martedì 20 marzo 2018

LA DOPPIA TRAPPOLA DELLA CLAUSOLA €XIT SECONDO IL "RITO TEDESCO".


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1. Voci dalla Germania ha (meritoriamente) pubblicato la traduzione di un articolo di Die Welt che ha suscitato un certo scalpore: il suo titolo allude a un "piano di emergenza per l'uscita dall'euro", ma più precisamente si tratta dell'enumerazione delle perplessità e angosce tedesche sulla sostenibilità futura dell'eurozona, raccolte ed elaborate "da alcuni economisti molto noti" (tra cui l'immancabile Sinn, immancabilmente arrabbiato per via dei saldi attivi tedeschi Target-2), convenuti a Berlino su invito "arrivato dal'università privata ESMT e dal Max-Planck-Institut per il diritto fiscale e la scienza delle finanze".
La declinazione dei problemi posti in salsa tedesco-nord-europea (altrettanto immancabilmente si menziona la virtuosa cointeressata Olanda),  viene poi ripresa da un'intervista di Federico Fubini sul Corsera al presidente dell'IFO, (noto istituto di ricerca vicino al governo tedesco), che, avendo partecipato alla discussione in quella sede, ripercuote i temi principali elaborati nella conferenza di Berlino.

2. Questa intervista ha dato luogo a uno scambio su twitter con l'amico Stefano Fassina:




Poiché l'intervista in questione ripecuote piuttosto fedelmente l'approccio seguito dal convegno in questione, sia pure con una serie di specifiche applicazioni a (o meglio "avvertimenti per") l'attuale situazione politica italiana, ci pare più esaustivo, e utile alla comprensione, estrarre le più importanti ed essenziali soluzioni suggerite e riportate nell'articolo, con un commento esplicativo (in termini di attuale e riformando contenuto dei trattati).

2. Parrebbe, - ma vedremo come si tratti di una motivazione pretestuosa o, almeno, iperbolizzata con un arbitrio che tende alla consueta esclusiva tutela dei propri interessi nazionali -, che l'agitazione tedesca sia motivata dal risultato delle elezioni italiane:
"E' possibile che la  situazione nell'unione monetaria si sia stabilizzata grazie alla ripresa economica congiunta, ma i saldi Target in continua crescita evidenziano le fratture economiche all'interno della zona euro. E le elezioni italiane hanno mostrato che il pericolo di una dissoluzione dell'euro è tutt'altro che scomparso. In Italia il capo della Lega Italiana, il partito populista di destra - uno dei vincitori delle elezioni - ha  dichiarato che solo la morte è irreversibile, una moneta certamente non lo è".

La più importante conclusione che si trae da questa premessa è:
"La probabilità che l'euro finisca non è pari a zero. Come economisti dobbiamo prenderla in considerazione", ha detto Kai Konrad, esperto di finanza presso il Planck-Institut. Ad assecondarlo c'era il presidente del Consiglio dei Saggi Economici (Sachverständigenrat), Christoph Schmidt: "bisogna essere preparati anche ad eventi alquanto improbabili". E' necessario discutere una clausola di uscita".

3. Il proposito non è affatto innocente o, addirittura, ragionevole e cooperativo come si può credere a prima vista leggendo questo schema degli esiti considerati: 
"Secondo gli economisti presenti ci sarebbero tre scenari di uscita ipotizzabili: l'uscita di un paese senza il consenso degli altri, l'uscita con il consenso degli altri, oppure l'esclusione di un paese contro la volontà del paese uscente. Per tutti questi scenari non esiste un quadro giuridico chiaro, afferma Clemens Fuest, presidente dell'Ifo".
Ed infatti, nessuna di queste tre opzioni tiene conto della realtà attuale della disciplina ricavabile univocamente dai trattati (fermo restando che un'uscita concordata è certamente auspicabile, purché rispettosa della libertà negoziale degli Stati interessati): il consenso "degli altri" all'entrata nell'eurozona, nelle attuali previsioni del TFUE, è in realtà preventivamente prestato in forma di "concessione" di uno status da parte di tutti i precedenti appartenenti ma, al tempo stesso, - essendo tale concessione configurata come accoglimento della "istanza" avanzata dal paese di volta in volta interessato-, presuppone, in tutte le previsioni oggettivamente ritrovabili nei trattati, una costante (e rinnovata) volontà adesiva di tale paese, a cui si accompagna il rigoroso "vaglio" preventivo, e successivo (e in tale fase secondo le regole del fiscal compact, che però paiono finora applicarsi, dati fiscali comparati dei vari paesi aderenti alla mano, solo all'Italia) da parte degli altri Stati attraverso la vigilanza della Commissione.

4. In termini giuridico-operativi, trattandosi di un atto ampliativo, cioè di un "beneficio" che gli Stati-membri accordano al richiedente, l'ammissione all'eurozona è già oggi regolata dal costante mantenimento, "costitutivo", della volontà dello Stato richiedente, il cui venir meno, in qualsiasi momento, ha l'effetto naturale (secondo i principi elementari del diritto comune alle nazioni civili, automaticamente valevole nel superiore diritto internazionale consuetudinario ad integrazione di qualsiasi previsione pattizia)  di valere come rinuncia all'atto ampliativo (sarebbe contrario allo ius cogens, e quindi fonte di una pattuizione nulla per violazione di norme imperative di diritto internazionale, la previsione di un vincolo perenne e della irrinunciabilità di un "beneficio").
Per l'approfondimento normativo di tali aspetti si veda quanto esposto in questo post (ripreso ed ampliato ne "La Costituzione nella palude", dove si evidenzia come l'interpretazione suggerita sia condivisa con l'autorevole e parallela analisi dei trattati attuali svolta dal prof.Guarino).

5. Ed infatti, gli "economisti" convenuti a Berlino, - mostrando una certa astuzia negoziale che rinvia alla consapevolezza degli aspetti ora considerati-, con insinuante tendenza al "fatto compiuto", implicano un'interpretazione opposta dei trattati e che porta a riaffermare una inscindibilità attuale dell'uscita dall'euro dall'uscita dall'unione.
E ciò in base ad una forzata lettura "estensiva" dell'art.50, che riafferma necessariamente l'attuale irrealizzabilità dell'€xit: dovendosi seguire la relativa procedura, l'art.50 paralizza, per ovvie considerazioni legate al ruolo e alle posizioni strutturali della BCE, qualsiasi possibilità di uscita dall'euro. E il "caso Grecia" (e prima ancora di Cipro), stanno lì a dimostrarlo senza che occorrano particolari dimostrazioni. 
Non è perciò innocente e tantomeno cooperativo, tutt'altro, che a Berlino si sostenga che:
"Sebbene l'eurozona con l'articolo 50 del trattato UE abbia previsto una clausola di uscita, l'abbandono della moneta unica nei trattati resta legato indissolubilmente anche all'uscita dall'UE. Non è desiderabile, dice Fuest: "al momento l'uscita di un paese non è all'ordine del giorno, proprio per questa ragione sarebbe il momento buono per discutere una clausola di uscita dall'euro". 

6. Altrettanto falsamente innocente, ma in realtà pesantemente implicativa, è l'affermazione per cui:
"L'adesione all'euro è accompagnata dal fatto che il paese deve accettare le regole della zona euro", dice Fuest, riferendosi soprattutto all'Italia. Li' il capo della Lega Salvini ha chiesto che l'Italia ignori gli accordi di politica fiscale che l'Italia stessa ha sottoscritto. "Questo è incompatibile con l'appartenenza all'area dell'euro", dice Fuest."
Basti rammentare con riguardo alla mancata osservanza delle regole della zona euro, - prima con la famosa svalutazione interna "Hartz", accompagnata da ulteriori misure non cooperative "equivalenti" a un'indebita restrizione delle importazioni (e relativa forzatura reiterata del limite del 3% al deficit), e poi con il surplus record "insanzionabile" (qui, p.5)-,  la Germania non è certo "ligia" e rispettosa delle regole più importanti che dovrebbero garantire (molto in teoria, ormai) la sostenibilità dell'eurozona (si veda, qui, p.3).

7. Ma anche superando il considerevole aspetto della violazione prolungata e ostentata di tali regole da parte della Germania, rimane il fatto che queste stesse regole, almeno per quanto riguarda il fiscal compact e le sue specificazioni applicative, sono altamente opinabili nella loro attendibilità scientifico-economica, e concretamente oggetto di fondate obiezioni che rendono tutt'altro che ragionevole il richiamo tedesco alla loro osservanza, nella parte che fa...comodo a loro (e vedremo come ciò non venga neppure nascosto): ci riferiamo in particolare all'essenziale questione dei criteri di calcolo dell'output-gap che, come d'altra parte l'intero fiscal compact, non trova una diretta e legittima giustificazione normativa persino nelle già "mercantiliste" previsioni dei trattati (qui, pp.15-18).

Ora, l'affermazione degli "esperti" di Berlino si risolve oggettivamente in una negatoria preventiva di qualsiasi concessione su questi aspetti cruciali e in una riaffermazione della totale preclusione tedesca a ridiscutere i termini applicativi del fiscal compact, affibbiando l'anatema unilaterale di inadempiente proprio all'Italia (che alle regole fiscali inadempie meno di tutti, peraltro); e proprio in quanto, potenzialmente, prima o poi, faccia valere le sue ragionevoli prerogative, di fronte a un quadro pattizio che si presenta altamente asimmetrico e distorsivo, in proprio danno, e comunque fallimentare per la crescita, l'occupazione e gli investimenti in tutta l'eurozona!

8. La "coscienza sporca" dei tedeschi (e alleati vari), si dimostra proprio nelle seguenti affermazioni giustificative date alla necessità di una clausola espressa di recesso dall'euro:
"Le clausole di uscita potrebbero servire come protezione contro la redistribuzione delle risorse a spese dei singoli stati. Paesi piu' ricchi come la Germania o l'Olanda, grazie ad una clausola di uscita, potrebbero difendersi dalla trasformazione dell'eurozona in una unione di trasferimento. Una clausola di uscita potrebbe aiutare anche i paesi piu' deboli, come l'Italia, che con una loro moneta nazionale, potrebbero tornare nuovamente competitivi."
Questa "vera" giustificazione della esigenza della clausola €xit, è una sostanziale ammissione di inadempienza allo "spirito fondamentale" dei trattati: se non altro perché che l'area valutaria europea dovesse completarsi, inevitabilmente, in una "unione di trasferimenti" era previsto esplicitamente, come obbligo di buona fede degli Stati partecipanti, fin dal rapporto Werner (secondo una linea normativa che non dovrebbe mai aver cessato di essere, implicitamente ma necessariamente, vincolante per gli Stati-membri...).

9. La sostanziale confessione della propria volontà, non cooperativa, di inadempiere ai presupposti giuridico-casuali (cioè negozialmente enunciati nei trattati: cooperazione e crescita comuni) di implicita, ma necessaria, evoluzione normativa dell'eurozona, è confermata da questo ulteriore ragionamento degli "economisti" di Berlino:  
"Quanto siano grandi le differenze lo ha illustrato chiaramente Sinn. Affinché i paesi piu' deboli possano raggiungere la Germania in termini di prezzi, la Germania dovrebbe avere un'inflazione del 4.5% piu' alta rispetto a quella degli altri paesi della zona euro per i prossimi 10 anni.
 
 
10. Il problema lo avevamo (più di recente) affrontato nel post appunto intitolato "Germania anno zero: zero reflazione e zero revisione dei trattati. Open your eyes!

Ed infatti, dopo essere partiti dalla colpevolizzazione preventiva di eventuali pretese italiane che potessero mettere in discussione il rispetto sostanziale dei trattati da parte dei tedeschi, consci di una posizione razionalmente e giuridicamente difficile da difendere, i tedeschi applicano alla clausola di €xit una (non singolare) eterogenesi dei fini, oltreche pervenire all'enunciazione del vero obiettivo che si prefiggono:
"I vantaggi derivanti dall'avere regole di uscita chiare consisterebbero nel ridurre i costi macroeconomici legati all'uscita, compresa l'incertezza, rendendo i conflitti fra gli stati meno probabili", afferma Fuest. 
Potrebbe esserci maggiore incertezza sul futuro dell'eurozona. "Tutto questo spinge verso la creazione di ostacoli procedurali elevati che rendano difficile l'uscita, ma non per un'assenza di una procedura di uscita", dice Fuest.


Le clausole di uscita potrebbero servire come protezione contro la redistribuzione delle risorse a spese dei singoli stati. Paesi piu' ricchi come la Germania o l'Olanda, grazie ad una clausola di uscita, potrebbero difendersi dalla trasformazione dell'eurozona in una unione di trasferimento. Una clausola di uscita potrebbe aiutare anche i paesi piu' deboli, come l'Italia, che con una loro moneta nazionale, potrebbero tornare nuovamente competitivi".

11. In sostanza: se le cose arrivassero (in ipotesi: il pallino dovrebbe essere in mano a un governo italiano che agisca finalmente nell'interesse nazionale) a un punto in cui le violazioni tedesche (il gigantesco surplus non è facile da nascondere con giri di parole) fossero "eccepite" per evidenziare la loro vantaggiosa unilateralità di "fruizione" della moneta unica (come preannuncia anche l'atteggiamento che potrebbero a breve assumere gli USA), i tedeschi, o gli olandesi, si vogliono premunire con un c.d. commodus discessus e...salutare tutti. 
Non prima, però, di aver regolato il saldo Target-2 come se fosse un credito effettivo (e duplicativo) verso gli Stati in passivo dell'eurozona (cosa, come abbiamo visto, giuridicamente forzata).

11.1. A tal fine, - ed è questo l'altro "astuto" accorgimento che vorrebbero predisporre- la clausola di €xit secondo il rito tedesco, non solo dovrebbe immettere adeguati "ostacoli procedurali", in modo da imporre tempi che lascerebbero gli Stati "uscenti" in balia dei poteri della BCE e dell'allarme sfrenato dei "mercati", ma sancirebbe il rinvio "ricattatorio" della stessa introduzione di tale clausola di "appesantimento" dell'€xit, fino alla più ampia riforma dei trattati; cioè contestualmente alla sua introduzione si imporrebbero regimi di condizionalità ulteriormente intrusiva sulla già residuale sovranità fiscale degli Stati dell'eurozona, tale da portarli ad un sostanziale collasso economico-industriale e, prima ancora, bancario (qui, p.5).
Questo punto, cioè concessione di una clausola di €xit giugulatoria, e peraltro semmai favorevole solo ai paesi "creditori" Target-2, solo a condizione che si collochi nella riforma dei trattati che inasprisce il regime di contribuzione fiscale e di condizionalità a carico degli Stati "debitori", è esplicitamente enunciato dai "convegnisti di Berlino:
"...dice Fuest: "al momento l'uscita di un paese non è all'ordine del giorno, proprio per questa ragione sarebbe il momento buono per discutere una clausola di uscita dall'euro". Potrebbe essere incluso nei trattati nell'ambito dell'attuale processo di riforma..."
Più chiaro di così...o forse no.

10 commenti:

  1. Fassina è davvero un bravo ragazzo. E come tutti i bravi ragazzi soffre senza speranza per un grande amore non ricambiato:nel suo caso, la politica. Quando si accetterà per quello che è smetterà di soffrire (con sollievo di chi gli vuol bene).

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  2. Bellissimo articolo.
    Mi viene da pensare che dobbiamo proprio essere contenti che a nord della Germania ci sia praticamente solo il circolo polare artico.

    Dopo un secolo esatto dal concepimento (e dal sanguinoso fallimento) dei vari 'Schlieffen Plan' l'elite tedesca sembra averne messo a punto uno nuovo.

    Solo che stavolta pare abbiano deciso di rompere preventivamente la 'triplice alleanza/asse d'acciaio' e vogliano iniziare a combattere prima ad ovest ed a sud (per lasciare l'oriente ad una fase successiva).

    Ricapitolando la situazione così come appare nel 2018:
    - ad ovest hanno dichiarato la guerra commerciale con gli USA;
    - a sud stanno combattendo la battaglia finale per la conquista e la colonizzazione dell' Italia (banche, industria & commercio);
    - ad est si limitano (per ora) ad una battaglia di discredito della dirigenza politica locale e di annessione economica soft degli stati ex-cuscinetto.

    Dichiarare la guerra commerciale agli USA sembrerebbe una scelta folle, ma un aspetto del recente accordo Brexit ci dovrebbe far pensare.

    Pare che Gibilterra (i cui residenti al referendum hanno votato quasi unanimemente per rimanere nella EU) rimarrà aperta alla EU (come si vorrebbe anche per l'Irlanda) anche dopo il 2020 (altrimenti la Spagna avrebbe messo il veto ai negoziati con UK).

    E' lecito quindi sospettare che la Germania (cioè la sua elite) pensi a questo accordo con UK come ad una sorta di 'Operazione Felix' in incognito (https://it.wikipedia.org/wiki/Operazione_Felix), cioè ad una potente leva strategica per poter all'occorrenza tagliare fuori gli USA dall'Europa e dal Mediterraneo (immagino con un referendum come in Crimea o con una rapida invasione terrestre di truppe spagnole).

    Non mi meraviglierei quindi più di tanto se tra qualche tempo Gibilterra passase 'improvvisamente' agli USA a seguito di un nuovo 'Trattato di Utrecht' (o semplicemente per lo scoppio delle ostilità su tutti e tre i fronti).

    Ovviamente io spero che sia l'Italia a passare entro sei mesi all'attacco...

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  3. Comunque fa effetto rileggere questo post (da notare la data):

    “se e solo se, ovviamente, fosse adottata al più presto”

    Ora non so se è più così…. so solo che è un post di 3 anni fa:

    c) il deficit di contribuzione al bilancio UE è un trasferimento annuale, di pari misura, che aggrava i nostri conti con l'estero e, in caso di recupero della sovranità monetaria, sarebbe aggravato dalla svalutazione (proprio perchè è un deficit e non ha alcun possibile contropartita "sinallagmatica" da parte UE);
    d) pertanto, l'Italia, per il solo fatto di uscire dalla UE, e non solo dalla moneta unica, avrebbe un miglioramento non indifferente del proprio conto corrente con l'estero, strutturale e permanente; e per ottenere ciò, non occorrerebbe richiamarsi all'abusato (e incompreso) recesso ex art.50 TUE, cioè al recesso "politico", sine causa, ma, più utimente, al recesso per la manifesta ricorrenza della clausola "inadimplenti non est adimplendum" o anche di quella "rebus sic stantibus" (artt.60 e 61 della Convenzione di Vienna; cfr; p.4);

    e) l'adozione di questa linea avrebbe, - all'interno della quale sarebbe agevolmente negoziabile il nostro mantenimento all'interno di un'area doganale europea (essendo nell'interesse bilaterale di tutti)-, ulteriori enormi vantaggi, se e solo se, ovviamente, fosse adottata al più presto:
    e1) l'Italia uscirebbe dal vincolo del fiscal compact senza perdere nulla: in particolare, non sarebbe più obbligata, come conseguenza, a mantenere la sua ulteriore contribuzione ai fondi operativi dell'ESM, e con ciò non porrebbe ulteriormente a rischio la parte di capitale già versata in quanto impiegata, in quota consistente e in prospettiva crescente, in salvataggi verso la Grecia e verso altre situazioni di debitori che non potranno restituire mai e, anzi, solo fare un default tardivo e di crescenti dimensioni;
    e2) l'Italia avrebbe titolo, uscendo dall'UE simultaneamente all'euroexit, per riavere indietro i propri contributi già versati per l'ESM e l'ESFS (circa 142 miliardi, tra versamenti a debito e equivalenti "garanzie", da sommare alla cessazione delle contribuzioni ancora dovute), oltre che la contribuzione al capitale della BCE.
    Tutte voci di credito che andrebbero opposte in compensazione nella regolazione dei residui passivi della contabilità target-2 (nella misura in cui rifletta una posizione passiva - commerciale- italiana all'interno dell'area euro stessa);

    http://orizzonte48.blogspot.com/2015/07/perche-il-caso-grecia-ci-fa-capire-che.html?spref=tw …

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    1. Sì, paradossalmente altri tempi; quando ancora si poteva immaginare una speranza. Ogggi ridotta a ben poco.
      Ma occorre essere realistici sul politicamente possibile e, quindi, il discorso non può essere mai disgiunto da quello della desertificazione delle "risorse culturali" (ciò che è reale è razionale, etc)...

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  4. La spavalderia degli "economisti nordisti "è veramente irritante come tutte le volte che l' acronimo "tina"è uscito dalle bocche degli elitisti e liberisti di tutte le latitudini.Cerco nei post e nei commenti il modo per far svanire questo ghigno di scherno dalle facce dei nostri competitori,come Davide cercava il sasso che armasse la sua fionda contro Golia.Esterno l' esigenza di una soluzione alla quale non posso contribuire purtroppo ,ma voglio ardentemente aderire .Un cordiale saluto a tutti

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  5. Questo post è da incorniciare (e anche da fae girare). Grazie quarantotto

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  6. Ho provato in excel a vedere quanto potrebbe valere il totale cumulativo in 10 anni del surplus tedesco ipotizzando una crescita tedesca del PIL del 2% l'anno ed un surplus annuale medio pari al 6,5%.

    Dopo 10 anni, ipotizzando che a to sia PIL = 3800 miliardi, il cumulo risulta pari a circa 2930 miliardi (circa 1538 miliardi dopo soli 5 anni da to, cioè quasi quanto il PIL italiano a to+5,un importo addirittura superiore al PIL russo!).

    Supponendo che il disavanzo commerciale dell'Italia verso la Germania si mantenga pari ai 4/9 del totale verrebbe una cifra pari a 1300 miliardi (da aggiungere ai 444 del grafico): cioè ben 1700 miliardi!

    Si è mai verificato un simile precedente nella storia?

    Combatteranno fino alla sconfitta (cit. Bagnai).
    E siccome la loro sconfitta sarà la nostra vittoria...

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  7. Volevo chiedere due cose che ho diffuso sui miei blog da un annetto: tutti sappiamo che "il fu" referendum grillino ci avrebbe messo in braccio alla speculazione e quindi era inapplicabile.
    Ma un meccanismo simile avviene se un week end a banche chiuse emettiamo il decreto per uscire dall'euro e disporre una BC. Infatti se questo decreto Mattarella non lo firma? Se non erro servono un paio di mesi per riporlo all'attenzione (e lì sarebbe costretto=)...e comunque anche fossero solo 3 giorni la speculazione ci disintegrerebbe.

    Anche il target due ho letto di Borghi che dice "la BCE salderebbe i debiti con Bundesbank stampando e poi contemporaneamente cancellerebbe il saldo negativo all'Italia"...mmmmm questo regalo non credo ce lo farebbe...pretenderebbero il pagamento dei 444 md (in aumento) ed andrebbero trattati alla luce del fatto che intanto il Target 2 è conseguenza anche della violazione del TFUE (Export) alemanno e poi non sarebbe mai esistito avessimo avuto una BC nostra.

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  8. Voglio proprio vedere se l' irreversibilità dell' euro reggerà dopo novembre 2019. Si preoccupano per questo, nel momento in cui , come paventato da ESMT & MPI forse non permarrà la condizione:

    ""E' possibile che la situazione nell'unione monetaria si sia stabilizzata grazie alla ripresa economica congiunta, ma i saldi Target in continua crescita evidenziano le fratture economiche all'interno della zona euro.""

    Il Titanic avanza verso la catastrofe e nulla potrà fermarlo, e non sarà bello poi, dopo la catastrofe. E' bene che qualcuno come Sinn, nel Paese di chi sta manovrando il piroscafo apparentemente inaffondabile, si preoccupi della questione, ma come al solito succederà che solo dopo, tutti rifletteranno.

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