1. Per capire, senza
essere trascinati nel gorgo delle grandiose costruzioni inerziali della propaganda
orwelliana (adeguatamente testabile ogni giorno), abbiamo bisogno di punti
di riferimenti.
Cioè di chiare
enunciazioni circa i fondamenti istituzionali, cioè i contenuti normativi
fondamentali, la cui "interpretazione autentica" fornisce
l'indicazione della volontà politica e degli interessi economici che
caratterizzano il dover essere della società in cui ci si trova assoggettati. Sudditi, non cittadini
dotati della benché minima capacità giuridica di esercitare diritti politici,
il primo dei quali è l'elettorato attivo e passivo, che possano in qualche modo
determinare l'indirizzo politico fondamentale e quindi l'esistenza di
un'autorità di governo che ne risponda secondo le regole della democrazia.
E il primo di questi
riferimenti, parlando di sostenibilità, "rischio" e ristrutturazione
del debito pubblico, non è ciò che potremmo pensare noi, - che, per definizione
non conta nulla, essendo ridotti a vuota forma i diritti politici - ma quello
che dicono loro, €SSI, senza alcuna remora.
2. Ci riportiamo all'intervento
di Benoît
Cœuré (sul sito BCE, datato 3 novembre 2016) già
riportato qui,
p.6.1. (Keynote address by Benoît Cœuré, Member of the
Executive Board of the ECB, at Harvard University's Minda de Gunzburg
Center for European Studies in Cambridge, MA, 3 November 2016).
Sempre negli USA si manifesta il "meglio" di certe dottrine
economiche...):
"E nelle economie più avanzate, come altrettanto nella maggior parte dei modelli macroeconomici, il debito degli Stati è concepito anch'esso come sicuro.
Sussiste
un'effettiva piena unificazione (ndr: intesa come
armonizzazione nei fini) tra
il bilancio della banca centrale e quella dell'autorità fiscale, tale da
rendere il debito governativo risk-free in termini nominali.
La
banca centrale può garantire il suo pagamento in liquidità e per il suo pari
valore in tutti gli Stati del mondo. Perciò non c'è
alcun rischio di credito connesso ai sovereign bonds,
sebbene essi possano tuttavia comportate un rischio di inflazione se la banca
centrale è sollecitata dal governo a finanziare deficits inflazionari.
Nell'area euro,
tuttavia, questa stessa relazione istituzionale non può applicarsi.
Si ha
una banca centrale e diciannove differenti autorità fiscali, i
paesi membri non assumono la responsabilità per il debito di ciascun altro, e
alla Banca Centrale Europea, per ottime ragioni, è vietato dal
Trattato "il "finanziamento monetario", che significa l'acquisto
diretto del debito dei vari Stati membri ".
E quali sono queste "very good reasons"?
E quali sono queste "very good reasons"?
Presto
detto: "Il
debito sovrano nell'eurozona è così esposto al rischio di credito in un modo in
cui non lo sono le altre economie avanzate"
E ciò
accade invero per un disegno intenzionale. La
costruzione dell'eurozona - la proibizione di finanziamento monetario racchiusa
nel trattato UE, la “no
bailout clause”– è deliberatamente intesa a incoraggiare i mercati a
differenziare tra i debiti sovrani dell'eurozona basandosi sulla loro
sostenibilità fiscale.
L'idea
è che l'esercizio della disciplina di mercato appresterà un continuo
controllo sulle azioni dei governi, che condurrà a sua volta a politiche più
solide
3. Il secondo punto di riferimento lo possiamo rinvenire in Paul De Grauwe, del cui coinvolgimento professionale e scientifico nel concepimento e nella gestione dell'eurozona, non è dubitabile: egli dedica un lungo paper nel 2013 al poderoso tema: Design Failures in the Eurozone:Can they be fixed?
Quello che ci illumina
sul tema specifico è il paragrafo 4. "Misdiagnosis of the
sovereign debt crisis" (pagg.11 e ss.), in cui afferma (mi
spiace ma non ho più il tempo per sistematiche traduzioni dall'inglese; molti
capiranno, altri useranno il traduttore google):
The
diagnosis of the Eurozone crisis that was made by political leaders, especially
by those from Northern European countries was that the sovereign debt crisis
arose as a result of profligacy of governments in general and of governments in
the Southern European countries in particular.
However, with the
exception of Greece, the reason why countries got into a sovereign debt crisis
has little to do with public profligacy.
The cause of the debt
problems in the Eurozone is to be found in the unsustainable
debt accumulation of the private sectors in many Eurozone countries. I show the evidence in
Figures 3 and 4. It can be seen that household and bank debt were
increasing fast prior to the debt crisis.
Surprisingly, the only sector that did not experience an increase in
its debt level (as % of GDP) was the government sector.
The private debt
accumulation in the eurozone allowed booms and bubbles to develop. When these became
unsustainable and crashed, a large number of banks, firms and households, found
themselves unable to repay their debts. As a result, they were forced
to deleverage, i.e. to reduce their debt levels. This set in motion the
debt deflation dynamics discussed earlier (Irving Fisher (1932) and Minsky
(1982)).
As the private sector attempts
to deleverage, assets are sold, pushing down their prices. As a result, other
agents are pushed into solvency problems as the value of their assets declines.
More and more private agents then are forced to deleverage. But as everybody is doing this at the same time,
nobody succeeds in improving its own solvency.
On the contrary the
solvency of private agents continues to deteriorate. The economy is pushed into a deflationary spiral.
The only way out is for governments to increase their own debt levels. This is
necessary to make it possible for the private sector to deleverage without
bringing the economy into a deep depression.
Il paragrafo si conclude
così (eravamo ovviamente prima del QE, ma in un momento successivo alla MAI
APPLICATA Outright Monetary Transaction):
As long as such
misdiagnosis continues to form the basis of political action by European
leaders the chances of stopping the destructive dynamics are slim. Instead
political action should be based on a
correct diagnosis that as was argued in the previous sections result from a
number of design failures that have little to do with government
profligacy."
3.1. La soluzione che indica De Grauwe? E' nel paragrafo successivo:
"5. The ECB as a lender of last resort in the government
bond markets"
La soluzione è nota. Fu a
lungo dibattuta in quegli anni, ma non poté essere realmente discussa a causa
dell'opposizione della Germania, fondata sulla clausola dell'art.123 TFUE; che nella sostanza, come abbiamo visto,
vieta tale funzione alla BCE escludendone la forma più efficace, cioè
l'acquisto diretto all'emissione da parte dei singoli Stati, e consentendo solo
l'acquisto indiretto, sul mercato c.d. secondario, che fu intrapreso, comunque
con dei limiti altrettanto noti, di qualità e di ammontare massimo, con il QE.
Che però, anticipiamo subito, ha determinato, con la regola
"presupposta" della capital key, boom and bubbles in
Germania, oggi denominata "asset inflation", pur replicando,
per altre ragioni, un eccessivo afflusso di liquidità bancaria non sui paesi
debitori commerciali, ma sul mercato dei capitali e degli investimenti
finanziari tedeschi.
In ogni modo, De Grauwe elogia l'introduzione dell'OMT, ma "si accorge" immediatamente che il feroce clima critico che lo circonda, gli conferisce una forma regolatoria che, come si rivelerà successivamente, lo ha reso inefficace e inapplicato/bile (per qualsiasi governo avesse sale in zucca e, potendo correggere il problema del debito PRIVATO estero, con altri mezzi che non fossero la Trojka e il trattamento Grecia; come infatti, ha altrettanto notoriamente fatto l'Italia).
De Grauwe, in questo
scritto del 2013, anticipa le ragioni, tutte tributarie del principio
di "condizionalità", che avrebbero reso inefficace l'OMT. Queste
ragioni nella sostanza, rendono ancor più inefficace, cioè deflazionista e
recessivo, l'ESM riformato; solo che questa volta, eliminato once
and for all ogni possibile intervento dell'istituto emittente centrale,
come lender of last resort e persino entro il vecchio
OMT, si gettano tutte le fiches sulla
condizionalità imponibile dall'ESM stesso e sulla trasformazione del potere di
veto della Germania, in potere dell'ESM, germanizzato, di imporre le
ristrutturazione preventiva del debito del paese "in difficoltà" (e
chissà chi
creerà tale difficoltà...non certo l'Italia che gode di un attivo delle
partite correnti e di una posizione patrimoniale netta sull'estero tra le più
solide del mondo):
"The continuing
fierce criticism against the notion that the ECB should be a lender of last
resort in the government bond markets explains why the ECB attached a number of
conditions to its OMT-program. These conditions are likely to reduce the
effectiveness of that program. First,
the ECB will restrict its bond purchases to bonds with a maturity of 3 years or
less. There is no good economic argument to impose such a restriction. In
fact, it may even increase the fragility of the sovereigns. These will now have
an incentive to issue bonds with shorter maturities than they would have done
otherwise, making them more vulnerable to liquidity crises."
Second,
the ECB has attached as a condition to the use of the
OMT-program that the countries concerned apply to the ESM which may
then subject these countries to additional austerity programs. This creates the
problem that countries are pushed further
into a recession as a condition to obtain relief from the ECB. It
is difficult to understand the economic logic of such an approach. It is in
my view the result of a moralistic approach to
the problem that is very popular in the North of Europe and that wishes
countries applying for support to be punished first for their sins.
There is an
additional danger to this second condition. The ESM will be at the
centre of the procedure for triggering the ECB’s liquidity provision
in the context of the OMT program. The decisions of the ESM, however, will de facto be subject to a veto power of Germany
and other countries. The popular opposition in Germany against the
ECB’s lender of last resort activities may in the end prevail making it impossible
for the ECB to exert these activities".
3.2. Conclusione inequivocabile di De Grauwe, avendo perciò precisato la sostanziale inefficacia e anzi dannosità dell'OMT "condizionale" e lasciata al potere di veto tedesco (= arbitrio moralistico):
"As I argued
earlier, the proper separation of responsibilities is for the
ECB is to act as a lender of last resort, and for the European
Commission to control the moral hazard risk produced by this lender of last
resort activities.
The OMT program however, makes
it clear that the ECB both wants to provide liquidity and for policing moral
hazard risk. This also appears from the fact that the ECB is actively
involved in the Troika that monitors the countries budgetary policies. This monitoring, however, is highly political. Thus
the ECB gets involved in decisions about how much governments should spend,
which spending cuts to apply, what taxes to raise. These are highly political decisions. A central bank that cherishes its
political independence endangers this independence if it is involved in
political decision-making processes in member-countries".
4. Olivier Blanchard, più di recente (gennaio 2019), ha dissertato proprio di "Public Debt and Low Interest Rates", con riferimento alla situazione creatasi a seguito del QE; ed è un discorso, anche qui, "delivered" alla "2019 American Economic Association (AEA) Presidential Address at the AEA".
Siamo all'incirca un
mese dopo l'approvazione della riforma dell'ESM nell'Eurosummit
del 14 dicembre 2018, (dall'eloquentissimo incipit: "A seguito del mandato conferito nel giugno 2018"),
all'Eurogruppo.
E Blanchard trova
dunque prioritario porre l'accento sulla sostenibilità del debito pubblico
e ri-dimostra, citando alcuni studi, che, insomma, il costo
diventa crescente e "rischioso", guarda caso, sopra il 60%. Forse
dimenticando che, ad esempio, la Francia versa in tale situazione, cioè
rapporto debito/PIL in crescita sopra al 60%, e ormai prossimo al 100%,
dalla crisi del 2007-2008; e stranamente, però, non è stata toccata
dalla "crisi del debito pubblico".
Germania: debito pubblico/Pil
Francia: debito pubblico/Pil
Quello che è interessante, al di là della (ennesima) e contraddittoria perorazione della soglia del 60% (nell'eurozona, come in Giappone come negli USA), è questa affermazione riassumente la sua analisi:
4.2. Dunque si tratta di una peculiarità istituzionale consistente nell'assenza di garanzia da parte della Banca centrale, emittente tale moneta, e quindi di una scelta politica, e non economicamente chiara né giustificabile, considerando che costituisce un unicum in tutti i sistemi monetari adottati dai paesi avanzati dell'intero mondo.
5. Per capire questo rinnovato timore, a così alto livello politico(...scientifico) in cui si scarica (implicitamente ma necessariamente) l'attenzione sull'Italia, e in definitiva sull'esigere il sacrificio del suo sistema bancario e, più ancora, dei suoi risparmiatori, per un pericolo finanziario-bancario che non sta negli NPL, ma nei level-3 e conseguenti problemi di "veridicità" e "realtà" dei bilanci degli istituti tedeschi (e francesi), dobbiamo fare un passo indietro.
6. Non so come dirlo altrimenti.
Tutto col costante assenso dei rappresentanti governativi italiani pro-tempore.
7. Che se poi vogliamo andare un po' più indietro, in fatto di chiarimenti sui "divieti" contenuti nei trattati e sui "disegni intenzionali", basta vedere qui e qui (p.6). Su questo blog, dove si dice ciò che è manifesto, genetico e scontato, ma completamente assente dal dibattito politico e mediatico italiano. Ma non pare che ci sia alcun pericolo che sia mai dibattuta in un Eurogruppo o in un Eurosummit, a latere di un Consiglio Ue, alcuna proposta italiana; quand'anche fosse mai avanzata. Nell'interesse italiano.
Ma se l'interesse democratico-costituzionale italiano avesse mai avuto un peso, nell'intera storia della costruzione europea, molto semplicemente l'Italia si sarebbe limitata ad aderirvi in conformità dell'art.11 Cost. e non avrebbe mai considerato legittima, e prima ancora: conveniente, l'introduzione del vincolo esterno monetario. Ma questa è una lunga storia: un'adesione ai trattati europei conforme all'art.11 Cost. non è mai stata in agenda. Ce lo chiarì Giuliano Amato (qui, p. 1c).
8. Basti rammentare come l'etichetta giustificatrice dell'anticomunismo, che gioca tutt'ora una fortissima suggestione (...?), sia in realtà un'iperbole posticcia che ha tutt'altro obiettivo. Un obiettivo "reale" che non poteva investire la totale neutralizzazione della Costituzione del 1948 (qui, pp.4-4.1.). In Italia la realizzazione di questo obiettivo è la caratteristica fondante dell'europeismo:
Francia: debito pubblico/Pil
Quello che è interessante, al di là della (ennesima) e contraddittoria perorazione della soglia del 60% (nell'eurozona, come in Giappone come negli USA), è questa affermazione riassumente la sua analisi:
This link between the cost of debt and the level of debt itself is not just a minor inconvenience. It has profound implications for high debt countries, in particular for the high debt countries in the euro area where each government is responsible individually for its own debt.
Confermando Cœuré - e
in sostanza contraddicendo De Grauwe, che pone invece un'estrema attenzione
sull'anomalia e sulla mancanza di logica economica apparente della governance dell'eurozona
-, Blanchard non può negare, per quanto sotto-enfatizzandolo, che il
nodo della sostenibilità del debito pubblico nell'eurozona sta nel particolare rischio
dovuto al fatto che "ogni
governo è responsabile individualmente per il suo debito".
4.2. Dunque si tratta di una peculiarità istituzionale consistente nell'assenza di garanzia da parte della Banca centrale, emittente tale moneta, e quindi di una scelta politica, e non economicamente chiara né giustificabile, considerando che costituisce un unicum in tutti i sistemi monetari adottati dai paesi avanzati dell'intero mondo.
Vi propongo in altri termini quest'ultima
precisazione: Blanchard, nel fare l'elogio del risk-less debito
pubblico (solo) sotto soglia del 60%, - senza curarsi della
realizzabilità concreta di un tale target, ostentato "a prescindere",
e senza curarsi del fatto che la Francia sfida, impunemente indenne, da un
decennio, questa "legge" tolemaica mentre la Germania ha indugiato a
lungo in questa sfida, ed è più che pronta a raccoglierla di nuovo con
un'incombente ondata (anomala) di salvataggi bancari -, pare parlare proprio e soltanto dell'Italia.
Cioè, in definitiva, mette in dubbio la sostenibilità
del debito pubblico italiano a) per ragioni quantitative; b) per correlate
ipotesi di futuri shock recessivi determinati da una crisi finanziaria non
italiana. E, rispetto all'eurozona, neppure tanto esogena, vista la situazione
di Deutschebank.
5. Per capire questo rinnovato timore, a così alto livello politico(...scientifico) in cui si scarica (implicitamente ma necessariamente) l'attenzione sull'Italia, e in definitiva sull'esigere il sacrificio del suo sistema bancario e, più ancora, dei suoi risparmiatori, per un pericolo finanziario-bancario che non sta negli NPL, ma nei level-3 e conseguenti problemi di "veridicità" e "realtà" dei bilanci degli istituti tedeschi (e francesi), dobbiamo fare un passo indietro.
Al giugno del 2018 (appunto).
E si tratta di un evento che solo marginalmente, se
non addirittura strumentalmente, si aggancia della colossale montatura per cui
l'Italia era divenuta un pericolo poiché aveva appena creato un governo che,
"a priori", avrebbe dovuto destabilizzare l'intera eurozona (facendo
un deficit di 2,04 contro il...2,1 dell'anno precedente!); si tratta in realtà
del c.d. accordo di Meseberg.
Tra Francia e Germania.
Accordo nel quale, - ben prima che il Nadef 2018 e la
manovra successiva fossero presentate, e quindi ben prima che qualsiasi
minaccia italiana si profilasse all'orizzonte con una sua immaginaria government
profligacy, ci si "preoccupa" del futuro radioso dell'eurozona.
E tra un complimento reciproco e
l'altro, cosa ti tirano fuori Macron e la Merkel, concretizzando un progetto a lungo rimuginato, ma
attualizzato nelle forme più consone al sopravvenuto problema dell'asset
inflation causata dal QE e che richiedeva un'immediata "rimessa
in riga" dell'Italia?
(L'analisi di De Grauwe ne risulta letteralmente
devastata...)
"Unione
Economica e Monetaria
– Per garantire
un'economia forte, l'Unione europea ha bisogno di una solida unione monetaria.
Questa moneta è l'euro, che è accessibile a tutti gli stati membri e che quasi
tutti gli stati membri intendono adottare conformemente ai trattati dell'Ue. La
condivisione della stessa valuta comporta esigenze specifiche in termini di
coordinamento economico e di integrazione. Di conseguenza, Francia e Germania
hanno deciso di proporre misure chiave nella seguente tabella di marcia per
rafforzare ulteriormente la zona euro e renderla un'autentica unione economica.
Meccanismo europeo di
stabilità (Mes)
Come primo passo,
dobbiamo modificare il Trattato intergovernativo del Mes al fine di includere uno strumento di garanzia
comune, migliorare l'efficacia degli strumenti precauzionali per gli stati
membri e rafforzare il suo ruolo nella valutazione e nel monitoraggio dei
programmi futuri. E in una seconda fase possiamo quindi garantire
l'integrazione del Mes nella legislazione europea, preservando le
caratteristiche chiave della sua governance.
Ulteriori attività
dovrebbero essere intraprese in un quadro appropriato per il sostegno alla
liquidità necessaria alla risoluzione.
La condizionalità
rimane un principio di base del trattato sul Meccanismo europeo di stabilità e
di tutti gli strumenti del Mes ma va adattato a ciascuno strumento.
Ricordiamo che
qualsiasi decisione di fornire sostegno alla stabilità attraverso il Mes a uno
stato membro dell'area dell'euro include un'analisi della sostenibilità del
debito (Dsa).
Per migliorare il
quadro esistente promuovendo la sostenibilità del debito e migliorarne
l'efficacia, dovremmo iniziare a
lavorare sulla possibile introduzione dell'euro CaC ( collective action clauses) con
l'aggregazione a un solo capo. Se ritenuto appropriato, il Mes può facilitare il
dialogo tra i suoi membri e investitori privati, seguendo la prassi del Fondo
monetario internazionale.
Il Mes dovrebbe avere
un ruolo rafforzato nella progettazione e nel monitoraggio dei programmi in
stretta collaborazione con la Commissione e in collegamento con la Bce e sulla
base di un compromesso da trovare tra la Commissione e il Mes. Dovrebbe avere
la capacità di valutare la situazione economica generale negli stati membri,
contribuendo alla prevenzione delle crisi. Ciò dovrebbe essere fatto senza
duplicare il ruolo della Commissione e nel pieno rispetto dei trattati.
Ogni qualvolta uno
stato membro richiede l'assistenza finanziaria del Mes, può anche richiedere
l'assistenza finanziaria dell'Fmi.
Il Mes potrebbe essere
rinominato".
6. Non so come dirlo altrimenti.
La sequenza (politico-decisionale) è:
Accordo bilaterale di Meseberg => immediata trasposizione in un accordo al
vertice dell'eurozona, in margine al Consiglio UE a fine giugno 2018,
=> approvazione nelle sue linee essenziali e costitutive
della riforma ESM, esattamente riassunta nel comunicato finale del 14
dicembre 2018, che ricalca fedelmente l'accordo bilaterale e
intergovernativo di Francia e Germania => Approvazione
definitiva della riforma, completa e approfonditamente studiata,
annunciata da Centeno, in esito all'Eurogruppo del 7 novembre,
"entro dicembre".
Tutto col costante assenso dei rappresentanti governativi italiani pro-tempore.
Il presupposto strutturale di ciò, da portare alle sue
estreme conseguenze e avendo di mira, necessariamente, per esclusione (non
occorre Sherlock Holmes) l'Italia, va però ribadito, perché non sta emergendo
nel dibattito, anche parlamentare (finalmente), sulla questione:
Cœuré 2016: "Il
debito sovrano nell'eurozona è così esposto al rischio di credito in un modo in
cui non lo sono le altre economie avanzate"
E ciò accade invero
per un disegno intenzionale.
... i
paesi membri non assumono la responsabilità per il debito di ciascun altro, e
alla Banca Centrale Europea, per ottime ragioni, è vietato dal
Trattato "il "finanziamento monetario", che significa l'acquisto
diretto del debito dei vari Stati membri ".
Blanchard 2019: in
the euro area each government is responsible individually for its own debt.
7. Che se poi vogliamo andare un po' più indietro, in fatto di chiarimenti sui "divieti" contenuti nei trattati e sui "disegni intenzionali", basta vedere qui e qui (p.6). Su questo blog, dove si dice ciò che è manifesto, genetico e scontato, ma completamente assente dal dibattito politico e mediatico italiano. Ma non pare che ci sia alcun pericolo che sia mai dibattuta in un Eurogruppo o in un Eurosummit, a latere di un Consiglio Ue, alcuna proposta italiana; quand'anche fosse mai avanzata. Nell'interesse italiano.
Ma se l'interesse democratico-costituzionale italiano avesse mai avuto un peso, nell'intera storia della costruzione europea, molto semplicemente l'Italia si sarebbe limitata ad aderirvi in conformità dell'art.11 Cost. e non avrebbe mai considerato legittima, e prima ancora: conveniente, l'introduzione del vincolo esterno monetario. Ma questa è una lunga storia: un'adesione ai trattati europei conforme all'art.11 Cost. non è mai stata in agenda. Ce lo chiarì Giuliano Amato (qui, p. 1c).
E questo per i più vari motivi, che abbiamo più volte ricostruito.
La Costituzione del 1948, non è mai stata accettata dal "Quarto
Partito", che è stato costante e inesorabile nell'utilizzare la leva
terroristica del debito pubblico, (sistematicamente
a sproposito); e la costruzione europea, specialmente con la sua
propaggine ossessiva dell'abolizione della sovranità monetaria, è sempre stata
uno strumento ideale per una restaurazione antidemocratica.
8. Basti rammentare come l'etichetta giustificatrice dell'anticomunismo, che gioca tutt'ora una fortissima suggestione (...?), sia in realtà un'iperbole posticcia che ha tutt'altro obiettivo. Un obiettivo "reale" che non poteva investire la totale neutralizzazione della Costituzione del 1948 (qui, pp.4-4.1.). In Italia la realizzazione di questo obiettivo è la caratteristica fondante dell'europeismo:
"Nonostante
l’etichetta di “socialista” “Spaak aveva abbandonato le convinzioni che
potevano inquietare l’establishment, prima di diventarne una colonna. Nominato
primo ministro nel 1938, era stato sostenitore di una politica di appeasement
e conciliazione con le potenze fasciste. Dopo la guerra, si trasforma in
apostolo della costruzione europea e delle difesa dell’Occidente. Un
antibolscevismo ossessivo lo induce a indicare alla pubblica collera
l’insieme dei comunisti occidentali, accusati di “indebolire gli Stati in cui
vivono” e di agire come “una quinta colonna a confronto della quale la quinta
colonna hitleriana non era che un’organizzazione di boy scout”. (Denord,
Schwarz, op. ult. cit., pag. 25).
...
Sulla questione
dell’anticomunismo bisogna però fare un poco di chiarezza: da parte dei circoli
europeisti neoliberali l’ostilità non era certo confinata al
bolscevismo: il bersaglio era *ogni forma* di politica economica
alternativa al neoliberismo stesso, in primis il laburismo inglese,
considerate tutte quali “strade” verso il totalitarismo.
...
Ci si dimentica spesso
in effetti che il bersaglio polemico concreto di The Road to Serfdom di Hayek è
il laburismo britannico.
...
Sulla stessa linea il
buon Spinelli, che nel suo "Politica marxista e politica
federalista" (1942-43 ora in A. Spinelli, E. Rossi, Il
Manifesto di Ventotene, RCS Quotidiani su licenza Mondadori, Milano, 2010, pp.
73 e ss.), così si esprimeva:
“L’ostinazione con cui i socialisti si attengono all’ideale collettivista, è
l’espressione dell’inconscia dipendenza delle forze progressiste dall’idolo
nazionale e militarista. Anche le forze che credono di combatterlo, in
realtà lavorano per lui.” (pag. 106);
e, poi, a pag. 112: “Passando
dal campo degli interessi economici a quello delle tendenze politiche,
scorgiamo che le tendenze socialiste democratiche sono molto sensibili ad
impostazioni di carattere antimilitarista, internazionalista e popolare, e
potranno quindi fornire molte forze all’opera federalista. Ma tendono anche a
deviare da questa direttiva, se si presenta loro la possibilità, magari
illusoria, di realizzazioni più immediate, socialiste o democratiche su
ridotta (ed avvelenata) scala nazionale.”
...
La prima citazione ha
una nota, la numero 11 (pag. 121), presso la quale leggiamo:
“L’esempio del
socialismo inglese è caratteristico. L’Inghilterra, paese poco
militarista, è stata sempre un campo poco fruttuoso per le idee marxiste,
quantunque abbia eseguito molte singole collettivazioni. [sic] Ma
l’ideale della statizzazione vi ha preso piede parallelamente al crescere delle
esigenze militariste. Oggi che il conflitto le impone un collettivismo di
guerra, i laburisti, pur invocando per l’indomani una federazione di popoli,
dichiarano che intendono mantenere e sviluppare l’economia pianificata.
Se faranno ciò, faranno
senz’altro fallire la federazione, poiché la loro economia pianificata
non potrà che essere inglese, autarchica, sezionale, nazionalista. Si potrà
far aderire l’Inghilterra alla federazione pur nazionalizzando molte sue
imprese. Non c’è contraddizione insuperabile. Ma non si potrà fare una
federazione vitale ed una economia nazionale pianificata”.
Sia chiaro che qui per
“economia nazionale pianificata” ci si riferisce non al bolscevismo, ma
al piano Beveridge, a cui proprio in quegli anni Caffè tributava
il proprio apprezzamento su Cronache Sociali e Giorgio La Pira, con
la collaborazione dello stesso Caffè, avrebbe indicato come via per soddisfare
l’“attesa della povera gente".
9. Risultato: sul
presupposto istituzionale dell'eurozona che abbiamo fin dall'inizio evidenziato
(e non lo sarà mai abbastanza), e della inefficacia dell'OMT-ESM (1a versione),
così ben evidenziata da De Grauwe, si arriva al QE (dei cui effetti
strategicamente limitati sull'Italia dalla quasi simultanea introduzione
dell'Unione bancaria, abbiamo detto, qui, p.3). Il "lascito di
Draghi", obiettivamente, non si riduce ad aver salvato l'eurozona ma si
estende, come dice anche la Banca d'Italia, all'asset bubble e
al calo della redditività dei sistemi bancari dell'eurozona (ma tedesco in
particolare) "This increases the risk of adverse side effects", determinati dal QE e incrementabili con
la sua potenziale prosecuzione.
Intanto teniamo a mente questo:
10. Ma il fatto è che,
accordandosi nella consueta sede bilaterale - che è la vera
connotazione "imperiale" e neo-liberale (si fa fatica a distinguere
le due cose, come sottolineava Lelio Basso, in un epico
discorso del 1949), di cosa doveva comunque divenire la
"costruzione europea", e che denota il vero assetto dei trattati (di ogni trattato
internazionale) -, Francia e Germania ci impongono la
ristrutturazione del debito pubblico.
Cioè, come già nel caso della Grecia,
che ha richiesto la consistente (e irrestituibile) contribuzione italiana
al...salvataggio delle banche tedesche e francesi, come sottolinea Stiglitz sopra
citato, ora il salvataggio essenzialmente dell'intero sistema
finanziario tedesco deve essere comunque effettuato. Peraltro è già
iniziato (qui. p.2) nelle sue prime manifestazioni above the €uropean Rule of Law (cioè,
con regole sulla concorrenza disapplicate senza remore).
E anche questa volta,
un'Italia estranea alla causazione di questo problema - che nasce dalla morsa deflattiva che gli
stessi tedeschi impongono all'intera eurozona per trascinarla nel suo
irreversibile mercantilismo, nonché dall'investimento finanziario (sbagliato),
all'estero, dei suoi enormi surplus - è chiamata a pagare, in posizione
di sacrificio assoluto e supino. Con la
ristrutturazione del debito pubblico, cioè con la propagazione ad ogni singolo
risparmiatore del bail-in, o con l'adozione delle misure equivalenti in termini
di equivalente drenaggio, enormemente recessivo, dello stesso risparmio.
11. La resistenza sezionale (ovvero,
corporativa) del sistema bancario nazionale, che è ben presente nell'azionariato di Bankitalia,
nel suo (residuo) azionariato ancora non estero, inizia a manifestarsi.
Tuttavia il punto di svolta attuale, per
chi vuole capirlo (studiando il problema nella sua profondità storica ed
economica) è che la riforma ESM impone
una scelta, obbligata e senza alternative, tra ristrutturazione del debito
pubblico o definitiva ristrutturazione sociale italiana, cioè uno
sconvolgimento ordinamentale e dunque costituzionale, - o meglio la sua
brusca e intollerabile accelerazione- , che è totalmente non voluto dal popolo
sovrano; che però è in pratica impotente, persino nel suo estremo
baluardo dell'istituzione parlamentare che della sovranità costituzionale
popolare, è la più diretta espressione (ormai teorica).
Quando finiremo di
pagare per i problemi delle intenzionali pecche istituzionali dell'eurozona che
indica lucidamente De Grauwe?
Non saprei dirlo, data l'attuale
coscienza e situazione politica. E mediatica. So solo che avremmo bisogno dello "spirito del 25
aprile":
La forma repubblicana, e cioè l'area di
intangibilità del modello democratico di tutela dei diritti essenziali, in
particolare socio-economici, che caratterizza la nostra Costituzione - e che è
il frutto della "concordia" e dell'armonia che in
occasione del 25 aprile avremmo interesse a difendere sopra ad ogni
altra priorità -, ne risulta sufficientemente determinata,
dissipando i dubbi che al riguardo aveva sollevato Calamandrei in
sede di assemblea Costituente. Alla luce di questo "diritto
vivente" supremo (almeno nella perdurante giurisprudenza della Corte
costituzionale), dovrebbe preoccuparci, ora e in occasione della
ricorrenza del 25 aprile, che la riforma costituzionale (ndq: vale "a fortiori" e di gran lunga, per
la riforma dell'ESM) determini un effetto di sbilanciamento sull'Esecutivo di decisioni che non solo sfuggiranno sempre più
all'autonoma deliberazione parlamentare e alla indipendenza di giudizio degli
organi costituzionali di garanzia, ma che sono assunte, in modo crescente
e divorante, in sede sovranazionale, e quindi al di fuori del
circuito di deliberazione dell'indirizzo elettorale, democratico e
costituzionale...
Non domandarci la
formula che mondi possa aprirti,
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo."
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo."
Forse serve giuntare la
RispondiEliminaCOMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI IN VISTA DEL CONSIGLIO EUROPEO DEL 20 E 21 GIUGNO 2019
PROPOSTE DI RISOLUZIONE NN. 1, 2, 3, 4 E 5
http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=Resaula&leg=18&id=1113860&part=doc_dc-allegatoa_aa-sezionetit_cdpdcdmivdced20e21g2019
Questa vicenda terribile consente almeno, appunto, di chiarire quanto essa sia “conforme al concetto”, come avrebbe detto il tale, dell’UE.
RispondiEliminaNon è che l’UE si sia imposta da Bruxelles, come a volte mi pare si lasci intendere quando si propongono paragoni fuorvianti, se non altro perché non ne ha mai avute le possibilità materiali:
“The EU is not a supranational entity that has somehow usurped power from member-states. The European Commission, the EU’s central bureaucracy, employs just 25,000 people – barely larger than the BBC. To believe that these “Eurocrats” have somehow managed to take over and run a continent of 741 million citizens is ludicrous. Similarly, Commission directives and regulations, and the wider body of EU law, the acquis communitaire, are not predominantly enforced by the European Court, but by domestic bureaucracies and courts. The European Court only takes up matters referred to it by national judiciaries.”. (Questa la fonte).
“The EU is better understood as a network of national governments, which have retreated from their own populations into secretive agreements among themselves, insulating themselves from democratic accountability.”
“The process of European integration, since the 1992 Maastricht Treaty, has been about political elites seeking legitimacy in their relations with one another, rather than in their relations with their own, increasingly disgruntled electorates.”. Evidentemente anche se i compromessi “orizzontali” sono sempre più al ribasso; d’altra parte farne di “verticali” con quelle bestiali classi popolari dei propri paesi, almeno nel caso delle élite italiane, era davvero improponibile (Carli docet).
Lo scopo era quello di liberare quanto più possibile lo Stato-apparato dalle garanzie e i controlli faticosamente messi in piedi negli ultimi due secoli, in Italia “coronati” da una concezione di quegli apparati come strumentali alle esigenze dei cittadini (non a quelle deimercati), ributtando di nuovo questi ultimi, appunto, nella condizione di sudditi.
Questo chiarisce anche perché l’UE non può e non potrà mai essere democratizzata: il giorno in cui, per ipotesi fantastica, succedesse, le forze che l’hanno voluta se ne chiamerebbero immediatamente fuori; al massimo può essere resa disfunzionale.
La trappola da evitare è ovviamente l’illusione del “meno Stato”, che non farebbe altro che accentuarne i caratteri dispotici: lo Stato va controllato e posto a disposizione dei suoi cittadini, non (molto) selettivamente ridotto.
Per la situazione attuale, forse suonerà un po’ enfatico e desueto, ma non credo che sia fuori luogo il termine di “tirannia”: ex defectu tituli da parte dell’UE, ex parte exercitii per quanto riguarda il governo.
Evidenzio la fonte per facilità di lettura: tratto dal sito "The Full Brexit"; Analysis #1
EliminaThe EU's Democratic Deficit:
Why Brexit is Essential for Restoring Popular Sovereignty
Christopher Bickerton and Lee Jones
11 June 2018
https://www.thefullbrexit.com/the-eu-s-democratic-deficit
Mettere il link attivo talora rende più difficile la lettura :-) Qui non vigono le regole protocollari di altri siti di piglio più...regolatorio (nelle forme).
A mio modesto parere, (poiché evidenziando il link visibile, e usando il tasto destro,si può aprire il link stesso in un'altra finestra o scheda) al contempo si ottiene una lettura più scorrevole e una riproducibilità redazionale-scientifica meno laboriosa :-)
Poi tu sei liberissimo di fare come ritieni più...divertente per te. Ci mancherebbe.
Sul merito della tua analisi, avendo contribuito al suo precedente chiarimento in modo decisivo, (e te ne ringrazio, come sempre), non posso che essere tragicamente d'accordo.
Purtroppo, poter andare così in profondità nell'analisi è un "privilegio" ristretto dei lettori e commentatori di questo blog.
Fuori di qui esiste un altro mondo. Con cui, nel nostro piccolo, e sempre cosciente delle mie immense limitazioni, bisogna comunque fare i conti.
In ogni direzione...(orizzontale, verticale, in lungo, in largo e di traverso).
Ma tu Arturo sei sempre una boccata d'ossigeno.
Certo è che può essere utile ricordare lo scopo "caritatevole" del MES - aiuta gli stati in difficoltà, no? come un buon samaritano soccorre i bisognosi, giusto? - considerando come è stato costituito: le sue finalità sono così umanitarie che «L'operato del MES, i suoi beni e patrimoni ovunque si trovino e chiunque li detenga, godono dell'immunità da ogni forma di processo giudiziario (art. 32). Nell'interesse del MES, tutti i membri del personale sono immuni a procedimenti legali in relazione ad atti da essi compiuti nell'esercizio delle proprie funzioni e godono dell'inviolabilità nei confronti dei loro atti e documenti ufficiali (art. 35)»
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