(Memento per policy maker ideali)What does 30 years of Neo-Liberalism get you? 820,000 people in the streets protesting against it. #ChileProtests pic.twitter.com/SbnHVkYHqs— Jimmy Dore (@jimmy_dore) October 26, 2019
1. Chiediamoci dunque quali sarebbero le specifiche misure di politica economico-fiscale di realizzazione dell'Agenda FMI, introducibili dal policy maker ideale, una volta sopravvenuto uno "stato di eccezione", a presumibile radice bancaria, creato artificialmente per via istituzionale (in quanto direttamente discendente dall'incondizionata adesione dell'Italia all'Unione bancaria e alla riforma dell'ESM e, prima ancora, al fiscal compact).
Per compiere questa operazione previsionale ci serviremo dell'armamentario di principi di politica economica elencati in precedenza (qui, pp. 5.1.-5.4.) e li applicheremo al quadro finanziario pubblico italiano.
1.1. Che questa griglia di orientamenti decisionali sia affidabile, peraltro, ce lo conferma Mario Draghi stesso: cioè le sue stesse parole, riportate in un ritratto compiuto su Panorama in tempi "non sospetti", nello scorcio finale del 2012 e del governo Monti, allorché si ventilava, e subito si escludeva, che potesse arrivare a fare il premier in Italia (in vista delle elezioni del 2013), poiché, reduce dal successo del "whatever it takes, and believe me: it will be enough", si sottolineava "Eventualmente se ne riparlerà alla fine del suo mandato a Francoforte" (e giuro che al momento di scrivere questi post non ero a conoscenza di questo articolo).
Dunque Draghi, ci racconta Panorama:
Stranamente, è la stessa narrazione del brasiliano speaker (da noi: presidente) della camera bassa del Congresso, laddove viene elogiato, per la sua intelligente moderazione, dal Financial Times, per aver manovrato abilmente per far approvare la "riforma delle pensioni": "la priorità è una riforma dell'ipertrofico settore pubblico brasiliano, che sarà seguita da una riforma delle tasse". "Il sistema pensionistico era visto dai brasiliani come troppo costoso e che beneficiava troppe poche persone". "Interessi di lobby groups". Naturalmente, si aggiunge, questo riforma andrà accompagnata da una revisione del regime dell'imposizione (presumibilmente, meno tasse sulle imprese e minori aliquote sui redditi in generale).
E come hanno risolto i privilegi delle lobbies (dei vecchi inutili?) Ce lo dice Reuters:
"la riforma innalza l'età pensionabile ma anche il livello dei contributi a carico dei lavoratori. Risultato: 900 miliardi di reais di risparmione (207 miliardi di euro) attesi nei prossimi 10 anni. E conclude Reuters: "il governo, la banca centrale e "molti economisti" dicono che la riforma delle pensioni è indispensabile per spingere la fiducia, gli investimenti e, in definitiva, la crescita".
Bolsonaro chiosa "there's no alternative".
2. Ridotta alle sue linee fondamentalissime relative alla manovra di bilancio, l'agenda FMI, (la cui attuazione dà senso alla grande svolta), si impernia su tre macro-obiettivi, di maggior impatto finanziario, tutti funzionali a quello principale (o "madre") del consolidamento fiscale credibile per porre in una stabile e decisa traiettoria verso il basso il rapporto debito pubblico/PIL.(v. p.4 e pp. 4.1-4.3.):
a) riportare tutte le pensioni, anche in corso di erogazione, al sistema contributivo ed abbassare i rendimenti dei contributi versati, adeguandoli alla aspettative di vita (in quanto crescenti);
b) fare un consolidamento di 2,5 punti di PIL lungo un periodo quinquennale, (0,5 all'anno, strutturale, aggiuntivo e da cumulare progressivamente) che per il suo volume coinvolge inevitabilmente il destino del servizio sanitario pubblico, gratuito e universale;
c) realizzare un programma di privatizzazioni credibile che dia luogo a effettive entrate.
Esaminiamo distintamente le misure realizzative di questi macro-obiettivi (in definitiva alquanto intrecciati tra loro).
3. Sistema pensionistico integralmente e immediatamente contributivo.
Su questo punto, esistono alcune notorie difficoltà di ordine costituzionale; per quanto un ricalcolo "retroattivo" delle pensioni retributive e semi-retributive in corso di erogazione, è ritenuto ammissibile, per la sentenza n.124/2017 della Corte costituzionale, nel quadro della (mitica) "solidarietà intergenerazionale" e delle "risorse limitate" (eh sì....), laddove la prestazione non trovi interamente giustificazione nel valore dei contributi versati neppure secondo il regime generale vigente durante il tempo di prestazione del lavoro in cui si è maturato il diritto pensionistico.
Solo che individuare queste situazioni di sovra-rendimento contributivo, in aumento rispetto al regime generale di calcolo pro-tempore (il "fu" retributivo), è estremamente difficile sia per il numero delle posizioni coinvolte, sia per la difficoltà di determinazione certa e coerente dell'ammontare della pensione non "giustificabile".
3.1. Ma tutti questi problemi sono stati in parte ovviati, negli ultimi decenni, proprio ricorrendo alla discutibile solidarietà intergenerazionale - a rigore non contemplata in Costituzione e anzi, secondo la migliore dottrina, contraria al suo impianto correttamente inteso (qui, p.11)-, attraverso il congegno della contribuzione di solidarietà sulle "pensioni d'oro". Che sia, però, "a tempo determinato" e distinta per fasce di reddito "progressive"; avendo la Corte più volte precisato (da ultimo con la nota sent. n.70/2015) che un tale sovraccarico di ritenute, per non divenire una tassazione aggiuntiva discriminatoria rispetto ad altri tipi di reddito di pari importo, deve essere temporanea: cioè prefissarsi un limite di tempo applicativo.
3.2. Ed infatti, ecco un commento ad una delle più recenti soluzioni di aggiramento dei (già sfibrati, dalla Corte) principi costituzionali (per la stessa Corte, si noti, in nomine €uropae, cioè dell'art.81 Cost. che limiterebbe ogni altro diritto previsto dalla Costituzione primigenia):
"Verificata l’impossibilità tecnica di effettuare un ricalcolo retroattivo sugli importi delle pensioni d’oro e, forse, anche la difficoltà di realizzare una sintesi politica sull'adesione al principio contributivo che ne stava alla base, l’esecutivo sembra aver molto limato i propri obiettivi. In pratica si limita a piantare una simbolica “bandierina” nel campo delle politiche di riequilibrio tra pensionati ricchi e poveri. Dal ricalcolo della pensione si passa infatti al contributo temporaneo (5 anni pare) di solidarietà. Verrebbero interessate dal provvedimento solo le quote di pensione superiori ai 90 mila euro secondo uno schema a scaglioni con aliquote crescenti. Si parte dal 10 per cento per la parte della pensione compresa tra 90 a 130 mila euro e si arriva a un massimo del 40 per cento sulla quota che eccede i 500 mila euro. Le aliquote intermedie sono del 20 per cento tra i 130 e 200 mila euro; del 25 per cento tra i 200 mila e i 350 mila euro e del 30 per cento tra i 350 e i 500 mila euro".
Risultato: si lamenta, con toni indignati, che il gettito di tale "contributo di solidarietà" (inopinatamente "temporaneo") sia stimato in soli 130 milioni a fronte di 260 miliardi di spesa pensionistica. Il problema, si dice, è che porre una simile soglia a 90.000 euro e con tale bassa aliquota iniziale intercetti e "perequi" solo poche migliaia di pensionati (circa 40.00: ricchi e iniqui verso le generazioni future).
3.3. Ma noi siamo qui per trovare le soluzioni...nella mente del policy maker ideale, zelantemente impegnato a realizzare l'agenda FMI.
E la soluzione, tenuto conto dei sempre più largheggianti orientamenti della Corte (e della stessa prescrizione del FMI di un consolidamento fiscale più intenso per un periodo quinquennale), potrebbe essere relativamente semplice. Cioè, tarare il concetto di pensione d'oro sulla effettiva dinamica dei salari di entrata attuali che sono, in misura rapidamente crescente, la "base" di contribuzione delle attuali e future pensioni. E per avere un indicatore legale e univoco di tale salario di entrata, basta far riferimento benevolo all'ammontare del reddito di cittadinanza (780 euro). Cioè assumendolo al suo massimo e sui valori attuali (che pare siano in procinto di essere ristretti...prima o poi).
Ora, le pensioni effettivamente previdenziali (e non assistenziali e estranee alla pregressa prestazione lavorativa), secondo l'Osservatorio INPS (2019), sono circa 13.800.000 milioni, per una spesa erogata (lorda) di 183 miliardi (quella previdenziale in senso proprio, non cumulata con quella assistenziale: quindi, non 260 miliardi).
Di queste, sempre per l'Osservatorio, 10.929.466 sono inferiori a 750 euro (ma tale numero non distingue le previdenziali effettive al suo interno). Una cifra che assomiglia molto da vicino all'importo massimo, benevolo, del rdc (appunto 780 euro).
Direi, che policy-making in modo ideale, equo e solidale-intergenerazionale, possiamo considerare d'oro il triplo di tale importo (lordo) di 750-780 euro.
3.4. Arrotondando per semplicità applicativa (in vero "spirito FMI"), diciamo a partire da 2000 euro lordi al mese in su.
I pensionati che percepiscono oltre 2000 euro lordi al mese sono il 23,3% del totale: rapportato ai previdenziali effettivi, gli incisi dal contributo sarebbero dunque 3.215.400: una bella base contributiva rispetto ai suddetti 40.000.
Basta imporgli una contribuzione solidale media (complessiva) del 15% - rispetto ad aliquote progressive, per scaglioni tuttavia numericamente decrescenti, com'è logico -, non difficile da tarare disponendo oculatamente dei dati, e avremmo un gettito contributivo quantificabile in miliardi: diciamo, a occhio (il lavoro non possiamo, e non dobbiamo, farlo tutto noi), - attraverso un lavorio aggiustabile sull'ammontare della pensione media (12.478 euro) e sugli altri dati disponibili -, di circa 13,5 miliardi (15% su una base di prestazioni privilegiate di ipotizzabili circa 90 miliardi complessivi).
3.5. A questi occorre aggiungere il rallentamento della perequazione all'inflazione, già (da anni e anni) effettuato per scaglioni progressivi, riespandendolo in misura più ampia di quella di recente mitigata nella manovra per il 2019 (ma non in quella per il 2020). Non facciamoci mancare nulla.
Può sempre "fruttare" un 4-500 milioni aggiuntivi (o anche più).
Portando il "bottino" equo-solidale (lordo) intorno ai 14 miliardi.
E già avremmo un consolidamento fiscale di circa 0,8 punti di PIL, protraibile per 5 anni; sia pure con qualche ombra costituzionale (mi sentirei di dire: destinata a...dissolversi) sul cumulo temporale con il regime già esistente.
4. Mi direte: ma "questo contributo solidarietà porta a un giro di conto, avvantaggiando le restanti e più basse pensioni!".
Di questo c'è molto da dubitare, come si può vedere qui, infine, ("E’ destinato ad un Fondo all’interno dell’INPS di cui non è chiara la finalità, e sembra avere più natura tributaria che interna al “circuito endoprevidenziale”); là dove, inoltre, si precisa che la riduzione, o sterilizzazione dell'adeguamento inflazionistico è certamente una riduzione permanente degli assegni pensionistici, anche quando sia "a tempo determinato".
Insomma, la tendenza è far stare peggio chi sta (un poco-poco) meglio e lasciare al peggio chi sta...peggio.
La questione del contributo solidaristico arriverà certamente alla Corte costituzionale (appunto): ma dalle sue più recenti sentenze, pare arguire che sulla effettiva destinazione all'aumento delle pensioni più basse, ovvero, più realisticamente, al generale finanziamento del bilancio dell'INPS (e quindi della spesa previdenziale/assistenziale tout-court), la Corte non ha intenzione di essere eccessivamente...fiscale.
5. Dunque, il nostro policy maker ideale, senza dover temere eccessive sferzate dal giudice delle leggi, ha già messo nel carniere:
a) 0,8 punti di consolidamento fiscale di durata quinquennale, lordo: che è quel che conta ai fini contabili del bilancio INPS. Certo, ci sarebbe il fatto che le pensioni sono tassate come qualsiasi altro reddito e si perderebbe il gettito corrispondente all'agire dell'aliquota marginale più elevata sulla parte decurtata; ma è pur vero che tutta la spesa previdenziale, e pensionistica, nelle statistiche, è sempre calcolata al lordo, ignorandosi, nei conteggi, che invece dà normalmente luogo a una bella sommetta di ritenute, imputate alle entrate in modo del tutto avulso. Infatti, le ritenute "Irpef" sulle pensioni ammontano a circa 2,5 punti di PIL (qui, p.2);
b) un consolidamento non solo transitorio, ma anche strutturale, poiché una certa parte, statisticamente preventivabile, dei percettori delle pensioni superiori ai 2000 euro lordi al mese, è destinato a...trapassare durante lo stesso periodo; e senza essere sostituito, per via della disciplina "mista" vigente e della crescente applicazione del contributivo puro, da subentranti aventi diritto a pensioni di ammontare equivalente (a parità di profilo professionale e di anzianità contributiva). Il calcolo di tale componente strutturale del "risparmio" non è agevole da effettuare, ma occorre ricordare che è comunque una traiettoria già in corso che verrebbe intensificata...volendo fare una stima, in base ai più recenti dati Istat sull'anno 2018, basti pensare che ogni anno i decessi, in Italia, sono, se riferiti alla popolazione di cittadinanza italiana, 251.000 in più delle nascite (439.747): ergo, muoiono oltre 690.000 persone che sono non solo, in larga maggioranza, percettrici di pensione previdenziale (quand'anche di riversibilità), ma anche, date le aspettative di vita, di prevalenti pensioni puramente retributive. Questo andamento, considerato il calo delle nascite annuali poi subentrato, si riflette in 2 fenomeni "risparmiosi": a) il calo del numero complessivo dei pensionati; b) il calo delle pensioni "medie" erogate. Come si può vedere da questo grafico, riferito al 2017, tratto dal "Casellario centrale dei pensionati":
Una decurtazione del 15% in media delle pensioni (relativamente) più alte, dunque, anche oltre il quinquennio di applicazione, accelererebbe strutturalmente il calo delle pensioni medie che di anno in anno, già registra una dinamica di decrescita inerziale, "a regime", del 6% e più (cioè una diminuzione autonomamente crescente, proprio scontando i trattamenti decrescenti dei nuovi pensionati: via via che entreranno in quiescenza sempre meno pensionati col sistema misto, cioè con l'esaurirsi della fase intertemporale della riforma Dini, questa diminuzione tenderebbe a scemare e, teoricamente, la pensione media a stabilizzarsi. Ma non è detto; poiché i mutamenti della disciplina del mercato del lavoro, nel frattempo, hanno sensibilmente cambiato "in pejus" il livello delle retribuzioni, di entrata e nella progressione, abbassandosi la "base contributiva").
Il calcolo dell'impatto strutturale è approssimativamente questo: ipotizzando una percentuale di percettori del 75% sui deceduti annuali, cioè una perdita di 517.000 assegni "retributivi"(presumibilmente "pieni"), e imputando il suddetto 23,3% dei "ricchi" su tale percentuale (circa 121.000 prestazioni), avremmo una caduta relativa, su tale fascia, del 15% da spalmare però sul totale, pari cioè a circa 3,5%, aggiuntivo sul complessivo: portando, nel periodo, ad un totale di caduta dell'assegno medio di circa il 10%.
E, appunto, ipotizzando una benevola "costanza" della diminuzione inerziale, ciò determinerebbe una caduta dell'assegno medio, cumulata dal 2020 al 2024 (sempre calcolata per difetto), che lo porterebbe oltre il dimezzamento. E con la diminuzione di quest'ultimo, dell'intera erogazione pensionistica.
E va rammentato che il FMI, in aggiunta, prescrive anche di diminuire il rendimento (attuale) dei contributi, già ridotto allo 0,40 annuale...
c) un notevole impulso incentivante, a tutti coloro che abbiano redditi più elevati (basti considerare dove inizia l'aliquota del 38%: a 28.000 euro, soglia attuale di ricchezza "relativa" in mente legislatoris) a riversare il risparmio (quando c'è) sul settore assicurativo privato previdenziale.
Già oggi gli italiani versano annualmente 16,3 miliardi ai fondi pensionistici della previdenza integrativa (facoltativa e per il lavoratore dipendente) e (soltanto) non più di qualche miliardo in polizze assicurative "private" per la vecchiaia; il settore, ci si lamenta, langue a causa della...scarsa istruzione e "propensione" degli italiani.
Ma un siffatto incentivo all'allargamento del mercato finanziario italiano, per presumibili decine di miliardi, non dovrebbe mancare il "bersaglio" degli investitori esteri. E tale effetto non sarebbe attenuato, bensì, semmai, rafforzato dal mantenimento (nel tempo) di "quota 100": infatti, la decurtazione dell'assegno pensionistico INPS che essa comporta, può essere preventivamente attutita ricorrendo appunto alla sanità integrativa.
5.1. Anticipiamo subito che il consolidamento, transitorio e strutturale, in questione (superiore allo 0,8, e riportabile per un quinquennio) non verrebbe tutto addossato alle tasche dei pensionati "incisi": è da ritenere che, nel quadro più ampio composto dalle tre linee di intervento fiscale qui ipotizzate, sarebbe contemporaneamente concesso uno sgravio nell'imposizione sul reddito.
Siccome ciò si rifletterebbe su tutti i tipi di reddito (anche eventualmente coinvolgendo l'abolizione dell'Irap), non solo quello pensionistico, valuteremo lo sgravio possibile (cioè tendenzialmente compatibile col consolidamento medio, strutturale, annuale dello 0,5) sul complesso dei saldi della manovra immaginata. Per ora, ci limitiamo a sottolineare il motivo per cui abbiamo parlato di consolidamento lordo (e in parte temporaneo).
Per compiere questa operazione previsionale ci serviremo dell'armamentario di principi di politica economica elencati in precedenza (qui, pp. 5.1.-5.4.) e li applicheremo al quadro finanziario pubblico italiano.
1.1. Che questa griglia di orientamenti decisionali sia affidabile, peraltro, ce lo conferma Mario Draghi stesso: cioè le sue stesse parole, riportate in un ritratto compiuto su Panorama in tempi "non sospetti", nello scorcio finale del 2012 e del governo Monti, allorché si ventilava, e subito si escludeva, che potesse arrivare a fare il premier in Italia (in vista delle elezioni del 2013), poiché, reduce dal successo del "whatever it takes, and believe me: it will be enough", si sottolineava "Eventualmente se ne riparlerà alla fine del suo mandato a Francoforte" (e giuro che al momento di scrivere questi post non ero a conoscenza di questo articolo).
Dunque Draghi, ci racconta Panorama:
"...rispondendo al Financial Times sul tema delicatissimo dell’opinione pubblica tedesca eurodiffidente, ha spiegato di essere riuscito a dimostrare come non ci sia «nessun trade-off tra le politiche fiscali di austerità, da un lato, che devono proseguire, e la crescita o il recupero di competitività dall’altro. La restrizione fiscale può provocare una contrazione economica e un conseguente disagio sociale sul breve periodo, ma nel medio produce risultati positivi».1.2. Questa, certamente, è un'allusione al crowding out: vedrete, la contrazione del bilancio pubblico porta a una contrazione economica (cioè della crescita; e a crescita già a zero, alla recessione). Ma poi, eh beh. poi...non dovendo più compensare le future tasse, consumerai e, soprattutto, investirai di più.
Stranamente, è la stessa narrazione del brasiliano speaker (da noi: presidente) della camera bassa del Congresso, laddove viene elogiato, per la sua intelligente moderazione, dal Financial Times, per aver manovrato abilmente per far approvare la "riforma delle pensioni": "la priorità è una riforma dell'ipertrofico settore pubblico brasiliano, che sarà seguita da una riforma delle tasse". "Il sistema pensionistico era visto dai brasiliani come troppo costoso e che beneficiava troppe poche persone". "Interessi di lobby groups". Naturalmente, si aggiunge, questo riforma andrà accompagnata da una revisione del regime dell'imposizione (presumibilmente, meno tasse sulle imprese e minori aliquote sui redditi in generale).
E come hanno risolto i privilegi delle lobbies (dei vecchi inutili?) Ce lo dice Reuters:
"la riforma innalza l'età pensionabile ma anche il livello dei contributi a carico dei lavoratori. Risultato: 900 miliardi di reais di risparmione (207 miliardi di euro) attesi nei prossimi 10 anni. E conclude Reuters: "il governo, la banca centrale e "molti economisti" dicono che la riforma delle pensioni è indispensabile per spingere la fiducia, gli investimenti e, in definitiva, la crescita".
Bolsonaro chiosa "there's no alternative".
2. Ridotta alle sue linee fondamentalissime relative alla manovra di bilancio, l'agenda FMI, (la cui attuazione dà senso alla grande svolta), si impernia su tre macro-obiettivi, di maggior impatto finanziario, tutti funzionali a quello principale (o "madre") del consolidamento fiscale credibile per porre in una stabile e decisa traiettoria verso il basso il rapporto debito pubblico/PIL.(v. p.4 e pp. 4.1-4.3.):
a) riportare tutte le pensioni, anche in corso di erogazione, al sistema contributivo ed abbassare i rendimenti dei contributi versati, adeguandoli alla aspettative di vita (in quanto crescenti);
b) fare un consolidamento di 2,5 punti di PIL lungo un periodo quinquennale, (0,5 all'anno, strutturale, aggiuntivo e da cumulare progressivamente) che per il suo volume coinvolge inevitabilmente il destino del servizio sanitario pubblico, gratuito e universale;
c) realizzare un programma di privatizzazioni credibile che dia luogo a effettive entrate.
Esaminiamo distintamente le misure realizzative di questi macro-obiettivi (in definitiva alquanto intrecciati tra loro).
3. Sistema pensionistico integralmente e immediatamente contributivo.
Su questo punto, esistono alcune notorie difficoltà di ordine costituzionale; per quanto un ricalcolo "retroattivo" delle pensioni retributive e semi-retributive in corso di erogazione, è ritenuto ammissibile, per la sentenza n.124/2017 della Corte costituzionale, nel quadro della (mitica) "solidarietà intergenerazionale" e delle "risorse limitate" (eh sì....), laddove la prestazione non trovi interamente giustificazione nel valore dei contributi versati neppure secondo il regime generale vigente durante il tempo di prestazione del lavoro in cui si è maturato il diritto pensionistico.
Solo che individuare queste situazioni di sovra-rendimento contributivo, in aumento rispetto al regime generale di calcolo pro-tempore (il "fu" retributivo), è estremamente difficile sia per il numero delle posizioni coinvolte, sia per la difficoltà di determinazione certa e coerente dell'ammontare della pensione non "giustificabile".
3.1. Ma tutti questi problemi sono stati in parte ovviati, negli ultimi decenni, proprio ricorrendo alla discutibile solidarietà intergenerazionale - a rigore non contemplata in Costituzione e anzi, secondo la migliore dottrina, contraria al suo impianto correttamente inteso (qui, p.11)-, attraverso il congegno della contribuzione di solidarietà sulle "pensioni d'oro". Che sia, però, "a tempo determinato" e distinta per fasce di reddito "progressive"; avendo la Corte più volte precisato (da ultimo con la nota sent. n.70/2015) che un tale sovraccarico di ritenute, per non divenire una tassazione aggiuntiva discriminatoria rispetto ad altri tipi di reddito di pari importo, deve essere temporanea: cioè prefissarsi un limite di tempo applicativo.
3.2. Ed infatti, ecco un commento ad una delle più recenti soluzioni di aggiramento dei (già sfibrati, dalla Corte) principi costituzionali (per la stessa Corte, si noti, in nomine €uropae, cioè dell'art.81 Cost. che limiterebbe ogni altro diritto previsto dalla Costituzione primigenia):
"Verificata l’impossibilità tecnica di effettuare un ricalcolo retroattivo sugli importi delle pensioni d’oro e, forse, anche la difficoltà di realizzare una sintesi politica sull'adesione al principio contributivo che ne stava alla base, l’esecutivo sembra aver molto limato i propri obiettivi. In pratica si limita a piantare una simbolica “bandierina” nel campo delle politiche di riequilibrio tra pensionati ricchi e poveri. Dal ricalcolo della pensione si passa infatti al contributo temporaneo (5 anni pare) di solidarietà. Verrebbero interessate dal provvedimento solo le quote di pensione superiori ai 90 mila euro secondo uno schema a scaglioni con aliquote crescenti. Si parte dal 10 per cento per la parte della pensione compresa tra 90 a 130 mila euro e si arriva a un massimo del 40 per cento sulla quota che eccede i 500 mila euro. Le aliquote intermedie sono del 20 per cento tra i 130 e 200 mila euro; del 25 per cento tra i 200 mila e i 350 mila euro e del 30 per cento tra i 350 e i 500 mila euro".
Risultato: si lamenta, con toni indignati, che il gettito di tale "contributo di solidarietà" (inopinatamente "temporaneo") sia stimato in soli 130 milioni a fronte di 260 miliardi di spesa pensionistica. Il problema, si dice, è che porre una simile soglia a 90.000 euro e con tale bassa aliquota iniziale intercetti e "perequi" solo poche migliaia di pensionati (circa 40.00: ricchi e iniqui verso le generazioni future).
3.3. Ma noi siamo qui per trovare le soluzioni...nella mente del policy maker ideale, zelantemente impegnato a realizzare l'agenda FMI.
E la soluzione, tenuto conto dei sempre più largheggianti orientamenti della Corte (e della stessa prescrizione del FMI di un consolidamento fiscale più intenso per un periodo quinquennale), potrebbe essere relativamente semplice. Cioè, tarare il concetto di pensione d'oro sulla effettiva dinamica dei salari di entrata attuali che sono, in misura rapidamente crescente, la "base" di contribuzione delle attuali e future pensioni. E per avere un indicatore legale e univoco di tale salario di entrata, basta far riferimento benevolo all'ammontare del reddito di cittadinanza (780 euro). Cioè assumendolo al suo massimo e sui valori attuali (che pare siano in procinto di essere ristretti...prima o poi).
Ora, le pensioni effettivamente previdenziali (e non assistenziali e estranee alla pregressa prestazione lavorativa), secondo l'Osservatorio INPS (2019), sono circa 13.800.000 milioni, per una spesa erogata (lorda) di 183 miliardi (quella previdenziale in senso proprio, non cumulata con quella assistenziale: quindi, non 260 miliardi).
Di queste, sempre per l'Osservatorio, 10.929.466 sono inferiori a 750 euro (ma tale numero non distingue le previdenziali effettive al suo interno). Una cifra che assomiglia molto da vicino all'importo massimo, benevolo, del rdc (appunto 780 euro).
Direi, che policy-making in modo ideale, equo e solidale-intergenerazionale, possiamo considerare d'oro il triplo di tale importo (lordo) di 750-780 euro.
3.4. Arrotondando per semplicità applicativa (in vero "spirito FMI"), diciamo a partire da 2000 euro lordi al mese in su.
I pensionati che percepiscono oltre 2000 euro lordi al mese sono il 23,3% del totale: rapportato ai previdenziali effettivi, gli incisi dal contributo sarebbero dunque 3.215.400: una bella base contributiva rispetto ai suddetti 40.000.
Basta imporgli una contribuzione solidale media (complessiva) del 15% - rispetto ad aliquote progressive, per scaglioni tuttavia numericamente decrescenti, com'è logico -, non difficile da tarare disponendo oculatamente dei dati, e avremmo un gettito contributivo quantificabile in miliardi: diciamo, a occhio (il lavoro non possiamo, e non dobbiamo, farlo tutto noi), - attraverso un lavorio aggiustabile sull'ammontare della pensione media (12.478 euro) e sugli altri dati disponibili -, di circa 13,5 miliardi (15% su una base di prestazioni privilegiate di ipotizzabili circa 90 miliardi complessivi).
3.5. A questi occorre aggiungere il rallentamento della perequazione all'inflazione, già (da anni e anni) effettuato per scaglioni progressivi, riespandendolo in misura più ampia di quella di recente mitigata nella manovra per il 2019 (ma non in quella per il 2020). Non facciamoci mancare nulla.
Può sempre "fruttare" un 4-500 milioni aggiuntivi (o anche più).
Portando il "bottino" equo-solidale (lordo) intorno ai 14 miliardi.
E già avremmo un consolidamento fiscale di circa 0,8 punti di PIL, protraibile per 5 anni; sia pure con qualche ombra costituzionale (mi sentirei di dire: destinata a...dissolversi) sul cumulo temporale con il regime già esistente.
4. Mi direte: ma "questo contributo solidarietà porta a un giro di conto, avvantaggiando le restanti e più basse pensioni!".
Di questo c'è molto da dubitare, come si può vedere qui, infine, ("E’ destinato ad un Fondo all’interno dell’INPS di cui non è chiara la finalità, e sembra avere più natura tributaria che interna al “circuito endoprevidenziale”); là dove, inoltre, si precisa che la riduzione, o sterilizzazione dell'adeguamento inflazionistico è certamente una riduzione permanente degli assegni pensionistici, anche quando sia "a tempo determinato".
Insomma, la tendenza è far stare peggio chi sta (un poco-poco) meglio e lasciare al peggio chi sta...peggio.
La questione del contributo solidaristico arriverà certamente alla Corte costituzionale (appunto): ma dalle sue più recenti sentenze, pare arguire che sulla effettiva destinazione all'aumento delle pensioni più basse, ovvero, più realisticamente, al generale finanziamento del bilancio dell'INPS (e quindi della spesa previdenziale/assistenziale tout-court), la Corte non ha intenzione di essere eccessivamente...fiscale.
5. Dunque, il nostro policy maker ideale, senza dover temere eccessive sferzate dal giudice delle leggi, ha già messo nel carniere:
a) 0,8 punti di consolidamento fiscale di durata quinquennale, lordo: che è quel che conta ai fini contabili del bilancio INPS. Certo, ci sarebbe il fatto che le pensioni sono tassate come qualsiasi altro reddito e si perderebbe il gettito corrispondente all'agire dell'aliquota marginale più elevata sulla parte decurtata; ma è pur vero che tutta la spesa previdenziale, e pensionistica, nelle statistiche, è sempre calcolata al lordo, ignorandosi, nei conteggi, che invece dà normalmente luogo a una bella sommetta di ritenute, imputate alle entrate in modo del tutto avulso. Infatti, le ritenute "Irpef" sulle pensioni ammontano a circa 2,5 punti di PIL (qui, p.2);
b) un consolidamento non solo transitorio, ma anche strutturale, poiché una certa parte, statisticamente preventivabile, dei percettori delle pensioni superiori ai 2000 euro lordi al mese, è destinato a...trapassare durante lo stesso periodo; e senza essere sostituito, per via della disciplina "mista" vigente e della crescente applicazione del contributivo puro, da subentranti aventi diritto a pensioni di ammontare equivalente (a parità di profilo professionale e di anzianità contributiva). Il calcolo di tale componente strutturale del "risparmio" non è agevole da effettuare, ma occorre ricordare che è comunque una traiettoria già in corso che verrebbe intensificata...volendo fare una stima, in base ai più recenti dati Istat sull'anno 2018, basti pensare che ogni anno i decessi, in Italia, sono, se riferiti alla popolazione di cittadinanza italiana, 251.000 in più delle nascite (439.747): ergo, muoiono oltre 690.000 persone che sono non solo, in larga maggioranza, percettrici di pensione previdenziale (quand'anche di riversibilità), ma anche, date le aspettative di vita, di prevalenti pensioni puramente retributive. Questo andamento, considerato il calo delle nascite annuali poi subentrato, si riflette in 2 fenomeni "risparmiosi": a) il calo del numero complessivo dei pensionati; b) il calo delle pensioni "medie" erogate. Come si può vedere da questo grafico, riferito al 2017, tratto dal "Casellario centrale dei pensionati":
Una decurtazione del 15% in media delle pensioni (relativamente) più alte, dunque, anche oltre il quinquennio di applicazione, accelererebbe strutturalmente il calo delle pensioni medie che di anno in anno, già registra una dinamica di decrescita inerziale, "a regime", del 6% e più (cioè una diminuzione autonomamente crescente, proprio scontando i trattamenti decrescenti dei nuovi pensionati: via via che entreranno in quiescenza sempre meno pensionati col sistema misto, cioè con l'esaurirsi della fase intertemporale della riforma Dini, questa diminuzione tenderebbe a scemare e, teoricamente, la pensione media a stabilizzarsi. Ma non è detto; poiché i mutamenti della disciplina del mercato del lavoro, nel frattempo, hanno sensibilmente cambiato "in pejus" il livello delle retribuzioni, di entrata e nella progressione, abbassandosi la "base contributiva").
Il calcolo dell'impatto strutturale è approssimativamente questo: ipotizzando una percentuale di percettori del 75% sui deceduti annuali, cioè una perdita di 517.000 assegni "retributivi"(presumibilmente "pieni"), e imputando il suddetto 23,3% dei "ricchi" su tale percentuale (circa 121.000 prestazioni), avremmo una caduta relativa, su tale fascia, del 15% da spalmare però sul totale, pari cioè a circa 3,5%, aggiuntivo sul complessivo: portando, nel periodo, ad un totale di caduta dell'assegno medio di circa il 10%.
E, appunto, ipotizzando una benevola "costanza" della diminuzione inerziale, ciò determinerebbe una caduta dell'assegno medio, cumulata dal 2020 al 2024 (sempre calcolata per difetto), che lo porterebbe oltre il dimezzamento. E con la diminuzione di quest'ultimo, dell'intera erogazione pensionistica.
E va rammentato che il FMI, in aggiunta, prescrive anche di diminuire il rendimento (attuale) dei contributi, già ridotto allo 0,40 annuale...
c) un notevole impulso incentivante, a tutti coloro che abbiano redditi più elevati (basti considerare dove inizia l'aliquota del 38%: a 28.000 euro, soglia attuale di ricchezza "relativa" in mente legislatoris) a riversare il risparmio (quando c'è) sul settore assicurativo privato previdenziale.
Già oggi gli italiani versano annualmente 16,3 miliardi ai fondi pensionistici della previdenza integrativa (facoltativa e per il lavoratore dipendente) e (soltanto) non più di qualche miliardo in polizze assicurative "private" per la vecchiaia; il settore, ci si lamenta, langue a causa della...scarsa istruzione e "propensione" degli italiani.
Ma un siffatto incentivo all'allargamento del mercato finanziario italiano, per presumibili decine di miliardi, non dovrebbe mancare il "bersaglio" degli investitori esteri. E tale effetto non sarebbe attenuato, bensì, semmai, rafforzato dal mantenimento (nel tempo) di "quota 100": infatti, la decurtazione dell'assegno pensionistico INPS che essa comporta, può essere preventivamente attutita ricorrendo appunto alla sanità integrativa.
5.1. Anticipiamo subito che il consolidamento, transitorio e strutturale, in questione (superiore allo 0,8, e riportabile per un quinquennio) non verrebbe tutto addossato alle tasche dei pensionati "incisi": è da ritenere che, nel quadro più ampio composto dalle tre linee di intervento fiscale qui ipotizzate, sarebbe contemporaneamente concesso uno sgravio nell'imposizione sul reddito.
Siccome ciò si rifletterebbe su tutti i tipi di reddito (anche eventualmente coinvolgendo l'abolizione dell'Irap), non solo quello pensionistico, valuteremo lo sgravio possibile (cioè tendenzialmente compatibile col consolidamento medio, strutturale, annuale dello 0,5) sul complesso dei saldi della manovra immaginata. Per ora, ci limitiamo a sottolineare il motivo per cui abbiamo parlato di consolidamento lordo (e in parte temporaneo).
Infatti il problema pensionistico è un non problema.
RispondiEliminaPer i nati dal 70 in poi, specialmente se laureati, la pensione se la sognano.
43 anni di contributi non li faremo mai se non verso o oltre i 70.
Sempre che voglio vedere chi tiene assunto un 70enne con gli acciacchi che tiene.
Io a questi ritmi di lavoro di oggi a 70 anni se va bene riesco a vestirmi da solo.
Grazie mille per quello che fa, anche se come è ormai chiaro , non può incidere più di tanto.
Quanta poca tenacia e coraggio delle proprie idee!
EliminaAnzitutto, smettendo di denunziare e analizzare, non si aggiunge certo nulla di positivo alla realtà.
Ma poi: incidere non è un obiettivo primario nelle scienze sociali. Promuovere consapevolezza e capacità cognitive, semmai.
Ma non certo un implicito atteggiamento clientelare nei lettori: cioè, se la prassi cognitiva si trasforma in rilevanza politica, siamo contenti, altrimenti ci deprimiamo...Ci vuole pazienza. Per chi ha veramente seguito questo blog, dovrebbe essere chiaro che è una partita che non si vince mai veramente. Ma neppure la si perde mai definitivamente...una strada è una strada perché ha un cuore. E la vita è incredibilmente breve per preoccuparsi di vittorie e sconfitte...
La mia presidente era una costatazione di quello che mi circonda, di quello che vivo sulla mia pelle.
EliminaFatta da un signor nessuno che in possesso di una licenza media si è messo a studiare in proprio la macroeconomia e la storia economica.
Con il solo scopo di capire almeno una piccola parte di verità oltre la coltre di fumo.
Comprendere che la realtà odierna è pari pari la restaurazione del passato non è stato un bel risveglio.
Con altri mezzi e forme ma nella sostanza poco cambia.
Non passa giorno che non lo denunci,che non contrasti questa barbarie.
Ma sono cosciente che la storia non la scrivono gli sconfitti.
E obbiettivamente stiamo perdendo alla grande.
Poi, le vie del Signore sono infinite.
Buon lavoro presidente,è sempre un piacere leggerla.
Una picola osservazione.
RispondiEliminaL'aspettativa di vita non misura la durata attesa della vita e meno che mai la durata media della vita in buona salute.
A rigore dovremmo parlare di età più probabile di morte della popolazione.
In una popolazione affetta da decenni di calo della natalità e con un saldo nati-morti nell'anno ormai cronicamente negativo, l'aspettativa di vita inizialmente cresce e poi crolla.
Per visualizzare la cosa basta pensare al caso limite di un'isola abitata da una popolazione di ultracentenari. Ogni anno se ne andrà una parte ma apparentemente ogni anno l'età più probabile di morte ('aspettativa di vita') crescerà (è quello che stiamo vivendo).
Tuttavia la popolazione dell'isola è per forza di cose biologicamente sterile ed al culmine della 'aspettativa di vita' (nell'anno di morte dell'ultimo superstite) diventerà zero.
I dati ISTAT già mostrano un certo calo dell'aspettativa di vita in buona salute e pure la stasi nella crescita della 'aspettativa di vita' (temo che il segno sia già cambiato), indizio evidente che, scomparse le coorti dei nati nella prima metà del novecento (le vecchie rocce ultrasettantenni), i dati mostreranno all'improvviso (ed impietosamente) gli effetti della odierna demografia distopica e dei tagli lineari, apparentemente senza fine, alla sanità.
In questo senso ha ragione Tafazzi, la retribuzione differita (detta impropriamente pensione) tenderà a sparire per i nati dopo il 1970 e sussidio di cittadinanza (necessario per mantenere in vita i milioni di giovani immigrati dell'esercito industriale di riserva) e sussidio di vecchiaia medio tenderanno (senza una presa di coscienza ed una reazione forte) a coincidere.
Grazie per la ragionevole precisazione.
EliminaSolo che il punto della scomparsa progressiva, per i nati dopo il 1970, di una pensione (che in pratica non sia quella di cittadinanza: non dimentichiamolo) non è affatto contestato al buon Tafazzi: anzi, quanto da lui detto conferma quanto scritto nel post, dalle cui informazioni la conclusione è interamente desumibile (cito dal punto 4, b): "i mutamenti della disciplina del mercato del lavoro, nel frattempo, hanno sensibilmente mutato il livello delle retribuzioni, di entrata e nella progressione, abbassandosi la "base contributiva". Questo va ovviamente contestualizzato nel resto dell'esposizione)
Gentile Barra Caracciolo, da diversi anni seguo il suo blog che uso come fonte di ispirazione argomentativa per combattere telematicanente contro i tanti (troppi) zombificati euro-ipnotizzati che frequentano il web. Tuttavia, vivo da 15 anni in Catalogna dove la critica all'euro è totalmente assente. Qui la priorità è il conflitto territoriale tra la Generalitat e la Moncloa (sede del governo spagnolo) che è esplosa dopo la castrazione dell'ultimo Estatut Autonomico del 2006. In mezzo a questo caos emotivo (aumentato vertiginosamente dopo le sentenze del processo contro la cupola separatista per i fatti legati all'1-O) mi tocca litigare coi secessionisti catalani poichè essi sono convinti che, una volta separati dal resto della Spagna (forte con i deboli, cripto-franchista, retrograda, razzista, ecc.) li aspetta con le braccia aperte Madre Europa (buona, forte con i forti, dititto-umanista, ecc.). Insomma la solita retorica euro-ipnotizzante che, malgrado la vicenda greca, riesce tuttora a zombificare i cittadini europei. Ebbene, sto cercando un blog come Orizzonte48 però in lingua spagnola poichè vorrei mandare materiale ai secessionisti zombificati per far riflettere loro sul concetto di sovranità in assenza di moneta propria. Infatti, essi sono convinti che uscendo dalla gabbia-Spagna ci sarà la libertà mentre invece finiranno (finiremo...) nella prigione-EU.
RispondiEliminaCordialnente
Credo che ogni post sia traducibile col traduttore automatico google e, poi, un conoscitore della lingua si può aggiustate, togliendole meccanicità e "equivoci", la traduzione stessa. Tra l'altro su Catalunya e in generale secessionismo, c'è un'ampia serie di post che risalgono all'autunno del 2017
EliminaIn effetti, non utilizzando la versione web, non mi ero accorto del traduttore.
EliminaGrazie per l'eccezionale lavoro che sta facendo.