
1. Vi ricordate le elezioni in Olanda?
Il
loro problematico esito è stato indicato come una prima significativa battuta
d'arresto dei populismi. E in quel caso pareva particolarmente verosimile, dato
che il populista di turno ce l'aveva con l'€uropa solo per via
dell'immigrazione (e dell'alterazione dell'identità e bla, bla bla, a fini di
puro conflitto sezionale, ignorando quello sociale):
"L'opinione
prevalente sull'esito delle elezioni conseguente a questo quadro è che "non
molto cambierà a parte un controllo più severo sull'immigrazione".
Ma
questo perché l'attuale reazione "populista" all'UE-M, si muove
anch'essa proprio sul piano del controllo di ciò che gli uomini devono
credere e di ciò per cui si debbano affannare; e quindi, a nostro
parere, non ha mai posto un problema di rimessa in contestazione del paradigma
mercatista oligarchico alla base della creazione della moneta unica.
Di
certo questo paradigma non è stato al centro della campagna elettorale in
Olanda: i populismi si autosqualificano da soli, quando si limitano a
scimmiottare la visione di fondo degli ordo-liberisti €uropei, cercando solo di
contrastare gli effetti, e solo parte di essi, dell'applicazione del
paradigma supply side e del lavoro-merce ma, in fondo, lasciando i propri
seguaci fermi nel credere che non ci sia un altro mondo migliore di
quello...".
2.
Risultato: il governo in Olanda non risulta ancora formato, e dal sito ufficiale, attualmente,
campeggia ancora la compagine di ministri e l'accordo
di coalizione (del 2012!) uscenti e formatisi nella precedente
legislatura.
La cosa curiosa è che i punti essenziali di tale accordo di
coalizione,
ci scommetterei una cena al Quinto/Quarto (fanno la coda alla vaccinara secondo
la rigorosa ricetta tradizionale e sono stati premiati per la Carbonara), saranno
quasi integralmente riprodotti dal "nuovo" governo di prossima
coalizione.
Come
dire: tra non molto, se ne usciranno vari "operatori razionali" per proporre come quesito divenuto (ormai) retorico: "ma perché votare se si perdono soldi e tempo per ri-assumere
decisioni già prese"?
Di
tale "precedente" accordo programmatico vi riproduco i capisaldi:
potete andare a cliccare su ciascuno di essi e vi accorgerete che potrebbero
essere indifferentemente presi, per lessico, cultura (macro)economica e
struttura (ideo)logica, per il programma di Macron o, come
abbiamo documentato, per un country report della Commissione UE:
O
potrebbero essere assunti come base programmatica da una qualsiasi partito
€uropeista, progressista, liberoscambista e moderato che guarda al centro, al
supply side e alla competitività, ma "con attenzione per i problemi del sociale
e le nuove sfide della globalizzazione".
Dicono
che Geert Wilders, il populista a cui non stava bene (in Olanda, beninteso)
l'€urosistema dell'immigrazione no borders, non sia "reperibile" per
le consultazioni, mentre, giustamente, mentre,
dimostrando...straordinarie capacità negoziali e senso di responsabilità
(aspetti almeno in teoria considerati essenziali in politica), i leaders di
tutti gli altri partiti si rifiutano di averci a che fare, nonostante il PVV
sia risultato il secondo partito più votato.
Forse i media internazionali, e olandesi, si preoccupano per la
mitologica "governabilità"?
Pare
proprio di no. E
hanno una bella tradizione in materia e non solo loro:
"Dalla
seconda guerra mondiale, i governi hanno avuto un tempo medio di formazione di
72 giorni, da paragonare alle 4-6 settimane necessarie per formare una tipica
coalizione in Germania. Il record olandese sono i quasi sette mesi necessari
nel 1977, ma anche ciò impallidisce rispetto al suo vicino, il Belgio, che dopo
le elezioni del 2010 ha impiegto 541 giorni per arrivare a un accordo di
coalizione".
316
giorni per formare un governo conservatore "di minoranza" in
parlamento (dopo ben due elezioni rivelatesi inutili a chiarire una precisa
maggioranza): un governo che si regge sull'astensione "collaborativa"
(!) dei socialisti, che non hanno interesse a sottoporsi a una terzo voto
politico in tre anni, dato che temono di uscirne letteralmente distrutti.
Com'è
in effetti accaduto al partito socialista in Francia (al primo turno delle
presidenziali e in attesa delle politiche di giugno; v. Hamon) e,
obiettivamente, com'è accaduto in Olanda, ai
"socialdemocratici".
Basti
vedere questi rispettivi risultati elettorali:

5. Su "Il Messaggero" di oggi (pag.13), uno storico francese (specializzato nella Rivoluzione e nel periodo del Terrore), prevede una più che probabile vittoria di Macron, ma con queste prospettive di governo effettivo:
"R:
....Macron ha avuto dalla sua i media e la magistratura. Fillon, anche se non
era colpevole (?) e ha subito un attacco giudiziario e mediatico, ha avuto la
colpa politica di dar per scontata la sua moralità alla De Gaulle per poi
finire sotto inchiesta. Per questo l'astensione sarà alta e la vera battaglia
sarà quella per le legislative...
Domanda: Macron conta sulla razionalità dell'elettorato per
ottenere una maggioranza parlamentare. Ci riuscirà?
R: Non è escluso. Ma resta da capire come, con metà dei
parlamentari al primo incarico e dunque poco radicati nel territorio. La
situazione è imprevedibile. Un sistema a tre partiti è diventato fuori corso, e
a quattro non si vede come Melenchon e il Ps possano riconciliarsi.
L'unico vincitore mi sembra Melenchon, che ha messo insieme la
sinsitra della sinistra e una parte dell'elettorato antisistema alla Podemos o
alla Cinque Stelle. Per questo tace sulle indicazioni di voto: sa che c'è chi
vota Le Pen e non tornerà a votare per lui.
Macron rappresenta la frattura tra Est e Ovest, tra l'elettorato
rurale e urbano, prossimità alle frontiere e distanza, ma rischia anche lui di
non avere una maggioranza chiara...
Oggi...Macron rischia di non avere una maggioranza in parlamento
e di contentarsi del voto volta per volta...".
6.
E quindi, come
in Italia, si conferma che la "governabilità"
(qui,
pp. 2.1.4 e ss.) è una qualificazione di tipo tecnico-istituzionale che,
se assunta come valore autosufficiente (cioè come indicatore di un'astratta
funzionalità organizzativa che non si cura più del raggiungimento dei fini
costituzionali dell'organizzazione stessa), finisce per assorbirne ogni
altro, cioè per rendere irrilevante ogni contenuto e fine dell'indirizzo
politico-elettorale.
Quest'ultimo,
in teoria, dovrebbe risultare corrispondente alle esigenze che l'elettorato, ed
anche la obiettiva realtà socio-economica, cercano di segnalare al
sistema pseudo-rappresentativo dei partiti; ma, ci si accorge che, come
giustamente, ha detto Draghi (ispirandosi
a Friedman; qui, p.1, "addendum"), l'indirizzo politico è fissato
da un "pilota automatico".
7.
A questo punto della vicenda €uropea di desovranizzazione, quindi, la
rappresentatività contingente dei partiti non è più decisiva, perché essi,
abbiamo visto, si identificano in contenuti programmatici indifferenti alla
cinghia di trasmissione elettorale delle reali esigenze e bisogni dei popoli
interessati.
Questi
contenuti programmatici sono ormai ridotti alla parafrasi o alla scomposizione
formale, ma rispettosa delle priorità sostanziali, delle indicazioni
politico-economicho-fiscali dettate dalle istituzioni UE-M.
Piccole schermaglie, su diversi modi di intendere i diritti cosmetici,
ovvero sui tempi di realizzabilità delle misure consigliat€, vengono appositamente
ingigantite dallo spin mediatico che, anche in tal modo, si premura
essenzialmente del fatto che non venga comunque messo in discussione
"l'ordine internazionale dei mercati" (qui,
p.5: da rileggere in ogni caso...).
8. Anzi, si potrebbe persino dire che l'apparente frammentazione partitica attuale sia un bene per il "governo dei mercati": restituisce alle masse una sceneggiatura di contendibilità delle istituzioni (democratico-elettive) su varie, apparenti, versioni dell'indirizzo politico e così allontana la presa d'atto popolare sull'abolizione delle sovranità democratiche.
La
sceneggiatura di una grande reality sedativo stile "Truman show".
E
dunque, aveva pienamente ragione Reichlin (qui,
p.8.1.):
"I mercati governano, i tecnici gestiscono, i politici vanno in televisione".
"I mercati governano, i tecnici gestiscono, i politici vanno in televisione".
E
questa è l'€uropa: ora più che mai.
Perché
il problema di fondo rimane sempre questo:
"Se un "governo" sovranazionale free-trade non è strutturalmente idoneo ad autoriformarsi per via endogena (e le ragioni sono le stesse per cui i paesi non vincolati dalla bdp, cioè in surplus, non risultano praticamente mai, nella storia economica, aumentare le proprie importazioni e raggiungere il pieno impiego, cooperando spontaneamente a riequilibrare i saldi esteri e i livelli di occupazione dei paesi "vincolati"), ne deriva una struttura della massima rigidità.
E una tale struttura può solo collassare, escludendo, geneticamente, qualsiasi elasticità delle sue regole: se infatti fosse prevista una clausola di "elasticità", la sua governance riterrebbe di perdere la "credibilità" necessaria per affermare i suoi fini naturali.
E in fondo, è ciò che ci va ripetendo, ogni volta che ne ha l'occasione, Mario Draghi.
Anzi, precisa che qualsiasi alternativa a tale rigidità istituzionale è "unrealistic".
Quindi il destino delle masse €uropee è segnato".
"Se un "governo" sovranazionale free-trade non è strutturalmente idoneo ad autoriformarsi per via endogena (e le ragioni sono le stesse per cui i paesi non vincolati dalla bdp, cioè in surplus, non risultano praticamente mai, nella storia economica, aumentare le proprie importazioni e raggiungere il pieno impiego, cooperando spontaneamente a riequilibrare i saldi esteri e i livelli di occupazione dei paesi "vincolati"), ne deriva una struttura della massima rigidità.
E una tale struttura può solo collassare, escludendo, geneticamente, qualsiasi elasticità delle sue regole: se infatti fosse prevista una clausola di "elasticità", la sua governance riterrebbe di perdere la "credibilità" necessaria per affermare i suoi fini naturali.
E in fondo, è ciò che ci va ripetendo, ogni volta che ne ha l'occasione, Mario Draghi.
Anzi, precisa che qualsiasi alternativa a tale rigidità istituzionale è "unrealistic".
Quindi il destino delle masse €uropee è segnato".
9. Una volta fissato
l'autosufficiente valore della governabilità ex se, come esercizio di
gestione tecnocratica conforme alla volontà dei mercati, e quindi, giunta a
consunzione totale la stessa funzione originaria delle elezioni, - venuta a noia ai
mercati che governano, nonché ai cittadini, che sempre più tenderanno ad
astenersi per l'inutilità, prima ancora che per la difficoltà, di identificare una volontà del corpo elettorale-, si hanno drammatiche conseguenze sul
piano della futura sopravvivenza dei riti elettorali.
Ed
infatti, con sempre più insistenza (mediatica), si sta affermando
una crescente intolleranza per il voto, in quanto "di protesta"
(per il peggiorare delle condizioni sociali del lavoro, essenzialmente) e come
tale inefficiente. E,
con prevedibile coerenza, dovrebbe avere i giorni contati (in €uropa):
"Si rassicurasse: anche con laurea magistrale, il regime del mercato del lavoro e la struttura dell'offerta "competitiva" sono tali che la schiacciante maggioranza dei giovani "qualificati" rimane disoccupata. Ergo potenzialmente dedita a "inconsulti" comportamenti di protesta.
Certo, poi, a questi è più facile propinare, come fanno i Riotta e i Severgnini, che la colpa di ciò è della corruzione, degli sprechi e degli inauditi privilegi parassitari della generazione precedente.
In pratica, quello che ci raccontano costoro è che il sistema di propaganda mediatico-culturale funziona molto meglio con chi è "formato" fino in fondo mediante il suo rigido e spietato preorientamento (pop) della realtà.
Non funziona, invece, con chi, in modo molto più pratico, si è già cimentato nel tentativo di inserirsi nel mercato del lavoro, ma non avendo, prima, completato il percorso coattivo che porta alla identificazione degli interessi degli oppressi con quelli dell'oligarchia...
Nelle ONLUS che propugnano i diritti cosmetici, infatti, non c'è posto per tutti (per sbarcare il lunario sentendosi "cittadini/e del mondo").
E la soluzione di "condizionare" ancor meglio la massa a dosi massicce di politically correct, colpevolizzazione e conflitto generazionale, può solo ritardare di "un po'" il rigetto del corpo sociale per l'oligarchia.
Anzi: al momento della "saturazione" anche di queste fasce sociali, la reazione sarà ancora più radicale...
Un default del sistema di irregimentazione che viene dunque sopravvalutato e che non sposta di una virgola gli effetti sociali di lungo termine dell'ordine internazionale del mercato.
Insomma: stanno alla frutta e se queste sono le loro "risorse culturali" e strategiche, come potranno sopravvivere fino al prossimo giro di consultazioni elettorali?
Non potranno: dovranno abolire il suffragio universale.
Anche dei laureati..."
"Si rassicurasse: anche con laurea magistrale, il regime del mercato del lavoro e la struttura dell'offerta "competitiva" sono tali che la schiacciante maggioranza dei giovani "qualificati" rimane disoccupata. Ergo potenzialmente dedita a "inconsulti" comportamenti di protesta.
Certo, poi, a questi è più facile propinare, come fanno i Riotta e i Severgnini, che la colpa di ciò è della corruzione, degli sprechi e degli inauditi privilegi parassitari della generazione precedente.
In pratica, quello che ci raccontano costoro è che il sistema di propaganda mediatico-culturale funziona molto meglio con chi è "formato" fino in fondo mediante il suo rigido e spietato preorientamento (pop) della realtà.
Non funziona, invece, con chi, in modo molto più pratico, si è già cimentato nel tentativo di inserirsi nel mercato del lavoro, ma non avendo, prima, completato il percorso coattivo che porta alla identificazione degli interessi degli oppressi con quelli dell'oligarchia...
Nelle ONLUS che propugnano i diritti cosmetici, infatti, non c'è posto per tutti (per sbarcare il lunario sentendosi "cittadini/e del mondo").
E la soluzione di "condizionare" ancor meglio la massa a dosi massicce di politically correct, colpevolizzazione e conflitto generazionale, può solo ritardare di "un po'" il rigetto del corpo sociale per l'oligarchia.
Anzi: al momento della "saturazione" anche di queste fasce sociali, la reazione sarà ancora più radicale...
Un default del sistema di irregimentazione che viene dunque sopravvalutato e che non sposta di una virgola gli effetti sociali di lungo termine dell'ordine internazionale del mercato.
Insomma: stanno alla frutta e se queste sono le loro "risorse culturali" e strategiche, come potranno sopravvivere fino al prossimo giro di consultazioni elettorali?
Non potranno: dovranno abolire il suffragio universale.
Anche dei laureati..."