lunedì 22 maggio 2017

LA MIGLIORE SULL'EURO? QUELLA DEI KABARETTISTI

http://www.diariodecine.es/sscabaretfilm6.jpg


1. Come feedback all'articolo di Wolf appena commentato in questo post, sul FT di venerdì 19 (pag.10), compare questa lettera:

"...Martin Wolf (Comment, May 17) pone in luce l'influenza negativa dell'enorme surplus delle partite correnti della Germania nell'eurozona. E, come in altra occasione ha sottolineato Wolf, un'eurozona che cerchi di imitare nel suo insieme il surplus tedesco ha un'influenza malefica sulla crescita della domanda globale (ndr; growth failure da liberoscambismo mercantilista, per dirla con Joan Robinson, che conferma il ruolo di punta di diamante della globalizzazione incarnato dall'ideologia dell'euro, imperniato istituzionalmente su crescita export-led e riforme strutturali, smentendo, ancora una volta, l'idea dell'ital-grancassa mediatica che l'euro sia una forma di "difesa" dalla globalizzazione stessa).

Wolf esprime il dubbio, da molti condiviso, che possa mai verificarsi in Germania l'aumento dei salari necessario per il riallineamento della sua competitività.

Un meccanismo che potrebbe essere utilizzabile per promuovere un tale aggiustamento è una rivalutazione fiscale (ndr; ovviamente del tasso di cambio reale tedesco): ciò implica che la Germania aumenti i contributi sociali e assistenziali gravanti sui datori di lavoro e riduca le tasse sul consumo (come l'IVA...ndr; essendone l'aumento "preventivo e competitivo", invece, misura isomorfa a un contingentamento delle importazioni, in violazione dell'art.34 TFUE). Una tale politica può essere definita come fiscalmente neutra.

Si potrebbe immaginare un rivalutazione tedesca accompagnata da misure in opposta direzione da parte dei paesi che tendano a bilanciare il proprio deficit verso il pieno impiego.

Paesi come la Grecia o il Portogallo hanno già ricevuto pressioni in questa direzione, onde aumentare l'IVA mentre si riducono gli "oneri sociali" per i datori.

Sebbene i tentativi per via fiscale di imitare l'impatto delle variazioni dei cambi nominali siano ben lontani dall'esserne un perfetto sostituto, l'evidenza empirica ha suggerito che essi siano efficaci.

Lo step cruciale per l'eurozona, comunque, è di riconoscere la necessità della simmetria nell'aggiustamento.

La Germania dovrebbe convenire che aumenti del costo del lavoro per unità produttiva costantemente sotto il 2% fissato normativamente dalla BCE costituiscano un problema che esige una correzione esattamente come quelli dei paesi che hanno registrato costanti aumenti al di sopra di tale limite.

Malcom Barr,

Senior Western European Economist,

JP Morgan

London...UK".


1.1. Già: ma se i tedeschi non riconoscono questa "necessità della simmetria"? 

Beh, si porrebbe un altro interrogativo, della massima importanza polititica, ma non €uropea, quanto mondiale. E l'interrogativo è il seguente:

- se, permane un vincolo istituzionale immodificabile, per via dei "rapporti di forza" che governano l'applicazione dei trattati, e proseguisse l'influenza "malefica" sulla crescita della domanda globale, provocata da un'eurozona che funziona "nel suo insieme" secondo le imposizioni tedesche, non sarebbe piuttosto, l'imporre questa simmetria nell'aggiustamento, un affare del resto del mondo?

Per capirne un corollario, un'ulteriore domanda: se, come certamente non si può escludere, si verificasse una nuova crisi finanziaria globale, l'intero pianeta potrebbe permettersi che l'area che esprime la maggior percentuale di PIL al mondo, fosse soggetta a un'altra correzione basata sulla "austerità espansiva" (dunque pro-ciclica!), magari con una BCE governata da un Weidman (le due circostanze rischiano di sovrapporsi cronologicamente in modo inquietante)? 
ADDENDUM-QED. Per dire: questa, qui sotto, è la traiettoria attuale che può solo autoaggravarsi per via degli effetti sui conti pubblici della compressione ulteriore della domanda interna e può divenire tragica in caso di shock esterno come nel 2011. E tutto ciò, mentre il complesso delle forze politiche si preoccupa solo di una legge elettorale che consenta la formazione di un governo capace di sopravvivere alla impopolarità esiziale di una legge di stabilità con un volume di consolidamento senza precedenti dal 2011: cioè a 6 anni di distanza dal governo Monti che doveva risolvere facendo presto! :

NON FA SOSTA L’EURO-SUPPOSTA - IN ARRIVO DA BRUXELLES LE “RACCOMANDAZIONI” AL GOVERNO ITALIANO. VOLETE SAPERE QUALI? TASSARE LA PRIMA CASA E AUMENTARE L'IVA - L’EUROPA CI VUOLE MORTI: LA PRESSIONE FISCALE ITALIANA, SOMMANDO LA COMPONENTE TRIBUTARIA A QUELLA CONTRIBUTIVA, È AL 64,8% CONTRO MEDIA EUROPA 40,6%



2. In realtà, la proposta del gagliardo Barr (giovane 28enne laureato in marketing e già rugbysta di discreto successo nella nazionale di...Hong Kong), risponde a ipotesi ed analisi che ritrovate nel post di goofynomics sopra linkato (e, in generale, ne "Il tramonto dell'euro", nonché, anche qui, estendendo l'analisi all'assetto giuridico inderogabile dei trattati).

L'obiezione che svolgeva Alberto, al tempo (2012!), entro una polemica che gli anni hanno rivelato priva di oggettivo fondamento (appunto per l'irremovibilità tedesca), era la seguente:

"Ora ci dicono che loro sono virtuosi e che dobbiamo fare come loro. Cioè violare il Patto di stabilità, chiederà Pierino? No, Pierino, noi (noi) dobbiamo essere virtuosi....

Ma se il loro scopo non fosse stato quello di fotterci, perché, di fare le riforme, non ce l’hanno proposto mentre loro si accingevano a farle? 
Se lo scopo di queste riforme è vincere insieme la guerra santa contro la Cina (una delle due ossessioni degli ortotteri, l’altra essendo la castacoruzzzzzzionebrutto), perché, chiedo, perché i virtuosi alamanni non hanno voluto che le decidessimo insieme? Questo nessuno se lo chiede, perché la risposta a questa domanda che nessuno si pone (i Giannino, i Cruciani, gli Alesina, i Polito, i Gramellini) è tanto semplice quanto sgradita agli occhi degli errand boys e dei loro Castle hacks: perché chi picchia per primo picchia due volte (soprattutto se  l’avversario è bendato), e loro volevano fotterci. 
Bene: a queste persone che evidentemente volevano fotterci, ora tu vai a chiedere di aderire a uno standard retributivo? Suvvia... siamo seri!

Del resto, non so se noti il paradosso.

Il paradosso consiste nel fatto che noi dovremmo costringere i custodi europei dell’ortodossia e del libero scambio a fare quello che naturalmente accadrebbe (rivalutare in termini reali) se essi lasciassero liberamente agire le forze di mercato, che invece reprimono. Perché col culo degli altri son tutti (libero)scambisti. Chiaro, no? Qui ovviamente non ci può essere buona fede."



3. Le obiezioni che, in questa sede, abbiamo mosso alla soluzione consistente nella rivalutazione "reale" tedesca (proponibile in svariate modalità), sono, sul piano giuridico, perfettamente in linea con quella logico induttiva basata sui fatti concludenti; tali obiezioni, risultano, ci permettiamo di dire, giuridicamente assorbenti

i) (qui, p.5): Per poter ottenere un qualche risultato in questa direzione, occorrerebbe che il sistema sanzionatorio attuale, praticamente a effetti nulli, fosse profondamente rivisto: invece della procedura avviata, nel 2013 (!) dalla Commissione per lo squilibrio eccessivo dei conti esteri tedeschi non s'è saputo più nulla e la Germania continua imperterrita nel suo atteggiamento mercantilista. 
Il quadro attuale, fondato sugli artt.articoli 119, 121 e 136 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), conduce al massimo, e senza alcuna garanzia che ciò debba essere portato a tali conseguenze, alla comminatoria di un deposito infruttifero, trasformabile in equivalente sanzione, dello 0,1% del PIL a carico della nazione che inadempia a piani di correzione e reiterate (negli anni!) raccomandazioni. In pratica, il quadro legale europeo, sugli squilibri da avanzo eccessivo delle partite con l'estero, è un mero palliativo sprovvisto di qualsiasi persuasività normativa. 
Questo quadro di soft-law, cioè di giuridicità incompleta derivante dall'inesistenza, nonché dalla mancata e perdurante inapplicazione, di sanzioni dotate di effettività, non è casuale o episodico: è parte di un assetto consolidato, coerente e corrispondente alla politica della forza che caratterizza, storicamente, i trattati liberoscambisti-


ii) Va poi precisato che, se non si può intaccare questo pseudo-sistema di inefficace correzione del più anticooperativo degli squilibri macroeconomici (ed anche il meno conforme alla funzione, teorica, di un trattato economico dichiarato federalista e unionista), cioè arrivando a una revisione dei trattati e delle fonti da esso derivanti (in particolare del regolamento concernente la Macroeconomic Imbalance Procedure — MIP), l'Italia non ha, e nemmeno Macron, se per questo, alcun speranza di vedere accolta la proposta avanzata, anche di recente,  di "avere margini di flessibilità per tagliare l’Irpef e per effettuare (i mitici) investimenti".

Una tale pretesa, infatti, allontanerebbe l'Italia dalla strada della correzione svalutativa interna imposta dal bench mark della produttività reale e del CLUP tedesco, portando l'Italia stessa, e non la Germania, a reflazionare e, quindi, a subire ancora di più la pressione competitiva dei prodotti tedeschi (e non solo) sul nostro mercato interno, rimangiandosi, mediante un ritorno al disavanzo estero, la poca crescita che tali misure, comunque molto limitate nelle dimensioni che sarebbero consentite, potrebbero innescare. Per la Francia...idem (e a fortiori);


iii) anche ammettendo che "il riconoscimento di un'esigenza di ripristino della simmetria" (con rivalutazione fiscale autonomamente promossa), da parte della Germania, sia ragionevolmente sostenuto da molta parte degli economisti (cosa che neppure rispetto alla sua attuale forma tardiva è pacificamente affermabile), rimangono sul tappeto tutte, e proprio tutte, le ragioni sui presupposti fondamentali, di natura ideologica, dei trattati e sui loro contenuti.
Presupposti e ragioni "graniticamente" avallati dalla Corte di giustizia UE (che ha sempre evitato di prendere in esame una possibile violazione tedesca dei trattati, interpretandoli in un modo che ne prescinde e si adegua alle loro "esigenze"), e culminanti in questo fuoco di sbarramento giuridico (p.14). Si tratta di una diatriba "riformistica" di lunga data, sempre infrantasi sull'effettivo costo della solidarietà fiscale per la Germania (e gli altri Stati in forte surplus dei conti con l'estero), stimato realisticamente da Sapir ad esempio. 


3.1. Ed infatti, a questa ormai poco convinta rivendicazione "solidale" viene opposto (con successo): 

a) il pacta sunt servanda, cioè l'irrevocabilità (più o meno correttamente sostenibile sul piano delle regole del diritto dei trattati) di vincoli assunti volontariamente dagli Stati, per quanto onerosi possano poi rivelarsi; 

b) ai fini di adozione di regolamenti o "risoluzioni" (v. ad es; l'OMT, cioè il whatever it takes annunciato da Draghi) che introducano la flessibilità e/o la "solidarietà", si eccepisce l'essenzialità stessa delle clausole sul divieto di solidarietà fiscale, che giustificherebbero, comunque, la legittimità del richiamo tedesco alla teoria della "presupposizione"; e quindi alla nullità di ogni modifica dei principi dei trattati che ne costituiscono Voraussetzungen: cioè presupposti essenziali della stessa conclusione del trattato, tali da risultare invocabili davanti alla stessa Corte GUE, e, prima ancora, davanti alla Corte costituzionale tedesca, per sancire la nullità/inefficacia dell'introduzione di ogni meccanismo solidaristico di tal genere; 

c) l'esigenza dell'unanimità per poter comunque introdurre una sostanziale modifica del trattato UE e FUE (a prescindere dall'invocabilità della procedura ex art.48 TUE, in forma ordinaria o semplificata)".

4. Ma probabilmente, il miglior contributo al dibattito sulla sostenibilità dell'euro e sulle ragioni, culturali prima che economiche, della sua irriformabilità, viene proprio dalla Germania; e non lo diciamo ironicamente. 

Anzi, la realtà dei fatti (economici, storico-ideologici e istituzionali) emerge con chiarezza proprio dalla viva voce della parte non...elitaria del popolo tedesco, cioè da dei kabarettisti, dei comici, che esprimono una chiarezza di idee anzitutto impensabile da parte dei propri omologhi italiani ma che, più ancora, non supererebbe neppure il filtro implicito (e censorio della realtà) che viene imposto da decenni sulle televisioni italiane:




5. Allo "stato dell'arte", questo video rappresenta il condensato della miglior comunicazione di massa raggiunta in argomento (tranne, forse, per il "credito" attribuito, con un ottimismo un po'....prematuro, alla ragionevolezza delle richieste di Macron): si può ridere o sorridere, ma senza dimenticare che sottostante a tutta la "scenetta" c'è un senso di disperazione, di impossibilità ad indurre alla ragione, che fa onore ai suoi autori. 
Ma che mostra anche che la insostenibilità dell'ordoliberismo mercantilista, a guida tedesca, consente risposte che si limitano alla tragica risata del popolo che per primo la subisce e che, in definitiva, si appella alla "intelligenza" di tutti gli altri popoli coinvolti. Ma anch'essi disperati...

21 commenti:

  1. E poi sul Sole24Ore pubblicano le analisi di economisti come De GrauWe? I belgi conoscono bene il tedesco,mi pare,forse il suddetto €conomista,no,quindi nè possibile non abbia capito il video,ammesso che l'abbia visto.Si sorride ma la rabbia è tanta,pesante come l'evidenza dei fatti.Inappellabile come i punti finali 3.1 - 4 e sopratutto 5.A Loro piacciono gli assoluti e Inappellabile è una parola che suona al loro interesse come una devastante Cavalcata Wagneriana.Qui,caro Prof.Lei non fa' opposizione,ma Resistenza.Resistenza al Potere attraverso la Consapevolezza.

    "Forse non ve ne siete resi conto ma siamo nel bel mezzo della Terza Guerra mondiale.Non sono le bombe nucleari quello di cui dobbiamo avere paura;l'arma è il cervello umano,o la sua mancanza su questo pianeta.Questo decidera' il nostro destino" "General Boy",1979 della band americana DEVO.

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  2. "Malcom Barr,

    Senior Western European Economist,

    JP Morgan

    London...UK"
    Toh, che caso. Hanno avuto in appalto il governo dell'Italia, o almeno una parte dell'appalto?

    Die Antalst ha fatto spesso puntate eccellenti, anche sulla Grecia, spiegando i meccanismi economici all'origine dell'attualità.
    Ma si sa, "quattro imparaticci di macro" non è il caso di farli orecchiare a tutti.

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    1. Sono appalti pluridecennali a rinnovo per tatico assenso e ormai a durata ultrasecolare
      "Morgan giocò un ruolo importante nel finanziamento della prima guerra mondiale. Subito dopo lo scoppio delle ostilità fece il primo prestito di 12 milioni di dollari alla Russia[3] e nel 1915 concesse un prestito di 50 milioni di dollari alla Francia. Il coinvolgimento della sua banca con gli interessi inglesi e francesi lo indusse a spingere gli Stati Uniti in sostegno degli alleati per salvare i suoi prestiti. Nel 1915, divenuto evidente che la guerra non sarebbe finita in fretta, la banca decise di stringere relazioni formali con la Francia.[4] Questi rapporti divennero tesi nel corso della guerra a seguito di cattivi rapporti personali con gli emissari francesi, rapporti che vennero aumentando di importanza a seguito della durata inattesa del conflitto, delle spese e delle complicazioni derivanti dalla neutralità del governo degli Stati Uniti. A contribuire alle tensioni fu il favore mostrato dai funzionari Morgan per gli interessi britannici.[5] Dal 1915 fino a poco dopo l'ingresso in guerra degli Stati Uniti, la sua banca era l'agente ufficiale del governo britannico per l'acquisto di cotone, acciaio, prodotti chimici e alimentari, ricevendo una commissione dell'1% su tutte le transazioni.[6] Morgan organizzò un sindacato di oltre 2200 banche per concedere un prestito di 500 milioni di dollari agli Alleati. Gli inglesi avevano venduto il loro portafoglio di titoli americani e alla fine del 1916 avevano chiesto altri prestiti non garantiti per ulteriori acquisti.[7]

      All'inizio della prima guerra mondiale, il segretario di stato al Tesoro William Gibbs McAdoo e altri membri dell'amministrazione Wilson erano molto diffidenti sul ruolo della banca di J.P. Morgan & Co. come agente britannico per gli acquisti e servizi bancari. Quando gli Stati Uniti entrarono in guerra, questo diede luogo ad una stretta collaborazione, nel corso della quale Morgan ricevette agevolazioni finanziarie.[8] Dal 1914 al 1919, Morgan fu membro del consiglio consultivo della Federal Reserve Bank of New York.[6]

      Il 3 luglio 1915, un intruso, Eric Muenter, entrò nella villa di Long Island di Morgan e gli sparò due colpi, nel tentativo di assassinarlo. Ciò apparentemente per realizzare un embargo sulle armi, e in segno di protesta per il suo affarismo sulla guerra. Morgan, tuttavia, recuperò rapidamente dalle ferite.[6][9][10]
      Dopoguerra
      Dopo la fine della prima guerra mondiale e il trattato di Versailles, la Morgan Guaranty gestì i pagamenti delle riparazione dei danni di guerra da parte della Germania. In quel tempo fece diversi viaggi in Europa per indagare e riferire sulle condizioni finanziarie degli stati europei. Nel 1919 fu, per un certo tempo, presidente del comitato internazionale, composto da banchieri americani, inglesi e francesi, per la tutela dei possessori di titoli messicani. Nel novembre 1919 venne nominato direttore della Finance Foreign Corporation, creata per occuparsi nell'investimento di fondi principalmente in imprese straniere. Nel 1920, Morgan Guaranty era diventato uno dei più importanti istituti bancari del mondo, come creditore di prestiti concessi alla Germania e all'Europa.[6][11] Lavorò molto duramente per sconfiggere il New Deal di Franklin D. Roosevelt durante la Grande Depressione e per assicurare un prestito di 100 milioni di dollari al dittatore fascista Benito Mussolini, prima della Seconda guerra mondiale.[9]
      https://it.wikipedia.org/wiki/J.P._Morgan_Jr
      http://www.anpiosimo.it/joomla/index.php?option=com_content&view=article&id=98:j-p-morgan-il-credito-di-mussolini&catid=7:notizie&Itemid=147
      http://m.dagospia.com/da-un-secolo-guadagna-con-l-italia-jp-morgan-sempre-presente-ora-ha-puntato-montepaschi-132759

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  3. Il salvatore della Patria , voce autorevole dell’oligarchia €urista e conoscitore al di sopra di ogni sospetto “dei presupposti ideologici dei trattati”, dice che anche Macron dovrà fare le riforme strutturali e mettersi in regola (non abbiamo mai avuto dubbi in proposito, i francesi, a quanto pare, no.

    E se non ha speranza la Francia, figuriamoci l’ital-tacchino. Perciò la prolungata deflazione competitiva continuerà über alles all’insegna del penoso vaudeville borghesotto .

    Intanto alcune chicche in un’intervista di Damilano a Prodi su L’Espresso del 21.05.17 [pagg.16-17]:

    In “Il piano inclinato” lei racconta il capovolgimento di prospettiva del welfare: da leva di crescita a freno della competitività.

    E’ il terzo fattore di scivolamento nella povertà del ceto medio, accanto alla globalizzazione e alle nuove tecnologie: la mancanza di protezione rispetto agli eventi negativi della vita, la perdita di un posto di lavoro, un problema di salute. Ero ministro quando nel 1978 il governo introdusse il servizio sanitario nazionale. Ricordo gli applausi, l’entusiasmo, la gratitudine per il ministro Tina Anselmi. Era il segno di un salto in avanti del Paese, voluto da un governo presieduto da Giulio Andreotti che non era di sinistra, ma rappresentava bene quel ceto medio in crescita di benessere e di diritti. Oggi c’è un pensiero unico che vede il welfare come un peso, io continuo a pensare che sia una risorsa”.

    In questo contesto l’Italia soffre più di altri: crescita al lumicino (lo 0,2 nel primo trimestre 2017), debito pubblico alle stelle…

    E in più ci sono mancanza di produttività e il venire meno del sistema industriale. Ci sono state privatizzazioni che hanno fatto venir meno le aziende o che hanno provocato la loro vendita all’estero. E’ rimasto un buon numero di centinaia di imprese di imprese medie, sono la nostra ricchezza nel mondo e su di esse bisogna puntare. Ma serve un salto di innovazione impressionante, la costruzione di centri di ricerca qualificata su modello Fraunhofer tedeschi, strutture di sistema che da noi non esistono…

    Uno scenario molto negativo. Da dove ripartire?

    Da produttività e innovazione. La crescita è fatta di queste cose. Misure a breve, aggiustamenti solo in apparenza minimi. Finanziare gli studenti delle scuole applicate, per esempio… E poi ridurre le possibilità di intervento della burocrazia, il vero nemico della crescita. Per provocazione direi: abolire il Consiglio di Stato, i Tar! Ma in ogni caso definirne le funzioni e i campi di intervento, se non vengono abbattuti a un decimo degli interventi attuali il Paese va in rovina. E invece siamo andati sempre nella direzione opposta, con la creazione di ulteriori momenti di controllo: ogni appalto è sotto ricorso

    Questo è un superbo kabar€t!

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    1. E niente: le cose "sa di saperle"...Alla faccia della confusione tra amministrazione e giudice conforme allo Stato di diritto costituzionale che opera su domanda di parte (le bbbasi!)

      Quando invece si tratta di assumersi la titolarità delle proprie decisioni (di privatizzazione e tagli al SSN), invece, niente: era lì per caso.
      E comunque non può stare a ricordarsi tutto, insomma!

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    2. Tanto per rinfrescare la memoria in dettaglio
      http://www.pmli.it/prodivarafinanziaria2007.htm
      (notare tagli per 3 miliardi con introduzione dei tickets e inasprimento delle aliquote iperf sui redditi da 15.000 euro in su: ci ha sempre tenuto al "ceto medio"!)

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    3. La tecnica comunicativa è sempre la stessa: faccione mansueto di chi se massacra milioni di persone "non può farlo apposta"; quindi: una serie di ovvie banalità che chiunque - ormai nella completa disperazione - non aspetta altro finalmente di sentirsi dire; quindi il vero oggetto della missione genocida per cui si spera venga lautamente - lautamente! - ricompensato: legare le mani alla giustizia amministrativa quando gli angloamericani ed il loro dobermann nazista dovranno stuprare le popolazioni italiche per infeudare barbaramente di nuovo l'Italia.

      Mi chiedo quali riforme - ossia quali manomissioni - all'apparato amministrativo abbiano già approntato in Grecia.

      Prodi, Andretta... Pensare che mi son dovuto assorbire un convegno dove un "dossettiano" ne prendeva la causa.... a partire dalla entusiasmante vocazione mondialista.

      Dossetti si sta ancora rigirando nella bara con Gramsci....

      I cimiteri dei Resistenti saranno gli epicentri dei futuri terremoti.



      (Vabbè, vado a far la rivoluzione nella vasca da bagno, marijuana, birra e Ziggy Marley: so' comunista così)

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  4. Ma lui lo ha fatto per il nostro bene, perché vede nel welfare una risorsa!

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  5. Risposte
    1. Francesco, grazie per la RIESUMAZIONE

      ".. il SINGOLO PICCOLO contro i monopoli.. "

      ESSO, cioè ESSO, occorre ricordarlo come un "grande" che sapeva da che parte stare.

      Senza neppure offrire, dalla badante Lalla, l'oliva taggiasca sulla terrazza del Magri, il Lucio.

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  6. La memoria degli italiani deve essere ormai ridotta a un orizzonte di pochi mesi, se uno dei principali artefici dell’entrata nell’euro, del programma di privatizzazioni e svendita degli asset pubblici e della demolizione dello stato sociale come Prodi può permettersi certe affermazioni. Quanto all’abolizione della giustizia amministrativa, vista come un freno alla iniziativa privata, è un suo pallino da anni, ci torna in quasi tutte le sue interviste. Senza che mai qualcuno gli faccia notare come a frenare le piccole e medie imprese italiane (ma forse sarebbe meglio dire a distruggerle) sono stati proprio i suoi governi e quelli successivi, che hanno insistito sulla strada della totale e acritica applicazione delle ricette di deflazione salariale e di massacro sistematico della domanda interna.

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  7. Io che lavoravo in una delle Società della FINSIDER so benissimo chi è Prodi e Le assicuro che lo sanno anche moltissimi cittadini ; quello che è gravissimo sono la sua faccia tosta a presentarsi come salvatore della Patria dimentico di ricordare agli italiani che nel Luglio 1992 sul Panfilo Britannia (insieme a suoi simili come Andreatta,Tremonti,
    Draghi,Amato ed altri) fu deciso lo spezzettamento e la privatizzazione della più grande multinazionale europea cioè dell'IRI. Questa grande multinazionale era il motore proprio di quella miriade di piccole e medie aziende che hanno fatto grande l'Italia.Il risultato è stato che al posto di ristrutturare (a partire dall'accaio) e rendere competitivo il sistema (regalato agli amici degli amici) oggi siamo sempre più vicini alla Grecia ed alla guerra civile.

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  8. Se fossero riusciti a incastonarci anche il ruolo dell'euro nel consentire ai virtuosi kapò di non pagare pegno (di mercato) per le loro politiche mercantilistiche, sarebbe stato il massimo. Ma bravi lo stesso.

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  9. Dinanzi alla diligenza e alla capacità delle energie produttive razionalmente impiegate di una nazione, impallidiscono tutte le riserve auree e di divise. Noi non possiamo che sorridere pensando ai tempi in cui i nostri economisti con la maggiore serietà di questo mondo sostenevano che il valore di una moneta viene determinato dalle riserve auree e di divise, accantonate nei tesori delle Banche di Stato e, soprattutto viene da essa garantito. Noi, al contrario, abbiamo imparato e sappiamo che il valore di una valuta è insito nella energia produttiva di un popolo, che l’aumentato volume di produzione sostiene una valuta, anzi, in determinate circostanze la rivalorizza, mentre ogni diminuito rendimento della produzione deve necessariamente condurre, presto o tardi, a una svalutazione. Ecco perché lo Stato nazionalsocialista, in un periodo in cui i gran sacerdoti della finanza e della economia degli altri Paesi ci profetizzavano ogni trimestre o semestre lo sfacelo, stabilizzava il valore della sua moneta, aumentando in misura straordinaria la produzione. Tra la produzione tedesca in aumento e il denaro in circolazione venne creato un rapporto naturale. La formazione dei prezzi, attuata con tutti i mezzi, fu possibile soltanto mantenendo stabile il livello dei salari. Ma tutto ciò che in questi ultimi sei anni è stato distribuito in Germania dall'aumento del reddito nazionale, corrisponde all'aumentato rendimento del lavoro. In tal modo si è potuto non solo dare lavoro a 7 milioni di disoccupati, ma anche assicurare al loro aumentato reddito una corrispondente capacità di acquisto; in altre parole, ad ogni marco pagato corrisponde (nella stessa misura) un aumento della nostra produzione nazionale. In altri Paesi avviene esattamente l’opposto. Viene ridotta la produzione, si aumenta il reddito nazionale aumentando i salari, si diminuisce con ciò la capacità di acquisto del denaro e si arriva infine alla svalutazione della moneta. Ammetto che il sistema tedesco, in sé e per sé, è meno popolare, in quanto stabilisce che ogni aumento di salario deve necessariamente dipendere da un aumento della produzione, per cui l’aumento dei salari deve sempre passare in seconda linea rispetto alla produzione: ne consegue, in altre parole, che l’inserimento di 7 milioni di disoccupati nel processo produttivo, non è o non era in primo luogo un problema salariale, bensì una pura questione di produzione”.

    “Se da parte degli uomini di Stato esteri ci si minaccia con rappresaglie economiche, non so bene di qual genere, io sono in grado di assicurare che, in tal caso, verrebbe impegnata una battaglia economica disperata che noi potremmo condurre molto facilmente a buon fine. Per noi questa lotta sarebbe più facile che per le altre nazioni satolle, poiché la ragione di questa battaglia economica sarebbe semplicissima. Eccola: popolo tedesco, se vuoi vivere, esporta, altrimenti perirai!
    ”. (Hitler al Reichstag, 30 gennaio 1939, Società Editrice Di Novissima, Roma, pp. 42-44 e 45)

    Ovvero anche il vecchio zio Adolfo era, ideologicamente, un offertista votato alla stabilità dei prezzi, contrario alle svalutazionicompetitive, seguace della teoria quantitativa della moneta e di un’economia export led (riarmo permettendo).

    Certo che se con tutto il moralismo e i sensi di colpa che hanno riversato sui tedeschi ci avessero messo anche un po’ di economia, certi “mai più” sarebbero un filo più credibili.

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    1. Il fatto è che questa sarebbe la regola "aurea", ovvero "di piombo" enunciata da Draghi al Consilgio europeo del 14-15 marzo 2013.
      I salari nominali devono crescere meno o al massimo nella stessa misura della produttività REALE (so che lo sai e ne abbiamo già discusso).
      Quello che conta è che non è una regola aurea solo tedesca: ma ormai molto €uropea. Irrinunciabile.

      E' quasi naturale che siano i tedeschi i primi a denotare a livello pop una certa insofferenza.
      Dalle nostre parti, siamo ancora ben lontani dal farlo.

      Nella giornata della memoria dovrebbero parlare di queste cose: in effetti non si possono capire i fascismi senza il tratto unificante della comune teoria economica. Liberista-

      Poi, che si arrivasse a litigare su chi dovesse avere il controllo istituzionale dei monopoli e su quali di questi dovessero essere considerati strategici, costituiva la semplica cronaca di lotte intestine alla oligarchia che controllava lo Stato (in condominio con i salvatori e dominatori ideologici): se vuoi i pretoriani, infatti, devi scontare il rischio della "contendibilità" delle rendite.

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    2. Cancellalo Arturo!

      Se lo vedono quelli della "destra sociale"!

      Bisogna rispettare le fedi e le credenze di tutti: are we liberal?

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    3. Non credo che "vedere" una fonte diretta documentale possa cambiare qualcosa per chi ha preso posizione facendone una questione identitaria (in senso storico, politico e, più che altro, psicologico).

      L'importante è che esista, per chi non è intrappolato in teorie che deve difendere contro tutto e tutti, una serie di informazioni che gli consentano di capire (fenomenologicamente). Avendo così un "metodo" di comprensione, cioè attivando un processo cognitivo non orientato dalla pre-comprensione.

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    4. Un pò di sana meritocrazia neoliberista e moralizzatrice alla quale i lavoratori devono abituarsi:

      Il salario è un prezzo il quale, come tutti gli altri prezzi, non è determinabile d’impero. Supporre che esista un potere superiore – stato, governo, ministro, tribunale – il quale abbia il privilegio di determinare il prezzo più giusto nell’interesse collettivo è altrettanto assurdo come il supporre che esista un potere consimile capace di determinare il prezzo giusto del pane, delle scarpe, del consolidato 5% o delle azioni della Banca d’Italia. Se la parola di prezzo o di salario giusto deve avere un senso, bisogna supporlo sinonimo di quel prezzo che si forma sul mercato, sotto l’azione di quelle forze numerosissime, le quali sul mercato intervengono a tirare i prezzi ed i salari su e giù a farli incessantemente oscillare e mutare.

      La competizione tra i fattori di produzione è sempre stata una delle forze principali le quali concorrono a determinare l’ammontare del prodotto totale e la sua ripartizione tra le parti collaboranti e contendenti. Il dibattito per la distribuzione del prodotto è una forma tipica di produzione, è una forma assolutamente necessaria di collaborazione. Tutti sentiamo la verità di questa affermazione quando si parla di concorrenza tra industriali per la conquista del mercato. Non è forse evidente che la lotta di un industriale contro l’altro, i tentativi per rubarsi la clientela, i fallimenti dei meno atti sono, entro limiti amplissimi, al di là dei quali si cade nella concorrenza sleale o nella distruzione di capitale, strumento potente di creazione di ricchezza e di aumento di prodotto?

      Chi dubita che in una società economica torpida, di industriali privilegiati sicuri del proprio mercato, protetti dall’occhio benevolo di uno stato paternalistico, la produzione sarebbe di gran lunga minore di quella che è nel mondo moderno di concorrenti instabili occupati a contendere tra di loro e costretti perciò a ribassare i prezzi, il che vuol dire a produrre di più a costi più bassi?

      Perché non vorremmo ammettere che la competizione tra operai e industriali sia un potentissimo fattore, di incremento di produzione e di cresciuta prosperità? Molti stupendi progressi tecnici, molte riorganizzazioni risparmiatrici di lavoro e di costi furono l’effetto della pressione delle maestranze. Gli industriali medesimi, i quali avevano dichiarato, in piena buona fede, certe riduzioni di orario o certi aumenti di salario incomportabili e disastrosi per l’industria, seppero poi adattarvisi. Dovettero fare sforzi di intelligenza, comprar macchine, rinunciare ad antiche comode abitudini. Alla fine benedissero la nuova organizzazione più perfetta, a cui erano stati costretti da quella che un tempo avevano bollato come violenza rivoluzionaria.
      (segue)

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    5. Non si vuol con ciò dire che qualunque richiesta operaia debba essere accolta; che sia stato ben fatto diminuire repentinamente le ore di lavoro da 10 a 8; che sia consigliabile raddoppiare d’un colpo i salari, quasiché i miglioramenti improvvisi non spingessero all’ozio e al vizio. No: i miglioramenti devono essere graduali, possibili e meritati. Ma, per essere fecondi di bene, di elevazione morale dei lavoratori, e di incremento produttivo, quei miglioramenti non debbono essere largiti. Le largizioni dall’alto spingono alla incontentabilità ed alla prepotenza. Colui che, in nome dello stato, ha concesso uno perché non potrebbe concedere due o tre?

      I miglioramenti debbono essere conquistati, debbono essere il frutto della pressione consapevole di operai i quali, a proprie spese, imparino l’esistenza di limiti, incontrino la resistenza degli industriali e costringano questi ad un adattamento progressivo della propria tecnica produttiva alle esigenze crescenti di un tenore di vita umana più elevato. La conquista richiede sforzo, educazione, auto-miglioramento. Conquista chi è degno di conquistare; ed elevando se stesso eleva anche i propri avversari
      ” [L. EINAUDI, La lotta come fattore produttivo, Corriere della Sera, 18 marzo 1925].

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    6. Ci sono ancora molti segreti nella contabilita' del III Reich, tipo l'ammontare esatto dei finanziamenti ricevuti dal mondo finanziario anglosassone - si stima di un ordine di grandezza superiore ai finanziamenti interni - oppure il numero esatto degli iscritti al partito nazionalsocialista (la documentazione contabile bancaria dei finanziamenti esteri e le liste degli iscritti furono distrutte in fretta e furia nell'aprile/maggio 1945, prima della capitolazione), ma il meccanismo di creazione della moneta risulta ormai abbastanza chiaro.
      Per aggirare le clausole del trattato di Versailles fu creato infatti un sistema (totalmente invisibile al di fuori dell'apparato statale tedesco) di circolazione di fatture scontabili (presso la banca centrale) con interesse a circa il 4%.
      Con questo sistema venivano pagati i conti della filiera bellica: per ogni fornitura accettata dall'amministrazione del Reich l'impresa fornitrice riceveva in pagamento un 'buono' di questo tipo che poteva essere utilizzato sia per pagare i propri fornitori che per essere scontato presso la banca centrale, dopo qualche tempo, ricavandone un interesse.
      Contestualmente venne anche creato un apposito ufficio acquisti centralizzato del Reich per l'acquisto all'estero delle materie prime necessarie (che spesso venivano barattate in cambio di semilavorati meccanici tedeschi, perche' di oro o valuta pregiata vi era una grandissima penuria) e negli ultimi anni di guerra il Reich falsifico' pure enormi quantita' di banconote inglesi da 5 e 10 sterline.
      Vero e' che in questo sistema (criminale!) veniva messo in circolazione un marco per ogni marco speso per la produzione di armi.
      Ma tutti oggi sappiamo che la moneta in una economia sana e' endogena e che la creazione esponenziale di moneta senza un meccanismo da parte della banca centrale per poterla ritirare dal mercato in funzione anticiclica genera instabilita'.
      E' stato calcolato che il meccanismo di creazione della moneta del Reich era tale da collassare non piu' tardi della fine del 1945 e per quella data i pianificatori del Reich pensavano di aver gia' vinto la guerra e di scaricare il conto sui Paesi vinti/occupati (piano Funk).
      Le cose andarono diversamente e quindi oggi ci si balocca ancora col pensiero magico che i nazisti abbiano scoperto l'elisir per lo sviluppo economico e per la creazione ottimale della moneta (free launch)....

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  10. Su una nota pratica qualcuno di voi sa per caso se girano anche traduzioni in inglese del cabaret in rete? Questo lo dico perché il livello di consapevolezza di queste cose non l'ho trovato migliore che qui in Italia presso la maggior parte dei miei conoscenti stranieri ed a volte, checché ne dica il Bagnai, meglio una figura azzeccata che cento parole. Non foss'altro per cominciare a capire.

    Carlo

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