1. Dai commenti alll'ultimo post traggo alcune premesse che ci consentono di procedere nell'indagine su "cosa attenderci", (almeno finché resteremo in vita):
"C'è qualcosa di orrendamente spaventoso e violento nel continuare ad associare l'UE alla fine dei nazionalismi "cattivi", eliminando, dal panorama del messaggio politico e dell'opinione pubblica, ogni traccia della responsabilità degli imperialismi mercantilisti come causa delle passate guerre e delle attuali crisi europee.
Quanto agli USA sono i primi che giocano, incentivandola dai tempi del dopoguerra, sulla pan-europeizzazione di questo messaggio: di certo per conservare una supremazia geo-politica ormai indistinguibile da quella global-finanziaria.
L'UE è sostanzialmente il più grande esperimento di liberismo-sovranazionale "reale" mai compiuto: dalla durezza distruttiva di ogni sua manifestazione, - acclamata propagandisticamente in odio ai nazionalismi democratici!!!- discende un fondamentale ancoraggio per tutto il baraccone finanziario-mondialista.
In pratica: finchè continua a vivere qualcosa di assurdo come l'autoritarismo disumano del "fogno" €uropeo, il resto del baraccone mondialista col suo monumentale schema-Ponzi, appare una cosa remota e quasi ragionevole. In confronto..."
E anche:
"Sia (invocare, per una soluzione del problema bancario italiano) l'art.43, che il più "diretto" (in tema sistema bancario) art.47 Cost., presuppone che si riaffermi che la c.d. Costituzione economica costituisca una parte fondamentale della stessa Carta, in quanto proiezione diretta degli articoli sul fondamento lavoristico: dunque non soggetta a revisione ex art.139 nè, profilo estremamente importante in questo frangente, derogabile da alcun trattato ai sensi dell'art.11 Cost (e questo in tema di protezione della legalità costituzionale sarebbe il...minimo sindacale).
Ma non appena fatto ciò:
a) verrebbe meno la supremazia del diritto europeo: praticamente nella sua interezza, perchè è un trattato economico (dunque incide sulle stesse materie) e, laddove finge di non esserlo, pone standards di diritti civili più bassi della nostra Costituzione;
b) chi iniziasse una simile riaffermazione del diritto costituzionale e della sovranità democratica, dovrebbe ammettere di aver navigato "in", se non di aver apertamente propugnato, decenni di illegalità costituzionale.
Entrambi gli effetti sarebbero quindi tollerabili e sostenibili solo per forze politiche non compromesse nè con il "fogno" €uropeo, nè con l'attacco sistematico del neo-liberismo alla Costituzione.
E allo stato forze politiche (rappresentate in parlamento) del genere, in Italia, non ce ne sono. Neanche si avvicinano all'orizzonte, peraltro..".
Infine, per rimanere alla specifica situazione italiana, un pro-memoria, sempre dal precedente post (la memoria è particolarmente corta e difettosa nel sistema mediatico italiano):
"Ma pure 'sta storia dei vecchi governi (che avrebbero dovuto intervenire prima, negli anni scorsi, sulle sofferenze bancarie): ma non erano queli che attraverso l'austerità dovevano furiosamente "abolire" il debito pubblico attraverso il pareggio di bilancio, panacea di ogni male e per il ritorno alla crescita'
E quindi come si poteva intervenire creando nuovo debito?
Questo per la "traiettoria" del lovuolel'europa del post 2011.
Poi, rimane il fatto che nel 2010-2011, mentre i tedeschi mettevano su spesa pubblica in ricapitalizzazioni per 200 miliardi e garanzie per 380, IL SISTEMA BANCARIO ITALIANO NON AVEVA I PROBLEMI ATTUALI DI VOLUME DEI NPL: SEMPLICEMENTE PERCHE' QUESTO è STATO INDOTTO DALLE POLITICHE DEI PRECEDENTI GOVERNI, cioè dal lovuolel'europa...per la stabilità e il ritorno alla crescita.
Il problema tedesco, e inglese e francese, era determinato dalla crisi del 2008, per perdite sui derivati ben appostate nei loro sistemi bancari, problema da cui noi eravamo esenti.
Per la cronaca..."
2. E dunque, mentre il sistema Gacs per risolvere, esclusivamente sul lato dell'offerta, il problema delle sofferenze bancarie, minaccia concretamente di non risolverlo, (e ovviamente non può sul lato della domanda, cioè dell'economia reale), è più produttivo, per la comprensione, andare a scandagliare l'evoluzione politica del paradigma economico globale; e ciò visto che l'UEM, del paradigma mondialista finanziario, è null'altro che un segmento adattato, ordoliberisticamente, alle democrazie avanzate europee.
Per captare questa aria-che-tira, ricorriamo ad una voce autorevole che, forse meglio di chiunque altro, ci può dare conto del panorama politico-economico: Martin Wolf.
Di questo eminente "chief economics commentator at the Financial Times", vi linko la biografia Wikipedia in inglese, da considerare accettabilmente attendibile, e dalla quale emerge che Wolf, nel complesso delle sue variazioni di approccio all'economia, risulta apparentemente indefinibile. Apparentemente soltanto: come cercheremo di ricostruire deduttivamente, confermando le "epigrafi" di apertura" tratte dal precedente post.
3. Cosa ci dice Wolf, in questo articolo tradotto dal Sole 24 ore?
Alcune cose molto indicative che selezionamo e commentiamo:
I perdenti economici in rivolta contro le élite
di Martin Wolf
Anche i perdenti possono votare. La democrazia è questo, ed
è giusto che sia così. Se si sentono sufficientemente imbrogliati e
umiliati, voteranno per Donald Trump negli Stati Uniti, per Marine Le
Pen in Francia o per Nigel Farage nel Regno Unito. Sono quelle persone,
specialmente negli strati popolari autoctoni, che si lasciano sedurre
dalle sirene di politici che mettono insieme il nativismo dell'estrema
destra, lo statalismo dell'estrema sinistra e l'autoritarismo di
entrambe.
Sopra ogni altra cosa, queste persone rigettano le élite che dominano
la vita economica e culturale dei loro Paesi: sono le stesse élite che
la settimana scorsa si sono riunite a Davos per il Forum economico
mondiale. Le possibili conseguenze fanno paura. Le élite devono
elaborare risposte intelligenti, e potrebbe già essere troppo tardi.
Allora: l'idea di Wolf sulla democrazia emerge con chiarezza lampante da questo incipit.
La democrazia è che votino anche i "perdenti", cioè, essenzialmente, gli "strati popolari autoctoni", cosa che potremmo più esplicitamente definire "il popolo", cioè, almeno nella nostra Costituzione, il titolare della sovranità: Wolf sente il bisogno di spiegarlo proprio perché, obiettivamente (altrimenti la precisazione perderebbe la sua necessità logica) si rivolge ad un pubblico al quale ciò deve apparire alquanto singolare e mal tollerabile, sicchè, sia pure con una certa nonchalance di toni, ciò va rammentato.
Nel loro (di ESSI) interesse, come conferma la parte finale del periodo riportato.
E se Wolf ad ESSI si rivolge vuol dire che è perfettamente cosciente della legittimità effettiva che attribuiscono al processo elettorale i suoi interlocutori: la democrazia, dunque, è essenzialmente (solo) il fatto che si voti, ma le politiche, come chiariscono tutti i passaggi successivi del suo ragionamento, sono normalmente stabilite dalla "elite".
Bisogna vedere come si orienta questa elite, nel rapporto con gli elettori, ma rimane il fatto che Wolf dà atto che il controllo del processo elettorale, cioè il suo esito finale, deve necessariamente collocarsi all'interno delle opzioni che spetta alle elites stabilire.
4. Come noi abbiamo molte volte visto, questa è la concezione della democrazia e del processo elettorale "idraulici", negli esatti termini teorizzati da Hayek.
Wolf, in base alla sua biografia, emerge come un seguace di Hayek caratterizzato, nel corso di un'evoluzione piuttosto "flessibile" - è pur sempre di base un "filosofo"-, dal voler conciliare le moderne teorie neo-classiche (cioè neo-liberiste...matematizzate) con alcune forme di keynesismo (diciamo che, nel corso del tempo, sviluppa un certo eclettismo neo-keynesiano "spurio"). Egli, proprio allo scopo di meglio preservarla, appare aver rielaborato la teoria della democrazia idraulica nel senso di volerla mantenere senza che trasmodi nella "dittatura funzionale" in realtà preferita da Hayek.
Quindi, nel suo eclettismo strategico (cioè mirato a una preservazione del governo delle elites economiche, cui comunque tale prerogativa spetta naturalisticamente), Wolf:
a) fa coincidere il potere sovrano con le determinazioni dell'indirizzo politico affidate alle elites;
b) ritiene che queste elites debbano cercare di rimanere all'interno della legittimazione elettorale, perchè esistono dei limiti di rispettabilità che non possono essere abbandonati;
c) questa rispettabilità va mantenuta: evidentemente per meglio governare il processo di globalizzazione senza incorrere in strappi autoritari i cui costi non sono preventivabili e cioè potrebbero risultare troppo elevati per una elite "razionale". Questo risultato va quindi perseguito attraverso una ricalibratura strategica di "immagine" mediatica e istituzionale.
5. Prosegue Wolf (seleziono i passaggi essenziali):
L'ala destra della classe dirigente porta avanti da tempo un progetto fatto di aliquote fiscali basse, apertura all'immigrazione, globalizzazione, limitazione dei costosi programmi di welfare, deregolamentazione del mercato del lavoro e massimizzazione del valore per l'azionista.
L'ala sinistra porta avanti un progetto fatto di apertura all'immigrazione (di nuovo), multiculturalismo, laicismo, diversità, libertà di scelta sull'aborto e uguaglianza di razza e di genere. I libertarians sposano le cause di entrambi gli schieramenti: è per questo che sono una minoranza minuscola.
Pian piano, le élite si sono distaccate dalle lealtà e dagli interessi nazionali, dando vita a una superélite globale.
Non è difficile capire perché le persone comuni, in particolare se di sesso maschile e native del luogo, si sentono alienate. Loro sono i perdenti, almeno in senso relativo: non ricevono una parte equa dei benefici. Si sentono usati e abusati. Dopo la crisi finanziaria e il lento recupero del tenore di vita, le élite sono viste come una massa di predatori incompetenti. Non c'è da stupirsi che in tanti siano arrabbiati, c'è da stupirsi al contrario che in tanti non lo siano.
...
..la retribuzione dei lavoratori ordinari da metà anni 70 in poi è cresciuta molto meno della produttività. Le spiegazioni sono un miscuglio complesso di innovazione tecnologica, liberalizzazione degli scambi, cambiamenti nella governance delle aziende e liberalizzazione finanziaria.
Ma il fatto è indiscutibile: negli Stati Uniti (ma anche, in misura minore, in altri Paesi ad alto reddito), i frutti della crescita si concentrano al vertice della piramide.
Infine, la quota di immigrati sulla popolazione è aumentata sensibilmente.
È difficile sostenere che questo abbia portato importanti benefici economici, sociali e culturali alla massa della popolazione (eppure in Italia si cerca di sostenerlo contro ogni evidenza, ndr).
Ma è indubbio che abbia portato benefici ai più ricchi, aziende comprese.
6. Risulta estremamente interessante la sua definizione di ala destra e ala sinistra delle "elites": primo perchè ci indica i termini sostanzialmente omogenei delle due versioni di politica economica; poi perché ribadisce ciò che al lettore non deve mai sfuggire e che abbiamo appena illustrato. Cioè che il governo della società, al di là del processo elettorale, spetta comunque alle elites.
Perché termini sostanzialmente omogenei?
Chiederselo, e capirlo, è estremamente utile, anche in termini di comprensione della situazione italiana ed €uropea.
Dunque, la destra (delle elites) persegue: aliquote fiscali basse, apertura all'immigrazione, globalizzazione, limitazione dei costosi programmi di welfare, deregolamentazione del mercato del lavoro e massimizzazione del valore per l'azionista.
La sinistra (delle elites) invece: apertura all'immigrazione (di nuovo), multiculturalismo, laicismo, diversità, libertà di scelta sull'aborto e uguaglianza di razza e di genere.
La differenza tra queste due versioni è particolarmente sfuggente in termini di interessi materiali del popolo che costituisce la maggioranza schiacciante del corpo elettorale.
7- Wolf evidenzia particolarmente che entrambe le fazioni sono sostenitrici dell'apertura alla immigrazione. Almeno, parrebbe, negli USA: questo implica necessariamente, diremmo indefettibilmente, una particolare concezione del mercato del lavoro, cioè l'instaurazione del lavoro-merce caratterizzato dalla perfetta flessibilità, che, a sua volta, ha il suo punto di appoggio necessitato, cioè creativo dello "stato di eccezione" che ne impone la necessità, nella globalizzazione finanziaria, che equivale a dire la liberalizzazione della circolazione dei capitali.
Entrambe le fazioni delle elites, dunque, si inscrivono necessariamente all'interno del trilemma di Rodrik, quello che ammette la costante realizzabilità (politico-economica) solo di due su tre dei parametri indicati, dal trilemma stesso, in:
- "globalizzazione" (cioè, integrazione economica internazionale fondata primariamente sulla libera circolazione dei capitali);
- "sovranità statale" (cioè, affidamento dell'indirizzo politico a istituzioni essenzialmente espresse da un territorio politicamente definibile come Stato, siano esse elette o meno con un processo elettorale);
- "democrazia" (cioè, non solo determinazione della composizione delle istituzioni mediante processo elettorale, ma allo scopo di perseguire politiche nell'interesse del corpo elettorale stesso...e non solo delle elite: connotato, quest'ultimo che ci rinvia direttamente alla democrazia idraulica).
8. La destra, quindi, risulta esplicita nel perseguire solo i primi due parametri.
Almeno negli USA, dove non abbiamo la dicotomia tra sovranità nazionale e sovranità sovranazionale UE-UEM: ma la traslazione mutatis mutandis del paradigma USA al nostro €uro-centrico, dovrebbe risultare abbastanza semplice per chi voglia prendere atto della corrispondenza - peraltro in pejus!- degli effetti della sovranità acquisitata dalla UEM a quelli di una globalizzazione forzata e adattata: risulta, volendo, tanto semplice che Wolf la implica proprio negli esempi che fa all'inizio del suo articolo.
Ma, a sua volta, la sinistra (delle elites), si pone sostanzialmente in linea con ciò, solo avendo una maggior attenzione a preservare l'idraulicità del processo elettorale; cioè nel ritenere di aver trovato delle formule tali da essere maggiormente condivisibili da parte degli strati "popolari".
Riuscendovi con alterne fortune: tanto alterne che Wolf si occupa proprio di questo, come appare evidente col riferimento che accomuna Trump a Le Pen come a Farage.
9. In ogni caso, nella visione di entrambe le "fazioni" della elite, la democrazia sostanziale (cioè il perseguimento di politiche di vantaggio pluriclasse, quindi redistribuito, della ricchezza e dello stesso potere politico) risulta sacrificabile.
E come persegue questo obiettivo (cosmetico) la elite di sinistra?
Semplice, non parlando degli effetti sul mercato del lavoro della globalizzazione finanziaria e cioè, non parlando di flessibilizzazione e precarizzazione del lavoro come priorità in essa implicita, ma parlando "d'altro": cioè delle condizioni meramente culturali di accettazione "morale" della stessa immigrazione.
E quindi di condizioni scisse da ogni ammissione circa gli effetti, di ristrutturazione della società in senso oligarchico, che conseguono alla immigrazione propugnata.
Questa, infatti, mette in diretta concorrenza, sul piano dei livelli occupazionali, salariali e delle prestazioni sociali (oltetutto, nei limiti della compatibilità con le politiche fiscali che devono essere deflazioniste per la convenienza comune delle elites di destra e di sinistra) gli "autoctoni" (definizione dello stesso Wolf) con gli stranieri insediatisi nel territorio nazionale.
10. Le "condizioni morali" di accettazione di questo meccanismo implicito (o meglio, "a sinistra", accuratamente nascosto), sono in pratica i "diritti cosmetici", quelli che devono preferibilmente rimanere a sostanziale costo zero per la finanza pubblica (cioè non innescare alcuna redistribuzione in senso discendente della ricchezza, se non marginale e comunque mantenendo la scissione tra aumento della produttività e livelli del reddito dei lavoratori), ma che dovrebbero smuovere le coscienze nel sentirsi "progressisti": multiculturalismo, laicismo, diversità, libertà di scelta sull'aborto e uguaglianza di razza e di genere.
Ora Wolf si accorge che, per mantenere il consenso idraulico, questa strategia non basta più: è un dato di fatto incombente, ci segnala e le elites, le avverte, devono prenderne atto nel loro complesso. Gli "hard facts" stanno prendendo il sopravvento.
12. Infatti, con un occhio più alle condizioni USA che a quelle, segnatamente, italiane all'interno dell'UEM, - dove la sinistra, in realtà, in nome dell'euro, propone piuttosto politiche di drastica riduzione delle "prestazioni sociali", e quindi politiche di destra che, come dice Alberto Bagnai, finiscono per favorire la captazione del dissenso da parte di quest'ultima, in Italia e in UE -, Wolf ci dice:
"Nonostante sostenga prestazioni sociali che dovrebbero stare a cuore alle classi popolari autoctone, la sinistra rispettabile perde sempre di più il loro consenso. Vale in particolare per gli Stati Uniti, dove i fattori razziali e culturali hanno rivestito e rivestono particolare importanza. La southern strategy dell'ex presidente repubblicano Richard Nixon, che puntava a procurarsi il consenso dei bianchi del Sud, ha generato risultati politici. Ma la strategia di fondo dei dirigenti del suo partito (sfruttare la rabbia della classe media – in particolare gli uomini – di fronte ai cambiamenti nei rapporti tra le razze e i sessi e di fronte ai cambiamenti culturali) sta dando frutti avvelenati. L'ossessione per i tagli delle tasse e la deregolamentazione porta scarsi benefici alla larga maggioranza della base repubblicana."
13. L'analisi prosegue tutta sul piano della politica USA, perchè, sul versante di "destra", anche le proposte politiche italiane (e non solo, in UE) sono fermamente attestate, anche negli anti-€uropeisti nominali, alla "ossessione per i tagli delle tasse" e, ovviamente, per l'instaurazione dello Stato minimo, cioè per il drastico taglio della spesa pubblica.
Con ciò condividendo, nell'attuale panorama, tutta quella potenziale perdita di consenso che, alla prova dei fatti, raccoglierebbero in breve tempo, se provassero a realizzare le politiche che oggi insistono nel considerare irrinunciabili.
Solo che, di questo pericolo, in ritardo rispetto alle tendenza USA e, ovviamente, francesi, non sono minimamente consapevoli.
In ciò, appunto, nettamente differente è la politica economica perseguita dalla Le Pen, - più assimilabile in realtà a quella propugnata da Orban-, tanto da non avere alcuna corrispondenza con qualsiasi forza politica italiana che, pure, ad essa, ogni tanto, si richiama "a parole".
14. Quest'ultimo aspetto è ben focalizzato da Wolf, salvo che poi si trincera dietro una generica, e tutto sommato già stantìa, qualificazione di "populismo" (che, allo stato, potrebbe persino risultare controproducente agitare) per affermare un "non devono vincere", ormai più wishful thinking che l'indicazione di una linea politico-economica praticabile:
"Trump, lamentano gli ideologi del partito, non è un conservatore autentico. Ma è proprio questo il punto. Trump è un populista.
Come gli altri candidati di primo piano, propone tagli delle tasse insostenibili, che fanno apparire assurda l'idea che i Repubblicani siano ostili ai disavanzi di bilancio. Ma – e questo è l'elemento cruciale – Trump è protezionista sui commerci e ostile all'immigrazione. Sono posizioni che fanno presa sui suoi sostenitori, consapevoli di avere un unico bene prezioso: la loro cittadinanza. Ed è un bene che non vogliono condividere con un numero indefinito di gente che viene da fuori. Lo stesso vale per i sostenitori della Le Pen o di Farage.
I populisti nativisti non devono vincere. È una storia che già conosciamo, e va a finire molto male. Nel caso degli Stati Uniti, l'esito avrebbe conseguenze preoccupanti per il mondo intero. L'America è stata la fondatrice e resta la garante del nostro ordine liberale globale. Il mondo ha un disperato bisogno che l'America sia governata da gente bene informata. Trump non risponde a questo profilo. I risultati potrebbero essere catastrofici."
15. A parte la segnalata inesattezza (grave sul piano strategico, proprio per la sua incapacità di spiegare la realtà di ciò che Wolf vorrebbe contrastare), di accomunare tout-court Trump e Farage alla Le Pen, Wolf incorre in un equivoco che abbiamo evidenziato in questo post e che è anche sintetizzato nella prima citazione (dai commenti del precedente post), collocata all'inizio di questo commento.
E questa pecca inficia, a nostro parere, pesantemente la sua semplificatoria "profezia" catastrofista.
I termini di questo equivoco li riassumiamo tra un po', perché ci fanno capire l'ambivalenza di Trump (di cui Wolf, sul piano delle politiche fiscali, e quindi di deficit spending e della democrazia economica pro-labor, appare cosciente): un'ambivalenza che, in parte, ma solo in parte, delinea l'esigenza di correzione del paradigma globalizzato che accomuna tutti quelli che lui denomina "populismi" e che, però, nella visione di Rodrik, costituiscono in realtà un recupero del parametro della democrazia sostanziale, più o meno intenso, proiettato sul recupero della sovranità statale.
Quest'ultimo, poi, ci pare il vero bersaglio del "mondialista" Wolf, che, giustamente, teme che la ristrutturazione sociale in senso oligarchico consentita dalla globalizzazione, possa interrompersi: e corre ai ripari senza però, vedremo, saper bene indicare una via d'uscita non cosmetica (che sarebbe quella di correggere il mercato del lavoro-merce, in USA come in UEM, un prezzo, per loro altissimo, che le elites non sono ancora disposte a pagare).
16. Dunque, l'equivoco in cui incorre Wolf, quantomeno nella sua frettolosa etichettatura negativa del "protezionismo" imputato a Trump, sta nella differenza di esiti e finalità cui può rispondere il protezionismo stesso:
Sintetizzando (e rinviando al post citato per la completa illustrazione), se Trump, cioè un potenziale presidente degli Stati Uniti, adotta una nuova linea politico-economica di protezionismo, ciò risponde a entrambe le nature del fenomeno appena evidenziate.
La corrispondenza alla prima dovrebbe risultare evidente, con l'avvertenza che, allo stato delle cose, non sappiamo quanto questa linea corrisponda a concreti progetti di mutamento dell'atteggiamento USA all'interno del FMI, del WTO e dello stesso futuro del TTIP; a tacere del trattato NAFTA, quello che tanta influenza ha avuto sull'arrivo, e sulla concorrenza salariale, dei "messicani" rispetto alla forza lavoro USA.
La seconda natura cui, in concreto, corrisponderebbe il protezionismo alla Trump, si innesta sul tremendo dualismo sociale USA, che è un dualismo accentuato del mercato del lavoro, e che, dopo decenni di politiche di deficit-cap nonché di welfare bancario e supply side, rende opportuna una rilocalizzazione industriale e una reinfrastrutturazione pubblica del sistema economico USA. Un cavallo vincente per Trump, quest'ultimo che, altrettanto, non si può sapere quanto verrebbe in concreto realizzato (consapevolmente).
17. Perciò, di fronte a questo complesso quadro evolutivo, che non pare del tutto esplicitato da Wolf, le elites hanno ben poco margine di azione, proprio perchè all'interno del trilemma di Rodrik, non possono, mai e poi mai, mollare la "globalizzazione".
Questa infatti la raccomandazione conclusiva di Wolf:
"Ma anche se per quest'anno si riuscisse a evitare un risultato simile, le élite sono avvertite. L'ala destra si sta prendendo grossi rischi ad attizzare la rabbia popolare per assicurarsi meno tasse, più immigrazione e meno regolamentazione.
Anche l'ala sinistra si sta prendendo grossi rischi a dare l'impressione che sia disposta a sacrificare gli interessi e i valori di una massa di cittadini in difficoltà sull'altare del relativismo culturale e di un controllo lasco dei confini.
I Paesi occidentali sono democrazie. Sono gli Stati che forniscono le fondamenta legali e istituzionali dell'ordine economico globale.
Se le élite occidentali non terranno in alcun conto i timori di tanti, quei tanti ritireranno il loro consenso ai progetti dell'élite. Negli Stati Uniti, le élite di destra hanno seminato vento e stanno raccogliendo tempesta. Ma è potuto succedere solo perché le élite di sinistra hanno perso la fedeltà di ampi strati della classe media autoctona.
Non da ultimo, democrazia significa governo di tutti i cittadini. Se i diritti di residenza, e ancor più di cittadinanza, non verranno tutelati, questo risentimento pericoloso crescerà. In molti posti è già cresciuto.
Copyright The Financial Times Limited 2016
(Traduzione di Fabio Galimberti)"
18. Ma il punto è "come" intende Wolf tutelare "i diritti di residenza e ancor più di cittadinanza", pur cosciente che il "relativismo culturale", cioè i diritti cosmetici, in USA come in UEM, per la verità, non funzionano più per sedare e nascondere il conflitto sociale?
Tale tutela e "rivalutazione", essenziali per non ricorrere all'autoritarismo oligarchico (che negli USA Wolf, giustamente, ritiene scarsamente spendibile), non passano forse, inevitabilmente, (nonostante sul punto Wolf non spenda una parola) per la contro-riforma del mercato del lavoro e per il ripristino, inevitabilmente connesso, di un effettivo welfare pro-labor?
Trump stesso, - come pure i nostrani spaghetti tea-party che, solo a parole, si richiamano alla Le Pen-, ove fosse eletto si troverebbe nella difficile posizione di dover affrontare questo nodo, in realtà "mondialista" (o meglio "antimondialista").
La consapevolezza (che specialmente Trump potrebbe avere, per diretta cognizione di causa, e al di là di criticati aspetti pittoreschi) è che, non tanto il venir meno dell'efficacia del controllo idraulico del processo elettorale, quanto la probabile incombenza di una nuova, devastante, crisi finanziaria, innestatasi sulla stagnazione-deflazione cui porta la globalizzazione finanziaria, attualizzi la prospettiva che avevamo segnalato esattamente due anni fa.
Allora: l'idea di Wolf sulla democrazia emerge con chiarezza lampante da questo incipit.
La democrazia è che votino anche i "perdenti", cioè, essenzialmente, gli "strati popolari autoctoni", cosa che potremmo più esplicitamente definire "il popolo", cioè, almeno nella nostra Costituzione, il titolare della sovranità: Wolf sente il bisogno di spiegarlo proprio perché, obiettivamente (altrimenti la precisazione perderebbe la sua necessità logica) si rivolge ad un pubblico al quale ciò deve apparire alquanto singolare e mal tollerabile, sicchè, sia pure con una certa nonchalance di toni, ciò va rammentato.
Nel loro (di ESSI) interesse, come conferma la parte finale del periodo riportato.
E se Wolf ad ESSI si rivolge vuol dire che è perfettamente cosciente della legittimità effettiva che attribuiscono al processo elettorale i suoi interlocutori: la democrazia, dunque, è essenzialmente (solo) il fatto che si voti, ma le politiche, come chiariscono tutti i passaggi successivi del suo ragionamento, sono normalmente stabilite dalla "elite".
Bisogna vedere come si orienta questa elite, nel rapporto con gli elettori, ma rimane il fatto che Wolf dà atto che il controllo del processo elettorale, cioè il suo esito finale, deve necessariamente collocarsi all'interno delle opzioni che spetta alle elites stabilire.
4. Come noi abbiamo molte volte visto, questa è la concezione della democrazia e del processo elettorale "idraulici", negli esatti termini teorizzati da Hayek.
Wolf, in base alla sua biografia, emerge come un seguace di Hayek caratterizzato, nel corso di un'evoluzione piuttosto "flessibile" - è pur sempre di base un "filosofo"-, dal voler conciliare le moderne teorie neo-classiche (cioè neo-liberiste...matematizzate) con alcune forme di keynesismo (diciamo che, nel corso del tempo, sviluppa un certo eclettismo neo-keynesiano "spurio"). Egli, proprio allo scopo di meglio preservarla, appare aver rielaborato la teoria della democrazia idraulica nel senso di volerla mantenere senza che trasmodi nella "dittatura funzionale" in realtà preferita da Hayek.
Quindi, nel suo eclettismo strategico (cioè mirato a una preservazione del governo delle elites economiche, cui comunque tale prerogativa spetta naturalisticamente), Wolf:
a) fa coincidere il potere sovrano con le determinazioni dell'indirizzo politico affidate alle elites;
b) ritiene che queste elites debbano cercare di rimanere all'interno della legittimazione elettorale, perchè esistono dei limiti di rispettabilità che non possono essere abbandonati;
c) questa rispettabilità va mantenuta: evidentemente per meglio governare il processo di globalizzazione senza incorrere in strappi autoritari i cui costi non sono preventivabili e cioè potrebbero risultare troppo elevati per una elite "razionale". Questo risultato va quindi perseguito attraverso una ricalibratura strategica di "immagine" mediatica e istituzionale.
5. Prosegue Wolf (seleziono i passaggi essenziali):
L'ala destra della classe dirigente porta avanti da tempo un progetto fatto di aliquote fiscali basse, apertura all'immigrazione, globalizzazione, limitazione dei costosi programmi di welfare, deregolamentazione del mercato del lavoro e massimizzazione del valore per l'azionista.
L'ala sinistra porta avanti un progetto fatto di apertura all'immigrazione (di nuovo), multiculturalismo, laicismo, diversità, libertà di scelta sull'aborto e uguaglianza di razza e di genere. I libertarians sposano le cause di entrambi gli schieramenti: è per questo che sono una minoranza minuscola.
Pian piano, le élite si sono distaccate dalle lealtà e dagli interessi nazionali, dando vita a una superélite globale.
Non è difficile capire perché le persone comuni, in particolare se di sesso maschile e native del luogo, si sentono alienate. Loro sono i perdenti, almeno in senso relativo: non ricevono una parte equa dei benefici. Si sentono usati e abusati. Dopo la crisi finanziaria e il lento recupero del tenore di vita, le élite sono viste come una massa di predatori incompetenti. Non c'è da stupirsi che in tanti siano arrabbiati, c'è da stupirsi al contrario che in tanti non lo siano.
...
..la retribuzione dei lavoratori ordinari da metà anni 70 in poi è cresciuta molto meno della produttività. Le spiegazioni sono un miscuglio complesso di innovazione tecnologica, liberalizzazione degli scambi, cambiamenti nella governance delle aziende e liberalizzazione finanziaria.
Ma il fatto è indiscutibile: negli Stati Uniti (ma anche, in misura minore, in altri Paesi ad alto reddito), i frutti della crescita si concentrano al vertice della piramide.
Infine, la quota di immigrati sulla popolazione è aumentata sensibilmente.
È difficile sostenere che questo abbia portato importanti benefici economici, sociali e culturali alla massa della popolazione (eppure in Italia si cerca di sostenerlo contro ogni evidenza, ndr).
Ma è indubbio che abbia portato benefici ai più ricchi, aziende comprese.
6. Risulta estremamente interessante la sua definizione di ala destra e ala sinistra delle "elites": primo perchè ci indica i termini sostanzialmente omogenei delle due versioni di politica economica; poi perché ribadisce ciò che al lettore non deve mai sfuggire e che abbiamo appena illustrato. Cioè che il governo della società, al di là del processo elettorale, spetta comunque alle elites.
Perché termini sostanzialmente omogenei?
Chiederselo, e capirlo, è estremamente utile, anche in termini di comprensione della situazione italiana ed €uropea.
Dunque, la destra (delle elites) persegue: aliquote fiscali basse, apertura all'immigrazione, globalizzazione, limitazione dei costosi programmi di welfare, deregolamentazione del mercato del lavoro e massimizzazione del valore per l'azionista.
La sinistra (delle elites) invece: apertura all'immigrazione (di nuovo), multiculturalismo, laicismo, diversità, libertà di scelta sull'aborto e uguaglianza di razza e di genere.
La differenza tra queste due versioni è particolarmente sfuggente in termini di interessi materiali del popolo che costituisce la maggioranza schiacciante del corpo elettorale.
7- Wolf evidenzia particolarmente che entrambe le fazioni sono sostenitrici dell'apertura alla immigrazione. Almeno, parrebbe, negli USA: questo implica necessariamente, diremmo indefettibilmente, una particolare concezione del mercato del lavoro, cioè l'instaurazione del lavoro-merce caratterizzato dalla perfetta flessibilità, che, a sua volta, ha il suo punto di appoggio necessitato, cioè creativo dello "stato di eccezione" che ne impone la necessità, nella globalizzazione finanziaria, che equivale a dire la liberalizzazione della circolazione dei capitali.
Entrambe le fazioni delle elites, dunque, si inscrivono necessariamente all'interno del trilemma di Rodrik, quello che ammette la costante realizzabilità (politico-economica) solo di due su tre dei parametri indicati, dal trilemma stesso, in:
- "globalizzazione" (cioè, integrazione economica internazionale fondata primariamente sulla libera circolazione dei capitali);
- "sovranità statale" (cioè, affidamento dell'indirizzo politico a istituzioni essenzialmente espresse da un territorio politicamente definibile come Stato, siano esse elette o meno con un processo elettorale);
- "democrazia" (cioè, non solo determinazione della composizione delle istituzioni mediante processo elettorale, ma allo scopo di perseguire politiche nell'interesse del corpo elettorale stesso...e non solo delle elite: connotato, quest'ultimo che ci rinvia direttamente alla democrazia idraulica).
8. La destra, quindi, risulta esplicita nel perseguire solo i primi due parametri.
Almeno negli USA, dove non abbiamo la dicotomia tra sovranità nazionale e sovranità sovranazionale UE-UEM: ma la traslazione mutatis mutandis del paradigma USA al nostro €uro-centrico, dovrebbe risultare abbastanza semplice per chi voglia prendere atto della corrispondenza - peraltro in pejus!- degli effetti della sovranità acquisitata dalla UEM a quelli di una globalizzazione forzata e adattata: risulta, volendo, tanto semplice che Wolf la implica proprio negli esempi che fa all'inizio del suo articolo.
Ma, a sua volta, la sinistra (delle elites), si pone sostanzialmente in linea con ciò, solo avendo una maggior attenzione a preservare l'idraulicità del processo elettorale; cioè nel ritenere di aver trovato delle formule tali da essere maggiormente condivisibili da parte degli strati "popolari".
Riuscendovi con alterne fortune: tanto alterne che Wolf si occupa proprio di questo, come appare evidente col riferimento che accomuna Trump a Le Pen come a Farage.
9. In ogni caso, nella visione di entrambe le "fazioni" della elite, la democrazia sostanziale (cioè il perseguimento di politiche di vantaggio pluriclasse, quindi redistribuito, della ricchezza e dello stesso potere politico) risulta sacrificabile.
E come persegue questo obiettivo (cosmetico) la elite di sinistra?
Semplice, non parlando degli effetti sul mercato del lavoro della globalizzazione finanziaria e cioè, non parlando di flessibilizzazione e precarizzazione del lavoro come priorità in essa implicita, ma parlando "d'altro": cioè delle condizioni meramente culturali di accettazione "morale" della stessa immigrazione.
E quindi di condizioni scisse da ogni ammissione circa gli effetti, di ristrutturazione della società in senso oligarchico, che conseguono alla immigrazione propugnata.
Questa, infatti, mette in diretta concorrenza, sul piano dei livelli occupazionali, salariali e delle prestazioni sociali (oltetutto, nei limiti della compatibilità con le politiche fiscali che devono essere deflazioniste per la convenienza comune delle elites di destra e di sinistra) gli "autoctoni" (definizione dello stesso Wolf) con gli stranieri insediatisi nel territorio nazionale.
10. Le "condizioni morali" di accettazione di questo meccanismo implicito (o meglio, "a sinistra", accuratamente nascosto), sono in pratica i "diritti cosmetici", quelli che devono preferibilmente rimanere a sostanziale costo zero per la finanza pubblica (cioè non innescare alcuna redistribuzione in senso discendente della ricchezza, se non marginale e comunque mantenendo la scissione tra aumento della produttività e livelli del reddito dei lavoratori), ma che dovrebbero smuovere le coscienze nel sentirsi "progressisti": multiculturalismo, laicismo, diversità, libertà di scelta sull'aborto e uguaglianza di razza e di genere.
Ora Wolf si accorge che, per mantenere il consenso idraulico, questa strategia non basta più: è un dato di fatto incombente, ci segnala e le elites, le avverte, devono prenderne atto nel loro complesso. Gli "hard facts" stanno prendendo il sopravvento.
12. Infatti, con un occhio più alle condizioni USA che a quelle, segnatamente, italiane all'interno dell'UEM, - dove la sinistra, in realtà, in nome dell'euro, propone piuttosto politiche di drastica riduzione delle "prestazioni sociali", e quindi politiche di destra che, come dice Alberto Bagnai, finiscono per favorire la captazione del dissenso da parte di quest'ultima, in Italia e in UE -, Wolf ci dice:
"Nonostante sostenga prestazioni sociali che dovrebbero stare a cuore alle classi popolari autoctone, la sinistra rispettabile perde sempre di più il loro consenso. Vale in particolare per gli Stati Uniti, dove i fattori razziali e culturali hanno rivestito e rivestono particolare importanza. La southern strategy dell'ex presidente repubblicano Richard Nixon, che puntava a procurarsi il consenso dei bianchi del Sud, ha generato risultati politici. Ma la strategia di fondo dei dirigenti del suo partito (sfruttare la rabbia della classe media – in particolare gli uomini – di fronte ai cambiamenti nei rapporti tra le razze e i sessi e di fronte ai cambiamenti culturali) sta dando frutti avvelenati. L'ossessione per i tagli delle tasse e la deregolamentazione porta scarsi benefici alla larga maggioranza della base repubblicana."
13. L'analisi prosegue tutta sul piano della politica USA, perchè, sul versante di "destra", anche le proposte politiche italiane (e non solo, in UE) sono fermamente attestate, anche negli anti-€uropeisti nominali, alla "ossessione per i tagli delle tasse" e, ovviamente, per l'instaurazione dello Stato minimo, cioè per il drastico taglio della spesa pubblica.
Con ciò condividendo, nell'attuale panorama, tutta quella potenziale perdita di consenso che, alla prova dei fatti, raccoglierebbero in breve tempo, se provassero a realizzare le politiche che oggi insistono nel considerare irrinunciabili.
Solo che, di questo pericolo, in ritardo rispetto alle tendenza USA e, ovviamente, francesi, non sono minimamente consapevoli.
In ciò, appunto, nettamente differente è la politica economica perseguita dalla Le Pen, - più assimilabile in realtà a quella propugnata da Orban-, tanto da non avere alcuna corrispondenza con qualsiasi forza politica italiana che, pure, ad essa, ogni tanto, si richiama "a parole".
14. Quest'ultimo aspetto è ben focalizzato da Wolf, salvo che poi si trincera dietro una generica, e tutto sommato già stantìa, qualificazione di "populismo" (che, allo stato, potrebbe persino risultare controproducente agitare) per affermare un "non devono vincere", ormai più wishful thinking che l'indicazione di una linea politico-economica praticabile:
"Trump, lamentano gli ideologi del partito, non è un conservatore autentico. Ma è proprio questo il punto. Trump è un populista.
Come gli altri candidati di primo piano, propone tagli delle tasse insostenibili, che fanno apparire assurda l'idea che i Repubblicani siano ostili ai disavanzi di bilancio. Ma – e questo è l'elemento cruciale – Trump è protezionista sui commerci e ostile all'immigrazione. Sono posizioni che fanno presa sui suoi sostenitori, consapevoli di avere un unico bene prezioso: la loro cittadinanza. Ed è un bene che non vogliono condividere con un numero indefinito di gente che viene da fuori. Lo stesso vale per i sostenitori della Le Pen o di Farage.
I populisti nativisti non devono vincere. È una storia che già conosciamo, e va a finire molto male. Nel caso degli Stati Uniti, l'esito avrebbe conseguenze preoccupanti per il mondo intero. L'America è stata la fondatrice e resta la garante del nostro ordine liberale globale. Il mondo ha un disperato bisogno che l'America sia governata da gente bene informata. Trump non risponde a questo profilo. I risultati potrebbero essere catastrofici."
15. A parte la segnalata inesattezza (grave sul piano strategico, proprio per la sua incapacità di spiegare la realtà di ciò che Wolf vorrebbe contrastare), di accomunare tout-court Trump e Farage alla Le Pen, Wolf incorre in un equivoco che abbiamo evidenziato in questo post e che è anche sintetizzato nella prima citazione (dai commenti del precedente post), collocata all'inizio di questo commento.
E questa pecca inficia, a nostro parere, pesantemente la sua semplificatoria "profezia" catastrofista.
I termini di questo equivoco li riassumiamo tra un po', perché ci fanno capire l'ambivalenza di Trump (di cui Wolf, sul piano delle politiche fiscali, e quindi di deficit spending e della democrazia economica pro-labor, appare cosciente): un'ambivalenza che, in parte, ma solo in parte, delinea l'esigenza di correzione del paradigma globalizzato che accomuna tutti quelli che lui denomina "populismi" e che, però, nella visione di Rodrik, costituiscono in realtà un recupero del parametro della democrazia sostanziale, più o meno intenso, proiettato sul recupero della sovranità statale.
Quest'ultimo, poi, ci pare il vero bersaglio del "mondialista" Wolf, che, giustamente, teme che la ristrutturazione sociale in senso oligarchico consentita dalla globalizzazione, possa interrompersi: e corre ai ripari senza però, vedremo, saper bene indicare una via d'uscita non cosmetica (che sarebbe quella di correggere il mercato del lavoro-merce, in USA come in UEM, un prezzo, per loro altissimo, che le elites non sono ancora disposte a pagare).
16. Dunque, l'equivoco in cui incorre Wolf, quantomeno nella sua frettolosa etichettatura negativa del "protezionismo" imputato a Trump, sta nella differenza di esiti e finalità cui può rispondere il protezionismo stesso:
a) Il protezionismo adottato da Potenze imperialiste è l'altra faccia del liberoscambismo, perché ne costituisce l'evoluzione conservativa delle posizioni dominanti raggiunte e, al tempo stesso, di utile strumento anche in senso contrario alla contenibilità di tali posizioni da parte di altri competitor statuali.
b) Il protezionimsmo adottato da ordinamenti nazionali in via di sviluppo e non dominanti sui mercati internazionalizzati è invece un ragionevole strumento di crescita del c.d."infant capitalism", come spiegato da Chang ne "I Bad Samaritans" con riguardo a casi non certamente guerrafondai quali la Corea o, oggi, in UE, la "fascista" Ungheria.
Sintetizzando (e rinviando al post citato per la completa illustrazione), se Trump, cioè un potenziale presidente degli Stati Uniti, adotta una nuova linea politico-economica di protezionismo, ciò risponde a entrambe le nature del fenomeno appena evidenziate.
La corrispondenza alla prima dovrebbe risultare evidente, con l'avvertenza che, allo stato delle cose, non sappiamo quanto questa linea corrisponda a concreti progetti di mutamento dell'atteggiamento USA all'interno del FMI, del WTO e dello stesso futuro del TTIP; a tacere del trattato NAFTA, quello che tanta influenza ha avuto sull'arrivo, e sulla concorrenza salariale, dei "messicani" rispetto alla forza lavoro USA.
La seconda natura cui, in concreto, corrisponderebbe il protezionismo alla Trump, si innesta sul tremendo dualismo sociale USA, che è un dualismo accentuato del mercato del lavoro, e che, dopo decenni di politiche di deficit-cap nonché di welfare bancario e supply side, rende opportuna una rilocalizzazione industriale e una reinfrastrutturazione pubblica del sistema economico USA. Un cavallo vincente per Trump, quest'ultimo che, altrettanto, non si può sapere quanto verrebbe in concreto realizzato (consapevolmente).
17. Perciò, di fronte a questo complesso quadro evolutivo, che non pare del tutto esplicitato da Wolf, le elites hanno ben poco margine di azione, proprio perchè all'interno del trilemma di Rodrik, non possono, mai e poi mai, mollare la "globalizzazione".
Questa infatti la raccomandazione conclusiva di Wolf:
"Ma anche se per quest'anno si riuscisse a evitare un risultato simile, le élite sono avvertite. L'ala destra si sta prendendo grossi rischi ad attizzare la rabbia popolare per assicurarsi meno tasse, più immigrazione e meno regolamentazione.
Anche l'ala sinistra si sta prendendo grossi rischi a dare l'impressione che sia disposta a sacrificare gli interessi e i valori di una massa di cittadini in difficoltà sull'altare del relativismo culturale e di un controllo lasco dei confini.
I Paesi occidentali sono democrazie. Sono gli Stati che forniscono le fondamenta legali e istituzionali dell'ordine economico globale.
Se le élite occidentali non terranno in alcun conto i timori di tanti, quei tanti ritireranno il loro consenso ai progetti dell'élite. Negli Stati Uniti, le élite di destra hanno seminato vento e stanno raccogliendo tempesta. Ma è potuto succedere solo perché le élite di sinistra hanno perso la fedeltà di ampi strati della classe media autoctona.
Non da ultimo, democrazia significa governo di tutti i cittadini. Se i diritti di residenza, e ancor più di cittadinanza, non verranno tutelati, questo risentimento pericoloso crescerà. In molti posti è già cresciuto.
Copyright The Financial Times Limited 2016
(Traduzione di Fabio Galimberti)"
18. Ma il punto è "come" intende Wolf tutelare "i diritti di residenza e ancor più di cittadinanza", pur cosciente che il "relativismo culturale", cioè i diritti cosmetici, in USA come in UEM, per la verità, non funzionano più per sedare e nascondere il conflitto sociale?
Tale tutela e "rivalutazione", essenziali per non ricorrere all'autoritarismo oligarchico (che negli USA Wolf, giustamente, ritiene scarsamente spendibile), non passano forse, inevitabilmente, (nonostante sul punto Wolf non spenda una parola) per la contro-riforma del mercato del lavoro e per il ripristino, inevitabilmente connesso, di un effettivo welfare pro-labor?
Trump stesso, - come pure i nostrani spaghetti tea-party che, solo a parole, si richiamano alla Le Pen-, ove fosse eletto si troverebbe nella difficile posizione di dover affrontare questo nodo, in realtà "mondialista" (o meglio "antimondialista").
La consapevolezza (che specialmente Trump potrebbe avere, per diretta cognizione di causa, e al di là di criticati aspetti pittoreschi) è che, non tanto il venir meno dell'efficacia del controllo idraulico del processo elettorale, quanto la probabile incombenza di una nuova, devastante, crisi finanziaria, innestatasi sulla stagnazione-deflazione cui porta la globalizzazione finanziaria, attualizzi la prospettiva che avevamo segnalato esattamente due anni fa.
19. Eccone la conclusione essenziale:
"Una volta evocato, (dall'epicentro USA, fondamentale nel fissare il paradgma nell'intera area "atlantica"), il capitalismo sfrenato, non si può poi fermarlo a piacimento: il "lavoro-merce" diviene un problema di arretramento oltre gli stessi desiderata dell'improvvido apprendista.
Riusciranno a fermare tutto questo, se veramente sono interessati a questo tipo di "recupero" delle potenzialità dei mercati UEM (e aggiungiamo, più ampiamente, del loro stesso "mercato interno" visto come domanda e occupazione "solida" e non walmartizzata)?
...Per farlo (gli USA) devono comprendere le ragioni profonde della loro stessa crisi sistemica:
il neo-liberismo, non è buono se legato alle "nuove" politiche
monetarie, mentre diviene "cattivo" se trasposto in Europa in forma di
ordoliberismo a matrice mercantilista tedesca.
Il liberoscambismo è un blocco unico di tendenze politiche che in Europa poteva affermarsi solo nella forma attuale:
diversamente non sarebbe stato possibile fronteggiare in modo vincente
decenni di applicazione delle Costituzioni democratiche.
Non si può volere la botte piena e la moglie ubriaca.
Ma non è possibile ritenere che un ripensamento di questo genere avvenga, da parte loro, in tempi accettabilmente brevi e senza traumi al loro stesso interno.
...
Ciò, vista anche l'evoluzione della situazione mondiale, che implica un progressivo cedimento della "facciata" marmorea di una governance mondiale affidata alla grande finanza, ormai irreversibilmente screditata (adde: oggi Wolf, implicitamente e con ritardo, ce lo conferma).
In una situazione, cioè, in cui il capitalismo finanziario finisce per essere come un condannato con la "condizionale", questa sorta di "epigrafe", vale nell'orizzonte del breve periodo.
Al massimo, può ancora durare fino a quando una probabile nuova crisi finanziaria imporrà di prendere quelle misure che dopo il 2008 non si ebbe il coraggio di attuare: limitazione della libera circolazione dei capitali e superamento del modello di banca universale (almeno).
Certo non sarà senza traumi un simile "rappel a l'ordre", ma almeno implicherà la profonda
revisione della composizione della governance mondiale: ne verranno
travolti e dunque ripensati, FMI, WTO e la stessa UEM.
E si dirà basta con i banchieri al potere...ovunque.
Avranno perso ogni legittimazione anche di mera facciata, e il controllo mediatico non basterà più: come potranno i giornalisti di regime e i banchieri istituzionalizzati chiedere
ancora alle masse di disoccupati e lavoratori precari, spogliati di
ogni sicurezza sociale e dei loro risparmi (e prospettive di risparmio) di sopportare ancora i costi della crisi che "loro" avranno nuovamente provocato?
Nel medio-lungo periodo, dunque
(quando ancora non "saremo tutti morti", si spera), questa
incomprensione, o incompleta comprensione, degli effetti del
neo-liberismo, porterà inevitabilmente a ripensamenti e revisioni da parte di tutti gli attori (USA in primis):
tanto più traumatici per tutti, quanto più sarà ritardata l'espulsione
dai processi decisionali degli attuali componenti della stessa
governance "globale".
Ci sarà da divertirsi (in un senso del tutto eufemistico), perchè "alla prossima" salteranno anche "loro".
E il "loro" potere di ricatto sarà enormemente diminuito, fino a scemare: in fondo, dovrebbero saperlo che quando si fa sentire una massa "colpevole" e la si mette con le spalle al muro, poi non avrà più molto da perdere.
Mentre "loro" avranno avuto, sì, "tutto"....ma poi tutto da perdere."
Mi allaccio alla notazione circa l'UE come più grande esperimento di liberismo reale. Mi pare si intenda che in Europa siamo ormai oltre la democrazia formale e il sistema idraulico sanitario. In effetti quando il potere normativo è esercitato a livello "costituzionale" (i Trattati) dai governi, che a quanto pare tornano ad esserne titolari come al tempo dell'assolutismo ("ottriata" essendo quindi, come ha detto Ferrara, l'eventuale costituzione europea di cui si volesse proclamare l'esistenza), e mai solo da organi elettivi a livello ordinario (relegati a un ruolo di compartecipazione del tutto secondario), con una forza che lo rende immune a un intervento di diverso segno degli organi elettivi nazionali e gli consente di derogare alle costituzioni democratiche, di democrazia, anche solo formale, non ha più senso parlare. Gli USA sono una democrazia formale; l'Europa è ricaduta nell'autoritarismo bello e buono, che, orwellianamente, ci viene spacciato come l'antidoto...a sé stesso.
RispondiEliminaSfondi una porta aperta: se ammettiamo, come in Italia si propugna ai massimi livelli istituzionali, che la sovranità nazionale è stata ceduta, irreversibilmente, a questo tipo di organizzazione internazionale (e d'altra parte, la vicenda del bail-in e dell'art.47 direttamente in soffitta ce lo conferma), non c'è dubbio che sia così.
EliminaPeraltro Wolf ci dà una chiave di lettura su come la cosmesi "idraulica", per tacitare i "perdenti" e scontenti, debba e possa continuare: solo neutralizzando le forze politiche che non accettano questa premessa ormai esplicita nelle (residue) elezioni nazionali.
Alla fine, egli, non indicando alcun altro rimedio concreto, tranne che la sua stessa esortazione ("non devono vincere!), ci conferma che il rimedio è...lui stesso, cioè il potere di condizionamento mediatico neo-liberista.
Magari rivestito di neo-keynesianismo ossimorico, cioè mondialista; quindi, una cosmesi che dal relativismo etico dei diritti cosmetici (ormai poco efficace), passa allo pseudo-welfare (lasciami indovinare: un bel reddito di cittadinanza globalizzato?).
In tutto ciò la mia dolce metà ha proprio giurato stamane sulla Costituzione...
EliminaIl cinismo del destino è pari solo al suo tetro umorismo.
Ormai nel nonsense delirante che ci permea, nei discorsi da pugili suonati dei nostri concittadini e familiari, gli ultimi sussulti di un vivo nel Paese degli zombie: il vostro affezionatissimo al cospetto del sindaco.
(Grazie all'Altissimo nessuna svastica con le stelle a turbare il buon umore)
Il Tricolore, un libricino sulla "società multiculturale" e... La Costituzione della Repubblica Italiana.
Gli occhi si illuminano e il petto si gonfia: non è più un giorno molto importante per la consorte, è momento di tribuna politica.
Il primo cittadino è politico di lungo corso, ora PDino ma per tanto tempo comunista: ci prova. Putin cattivo, il problema ucraino, oggi c'è l'Europa e... non c'è più un'impresa aperta in una delle zone una volta più industrializzate al mondo, ecc.
È fortunato l'anziano sindaco: la Russia? l'ultimo baluardo alla mondializzazione capitalistica e alla disfatta definitiva del capitale sul lavoro.
La UE? trattati commerciali che sono stati fatti passare come elefanti nella cruna dell'ago dell'art.11 cost. Le cosiglio un libro...
È stato proprio fortunato: ascoltare fluentemente l'ovvio. Dopo quarant'anni. Si sarà mosso qualcosa? una fitta di malinconia? un breve ritorno in contatto con se stesso? uno squarcio nel velo della dossociazione cognitiva?
La segretaria viene a stringermi la mano. Si congratula.
La moglie interdetta.
Bazaar come Pietro Nenni.
Remeber Alamo :-)
EliminaL'ovvio scorre come "lacrime nella pioggia" per questi replicanti che non apprezzano neanche più la speranza (disperata) di vivere.
In genere: poi tu sei particolarmente eloquente e persuasivo.
Ma non sono mai riuscito a insegnare al mio cane a giocare a tennis: se non altro non sapeva tenere il punteggio...
mi è capitato di riascoltare questo intervento di Carmelo Bene al MCS anno 1995: "sono un classico, eterno, non ho contemporanei ... e voi siete una platea di morti, condannati a una informazione che informa i fatti non sui fatti" e poi alcune considerazioni sull'alfabetizzazione degli italiani e sulle qualità di chi ci governava https://youtu.be/I-Q44ybs13I?t=2114
EliminaL'atto e l'azione ......
poi si sono succeduti 20 lunghi anni di "ci vuole più Europa" e le relative menzogne, il degrado dell'ignoranza e l'avvento dell'ordoliberismo.
Adesso è dura ricostruire, occorre cambiare ... guardiamoci allo specchio
"If you wanna make the world a better place .Take a look at yourself, and then make a change"
https://youtu.be/PivWY9wn5ps?list=RDPivWY9wn5ps&t=6
@Bazaar
RispondiEliminaFantastico! Vorrei un video ....
:-)
Bazaar come Pietro Nenni, sei un mito,ma io non vorrei essere Pertini, lui è abituato alla galera diceva Pietro, ma chissà quanto soffrirà il povero Giuseppe, per lui è la prima volta.
RispondiEliminaPoi Giuseppe a Palazzo Barberini, diede un grosso dispiacere a Pietro, e forse fece la fortuna di Palmiro e forse anche di Alcide e della sua DC.
Ciao Quarantotto, "il potere deve rimanere in mano alle Elites secondo Wolf", però mi chiedo, siccome Lo Stato Italiano in un cupio dissolvi si sta evaporando per apprestarsi a divenire una provincia del glorioso IV Reich, che potere avranno ancora le nostre Elites, che si sono votate al vincolo esterno per disciplinare un popolo di debosciati e fannulloni?
RispondiEliminaVediamo come si sono comportati i tedeschi con i loro fratelli dell'EST, tratto da Anschluss di Vladimiro Giacchè:
" Ralph Hartmann stima che, dei circa due milioni di cittadini laureati o con istruzione specialistica superiore, ( 400.000 dei quali erano già in pensione) oltre un milione di persone, tra cui noti scienziati, ricercatori, insegnanti, artisti stimati, diplomatici esperti, furono emarginati dalla vita lavorativa. Altre centinaia di migliaia dovettero accettare lavori a minore qualificazione e peggio retribuiti. La sua conclusione è contenuta in una domanda retorica: guerre a parte quando mai vi è stato un atteggiamento così privo di riguardi e di cultura nei confronti del ceto intellettuale di un intero Paese?
@Quarantotto
RispondiEliminaAlamo è costretto un po' tra il ruolo del suo personaggio e dal successo ottenuto in vita. Il sindaco è invece un vispo nonnino che ha visto la trasformazione del suo partito dagli anni '60 ad ora... insomma, il primo è capibile, il secondo è archetipo di un enigma storico.
@moffli @mauro gosmin
Si fa per sdrammatizzare: in realtà il "fluire" della dialettica era semplicemente inteso a sottolineare la semplice verità che sta nell'evidenziare che è la Terra a girare intorno al Sole. Una verità che non ammette grandi repliche.
Il gioco su un presunto eloquio era in riferimento ad un celebre confronto dialettico tra due politici che un giorno si sfidarono in un epico comizio, finito tra gli applausi indistinti degli astanti: Pietro Nenni e Lelio Basso.
(Insomma, domine non sum dignus... :-) )
Boh, ma veramente pensiamo che non abbiano pensato agli effetti di medio e lungo periodo delle proprie politiche?
RispondiEliminaMi sembra che Wolf si rivolga, a mo' di editoriale di Scalfari, a categorie sociali che vorrebbero e pensano di essere l'elite, ma in realtà sono semplicemente state esecutrici del piano, speranzose di non essere toccate dalla crisi, anzi di potervi trarre vantaggio. Professori, bancari, dirigenti d'azienda, sindacalisti, giornalisti, dipendenti pubblici ... tutti utili al compimento dell'Opera ma che ora hanno sostanzialmente concluso il loro servizio e devono essere liquidati ... ma non subito, per un po' ancora servono, e allora devono essere rassicurati della paura e dei dubbi che cominciano ad avere, devono essere tranquillizzati, trattati come interlocutori importanti, con cui discutere approfonditamente di come risolvere i difetti di funzionamento di un sistema cui, più ancora delle VERE elite, hanno dedicato l'intera esistenza.
E vedrete come abbaieranno e scodinzoleranno, per salvarlo (il sistema), fino alla fine, ben dopo che le VERE elite avranno abbandonato la nave, se già non l'hanno fatto.
Non sarei così drastico nell'interpretazione dei destinatari.
EliminaE' ovvio che si appella a una parte consistente degli elettori in bilico, che include quindi una parte dei "perdenti".
La comunicazione di massa deve scontare ciò (e srivendo su T
FT e ripecuotendo sul Sole, si fa comunicazione di massa, sia pure "mirata").
Ma essa è anche, indissolubilmente, "formazione dell'opinione pubblica" che, nel più ortodosso schema oligarchico-liberista, include le stesse elite, nelle loro varie ramificazioni: affichè sappiano come regolarsi, cioè come ridiffondere il messaggio verso gli strati sociali inferiori, accompagnando così l'orientamento della massa.
Infatti, ciò che dice Wolf era già riscontrabile, con una straordinaria omogeneità, nei discorsi diffusi mediaticamente in ogni parte del globo "occidentale".
Com'è noto, la funzione della "opinione pubblica" è di raccordo verso "l'esterno", una volta deliberato il da farsi in APPOSITI centri di coordinamento riservati: predetermina il "senso comune" PRIMA che si svolga la consultazione elettorale, in modo da assicurarne il risultato, conforme agli aggiustamenti e agli assetti che "spontaneamente" la società deve generare.
Però, se accettiamo questa (non sorprendente) premessa, non è che l'elite abbia chissà quale comprensione recondita, realistica e raffinata: ce lo dice molto bene Galbraith.
E, d'altra parte, un ex big shot della world bank e dell'establishment britannico della finanza istituzionalizzata, non è che sia estraneo al concepimento STRATEGICO (cioè di vertice)del messaggio politico, invariabilmente strumentale (sia chiaro), che l'elite intende diffondere.
Quindi, Wolf è sicuramente un PORTAVOCE dotato di attendibilità e ufficialità: ciò che dice riflette veramente la volontà dell'elite.
E, in modo deduttivo, ci consente di risalire al suo "sentiment": ebbene, ESSI non hanno più il pieno CONTROLLO DELLA SITUAZIONE. Sanno che lo stanno perdendo e si affidano ai propri uomini più spendibili...
Perchè stiano perdendo il controllo è evidente: l'ideologia politica (questo e null'altro è) del liberismo internazionalista è roba rozza, priva di attendibilità previsionale.
Ad attestarlo, per restare all'ultimo secolo di sono due guerre mondiali, con in mezzo la rivoluzione d'ottobre e la crisi del '29: due intermezzi che condizionano le cose e ci spiegano anche come abbiano, proprio ESSI, sostanzialmente perso la seconda di queste due guerre mondiali (avendo vinto malamente la prima).
Certo, non sono allo stato estirpabili e rimangono come componente inevitabile della società; ma la loro rozzezza fa sì che la loro perdita di controllo derivi sempre dagli stessi errori.
Di cui, dopo una breve depressione da sconfitta (ogni tanto), in fondo si compiacciono: si trovano sempre dei nuovi servitori e dei nuovi sicofanti con cui riprendere il controllo, ma sempre ciclicamente fino al solito punto di rottura.
NON POSSONO SEMPLICEMENTE IMPARARE, perchè è costantemente insito nelle loro limitate e brutali premesse cognitive.
Eppure, ESSI sono tra noi, accampati come predoni spietati, che si divertono a infliggere sofferenze, anche se non ne traggono direttamente giovamento.
Questa lettura delle due guerre e' interessantissima ma l'ho sentita solo accennare da lei qui e dal Cavaliere Nero nel suo blog. Ci sono letture o altri spunti in giro (o, altrimenti, non varrebbe la pena di elaborarla?). Grazie
RispondiEliminaBasta leggersi la diffusissima e autorevolissima "Storia dell'economia" di J.K. Galbraith...
Eliminaorca che figuraccia.. ma grazie
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