lunedì 4 gennaio 2016

LA QUESTIONE AMBIENTALE: IL CONTROLLO SOCIALE DEL MONDIALISMO (NEO-MALTHUSIANO?)


http://image.slidesharecdn.com/02-07-martinez-alier-ejanddegrowth-120716052157-phpapp01/95/02-07joan-martinezalier-the-alliance-between-the-environmental-justice-movements-of-the-south-and-the-small-degrowth-movement-in-the-north-17-728.jpg?cb=1342416238

http://s.wsj.net/public/resources/images/P1-AK940A_LIMIT_20080323212026.gif

1. Prendiamo spunto da questo commento, al precedente post, di Duccio Tessadri:
"Come ogni valore, anche la difesa dell'ambiente, che dovrebbe essere funzionale a creare migliori condizioni di vita per i cittadini presenti e futuri, viene orwelliana capovolta in uno strumento di distruzione.
L'ambientalismo peloso si inserisce in una strategia neo(?)malthusiana di diminuzione della popolazione via sottrazione dei mezzi di sostentamento e di una prospettiva di futuro. Citofonare Club di Roma
."

2. Noi lo definiamo oggi malthusiano e in un certo senso ciò è (in parte) improprio: Malthus in effetti cercava una correzione agli effetti sistemici distorsivi della Legge di Say, che, in tal modo, poneva in contestazione.
Qua si tratta di un disegno, restaurativo (di sicuro non all'attenzione di Malthus, dati i caratteri della sua epoca), di rinormalizzazione delle classi sociali sottoposte (cioè il 99% e "rotti"); e quindi di restaurazione e ampliamento, a livello mondiale, della risoluzione (neo)libbbberista del conflitto sociale. Certamente il voler incidere sul fattore demografico gioca un ruolo essenziale, nei termini già indicati da Bazaar.

3. La "questione ambientale" quindi svolge varie funzioni di spinta al governo mondialista, simultanee e collegate (e ben innestate dentro la costruzione €uropea):
a) riaffermare all'occorrenza uno STATO DI ECCEZIONE di extrema ratio, cioè particolarmente indicativo di CHI detenga effettivamente la sovranità. 
Ciò opera, come ormai si sta rivelando sempre più chiaramente, sostituendo alla tutela pubblica della salute, (compito statale inclusivo anche della correzione dei fallimenti del mercato riversati in esternalità da inquinamento), la tutela dell'ambiente, scissa esplicitamente, a livello sovranazionale, da ogni funzione statale di tutela della salute, ed invece affidata a standards ad applicazione selettiva imposti dai grandi gruppi industrial-finanziari che condizionano la negoziazione degli Stati; si pone in tal modo una clausola generale inevitabilmente ridislocativa della sovranità in senso oligarchico.

b) Questa clausola di "ultima istanza", è quindi di estrema importanza per caratterizzare il FUTURO CONTROLLO SOCIALE.  
Proprio perchè lo stato di eccezione è autoattestato in base ad una sua logica inverificabile, ed ex cathedra ac auctoritate, e preparato dal CONDIZIONAMENTO DELL'OPINIONE DI MASSA, promosso da una proliferazione di associazioni private, "curiosamente" molto seguite dai media controllati dai poteri Industrial-finanziari.
Tali associazioni sono anche, naturalmente, ad ispirazione (neo)malthusiana e di certo "mondialista", e create e FINANZIATE, in modo diretto o indiretto (la differenza è poca, agli effetti pratici), a tale scopo, dagli stessi poteri industrial-finanziari. 

In tal modo, la possibilità di proclamare "emergenze" diviene illimitata, per la stessa incontrovertibilità scientifica di premesse di fatto "previsionali" che, automaticamente, divengono normative a livello sovranazionale e poi obbligatorie "no matter what" per quel poco che rimane degli Stati democratici.
Dunque questo è il nuovo campo d'elezione delle norme imperative e limitatrici di ogni possibile libertà degli individui e degli Stati nazionali, in precedenza costituzionalmente affermata. 
La "predizione di catastrofe", a differenza di quanto è immediatamente avvertito in ben altri settori nella concreta e presente esperienza sociale (disoccupazione, povertà dilagante, degrado urbano e del territorio da incuria...)" NON è ben percepibile e verificabile dalla "plebaglia" nella sua effettiva fenomenologia
Quindi è quanto di meglio si può utilizzare per realizzare armi orwelliane di distrazione e di sedazione di massa, che assoggettano a un neo-colonialismo mondialista fatto di standards normativ, relativi a tecnologie di cui dispongono, in anticipo, solo pochi spiriti eletti (e oculatamente previdenti nel proteggere i propri investimenti).

OLTRE IL PUD€-2. OIL AND FINANCE. THAT'S ALL

C) è contenutisticamente una delle più "qualificate" radici della disarticolazione dello Stato sociale, nell'originaria visione ordoliberista (in particolare di Roepke) e quindi una delle più efficaci potenzialità di destrutturazione della sovranità insita nei trattati europei:
la protezione dell’ambiente”: tale politica si esprime, nelle politiche europee, nella fissazione di standards tali da promuovere la realtà “competitiva” della grande impresa, capace di sostenere la ricerca, la produzione e i costi privati di tali standards e, essenzialmente, di “negoziare” e influenzare la stessa fissazione degli standard in sede di regolazione da parte di autorità esclusivamente legittimate sul piano tecnico. Inoltre, tale “protezione” è vista come politica surrogabile alla tutela sanitaria pubblica generalizzata. Quest’ultima, nel disegno ordoliberista riflesso nei trattati, a sua volta, liberamente sostituibile con un sistema sanitario assicurativo privato, ancorché “regolato” da un combinato di fonti nazionali, prevalenti, e europee, “complementari”; entrambe sono svincolate, peraltro, dall’indicazione di qualunque livello essenziale ed irrinunciabile delle prestazioni"
("La Costituzione nella palude", pag.173 ss.).

34 commenti:

  1. Grazie Presidente per questo ennesimo post illuminante.
    Certo, non poteva mancare l’uscita, nel giugno scorso, dell’enciclica “Laudato si”, un bel documento mondialista in salsa ecologico-religiosa (avevamo già parlato del mondialismo cattolico in un Suo precedente post molto gettonato). Proprio la Chiesa che ha insegnato per secoli che l’uomo era al centro del creato e che, proprio per quanto previsto nel Genesi, avrebbe dominato sulla natura! All’improvviso, stranamente, tutto si è capovolto e si fa marcia indietro, parlandosi di “crisi e conseguenze dell’antropocentrismo moderno”. Il mondo è malato di cancro ed il cancro sarebbe …. proprio l’uomo (suonare Club di Roma, WWF e Greenpeace).

    Ed ancora, “a nulla ci servirà descrivere i sintomi, se non riconosciamo la radice umana della crisi ecologica” (Laudato si, capitolo III). La soluzione? “Il XXI secolo, mentre mantiene una governance propria di epoche passate, assiste ad una perdita di potere degli Stati nazionali, soprattutto perché la dimensione economico-finanziaria, con caratteri transnazionali, tende a predominare sulla politica. In questo contesto, diventa indispensabile lo sviluppo di istituzioni internazionali più forti ed efficacemente organizzate, con autorità designate in maniera imparziale mediante accordi tra i governi nazionali e dotate del potere di sanzionare. Come ha affermato Benedetto XVI nella linea già sviluppata dalla dottrina sociale della Chiesa, «per il governo dell’economia mondiale; per risanare le economie colpite dalla crisi, per prevenire peggioramenti della stessa e conseguenti maggiori squilibri; per realizzare un opportuno disarmo integrale, la sicurezza alimentare e la pace; per garantire la salvaguardia dell’ambiente e per regolamentare i flussi migratori, urge la presenza di una veraAutorità politica mondiale” (Laudato si, cap. V, 175). Tralascio ulteriori chicche.

    Ed il cerchio si chiude senza nulla di nuovo: in fondo “Laudato si” mi sembra il pendant religioso del programma “Agenda21” delle Nazioni Unite. Se non fosse che proviene da un’autorità morale con un certo seguito.

    E’ chiaro che vogliono limitare la presenza umana e controllarci psicologicamente (paura e qualche senso di colpa in più, che non fa mai male). Vogliono farci accettare proprio tutto in nome della salvezza di Gaia, dalla riduzione delle nascite alla incrementale austerità di stampo montiano all’abbassamento del livello qualitativo della vita (riduzione sanitaria compresa), alla deindustrializzazione. Ci vogliono sottosviluppati e contenti. Se poi si aggiungesse anche qualche tassa ecologica (tipo carbon tax), sarebbe ancora meglio. D’altronde, era M. Friedman a sostenere che anche l’aria pulita ha un certo costo e che i responsabili dell’inquinamento sono sempre i consumatori. Purtroppo, non vale solo per il bail in

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  2. Professore, io mi sento ambientalista ma come descrive Naomy Klein che auspica non un governo mondiale bensì il prevalere dello stato sull'impresa e accordi transnazionali per il rispetto dell'ambiente che devono essere prevalenti agli accordi commerciali che causano la globalizzazione ed i depauperamento di risorse ed ambiente.
    Marco Mandirola

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    1. Ma sì, la strada è sempre e solo la democrazia sostanziale e la cooperazione/convergenza tra Stati veramente democratici al loro interno.
      E' chiaro che solo questi, ove dotati di Costituzioni del welfare (quindi, per definizione, non gli USA), hanno credibilmente a cuore la vita e il benessere fisico e morale dei loro cittadini e non sono orientati alla colonizzazione mercantile-politica e militare degli altri Stati democratici.

      Anche il problema ambientale, correttamente inteso, è un problema di diritti sociali effettivamente perseguiti in contrapposizione con l'aggressività e le failures dei mercati.
      E non di diritti inventati strumentalmente per instaurare l'ordine mondiale dei mercati.

      Il resto sono elucubrazioni oligarchiche, date in pasto dai media posseduti dall'oligarchia per indurre le masse a cooperare con la loro "normalizzazione" (secondo ESSI)

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  3. Caro Quarantotto, come al solito, fai nascere interrogativi e stimoli il senso critico.
    Già 3 anni fa, in quel di Viareggio, si discusse insieme della crisi Italiana e del picco delle risorse come chiave di lettura per spiegare la necessità dell'attuale paradigma economico e della attuale EU/USA governance e Tu affermasti che non era esattamente come sembrava dati gli interessi dell'OIL & Finance .
    Successivamente la svolta ambientalista della Chiesa con il Laudato Si mi è sembrata positiva e mi sto impegnando per approfondire i temi in quell'ambito. Sono note le tue osservazioni sull'argomento :).
    Inoltre da bravo empirista (o Forrest Gump de noaltri) , oltre a seguire il prof Bardi membro del club di Roma e autore del blog Effetto Risorse, mi sono attivato per conoscere la realtà della Transizione e della Permacultura, conoscendo i referenti inglesi e italiani, con l'intenzione di mettere a frutto le esperienze maturate e intraprendere attività del genere nella comunità locale. Ma, come al solito, le tue osservazioni mi mandano in crisi :) . Ci fai notare particolari e incongruenze, come hai fatto per altri "movimenti" in passato. Comunque continuo ad indagare e a cercare di capire meglio, sperimentando e entrando in relazione. Significativa l'osservazione che feci a Jay Tompt ( ref transition town Totnes, England) : "mi sembra che questo tipo di iniziative ( creazione di circuiti economici locali e resilienti ) sono possibili in paesi ricchi e servono per tenere buoni i poveri delle zone ricche del mondo , ma agli altri paesi se i ricchi comprano di meno che succede?" .... non m rispose !!!

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    1. http://orizzonte48.blogspot.it/2013/02/decrescismo-e-teoria-dei-mercati-saturi.html

      http://orizzonte48.blogspot.it/2013/11/latouche-e-leuro-la-saldatura-col.html

      E via ragionando (v. commenti...)

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  4. Ci pigliano per il culo.

    «Can demography affect inflation and monetary policy?» si chiedono tra una mucca lilla e un Daytona quelli della BIS.

    Ora, a casa mia e del buon Myrdal, correlazione non significa causazione e, soprattutto, nell'eventualità di una circolarità con accumulazione degli effetti, è necessario verificare se "è nato prima l'uovo o la gallina".

    La domanda di un essere umano così come evoluto prima del monoteismo liberale, sarebbe stata:

    «Possono inflazione e politiche monetarie influire sulla demografia?»

    (Astenersi cattolici tradizionalisti: sono dalla vostra parte, l'aver invertito i termini come Marx con "Miseria della filosofia" non significa che sono anch'io posseduto)

    Ci stanno sterminando, e 'ste facce cineree da signori grigi ci vengono a dire che siamo in deflazione perché non copuliamo abbastanza.

    Per quel che mi riguarda, applicando il teorema di Gunnar Bazaar, direi che gli gnomi di Basilea hanno dimostrato che il "gold standard", i cambi fissi, le riforme strutturali, e, insomma, il liberismo tout court, è un paradigma per il controllo demografico.

    «Ogni bambino nato in soprannumero rispetto all’occorrente per mantenere la popolazione al livello necessario deve inevitabilmente perire, a meno che per lui non sia fatto posto dalla morte degli adulti ... pertanto ... dovremmo facilitare, invece di sforzarci stupidamente e vanamente di impedire, il modo in cui la natura produce questa mortalità; e se temiamo le visite troppo frequenti degli orrori della fame, dobbiamo incoraggiare assiduamente le altre forme di distruzione che noi costringiamo la natura ad usare.
    ...
    Invece di raccomandare ai poveri l’igiene, dobbiamo incoraggiare il contrario. Nelle città occorre fare le strade più strette, affollare più persone nelle case, agevolando il ritorno della peste. In campagna occorre costruire i villaggi dove l’acqua ristagna, facilitando gli insediamenti in tutte le zone palustri e malsane. Ma soprattutto occorre deplorare i rimedi specifici alla diffusione delle malattie e scoraggiare quella persone benevole, ma tratte decisamente in ingannano, che ritengono di rendere un servizio all’umanità ostacolando il decorso della estirpazione completa dei disordini particolari»


    Thomas Malthus, Saggio sui principi della popolazione (1978)


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    1. Il caso ha voluto che a Myrdall venisse assegnato il premio Nobel per l'economia nel 1974 insieme a von Hayek. Insomma, discutiamo pure dell'esistenza di Dio e della Bestia, ma non dubitiamo per un solo istante del loro spiccato senso dell'umorismo quando si tratta di cose umane.

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    2. Non son proprio sicuro che sia stato "il caso"...

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    3. Proprio per questo motivo ho usato la minuscola: non sarebbe stato saggio confondere la matrice, l'Idea, con l'imitazione, la copia. ;-)

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  5. Da occasionale commentatore, credo di dovermi presentare, almeno commentando questo specifico post.
    Sono un ambientalista, e quindi mi sento particolarmente coinvolto sul tema trattato.
    Dico subito che trovo lo sviluppo del pensiero ambientalista a livello mondiale assolutamente inadeguato, mi considero quindi un ambientalista atipico.
    Rispetto all'economia, la mia opinione è che essa ha assunto oggi un'importanza eccessiva, ha purtroppo detronizzato la politica, in modo che il rapporto tra queste si è invertito, l'economia da ancella della politica, ne è divenuta dominatrice.
    Il PIL è divenuto il simbolo stesso di questo strapotere, e ciò che non capiscono i decrescisti che pure si propongono come i veri ambientalisti è che proporre la diminuzione del PIL è simmetricamente altrettanto sbagliato rispetto al pretenderne una crescita ininterrotta. Ciò che occorre è depotenziare il valore del PIL e del suo ruolo nel processo decisionale.
    La questione centrale è un'altra, è la scelta tra società di mercato, come la chiama Polanyi, e societa a economia pianificata.
    Leggendo regolarmente, anche se solo da poco tempo, questo blog da cui apprendo tante cose nuove e interessanti per me, mi rendo conto che la preoccupazione per lo sviluppo cieco ed incontrollato delle forze produttive è costantemente presente nelle parole del nostro gentile ospite, e certo nell'attualità della lotta politica queste comuni preoccupazioni possono ben fungere da elemento di accomunamento.
    Tuttavia, il mio punto di vista è che non è all'interno dell'economia che è possibile definire le scelte politiche di fondo, è inevitabile che si finisca prima o dopo col doverle cercare in un ambito ben più vasto, in un ambito politico-filosofico.
    Criticare l'ambientalismo non è possibile con lo stesso procedimento utilizzato per criticare il neoliberismo, le argomentazioni economiche non sono più sufficienti.
    Naturalmente, bisogna anche considerare a che ambientalismo ci riferiamo. Se l'ambientalismo consiste soltanto nella presa d'atto della limitatezza delle risorse, allora un certo tipo di argomentazioni che faccia riferimento alla natura molteplice della domanda aggregata è del tutto appropriato, se invece l'ambientalismo è come lo concepisco io un approccio differente alla vita nel suo complesso come nel concetto di convivialità di Illich, si capisce che l'economia non deve dettare le regole, ma deve essere sottoposta alle regole stabilite in base a criteri ben più generali.
    Pertanto, io sono d'accordo con Quarantotto sui tre punti che elenca ed illustra riguardo a un certo ambientalismo usato pretestuosamente, ma il vero ambientalismo non può che prevedere un'economia pianificata (non incompatibile in verità con l'impresa privata), e forse a partire da questa posizione, potrebbero essere coloro che la pensano come me a chiedersi se non sia piuttosto il pensiero di keynes anche nei suoi sviluppi più recenti a offrire sponde magari occasionali ai nostri comuni avversari.
    Quantomeno, sta a chi difende un'economia di mercato mostrare come sia possibile che essa possa essere gestita in un modo ecocompatibile, visto che finora questo non si è ancora visto.

    Infine, sono consapevole di quanto questo commento possa apparire troppo lungo e probabilmente troppo distante dal punto di vista qui abitualmente esposto e sostenuto.
    In tal caso, mi scuso sin da adesso per il possibile effetto perturbativo.

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    1. Noto solo che il commento è compiuto nega impicitamente e apoditticamente tutto quanto detto nei commenti. In questa come in altre sedi (v. links di risposta ad Alberto Tarabella, ove un "certo" dibattito si era già svolto).

      Più precisamente, si teorizza e si teorizza prescindendo dai fatti che sono invece quelli con cui dobbiamo fare i conti (e sempre più tragicamente).

      Si confonde "l'economia" con il dominio politico-ideologico liberista: solo quest'ultimo fenomeno politico, infatti, crea il dominio sulla "politica", modo inesatto e deresponsabilizzante di dire "dominio sulla democrazia costituzionale". Che è tutta un'altra storia.

      Quanto ai fatti, l'ambientalismo reale è ciò che esiste e agisce effettivamente nella realtà di questa fase della Storia, al di là delle teorizzazioni di chi vi aderisce subendone la fascinazione ideale.

      La democrazia costituzionale, correttamente attuata, basta e avanza (e di molto) a tutelare l'ambiente. Ma ho già risposto in tal senso a Mandi77.

      Per il resto, ribadisco che quanto detto da Bazaar è inoppugnabile: se fossi un ambientalista, - E LO SONO (solo che non lo ritengo un criterio autosufficiente e razionale di legittimazione nel definire il rapporto tra essere umano e lo spazio-tempo dell'Universo)-, cercherei di essere consapevole e portato a studiare le scienze sociali (inclusa l'antropologia, pre-globalizzazione).

      Queste, per elezione, - e non il "sentito dire" para-mediatico delle scienze promosse dai media oligarchici-, sono il punto di riferimento ultimo di ogni questione riguardante la concreta esistenza dell'essere umano.
      Se fossi un tal genere di ambientalista, mi preoccuperei seriamente che "il "gold standard", i cambi fissi, le riforme strutturali, e, insomma, il liberismo tout court, è un paradigma per il controllo demografico".

      E di certo Elysium non può essere accettato come futuro del pianeta.
      Eppure l'ambientalismo "reale" spinge in tale direzione.
      Da ambientalista a ambientalista...

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    2. Solo una breve replica.

      Mi pare che io dicessi chiaramente di condividere la seria preoccupazione che "il "gold standard", i cambi fissi, le riforme strutturali, e, insomma, il liberismo tout court, è un paradigma per il controllo demografico" (io aggiungerei anche).

      Mi pare anche che condividessimo la natura pretestuosa di un certo ambientalismo, che sarà pure quello che appare, ma se davvero è soltanto ciò che appare è ben poca cosa, non tale da doverci preoccupare per la sua influenza (per lei nefasta) sugli equilibri politici globali.

      Sono altresì convinto che la nostra beneamata costituzione vada difesa a tutti i costi, che essa costituisca un punto di resistenza importantissimo, il che non implica che essa debba necessariamente costituire l'orizzonte ultimo del proprio pensiero.

      Per il resto, che le nostre rispettive posizioni non coincidano, non dovrebbe costituire un ostacolo a un confronto, a cui mi pare non giovi una frase del tipo "al di là delle teorizzazioni di chi vi aderisce subendone la fascinazione ideale."
      Le assicuro che non subisco così facilmente fascinazioni se non sul piano erotico-sentimentale, ho già scritto otto anni fa un libro che è un punto di elaborazione intermedia di una mia teoria del tutto originale, e da allora la vado arricchendo anche con nuove letture e perchè no, mediante la lettura di blog stimolanti come il suo.
      Insomma, nel confronto forse una maggiore stima dell'interlocutore potrebbe aiutare.

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    3. Vero: la Costituzione non costituisce l'orizzonte ultimo del pensiero. Neppure del mio.
      Le nostre posizioni tutto sommato paiono coincidere: siamo entrambi ambientalisti e entrambi respingiamo il paradigma ambientalista sostenuto come strumento del mondialismo dei mercati, alla ricerca della "semplificazione" antropica neo-malthusiana. O no? No?
      Non importa, almeno in questa sede.

      Infatti, esistono tanti, numerosissimi, blog su cui esprimersi esponendo le più varie teorie ambientali - se si ritiene, a quanto pare, che questo sia l'orizzonte ultimo del proprio pensiero- o esponendo, più ampiamente, le proprie personali teorie "filosofiche" o "spirituali".

      Quindi, il mio invito è a un confronto in tali sedi con persone interessate, com'è giusto, all'orizzonte "ultimo" dell'ambientalismo, considerato come priorità esistenziale: avulsa dalla considerazione dell'organizzazione sociale in cui storicamente siamo collocati, dei rapporti di forza in essa instaurati, della effettiva influenza, - o meglio: inevitabile dominanza,- culturale di tali rapporti di forza.

      E si possono legittimamente scrivere libri per esporle: degnissimi di stima.
      Ma qui, in questa sede, tutte queste personali visioni risulterebbero OT.

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  6. Rispetto alle fonti che avevo già indicato nel post su Latouche, aggiungerei un "incrocio" di Barry Commoner, i cui studi hanno avuto come bersaglio proprio le tesi neo-malthusiane (avanzando la tesi "that the decisive factor determining environmental quality is the nature of the technology of production, rather than the size of the population") e la Mazzucato, nel cui Lo Stato innovatore (Roma-Bari, Laterza, 2014, s.p.) sostiene: "Sì, in quasi tutte le innovazioni più radicali e rivoluzionarie che hanno alimentato il dinamismo dell’economia capitalista, dalle ferrovie alla Rete fino alle nanotecnologie e alla farmaceutica dei nostri giorni, gli investimenti «imprenditoriali» più coraggiosi, precoci e costosi sono riconducibili allo Stato. [...] Investimenti tanto radicali, che comportavano un elevatissimo livello di incertezza, non sono avvenuti grazie a venture capitalists o inventori da garage. È stata la mano visibile dello Stato che ha dato corpo a queste innovazioni. Innovazioni che oggi non ci sarebbero se avessimo dovuto aspettare che ci pensassero il «mercato» e le imprese, o se lo Stato si fosse limitato a starsene in disparte preoccupandosi solo di garantire le cose basilari." Due capitoli del libro sono dedicati a sostenere che solo lo Stato, nel ruolo di investitore e regolatore, può produrre le condizioni per una possibile "rivoluzione verde", mentre i venture capitalist hanno ampiamente dato prova di esserne totalmente incapaci.

    Vorrei anche citare alcuni passaggi piuttosto significativi de La sinistra assente di Losurdo (Roma, Carocci, 2014, pp. 261 e ss.), a proposito di Latouche: "La delegittimazione dello Stato sociale è ribadita in più occasioni a partire da un angolo visuale di volta in volta diverso: «Voler salvare l'occupazione a tutti costi [...] sta a indicare nella ma^ioranza dei casi un attaccamento viscerale, conscio o inconscio, alla società lavorista» (Latouche, ioo8, p. 104). Il diritto al lavoro, parte integrante dei diritti sociali ed economici e a partire almeno dal 1848 obiettivo essenziale della lotta del movimento operaio, è così liquidato; ed è liquidato con una presa di posizione che cade alla vigilia della crisi economica che, in Occidente e in altri paesi capitalistici sviluppati, ha condannato milioni e milioni di persone alla disoccupazione, alla precarietà, agli stenti, a una condizione di permanente esposizione al ricatto padronale e quindi di sostanziale illibertà.
    La lotta per il diritto al lavoro e la piena occupazione è stata al centro di quelli che in Francia sono chiamati i «Trent'anni gloriosi», gli anni che hanno fatto seguito alla seconda guerra mondiale e che hanno visto
    l ’edificazione dello Stato sociale e in una certa misura la partecipazione delle masse popolari al miracolo economico. Le diseguaglianze si erano attenuate, « i proprietari privati avevano cessato di controllare le più grandi imprese», si era indebolito il «capitalismo patrimoniale privato» (Piketty, 1013, pp. 219-21). Senza appello è la condanna espressa da Latouche (2011, pp. 105-6): «se si calcolano i danni subiti dalla natura e dall’umani­tà», quelli che tradizionalmente sono celebrati come i Trent’anni gloriosi si rivelano in realtà i Trent’ anni «Disastrosi».
    È una dichiarazione sorprendente: a essere considerata una catastrofe non è la miseria di massa dell’immediato dopoguerra bensì il suo superamento; per quanto riguarda la questione ecologica, più che il sistema
    capitalista e la sua caccia al massimo profitto, a essere presa di mira è la lotta delle classi popolari per la realizzazione dello Stato sociale; il capitolo di storia di cui esse sono state protagoniste e di cui ritenevano di poter essere orgogliose si configura ora come un marchio d’infamia.”

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    1. Tra l'altro Barry Commoner dimostra ciò che è ovvio nella naturale visione umanista di un socialista: quella contrapposta al moralismo peloso dell'elitismo anti-umano dei malthusiani.

      Malthusiani che - nel loro orrendo culto di Gaia, come se l'artificio antropico non sia esso stesso naturalmente parte integrante dell'ecosistema - si scagliano contro l'antropocentrismo con il loro buonistico fervore religioso, e, beata ignoranza, associano il consumismo senza senso al neoliberismo - orrore! - senza rendersi conto di adottare per primi - totalmente - il paradigma neoclassico: proprio quello delle politiche neoliberali...

      La funzione di produzione modificata per trasformare il "consumismo senza senso" di Rawls, in capacità di spesa effettiva dei lavoratori in un'economia di mercato a fini sociali, sembra un traguardo impossibile da concepire.

      Se lo sviluppo tecnologico deve essere in linea con lo sviluppo demografico, l'ignoranza del seguace decrescista o del malthusiano si esprime citando il paradosso di Jevons: di colpo il problema non sono più le esternalità negative ma la scarsità delle risorse.

      Tutto insieme non gli sta in testa: troppo impegnati a matematizzare, a tracciar curve... senza considerare l'Uomo, che, ingabbiato tra le equazioni differenziali, viene alienato dal sue essere soggetto politico.

      D'altronde, come vogliono i liberisti, la persona umana è merce e deve rientrare nelle leggi naturali che prima o poi descriveranno la sociologia come la fisica.

      Ovviamente nel lungo periodo...

      Quindi il marginalista Jevons fa da foglia di fico al free trader Ricardo, che di "tecnologia" se ne intendeva: con la sua logica colonialista dei vantaggi comparati, promuoveva - e promuovono i suoi discepoli - il monopolio della tecnologia del Paese più forte economicamente.

      Tutti gli altri a piantar patate o a lavorare nelle miniere di diamanti: il paese più forte vende IPhone, servizi di ricerca in Internet, armamenti...

      La logica di Hitler.

      Altro che controllare la demografia in Africa come suggerito da Commoner: si prosegue con TPP, TTIP e con il coro degli imbecilli che, per difendere l'ambiente, adottano il paradigma socioeconomico che lo distrugge.

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  7. “Secondo Latouche (2008, p. 21), sono indissolubili «sviluppo» da un lato e «violenza della colonizzazione e dell’ imperialismo» dall’ altro. In realtà, prima ancora di scatenare l ’ aggressione contro l ’ Unione Sovietica, i caporioni nazisti, che intendevano riprendere e radicalizzare la tradizione coloniale, avevano ben chiari i loro obiettivi: «Le industrie sarebbero state distrutte. Gli operai e loro famiglie [...] sarebbero stati lasciati semplicemente morire di fame» (Shirer, 1974, p. 1269). Ma diamo uno sguardo alla storia del colonialismo nel suo complesso. Il Terzo Mondo e la «grande divergenza» a danno di esso sono in larga parte il risultato della deindustrializzazione e della decrescita imposte dall’aggressione colonialista e dall’apertura subitanea e violenta del mercato nazionale alle merci più a buon mercato provenienti dalla metropoli imperialista; un’a­pertura subitanea e violenta anche perché finalizzata al mantenimento e al rafforzamento del dominio coloniale: ancora nel 1810 la Cina vantava un prodotto interno lordo che costituiva il 32,4% del prodotto interno lordo mondiale mentre « l ’ aspettativa di vita cinese (e quindi la nutrizione) era circa a livelli inglesi (e perciò sopra la media continentale) persino a fine Settecento». Non molto diversa è la storia dell’ India che, sempre nel 1810, contribuiva per il 15.7% al p i l mondiale (Davis, 1001, p. 299). Proprio in seguito all’aggressione coloniale i due grandi paesi asiatici sono stati investiti da un ciclo di progressiva decrescita e sono caduti in una miseria disperata e fatale per milioni e milioni di persone; ed è per porre rimedio a tale situazione che si è imposta una politica di sviluppo autonomo.
    Tale politica risulta tutt 'altro che congeniale a Latouche che, in nome della decrescita, assieme alla difesa dello Stato sociale, delegittima la lotta dei paesi meno sviluppati per fuoriuscire dal sottosviluppo e dalla dipendenza coloniale o neocoloniale a esso intrinsecamente connessa. Di fatto ciò significa appoggiare il neoliberismo sia sul piano interno che su quello intemazionale.”

    Ancora: “Secondo Latouche (2011, p. 72), tanto meno c’è bisogno dello Stato
    sociale per il fatto che «la miseria è in primo luogo psichica». È un’affermazione che fa trasecolare. Alcuni mesi dopo lo scoppio della crisi del 2008 la fao rendeva noti questi dati: «Oltre un miliardo di persone - un sesto dell’umanità, 100 milioni in più dell’ anno scorso - soffre la fame.
    Ogni 3 secondi un uomo, una donna o un bambino muoiono di fame». E non si tratta solo del Terzo Mondo: nei paesi sviluppati «le persone denutrite sono 15 milioni, con un aumento del 15,4% rispetto all’anno scorso»
    (“La Stampa”, 10 giugno 2009). Negli USA - comunicava il Dipartimento dell’Agricoltura - nel 1007 «circa 691.000 bambini hanno sofferto la fame, mentre quasi un Americano su otto ha lottato per nutrirsi adeguata­
    mente, ancor prima della grave crisi economica» (“ International Herald Tribune”, 19 novembre 2008). «La miseria è in primo luogo psichica»?
    Inaspettatamente, in un autore collocato su posizioni anticapitaliste, emerge un altro luogo comune caro al conservatorismo di sempre: il luogo comune in base al quale si può essere liberi e felici anche nelle catene, nelle catene dell’oppressione politica come in quelle imposte dalla nera miseria."

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  8. “E come liberarsi da una miseria «in primo luogo psichica»? Ma è chiaro: con la « metanoia.» (Latouche, 2011, p. 86), ovvero con il mutamento profondo di mentalità invocato anche dalle religioni. In effetti, l’autore francese formula le sue raccomandazioni in un linguaggio religioso: accogliere «la buona novella» ovvero la «buona notizia» della decrescita; imboccare «la via della felicità» e «uscire dall’economia»; abbandonare la ricerca del benessere materiale e l ’economia «produttrice della banalità del male» per convertirsi all’ «etica»; aspirare al «radicalmente altro» (ivi, pp. 68, 71, 76-7 e 86). La scelta del linguaggio non è casuale: come le religioni tradizionali, anche quella della decrescita addita la salvezza nella rinuncia ai beni (considerati più apparenti che reali) del mondo materiale. E la religione della decrescita agisce come «oppio per il popolo» se convince il «popolo» a mettere in questione non la miseria ma la falsa visione che gli fa credere di essere misero, non la fame ma l’immaginazione di essere afflitto dalla fame.
    In conclusione, Latouche critica a ragione «i valori della società mercantile» e la loro assolutizzazione, ma non sembra rendersi conto che lo smantellamento dello Stato sociale è la cancellazione di quei luoghi dove la logica del mercato e il culto dei valori mercantili sono in qualche modo neutralizzati.”

    Chiedo scusa per la lunghezza ma, per quanto si tratti di considerazioni per noi probabilmente banali, mi pareva utile metterle in fila qui.

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    1. La religione della decrescita è ovviamente complementare all'ambientalismo "reale", quale si sta manifestando in modo imponente sul piano politico-sovranazionale.
      E non solo non ne esiste un "altro" (nei fatti reali: semmai delle sottospecie in attesa della normalizzazione autoritativa), ma è veramente difficile non scorgervi una funzione neo-regolatrice anti-statale di importanza essenziale nella strategia dell'ordine mondialista dei mercati.

      E' essenziale trovare una legittimazione etica alla rinuncia di massa a ogni prospettiva, non dico "diritto", al benessere materiale.
      Anche quello minimo, perchè una volta innescato il processo di "rinuncia" fondato sul consenso individuale ma seriale, (grazie agli strumenti diffusivi utilizzati), grazie al neo-credo filosofico-spirituale, non c'è limite alla instaurazione del nuovo Medio-evo.

      Una volta codificata la nuova religione nel "senso comune", poi il passo verso la normativizzazione e l'autoritarismo è breve: l'accettazione diffusa del decrescismo è la premessa necessaria e sufficiente per una nuova società degli "status", sanzionata con implacabile e occhiuta solerzia dai "naturali" dominatori del pensiero...e della proprietà (praticamente di tutto).

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    2. Complimenti a tutti quanti i collaboratori del blog. Finalmente si uniscono i puntini. Von Hayek, decrescita, Malthus, global warming, religione new age, nuovo medioevo globale. Non è solo una guerra economica quella che è in corso, c'è anche un grosso lavoro di educazione culturale che questi odiatori internazionalisti dell'umanità stanno compiendo al fine di assoggettare le coscienze. Tutte le loro politiche non avrebbero avuto così successo se prima non avessero piantato i semi...
      Il Prof. John Schellnhuber è lo scienziato che il 18 giugno 2015 ha presentato l'enciclica ecoglobalista Laudato si’ di Papa Francesco. Egli è un fanatico catastrofista del global warming. Per porre fine a tutto ciò egli propose infatti la creazione di un tetto di CO2 per ogni persona del pianeta, di fatto un controllo globale e centralizzato della popolazione.
      http://www.spiegel.de/international/germany/german-climate-adviser-industrialized-nations-are-facing-co2-insolvency-a-646506.html
      "He is proposing the creation of a CO2 budget for every person on the planet, regardless whether they live in Berlin or Beijing."
      E' chiaro oramai a tutte le persone più sensate che la questione della "CO2" non ha nulla di scientifico ma è una mera questione politica abbracciata dai globalisti per i loro sporchi fini di controllo malthusiano.
      Lo stesso Schellnhuber, in un suo articolo dal titolo Expanding the Democracy Universe avoca un governo globale:
      "Let me conclude this short contribution with a daydream about those key institutions that could bring about a sophisticated—and therefore more appropriate—version of the conventional “world government” notion. Global democracy might be organized around three core activities, namely (i) an Earth Constitution; (ii) a Global Council; and (iii) a Planetary Court. I cannot discuss these institutions in any detail here, but I would like to indicate at least that

      the Earth Constitution would transcend the UN Charter and identify those first principles guiding humanity in its quest for freedom, dignity, security and sustainability;
      the Global Council would be an assembly of individuals elected directly by all people on Earth, where eligibility should be not constrained by geographical, religious, or cultural quotas; and
      the Planetary Court would be a transnational legal body open to appeals from everybody, especially with respect to violations of the Earth Constitution.
      In order to dovetail the die-hard system of national governance with the global institutions, a certain percentage of national parliamentary seats should be earmarked for “Global Ombudspeople.” Their prime mandate would be to ensure that the first humanitarian principles as sketched above are observed, not least in the interest of future generations. This is no less and no more than a vision to extend democracy across space and time. Unprecedented challenges like anthropogenic climate change remind us that such dreams need to come true—soon."
      fonte: http://www.humansandnature.org/democracy-hans-joachim-schellnhuber

      Notate il linguaggio orwelliano dove la schiavitù centralizzata in nome del fantomatico "anthropogenic climate change" è presentata come libertà e democrazia, il sogno mondiale...cioè IL FOGNO MONDIALE.

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    3. Ma il meglio secondo me lo si raggiunge con Ivan Illich, il padre di tutti i decrescenti. Guardi ho solo il ribrezzo a citarle questo personaggio che voleva descolarizzare la società,
      http://www.ibs.it/code/9788884839794/illich-ivan/descolarizzare-societa-un.html
      amava la disoccupazione creativa:
      http://www.ilgiardinodeilibri.it/libri/__disoccupazione-creativa.php
      ed era contro la sanità pubblica:
      Ivan lllich conduce in questo suo libro una serrata analisi critica che demitizza l'istituzione medica. L'estrema medicatizzazione della società e la gestione professionale del dolore e della morte appaiono a Illich come l'esempio paradigmatico di un fenomeno di dimensioni più ampie. La "nemesi medica", cioè la "vendetta", la minaccia per la salute quale conseguenza di una crescita eccessiva dell'organizzazione sanitaria, è infatti solo un aspetto della più generale "nemesi industriale", cioè degli effetti paradossali e delle ricadute negative di uno sviluppo abnorme della tecnologia e dei servizi. Scritto nel 1976, questo libro è oggi considerato un classico del moderno pensiero radicale.
      http://www.ibs.it/code/9788874930531/illich-ivan/nemesi-medica-espropriazione.html
      Ecco solo qualche citazione:
      "Nell'ultimo decennio l'istituzione medica è divenuta una grave minaccia per la salute."
      "Prometeo non era “Ognuno”, ma un deviante. Mosso da pleonexia, da cupidigia estrema, egli oltrepassò le bar­riere della condizione umana. Nella sua hubris, o presun­zione smisurata, sottrasse il fuoco al cielo e attirò quindi Nemesi su di sé. Fu incatenato a una rupe del monte Caucaso, dove un'aquila gli divorava il fegato e gli dei, guaritori spietati, lo tenevano in vita tornando ogni notte a trapiantarglielo. L'incontro con Nemesi fece di questo eroe classico un simbolo imperituro dell'ineluttabile ven­detta cosmica. Fu preso ad argomento di tragedie epiche, ma non certo a modello per le aspirazioni quotidiane. Og­gi Nemesi è invece endemica; è il contraccolpo del pro­gresso. Si è paradossalmente diffusa dappertutto di pari passo col diritto di voto, con la scolarizzazione, con l'ac­celerazione meccanica, con l'assistenza medica. “Ognuno”è incorso nella gelosia degli dei. Per sopravvivere, la spe­cie deve imparare a battersi su questa terza frontiera."
      "Quando la produzione e l'erogazione di assistenza me­dica vanno al di sopra di un certo limite, generano più mali di quanti ne riescono a guarire. La previdenza sociale garantisce una sopravvivenza dolorosa più democraticamen­te e più efficacemente degli dei più spietati."

      http://www.altraofficina.it/ivanillich/Libri/S%20B%20tantalo.htm
      La colpa è del progresso, della scolarizzazione, del DIRITTO DI VOTO, dell'assistenza medica...
      Quest'uomo, cioè Illich, se fosse ancora vivo, godrebbe come un maiale a vedere come la sanità, la scuola, il diritto al lavoro e la stessa democrazia vengono oggi distrutte giorno dopo giorno.
      Era naturalmente un "ex" gesuita, sapeva come raccontare storie...altro che Padoa Schioppa!!!

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  9. Buonasera,
    mi sento un pò confuso.
    Ho effetivamente notato l'accento libidinoso che il Cipolla dedicava alle malattierinascimentali. Sono però perplesso per quanto riguarda gli incrementi demografici: se raggiungiamo l'equilibrio, quindi la popolazione si stabilizza, per gli accantonamenti e il progredire tecnologico, il reddito pro capite della popolazione non dovrebbe aumentare? Nel senso che se la popolazione aumenta una parte degli accantonamenti andranno ad impiegare un nuovo nato "netto".
    Sono anche spaesato nel seguire il messaggio del main-stream che, nell'enfatizzare la nostra bassa natalità e la "conseguente" necessità di importare disoccupati, non riesco a capire se vogliano farci fare più figli o farci accettare più immigrati...

    Grazie dei lumi.

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    1. Proviamo a far un po' di chiarezza:

      1 - il capitalismo funziona solamente se il reddito viene redistribuito: o si reprime la speculazione finanziaria in favore della domanda aggregata - ovvero no liberismo, sì piena occupazione/stato sociale - oppure la disfunzionalità si manifesta con i cicli (a) sfruttamento lavoro-merce, (b) crisi economica, (c) guerra mondiale, quindi (a), (b), (c), (a), (b)... apocalisse.

      2 - la ridistribuzione del reddito - data l'equivalenza denaro == potere - significa "socializzazione del potere", ovvero democrazia, ovvero graduale smantellamento dei privilegi di classe: il capitalismo è utile alle élite se - e solo se - è disfunzionale. Quando la sua disfunzionalità è massima, suprema è l'alienazione tanto della struttura sociale capitalistica quanto quella della persona umana: si prospetta una palingenesi paramedievale.

      E qui sta il punto: la distruzione dei mezzi di produzione e del capitalismo stesso per mantenere i privilegi di classe.

      3 - sia nel paradigma neoclassico sia in quello keynesiano si postula un "limite alla crescita": è un'ovvietà che le risorse siano "scarse". Non è necessario il "club di Roma" per saperlo: tutti i paradigmi economici ne tengono conto.

      Ma quali sono le differenze tra i due grandi paradigmi economici (liberale e keynesiano/socialista)?

      4 - Keynes propone di seguire l'avido egoismo del capitalismo funzionale fregandosene delle esternalità negative (quindi dell'ambientalismo) fintanto che l'indigenza non fosse stata spazzata via: ovvero le virtù etiche (nella fattispecie il "rispetto dell'ambiente", ma, in senso esteso, qualsiasi tipo di diritto "civile", l'estirpazione della "corruzione", ecc...) dovevano aspettare che il benessere economico, quindi i diritti sociali venissero universalizzati.

      La crescita demografica, essendo fondamentale per l'aumento del PIL e la stabilità del sistema finanziario, era assolutamente necessaria fintanto che l'obiettivo non fosse raggiunto.

      5 - Il paradigma liberista/neoclassico/neomalthusiano, non contando su alcuna evidenza empirica, è equiparabile ad una religione monoteistica, ovvero al "culto del mercato": il vitello d'oro (gold standard), detto anche "dogma della stabilità monetaria", permette di creare artificiosamente scarsità dell'unica cosa che nella sua essenza numeraria non ha limite: il denaro.

      In pratica, il "volume" di risorse che puoi consumare dipende dalla quantità di "metri cubi" che la banca centrale indipendente decide di emettere.

      Poiché una certa parte di "volume" di beni non lo puoi "misurare", non lo puoi scambiare: quindi andrà distrutto.

      Morale: "stampare" moneta non crea valore, ma non "stamparla" lo distrugge. Una moltitudine di bocche non avranno pane da mangiare e le risorse consumate per produrre i beni distrutti (sovraprodotti) saranno state sprecate.

      Come le vite di coloro che con la loro dolorosa dipartita contribuiranno alla decrescita demografica.

      D'altronde, secondo i malthusiani, al contrario di Keynes, sostengono che "Ogni nuovo nato riduce il reddito medio procapite".

      6 - Il punto fondamentale, come emerge con chiarezza dai post di Arturo, è il progresso tecnologico che avviene in misura sufficiente solo se lo Stato interviene in economia al contrario di ciò che vogliono i liberisti.

      Ma se con Keynes saremmo tutti belli, felici e a pancia piena in un mondo che inizierebbe ad occuparsi della deforestazione, perché i liberisti-malthusiani propongono esattamente il contrario con il loro moralismo peloso para-religioso?

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    2. 7 - Semplice: perché ad ESSI non piace un mondo in cui tutti sono liberi e felici.

      Non è cool.

      Che gusto c'è ad essere ricchi se non ci sono i poveri?

      Molto più fico vivere nella foresta incantata dove i superuomini sono principi azzurri che si sposano con le principesse, mentre gli ominidi vivono come bestie e si regolano demograficamente pure da bestie... senza tecnologia e crepando senza sporcare il giardino dei sovrani.

      Non sono malvagi: è la loro natura.

      8 - Vedi punto 2: Hayek, nell'intervista su Pinochet, dichiara lindamente la connessione tra liberalismo classico e maltusianesimo.

      9 - Il "gold standard", ovvero le politiche deflattive, hanno dimostrato di funzionare nei paesi ricchi: si pensi alla Germania o all'Italia.

      Il documento della BIS che ho linkato, se il mio ragionamento è corretto, dimostra che il tasso di natalità è inversamente correlato alla deflazione.

      Quando la miseria raggiunge un certo limite - come emerge empiricamente in Africa o in Asia - l'istinto alla vita sembra reagire con la sessualità a fini riproduttivi.

      Da qui si ipotizzava - in altra occasione - che indirizzare l'attenzione su alcuni diritti civili in un contesto di smantellamento dei diritti sociali, fosse uno degli strumenti propedeutici al controllo sociale: basti citare la promozione massmediatica della sessualità senza fini riproduttivi, le leggi sull'aborto, sul divorzio, sull'eutanasia.

      Insomma, in un contesto di miseria generalizzata, l'unica libertà che ci rimane è quella di morire.

      Soli.

      (Certo, magari ci rimane anche di provare a riprodursi o a copulare innocuamente... sempre che si sia in grado di acquistare precauzioni che ci possano salvare dagli AIDS 2.0 che misteriosamente compariranno... vedi citazione finale)

      10 - In conclusione: cosa succede in Europa?

      Se non si aumentano i salari e le prestazioni assistenziali distruggendo il "gold standard" - ovvero il dio €uro e Trattati - l'andamento demografico è destinato a precipitare, facendo scomparire i popoli che - unici al mondo - hanno prodotto la cultura democratica e la filosofia della giustizia in terra.

      Prima che gli europei ridotti in miseria si riproducano come ratti invertendo la tendenza, può essere "fecondo" americanizzarli alla Kalergi, così come fatto con i nativi americani.

      «Ci sono solo due modi per evitare un mondo di dieci miliardi di persone. O i tassi di natalità adesso scendono velocemente, oppure debbono salire i tassi di mortalità. Non c’è altro modo. Ci sono, ovviamente, tanti modi per far salire i tassi di mortalità. Nell’epoca termonucleare si può fare in maniera molto veloce e decisiva. Carestie ed epidemie sono gli antichi modi in cui la natura controlla la crescita demografica, e nessuno delle due è scomparsa dalla scena...»

      Robert McNamara, presidente della Banca Mondiale, 2 ottobre 1979

      «Cercando un nuovo nemico contro cui unirci, pensammo che l’inquinamento, la minaccia dell’effetto serra, della scarsità d’acqua, delle carestie potessero bastare ... Ma nel definirli i nostri nemici cademmo nella trappola di scambiare i sintomi per il male. Sono tutti pericoli causati dall’intervento umano ... Il vero nemico, allora, è l’umanità stessa».

      Club di Roma, The First Global Revolution, 1991

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    3. Grazie per tutto il lavoro che fate.

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    4. Bazaar, ho due appunti da muovere alla tua ricostruzione chiarificatrice:

      - al punto 5), credo sia opportuno esplicitare che la finanziarizzazione dell'economia reale perseguita dalle politiche delle banche centrali indipendenti ha come obiettivo principale il passaggio di risorse materiali dalle mani dei tanti a quelle dei pochi - per realizzare le condizioni distopiche di capitalismo disfunzionale esposte nei punti 1) e 2) -: quando una famiglia non riesce ad estinguere il mutuo contratto con la banca per acquistare una proprietà, quella proprietà viene intestata alla banca; quando un'impresa è costretta a chiudere e svendere o fallisce, i suoi impianti, i suoi macchinari, i suoi magazzini vengono acquisiti dal miglior offerente al minor prezzo possibile.
      Quindi, il passaggio che descrivi tu, quello della distruzione della "sovrapproduzione", è, dal punto di vista di ESSI, sì un'effetto della crisi (dal lato della domanda) indotta artificialmente ed è altresì una causa (o mezzo) per agevolare il soddisfacimento di un obiettivo (o fine), ossia l'acquisizione di beni reali, che tuttavia in sé non comporta alcuna distruzione volontaria di prodotto già realizzato - differente sarebbe il discorso su quello potenzialmente realizzabile in futuro mantenendo costante il numero e l'operatività dei mezzi di produzione - se non quella delle derrate inutilizzate andate naturalmente a male nel corso del procedimento (ma forse era proprio a queste a cui ti riferivi). La distruzione volontaria delle derrate già prodotte e non ancora vendute e altre misure simili allo scopo di sostenere il prezzo delle merci, invece, sono sì eventualità reali in questi casi, ci dice la storia, ma sono prese proprio sulla forte spinta delle imprese già in forte difficoltà, ma non ancora andate a gambe all'aria e non di ESSI.
      Per la distruzione fisica dei mezzi di produzione, invece, non si può non passare dalle squadre di artificieri (demolizione controllata), dagli eserciti (demolizione incontrollata o guerra) o, più semplicemente, lasciare che il tempo faccia il proprio corso (decadimento fisico della materia);

      - al punto 9), mi sento di affermare che "Quando la miseria raggiunge un certo limite - come emerge empiricamente in Africa o in Asia - l'istinto alla vita sembra reagire con la sessualità a fini riproduttivi" perché in un economia di sussistenza gerarchizzata hanno bisogno di quante più braccia robuste possibili (i proverbiali "figli maschi"): il lavoro per sopperire alla carenza di mezzi (capacità qualitativa) e di vitalità (capacità quantitativa: meno si campa, meno si zappa); il capitale per assicurarsi che l'esercito di riserva sia sufficientemente ampio da non permettere ai sottoposti di avanzare scomode pretese di miglioramento delle condizioni di lavoro (capacità qualitativa) e di aumento delle retribuzioni (capacità quantitativa). E di questo i rentiers si resero certamente conto quantomeno a partire dal Trecento ai tempi delle epidemie di peste.

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    5. Al punto 5 - da un punto di vista "dinamico" - ovvero secondo il paradigma conflittualista della lotta di classe, metti in luce un aspetto complementare.

      Le "bad company" vengono chiuse, le "good company" vengono acquistate.

      Possiamo aggiungere anche la dichiarazione di Baffi o Carli, non ricordo, nella quale si affermava circa che "era meglio che nessuno capisse come funzionasse il sistema delle banche centrali che - per mantenere il tasso di cambio con il dollaro (o l'oro, o, in senso lato, l'euro) - venivano letteralmente distrutta parte della ricchezza nazionale prodotta": si pensi più tardi alla quantità di riserve bruciate dalla BdI per rimanere nello SME durante l'attacco speculativo.

      I mezzi di produzione possono venire letteralmente distrutti nel senso marxiano del termine come rimedio dal lato dell'offerta uscendo dalle crisi economiche tramite la guerra.

      Ma considera che distruzione dei mezzi di produzione significa anche, nel caso di depressione economica prolungata come quella attuale, l'obsolescenza dei macchinari sottoutilizzati a causa della scarsità di domanda e la relativa mancata sostituzione a causa della mancanza di investimenti.

      Sul punto 9 fondamentali sono le considerazioni di Commoner.

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    6. Grazie per le risposte illuminanti: gli aumenti demografici, come altre cose, non sono nè buoni nè cattivi, mi par di capire, bastarebbe "manovrarli" nella direzione opportuna. Per quanto riguarda le economie più povere mi è sempre venuto in mente, pensando alle parole dei vecchi in famiglia, che aumenta la tendenza ad avere una prole numerosa quando non si è certi di come si vivrà in vecchiaia: mi raccontavano che nei luminosi anni trenta molti anziani sdentati venivano allontanati dalle famiglie dalle abitazione e vivevano di pasta e farina che veniva genitlmente donata dai passanti impietositi. Quando il mercato lavorava nel mercato del lavoro e i salari quelli di sussistenza! Avere molti figli significava avere più possibilità di avere una mano misericordiosa per la terza età...
      Secondo queste mie osservazioni empiricissime, la natalità sarebbe inversamente correlata alle tutele sociali offerte nel paese...

      Grazie ancora.

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    7. Esattamente: i malthusiani-decrescisti evidenziano lo stock limitato delle risorse naturali e prendono la demografia come naturalmente data.

      Questo è, in realtà, il pensiero che fa tanto comodo alle elites, che non vogliono il welfare state, l'inflazione e tutto ciò che comporta una redistribuzione di reddito e potere.

      Le élite sono costrette a propagandare paradigmi infarciti di teorie socioeconomiche false o fallaci: se non fosse così la maggioranza asservita si coalizzerebbe compattamente per rivendicare i propri interessi a sfavore dei privilegiati.

      Nella funzione di produzione esiste il fattore tecnologico che può essere considerato un moltiplicatore della "resa" delle risorse scarse e del contenimento delle esternalità negative: se consideri la demografia come "data" allora il paradosso di Jevons è fondamentale, se invece consideri la politica economica ed industriale come determinante per la funzione di crescita demografica (ed è così, con buona pace dei rilievi di Jevons che viveva in un mondo organizzato in funzione del paradigma liberista che ha contribuito a rafforzare in ottica antidemocratica con il "marginalismo"), allora la stabilità demografica in funzione delle risorse disponibili trova equilibrio tramite la soluzione del conflitto distributivo per mezzo dello Stato sociale.

      Non tanto paradossalmente, si può assumere che un democratico sia propenso alla massimizzazione della densità di abitanti per km quadrato in quanto risultato del progresso scientifico e sociale.

      Il malthusiano che combatte la crescita demografica ottiene il contrario: massimizza il sovrappopolamento.

      «Lavoriamo ad uno scopo unico: ridurre i livelli demografici. O i governi lo fanno come diciamo noi, con dei bei metodi puliti, oppure finiscono nei disastri di El Salvador, Iran o Beirut. Quello demografico è un problema politico. Quando la popolazione è fuori controllo, occorrono governi autoritari, anche fascisti, per ridurla....»

      «Il modo più rapido per ridurre la popolazione è con la fame, come in Africa, o con le malattie come la peste. ... La gente si riproduce come bestie...»


      Thomas Ferguson, Ufficio affari demografici del Dipartimento di Stato, intervista del febbraio 1984

      Insomma, i crimini contro l'umanità sono commessi da un "pugno" di persone che cerca di perpetuare questo sistema ribaltando le cause con gli effetti.

      L'immigrazione non serve mai, così come il lavoro-merce.

      Serve solo ad ESSI per portare alle estreme conseguenze il delirio di potere della classe dominante.

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    8. @Bazaar6 gennaio 2016 01:39

      "è un'ovvietà che le risorse siano "scarse"

      Le risorse non sono scarse o abbondanti sono, banalmente, quello (come, dove, quando, quanto) che sono. È una pura questione tecnologica o, per meglio dire, di effettiva disponibilità energetica.
      Il tuo esempio del denaro è un paradigma della mentalità sottostante (ordo-neoliberismo).

      ps secondo me Keynes non pensava in termini di risorse materiali scarse e mi piace ricordare Malthus per le bastonate inferte a Say.

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    9. È vero: è proprio l'economia neoclassica a parlare di "risorse scarse" e fai bene a sottolinearlo proprio perché è un'espressione ideologica volta a paludare l'artificiosità della povertà imposta alla stragrande maggioranza della popolazione dopo l'avvento delle rivoluzione industriale.

      Però il paradigma keynesiano fa proprio riferimento alla "limitatezza" delle risorse: un "limite alla crescita" teorico esiste per entrambi i paradigmi.

      In mondo molto semplificato, il PIL per continuare a crescere dovrà essere prodotto sempre più tramite risorse immateriali (creatività intellettuale, ad esempio) e sempre meno con risorse naturali.

      Poi possiamo vedere Malthus nel modo che ci fa più piacere: per il contributo all'economia o per quello alla demografia.

      L'etica che emerge da quelle citazioni non pare coincidere con quella di Keynes.

      Un buon modo, effettivamente, per comprendere l'etica o l'orientamento ideologico di un interlocutore, potrebbe essere verificare come stimi Malthus: come economista, o come demografo...

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  10. Grazie ad Arturo per le importanti citazioni, che banali non sono, e a Bazaar per la schematizzazione.

    Arturo ci mostra Latouche quando getta la maschera. In fondo, l'ambientalismo “totale” desidera la scomparsa del genere umano, tranne una minuscola percentuale di eletti (effetto Elysium), in modo che il mondo sia finalmente pulito, decontaminato, bonificato da questa plebaglia (cioè il restante 99.9%) che consuma, sporca, inquina, insomma: vive.

    Possiamo anche vedere un parallelo tra questo mondo sgomberato dalla plebaglia e la stabilità dei prezzi finalmente raggiunta: la stabilità dei prezzi è l’opposto, in una economia di mercato, della piena occupazione. Mentre la piena occupazione si riferisce alle persone, la stabilità dei prezzi non ha bisogno di persone per sussistere: potrebbe anche esistere un mondo (distopico) di macchine che – a prezzi complessivamente stabili – incessantemente comprano e vendono, senza presenza umana. Del resto, c’è già il caso dell’high frequency trading in borsa. Come fattore di produzione in tale contesto: schiavi, cioè individui reificati e fuori mercato.

    Quello che occorre stabilire, insomma, è che si devono scegliere equilibri ambientalisti che siano compatibili con la piena occupazione a redditi dignitosi. Se sono disoccupato e mi metto a bruciare l’arredamento per riscaldarmi, inquino. Se sono sottoccupato e devo andare a lavorare con un una vecchia carretta fumante, inquino. Se non ho mezzi pubblici a disposizione per andare al lavoro, inquino. Se vado ad abitare in una grande città perché in una piccola non c’è lavoro, aumento la congestione ed inquino.

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  11. Grandioso questo post&commenti!

    Approfitto per segnalarvi in tema questo video divulgativo di Hans Rosling
    (almeno da 18'40'' al minuto 26 è da vedere)
    https://www.youtube.com/watch?v=FACK2knC08E
    In sintesi: nessuna bomba demografica fuori controllo.

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  12. il rischio longevità è sotto controllo

    http://www.bancaditalia.it/media/notizia/il-rischio-di-longevit-e-i-cambiamenti-dell-economia-em-lectio-magistralis-em-di-ignazio-visco

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  13. Santo cielo il Latouche 2011 me l'ero perso.
    Mi chiedo se l'appropriazione da parte della reazione delle parole d'ordine degli anni '70 sia stata teorizzata e studiata. Di certo è stata pervasiva, a partire dal linguaggio politico (lo slittamento semantico della parola conservatore, ad esempio).

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