mercoledì 17 maggio 2017

IL "PIANO" DI MACRON? E' IL PIANO FUNK, L'UNICO €URO-FUTURO PRATICABILE (con addendum)



La tattica più efficace di conservazione dell'assetto capitalistico neo-liberista, è appunto quella di trovare in ogni maniera una (almeno) formale differenziabilità di interessi socio-economici, pur in concomitanza della scomparsa dei partiti di massa (e quindi della democrazia sostanziale), da tradurre in una facciata di pluralismo politico.
Anzitutto, ai suoi occhi, occorre conservare ad oltranza una parvenza di dialettica destra-sinistra, tutta svolta sul piano ideologico-cosmetico, proprio perché meglio capace di dissimulare l'esistenza del conflitto scatenato dal capitalismo per poterlo portare a compimento in modo più discreto ed efficiente

2. Wolf perciò tenta costantemente di trovare delle soluzioni ai problemi politico-economici del nostro tempo che possano tenere in gioco, come stabilizzatore in apparenza mediatorio o almeno ritardatore, quella "terza forza" dei perdenti (senza coscienza morale di classe che), però possono pur sempre votare
Egli ha quantomeno il pregio di ammettere che, in assenza di questa interposizione della classe media, e della graduazione per fasi e per prudenti diluizioni nel tempo del disegno elitario, le cose possono finire male, temendo il dover ricorrere al c.d. "effetto pretoriani" che ad ESSI non ripugna per i mezzi usati, quanto piuttosto per il rischio di perdita del controllo già sperimentato col nazifascismo e le varie dittature "latino americane".

3. Ecco perché è interessante vedere premesse e conclusioni finali dell'analisi che, sul FT di oggi (pag.9), egli dedica alla situazione dell'eurozona, sotto il significaitivo titolo "Macron e la battaglia per l'eurozona". 
Diciamo subito che persino un infaticabile mediatore come Wolf denuncia oggi che la situazione politica dell'eurozona  è andata troppo oltre per poter consentire qualsiasi previsione ottimistica.
A livello inconscio (almeno in parte, si deve presumere), Wolf attribuisce all'eurozona il carattere di "istituzione" caratterizzata da un equilibrio instabile; essa non collassa esclusivamente per la paura, ma Wolf non può nascondere a se stesso che l'eurozona versi in una situazione di conflitto continentale tra le Germania e il resto d'€uropa. 

3.1. E infatti, in apertura, Wolf cita Pisany-Ferry (economista e politico "di governo" francese, di sicura fede europeista tecnocratica, bruegeliana, nonché vicina a Delors e Padoa-Schioppa), che ha la peculiarità di insegnare in Germania e che, dunque, da conoscitore del punto di vista tedesco, può ben permettersi di dire: 
"La sopravvivenza dell'euro allo stato si fonda più sulla paura delle terribili conseguenze di una rottura che sulle aspettative che esso porterà stabilità e benessere. Questo non è un equilibrio stabile".
Col che sono serviti, da una fonte che più euro-istituzionale non si può, gli italici rigurgiti, anche molto recenti, sui vantaggi, i dividendi e lo sviluppo, determinati dall'appartenenza all'eurozona. E sono servite pure le immancabili diagnosi sulla nostra mancata crescita, con cui l'euro non c'entra nulla, invariabilmente incentrate sulla "legge dell'offerta e dell'offerta".

4. Posta tale autorevole ed epigrafica premessa, Wolf riassume le proposte che Macron starebbe tentando di concordare con la Merkel per rimediare alla "fragilità" politica ed economica dell'eurozona. Queste consistono nel solito abecedario agitato stancamente da anni (rammento una conferenza stampa di sorrisini e sottintesi ammiccanti tra Letta, presidente del consiglio, e Hollande, nel 2013, dove si dava per avviato un dialogo su punti praticamente coincidenti):  una più profonda integrazione fiscale, con un bilancio federale europeo, un ministro delle finanze e una supervisione parlamentare (€uropea), insieme al completamento dell'unione bancaria.
Persino per un compromissorio favorevole alla sedazione del conflitto come Wolf, (via associazione della classe media all'interesse delle elite capitaliste), queste proposte sono ormai viste come una soluzione "né sufficiente né necessaria".
E Wolf spiega perché, prima di tutto a...Macron e poi, indirettamente ma non di meno, alla classe dirigente italiana (che credo legga il FT, ma forse non i commenti politico-economici...): 
"anche il federalismo non è una risposta sufficiente perché anche una federazione si rompe. E, quel che è più importante, dentro una federazione le regioni depresse possono finire a vivacchiare per sempre emarginate. E ciò sarebbe terribile per l'eurozona". 
Wolf si astiene dal dire che, però, questo è esattamente il massimo, meramente ipotetico per di più, che la Germania è disposta forse, in futuro, a contemplare: Pisany-Ferry glielo potrebbe spiegare, se volesse.

5. Prosegue Wolf: 
"il federalismo è necessario ma per un effetto limitato. Per comprenderlo dobbiamo considerare i difetti strutturali dell'eurozona, e cioè... (ndr; struttura ad elenco aggiunta per enfasi):
- risk-sharing inadeguato;
- inattitudine a perseguire politiche macroeconomiche appropriate;
- e aggiustamenti interni asimmetrici. 
Quando si verifichino delle perdite, occorre che siano  suddivise tra creditori e debitori. Il modo migliore per farlo è attraverso meccanismi di mercato, soprattutto tramite istituzioni finanziarie e mercati azionari condivisi in tutta l'eurozona. Perciò sono importanti le unioni pianificate, per tutta l'eurozona, dei sistemi bancari e del mercato dei capitali. Importante è anche l'esistenza di  meccanismi per la cancellazione dei debiti impagabili".
E qui, solo sul problema bancario-finanziario (commerciale), dell'eurozona il nostro Wolf si sarebbe già arenato su misure che, agli occhi della Germania, cioè della sua elite capitalista e di governo nonché, comunque, della sua stessa base sociale-elettorale, sono assolutamente e, direi, crescentemente, inaccettabili.

6. Prosegue Wolf: 
"Il modo migliore per attutire gli shock ciclici specifici di un singolo paese dell'eurozona, è attraverso le politiche fiscali nazionali, supportate, ove necessario, da fondi €uropei di emergenza. Abbiamo imparato dalla crisi dell'eurozona che la banca centrale deve essere pronta ad agire come prestatore di ultima istanza sui mercati del debito pubblico dei paesi in crisi. Altrimenti, l'illiquidità provocherà dei default invece evitabili."
"Abbiamo anche appreso che la politica monetaria può fallire nel compensare gli shock negativi interni all'eurozona. Dunque è necessario che si accompagi ad una politica fiscale attiva..."
"Il mio collega Martin Sandbu, ritiene peraltro che il federalismo fiscale giochi un ruolo modesto nel limitare l'impatto degli shocks, persino negli USA.
Per contro, il grado di integrazione fiscale richiesto per gestire la condivisione del rischio finanziario è piuttosto modesto: una garanzia assicurativa per i depositi bancari (ndr; ma vedi qui pp. 5-6) e una quantità limitata di obbligazioni pubbliche inattaccabilmente sicure.
D'altra parte, il livello del bilancio federale occorrente per stabilizzare l'eurozona risulta irrealisticamente elevato. L'alternativa sarebbe allora di usare i bilanci fiscali nazionali in concertazione tra loro."

7. Ma ecco che, giganteggia, anche nella visione di buon senso richiamata da Wolf - che già in precedenza tace, per carità di..."patria", su quanto sia forte l'opposizione alla creazione di una garanzia europea per i depositi bancari, tanto per dire, e sulle condizionalità  pesantissime, specie per l'Italia, che i tedeschi hanno irremovibilmente già opposto come "patto leonino" di scambio- il problema Germania: 
"Ahimè, l'opposizione della Germania alle policies fiscali anticicliche risulta escludere tali proposte nella loro totalità.
Il maggior pezzo mancante nell'eurozona, non è nè l'assenza di politiche fiscali attive (ndr; in pratica: il fiscal compact per i paesi interessati dagli aggiustamenti asimmetrici), nè il supporto fiscale di lungo termine, ma (proprio) gli aggiustamenti.
Un recente paper del Bruegel Group rileva la portata e l'impatto dei cambiamenti di competitività nei tre maggiori paesi dell'eurozona - Germania, Francia e Italia- dalla creazione dell'eurozona. 
E mostra l'enorme miglioramento tedesco in forma di caduta dei costi relativi per unità di lavoro. 
Questo è accaduto perché il compenso dei lavoratori è cresciuto in Germania molto più lentamente della produttività (ndr; e questo lo stra-sappiamo, ma è rilevante che Wolf lo ritiri fuori ora, in piena revanche dell'€uropeismo post-elezione di Macron), più o meno alla stessa velocità in Francia e più velocemente in Italia. Come risultato, l'incidenza del costo del lavoro rispetto ai redditi del settore d'impresa in Germania è caduta drasticamente, mentre è cresciuta in Francia e Italia. 
La combinazione di accresciuta competitività  e alti profitti (e perciò risparmi) ha condotto all'enorme surplus delle partite correnti della Germania".

8. E quindi Wolf solleva un punto del tutto trascurato, almeno in Italia
"Dalla crisi, queste divergenze di costo del lavoro hanno cessato di crescere, ma non si sono invertite.
Ciò significa che se la domanda interna in Francia o in Italia fosse abbastanza forte da eliminare la parte di disoccupazione dovuta alla compressione della domanda, i loro saldi correnti con l'estero tornerebbero in deficit significativo. Ndr; la qual cosa è anch'essa stranota, tranne che alla ital-grancassa mediatica e a Confindustria, che non paiono curarsi delle conseguenze della crescente disoccupazione e sottoccupazione connesse all'aggiustamento, nonchè, simmetricamente, delle conseguenze politiche del mancato riassorbimento della disoccupazione/sottoccupazione: ma il fatto che sia Wolf, perlomeno ora, a segnalarlo, dovrebbe indurre serie riflessioni.
"Se poi devono anche ottenere bilanci fiscali in pareggio, i loro settori privati dovranno anch'essi sostenere deficit sostanziali (eccesso di spesa rispetto ai redditi; ndr; cioè risparmio negativo). 
Ma i settori privati francesi e italiani hanno registrato costanti surplus (ndr; Wolf trascura sia la differenza del volume di correzione del deficit pubblico occorsa in Italia rispetto alla Francia, sia l'effetto re-distributivo, verso l'alto, di drastici consolidamenti fiscali),  anche con gli attuali bassi tassi di interesse. 
Perciò una sostanziale stretta fiscale determinerà probabilmente un rallentamento della crescita (ndr; è pura aritmetica dei saldi settoriali, che il Bruegel group è ormai diposto a riconoscere, ma che i fautori italiani della legge dell'offerta e dell'offerta continuano a ignorare persino "risentiti")
Ndr-bis; ma diciamo pure, in luogo di "rallentamento della crescita", una più che probabile recessione...

9. Ed ecco il gran finale che liquida di prepotenza (tedesca e anticooperativa) ogni velleità, più che di Macron, degli spaghetti-liberisti-offertisti:
"La soluzione alle divergenze di competitività che propone la Germania (ndr; e che piace agli spaghetti-liberisti sopra ogni altra cosa), è che ognuno segua il suo modello
Nel 2016 tutti i membri dell'eurozona hanno così conseguito, eccetto la Francia, un surplus delle partite correnti (ndr; problemino non da poco...per Macron e la popolarità che ne ricaverebbe ove volesse accodarsi agli altri). 
Il saldo corrente complessivo dell'eurozona è passato da un deficit dell'1,2% nel 2008 ad un surplus del 3,4% nel 2016 (ndr; complice un dollaro forte che, però, dopo un transitorio effetto elettorale "Trump", sta tornando sui suoi passi)."

9.1. E dunque? Ecco: 
"Se la Francia fosse indotta in una prolungata deflazione competitiva, Marine Le Pen diverrebbe presidente alla prossima tornata
Macron deve chiedere ad Angela Merkel se la Germania sia disposta a rischiare questo risultato. Le "riforme" (ndr; del mercato del lavoro, beninteso) in Francia sono essenziali. E così lo sviluppo di istituzioni di condivisione del rischio (ndr; nella migliore delle ipotesi e al netto delle condizionalità  giugulatorie volute dai tedeschi, da realizzarsi al più nel 2024, a "Macron" ormai giubilato). 
Ma l'eurozona ha bisogno di un grande salto in avanti nelle retribuzioni dei tedeschi. Potrà accadere? Ho paura di NO."

10. E con ciò mi pare che ogni discorso ragionevole e in buona fede sulla sostenibilità sociale e politica dell'eurozona, prima ancora che economica, - ed ormai specialmente per la Francia- dovrebbe essere chiuso. 
Ma non c'è più nulla di ragionevole in tutto questo.
Ferma la "irrealistica" praticabilità di un adeguato bilancio fiscale federale, il massimo che si tenterà di fare, e che Macron è predisposto ad accettare per sua "forma mentis", è un inadeguato bilancio di tal genere: cioè composto con risorse fornite, da tutti i paesi dell'eurozona, in proporzione maggiorata in rapporto al PIL, rispetto all'attuale contribuzione, ma senza alcun intervento solidale-compensativo a carico della Germania. Questo pseudo bilancio federale (che non avrebbe alcuna funzione di riequilibrio delle asimmetrie interne, ma solo la veste di un'esosa esazione aggiuntiva aggravante la situazione fiscale dei paesi in crisi di competitività), sarebbe semmai, in più, farcito di un ESM trasformato in trojka permanente, intenta a "sorveglianze" di bilancio direttamente sostitutive delle politiche fiscali residue dei paesi dediti all'aggiustamento (quindi moltiplicando il "trattamento Grecia" per chiunque non correggesse di qualche decina di punti percentuali il costo del lavoro, tramite il dilagare della disoccupazione e la distruzione del welfare) e con un ministro euro-finanziario fantoccio della "guida" tedesca.

11. E questo con buona pace di De Grauwe, che pensa che il problema italiano siano le "deboli istituzioni".
Qui il problema è che non solo si dissolve la sovranità, poichè nessun Stato dell'eurozona avrà più l'attitudine a perseguire incondizionatamente i propri fini costituzionali volti al benessere dei propri cittadini, ma si sbriciolerà anche ogni traccia di consenso per chi vorrà, in definitiva, contrabbandare la sovranità "trasferita" all'€uropa come qualcosa di diverso dalla sovranità della oligarchia tedesca (neppure del popolo tedesco che è il primo ad aver subito la compressione salariale irreversibile e incessante dei propri redditi).
Insomma, come unico futuro praticabile, almeno nella traiettoria che vede l'entusiastica aspettativa creata dall'elezione di Macron, il Piano Funk,  ritentato con maggior successo in nome della "pace" federalista: €uropea (e della legge dell'offerta e dell'offerta).
Alla fine alla Le Pen e a tutti i populisti, xenofobi e quant'altro, non occorre fare nulla: basta attendere e lasciare che ESSI diano sfogo alle loro migliori escogitazioni (mediatiche e espertologiche). 
Per tutti gli altri che credono alle favol€, o forse no, ma comunque fanno calcoli di sopravvivenza politica, rimarrebbe solo l'opzione del Truman Show in attesa di abolire il suffragio universale. Dicendo che lo vuole l'€uropa...

ADDENDUM: mi rammentano dalla "banca dati" che una chiara anticipazione del senso politico dell'euro l'aveva già data Mundell, per l'appunto scovato da Bazaar, in questo post, ove occorre andare alla nota 12 per trovare il punto. Ve lo richiamo:
[12]    Otto anni dopo, nel 2012: «La mia visione è semplice – dice Mundell – abbiamo bisogno di una valuta globale, o di quanto più vicino ci possa essere a una valuta globale. L'euro è un pilastro di questo nuovo ordine monetario insieme al dollaro e allo yuan. Oggi l'economia globale poggia ancora su un ordine monetario che fa punto di riferimento sul dollaro. Ma è chiaro che è un sistema che riflette il passato, oggi siamo in un equilibrio economico molto diverso con un peso specifico dell'America sull'economia globale già molto ridimensionato».  
Mundell dunque vede delle ragioni strutturali e politiche che vanno al di là dell'Europa per la sopravvivenza dell'euro. Ma lo stesso vale per l'Europa: «La scelta di creare l'euro fu una scelta politica. Non fu l'evoluzione naturale di un fenomeno economico. E le ragioni politiche e storiche prevalgono. L'Europa ha costruito il suo futuro sull'euro. Ci sono litigi e differenze per come ci si posizionerà guardando in avanti. Ma mi colpisce la miopia dei mercati, o di coloro che parlano di caduta dell'euro: qui non stiamo parlando di numeri o di statistiche, stiamo parlando di una visione politica [il Fogno al cubo, ndr]. Chi scommette contro l'euro lo fa a suo rischio e pericolo»
 
Ma se il punto è questo, perché "aprire un dibattito" per ribadirlo, dopo aver inscenato un confronto scientifico che trascolora in contraddizioni superabili soltanto col richiamo a "visioni politiche"...che si conoscono già e si sono già chiaramente enunciate e condivise?
 
 
 

19 commenti:

  1. Non sò come, pensino di poter attuare un tale programma senza lo scoppio di serie violenze e ribelioni, c'è un limite, alla capacità persuasiva dei media.
    Già ora la divergenza tra sovrastruttura e struttura è notevole, ho seri dubbi, che mantenga ancora a lungo la sua capacità leggittimativa, dei rapporti distributivi.

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    1. La legittimazione di questa situazione, destinata a un continuo deterioramento del livello e della tutela dell'occupazione, è nell'idea stessa della intangibile natura "costituzionale" dei trattati (che, come sappiamo non solo è da escludere ma non viene, e non può, essere affermata neppure dalle istituzioni UE).

      La crescente insostenibilità politico-elettorale ed economico-sociale (compresa quella per gli stessi imprenditori non rientranti nelle industrie esportatrici a proprietà estera o quantomeno internazionalizzate/delocalizzate), è invece un brutale "fatto".

      Il problema è che questo fatto è legittimabile alla luce della nostra Costituzione, mentre è del tutto irrilevante se si ritenga la prevalenza dei trattati UE.

      Alla fine, come cerco di illustrare, diviene un problema di conservabilità del processo elettorale, allorché, (divergendo da questa aspirazione sovranazionale), divenga un costo troppo alto nel percorso per realizzare l'assetto, ormai RIVELATOSI, voluto dai trattati. E dai loro fautori (che sono, al netto della propaganda mediatica, uno sparuto gruppo sociale, sempre meno italiano, e quindi, più esattamente, di "colonizzatori")

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    2. Vedremo nel 2018 con aumento IVA, caduta consumi, deflazione, ulteriore perdita di posti di lavoro, troika cosa accadrà... nel frattempo la situazione è grave ma non è seria...

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  2. Il piano Funk 'vive e lotta insieme a noi': la EU//EC/EZ sono proprio emanazioni dirette del piano. Mancano solo le leggi razziali.

    Gli architetti principali del trattato di Roma del 1957 (e di quelli successivi, fino alla loro morte) furono due nazisti di spicco:

    - Hans Globke (co-autore delle leggi razziali)

    - Walter Hallstein (primo presidente della EC).

    https://en.wikipedia.org/wiki/Hans_Globke

    https://en.wikipedia.org/wiki/Walter_Hallstein

    Facendo un ulteriore passo indieto nel tempo, per chi voglia capire chi ci fu dietro l'ascesa del nazismo (cioe' chi fu l'intermediario dei finanziatori nonche' "revisore" del Mein Kampf), suggerisco di approfondire la biografia di questo futuro consigliere di Rooswelt:

    https://en.wikipedia.org/wiki/Ernst_Hanfstaengl

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  3. perché la situazione di insostenibilità é legittimabile alla luce della nostra costituzione ?

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    1. Si deve intendere, naturalmente, il trarre le conclusioni, DOVUTE in termini di conseguente illegalità costituzionale, derivanti dalla presa d'atto della insostenibilità...

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    2. Avevo immaginato ma ho preferito essere rassicurato. Grazie.

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  4. APPROCCI ERMENUTICI e .. €URISTICI
    (otc, esempi di bis-linguaggio di scientifica distopia etimologica)

    Che dire di un'ipotesi di lavoro tesa a guidare la narrazione di una metodologia “scientifica” alla scoperta di risultati e anche di algoritmi, poco rigorosi, che conducano a risultati da consolidare - poi, dopo, domani .. forse ?? - e sottoporre a verifica.

    Un tempo eravamo tanti giovini, belli, con occhi azzurri, capelli biondi a sognare e - magari e forse - considerare traiettorie scientificamente oggettive (ndr, sociali, economiche, politiche .. giuridiche) sulla base di serie storiche confrontabili.

    Ora è ufficiale – per chi non avesse dubbi e non ancora acquisito la presentazione metodologica tendenziosa e falsa delle modalità di rilevamento, campionamento e esposizione del dato oggettivo - chi inquina “acquedotti” e “pozzi” con €uristica programmata scientificità.

    La classificazione sociale “classica” - con una propria e legittima consapevolezza sociale - viene ulteriormente frazionata, frammentata, demolita dal rinnovato – non a caso eufemisticamente etimologico - €urismo.

    L'analitica di dati inquinati da metodologia – viene da definire - “cosmetica” magari domani quando l'aneurisma scrotalico rientra.

    Quando – gli utili idioti – prenderanno coscienza che quell'acqua è vitale anche per loro?

    Fortunosa/mente ESSI - cioè ESSI - per il momento hanno ancora zia TINA.

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  5. Secondo DWN (Deutsche Wirtschaftsnachrichten) il governo italiano si rifiuta categoricamente di creare una bad bank per salvare le banche italiane, il governo italiano vuole una soluzione privata e stà cercando un investore. Poveri pirla.
    Anche sè l'UE da luce verde per una bad banc, il governo italiano si rifiuta di crearla.

    Se questa banda di criminali dovesse governare altri 5 anni l'Italia, l'Italia smette di esistere. Questa gente ha intenzione di distruggere l'Italia e sa benissimo quello che fà, questo mi sembra chiaro.

    Anche la questione migranti è opera del esclusivamente del governo italiano, l'UE non centra nulla. Il governo italiano potrebbe fermare i sbarchi subita e senza problemi.
    IL governo italiano vuole la migrazione di massa. Tutto questo in piena crisi economica gravissima.

    Sè i CC non interverranno con un irruzzione a montecitorio, vedo nero. Mi sà che solo loro possano fermare questa pazzia.

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    1. Ma tutta questa fiducia nei CC ed in genere nelle Forze Armate da dove ti viene? Non ti sorge il dubbio che specialmente gli alti comandi possano essere più fedeli alle logiche UE che non a quelle della Costituzione del 48? Eppure tutti i giorni scoppia qualche inchiesta che a ben guardare è la declinazione del mantra corruzzzione.

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    2. Soprattutto, dove sarebbe questo "governo italiano"...?

      Abbiamo subito una serie colpi di Stato sostanziali da Moro e lo SME passando da "mani Pulite", "bombe acculturate" e Maastricht, ed uno formale e definitivo nel 2011 da potenze ed interessi esteri.

      Avere dei cialtroni venduti ed ignoranti in Parlamento ed esponenti di dubbia fedeltà agli interessi del Paese a capo delle forze dell'ordine, è naturale in tutti i governi fantoccio presieduti da collaborazionisti.

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    3. Esatto. Ma il dubbio che maldestramente cercavo di suscitare è appunto l'inossidabile saldatura tra apparati investigativi e potere finanziario sovranazionale, il cui megafono è il mainstream. Inchieste di immediata risonanza mediatiaca quali il mondodimezzo, Operazione Brushwood, l'ultimissima operazione johnny, il caso consip, che quando approdano nel dibattimento, dopo anni, e di regola al secondo grado, si sgonfiano miseramente (e spesso rivelano una manipolazione sconcertante del materiale indiziario raccolto in fase di indagine) in realtà hanno come inizio una diffusione mediatica (con montaggio di filmati suggestivi diffusi direttamente dagli apparati investigativi in spregio dell'art. 114 c.p.p.) che non è casuale. Essa FORMA l'opinione pubblica, crea il senso comune (nemico del buon senso e del raziocinio) ne alimenta la pressione che, a mio modestissimo avviso, schiaccia la capacità di discernimento prima della Procura, poi del GiP ed infine del Giudice di primo grado. Nessuno di questi si assume (salvo casi eccezionali quali il caso Consip)l'onere di verificare approfonditamente l'operato degli apparati investigativi, che di copia incolla, con l'aggiunta di qualche visto per presa visone, giunge alla fine alla sentenza di primo grado. Regolarmente, poi, in appello e in Cassazione il buon senso prevale. Ma al di là del danno arrecato agli imputati, resta il senso comune che i mali dell'Italia nascano dalla corruzione (oggi repressa in salsa mafiosa o terroristica). E i politici tacciono. Molti per viltà e quelli che si credono più furbi per convenienza. Del resto i politici della Milano del 600, pur di non confessare al popolo le proprie responsabilità nel dilagare del contagio della peste, non trovarono di meglio che celebrare un cinico processo agli untori (che erano quattro disgraziati morti di fame). Troppo spesso tanti processi odierni mi sembrano riecheggiare il medesimo canovaccio.

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  6. "I principali membri attivi della professione di economista, la generazione che ha attualmente 40-50 anni, si sono uniti in una specie di politburo del pensiero economico corretto. In generale, come ci si deve aspettare da qualsiasi club di gentiluomini, si sono messi dalla parte sbagliata in tutte le questioni politiche importanti, e non solo di recente ma da decenni. Predicono disastri quando non succedono. Negano la possibilità di eventi che invece accadono. Si esibiscono in una sorta di fatalismo sulla “inevitabilità” di un problema (la disuguaglianza salariale) che subito dopo inizia a diminuire. Si oppongono alle riforme più fondamentali, più decenti e importanti, offrendo al loro posto dei placebo. Sono sempre sorpresi quando qualcosa di negativo (come una recessione) accade veramente. E quando finalmente si accorgono che certe posizioni sono divenute insostenibili, non rimettono in discussione le loro idee. Semplicemente, cambiano discorso.".

    James Kenneth Galbraith

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    1. Ecco, stavolta gli riuscirà particolarmente difficile cambiare discorso perché hanno veramente parlato troppo: e troppe tracce pubbliche, non destinat,e come in passato, a una ristretta cerchia di specialisti, ne sono rimaste.

      E hanno parlato e parlato, fino a raggiungere una sorta di ebbrezza come gli ubriachi(di potere che credono essergli stato delegato...).

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    2. Eh già... gli economisti per esempio dovrebbero anche spiegarci perchè mai siamo ancora qui, nel 2017, a dire in stile Cochrane et similia che il problema dell'Italia è il debbito pubblico, i dipennnenti pubblici, etc. o meglio, se ci spiegassero anche come mai per la Grecia, l'Italia abbia di fatto salvato banche tedesche e francesi aumento esponenzialmente la sua esposizione sui bondi ellenici quando ad inizio crisi era praticamente rasente zero... o come e dove siano andati a finire 40mld di titoli greci di valore facciale 55mld acquistati dalla Bce da Francia e Germania (banche) durante crisi di Atene, per cui la stessa BCE chiede ai greci il valore nominale non di acquisto ma del montante iniziale e per cui lucra interessi al 5,9%, che poi gira alle BC nazionali le quali li inseriscono in un conto dedicato per il rimborso del debito greco. Ci spieghino questa democratica ed europea sparizione idraulica dei beni dei greci, poi potremmo forse sederci ad un tavolo e parlare delle virtù benefiche della concorrenza e del libero mercato. Che, per inciso, il libero mercato le banche tedeschi e francesi, le avrebbe viste fallire, non finire in socialismo bancario come accaduto. Ma si sa... è il mercato bellezza...

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    3. E quando fa comodo tirare in ballo la Costituzione, come si fa a gara a tirarla per la giacchetta: "L'Italia "e l'Ue debbono ora meglio garantire la stabilità della moneta ed i risparmi, non attenuando le garanzie costituzionali saggiamente approvate settant'anni". Lo afferma il presidente Abi Antonio Patuelli in occasione della Lectio Magistralis del Presidente della Corte Costituzionale, Paolo Grossi ricordando come l'articolo 47 della Carta "è sempre vigente e non abrogabile implicitamente in alcun modo, ma svolge anche un ruolo di limite nei confronti della normativa" Ue. Già lo scorso anno Patuelli aveva dichiarato il bail in come in contrasto con la Costituzione. "Occorre evitare che vi siano margini di incertezza del diritto". "Peraltro - spiega - la Costituzione e la Repubblica Italiana non possono essere sotto ordinate rispetto alla Repubblica Federale Tedesca la cui Costituzione dispone espressamente la supremazia delle norme costituzionali tedesche su ogni altra legislazione anche dell'Unione Europea".

      Paganini questa volta ripete:"... la Costituzione e la Repubblica Italiana non possono essere sotto ordinate rispetto alla Repubblica Federale Tedesca la cui Costituzione dispone espressamente la supremazia delle norme costituzionali tedesche su ogni altra legislazione anche dell'Unione Europea...". Ma fin'ora Patuelli, di grazie, dov'era? E dov'era quando si è approvato pareggio di bilancio e bail in? Vane parole...

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    4. Questa sarebbe notizia bomba in un paese normale, se è vero che insegnano il contrario persino all'università. Per me è un altro es. della forza persuasiva del diritto rispetto all'economia. In generale, voi qui state spiegando che nonsepoffà independentemente da chi convenga. Non importa se Ita Fra Germania o Grecia, se 1% o 99% (anche se poi laggente due più due....).
      Ed è molto semplice, non serve saper fare l'integrale (o la ciriola ternana fresca), è la legge. Lo capiscono tutti. Se laeuropa ti dice che non puoi fare una politica del lavoro, tu allaeuropa je dici no. Perchè è contro una legge, bellezza, che non può essere neanche cambiata. Discuterla è già sovversivo. E per farlo ci dovete dichiarare guerra. Non conta nemmeno destra e sinistra. Non contano proprio. E non devono contare secondo me. Perché ci deve essere una destra veramente repubblicana leale alla Costituzione, metti gente come La Malfa figlio, ma solo lui esisterà con serissimi dubbi? Questo discorso lo capiscono tutti, perché è al di là di ogni matematica e di ogni barriera ideologica. Io credo e umilmente suggerisco (eccorigeteme quanto ve pare). Voi che sapreste farlo, fatelo.

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  7. Per quanto concerne gli "economisti", questa è la mia piccola esperienza:
    Nel primo lustro degli anni 80 assieme a mio padre e ad altri soci avevo una piccola officina meccanica. Nulla di che, io facevo l’operaio con la tuta sporca di grasso e le mani modellate dall’acciaio.
    Comunque per l’attività che svolgevo le maggiori frequentazioni avvenivano con colleghi, altri piccoli imprenditori o fornitori o clienti e in qualche caso anche concorrenti. Ecco che sono scivolato nel mio cugginismo . In quegli anni nessuno di quei soggetti, piccoli imprenditori, si lamentava del costo del lavoro troppo alto, caso mai le doglianze si riferivano ( ed era così per ogni impresa artigiana) al fatto che si assumevano i ragazzini appena usciti dalle scuole professionali, li si formavano e quando avevano appreso bene il lavoro, quindi erano diventati PRODUTTIVI, se ne andavano in cerca di altri lidi e cioè nell’industria medio/grande. Apro una parentesi, andavano nell’industria medio grande, sia perché guadagnavano qualcosa in più, ma soprattutto perché avevano condizioni lavorative di gran lunga superiori, non è proprio facile lavorare 10 ore al giorno al fianco del titolare d’impresa. Ma per alcuni economisti che hanno lavorato in una stanzetta in Banca d’ Italia e che non hanno mai visto una fabbrica, e non hanno mai sentito, l’odore del ferro, del grasso, della saldatura, le aziende grandi sono più produttive di quelle piccole ed è per quello che il sistema Paese non è più competitivo, perché non ha più aziende grandi.
    Segue:

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  8. Insomma dalla mia insignificante esperienza, rimembro che agli inizi degli anni 80 gli imprenditori erano molto più attenti a quello che produceva un lavoratore , che non al suo costo, anzi per molti anche il più imbranato , se messo al posto giusto, nel contesto giusto, sapeva rendere e quello era uno dei tanti talenti che l’imprenditore doveva possedere.
    Ma proprio in quegli anni iniziò il martellamento mediatico del costo del lavoro troppo alto. Non passava settimana senza che un dotto economista ( che sicuramente non aveva mai visto una fabbrica), in qualche trasmissione d’approfondimento, ci ricordasse che il male italiano era il costo del lavoro troppo alto. La menzogna ripetuta all’infinito si trasformava in verità assoluta ed entrava nel linguaggio comune di qualsiasi operatore economico, il quale iniziava a vedere il lavoratore, non più come una risorsa che crea plusvalore con il suo lavoro e il suo talento, ma come una merce di cui bisogna contenerne il costo.
    Secondo il mio punto di vista il declino industriale del nostro Paese iniziò da quel cambio di paradigma , propagandato dall’accademia economica attraverso tutto il sistema mediatico, poi seguito con le privatizzazioni dell’industria pubblica e la liberalizzazione del mercato del lavoro, con il lavoro interinale, a contratto, a progetto ecc. ecc. ecc. Poi per farla completa abbiamo adottato una moneta straniera sopravalutata per noi e sottovalutata per il nostro maggiore concorrente, impedendo a quest’ultimo di rivalutare, anzi di favorirlo nella sua continua svalutazione sul tasso del cambio reale.

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