quanto il post di Knight]
OTC 1.0
RispondiElimina[CANZONA: da dirsi innanzi alla commedia cantata da ninfe e pastori insieme]
per chi fosse interessato disponibile il pdf http://www.letteraturaitaliana.net/pdf/Volume_4/t93.pdf