martedì 3 settembre 2013

MA SECONDO VOI...

Secondo voi, il buon John Maynard Keynes sarebbe stato d'accordo col fatto che le oligarchie non sono disposte a "concederci" i nostri diritti, sanciti dalla Costituzione (!), ovvero, piuttosto, con quanto segue?
Rammentiamo che la Costituzione vincola tutti i cittadini in base al "potere costituente" del popolo sovrano, che ne è il primo e necessario momento di realizzazione democratica, già giuridicamente vincolante: quindi la democrazia, intesa come realizzazione istituzionale dei diritti fondamentali, non è un riflesso della "concessione" delle oligarchie. Almeno finchè sarà vigente QUESTA Costituzione.

- Anteprima del 4°paragrafo del capitolo 2 ("L'internazionalismo") del libro "Euro e(o?) democrazia"-

4- IL “MASSACRO” DEI DIRITTI SOCIALI E LA SOGLIA COSTITUZIONALE DI DIFESA DALL’INTERNAZIONALISMO.
Il discorso, ancora, si completa con questo interrogativo che mi viene spesso posto sul blog: "Ripeto: se c'è qualcuno che può spiegarmi perché massacrare lo stato sociale di un Paese dovrebbe poi farlo stare meglio, lo faccia, perché oggettivamente tutto questo mi sembra un delirio schizofrenico…."
La risposta si connette al problema della "misurabilità" di qualsiasi "giudizio di valore" circa il fallimento, o la "non attendibilità" delle politiche propugnate, nel solco genetico della liberalizzazione dei capitali, dai vari organismi sovranazionali (FMI, OCSE e le stesse BCE e commissione UE).
E anche qui ci si trova ad affrontare dei "grossi" problemi di democrazia costituzionale e di "correlazioni" con le visioni economiche insite nell’attuale "politica" europea.
In particolare: quale è la soglia obiettiva oltre la quale un diritto "sociale" deve considerarsi "massacrato"?
Si possono misurare grandezze che hanno un senso ("dato", cioè accettato come presupposto metodologico e descrittivo di un "certo" metodo di analisi economica, sebbene, appunto, "variabile" a seconda delle "teorie" o "scuole"), dentro al linguaggio che descrive la fenomenologia economica.
Ma non altrettanto si può fare per quanto riguarda il contenuto "minimo" o "inderogabile" di un diritto sociale in senso giuridico (che è poi quello che veramente conta politicamente).
Il "diritto sociale" è una creazione delle Costituzioni, o meglio dell’evoluzione politico-sociale della comunità che dà luogo al fenomeno costituente, e quindi ha un'univocità che è solo "contestuale": cioè mutevole col contesto storico e ideologico. Ciò che ci rinvia, appunto, al problema della precomprensione.
Ed, infatti, è in base ad asserzioni storicamente e ideologicamente sopravvenute a quelle che sottostanno all’impianto costituzionale del 1948, che Andreatta, a suo tempo (come citato nel capitolo dedicato alla dottrina delle banche centrali indipendenti) e oggi, Draghi o Fornero, possono affermare che lo "stato sociale" è un qualcosa di eccessivo, a cui dobbiamo rinunciare.

Occorre quindi interrogarsi sulla questione di come, con evidenza, senza alcuna connessione con la funzione e la sistematica costituzionale democratica, illustri e stimati personaggi, "liquidino" a cuor leggero il "welfare" e i diritti "sociali".
Questo atteggiamento, risulta però meno attendibile se si manifestasse una rilevante reazione basata sulla comprensione del diritto costituzionale così come proposto da Mortati, Basso, Calamandrei, o Fanfani.
Infatti, la Costituzione ha un'assiologia graduata, logica, nella sua struttura. Cioè esprime una gerarchia di valori non derogabile e risultante non solo dalla lettura "estrapolata" delle singole disposizioni", cioè "asistematica": lettura che per una Costituzione è un gravissimo vizio metodologico, come sempre evidenzia Mortati.
Esattamente ciò che molti costituzionalisti, al pari degli economisti, tendono oggi a porre in ombra.
La Costituzione, dunque, afferma, in base all'art.3, comma 2, (grund-norm, architrave della comprensione dell’intera Costituzione, secondo Mortati), che qualcosa, in termini di posizioni dei cittadini e di attività dovute dallo Stato, "debba" esserci e in un certo modo. E questo “modo” implica che un certo obiettivo sociale si sviluppi in una direzione che l’enunciazione stessa della Costituzione indica, normalmente, con molta chiarezza: così la tutela del lavoro implica che il livello retributivo debba essere “equo” (art.36 Cost.) e che, dunque, non sia posto in pericolo da una prevalente e diffusa instabilità del posto di lavoro e da un’endemica disoccupazione; o ancora che, sul piano della condizione del lavoratore successiva alla sua fase di vita “attiva”, il livello pensionistico non possa essere inidoneo a fornirgli “mezzi adeguati alle loro esigenze di vita” (art.38 Cost.).
Ed è chiaro che la “equità” del salario nonché la “adeguatezza” della pensione vanno considerate in base a normali condizioni di sviluppo della società, quali prefigurate dal complesso dei principi fondamentali della Costituzione: non invece in base a condizioni socio-economiche provocate da scelte politiche che, maturate al di fuori delle finalità costituzionali di intervento e tutela poste a carico della Repubblica, portino a comprimere sistematicamente e deliberatamente i livelli retributivi e pensionistici, giustificando ciò in base ad uno specifico modello monetario e fiscale imposto dal vincolo di un trattato “internazionale”.
Si tratta, in sostanza, di interrogarsi sul nesso di causalità della congiuntura cui è sottoposta l’Italia (o un altro paese a Costituzione democratica, coinvolto nella unione monetaria): se una corretta identificazione delle cause porta ad attribuire le stesse essenzialmente, o in modo comunque rilevante, a tale cornice pattizia internazionale, sarebbe dovere della Repubblica, con le sue istituzioni di governo, rimuoverle per riportare l’equilibrio consentito dai poteri e dai doveri previsti dalla Costituzione. Esemplificativo di ciò, è proprio il caso della recessione 2007-2008, provocata certamente da una crisi finanziaria mondiale, in contrapposizione con la successiva recessione emersa dal 2011, indotta direttamente dalle politiche riduttive del deficit, ad effetti pro-ciclici, imposte dall’UE, in base ad una visione economica non solo non seguita dagli altri paesi coinvolti nella prima crisi, ma difficilmente compatibile con le clausole fondamentali della Costituzione.
Questi rilievi valgono dunque, a maggior ragione, se tale trattato non trovi alcuna giustificazione in termini di sua oggettiva e prioritaria “necessità” al fine di assicurare “la pace e la giustizia fra le Nazioni” e non rispetti neppure, in concreto, le “condizioni di parità con gli altri Stati”. Cioè se il trattato non rispetti, o riveli manifestamente di non rispettare, le condizioni di operatività delle “limitazioni” di sovranità che pone l’art.11 della Costituzione.
In altri termini, una compressione “relativa” dei diritti dei lavoratori, rispetto ad un certo livello presente nel passato, per fattori contingenti dovuti al radicale mutamento di scenari economici mondiali, che coinvolgano anche lo Stato italiano, è dunque concepibile. Non risulta invece legittima allorquando, senza alcuna diretta connessione a tali scenari, sia piuttosto il frutto di una particolare “dottrina” economica estranea a quella recepita nella Costituzione e rispondente, appunto, a decisioni assunte in una sede internazionale. Quindi, il frutto di un’opzione politico-ideologica specifica che caratterizza una determinata organizzazione internazionale.
Questo dunque è il punto di emersione del “massacro” dei diritti. In presenza di un fenomeno di vistosa riduzione dei diritti costituzionali, programmaticamente prolungata nel tempo, la sua ingiustificabilità si segnala in ragione della fonte del vincolo imposto, appunto un “trattato”, e della non rispondenza di quest’ultimo, nei suoi scopi palesi, e nei suoi continuativi effetti sulla società nazionale, alle rigorose condizioni previste dall’art.11 Cost.
In conclusione, i termini della tutela apprestata dalla Costituzione al “livello” dei diritti, andrebbe sempre visto preliminarmente alla luce del solo dettato dei principi fondamentali e, solo in secondo momento, si può procedere alla consequenziale verifica di compatibilità con qualunque vincolo esterno di origine internazionale.
In quest’ultima prospettiva, se si considera il diritto al "lavoro", Draghi, Andreatta e Fornero, hanno sostanzialmente affermato che non c'è alcun obbligo preciso in Costituzione nonostante gli artt.1 (fondamento "lavorista” della Costituzione) e 4 Cost. (diritto al lavoro). E in effetti, non c'è una formulazione che metta in rapporto preciso il singolo con un'istituzione-competenza dello Stato e determini ciò che questo "debba" fare. Abbiamo visto come questo punto, già nei lavori della Costituente, contrappose Basso allo stesso Calamandrei: ma abbiamo lo stesso visto come il primo ne abbia, con chiare parole, indicato la soluzione sul piano costituzionale.
Ed infatti, l'art.3, comma 2, Cost., ci dice che tutta la Repubblica è obbligata a "promuovere" la eguaglianza sostanziale, "rimuovendo gli ostacoli...che impediscono…l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese": se ne desume che, poiché i principi fondamentali sono inderogabili e non revisionabili (art.139 Cost. correttamente inteso), la Repubblica deve programmare la propria azione (anzitutto con la sua attività politico-legislativa) affinché il lavoro - fondamento del patto sociale - non diminuisca (ovviamente nel livello di occupazione) e sia anche sempre meglio retribuito (art.36 in relazione all'art.3 Cost.).
Conseguentemente, per gli artt.11 e 139 Cost., nessuna imposizione europea potrebbe giungere ad imporre obblighi che contraggano il livello di occupazione e delle retribuzioni.

20 commenti:

  1. il problema è come far capire alle persone questi fini principi costituzionali, e quale forza politica , organizzazione o movimento italiani oggi li abbia fatti propri; purtroppo nessuno, quindi il problema è come diffonderli senza un mezzo politico nel paese frastornato e sconvolto dalla recessione e dall'arretratezza culturale e sociale

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    1. D'accordo, that is the question.
      Quanto a diffonderli, da un lato una piccola speranza è riposta nel libro stesso (e nel suo possibile effetto di "indotto"), dall'altro, mi conforta aver sentito Rodotà stasera a La7 dire cose alquanto omogenee. Naturalmente Telese (sull'art.1 Cost= centralità-priorità del lavoro nella Costituzione, e sull'assurda antieconomicità delle privatizzazioni e altro), non ha raccolto, cambiando immediatamente argomento...

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    2. Tiberio, non che non sia d' accordo, ma scusa, "arretratezza culturale e sociale" è una espressione impropria.
      Magari fossimo "arretrati culturalmente e socialmente"!

      Ai vecchi contadini analfebeti di qualche decennio fa, difficilmente gli avrebbero mai fatto ingollare concetti come "austerità espansiva" o "non pesare sulle future generazioni, quindi tagliamo la spesa per istruzione e sanità", solo per fare un paio di esempi.

      Non trattasi di arretratezza culturale, ma di processo di desertificazione culturale, che è una cosa diversa.
      I contadini di cui sopra erano almeno 1000 volte più acculturati (termine parente molto stretto di "consapevoli") di tanti "superespertissimi" di ogni risma "imparati" di (effettivamente) enormi competenze tecniche (iperspecialistiche).

      Il discorso è ben più ampio e non riguarda certo solo noi italiani.
      Il rincoglionimento generale -che poi sarebbe "il modello culturale avanzato" o "modernità" vigente in altri paesi "culturalmente avanzati" a base di libero mercato -o mercimonio- ma senza corruzione... (tanto per fare un esempio della vulgata "desertificante")- è fenomeno ben radicato anche oltr' alpe, se non più radicato.
      La crisi che viviamo noi in Italia non è certo solo economica e non è certo solo nostra.

      A parte la "pasolinianata", io credo che le parole abbiano un significato che va ben oltre il puro valore di convenzione sociale atto alla comunicazione "esplicita".
      Le parole hanno un potere evocativo "occulto" formidabile. L' espressione "arretrati culturalmente e socialmente" richiama implicitamente un concetto di SUBALTERNITA' verso FORESTE culture e scale valoriali.
      E' insomma, secondo me, la vera madre di tutte le povertà dei paesi colonozzati.

      Noi dobbiamo valorizzare la nostra storia; e la nostra storia, da sempre , praticamente; è: Prendere qualcosa da fuori, elaborarlo, e renderlo migliore.

      Scusate il pippone.

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  2. Oggi Mauro Bottarelli in un impietoso e dettagliato articolo su IlSussidiario.net -
    " Ecco i numeri che sgonfiano la ripresa del
    Governo Letta" - analizza la "ripresotta"
    europea (che fa pendant con la manovrotta):
    il grosso degli ordinativi evasi viene non da nuova produzione ma da stock di magazzino, come
    si evince dall'andamento degli inventories
    post-produzione, che da marzo hanno conosciuto
    il livello di decrescita maggiore; inoltre (non
    è una sorpresa) ovunque si licenzia per puntare
    sul binomio risparmio/efficienza, con una progressiva emigrazione verso l'estero per cercare lavoro e fortuna (Irlanda docet).

    [...]Non sia posto in pericolo da una prevalente e diffusa instabilità del posto di
    lavoro e da un'endemica disoccupazione[...].
    No, secondo me, non sarebbe stato affatto
    d'accordo, anzi gli sarebbero "girate" assai.

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    1. Grande Riccardo: l'articolo l'avevo letto e volevo pure sottoporvelo.
      Quanto a Keynes, c'era un tipo che si era appropriato del suo nome, come nick, che discettava di Costituzione come opzione negoziale...E già questo gliele avrebbe fatte rigirare...

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  3. Infatti: "...la Carta di Nizza ha...dimenticato di nominare il diritto che più di ogni altro ha...incarnato il valore della dignità umana. Il diritto al lavoro...il diritto sociale per eccellenza della storia europea. Quel diritto al lavoro che la Costituzione italiana del 1948 volutamente colloca tra i principi fondamentali dell'ordinamento. E che, a partire almeno dalla seconda metà dell'Ottocento (dal 1848 fino alla prima Costituzione lunga, quella di Weimar del 1919, nota mia), è considerato il simbolo del costituzionalismo democratico e sociale.
    Il diritto di lavorare e di esercitare una professione liberamente scelta o accettata, di cui parla l'articolo 15 della Carta è chiaramente un'altra cosa... Il diritto di lavorare codificato nella carta dei diritti fondamentali dell'Unione non è, insomma, il diritto (della società) a che i pubblici poteri creino le condizioni per assicurare ad ogni persona lo svolgimento di un'attività lavorativa che le permetta di vivere una vita dignitosa. Il diritto di lavorare di cui parla la carta non è propriamente un diritto sociale...Ma, piuttosto, un diritto di libertà e, segnatamente, una libertà economica, al pari della libertà di impresa e del diritto di proprietà...siamo nel campo delle libertà negative e non in quello delle libertà positive, nel campo delle libertà DALLO Stato e non MEDIANTE lo Stato; nel campo dell'agere licere proprio dello Stato liberale e non nel campo del principio di uguaglianza sostanziale dello Stato democratico sociale". Tratto da Il diritto dimenticato. Il lavoro nella Costituzione Europea. Antonio Cantaro, Giappichelli Editore.

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    1. L'agere-licere non rammenta la "freedom from" di von Hayek?
      Cantaro è una delle poche voci che dice le cose con chiarezza e senza distorcere la Costituzione.
      Peccato che non abbia scelto di divulgare con un blog o altri mezzi che arrivino alla massa dei cittadini, tenuti all'oscuro da un sistema mediatico che inneggia a una classe politica che, a sua volta, ben conosce l'ipocrisia di ciò che fa(dice ogni giorno, calpestando la Costituzione

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    2. E' vero, ti ringrazio per avermi segnalato i suoi libri, di cui sto iniziando il secondo (da cui è tratto appunto il brano trascritto ieri). E' bello perchè ti aiuta a capire tante cose. Ci dice che le Costituzioni appunto nascono per un mito politico, un atto fondante coagulo dei sentimenti di un intero popolo (per l'Italia, la lotta al nazifascismo e la volontà di una intera nazione di riscatto dalla dittatura). L'UEM non ce l'ha. Molte delle Costituzioni, tra cui Spagna e Grecia se non erro (oltre all'Italia), si rifanno esplicitamante alla piena occupazione. I trattati no, ne parlano vagamente. Le costituzioni europee hanno diritti e doveri della nazione, quindi della collettività, i trattati definiscono tutti i diritti "fondamentali" mettendoli sul piano individuale. Come a dire: se sono tutti fondamentali, allora nessuno è fondamentale...

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  4. I primi 4 articoli della costituzione italiana dicono tutto.

    l'applicazione della legge non scritta del mercato a cui l'impianto costituzionale viene vincolato ne blocca l'applicazione.

    La nostra società in pratica è basata sulla necessità di avere una disponibilità economica(o sono ricco o devo trovarmi un lavoro) per l'arco della propria vita al fine della propria sussistenza e realizzazione. G1i individui spinti da questi bisogni orientano le proprie scelte/azioni pur di raggiungerli.
    I primi per raggiungere la propria sussistenza(poveri)sono soggetti ad essere limitati della propria libertà di scelta, i secondi(classe media e ricca)sono spinti dall’ambizione o dalla paura di perdere quanto si ha. Questi individui diventano rispettivamente base e vertice del sistema dove si è vittime, carnefici o entrambi.
    Nella parvenza della tanto propagandata democrazia si alimenta ed amplifica l’ignoranza della base che chiede la propria sussistenza ed si mantengono i privilegi dei vertici .






    Per chi non lo avesse già visto guardate il discorso all'Onu --> link:
    www.youtube.com/watch?v=UylyONOa8Hg

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  5. in questo momento adoperarsi per difendere l’ART 138, il CUORE della COSTITUZIONE, è fondamentale. Non è vero che non ci siamo movimenti e gruppi che cercano di fare opera di divulgazione , anche con l'utilizzo degli articoli di Quarantto. Il mainstream su questo punto ha steso un pesante velo di silenzio. Comunque in questo fine settimana ci saranno manifestazioni in tutte le piazza d'Italia e a Roma organizzati da gruppi locali e meetup del M5S.
    Io ho fatto opera di divulgazione e "semplificazione" dei temi perchè renderli familiari a più persone possibili. La risposta c'è e sta crescendo .
    Questo il comunicato stampa che uscirà sulla cronaca locale :
    "La Costituzione Italiana, in vigore dal 1 Gennaio 1948 fu scritta dall’Assemblea Costituente, eletta a tale scopo in rappresentanza di tutti gli Italiani.

    Oggi il Governo di scopo delle larghe intese di PD e PDL, propone la modifica URGENTE dell’articolo 138 che disciplina le modalità di revisione della Costituzione e nomina una commissione di “saggi” per valutare le Riforme Costituzionali.

    La Costituzione Italiana VA DIFESA, la modifica dell’art. 138 consentirebbe ai “saggi della casta” ed a un Parlamento di nominati grazie al Porcellum di manomettere la nostra Carta fondamentale .
    Sulla legittimità del Porcellum, l’attuale legge elettorale, il 3 Dicembre 2013 si pronuncera' la Corte Costituzionale.
    Perché il PD e il PDL vogliono modificare la Costituzione Italiana così in fretta ?
    Per anticipare la sentenza della Corte Costituzionale ?
    O forse per adeguare, a posteriori, la Costituzione Italiana a una realtà economica, politica e sociale che si è andata affermando non rispettando i principi costituzionali ? "

    http://files.meetup.com/8927282/Volantino%20A5%20altro.pdf

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    1. Secondo quanto qui (e altrove) più volte analizzato, la manomissione, grave, c'è già stata: l'introduzione del pareggio di bilancio. Ora, secondo gli stessi costituenti, le norme della Costituzione "primigenia", legittimate direttamente dal potere costituente popolare, sono superiori a quelle di revisione, sicchè, in caso di contrasto di queste ultime con le prime, la Corte costituzionale dovrebbe poterne rilevare la illegittimità per (manifesta) violazione dei principi fondamentali della Carta del '48.
      Questo è un tema che, sopra ad ogni altro, per la sua urgenza pratica (sopravvivenza dell'economia e della democrazia italiane), dovrebbe essere URGENTEMENTE posto all'attenzione dei cittadini.
      Tra l'altro,non solo sollevare tale questione coinvolge anche la sindacabilità generale dei trattati e del loro recepimento (violazione artt. 11 e 139 Cost.), ma la Corte cost. tedesca ha già preso una posizione di autotutela unilaterale dei propri principi costituzionali in senso restrittivo verso tutte le fonti europee.
      Altro tema su cui (come provano le rimessioni tedesche su ESM e OMT della BCE) altrettanto urgentemente occorre richiamare l'attenzione dei cittadini

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    2. PS: il "cuore" della Costituzione, sono gli artt.1 e 3, comma 2, che consentono, al di là di aspetti procedurali, di sindacare tutta la serie di manovre "lovuolel'europa"....ALLARME!

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    3. Quarantotto, visto che ne parli qui sopra, e' da un po' che volevo chiederti una cosa: può un articolo della costituzione essere incostituzionale?
      Scusami, non è' un giro di parole ma la semplice evidenza del contrasto fra il pareggio di bilancio e molti altri articoli, oltre che con li spirito complessivo della carta.
      Direi un assurdo/non senso giuridico...

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    4. Del tema ho già parlato (e nel libro verrà approfondito): una cosa è la Costituzione "primigenia", come dice Mortati, un'altra sono le norme introdotte in seguito a revisione, non derivanti al "potere costituente" del popolo sovrano e non aventi lo stesso carattere fondativo a titolo originario. Di conseguenza le seconde, pur fonte definita costituzionale, non possono essere in contrasto con le prime (Costituzione primigenia).
      http://orizzonte48.blogspot.it/2013/03/ccostituzionalita-delle-manovre.html

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    5. Grazie del rimando con link. Leggero' con attenzione, in attesa del libro.
      Un saluto

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  6. Concordo ma la "forzatura" nella comunicazione è dovuta al fatto che il Governo mette sul tavolo solo il problema della modifica del 138 , riservandosi poi di proporre, con urgenza, il resto. Il cuore della costituzione perchè l'ART 138 permette di entrare e mettere poi in circolo tutto il resto. Peraltro già i "10 saggi di Napolitano" il 12 aprile 2013 nella loro relazione finale si posero il problema di trattare la questione Costituzionale in maniera riservata, "Il processo di revisione costituzionale, per quanto
    possibile, deve essere tenuto al riparo delle tensioni politiche contingenti che attraversano quotidianamente la vita del Parlamento e dei partiti."
    Da notare come il Governo Letta ha stravolto quanto detto e verbalizzato da Onida ,che dissentiva sulla deroga all'art 138 e sulla modalità di modifica della Costituzione tramite commissione mista esterna al parlamento. Onida disse: "Riserva di Valerio Onida. Dissente dalla proposta di istituire una commissione redigente mista, costituita su base
    proporzionale da parlamentari e non parlamentari, per le revisioni costituzionali, che seguirebbero un procedimento
    speciale in deroga all’art. 138 Cost. A suo giudizio si rischierebbe così di innescare un processo “costituente”
    suscettibile di travolgere l’insieme della Costituzione, che è bensì opportuno modificare in punti specifici, attraverso il
    procedimento di cui all’articolo 138, ma mantenendo fermi i suoi principi, la sua stabilità e il suo impianto
    complessivo; e si rischierebbe di favorire progetti di revisione “totale” da votare “in blocco”. Si dovrebbero invece
    approvare con il procedimento di cui all’art.138 distinte leggi costituzionali per ognuno degli argomenti affrontati, in
    modo da consentire che su ciascuna di esse si esprimano prima le Camere e poi gli elettori con il referendum. Una
    modifica dell’art. 138 – ma a regime, non come deroga una tantum – sarebbe a suo giudizio opportuna per stabilire
    che le leggi di revisione e le altre leggi costituzionali debbano essere approvate sempre a maggioranza di due terzi
    nella seconda deliberazione delle Camere, e che possa in ogni caso chiedersi il referendum confermativo." http://www.quirinale.it/qrnw/statico/attivita/consultazioni/c_20mar2013/gruppi_lavoro/2013-04-12_relazione_finale.pdf

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    1. Ho l'impressione che quanto detto non sia stato colto appieno: la parte più consistente della violazione SOSTANZIALE (e non procedurale) della Costituzione, E' STATA GIA' PERPETRATA. Da anni (ANZI A COMINCIARE DAL DIVORZIO TESORO-BANKITALIA: ma su questo tema è in arrivo uno studio specifico di costituzionalità).

      Quindi, il governo, su alcune strutture fondamentali alteranti la costituzione materiale e formale, non deve riservarsi di proporre proprio nulla, dato che il "grosso" è già fatto senza colpo ferire (certo che può ulteriormente peggiorare la situazione, intervenendo sui "processi" decisionali costituzionali).

      In sostanza, la rinuncia a sindacare prima Maastricht e poi Lisbona, alla luce degli artt.11 e 139 - cosa ben diversa e indipendente dalla questione attuale, e strumentale, della procedura ex art.138-, nonchè il recepimento senza colpo ferire del "pareggio di bilancio", SONO ANTERIORI E DEL TUTTO AUTONOMI DALL'ATTUALE PROPOSTA DI REVISIONE COSTITUZIONALE.

      Anche se quest'ultima non fosse ora in itinere, dunque, le predette violazioni sono sostanzialmente già,in sè, più gravi di quella ("di pericolo") derogatoria dell'art.138.
      E questo punto fondamentale sfugge compattamente a TUTTE LE FORZE POLITICHE (chi ha governato negli ultimi 30 anni ne è l'artefice e si comprende che lo occulti); pure a quelle di "opposizione".
      Opposizione che, se non è specificamente portata sui punti ora da me testè indicati, NON PUO' centrare l'obiettivo (eventuale) di OPPORSI VERAMENTE AL PUDE.

      Ma cercheremo di rimediare a questa vistosa falla, prima di tutto di consapevolezza democratica e poi di "offerta politica".
      Almeno mi auguro

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  7. Scusate, è tanto OT, ma la querelle Gabanelli - Tremonti mi sembrava meritevole di segnalazione o dibattito...

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    1. Che dire? Al di là dei dettagli di contabilizzazione in bilancio, Tremonti solleva la connessa - e risolutiva- questione della "separazione bancaria", menzionando non solo il Glass-Steagall, ma anche la legge bancaria del 1936.
      Il che, come si dice, taglia la testa al toro.

      Gabanelli in tutto questo, imbeccata non si sa bene da chi, perde completamente la visione di insieme e finisce per portare, more solito, l'acqua al mulino delle banche universali. La querelle spostata sull'indicazione del valore annuale di bilancio, a ben vedere, serve a questo: mi curo di una soluzione "di specie" (apparentemente tutoria del risparmiatore, che comunque rimane complessivamente in contatto col sistema "marcio"), spostando l'attenzione dal problema principale...Una tecnica consolidata

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    2. Infatti era per segnalare come l'ottusità piddinea della Gabanelli... per una volta che Tre-Monti dice una cosa sensata...anzi due.. ;)

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