Post di Sofia
1)-- Sui quotidiani romani è un
continuo riportare lo stato delle strade dissestate, le buche che non vengono
riparate, i continui incidenti mortali, ma non si tratta di un fenomeno solo
romano. Tutti i comuni d’Italia, con qualche eccezione, non effettuano più le
manutenzioni indispensabili da anni, così che il dissesto del territorio va sempre più verso
livelli irrecuperabili e la cosa peggiore è che i cittadini hanno assunto un
atteggiamento rassegnato (e di certo, in molti casi, anche inconsapevole).
Parliamo di un fenomeno apparentemente banale, ma che ha risvolti
economici e sociali non indifferenti su cui possiamo provare a fare un punto e
qualche semplice riflessione.
2)-- Innanzitutto occorrerebbe sapere
che per quanto attiene alla manutenzione stradale, vi dovrebbero essere dei
fondi, percepiti attraverso tasse o sanzioni, a ciò specificatamente
finalizzati.
Iniziamo dalla tassa automobilistica (bollo auto) è
una tassa di proprietà dei veicoli (e non una tassa di circolazione e, quindi,
dovuta a prescindere dall'effettivo utilizzo), che grava
sugli autoveicoli e motoveicoli immatricolati sul territorio italiano
ed il cui versamento è a favore delle Regioni di residenza.
La fonte principale della tassa è il D.P.R. 5 febbraio 1953 n.
39 il quale, all’art. 10 stabilisce le
modalità di ripartizione delle somme per metà in proporzione della superficie e
per metà in proporzione della lunghezza delle strade, mentre i Comuni non
possono imporre alcuna tassa sui veicoli (anche se di fatto lo fanno attraverso
le multe, su cui tornerò).
Nel 2015 Renzi propose l’abolizione del bollo e per questo si
rinvengono alcuni dati sull’entità di questo gettito. Questa imposta pare garantire
ogni anno circa sei
miliardi di euro (v. anche qui), che finiscono
nelle casse delle Regioni, a cui si
sommerebbero seicento milioni di competenza erariale, che vanno sotto il nome
di superbollo. Il Bollo parrebbe incidere, quindi, per l'11,7% del totale delle entrate delle
imposte e tributi propri delle Regioni. È quanto emergerebbe da un'analisi della Uil Servizio
Politiche Territoriali dall’elaborazione dei Bilanci di
previsione delle Regioni del 2015.
Nello specifico, le tasse automobilistiche avrebbero
assicurato in Lombardia 849 milioni di euro (il 9% del totale
del gettito dei tributi propri), nel Lazio 775 milioni di
euro; nel Veneto 595 milioni di euro; in Emilia Romagna 550 milioni di
euro.
Dalla normativa non si evince un vincolo di scopo del
bollo auto e, vista la condizione delle nostre strade, è stato proposto (all’attuale governo) di trasformare in fondo per la manutenzione e messa
in sicurezza ordinaria e straordinaria delle strade comunali, provinciali e
statali, i soldi del bollo auto VINCOLANDO
a tale scopo il ricavo annuo derivato da questa tassa regionale,
facendola diventare una tassa di scopo.
Visto che, a
giudicare dallo stato delle strade, non pare che queste somme siano
effettivamente utilizzate per la manutenzione e il rifacimento delle strade, il
bollo auto viene percepito dalla collettività sempre più come ingiusto ed
intollerabile.
3)-- A partire dal 1° gennaio 2018 ( in conseguenza di quanto stabilito
dall'articolo 1, comma 460, della legge 232/2016) sono cambiate le regole di impiego degli oneri di urbanizzazione, che in forza del comma 460 della legge
232/2016 torneranno – senza più alcuna limitazione temporale – a essere
vincolati solo ed esclusivamente per alcune finalità tra cui la realizzazione
e manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere di urbanizzazione primaria
e secondaria.
La dicitura è
abbastanza generica da consentire qualche margine di manovra. Certo è, però,
che questo vincolo impedisce ai Comuni di utilizzare le risorse nei settori in
cui si verificano le maggiori emergenze, compresa la manutenzione stradale.
4)-- Sempre con
riferimento alle diverse forme di entrata, non sono certo trascurabili gli
introiti dovuti alle multe (e sarebbe importante capire se questi introiti
vengono utilizzati per fornire idonei servizi).
Gli articoli
208 e 142 del Codice della strada disciplinano la destinazione
degli incassi riconducibili alle sanzioni amministrative.
Il comma 12-bis dell’art. 142
stabilisce che i proventi delle sanzioni derivanti dall'accertamento delle
violazioni dei limiti massimi di velocità, attraverso l'impiego di apparecchi o
di sistemi di rilevamento della velocità ovvero attraverso l'utilizzazione di
dispositivi o di mezzi tecnici di controllo a distanza delle violazioni sono
attribuiti, in misura pari al 50 per cento ciascuno, all'ente proprietario
della strada su cui è stato effettuato l'accertamento o agli enti che
esercitano le relative funzioni di controllo e all'ente da cui dipende l'organo
accertatore.
I suddetti enti (aggiunge il comma
12-ter) destinano le somme derivanti dall'attribuzione delle quote dei proventi
delle sanzioni amministrative pecuniarie alla realizzazione di interventi di manutenzione e messa in sicurezza delle
infrastrutture stradali, ivi comprese la segnaletica e le barriere, e dei
relativi impianti, nonché al potenziamento delle attività di controllo e di
accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale, ivi comprese
le spese relative al personale, nel rispetto della normativa vigente relativa
al contenimento delle spese in materia di pubblico impiego e al patto di
stabilità interno (per essere chiari, quindi, non è possibile incrementare il
personale).
Inoltre, ciascun ente locale deve
trasmette al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed al Ministero
dell'interno, entro il 31 maggio di ogni anno, una relazione in cui sono indicati,
con riferimento all'anno precedente, l'ammontare complessivo dei proventi di
propria spettanza e gli interventi realizzati a valere su tali risorse, con la
specificazione degli oneri sostenuti per ciascun intervento. La percentuale dei proventi spettanti ai
sensi del comma 12-bis è ridotta del 90 per cento annuo nei confronti dell'ente
che non trasmetta la relazione, ovvero che utilizzi i predetti proventi in modo
difforme da quanto previsto dall'articolo 208. Le inadempienze rilevano ai
fini della responsabilità disciplinare e per danno erariale e devono essere
segnalate tempestivamente al procuratore regionale della Corte dei conti.
L’art. 208 - comma
2 del suddetto articolo stabilisce a chi devono essere destinati i
soldi provenienti dalle multe sia nel caso in cui questi spettino allo Stato sia nel caso in cui
invece spettino agli enti locali.
- l’80% del totale annuo deve essere devoluta al
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - per lo svolgimento di
studi, ricerche e propaganda ai fini della sicurezza stradale, nonché per
finalità di educazione stradale, per l’assistenza e previdenza del
personale della Polizia di Stato, dell’Arma dei carabinieri, della Guardia
di finanza, della Polizia penitenziaria e del Corpo forestale dello Stato;
- il 20% del totale annuo è riservata al Ministero
delle infrastrutture e dei trasporti per studi, ricerche e propaganda
sulla sicurezza del veicolo;
- il 7,5% del totale annuo va al Ministero
dell’Istruzione per l’insegnamento, nella scuola pubblica e privata,
dell’educazione stradale e per l’organizzazione dei corsi per conseguire
il certificato di idoneità alla conduzione dei ciclomotori.
Peraltro, secondo quanto stabilito dalla
Corte dei Conti (Veneto - Deliberazione n. 254/2016/PAR) non può dubitarsi
della natura precettiva ed imperativa della norma, per cui le regole che
disciplinano l’impiego delle specifiche voci di entrata ivi contenute, si traducono nella imposizione di un
vincolo di destinazione ex lege, e devono ritenersi ineludibili.
Per ciò che
concerne gli introiti delle multe riscossi dagli enti locali il comma 4
dell’art. 208 del codice della strada stabilisce che il 50% è rimesso alla libera
disposizione dell’Ente locale che lo ha incassato e un altro
50% che è invece vincolato per legge a specifici usi:
- in misura non inferiore a un quarto della quota: destinata
ad interventi di sostituzione, di ammodernamento, di potenziamento, di
messa a norma e di manutenzione della segnaletica delle strade di
proprietà dell’ente;
- in misura non inferiore a un quarto della quota:
al potenziamento delle attività di controllo e di accertamento delle
violazioni in materia di circolazione stradale, anche attraverso
l’acquisto di automezzi, mezzi e attrezzature dei Corpi e dei servizi di
polizia provinciale e di polizia municipale;
- il restante: ad altre finalità connesse al miglioramento
della sicurezza stradale, alla manutenzione delle strade di proprietà
dell’Ente, incluse installazione, ammodernamento, potenziamento, messa a
norma e manutenzione delle barriere e sistemazione del manto stradale
delle medesime strade, ad interventi per la sicurezza stradale a tutela
degli utenti deboli, quali bambini, anziani, disabili, pedoni e ciclisti,
allo svolgimento, da parte degli organi di polizia locale, nelle scuole di
ogni ordine e grado, di corsi didattici finalizzati all’educazione
stradale, a misure di assistenza e di previdenza per il personale e ad
interventi a favore della mobilità ciclistica.
A cui si
aggiunge l’articolo 14 del Codice della strada - a mente del quale «gli enti proprietari
delle strade, allo scopo di garantire la sicurezza e la fluidità della
circolazione, provvedono: i) alla manutenzione, gestione e pulizia delle
strade, delle loro pertinenze e arredo nonché delle attrezzature, impianti e
servizi: ii) al controllo tecnico dell’efficienza delle strade e relative
pertinenze» – genera un obbligo di sorveglianza su di una fonte di pericolo che
«impone di per sé l’intervento volto a eliminare quest’ultimo o, ove non
possibile una soluzione radicale, almeno a ridurlo, senza alcun rilievo del
carattere occulto o meno di tale pericolo, ferma restando l’ipotizzabilità di
un concorso dell’utente della strada ove tenga una condotta colposa causalmente
efficiente».
5)-- Non è chiaro se esista davvero un sistema di controllo circa
il reale utilizzo dei suddetti fondi.
Così che
anche lo sforzo dei Produttori per accrescere gli standard di sicurezza dei
veicoli e ridurre ulteriormente l’incidentalità e la mortalità sulle strade,
viene spesso vanificato dalle condizioni delle infrastrutture stradali, e questo nonostante vi sia
anche un “collegamento” fra l’omicidio stradale (previsto dall’art. 589-bis, comma 1, del
Codice penale) e i gestori delle strade che non eseguono manutenzione adeguata. Infatti la Circolare 300/a/2251/16 del Dipartimento di pubblica
sicurezza, al punto 1.1, rubricato “omicidio stradale non aggravato”, indica,
“come fattispecie generica, la responsabilità di reato anche di chi non conduce
il veicolo, bensì di chi ha posto in essere comportamenti omissivi rispetto
alla sicurezza stradale in termini di manutenzione e costruzione delle strade e
dei veicoli”. Ovviamente, come chiarito dal Consiglio di Stato (parere n.
567/2017) discende che la circolare non ha «efficacia vincolante nei confronti
degli organi periferici» dell’amministrazione, che possono «disattenderne
l’interpretazione senza che ciò comporti l’illegittimità dei loro atti per
violazione di legge», ma la Cassazione è piuttosto chiara nel riconoscere che sussiste in capo all'ente proprietario di
una strada destinata a uso pubblico una posizione di garanzia da cui deriva
l'obbligo di vigilare affinché quell'uso si svolga senza pericolo per gli
utenti (neminem laedere) (cfr.
Cassazione penale, sez. IV, 3/5/2012, n. 23152,
Cass. Pen., sez. IV, 29/3/2016, n. 17070).
6)-- A tutto questo si aggiunge il carico fiscale sulle auto in Italia che è tra i più alti in assoluto (nel 2016
l’ammontare è stato di 73 miliardi di euro con tendenza è al rialzo costante; la
percentuale sul gettito complessivo è del 16%; la percentuale sul PIL è del 4,3%, contro una media europea del 3%).
Entrate
che, a quanto si percepisce dalle condizioni stradali, non vengono investite
per la manutenzione costante delle strade e delle infrastrutture in generale.
7)-- Ove vi fossero dubbi a rilasciare i dati, negativi, che
caratterizzano questa prima parte del 2018 è l'Associazione Italiana Strade e Bitumi nella sua analisi
periodica sull'emergenza strade. Se nel 2017 si era registrata una leggera crescita del 2,1%
per quanto riguarda la produzione in Italia di conglomerato bituminoso, in
realtà l'aumento positivo era stato solo apparente. Nel 2016 infatti si era
toccato il minimo storico con la produzione che si attestava a 23,6 milioni di
tonnellate, praticamente la metà rispetto ai 45 milioni di tonnellate del 2006,
anno in cui è cominciata la discesa del trend. Anche nei primi mesi di quest'anno
la produzione si attesta intorno ai 23 milioni di tonnellate, con un evidente
peggioramento pari ad un -11,8% rispetto allo stesso periodo del 2017 (vedere
anche articolo sul quotidiano La Verità del 7 luglio 2018). Ovviamente questo
non ha riflessi solo sullo stato delle strade (con danni per 42 miliardi di
euro), ma sono andati persi molti posti di lavoro e moltissime aziende che
operano nel settore hanno chiuso (il numero degli addetti è calato del 36%, su
3.500 aziende italiane hanno chiuso in 1.500, sono andati persi 18.000 posti di
lavoro).
La SITEB
ritiene che ormai la situazione sia giunta ad un "punto di non
ritorno", i continui rallentamenti della manutenzione favoriscono il
deterioramento dell'asfalto sulle strade: più buche e più incidenti. Ed infatti
i dati Istat attestano un incremento di incidenti (i decessi aumentano del 2,9%, forte
incremento di vittime fra i motociclisti e pedoni +11.9% e +5,3%).E' questa l'impietosa fotografia di un mondo
che ha costi sociali pari a 19,3 miliardi di euro l'anno, l'1,1% del Pil,
Per ora
la soluzione di alcuni Comuni (vedi Roma e la Cristoforo Colombo) è quella di
imporre limiti di velocità più bassi, a volte ridicoli come 30 km/h su tratti a
scorrimento veloce e a due corsie. Ad ora la situazione sembra veramente
tragica, per la SITEB servirebbero circa 42 miliardi di euro per ripristinare
la rete stradale italiana e per questo fa un appello al nuovo Governo chiedendo
un piano straordinario di manutenzione
8)-- Uno studio dell’UE (purtroppo datato) conferma e contiene alcuni dati
significativi: gli investimenti stradali hanno toccato il massimo storico nel
2009, per poi però calare del 7,1% nel 2011. Riporta anche che Quanto ai livelli di spesa per la
manutenzione, l'analisi constata negli ultimi anni un calo significativo
delle attività di manutenzione in
Italia, Irlanda, Slovenia e Spagna e una probabile tendenza al ribasso anche in
Slovacchia, Finlandia, Repubblica ceca, Regno Unito, Portogallo e Ungheria.
Durante lo stesso periodo, invece, sembra che alcuni altri Stati membri
dell'UE, vale a dire Austria, Germania, Francia, Croazia, Lituania, Lussemburgo
e Polonia, abbiano fatto registrare un aumento della spesa per la manutenzione
della rete stradale. L'impatto della crisi è stato avvertito maggiormente nei
paesi in cui il finanziamento dell'infrastruttura stradale dipende fortemente
dalla spesa pubblica piuttosto che da altre fonti (ad es. i pedaggi). La
situazione delle finanze pubbliche degli Stati membri e le scelte compiute in
materia fiscale e di bilancio hanno portato a esiti differenti.
E ancora
si legge che Gli studi che hanno cercato,
invece, di quantificare l'impatto economico complessivo delle attività di
manutenzione stradale indicano che il taglio alla spesa destinata alla
manutenzione stradale può avere un impatto sull'economia generale compreso tra il 100% e il 250%.
9)-- E per chiudere il cerchio. A quanto pare (ma i dati cui faccio riferimento
si riferiscono solo a Roma, anche se immagino che si tratti di un fenomeno
generalizzato) a fronte di un record
di multe, è emersa una riscossione flop. Sono state registrate (solo
con street control e autovelox) 2,6 milioni di sanzioni ossia un aumento del
17%, ma solo 1 su 4 paga. La cifra delle multe elevate in un anno ammonta a
2.621.241 con un aumento rispetto all’anno precedente del 41,5%. ma nel 2017 su
423 milioni di sanzioni sono stati incassati solo 94 milioni. Il Campidoglio ha
accumulato 8 miliardi di crediti (v. Il Messaggero Roma 12.7.2018).
10)-- Quindi, per riassumere, la mancanza di investimenti pubblici
(con conseguenti effetti sull’occupazione e sui redditi e, conseguentemente
sulle entrate fiscali per lo Stato e gli enti locali) determina inevitabili
effetti anche nel settore oggetto di questo scritto; i Comuni non hanno fondi
per effettuare le manutenzioni e cercano di fare cassa con le multe e le altre
imposizioni fiscali, ma il livello di disoccupazione e dei bassi redditi
impedisce ai cittadini di far fronte ai pagamenti delle sanzioni (emesse in
maniera abnorme) che si aggiungono alle imposte e agli oneri economici che sono
costretti a sostenere a causa della mancanza di servizi pubblici (perché poi,
in tutto questo, oltre ai costi derivanti da questo stato di cose, non esistono quantificazioni sui danni prodotti in termini di riparazioni
continue e necessarie alle auto e ai ciclomotori, di danni derivanti alle persone che restano ferite in incidenti stradali in termini sanitari – per non contare gli effetti dovuti ai
decessi – di danni ai mezzi pubblici di trasporto, di aumenti delle polizze assicurative, di costi per la giustizia derivanti dall'aumento dei ricorsi e…..insomma, chi più ne ha più ne metta).
E tutto
questo perchè non sia mai, che non si rispetti il pareggio di bilancio!
La strage silenziosa del capitale usuraio che impone di riscuotere gli interessi a suon di libbre di carne umana.
RispondiEliminaMi scuso con Sofia...
RispondiEliminaper un mio sovraffaticamento mentale non mi ero accorto della pubblicazione odierna del suo post e ho proceduto a elaborare e pubblicare quello di Arturo e Bazaar che mi era stato da giorni inviato.
Insomma un errore di (dis)organizzazione (mia).
Spero che i lettori apprezzeranno entrambi, e non siano fuorviati da questa "abbondanza" giornaliera di post quasi contestuali (in costanza di una pubblicazione a frequenza ridotta rispetto al passato)...
Grazie a Sofia, a Bazaar (il cui commento ha richiamato la mia attenzione su ciò che mi era sfuggito) e ai lettori per la pazienza
Complimenti a Sofia per la massa notevole di dati raccolti e la sistematica esposizione.
RispondiEliminaDa profano credo che il devastante stato delle strade italiane sia anche da ricollegare ad aspetti amministrativi, stravolti come noto sull'altare dell'euro-stabilità.
Infatti, l'abolizione delle province ha comportato dei danni immensi sul tessuto delle strade provinciali (che in un paese montuoso come l'Italia sono fondamentali), a cui va aggiunto lo stato problematico della gran parte dei comuni, con naturali riflessi sulla tenuta dei tracciati urbani.
Dal punto di vista delle autostrade e delle strade extraurbane, l'aver consegnato nelle mani di un privato la gran parte del sistema autostradale non ha certo favorito la progettazione e la nascita di nuove arterie (e i grandi successi della BreBeMi la dicono lunga sul genio delle nostre mani invisibili...). Quei pochi tratti ancora pubblici (penso al CAS qui in Sicilia) sono lasciati a sé per scarsezza di risorse e inadeguatezza delle classi dirigenti.
Si salva (forse) solo l'ANAS, a dimostrazione che il settore stradale è e deve rimanere una prerogativa pubblica. Aver distrutto il settore tecnico-progettuale dell'IRI (Italstrade, Italstat, Autostrade) ha comunque determinato un vuoto tecnico e strategico ancora incolmato.
La soluzione, come sempre, è l'intervento programmatico dello Stato: dietro il miracolo economico c'è l'ombra lunga del programma Romita sulle costruzioni autostradali, costate (causa inflazione) un nulla rispetto ai benefici provocati in termini di moltiplicatore, tempo e mobilità delle merci e degli italiani.
Ce ne sarebbero di cose da fare, avendo lucidità e mezzi..
L'inflazione fa risparmiare? Ma se è la tassa più odiosa per l'orfano, la vedova e l'operaio? :-)
EliminaSe fosse dipeso da Confindustria e Bankitalia oggi (specialmente), come ieri, saremmo ancora coi carretti tirati da muli e qualche privilegiato sulla Vespa con tutta la famiglia a muoversi su sterrati e mulattiere...
Senza contare i tratturi per i greggi. Che volere di più?
Ah, però, dimenticavo: regnava la Fiat.
Oggi non esiste più...
Ridiamo per non piangere :)
EliminaAppare davvero assurdo che professoroni e intellettuali di cotanta cultura non riescano a (voler) capire come l'inflazione costituisca l'asse portante di una politica economica volta alla realizzazione dei postulati fondamentali secondo Costituzione (e buon senso).
Costate 100 miliardi del 1965, le infrastrutture risultavano già completamente pagate nemmeno 10 anni dopo: altroché ingegneria finanziaria...
Meglio il tradimento deliberato che cotanta stupidità.
Lungi da me fare l'elogio della Fiat (e della Pirelli), ma davvero la differenza tra il vecchio capitalismo industriale e l'attuale modello finanziario di nonproduzione è gigantesco: non fosse altro che col primo una classe dirigente all'altezza del governo d'Italia (pur con tante pecche) riusciva comunque a trattare e non farsi mettere sotto; con l'altro...meglio non parlarne.
Per una sintesi dello sviluppo della rete stradale dell'Italia unitaria vedi:
RispondiEliminahttps://cronologia.leonardo.it/storia/a1950c.htm
Interessanti le considerazioni finali sul perchè dell'inatteso successo commerciale della A1 (trasporto merci) ed il paragrafo sul 'tarlo roditore'.
Appare che mentre lo sviluppo delle ferrovie fu di ostacolo allo sviluppo della rete stradale nazionale (per colpa di un 'tarlo' nella legge del 1928), il successo delle autostrade pubbliche negli anni del boom economico ostacolò l'efficienza della rete ferroviaria e delle stesse strade nazionali.
A me, oltre agli aspetti della sicurezza, fa impressione invece il costante calo della velocità commerciale sulle strade italiane.
Come in una tubazione dell'acqua (o per le arterie coronarie del cuore) la 'portata' di una strada dipende dalla velocità (media) commerciale dei veicoli che la percorrono: quando scende troppo vi è da temere un 'infarto'.
Le strade comunque NON sono in questa legislatura una priorità del governo.
Il contratto per il governo del cambiamento prevede infatti solo generici interventi sulla sicurezza stradale (tramite le Regioni (!), p. 45) ed incentivi per ridurre il numero di veicoli a benzina/gasolio (p. 48).
Temo quindi che le buche ce le terremo per molti anni ancora e che per tenere aperte le strade minori si ritornerà pure al macadam...
Articolo impeccabile. Grazie!
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