lunedì 1 maggio 2017

IL PRIMO MAGGIO DELL'ITAL-TACCHINO

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1. La "festa del lavoro", anche in ragione delle vicende storiche che, in varie parti del mondo, gli hanno dato vita, è una locuzione abbastanza chiara che non si dovrebbe prestare ad equivoci. Quantomeno, storicamente, rinvia al potere organizzato dei lavoratori di ottenere un orario di lavoro dignitoso (le 8 ore), sottraendolo alle pure leggi del mercato.
Ma, - come abbiamo visto avvenire praticamente su tutti i concetti e i temi della democrazia pluriclasse instauratasi a seguito dell'esito della seconda guerra mondiale e della consapevole ricognizione dei suoi processi causali (si veda il fondamentale intervento di Ruini, in Costituente, proprio in replica a Einaudi) da parte dei vari legislatori del tempo, una festa del lavoro, oggi, appare ideologicamente "obsoleta".
Ed lo è certamente, obsoleta, se si pensa che, certamente dentro l'eurozona, e in tutta l'UE (ma non solo), si parla, in modo assolutamente consolidato, di "mercato del lavoro", e di connesse esigenze "sociali" funzionali ai "bisogni del mercato": sicché la flexicurity viene fatta passare come una forma di attenzione al "sociale", considerandosi le prevalenti esigenze del mercato, imposte dalla globalizzazione istituzionalizzata, come un fenomeno inevitabile e essenzialmente equiparato agli...eventi meterologici. Un fenomeno col quale dobbiamo convivere, per sempre, perché tale è lo stato di "natura".

2. Una redifinizione "nuovista" e modernamente €uropea del 1° maggio, quindi naturalmente-naturalista (laddove appunto la ri-scoperta di leggi naturali sarebbe un segno di progresso in quanto caratterizzata dalla scientificità più rigorosa), basata su questa nuova versione del "sociale" - e Dio sa quanto questo vocabolo sia considerato tatticamente importante da Hayek (qui, primo paragrafo), Einaudi (qui, pp. 8-11), Roepke (qui, p.6) e via dicendo-  dovrebbe farlo ridenominare "festa del mercato del lavoro". 
E se il mercato si applica al lavoro, a questo si deve naturalisticamente applicare la mera legge della domanda e dell'offerta considerandolo una merce che va acquisita come "fattore della produzione" e, dunque, riducendone il costo in ogni modo possibile e prioritariamente considerato conveniente sul lato dell'offerta.
Considerandosi dunque la prevalenza incondizionata del vincolo sovranazionale, specie in tema di lavoro (dato che per la nostra Corte costituzionale, cfr; qui, p.3, ciò che incide sui "rapporti economici" non ha influenza sui rapporti politici e sociali!), oggi, una €uropeisticamente legittima festa del lavoro, diviene la festa della "competitività" e del supply side
Senza alcuno spazio per quello che Einaudi - e, insieme con lui, i liberisti fautori del gold standard (qui, pp. 6-9) come soluzione alla crisi seguita alla prima guerra mondiale-, denominava come protezionismo operaio (guerrafondaio di per sè, naturalisticamente parlando).

3. Nel far ciò, Einaudi, (nel 1910!) rendeva esplicitamente conto dell'auspicata connessione tra immigrazione, condizioni di libero mercato del lavoro e, naturalmente, stabilità monetaria (i partiti socialisti ed i sindacati operai dei paesi che chiamansi più evoluti e il cui proletariato si è presa l’abitudine di indicar col nome di cosciente, invocano ogni giorno…l’istituzione di alte barriere contro la concorrenza non più delle merci, bensì degli uomini che potrebbero produrre le merci a basso costo)
E questa connessione trova una straordinaria omogeneità nell'interpretazione del medesimo fenomeno, solo visto dall'angolazione opposta, compiuta da Marchais nel 1981: solo che a quest'ultimo, travolto dall'accusa di "razzismo", secondo un nuovo e curioso concetto, nel frattempo invalso nella neo-lingua della restaurazione ordoliberista, non riuscì di farsi ricordare. Almeno tra coloro che si richiamavano, e si richiamano, alle istanze socialiste e desinistra.

4. Sul punto ci riportiamo ancora alla spiegazione complessiva del fenomeno fatta da Galbraith, (ovviamente anch'essa tacciabile di essere "obsoleta"): 
"Il monetarismo...l'effetto di restrizione indotto dagli alti tassi (reali) di  interesse sulle spese per beni di consumo e sugli investimenti...aveva funzionato, com'era evidente, producendo una grave crisi economica, un rimedio non meno doloroso del male. 
Il "successo" di questa politica negli USA fu il risultato anche di una circostanza affine e poco prevista dagli economisti:...l'eccezionale vulnerabilità della moderna società industriale ad una combinazione di politica monetaria restrittiva, degli alti tassi di interesse, e dei risultanti tassi di scambio avversi (ndr: cioè una moneta troppo forte..cosa che ci riporta gli attuali giorni dell'euro).
Che la disoccupazione - indotta dalla politica monearista e da alti tassi di interesse- diminuisse il potere di contrattazione dei sindacati non era affatto sorprendente.
L'economia ortodossa accettava che la disoccupazione avesse l'effetto di condurre a diminuzioni di salari; era in tal modo che si conseguiva la piena occupazione neo-classica. Il sindacato era una forza che si opponeva a questo assestamento; se la disoccupazione era abbastanza grave, il sindacato doveva cedere".
...
"Risultò però imprevisto l'effetto sulle imprese. Nelle industrie dell'acciaio, dell'automobile, della macchine utensili, delle attività estrattive, nelle linee aeree ...l'effetto complessivo di quella politica, compresa la concorrenza straniera, condusse ad una riduzione delle vendite, determinò un'estesa inattività degli impianti e minacciò il fallimento e la cessazione delle attività.
In questa situazione i sindacati furono costretti non solo a dimenticarsi degli aumenti salariali ma anche a contrattare su riduzioni dei salari stessi e delle forme di assistenza.
Pur potendo ignorare in qualche misura le sfortune dei lavoratori disoccupati - la maggioranza era ancora occupata e aveva ancora una voce in capitolo decisiva-, non potevano i sindacati ignorare la minaccia della disoccupazione per tutti i lavoratori, minaccia che si sarebbe potuta concretizzare se uno stabilimento o un'intera industria avessero dovuto chiudere.
E quella divenne una prospettiva verosimile all'inizio del 1980 in un certo numero di industrie pesanti americane.
In precedenza non ci si era resi conto che un'azione forte del sindacato richiedeva una posizione forte dell'imprenditore. L'indebolimento della posizione di quest'ultimo determinava un grave indebolimento anche del sindacato...".

5. Siccome non è mia intenzione fare un trattato e ripetere cose che, come attestano i links finora immessi (e quelli a loro volta contenuti nei posti linkati), abbiamo detto molte volte, vorrei però sottolineare la valenza italiana che assume oggi la festa del lavoro, derubricata, in chiave di supremazia del vincolo €uropeo, a "festa supply side del mercato del lavoro perfettamente flessibile & della competitività" (ovvero "del vincolo esterno").
La questione è presto detta: dal momento in cui la stabilità monetaria, la liberalizzazione dei capitali, della forza lavoro e delle merci, con la perfetta flessibilità del prezzo del lavoro (cioè l'ordine internazionale del mercato pp. 3-4), divengono la cornice politico-istituzionale priva di alternative (l'alternativa della legalità costituzionale è infatti "obsoleta", inefficiente e comunque assoggettabile a illimitata abrogabilità di fatto da parte delle regole €uropee), occorre rammentare che:
"Nulla più della globalizzazione istituzionalizzata indulge a rilevare gli effetti del "vincolo esterno", cioè dell'indebitamento commerciale (e quindi privato) con l'estero dei vari paesi. E a trarne le conseguenze in termini di politiche che si impongono sui singoli Stati nazionali: politiche, a loro volta, riflesso automatico e condizionale delle regole precostituite nei trattati e per l'azione delle istituzioni organizzate che essi prevedono".


6. Altro che festa del lavoro dunque: la "festa supply side del mercato del lavoro perfettamente flessibile&della competitività" è il punto culminante di questa sequenza vincolistica €uroprogrammatica (p.6):
- instaurazione dell'area di libero scambio
- adozione di una moneta unica
- innesco degli squilibri commerciali
- stato di necessità insito nella privazione della moneta nazionale (come tale sovrana e democratica)
- accesso all'unica via di uscita delle riforme strutturali incentrate sulla precarizzazione e flessibilizzazione del lavoro
- loro recepimento sanzionato dalla mancata concessione della liquidità necessaria per far fronte al debito verso i paesi creditori dell'area.
7. Il fatto è che gli italiani, - in modo diffuso, e dunque anche, e inammissibilmente, in una parte consistente della classe lavoratrice-, "sono nel loro complesso fortemente patrimonializzati, rispetto allo standard considerato ammissibile dal paradigma ordoliberista (almeno per un paese "inferiore", in quanto "porco", che non fa mai abbastanza le "riforme").   
Sempre rammentanto che il sistema €-ordoliberista delle "riforme" è uno strumento strategico per instaurare il modello socio-economico che piace a Wall Street, per i motivi molto ben indicati da Bazaar in due commenti in successione Tanto più che, come evidenziava De Grauwe, tale ricchezza è anche meglio distribuita che negli altri grandi Stati dell'eurozona, cioè appartiene a tanti, invece che a pochi (brutti italiani, cattivi, che se la godono senza meritarselo!).   
Un difetto non da poco agli occhi degli ordoliberisti tedeschi e loro organi €-satellitari e che, come al tempo delle guerre delle cannoniere, un egemone colonialista, non può tollerare (e, infatti, la Cina, paese più ricco del mondo, sul finire degli anni '30 dell'800, se ne accorse a sue spese)".
Ergo: occorre, con ogni mezzo, porre gli italiani nella condizione di DOVERSI indebitare (preferibilmente verso creditori esteri) e di essere "vincolati" a "realizzare" la loro garanzia patrimoniale, così ghiotta, escogitando una serie di meccanismi collegati per renderli insolventi (cioè incapaci di ripagare il debito con i loro redditi).

Lo schema funziona così: fingendo strumentalmente di voler individuare nel debito pubblico la causa della crisi economica (specifica dell'area euro), si era arrivati, in realtà, a una prima spennatura: in nome degli spread, propinando che il debito pubblico italiano, nel 2011, fosse insostenibile, quando ciò non era vero, come ben sapevano gli stessi ideatori di questo primo attacco. 
L'effetto-Monti (che trova però ampi antecedenti nelle manovre a raffica di Tremonti e un seguito nella coerenza dei governi sucessivi, fino ad oggi), ha, ad una prima "lettura", portato alla distruzione della domanda interna per correggere gli squilibri dei conti con l'estero, mentre si è comunque finanziato allegramente il meccanismo dei fondi europei (ESFS e ESM), a effetto cumulativo di indebitamento pubblico italiano pro-domo dei sistemi bancari di Germania e Francia".

8. Mai come su questa "edizione" della "festa supply side del mercato del lavoro perfettamente flessibile & della competitività" incombe un "arifate presto" di dimensioni fiscali magnificate (in senso percettivo-quantitativo e anche "enfatico) e, ove effettivamente realizzato, a carattere "finale".  
Ce lo dice chiaramente il DEF, a pag.5, nella sua parte effettivamente rilevante: quella che quantifica la misura del consolidamento fiscale (dichiaratamente orientato più alla nuova spending review che alla maggior imposizione fiscale, limitata, parrebbe, a misure di contrasto dell'evasione e di ampliamento della base imponibile mediante riduzione di detrazioni e deduzioni fiscali...trattasi, in quest'ultimo caso di "illusione finanziaria", ma transeat...).

9. Un punto di PIL all'anno di consolidamento fiscale per i prossimi due anni, dunque, non ce lo toglie nessuno. 
Basta confrontare l'ammontare del crescente avanzo primario che viene garantito (all'€uropa) dal DEF, da attestare in prossimità del 3% del PIL già nel prossimo anno, per salire verso il 4% nei due anni successivi.
Ora questa misura di intervento fiscale, certamente gradito all'€uropa che lo richiede (anche più drasticamente e rapidamente), risulterà inevitabilmente deflazionista e orientata a far aumentare ancora la disoccupazione/sottoccupazione e, di conseguenza, l'insolvenza di famiglie e imprese

10. Dunque, mai come in questo 1° maggio, - ancor più che in quello che seguì l'estate del 2011 (dati i livelli di partenza del reddito e della disoccupazione)-, la prospettiva è quella della realizzazione della garanzia patrimoniale collettiva, e privata, delle famiglie dei lavoratori.
Di questo scenario incombente, dei suoi effetti macroeconomici e occupazionali effettivi, non si parla oggi, 1° maggio 2017. Si parla di tutt'altro. 
Chissà perché. 
Certamente non ne parlano i sindacati che, pure, oggi più che mai, dovrebbero essere in allarme rosso, cioè letteralmente "non dormirci la notte", per le prospettive che la presenza italiana nell'eurozona (col suo cumulo di obblighi incessanti), proietta sul "mercato del lavoro".
Festeggiamo invece la "competitività" e l'apertura illimitata del mercato del lavoro: non sia mai che si sia protezionisti, confondendo tale non univoco concetto col vincolo esterno, artificialmente imposto in via istituzionale dai trattati €uropei... 

23 commenti:

  1. Hanno preso il mio lavoro col job act ,la mia pensione con la Fornero,i miei soldi col bail in e ora vogliono pure la mia casa. Perché tanto odio ?

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  2. Ottimo post, solo un dubbio; sugli italiani che "se la godono" e dove "tale ricchezza è anche meglio distribuita"; viste le statistiche da te linkate nel precedente post sull'aumento della povertà (sopra la media UE) nel nostro paese, il divario tra nord e sud e tra le stesse regioni del nord (la Liguria non mi sembra se la spassi bene) e riflettendo sulle mie ricerche riguardo ai tassi di disuguaglianza e mancanza di mobilità da me precedentemente linkati, trovo oggettivamente difficile che gli italiani se la spassino poi in maggioranza così bene; non vorrei che certe statistiche, magari anche elaborate in buona fede, abbiano escluso qualche dato nel computo dell'effettiva distribuzione della ricchezza; non vorrei che il valore degli immobili sia stato eccessivamente sopravvalutato, tale da far apparire ricco un operaio che si è spaccato la schiena per tutta la vita per ripagare un mutuo che gli ha consentito di diventare proprietario di 50 o 60 mq in qualche condominio di periferia.
    In fondo €ssi hanno tutto l'interesse a farci apparire più ricchi di quello che siamo per farci sentire maggiormente in colpa e quindi renderci alla fine più disposti a farci spennare ancora di più. Se dici a un povero che è già abbastanza povero ci saranno poi più resistenze all'ulteriore spennamento; se dici a un povero di essere un ricco che se la spassa, e se glielo ripeti mille volte, allora magari poi lui si convince veramente di esserlo e donerà perciò volentieri l'ultimo paio di mutande che gli è rimasto.

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    1. Ma certo che il "se la godono" era ironico, riferendosi alla vulgata livorosa nord€uropea (tanto bene accetta dalla italgrancassa mediatica): emerge dal post da cui è tratto il brano (v. link).
      Come emergeva anche da qui:
      http://orizzonte48.blogspot.it/2017/03/djisselbloem-le-donne-e-lalcol-un.html

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    2. Grazie, a volte sono sommerso da tanti problemi e preoccupazioni che non riesco a portare la dovuta attenzione a tutti i post, che mi impongo comunque di leggere, compresi i commenti, perché sono una miniera di informazioni straordinaria.

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    3. Come diceva Cesare Pozzi la ricchezza reale è un flusso. Non uno stock.
      Per cui se l operaio possiede anche un trilocale in zona buona...ma si trova a doverci pagare sopra imposte paragonabili a un piccolo affitto...non si può considerare che sia proprio ricco. Certo il suo patrimonio sarà magari alto ma di fatto non può utilizzarlo per fare spese...la ricchezza starebbe nel poter godere di quel bene senza pagarci l affitto. Che però appunto parzialmente paghi mascherato sotto forma di imposte.
      Per questo le classifiche sulla ricchezza europee sovrastimano sempre il patrimonio immobiliare.
      Per questo gente che al nord Europa non possiede la propria casa vive in realtà meglio di chi è proprietario qui...grazie a redditi più alti.
      Certo il patrimonio dell italiano sarà alto...ma un patrimonio che comporta un costo (manutenzioni) ti rende ricco fino a un certo punto.
      Ma così possono far figurare i sud europei come i soliti che ingrassano alle spalle dei nordici.

      Detto questo io, anche se ogni volta che lo dico vengo criticato, non posso fare a meno di ripetere che viaggiando spesso per lavoro vedo che in molti paesi anche europei non ce la si passa meglio che in Italia.

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    4. Caro Luca sul patrimonio di ricchezza patrimoniale ingigantito per farci apparire i piú porci d'Europa siamo completamente d'accordo. Del resto siamo anche quelli con le pensioni piú alte del mondo, quelli con i dipendenti pubblici piu ricchi e pagati nella galassia; insomma siamo un paese dove anche un calzolaio puó permettersi lo stesso stile di vita del compianto David Rokafella. Finché respireremo noi italiani vivremo sempre sopra le nostre possibilità e sulle spalle degli altri; e infatti ci stiamo estinguando non perché siamo poveri ma perché invece di allevare figli sperperiamo con puttane e whisky i nostri lingotti d'oro che teniamo sotto il letto. Con i mattoni non si mangia. La ricchezza "diffusa" di un paese si misura in industria pubblica, welfare, pensioni, sanità, istruzione, redditi da lavoro dipendente, tasso effettivo di occupazione. Se sono proprietario di un cubo di mattoni e vivo in un paese deindutrializzato, privatizzato, con pensioni da fame ottenute a 80 anni, senza sanità pubblica, senza istruzione pubblica e gratuita, non mi sento certo di essere ricco. Per il resto nessuna polemica, l'importante é basare le proprie analisi nel modo meno soggettivo possibile, integrando le statistiche omissive con altri dati rivelatori. Elysium, comunque, si sta diffondendo un po ovunque.

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    5. Due cose vanno notate sul tema:
      1) che la "patrimonializzazione" italiana ha un'origine ben precisa in un ordinamento che non esiste più.
      Al riguardo:
      a) http://orizzonte48.blogspot.it/2016/06/il-paradosso-uropeo-la-censura-sul.html
      "- E qui veniamo a come le premesse vengano (abilmente) rese accettabili. Si tratta in definitiva di nascondere, e censurare sistematicamente la più importante fra esse: il sistema, infatti, presuppone che gli oppressi che cooperano siano, in partenza, in condizioni di benessere relativo alla propria sfera economica e sociale. Altrimenti, l'identificazione di cui al precedente "punto" non può (non avrebbe potuto) verificarsi.
      Ma tale condizione di benessere socio-economico è dovuta alla precedente azione dello Stato democratico, inteso in senso non "filosofico" (cioè che non circoscrive la democrazia al processo elettorale e all'eguaglianza formale, disinteressandosi dei diritti sociali), come ente di tutela di una comunità sociale pluriclasse e integralmente solidaristica, cosa che in concreto esige l'affermazione attiva dei diritti sociali. Tali diritti, rammentiamo, consistono in reddito indiretto e reddito differito, e connesso risparmio diffuso, riconosciuti, dallo Stato, ad ogni componente della comunità che abbia partecipato attivamente ad essa in base ad un'attività lavorativa nel corso della quale sia protetta, dallo stesso Stato, la dignità del lavoro stesso"

      2) http://orizzonte48.blogspot.it/2014/09/riforma-della-giustizia-e.html
      Prendiamo atto, sul piano dei fatti, che le PMI, micro, piccole e medie imprese, sono un punto di forza in Italia e non certo una realtà da sabotare fino a farla scomparire.
      Sul piano processuale, però, ciò comporta una moltiplicazione dei soggetti, (i vari tipi di questa composita classe di imprenditori), che sono titolari di posizioni giuridiche suscettibili di dar luogo a contenzioso giurisdizionale (parliamo di quello fisiologico dell'attività di impresa, cioè quello civile e amministrativo).
      In aggiunta, poi dobbiamo metterci altri due fenomeni:
      a) la diffusione del risparmio legittimato dal lavoro, come obbligo da perseguire a carico delle politiche degli organi di indirizzo dell'economia (artt.1, 4, 36 e riassuntivamente, 47 Cost., specie il secondo comma con la sua inequivocabile formulazione) e della democrazia del lavoro agricolo in generale nascente dalle riforme agrarie del dopoguerra.
      Da ciò un peculiare - almeno rispetto al Nord UEM- ma fondamentale accumulo di ricchezza immobiliare altrettanto diffuso - e, fino a ieri, valorizzato-, nel senso della diffusione della proprietà immobiliare come fenomeno strutturale italiano (condiviso, non a caso, da paesi come la Grecia e la Spagna, colpite in modo fondamentale, dai creditori dell'area euro. proprio nella "garanzia" costituita da tale forma di accumulo del risparmio);

      b) in connessione a ciò, il "principio lavoristico" alla base della stessa nostra Costituzione, che non solo conduce(va) alla tutela della piena occupazione in senso keynesian-kaldoriano - sulla traccia del già citato rapporto Beveridge, espressamente citato nei lavori della Costituente-, ma anche all'attuazione come "effettivo" di un genere di diritti sociali che sono definiti come retribuzione indiretta (assistenza sanitaria, infortunistica e delle fasce disagiate di ogni tipo), e come retribuzione "differita", intesa principalmente come sistema pensionistico volto a dare proporzionata dignità ("esistenza libera e dignitosa") anche a chi, per età, non si trovasse più nella condizione di lavoratore attivo."

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    6. Scusate, al 2 dovrebbe corrispondere un b).

      Veniamo dunque al (vero punto 2:
      https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/ricchezza-famiglie-italiane/2015-ricchezza-famiglie/suppl_69_15.pdf
      v. tavola 1A.
      Sia la ricchezza finanziaria che, ovviamente, quella immobiliare, risultano in calo, pur utilizzandosi "nuove metodologie" di calcolo (presuntivo) effettuato a prezzi non costanti e senza utilizzare un deflattore.
      Il fenomeno è un diretto ed ovvio riflesso della diminuzione del reddito reale pro-capite (a prezzi costanti, cioè uniformati secondo l'inflazione), della conseguente rarefazione del flusso di risparmio che, a sua volta, incappa una una vera e propria negativizzazione per una parte crescente della popolazione residente.
      La ricchezza, risentendo di concentrazione regressiva e di negativizzazione del tasso di risparmio, diviene complessivamente uno stock (capitalizzazione) irresistibilmente al ribasso: anche a legislazione vigente, e senza nuovi shock fiscali, ciò si veirificherebbe.
      Immaginiamoci se venissero attuate costantemente le politiche di bilancio imposte dall'€uropa.
      Anzi, "dovremo" constatarlo più che immaginarlo...

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    7. Vedendo la composizione della popolazione italiana per fasce d'età, si evince che ben 4milioni di invididui sono ultraottantenni, 5,6 milioni hanno fra i 70 ed i 79 anni, 7,3 milioni sono fra i 60 ed i 69 anni; quindi su una popolazione di circa 60,6 milioni di abitanti a dati 2016, ben 16,9 milioni sono oltre la soglia dei 60 anni, quindi pensionati o pensionanti, a reddito fisso "statale", con casa di proprietà. Non mi meraviglio quindi che, dopo aver attaccato il lavoro e dopo vari tentativi di destrutturare la Costituzione, ora si punti al cosiddetto (da loro) grasso che cola... che in realtà è il sudore della fronte degli anni migliori passati magari sotto padrone a spaccarsi la schiena... Questo non è un paese per giovani... ma lo è anche per i vecchi...

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    8. Il che ti riporta al post appena pubblicato che hai (intuitivamente) anticipato :-)

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    9. ;) è sempre bello imparare qui! :)

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  3. Sentire il Presidente della Repubblica ,che da giudice della Corte Costituzionale ha avallato la sostituzione dei principi fondamentali della Costituzione con il contenuto dei trattati, affermare "No alla compressione dei salari, illusorio affidare la crescita al protezionismo" mi ha irritato proprio tanto.Presentare il recupero,da parte della Repubblica dei mezzi per realizzare il suo compito ,con il connotato del protezionismo significa negare la proclamata contrarietà all contrazione dei salari.Credo che mattarella lo sappia da prima di me ,che faccio un lavoro modesto e la deliberata menzogna da parte del Presidente della Repubblica offende gli appartenenti al popolo che detiene la sovranità(almeno quanti ancora non si siano sminuiti in consumatori che esercitano il plebiscito giornaliero dei mercati).Concludo indicando questa mutazione antropologica sollecitata dai media ininterrottamente da lavoratore a consumatore come uno dei pilastri del consenso di massa al liberismo e del livore ,da parte di altri lavoratori verso lavoratori come quelli Alitalia o i tassisti ,accusati di essere dei previlegiati :a leggere i commenti all' articolo di alcuni giorni fa di Fabio Marcelli sul Fatto Quotidiano c'è da farsi cadere le braccia http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/04/27/alitalia-venderla-a-pezzi-e-inutile-anche-la-proposta-cinquestelle-e-sbagliata/3547349/

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  4. Non è una consolazione (anzi), ma pure la CGT che si schiera con Macron dimostra di essersi adeguata al tema della festa.

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    1. Direi una conferma: come potevano resister€?
      La "soppressione" politico-mediatica di Marchais (grazie per averlo ritirato fuori) fa pensare a sincronicità inquietanti con gli accadimenti italiani.

      Da qui, semmai, la domanda: esiste una "central intelligence" che ha guidato tutto questo dalla fine degli anni '70 fino all'attuale omogeneità transnazionale?
      E il bello è che su questo blog la risposta non può che risultare ovvia...

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    2. Purtroppo non sorprende: già lo scorso anno la dirigenza ha frenato gli scioperi sulla loi travail disperdendoli in giornate di mobilitazione isolate seguendo i passaggi parlamentari della legge che conducevano - fatalmente - sempre più vicino all'approvazione, mentre alcune categorie come le raffinerie e non solo erano disposte a andare più a fondo bloccando tutto. Cosa che qui è già successa, quindi sanno che si può fare. Almeno, i più vecchi lo sanno ancora.

      Interessante anche se inutile quest'altro risultato.

      Il "fronte repubblicano" ormai funziona a DESTRA, non a sinistra (schieramento nel quale non è evidentemente possibile comprendere il P"S"), e questo già è diverso rispetto all'Italia, mentre si sta già preparando il governo di coalizione. Faranno ancora un po' di scena per prendersi tutti i voti possibili alle legislative, dopodiché vai U€ : è l'ora dell'attacco ai dipendenti pubblici. Nel rapporto U€ linkato da 48 la legge Macron è citata ripetutamente come esempio delle cose buone già fatte: più chiaro di così.

      Inoltre il programma Macron prevede la condizionalità del sussidio per i lavoratori indipendenti disoccupati: non si possono rifiutare più di due offerte di lavoro (Hartz docet). Retoricamente la cosa è presentata come una scelta coraggiosa di Macron che ha il coraggio di fare affermazioni impopolari ma responsabili e "necessarie"...

      Lo stesso arriverà in Italia passata la paura che la Francia possa dare uno scossone alla restaurazione senza Waterloo e forse anche passate le elezioni locali. La "ragazza" immagine Madia sta sempre lì e il programma è sempre quello.

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    3. P.S.: su Le monde ieri il titolo di apertura recitava più o meno tra Le Pen e Macron la question è l'euro. Un modo di nominare il diavolo senza avere l'aria di farlo, ma certo impensabile qualche tempo fa. Forse la necessità di un cambiamento di strategia sta venendo portata alla luce?

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    4. Macron, quello che dice: "In questa società (Doux) c’è una maggioranza di donne. E molto di loro sono, per la maggior parte, incolte.".
      O che afferma che "I salariati francesi sono pagati troppo... I salariati devono poter lavorare di più, senza essere pagati di più, se i sindacati maggioritari sono d’accordo.".
      O che afferma che la fortuna degli inglesi è stata quella di avere Margareth Thatcher...
      Se vincerà l'ex banchiere Rotschild, voglio proprio vedere come sarà composta la sua coalizione (Brancaleone)...

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    5. Ne aggiungerei una significativa, Flavio: alla domanda: "Vous allez être face à Angela Merkel. La France sera en position de faiblesse. Comment vous allez réussir à vous imposer?", ha risposto: "D’abord je ne suis pas face à Berlin, je suis avec Berlin. Qu’on le veuille ou non. Parce que notre destin est là. Nous avons des différences. Nous aurons des désaccords. Mais je ne vais pas dire aujourd’hui aux Françaises et aux Français que je vais défendre leurs intérêts face à Berlin. Non."

      Poi non lamentiamoci dell'autolesionismo dell'elettorato italiano...

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    6. Che chicca! E fortuna che la Le Pen è additata come la nuova Petain... e Macron allora cosa sarebbe viste queste dichiarazioni?!?!

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  5. Certamente SINDROME DI STOCCOLA ma ancora prima descritta come ZONA GRIGIA ne "I sommersi e i salvati" da P Levi

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  6. Ciao Quarantotto solo per informare il blog che il discorso di Marchais, mia moglie lo aveva letto un paio di mesi fa ad un convegno della CGIL che aveva come tema l'accoglienza. Reazione, come avesse parlato ad un muro di gomma.
    Lo so di ripetermi e di non dire cose originali, ma se la bugia per essere efficace deve essere ripetuta mille volte, la verità forse la si deve dire diecimila volte.
    Noi come comunità legata ai valori della Costituzione, abbiamo un duplice problema:
    1) da un lato l'offensiva dell'aristocrazia finanziaria globalitaria, che tende alla destrutturazione degli Stati Sovrani e delle loro Costituzioni, cannibalizzando, sia l'economia che la politica, rendendo quest'ultima inutile.
    2) Dall'altro lato le persone che sono impegnate in politica e nel sociale, che dovrebbero essere quelle che avrebbero dovuto opporre resistenza a questa deriva elitista, sono purtroppo quelle più imbevute della propaganda dei padroni. Purtroppo hanno un così elevato tasso di ideologizzazione che gli impedisce di vedere la realtà per come si manifesta. Si orientano con le mappe fornitegli dal nemico, da quello che dovrebbero contrastare, ed inoltre oltre a questo elevatissimo tasso ideologico, hanno una presunzione che gli impedisce di chiedere di domandare, si sentono superiori agli altri e in qualche modo si sentono anche loro una Elites. Non possiamo fare conto su queste persone, sono i primi che dobbiamo abbattere, sono i cani fedeli del capitale, anche se non sanno di saperlo e sono pronti ad azzannarti per difenderlo.

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    1. Ogni giorno esistono centinaia di esseri umani che, abbindolati dai mezzi di comunicazione, darebbero persino la vita per gli stessi uomini che li sfruttano da generazioni. Io dico: è giusto così. Che questi cagnolini fedeli privi di alcun senso critico, braccio inconsapevole della classe dominante siano in prima fila nella crociata contro l'evoluzione dell'uomo! Saranno i primi a lasciare la faccia della terra (siano benedette le loro anime) al momento della resa dei conti, nessuno ne sentirà la mancanza. Amen.http://aforismi.meglio.it/aforisma.htm?id=76a4

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  7. Dimenticavo se li leggi che Spinelli ( se ne sono fumati tanti in gioventù) voleva eliminare i sindacati, o quantomeno evirarli, non li fornisci una utile indicazione per orientarsi, ma li disturbi da loro irenico sogno degli stati uniti d'europa. Trent'anni fa avevano il sogno del sol dell'avvenire. Loro sono un incidente della Storia, per quello sono "sinistri"

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