ALIENAZIONE E FETICISMO
Post di Bazar con contributi filologici di Arturo
« La mia
filosofia fa rea d’ogni cosa la natura, e discolpando gli uomini totalmente,
rivolge l’odio, o se non altro il lamento, a principio più alto. all’origine
vera de’ mali de’ viventi » Giacomo Leopardi, Zibaldone,
2 gennaio 1829
(I) Introduzione
Questa serie
di post ha l’obiettivo di esplorare uno dei maggiori «misteri» del
nostro convivere sociale: quello dell’alienazione e del feticismo.
L’approccio
sarà come di consueto fenomenologico, cercando di conciliare tanto l’empirismo
più radicale quanto il trascendente, o, stando con Marx, col «religioso».
Il tema è
tanto complesso quanto affascinante.
La prima
parte cercherà di illustrare il senso logico e filologico del feticismo
nel pensiero marxiano affidandoci a Michael Heinrich (e la sua An Introduction to the Three
Volumes of Karl Marx’s Capital, Monthly Review Press, N. Y., 2004) in modo da poggiare le
basi speculative su una fondazione fenomenologica – stando con
Luporini – dell’epistemologia delle scienze sociali.
Si cercherà
in seguito di porre in relazione la Tecnica e l’alienazione con la
sociostruttura ed il feticismo, facendo una breve analisi comparata tra il
cosmismo russo e le correnti di pensiero che vengono in qualche modo ricondotte
al transumanesimo.
In questo
affascinante ed oscuro territorio dell’esplorazione del pensiero tra
epistemologia, cognitivismo e religione, si mostrerà che la presa di coscienza
dell’uomo nell’impegno di liberarsi dal giogo della società in classi è una
lotta per l’autocoscienza e la vita in cui l’umanità deve lottare con se
stessa, con la sua volontà, con il suo Intento, per sconfiggere ciò che è altro
dall’Uomo, che si presenta come Natura per non renderlo consapevole
dell’oppressione e dello sfruttamento.
(II) Feticismo ed
Alienazione: il rapporto tra tecnologia, lavoro e politica.
Quando si
parla di feticismo nella dimensione socioeconomica non si ha a che fare
con nulla di freudiano o, in qualche modo, che riguardi la sfera della
sessualità. Né tanto meno si ha a che fare con l’ importanza puramente
psicosociale attribuita alle merci che, nella società capitalistica, assurgono
spesso a status symbol.
Il primo
sforzo consiste nel compiere un passaggio dal dominio dell’esperienza
individuale a quello dell’astrazione necessaria per indagare l’oggetto sociale,
rinunciando alla proiezione del sé personale a beneficio di una visione
astratta della collettività umana come insieme di rapporti sociali:
quest’astrazione permette di analizzare i fatti concreti che si presentano come
fenomeni sociali.
La forza del
liberalismo classico, ottocentesco, ormai ritornato da decenni mainstream,
consiste proprio nel non considerare la società come un intero diverso
dalla somma delle sue parti, in modo olistico e, di conseguenza, risulta essere
una prassi teoretica efficacissima per gli interessi delle
facoltose classi egemoni; il liberalismo risulta così “ingannevole” e
“fuorviante” nei suoi enunciati che, tendenzialmente – prendendo ad oggetto
l’individuo e non la società – saranno moralistico-prescrittivi per il
grande pubblico delle classi subordinate da una parte, e paluderanno una
precisa linea di ristrutturazione sociale favorevole ad una minoranza dall’altra.
Ciò che
scompare dalle coscienze, complici le ideologie propagandate dal pensiero in
auge, sono i rapporti sociali.
Se non
associamo al concetto di “valore economico” quello di qualità e quantità di
“vita spesa”, alienata come “tempo di lavoro” nella produzione di beni e
servizi, e consideriamo uno dei concetti fondativi del liberalismo –
post-rivoluzione marginalista – come quello per cui la creazione del valore non
è attribuita al lavoro ma all’arte (sic, cfr. Nietzsche...) della
rendita capitalistica, il tempo dedicato al lavoro materiale ed intellettuale
non verrebbe così alienato, ma apparterrebbe ab origine al rentier:
la vita e la relativa coscienza, secondo quello che è oggi un dogma sotteso al
pensiero dominante, non sarebbero della persona umana, ma sarebbe di proprietà
e sotto controllo dei padroni nella forma di cose: prodotti e servizi, merci.
Se ne deduce
che la prescrizione-moralistica propagata dalla classe egemone è quella
di rendere totalizzante quest’alienazione propedeutica al controllo totale e
totalitaristico delle organizzazioni sociali, in modo da renderle massimamente
efficienti per lo sfruttamento.
Il primo
grande autore a svolgere in modo sistematico questo punto di vista è stato Marx:
secondo il padre delle scienze sociali moderne, il feticismo delle merci
è caratterizzato da quello stato di cose per cui i rapporti sociali tra persone
appaiono come relazioni tra beni: “beni” che sono messi in relazione tra loro
tramite il “valore”.
Non a caso
la sezione finale del primo libro de Il Capitale si chiama «Il
Feticismo della Merce ed il suo Segreto»
Michael
Heinrich, filologo, economista e matematico tedesco, fa
notare che questa realtà non è semplice falsa coscienza che, una volta
disvelata, fa cadere l’inganno della mercificazione delle relazioni sociali,
portando alla luce il rapporto tra persone sotteso, ma:
---a) « la
mercificazione dei prodotti appare a prima vista una cosa estremamente ovvia,
banale, eppure, ad un’analisi più approfondita, si nota una cosa piuttosto
strana, ricca di sottigliezze
metafisiche e teologiche » (Il Capitale, 1:163)
Una merce «trascende
la sensitività», o meglio – stando con Marx – è una «cosa»
con proprietà «sensitive extra-sensoriali», «soprannaturali»
[sinnlich übersinnliches Ding] (Il Capitale, 1:163].
Sicuramente
non è misterioso il fatto che una merce abbia un particolare valore in
funzione del tempo di lavoro umano speso a produrla o per chissà quale altra
spiegazione teorica, come nel caso visto sopra della posizione presa dall’elitismo
marginalista che nega l’assunto dell’economia classica che Marx fa
proprio: l’analisi mostra che il valore-oggettivo non può essere
espresso dalla merce in sé (ed è in questo senso che viene definita “extrasensoriale”,
ovvero di una “oggettività spettrale”), ma solo attraverso un’altra
merce che incorpora direttamente in sé il valore.
---b) dove
sorge, quindi, il carattere enigmatico della forma merce?
Marx risponde che, chiaramente, deriva dalla forma stessa.
Il carattere
misterioso della forma merce è quindi costituito semplicemente dal fatto
che « la merce riflette le caratteristiche sociali del lavoro umano come
caratteristiche oggettive del prodotto del lavoro stesso, come se fossero proprietà socio-naturali
[gesellschaftliche Natureigenschaften] di queste cose. Quindi riflette anche
la relazione sociale dei produttori sulla somma totale del lavoro come
relazione sociale, che esiste al di là da e al di fuori dei produttori. » (Il
Capitale, 1: 164-65)
In ogni
forma sociale di produzione caratterizzata dalla divisione del lavoro, le
persone stanno in un particolare rapporto sociale tra loro.
« Nella
produzione di merci, questa
relazione sociale tra le persone appare come una relazione tra le cose:
non sono più le persone a stare in una relazione specifica tra loro, ma le
merci.
Le relazioni
sociali delle persone appaiono quindi come proprietà “socio-naturali” dei
prodotti del lavoro: cosa intenda Marx può essere mostrato usando
l’esempio del valore: da una parte è chiaro che il valore non è una proprietà
naturale delle cose, come il peso ed colore, ma dall’altro lato, per le persone
che vivono una “società produttrice di merci”, appare che le cose in un
contesto sociale automaticamente possedono “valore”, e che quindi
automaticamente seguono loro leggi oggettive alle quali gli esseri umani si
devono sottomettere. Sotto la condizione della produzione di merci, le cose
assumono vita propria, per le quali Marx trova semplicemente un paragone
adatto col «nebuloso regno della religione»: nella
religione, è il prodotto della mente umana a prendere vita propria, mentre nel
mondo delle merci è «il prodotto delle mani dell’uomo» che lo fa:
« Chiamo “feticismo” ciò che si attacca ai prodotti del lavoro, appena
questo viene prodotto come merce, ed è quindi inseparabile dalla produzione di
merci. » Il Capitale, 1:
165
---c) se il
feticismo «si attacca» alle merci, allora deve essere qualcosa di più che
semplicemente una questione di falsa coscienza: il feticismo deve anche
esprimere una situazione reale. Effettivamente, in queste condizioni, i
produttori non sono in relazione tra loro in modo diretto, sociale; prima
entrano in relazione l'un l'altro durante lo scambio, attraverso i prodotti del
loro lavoro. Il rapporto sociale tra cose non è quindi una semplice illusione:
stando con Marx: « le relazioni sociali tra il loro lavoro privato
appaiono per ciò che sono, cioè non appaiono come relazioni sociali dirette tra
le persone al loro lavoro, ma piuttosto come relazioni cosificate [dinglich]
tra persone e relazioni sociali tra cose » Il Capitale, 1: 166
Questa
“caratteristica sociale”, il “valore”, è considerato nella società
capitalistica «auto-evidente e necessità imposta dalla natura» Il
Capitale, 1: 175
---d) Il valore
è l’espressione oggettiva di una relazione sociale prodotta dagli esseri umani,
ma non è a loro trasparente.
Gli uomini
quindi non mettono in relazione i prodotti del loro lavoro l’uno con l’altro
come “valori” perché vedono questi oggetti semplicemente come il risultato
materiale di omogeneo lavoro umano. E’ vero il contrario: equiparando i loro
diversi prodotti tra loro in cambio di “valore”, essi equiparano i loro diversi
tipi di lavoro come “lavoro umano”. E lo fanno senza esserne consapevoli.
(Il Capitale, 1: 166)
Lo scambio
di “valore” avviene senza che nessuno sia consapevole di quanto “valore umano”
sia contenuto nei prodotti scambiati.
Quello che
fa Marx è mostrare che gli umani agiscono senza essere consapevoli delle
condizioni della loro azione.
---e) Questo feticismo
prodotto inconsciamente non è semplicemente uno stato di falsa coscienza, ma
piuttosto possiede una forza materiale. Il valore delle merci scambiate varia
continuamente, indipendentemente dalla volontà, dalla preveggenza e dalle
azioni di chi opera nel mercato. Il loro stesso movimento all'interno della
società viene da loro stessi percepito sotto la forma di un movimento compiuto
da cose, che sono lungi dall’essere sotto il loro controllo, infatti sono le
cose stesse che controllano loro. (Il Capitale, 1: 169-70)
Il valore
delle merci è espressione di un travolgente interazione sociale che non può
essere controllata dagli individui. In una società fondata sulla produzione di
merci, le persone (tutte!) sono sotto il controllo delle cose, e i rapporti
decisivi di dominio non sono personali ma “oggettivi” (sachlich). Questo
dominio impersonale e oggettivo, questa sottomissione a “necessità
intrinseche”, non esiste perché le cose stesse posseggono caratteristiche
che generano tale dominio, o perché l'attività sociale richiede questa
mediazione attraverso le cose, ma solo perché le persone si relazionano alle
cose in un modo particolare – come merci.
---f) Questo
dominio oggettivo (sachliche Herrschaft) e l’oggettivazione delle
relazioni sociali come “proprietà delle cose” è il risultato di uno il
specifico comportamento degli umani che
non è trasparente alla coscienza quotidiana.
Per questa
coscienza spontanea, «le forme che permettono ai prodotti di avere la forma
di merce… possiedono la qualità fissa di forme naturali di vita sociale»
(Il Capitale, 1: 168).
Le categorie
dell’economia (neo)classica devono operare sotto l’illusione di queste forme.
Però, questa illusione non è il risultato del delirio soggettivo del singolo
economista. Marx sottolinea che questa illusione si basa su una oggettività
specifica e quindi ha una certa necessità:
«Le
categorie dell’economia borghese consistono precisamente in forme di questo
tipo. Sono forme di pensiero socialmente valide e, quindi, obiettive [gesellschaftlich
geltige, anche objektive Gedankenformen] per i rapporti di
produzione appartenenti a questa modalità storicamente determinata di
produzione sociale, ad esempio la produzione di merci». (Il
Capitale, 1: 169)
La “critica alle
categorie borghesi” di Marx non è un esercizio astratto di filosofia della
scienza:
« L’economia
politica ha infatti analizzato il “valore” e la sua “grandezza”, comunque in
modo incompleto, e ha scoperto il contenuto nascosto di queste forme. Il punto
è che non si è mai chiesta il perché questo contenuto ha assunto una
particolare forma, vale a dire, perché il lavoro è espresso in valore, e perché
la misura del lavoro per la sua durata è espressa nella grandezza del valore
del prodotto » (Il Capitale, 1: 173-74)
Perché il
valore-oggettività (Wertgegenstandlichkeit) è il risultato di un
comportamento molto specifico degli esseri umani, ovvero produrre le cose in
privato
e
scambiarle, ma questa correlazione non è né evidente né si presenta spontaneamente
alla coscienza di tutti i giorni o agli economisti politici. Entrambi vedono
nella forma merce una “proprietà socio-naturale” (gesellschaftliche
Natureigenschaft). A tale riguardo, sia la coscienza quotidiana che la
scienza economica rimangono imprigionate in questo feticismo.
Una volta
riconosciuto il feticismo come fatto sociale, ovvero come prassi
consuetudinaria – per quanto comunemente inconscia – nel modo di rapportarsi
tra gli uomini, Marx evidenzia che ciò non è naturale ma, piuttosto, assolutamente
modificabile dagli uomini, fino a poter concepire società prive di
mercificazione e denaro.
---g) Il
feticismo non è limitato alla merce. È anche inerente al denaro.
La moneta,
come manifestazione indipendente di valore, possiede uno speciale forma
di valore: a differenza di tutte le altre merci esiste nella forma
dell'equivalente generale. Il bene speciale (o pezzo di carta) che funziona
come moneta può funzionare solo come moneta, proprio perché tutte le
altre merci si relazionano ad esso come moneta. Tuttavia, la forma moneta
appare essere una “proprietà socio-naturale” di questo bene.
«Ciò che
sembra accadere non è che una merce particolare diventa moneta perché tutte le
altre merci esprimono il loro valore in essa, ma, al contrario, tutte le altre
merci esprimono universalmente il loro valore tramite un bene particolare,
perché è moneta. Il movimento attraverso cui questo processo è stato mediato
svanisce nel suo stesso risultato, non lasciandosi tracce dietro. Senza alcuna
iniziativa su queste, le merci trovano la loro particolare
configurazione-di-valore pronta a portata di mano, sotto forma di un bene
fisico esistente al di fuori ma anche al fianco di queste» (Il Capitale,
1: 187)
Il
ragionamento che si è fatto sulla merce si applica anche alla moneta: solo il
risultato di un comportamento specifico dei proprietari di merci permette alla
moneta di possedere le sue proprietà specifiche. Ma questa mediazione non è più
visibile, “svanisce”. Per questo motivo, sembra che la moneta possegga questa
proprietà in sé e per sé. Nel caso della moneta, se è una moneta metallica o un
pezzo di carta, una relazione sociale appare come un proprietà oggettiva di una
cosa. E proprio come per la merce, gli attori sociali non devono essere
consapevoli della relazione di mediazione al fine di agire: “Chiunque può
utilizzare la moneta come moneta senza necessariamente capire che cosa la
moneta sia”(Teorie sul
plusvalore, MECW 32: 348).
(In teoria
dovrebbe essere più facile cogliere il carattere feticistico di una moneta
fiat, ma viene da domandarsi se la sua presunta “scarsità” non ne sia la forma
peculiare).
In pratica Marx,
da padre della sociologia moderna, associa la moneta alla merce in quanto in
comune hanno una “forma sociale”: ovvero ciò che hanno in comune la moneta e la
merce, non è un qualche “valore intrinseco” come sostenuto da gran parte degli
economisti neoclassici, ma l’essere riferite ad un’istituzione conforme ad un
suo concetto, ovvero ad una forma sociale con una sua razionalità che rende i fenomeni
sociali oggettivi e dotati di regolarità analizzabili scientificamente. Questa
istituzione fondamentale è il mercato che, con le sue istituzioni ausiliarie
come la moneta, assoggetta a logiche oggettive i rapporti sociali.
E’ facile
rendersene conto con un semplice esperimento mentale: mentre con un milione di
euro su un’isola deserta potrò al massimo accendere un falò, con la stessa
somma in Italia avrò un significativo potere sociale: è la società che glielo
conferisce, non una qualche proprietà magica della carta.
L’economia
politica, da questo punto di vista, è la scienza che studia il rapporto tra le
istituzioni mercantili che rispondono a logiche privatistiche, e le istituzioni
pubbliche rappresentate dallo Stato.
---h) L’
“assurdità” [Verriicktheit] (Il Capitale, 1: 169) di questa
reificazione dei rapporti sociali aumenta nel caso della moneta. Se i prodotti
del lavoro si trasformano in merce, acquisiscono un valore-oggettività oltre
alla loro obiettività fisica come valore d'uso. Questo valore-oggettività, come
illustrato sopra, è una “oggettività spettrale”, apparentemente obiettiva
quanto il valore d'uso, ma non tangibile o visibile nel singolo oggetto. Il
denaro, però, conta come manifestazione indipendente di valore. Mentre
le merci sono oggetti utili che in aggiunta posseggono lo stato obiettivo di
essere valori, il denaro è direttamente il "valore-cosa" (Wertding).
Marx chiarisce questo punto usando un bell'esempio:
« È come
se, oltre a leoni, tigri, lepri e tutti gli altri animali realmente esistenti
con cui insieme costituiscono le varie famiglie, specie, sottospecie, ecc. del
regno animale, esistesse anche l'Animale, l’incarnazione individuale di tutto
il regno animale » (MEGA 11.5: 37)
Quel
“Animale” che cammina tra i vari animali concreti non è solo materialmente
impossibile, è anche un'assurdità logica: la categoria astratta è posta allo
stesso livello degli elementi da cui la categoria astratta è derivata. Ma la moneta
è la vera esistenza di questa assurdità.
---i) Nella
società borghese, la coscienza spontanea delle persone soccombe al feticismo
della merce e del denaro. La razionalità del loro comportamento è sempre un
sottoprodotto della razionalità all'interno del quadro stabilito dalla
produzione di merci. Se le intenzioni degli attori sociali (ciò che loro
“sanno”) sono il punto di partenza dell'analisi (come è il caso in economia
neoclassica e varie teorie sociologiche), allora quello che gli individui “non sanno”,
la struttura che precondiziona il loro pensiero e le attività, sono cancellati
dall'analisi fin dall'inizio.
Con il
capitalismo liberale, la struttura sociale lega e, in qualche modo,
“sostituisce” le persone stesse, cosificandone i rapporti e le coscienze.
Indipendentemente dalla classe sociale di appartenenza.
Si può
riassumere nei termini usati da George McCarthy (Marx’s Critique of
Science and Positivism, Kluwer, Dordrecht-Boston-Londra, 1988, pag. 5):
«Le istituzioni sociali e le risultanti relazioni interpersonali sono parte dell’epistemologia poiché hanno la capacità di distorcere e minare la ricerca di autocoscienza e autonomia morale. La chiarificazione del significato delle pratiche sociali e delle loro rivendicazioni di verità e validità verrà studiato in relazione al modo in cui il sistema sociale promuove o limita la ricerca della verità: la falsa coscienza e l’ideologia sono prodotti di una società che tenta di nascondere le strutture di potere e le forme sociali di dominio e sfruttamento. Da questo punto di vista l’economia politica viene considerata come una forma di epistemologia sociale»
«Le istituzioni sociali e le risultanti relazioni interpersonali sono parte dell’epistemologia poiché hanno la capacità di distorcere e minare la ricerca di autocoscienza e autonomia morale. La chiarificazione del significato delle pratiche sociali e delle loro rivendicazioni di verità e validità verrà studiato in relazione al modo in cui il sistema sociale promuove o limita la ricerca della verità: la falsa coscienza e l’ideologia sono prodotti di una società che tenta di nascondere le strutture di potere e le forme sociali di dominio e sfruttamento. Da questo punto di vista l’economia politica viene considerata come una forma di epistemologia sociale»
PARAFILIA FETICISTICA
RispondiElimina(otc)
Ringraziando il Baazar e i contributi del Arturo del ripasso – molto poco “bigniamico” - del pensiero marxiano che ricorda che la STRUTTURA economica delle società (rapporti di produzione) si “eleva” sulla SOVRASTRUTTURA giuridica, politica, ideologica, accademica che la plasma, conforma, con/fonde, sovviene il considerare che in epoche di capitalismo OBSOLETO e democrazia MATURA la progressione “evoluzionistica” del feticismo dirrompe dalla religiosità etnologica nella patologia sociopatica invadendo i territori “sconusciuti” della psiconalisi.
Non più il culto di un FETICCIO materiale quanto manifestazioni cliniche (PARAFILIA) di compulsioni intense, egosintonica/egodistonica, ricorrenti rivolte a persone non conserzienti con sofferenze e umiliazioni.
Sarebbe di pelosità superflua l'approfondimento cronacistico freudiano (ma son d'esoteria junghiana) che riempie la “notizia” e anche l'elencazione casistica del DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders) per ricordare che “non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere ma, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza”.
Mah .. forse una moderna ontogenesi del materialismo storico.
Beh...dopo questo post andrebbe riletta tutta la precedente "paretianata-eugeneticizzante-cosmetica"e rendersi conto di quale lavoro (grazie a Sofia,Francesco,Arturo,Bazaar) a 360 gradi sia in corso di svolgimento.
RispondiEliminaÈ un primo nucleo di CLN senza degasperiani, liberali, repubblicani, azionisti federalisti.
CLN(costituenti) - Viaggio De Gasperi in USA = Resistenza
[Resistenza > "Spirito della Resistenza"
Sí...sto finalmente leggendo "Il principe senza scettro"].
C'è fate studia 'na "svaria":)!
Grazie a Bazaar e ad Arturo. Io mi limito ad aggiungere alcuni passi di un Marx “antropologico”, come direbbe Basso, ma che non è in contraddizione con il Marx “scientifico” del Capitale. Tutt’altro:
RispondiElimina“… l'economia politica considera il proletario, cioè colui che senza capitale e senza rendita fondiaria vive unicamente del lavoro, di un lavoro unilaterale ed astratto, soltanto come lavoratore… non lo considera come uomo nel suo tempo di disoccupato, ma affida questa considerazione alla giustizia criminale, ai medici, alla religione, alle tabelle statistiche, alla politica e alla polizia…
Nell'economia politica il lavoro viene in considerazione soltanto sotto forma di attività di guadagno…
L’economia politica conosce il lavoratore solo come animale da lavoro, come bestia ridotta ai più stretti bisogni fisici… CON LA VALORIZZAZIONE DEL MONDO DELLE COSE CRESCE IN PROPORZIONE DIRETTA LA SVALORIZZAZIONE DEL MONDO DELL’UOMO….Questo fatto non esprime nient’altro che: l’oggetto che il lavoro produce, il suo prodotto, gli si contrappone come un essere estraneo, come una potenza indipendente dal produttore. Il prodotto del lavoro è il lavoro che si è fissato in un oggetto, è diventato una cosa, è l'oggettivazione del lavoro. La realizzazione del lavoro è la sua oggettivazione. Questa realizzazione del lavoro appare nella condizione economico-politica come derealizzazione [Entwirklichung] del lavoratore, l'oggettivazione appare come perdita e asservimento all'oggetto, l'appropriazione come ESTRANIAZIONE (rapporto tra lavoratore e prodotto, NdF), come ALIENAZIONE (rapporto tra lavoratore e attività, NdF) …
L’economia politica nasconde l’estraneazione nell’essenza del lavoro per il fatto che NON CONSIDERA L’IMMEDIATO RAPPORTO TRA IL LAVORATORE (IL LAVORO) E LA PRODUZIONE …Il rapporto immediato del lavoro con i suoi prodotti è il rapporto del lavoratore con gli oggetti della sua produzione. Il rapporto del facoltoso con gli oggetti della produzione e con questa stessa è soltanto una conseguenza di questo primo rapporto.
In cosa consiste ora l’alienazione del lavoro? Consiste prima di tutto nel fatto che il lavoro è esterno all'operaio, cioè NON APPARTIENE AL SUO ESSERE, e quindi nel suo lavoro egli non si afferma, ma si nega, si sente non soddisfatto, ma infelice, non sviluppa UNA LIBERA ENERGIA FISICA E SPIRITUALE, ma sfinisce il suo corpo e distrugge il suo spirito. Perciò l'operaio solo fuori del lavoro sì sente presso di sé; e si sente fuori di sé nel lavoro. E a casa propria se non lavora; e se lavora non è a casa propria. Il suo lavoro quindi non è volontario, ma costretto, è un lavoro forzato. Non è quindi il soddisfacimento di un bisogno, ma soltanto un mezzo per soddisfare bisogni estranei. La sua estraneità si rivela chiaramente nel fatto che non appena vien meno la coazione fisica o qualsiasi altra coazione, il lavoro viene fuggito come la peste…
Come nella religione, l'attività propria della fantasia umana, del cervello umano e del cuore umano influisce sull'individuo indipendentemente dall'individuo, come un'attività estranea, divina o diabolica, cosi l'attività dell'operaio non è la sua propria attività. Essa appartiene ad un altro; è la perdita di sé. (segue)
La “valorizzazione del mondo” cancella la peculiarità ontologica dell’essere umano, il suo carattere specifico che lo caratterizza come specie, la “libera attività cosciente” teleologicamente orientata. “… Il lavoro estraniato rovescia dunque il rapporto in quanto l’uomo, proprio perché è un essere cosciente, fa della sua attività vitale, della sua essenza, soltanto un mezzo per la sua esistenza…” [K. MARX, Manoscritti economico-filosofici del 1844, Milano, 2018, 22, 24, 72, 74-76, 78-79].
RispondiElimina“… Il lavoro alienato fa dunque: 3) dell'essere dell'uomo, come essere appartenente ad una specie, tanto della natura quanto della sua specifica capacità spirituale, un essere a lui estraneo, un mezzo della sua esistenza individuale. Esso rende all'uomo estraneo il suo proprio corpo, tanto la natura esterna, quanto il suo essere spirituale, il suo essere umano. 4) Una conseguenza immediata del fatto che l'uomo è reso estraneo al prodotto del suo lavoro, della sua attività vitale, al suo essere generico, è l'estraniazione dell'uomo dall'uomo. Se l'uomo si contrappone a se stesso, l'altro uomo si contrappone a lui. Quello che vale del rapporto dell'uomo col suo lavoro, col prodotto del suo lavoro e con se stesso, vale del rapporto dell'uomo con l'altro uomo, ed altresì col lavoro e con l'oggetto del lavoro dell'altro uomo.
In generale, la proposizione che all'uomo è reso estraneo il suo essere in quanto appartenente a una specie, significa che un uomo è reso estraneo all'altro uomo, e altresì che ciascuno di essi è reso estraneo all'essere dell'uomo. L'estraniazione dell'uomo, in generale ogni rapporto in cui l'uomo è con sé stesso, si attua e si esprime soltanto nel rapporto in cui l'uomo è con l'altro uomo. Dunque nel rapporto del lavoro estraniato ogni uomo considera gli altri secondo il criterio e il rapporto in cui egli stesso si trova come lavoratore” [K. MARX, Manoscritti economico-filosofici del 1844, cit., 80-81]. A valle, tutti i rapporti sociali sonoquindi estraniati, cosificati.
E l’economia politica mainstream, come “scienza della ricchezza” travestita di moralismo (“la morale dell’economia politica è il guadagno” ed “esprime soltanto alla sua maniera le leggi morali”, K. MARX, cit., 158-159) si è sempre e soltanto occupata di cose, non degli esseri umani, assolutamente incapace di concepire la ricchezza in modo non feticistico, come vorrebbe invece l’art. 3, comma II, Cost., che prevede l’obbligo in capo alla Repubblica di rimuovere gli ostacoli per consentire “il pieno sviluppo della persona umana”.
Lo starnazzare scomposto dei media e dei capitalisti da ultimo intorno al “decreto dignità” (ma è storia vecchia quanto il capitalismo) conferma pienamente quanto sopra. Riletto il concetto di “dignità del lavoro” alla luce di quanto riportato nel post e collegato il medesimo alle previsioni positive del dettato costituzionale, esso assume veramente un significato inaudito. Inimmaginabile…
OT - Trump sta per prendere il controllo della FED!
RispondiEliminahttps://www.cnbc.com/2018/07/20/trump-poised-to-take-control-of-the-federal-reserve.html
Il riferimento di Francesco all’antropologia mi pare molto pertinente.
RispondiEliminaUno sguardo antropologico, sia sincronico che diacronico, rivela chiaramente quanto il tipo umano generato da questo tipo di società risulti aberrante, e quindi, indirettamente, quanto sia fondata una critica epistemologica del capitalismo, o almeno di certe sue tendenze ricorrenti, naturalizzazione dalla propria particolare “forma di vita” in primis.
Scrive un illustre e acuto antropologo come Sahlins (che ho citato poco tempo fa): “Natural self-interest? For the greater part of humanity, self-interest as we know it is unnatural in the normative sense: it is considered madness, witchcraft or some such grounds for ostracism, execution or at least therapy. Rather than expressing a pre-social human nature, such avarice is generally taken for a loss of humanity. It puts in abeyance the mutual relationships of being that define a human existence. Yet if the self, the body, experience, pleasure, pain, agency and intentionality, even death itself, are transpersonal relationships in so many societies, and in all likelihood through so many eons of human history, it follows that the native Western concept of man's self-regarding animal nature is an illusion of world-anthropological proportions.” (The Western Illusion of Human Nature, Prickly Paradigm Press, Chicago, 2008, pag. 51).
Come dicevo, anche andando indietro ci si accorge di quanto certi punti di vista risulterebbero assurdi. Aristotele, La politica, 1280 a: gli uomini non si radunano nello stato (polis) “né per un’alleanza militare, onde evitare possibili offese, né per scambi e affari reciproci, ché allora Tirreni e Cartaginesi e quanti altri popoli hanno tra loro dei contratti sarebbero come cittadini di un unico stato” perché “non si sono raccolti solo per vivere, bensì per vivere bene (ché allora ci sarebbe uno stato di schiavi e degli altri animali: adesso invece non c’è perché essi non partecipano né alla felicità né a una vita di loro scelta)”.
Da rileggere mentre il martirio greco continua.
Grazie Arturo. E se pensi che la Politica e' la continuazione dell'Etica a Nicomaco (insieme alla quale deve essere letta), tutto torna :-)
RispondiEliminaGrazie a tutti e due...La vita è un sogno: abbiamo la forza per non prenderci sul serio, sapendolo e sapendo che comunque ci sarà un risveglio (del tutto misterioso)?
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