domenica 28 maggio 2017

ALLA RICERCA DELLA SOVRANITA' PERDUTA: SALVIAMO (chirugicamente) LA COSTITUZIONE


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1. Abbiamo visto nel precedente post come i trattati europei abbiano un contenuto peculiare, cioè dispongono apertamente sugli "affari interni" e quindi sui diretti rapporti politici e etico-sociali tra lo Stato italiano e i suoi cittadini e tra i cittadini stessi: ciò in quanto la crescente regolazione europea della materia fiscale, monetaria ed economica non solo influisce inevitabilmente su tali aspetti extra-economici (di per sè non considerabili separatamente e, infatti, come tali NON considerati dai Costituenti), ma anzi determina in via essenziale l'assetto etico-sociale e politico interno. 
Basti pensare a quanto i vincoli monetari e fiscali influiscano sulla principale, e fondante, direttiva costituzionale impartita nei confronti degli organi costituzionali di indirizzo politico, rendendola concretamente inattuabile: vale a dire, il perseguimento della piena occupazione (artt. 1, 4 e 35 Cost.), pur nell'equilibrio dei conti esteri nazionali, connesso a retribuzioni che consentano di condurre un'esistenza libera e dignitosa (art. 36 Cost.) e al "risparmio diffuso" (art.47 Cost.), entro un ordinamento statale fortemente solidale (artt. 2 e 3, comma 2, Cost.), che prevede una copertura pensionistica e previdenziale "adeguata" (art. 38 Cost.)  ed un sistema di assistenza pubblica sanitaria che garantisca a tutti (art. 32 Cost.) la tutela del diritto alla salute (senza alcun accenno, in Costituzione, alla condizione "entro i limiti delle risorse disponibili", introdotta, praeter Constitutionem e in base a valutazioni economico-monetarie extratestuali, mai sottoposte alla verifica della loro attendibilità scientifica). 

2. Questa caratteristica, come evidenzia Amato, rende "inadatta" una legge meramente "formale", come quella di (mera) autorizzazione parlamentare alla ratifica di tali trattati da parte del governo.
Di più, lo stesso congegno del diritto europeo dei trattati rivela come sia infondata, - in termini di Stato di diritto (in senso democratico)-, e comunque non espressamente pattuita, la presunta prevalenza delle norme dei trattati stessi su quelle costituzionali.

La conseguente utilizzazione degli strumenti di tutela (della sovranità costituzionale democratica) propri del diritto internazionale generale, tesi a far valere questi vistosi "vizi" dell'adesione ai trattati €uropei, ha incontrato e incontra, però, tali e tanti ostacoli, da rendere pregiudiziale un intervento di revisione costituzionale che rafforzi ed espliciti, - contro  prassi ed interpretazioni che si sono rivelati nei fatti "eversive" dell'ordine costituzionale fondato sul "Potere Costituente"-, quello che nella Costituzione è già scritto e che è, comunque, inequivocabilmente ricavabile dalla volontà espressa dell'Assemblea Costituente.

3. Ribadito che la revisione costituzionale proposta consegue solo a queste delimitate esigenze di tutela emergenziale della democrazia costituzionale, - e non pretende dunque di "adeguarla" e di perseguire finalità ad essa normativamente estranee e corrispondenti ad interessi diversi da quelli del popolo sovrano- indichiamo quali possano essere questi punti di intervento chirurgico che rafforzino la democrazia e la possibilità di autodeterminazione dei governi democraticamente eleggibili (cioè che agiscano entro i limiti invalicabili del circuito della sovranità fissato dalla Costituzione). 
Per ogni "punto", indichiamo la norma costituzionale da "rafforzare" e sintetizziamo la ratio dell'intervento in coerenza con l'aspetto specifico di violazione dell'assetto costituzionale cui si deve, allo stato, rimediare con urgenza:

- art.11 Cost.: precisazione della estraneità delle “limitazioni di sovranità” a materie NON strettamente rientranti nella "pace e nella giustizia fra le nazioni", escludendo ogni limitabilità, e ancor più, cedibilità (in sè radicalmente non contemplata dalla Costituzione), della sovranità connessa a trattati e organizzazioni internazionali di natura economica e, comunque, a trattati non compatibili coi principi fondamentali della Costituzione attinenti alla tutela del lavoro come fondamento della sovranità e della dignità della persona; 

- art.21 Cost.: precisando il privilegiato carattere aperto del mercato nazionale dei mezzi di informazione, in quanto finalizzato alla tutela della domanda di "informazione" e non della sua sola "offerta": questo carattere può essere effettivamente assicurato con una previsione pluralista e trasparente delle fonti di finanziamento e delle quote di mercato,  risolvendo, anche con una legge attuativa, il problema dell’intenso controllo mediatico che caratterizza l’affermazione, e l’autoconservazione “con ogni mezzo”, del paradigma euro-liberista e sovranazionalista;

- art.49 Cost.: chiarimento (e legislazione attuativa) circa l’ordinamento democratico dei partiti, effettivamente aperti e trasparenti nel loro ruolo di strumenti di partecipazione alla vita democratica del paese;

- art.70 Cost. (e altre disposizioni coordinate): previsione della rimessione diretta delle leggi, prima della promulgazione, al giudizio di legittimità della Corte costituzionale, su iniziativa del Presidente della Repubblica e, cumulativamente, di un quinto degli appartenenti ad una camera, per un giudizio “immediato” e preventivo da concludersi (come nella Costituzione francese) entro un breve termine prefissato in Costituzione.
Questa interpolazione dell'art.70 esige altresì un intervento di riscrittura della legge costituzionale prevista dall'art.137 Cost., al fine di renderla complessivamente compatibile con questo strumento, sempre più indispensabile, della rimessione diretta: probabilmente il "baco" più vistoso di cui soffre la nostra Costituzione (a differenza di quelle di tutti i più importanti paesi aderenti all'Unione europea, peraltro ben diversamente "condizionati" da un trattato che, sia pure in modi diversi nel tempo, piuttosto li avvantaggia sull'Italia, evidenziando ancor più la drammaticità di questa asimmetria di autotutela costituzionale);

- art.80 Cost.: previsione dell’obbligatorio “parere preventivo” di costituzionalità della Corte sui testi dei trattati internazionali economici da sottoporre a ratifica e previsione, aggiuntiva, di referendum popolari confermativi di tali disegni di leggi di ratifica (che dunque sarebbe votabile dal parlamento solo all'interno di un procedimento complesso che preveda il coinvolgimento co-decisivo della diretta volontà popolare);

- [ovviamente] art.81 Cost.: sua riformulazione introducendo il concetto di pieno impiego, out-put gap e risparmio diffuso (art.47 Cost) come parametri dell’indebitamento annuale;

- artt. 83-86 (87) Cost.: introduzione del “presidenzialismo” (elettivo a suffragio popolare) “alla francese”, che consenta di precisare le effettive responsabilità politiche del capo dello Stato rispetto alla Nazione e di delimitare l’insorgenza di prassi costituzionali (sempre più innovative) che rendano impalpabile la distinzione tra neutralità “garantistica” del potere presidenziale e interferenza sui processi politici ed elettorali.
Se le indicazioni del Presidente della Repubblica, infatti, divengono "impegni vincolanti per i partiti" e risolvono apertamente ogni snodo critico delle vicende politico-istituzionali nel senso di privilegiare l'osservanza del "vincolo europeo" e il mito neo-liberista della "governabilità", v. pp.2.1.4. e ss., senza alcun filtro critico operabile in base al divergente senso delle previsioni costituzionali fondamentali, divengono scelte di puro indirizzo politico e non più di "indirizzo costituzionale", neutrale e di garanzia, rendendo necessario un regime di emersione della sua responsabilità politica;

- art.139 Cost.: introduzione esplicita, nella previsione relativa alle norme non assoggettabili a revisione, dei principi fondamentali della Costituzione attinenti al fondamento lavoristico, alla persona umana e ai connessi diritti sociali dei cittadini (nella inscindibilità di questi principi dagli strumenti della Costituzione economica, inscindibilità proclamata dai Costituenti e costitutiva dell'effettività degli stessi diritti fondamentali).
In coerenza con le modifiche suggerite, è anche da rivedere la legge costituzionale sull’organizzazione e il funzionamento della Corte costituzionale, prevedendo un calibrato riassetto dei poteri di nomina, in funzione della maggior "neutralità" possibile degli organi titolari di tali poteri, nonché un limite di età alla permanenza in carica (fissabile in 79 anni, come ipotesi tendenziale in relazione al periodo permanenza nelle funzioni, previsto dall'art.135 Cost., coordinato al limite di età attualmente previsto per i magistrati eleggibili alla Corte).

4. Mi astengo dall'arricchire con ulteriori links i riferimenti alle norme costituzionali appena elencati: in effetti ciascuna di queste norme è stata oggetto di uno o, più spesso, vari post esplicativi che costituiscono la premessa delle soluzioni qui proposte.
Inoltre, il presente post è un'ulteriore estensione, aggiornata agli esiti del referendum e alle vicende che (non) ne sono conseguite, di uno studio analogo, di un paio di anni fa.
Bastano, ai fini di una conseguenziale comprensione quelli, pur numerosi, posti nelle parti iniziali del post (sperando che siano, almeno in parte, letti o riletti).

31 commenti:

  1. D'accordo su quasi tutto, con l'eccezione dell'art.81, che semplicemente ripristinerei nel suo testo originale (che è perfettamente compatibile con la "monetizzazione" del debito), e soprattuto con gli artt.83-86 (87), in primo luogo perché non sono sicuro di aver capito bene cosa ci si proponga. Se ci si propone il semipresidenzialismo "gallicano", da parlamentarista radicale, non posso che essere radicalmente in disaccordo.
    Aggiungerei alla lista "chirurgica" un paio di altri punti: i) una piccola modifica al primo capoverso dell'art.4, per mettere bene in chiaro che lo stato deve assicurare il pieno impiego ("nei modi e nelle forme previste dalla legge", ovviamente...); ii) il ripristino del Titolo V nella sua formulazione originale, ma eliminando la parola "regione", e sostituendovi ovunque la parola "provincia". Mi astengo dal fornire motivazioni, perché non è questo il tema del post. Inutile dire che non seguo la dottrina che ritiene già adesso "immodificabili" gli artt.1-10. Ma sono d'accordo sulla modifica all'art.139, per cui, successivamente a questa "precisazione" sull'art.4, i primi 10 artt. potrebbe effettivamente essere "sigillati".
    Mi permetto di fare l'avvocato del diavolo sul punto della riforma della legge costituzionale che regolamenta la Corte. E' proprio grazie a questa modifica che simili idee potrebbero vedere la luce senza dover operare pericolose forzature costituzionali. In altre parole: questa legge andrebbe calibrata attentamente sugli effetti concreti immediati che avrebbe, stante l'imperativa necessità di avere una Corte che approvi queste modifiche e inizi un'opera di radicale revisione delle giurisprudenza passata. E' un punto controverso, ma non credo ci sia modo di sottrarvisi: le modifiche proposte rappresentano nientemeno che una eversione della costituzione materiale liberista attualmente vigente. Non possono quindi essere lasciate nelle mani di una Corte liberista.

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  2. Perché non costituzionalizzare anche il proporzionale e l'espressione delle preferenze (o almeno un principio per cui i parlamentari non possono essere scelti/nominati in percentuali così eclatanti come ora avviene), lasciando alla legge ordinaria solo questioni operative relative a procedure, collegi, resti e altre amenità? L'aver lasciato fuori dalla costituzione la legge elettorale l'ha resa preda della maggioranza del momento, e abbiamo visto, e stiamo vedendo, che il risultato è un chiaro disastro. Capisco che il miglioramento dell'articolo 49 (o una sua attuazione seria che non si è vista) avrebbe eliminato molti problemi, ma anche con partiti formalmente democratici la possibilità di anche gravi distorsioni della volontà popolare derivate da leggi elettorali ad hoc non sarebbe evitato.

    E inoltre, perché non introdurre una esplicita sfiducia costruttiva, che permetterebbe governi di minoranza che dovrebbero trovare in parlamento le proprie maggioranze variabili, mediando tra i diversi interessi rappresentati? La sfiducia costruttiva permetterebbe inoltre al parlamento di non essere ricattato dal governo dalla continua presentazione della questione di fiducia, per far passare i propri unilaterali provvedimenti, senza cercare una mediazione ma contando sulla paura delle elezioni anticipate (paura molto più grande, tra l'altro, quando si è dei nominati e non si è "padroni" dei propri voti, conquistati una preferenza alla volta).

    Non mi convince invece la proposta di far emergere le scelte politiche del PdR tramite la sua elezione diretta. A mio parere aggraverebbe la situazione, liberando il PdR dalla sua funzione di garanzia costituzionale (che spesso non è stata svolta, ma almeno ci si è chiesti il perché). Si potrebbero chiarire meglio le sue funzioni e i suoi limiti, questo sì.

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    1. Non bisogna farsi dettare l'agenda dal mainstream e dalle idee di "falsa opposizione": la questione della legge elettorale, che condivido riguardo alla preferenza per la "proporzionale" come riflesso della democrazia sostanziale, non è però una priorità fenomenologica per la correzione della presente situazione.

      Rifuggo dal concetto di "nominati" e dall'attribuire grande importanza alle preferenze. Come mi pare che la sfiducia costruttiva sia un corollario del mito €uropeo, e neo-liberista, della governabilità.

      Quel mito che ha sostituito qualsiasi residua funzione di garanzia costituzionale del PdR, al punto che non è tanto che non ci si chieda più il perché non sia stato esercitato, quanto che non si sappia più nemmeno identificarlo (ammesso che abbia avuto senso in passato, in compresenza dell'inattuazione prima e della sterilizzazion€, poi, del modello costituzionale).

      Ho inserito molti links per consentire di focalizzarsi sui veri problemi prioritari, da cui discende la effettiva soluzione di molti altri (più "politici" e applicativi a livello legislativo), problemi che assumono un diverso significato e consentono diverse opzioni, una volta ripristinata la legalità costituzionale, cioè la sovranità democratica.

      La insistita attenzione sui problemi istituzionali-organizzativi, - come la funzionalità del parlamento e l'ulteriore mito della sua "centralità"-, costituisce esattamente l'oggetto dell'attenzione ossessiva per le parti non fondamentali della Costituzione che è divenuta la tecnica di distrazione di massa nel disegno ordoliberista.
      Basterebbe aver letto "La Costituzione della palude" laddove non si sia seguito costantemente il blog nel corso degli anni (e basterebbe pensare a cosa discenderebbe da una rafforzata applicazione dell'art.49 Cost.).

      Purtroppo il diritto costituzionale non è discutibile con la facilità che appare derivare dalla discussione mediatica e dal profluvio di autoinvestitura espertologica di sociologhi, politologi, filosofi vari e, specialmente, giornalisti (o anche di giuristi non giuspubblicisti). E neppure "interessandosi" senza aver percorso alcune fasi di studio che, nel corso degli anni, ho messo a disposizione sul blog.

      Ma capisco che la formula del presidenzialismo e della legge elettorale suscitino così grandi e prevedibili obiezioni, anche se in effetti ne abbiamo discusso in questa sede (forse non abbastanza): si può parlarne ancora, ma su basi rigorose della elaborazione costituzionale.

      In questa sede, però, si completa un discorso più limitato (ma in realtà di più grande portata) di recupero della sovranità democratica: diciamo solo che sul presidenzialismo sussiste una inerziale pre-comprensione che discende da un modo storicamente inattuale di considerare la questione.

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    2. Dio ci scansi e liberi dai politologi (lo dico da laureato in Scienze Politiche)... Se non vado errato il Suo presidenzialismo istituzionalizzerebbe la figura di "custode della Costituzione" che ad oggi è solo vuota mitologia di quart'ordine

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    3. Credo, banalmente, che la questione del rapporto tra norme di principio e norme organizzative sia oggettivamente complessa e piena di risvolti di non scontata enucleabilità sistematica.

      Del resto mi sembra al riguardo di una certa pertinenza, nella misura in cui è generalizzabile con riguardo all'estensione del concetto di 'norme organizzative', e al di là della questione della trasferibilità di competenze nazionali in sede comunitaria, una citazione di Mortati tratta dal post (del 2012) 'precursore' del corrente e linkato solo qualche giorno fa:

      "Non è possibile distinguere, fra le disposizioni costituzionali, quelle che riguardino i diritti e i doveri dei cittadini e le altre attinenti all'organizzazione, poichè vi è tutta una serie di diritti rispetto a cui le norme organizzative si presentano come strumentali alla loro tutela".

      Il debug costituzionale gerarchicamente (in senso logico-deduttivo) strutturato è certo, in linea di principio, di imprescindibile importanza. Ma la blindatura assoluta è sempre un traguardo ideale, tanto meglio approssimabile quanto più si tiene conto, metodologicamente, che il diavolo come noto si annida sempre nei dettagli (o, a seconda dei punti di vista, nelle back doors implicite o negli errori di calcolo). E il presidenzialismo (ma è solo un esempio), come dettaglio pur mainstreamisticamente pompato, non mi sembra tra i più trascurabili.

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    4. Grazie a Fabrizio Laria per la citazione di Mortati che ricordavo vagamente e che non sarei stato in grado di ritrovare. Citazione sulla quale concordo completamente. Anzi penso che le procedure organizzative siano in certa misura in molti casi più importanti della mera enunciazione di principi. E' la forma che si fa sostanza, e che nell'atto organizzativo reifica i principi fondamentali.

      Grazie a Quarantotto per la risposta. Non sono certo un costituzionalista. Mi chiedevo solo quali siano stati i punti deboli "organizzativi" che hanno consentito l'attuale grave deriva. Dal mio minuscolo punto di vista le priorità vanno sicuramente all'articolo 49 mai applicato nella parte della democraticità dei partiti politici che concorrono a determinare la politica nazionale. Ne parlai molti anni fa con un parente di Aldo Capitini, che mi raccontò di una spiacevolissima "scalata" che subirono i Verdi nella sua regione, ad opera di gruppi organizzati che sfruttarono appunto il "metodo democratico" applicato all'epoca dal piccolo partito, per eleggere a livello regionale propri rappresentanti allo scopo di influenzare le successive vicende (scelta dei candidati, obiettivi politici, ecc.).

      I piccoli partiti (anche i grandi) posso essere scalati (più facilmente, si noti, se utilizzano il metodo democratico) con l'appoggio esterno al partito di forze di varia natura. Non mi sembra quindi una garanzia la sola revisione dell'articolo 49. Per questo mi permetto di non credere che un buon articolo 49 sia sufficiente, nella pratica della politica concreta e internazionale. Senza per questo sposare le tesi di Simone Weil sui partiti politici, non mi sembra che si possa affidare loro più del concorrere alla determinazione della politica nazionale.

      D'altra parte mi sembrano importanti le preferenze per dare forza e legittimità agli eletti. che solo se forti possono appunto esercitare "senza vincolo di mandato" la loro opera. Anche contro i propri dirigenti di partito.

      E tale "forza" degli eletti risulta indebolita fin quasi a scomparire in un sistema maggioritario, dove il collegio uninominale salda preferenze personali con il voto del "meno peggio", inquinando irrimediabilmente la procedura, e indebolendo quindi l'eletto che deve la propria elezione più alla propria segreteria che a meriti propri.

      Senza schiere di parlamentari "deboli" molte cose non sarebbero state possibili negli ultimi vent'anni.

      Infine sulla sfiducia costruttiva. Non ne faccio un mito, ci mancherebbe. La governabilità è una categoria che mi pare inconsistente. Se ottenuta con premi vari la tradurrei come la possibilità del governo di soverchiare il parlamento. Sono invece interessanti, a mio parere, tutti quei casi in cui il governo debba venire a patti, in modo palese, con le forze parlamentari, cercando una mediazione. Una spinta a mediazioni "alte" potrebbe venire appunto da qualche meccanismo di sfiducia costruttiva, che toglierebbe al governo, tipicamente organo più lontano dagli eletti rispetto al parlamento, la possibilità di "ricattare" il parlamento ponendo la questione di fiducia. Coi governi di minoranza si instaurerebbe una sorta di "coabitazione" tra parlamento e governo, dove l'ultima parola spetterebbe però al parlamento, senza che quest'ultimo possa temere per sé stesso nel caso decida di dire di no al governo incaricato.

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    5. "non sono un costituzionalista ma..."
      Non posso che tornare a invitare di rileggersi le tante cose già dette. In particolare la connessione tra democrazia sovrana (cioè non disattivata dalla globalizzazione) e partiti di massa (c'è una serie di post appositi): la scalabilità, in presenza di "metodo democratico", è propria di partiti piccoli, e tipicamente nella nostra situazione, settoriali e non di massa (cioè che offrono soluzioni specialistiche e mirano ad esaltare il conflitto sezionale), dei quali i "verdi" sono la prima sperimentazione politico-pop (eteroindotta rispetto alla matrice sovrana costituzionale).

      Ripristinata la sovranità configurata dalla NOSTRA Costituzione, si riscoprirebbero i partiti di massa (quelli che sono indotti, dal superiore vincolo costituzionale, ad offrire una soluzione al conflitto sociale e non...a riscoprire la ruota); ripristinato il modello costituzionale, questi, come evidenziò Bazaar in un notorio commento, possono muoversi solo entro limitati ambiti discrezionali su "com"e realizzare l'equilibrio keynesiano.

      Questa cornice di legalità costituzionale sostanziale, spiega il senso del passaggio di Mortati (tanto più nel contesto del post in cui fu esposto): il senso è che la sovrastruttura organizzativa dipenda in modo univoco dalla rigidità (appunto costituzionalizzata) della struttura dei fini e obiettivi indeclinabili sostanziali.

      Le questioni di fiducia e i ricatti al parlamento sono un problema che sorge dall'esigenza di realizzare fini e obiettivi estranei alla Costituzione e volti a dare una soluzione al conflitto sociale esattamente opposta: privilegiare uno Stato monoclasse e fondato su interessi estranei al popolo sovrano.
      Da qui tutte le difficoltà dei governi, direttamente o indirettamente, e da qui la secondarietà delle soluzioni organizzative.

      Mortati si riferiva, a questo punto dovrebbe essere evidente, a quelle GIA' adottate in Costituzione, non alla variabilità delle stesse in funzione di situazioni sopravvenute ed, appunto, con essa incompatibili (il distacco governo parlamento, cioè tra interesse organico della Nazione come corpo elettorale e politiche insistentemente portate avanti come TINA "tecnici", così come i governi di minoranza sono, con evidenza, una delle ipotesi-corollario di queste situazioni).

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  3. Poiche' siete esperti giuristi mi piacerebbe se poteste considerare questa perequazione nella costituzione:

    art.41:
    L’iniziativa economica privata e` libera.
    Non puo` svolgersi in contrasto con l’utilita` sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla liberta` , alla dignita` umana.

    art.19:
    Tutti hanno diritto di professare liberamente la
    propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purche´ non si tratti di riti contrari al buon costume [8, 20].

    Ecco qui aggiungerei in analogia al 41:
    "o in modo da recare danno alla sicurezza, alla liberta` , alla dignita` umana."

    Perche' agli esponenti religiosi deve essere consentito cio' che non e' consentito ai datori di lavoro ?


    Ulteriore inciso fra primo e secondo capoverso art.33:

    E' proibito l'insegnamento di contenuti contrari all'evidenza scientifica.

    Mi piacerebbe commentaste se sbaglio o sono fuori misura oppure se il mio intendimento e' compreso e/o condiviso


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  4. E’ il programma di governo che vorrei poter votare alle prossime elezioni.La legge elettorale è un tema che s' affronterà tra breve con le elezioni in arrivo comunque nel prossimo anno ed auspico e desidero che il Parlamento, che dovrebbe attuare queste modifiche, fosse eletto con una legge elettorale proporzionale pura come avvenne per la Costituente .Infatti c’è la necessità della massima rappresentanza di tutte le tendenze del corpo elettorale nelle camere che saranno elette proprio per il contenuto vincolante delle modifiche, che comunque confermano la volontà originaria dei costituenti, per tutti i governi e parlamenti che verranno dopo .Mi sono espresso per questa soluzione in un post sul blog del “capo politico” del movimento che ho votato in questi anni a spiegazione del mio NO nella votazione on line sul sistema elettorale che s’ è svolta oggi(una votazione nella quale non c’era la scelte tra due opzioni ,quindi..) .Un' aggiunta riguarda le autonomie locali per non disperdere l' azione di governo e parlamento con l' uso strumentale del principio di sussidiarietà serve "l'abolizione delle regioni e delle province quali enti a governo politico, ridisegnandoli come enti di “autogoverno”, nel senso “originario”\anglosassone (GB), - mantenendone l’“esistenza” e inalterata la“funzionalità”operativa, cioè il contenuto essenziale ricavabile dalla Costituzione- "come descritto nel primo post che ho letto del blog http://orizzonte48.blogspot.it/2012/11/i-tagli-ai-costi-della-politica.html

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  5. Fondamentalmente d'accordo, mi pare un prospetto molto equilibrato e ben concepito.

    In linea di principio, io sarei orientato a riportare il ruolo del Presidente della Repubblica a quello di "garante" puro, ma mi rendo conto che -alla fine- l'attuale esperienza ha sancito la difficile applicazione pratica di questo principio. Tanto vale, allora, dotare la carica di una legittimazione effettiva.

    All'elenco, vista anche l'eccessiva naturalezza con cui lo strumento si è di fatto prestato ad inibire un corretto dialogo tra il Governo ed il Parlamento (al punto che lo stesso Draghi lo suggeriva nella sua 'lettera' informale come strumento d'elezione nell'implementare le riforme), aggiungerei anche la revisione dell'istituto della decretazione d'urgenza di cui all'articolo 77 Cost, rivedendolo in chiave assai più restrittiva e rimandando, per tutti i casi in cui l'urgenza origini più da esigenze politiche che non propriamente fattuali, ad una determinazione parlamentare (anche un normale ddl può essere dichiarato urgente e beneficiare di un iter abbreviato secondo quanto prescritto dai regolamenti delle Camere).
    Inoltre, potrebbe essere coinvolta la Corte costituzionale anche nel giudizio dei presupposti di costituzionalità dei decreti-legge, ad oggi valutato dalle sole Commissioni Affari costituzionali delle Camere prima dell'esame effettivo.

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    2. P.S.: sulla prima questione, ovviamente mi riferisco alla promulgazione della legge di conversione.

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    3. Riformulo la risposta principale (non l'ho riletta e non si possono fare troppe cose insieme: I beg pardon):

      Il tuo ultimo suggerimento è certamente utile: mi pare, però, che una coinvolgibilità" in limine della Corte costituzionale sulla ricorrenza dei presupposti dell'art.77 Cost., sia fra i casi che, nell'ipotesi di revisione "correttiva", il PdR, o la minoranza di 1/5, potrebbero far emergere ai fini di una rimessione diretta alla Corte prima della promulgazione.
      E senza dover intervenire sul testo dell'art.77 Cost. che, in realtà, sarebbe già sufficientemente chiaro.

      In sostanza, GRAN PARTE DELLA DESUETUDINE (non legittimamente abrogativa) delle norme costituzionali, che oggi constatiamo, è frutto di prassi che si "accomodano" dal fatto compiuto: cioè sono aggiustamenti considerati come "costi accettabili" del fatto che la sanzione di "illegittimità-non applicabilità" derivante dall'accertamento della Corte, giungerebbe quando fosse, ormai, inutiliter data.

      Inoltre, data la struttura su domanda di parte (privata) dei giudizi da cui comunque potrebbe scaturire la rimessione incidentale alla Corte, aspetti come quello dei presupposti legittimi della decretazione d'urgenza, risultano spesso non suscettibili di passare il filtro della rilevanza presso il giudice a quo.

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    4. Una parte preponderante delle illegittimità costituzionali di fatto NON dichiarate, nasce cioè dalla struttura limitante (quanto ai tempi e alle condizioni di prospettazione dell'oggetto) del giudizio incidentale sulle leggi.

      Accanto a questo complessivo fenomeno, ma anche come conseguenza di esso, si innesta la (spesso lamentata) inerzia da parte del PdR -in nome del "don't rock the boat" per non compromettere la governabilità.
      I suoi rilievi di sospetta incostituzionalità, oltretutto, possono condurre al limitato strumento del "rinvio" alle Camere (art.74 Cost.), ovvero a riservate, e talora informali, trattative sulla "autorizzazione alla presentazione alle Camere dei disegni di legge del Governo" (art.87 Cost.). ma non alla diretta rimessione alla Corte delle questioni rilevate, ove il Governo sia sospinto da una forza politica che, specie sulla "necessità" del Lovuolel'€uropa, è difficile che incontri effettivi ostacoli, pur quando si tratti di adottare misure controverse e certamente contrarie al raggiungimento della piena occupazione.

      Il sollevare, da parte del PdR, un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato (art.134 Cost.), come extrema ratio di tentata "garanzia", diviene praticamente impensabile: sia perché il PdR è eletto comunque da quella maggioranza parlamentare (ormai tendenzialmente bipartisan) che condivide l'assunzione (non) cosciente di responsabilità ultradecennale della ratifica dei trattati (e ne risulta statisticamente un'espressione), sia perché la forza del fatto compiuto renderebbe tropppo traumatica un'iniziativa che risulterebbe una presa di distanza da quella (inevitabile) maggioranza (e il PdR potrebbe temere una de-legittimazione molto forte, alimentata da una notoria stampa mainstream marcatamente filo-europeista).

      La stessa prassi di intervento politico, a evidente effetto sugli equilibri elettorali, da parte del PdR, discende da questa mancanza di tempestivo enforcement che agisce di conserva con una neutralità di facciata che, per via dei fattori sopra accennati, non è più attribuibile ad un'azione dello stesso organo politicamente neutrale (come, infatti, non sono neutrali, in termini di assetto politico-sociale interno, i trattati).

      L'azione teorica di garanzia (dell'indirizzo costituzionale) si trasforma così in un sindacato di vero e proprio controllo dell'ortodossia attuativa dei trattati da parte degli organi di governo ed in cui, appunto, la Grund-Norm neo-costituzionale pare diventata, in modo extratestuale, asistematico e €uro-riferito, la "governabilità".

      E questa, per di più, innestata su fini di "continuità" dell'azione degli organi di indirizzo politico volta all'instaurazione di un ordine economico neo-liberista, acriticamente accettato come "vincolo esterno".

      Come vedi, le problematiche che sollevi sono tutte collegate da un unico "filo conduttor€"... :-)

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  6. Devo proprio chiedere di fare lo sforzo lessicale di tradurre certe espressioni in italiano. Io, ammetto, non lo so fare e allo stesso tempo mi sembra assolutamente essenziale per evitare l'effetto latinorum su quei lettori non tecnici che per quanto riguarda l"economia credo non siano pochi.

    Che roba è l'output gap???? o "bail in"? A grandi linee il senso si rintraccia ma manca la sicurezza del nome appropriato. Non saprei quanti giornalisti che urlavano allo "spread" sapessero come definirlo.

    Forse c'era un motivo se Caffè nella Solitudine traduceva persino "mainstream" - che sarebbe "predominante". In ogni sua pagina è evidente l'attenzione terminologica mirante a stabilire definizioni tecniche nella lingua del suo pubblico. O semplicemente era prassi (piu') comune ai suoi tempi rifiutare un certo provincialismo anglofono.
    Fatto sta che Caffè rendeva immediatamente comprensibili espressioni che oggi a livello propagandistico fanno leva sull'oscurità e il senso di colpa che incutono in chi senza comprenderle si limita a ripeterle per non incorrere nel rischio di apparire ignorante, quindi escluso. Tale operazione non è la parte minore del valore della sua attività. Che poi fu fatta anche sulla Costituzione da Marchesi...

    Ogni anglicismo che ESSI introducono andrebbe immediatamente tradotto e spiegato ad nauseam: un'arma di meno nelle loro mani.
    Vi è poi il passo ulteriore del subdolo uso delle perifrasi, la più nota "abbassare il costo del lavoro"="abbassare i salari".

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  7. Salve Presidente. Devo moltissimo a lei e ai commentatori del blog, che ringrazio vivamente. Non intervengo mai perché, in possesso di una cultura più che altro tecnico-gestionale, credo che i miei commenti siano fondamentalmente inutili. Da un po’ di tempo, però, mi arrovello su una tematica senz’altro off-topic in relazione a quest’articolo (la posto qui per semplicità), ma che mi sembra comunque interessante, per quanto io non sia in condizioni di poterla “pesare” da un punto di vista giuridico.

    Mi riferisco alla Grecia (ma non solo) e al cosiddetto “Odious Debt”, nel caso quel paese dovesse abbandonare l’eurozona e l’UE. Sarebbe lecito in questo caso parlare di “successione fra stati”? E potrebbe essere il debito nazionale greco considerato, scolasticamente, come contratto a fini diversi da quelli nazionali, o comunque nella piena consapevolezza dei creditori ma non di quella dei cittadini? E la palese minaccia insita nella formazione stessa del debito di quello stato (tout court, o mangi la minestra o …..), potrebbe equiparare l’obbedienza del governo greco ad una costrizione cui ottemperare perché in stato di sottomissione politica (ma non solo), equiparabile ad una forzatura di stampo dittatoriale, seppur nel senso più ampio del termine?

    Non si ritenga obbligato a pubblicare o a rispondere. Comunque grazie. Toussaint (il mio nick)

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  8. Devo riconoscere che anch'io sul presidenzialismo devo fare un certo sforzo di epoché. ;-)

    Vediamo se ho capito il punto: se il modello costituzionale sta viaggiando sui suoi binari, il PdR svolgerà effettivamente una funzione di garanzia; se sta deragliando, almeno obbligherà a giocare a carte scoperte.

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    1. Ipotizziamo di avere a che fare con una situazione "ottimale", storicamente registrabile, di modello costituzionale che "viaggia sui suoi binari": ebbene, storicamente, per "prossimità", il sistema porta alla elezione di Einaudi (e, in sequenza, di Gronchi, e...via elencando).

      Non potremmo neppure citare Pertini come eccezione "felice", perché, in una seria analisi, nel corso del suo mandato si verificano: l'adesione allo SME (senza alcun riflesso delle ormai celebri obiezioni sollevate da Luigi Spaventa in sede di dibattito parlamentare), il "divorzio" (senza colpo ferire), e persino il "non liquet" sulle pur drammatiche conclusioni della Commissione parlamentare di inchiesta relativa agli effetti del divorzio stesso.

      Per il resto, ti rinvio alla risposta, riformulata (con meno fretta), al soprastante commento di Lorenzo.

      A mio parere, - in aggiunta a quello della formula del giudizio incidentale della Corte (causa concomitante non trascurabile della sua "incomprensione dell'€uropa")- dovremmo prendere atto che c'è un "baco" nel tessuto della tutela costituzionale.

      Fenomenologicamente, poiché questo limite di sistema, è ormai aggravato dall'accumularsi della forza della "prassi", il rimedio è prendere realisticamente atto che, almeno, sia introdotta una forma di responsabilità politica (presso gli elettori e in vista delle rieleggibilità) per ciò che politico è irreversibilmente divenuto.

      Naturalmente il discorso è complesso e "tormentato": ma anche rivisitando, alla luce dell'esperienza applicativa accumulata, le premesse della scelta dei Costituenti, si può rinvenire una coerenza del rimedio stesso con la ratio dei principi fondamentali da preservare...

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    2. Non so. Spero di non fare accostamenti impropri, ma la questione mi sembra presentare punti di contatto col noto paradosso per cui l'euro può funzionare nella misura in cui è inutile rispetto allo scopo per cui dovrebbe funzionare. Ovvero, mutatis mutandis: una volta individuati e risolti nella Costituzione attuale tutti i bachi ‘di base’, e quindi rimessa in viaggio la stessa sul suo binario, il presidenzialismo cessa di avere controindicazioni e può forse tornare utile. Ma se l'utilità consiste nell'esplicitare la responsabilità politica di chi intraprende eventuali scostamenti dal binario giusto, ciò significa che tali scostamenti sono ancora possibili e quindi, ragionevolmente, che non tutti i bachi sostanziali sono stati risolti. Con l'aggiunta del fatto che un'investura popolare diretta conferisce al 'capo politico della nazione' un surplus di forza legittimatoria ‘democratica’ che, con qualche risorsa culturale in più rispetto a quella di un noto esempio d'oltreoceano dei giorni nostri, può essere sfruttata per tentare di forzare effettivamente il binario. A quel punto, se il debugging sostanziale è stato efficace, il tentativo di forzatura fallisce (ma sarebbe fallito forse a maggior ragione anche senza presidenzialismo). In caso contrario, si è evidenziata una falla implicita, ma al prezzo di un deragliamento che si poteva evitare, e i cui esiti possono essere non banali.

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    3. Sì, in astratto questo rischio si può presentare. E cioè che il rimedio ad un deragliamento possa, ma sempre in astratto, condurre al presupposto per un deragliamento analogo, ma per altra via.

      Ma questa obiezione, pur da considerare attentamente, va vagliata in concreto (sebbene, sotto questo profilo, sia difficile farne una sintesi): una correzione inserita in un contesto articolato come quello proposto, non va considerata in sè.

      Inoltre, tranne qualche aggiustamento in coerenza con la natura elettiva, i poteri del PdR non sarebbero, nell'ipotesi ventilata, sostanzialmente mutati.

      Nel contesto complessivo delle correzioni prospettate, dunque, gli scostamenti diverrebbero altamente improbabili, perché anziitutto ci dovrà essere coerenza, nell'azione dell'organo eletto, col programma presentato in sede elettorale; che certo non potrà essere di sovvertire o forzare il modello costituzionale appena riaffermato con forza in sede di approvazione della revisione complessiva e rafforzativa, dato che questa riaffermazione sarebbe indice di per sè di un orientamento legalitario e democratico-sovrano dell'elettorato.

      Considerato poi l'alveo immutato dei poteri, e il nucleo caratterizzante e immutabile del nostro modello costituzionale, ogni analogia con gli USA diviene improponibile.

      Il problema di eventuali futuri scostamenti, dunque, sarebbe sia fortemente limitato dal rafforzato contesto istituzionale (essendoci, se non altro, una fondamentale funzione immediata di intervento garantistico della Corte costituzionale, rifondata nei criteri di nomina e nelle procedure di investitura del suo controllo sulle leggi), sia politicamente molto più improbabile, essendosi chiarito il regime di responsabilità politica (la quale è ormai solo aggirata per un formalismo, essendo vivente in una prassi CHE NON SI PUO' PIU' IGNORARE), e, simultaneamente, essendosi chiarito l'ambito OPERATIVO dei controlimiti, rendendoli ESPLICITAMENTE un vincolo costituzionale più forte del "vincolo esterno".

      Spero di aver chiarito il punto.

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    4. Grazie, il punto mi sembra chiaro. Probabilmente la mia è solo una resistenza psicologica (o pre-fenomenogica) rispetto a un istituto che, se isolato dal concreto tessuto costituzionale in cui può trovarsi innestato, si presta a facili ma superficiali analogie con sue manifestazioni storiche a tendenza cesaristica.

      PS: Per quanto riguarda Trump, l'analogia - certamente approssimativa - era in qualche modo 'a contrario' (mi riferivo a un ipoteticissimo Trump autenticamente ed efficacemente anti-establishment), ma nello sforzo di sintesi non sono stato chiaro.

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    5. Presidente, non se la prenda se sparo due commenti-domande rischiando il "non sono esperto ma". Però non è facile mi creda.
      Per il ruolo del PdR, non ho capito fino a che punto questi compiti-doveri di indirizzo politico, quindi non neutrali e non solo di garanzia, debbano emergere e in particolare i suoi rapporti col presidente del CdM. Io capisco che il nuovo ruolo della CC possa bilanciare il PdR, ma la mia paura da uomo della strada è che se "se so'allargati" finora senza elezione diretta, figuriamoci dopo. Quindi la domanda è: è possibile trovare un altro modo per lo stesso obiettivo? Magari dare più forza al PdR nel richiedere l'esame preventivo alla CC? O a posteriori su governo e/o parlamento?
      La seconda domanda è sulla scuola. Evito di tentare di spiegarle cose che ho imparato qui. Quindi la faccio corta con un "urge", o un urgerebbe, qualche idea sua su come rafforzare l'obbligo dell'insegnamento dei princìpi della repubblica. Questo si da per scontato nell'art.3, e visto che s'è pure occupato della libertà di informazione, forse mancherebbe solo "un rinforzino" per la scuola, tanto per non lasciare spazi al nemico?

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  9. "In coerenza con le modifiche suggerite, è anche da rivedere la legge costituzionale sull’organizzazione e il funzionamento della Corte costituzionale, prevedendo un calibrato riassetto dei poteri di nomina, in funzione della maggior "neutralità" possibile degli organi titolari di tali poteri, nonché un limite di età alla permanenza in carica (...)".

    Può essere questo un possibile bilanciamento dei rischi connessi alla formalizzazione del ruolo politico del Pdr?

    Se sì, Presidente, gli darei un rilievo maggiore di quello di una semplice nota a margine, includendolo tra i punti fondamentali dell'articolazione da lei esposta quale ipotesi di modifica.

    Tanto più che trovo sconcertanti i recenti pronunciamenti della Corte qui più volte analizzati.

    Ma ribadisco la mia ignoranza e dunque attendo eventuali repliche per... imparare. :-)

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    1. Premesso che tutta l'elencazione dei "punti" è più un accenno di principi tematici che la precisa indicazione delle soluzioni normative concrete di intervento, la natura elettiva del PdR dovrebbe comportare la soppressione dei poteri di nomina dei giudici della Corte (ancorché la Cost. francese li preveda, ma in un sistema di nomina squisitamente "politicizzato" che non risulta condivisibile e trasponibile nel nostro ordinamento, ben più rigoroso sui principi di neutralità e i sistemi di garanzia)

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  10. Adesso credo di avere un'idea più chiara sia del "presidenzialismo", sia della "neutralità" della Corte che sono state proposte.
    Il PdR è un guardiano legittimato politicamente, e la Corte è un guardiano sottratto alla "politicizzazione" della figura del PdR. Agiscono di conserva se tutto va bene, ma se il PdR abiura al proprio ruolo, la Corte può rimediare grazie al proprio "décalage" rispetto al PdR.
    Tutto questo, però, può funzionare se il Parlamento, a sua volta, viene investito "strutturalmente" del compito di applicare la Costituzione, e non di operare in splendida autonomia, altrimenti tutto salta. Come fare ad assicurare costituzionalmente un simile principio?

    Mi permetto a questo punto una provocazione. L'Iran si è posto problemi tecnicamente simili a quelli qui discussi, sebbene teleologicamente alieni. E ha dato soluzioni non eccessivamente difformi da quelle illustrate nel post e nei commenti (fatte le debite, rilevantissime distinzioni, naturalmente). C'è un parlamento elettivo, ma anche un Presidente elettivo, e c'è poi una Guida suprema (nominata e "neutrale" rispetto alle altre due istituzioni) che svolge funzioni simili a una Corte costituzionale. I risultati pratici sono stati eccezionalmente positivi (dal loro punto di vista): dal 1979, l'Iran ha sopportato una guerra e un embargo devastanti senza snaturare la propria teleologia costituzionale.
    C'è un però. Tutto questo (e mi limito ai termini costituzionali che qui rilevano, senza entrare in disquisizioni politiche) è stato possibile unicamente grazie a un'altra istituzione, il Consiglio dei guardiani della rivoluzione, il cui compito precipuo, come noto, è quello di preselezionare i candidati alle cariche politiche per evitare che "avversari" della Costituzione possano essere eletti.
    A questo punto la domanda sorgerebbe spontanea...

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    1. Beh, preso atto delle "leggere" diversità tra una democrazia pluriclasse sostanziale caratterizzata dall'eguaglianza sostanziale e una Repubblica teocratica e confessionale, direi che non ci sarebbe bisogno di aggiungere altro. O no?
      (Può aiutare a chiarire anche il mio commento in risposta a Fabrizio, delle 11.32).

      Rinvio al dibattito seguito a questo post, http://orizzonte48.blogspot.it/2017/05/la-lezione-francese-tra-steccati.html
      - questo se permanessero dei dubbi, per chiarire la natura della ben diversa "rivoluzione" che comporta la nostra Costituzione in termini di superamento della classi (due) in conflitto.

      Certo, che un modello così "alto" non finisca per essere preso a sassate, poi, dalle "forze della reazione" (come diceva Lucifero (!) in Costituente), non lo potremo mai garantire a nessuno: in fondo dipende da una coscienza democratica diffusa che è arduo mantenere.
      Ma lo si deve almeno tentare: l'attuale situazione esige dei rimedi. E pure in fretta, prima che si debba ritenere inservibile l'originario disegno del 1948; con conseguenze di medio e lungo termine che, come emerge dal dialogo con Francesco Maimone, non possono che essere traumatiche.

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    2. Esplicito allora la provocazione. E trovo nel suo commento delle 11:32 esattamente lo spunto giusto per farlo. SE - e solo se, mi verrebbe da dire - il presidenzialismo proposto fosse integrato da una previsione costituzionalizzata che qualifichi il PdR come "guardiano della costituzione" - quindi esplicitando quel tipo di campagna elettorale politicamente vincolante evocata nel suo commento - credo avremmo probabilmente quadrato il cerchio. Perché un PdR che poi faccia il Cossiga, per esser chiari, potrebbe e anzi dovrebbe essere destituito dalla Corte (magari con una procedura che, in presenza di inerzia parlamentare, dia alla Corte stessa il potere di iniziarla e gestirla). Inoltre, e questo sarebbe un passo ulteriore, credo si dovrebbe prendere in considerazione lemendamento dell'art.54, per estendere a deputati e senatori l'obbligo di giuramento (di fedeltà alla Costituzione), e per chiarire che lo spergiuro comporta la decadenza "nei modi e nelle forme da stabilirsi con legge costituzionale" (e naturalemente da sottrarsi agli interna corporis, onde evitare indecenze). Era questo il senso della provocazione: non la previsione di un Consiglio di guardiani, evidentemente, ma l'introduzione del principio della decadenza degli "spergiuri". Di fatto, se vuole, sarebbe una variante minore (ma non dal punto di vista della tutela sostanziale, anzi...) dell'"attentato alla Costituzione", che non comporterebbe sanzioni penali, ma appunto la decadenza

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    3. Alcuni sono "corollari" che possono trovare adeguati accenni in norme di riscrittura rafforzativa della Costituzione.
      Alcuni sono un po' eccessivi, poiché la relativa procedimentalizzazione potrebbe dar luogo a norme pletoriche e caotiche.

      Ma, siccome una buona riflessione dovrebbe essere demandata a una (ben lontana) fase attuativa delle linee qui suggerite, mi limito a dire che, ovviamente, la calibratura di nuove disposizioni di garanzia del nucleo fondamentale della Costituzione, non esclude né queste nè altre e ulteriori "messe a punto".

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  11. Secondo Lei, Presidente, sarebbe possibile prevedere come principio anche un giudizio di ottemperanza per le sentenze della Corte Costituzionale (da disciplinare con separata legge costituzionale)?. Mi rendo conto che può sembrare eccessivo, ma i nostri Costituenti non avrebbero mai immaginato l'attuale degenerazione.

    Il fatto che non si sia mossa una foglia dopo la dichiarazione di incostituzionalità del Porcellum grida ancora vendetta per le illegittimità a cascata che ne sono derivate (il Parlamento ha comodamente approvato una nuova legge Acerbo, poi anch'essa parzialmente caducata, e si è indetto pure il referendum sulle modifiche alla Costituzione).

    Oppure, con il Presidenzialismo da Lei indicato, eventuali comportamenti illegittimi ricadrebbero sul Capo dello Stato?

    Grazie.

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    1. La risposta alla tua principale domanda: sì, in quanto corollario naturale del "contesto" proposto (se non c'è solo più il giudizio incidentale l'ottemperanza mi pare indispensabile e derivante dall'art.24 Cost).

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