sabato 21 gennaio 2017

CARE ELITES GLOBALISTE,TRUMP E' UN ACCETTABILE COMPROMESSO. NON VI DATE LA ZAPPA SUI PIEDI


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ANTEFATTO- (ANSA) - "Ricostruiremo il Paese con mani americane e posti di lavoro americani": lo ha detto Donald Trump...
Il sito della casa Bianca passa all'amministrazione Trump. E subito si hanno le indicazioni di quelle che potrebbero essere le prime mosse del 45mo presidente americano. "La nostra strategia parte con il ritiro dalla Trans-Pacific Partnership e dall'accertarci che gli accordi commerciali siano nell'interesse degli americani". Il presidente Trump è impegnato a rinegoziare il Nafta", l'accordo di libero scambio con Canada e Messico, e se i partner rifiutano di rinegoziare il presidente insisterà sulla "sua intenzione di lasciare l'accordo di libero scambio del Nafta".
Hanno fatto il deserto e lo chiamano pace; hanno distrutto la democrazia, rendendola un triste rito idraulico, e lo chiamano politically correct; hanno calpestato e umiliato miliardi di esseri umani e lo chiamano "futuro".

1. La vulgata tristemente trasmessa dalla solita grancassa, in affrettata frenesia para-espertologica, spinna disperatamente i termini di "protezionismo" e di "turbonazionalismo".
Dunque, viene chiamato protezionismo qualsiasi freno al globalismo liberoscambista che si continua a contrabbandare come promotore di crescita e di benessere diffusi, contro ogni evidenza (pp.4-6) dei dati economici mondiali degli ultimi decenni, che indicano la flessione della crescita e il dilagare della concentrazione di ricchezza, nonché di disoccupazione e, soprattutto, sotto-occupazione, come frutto di tale paradigma. 
Un paradigma che, per essere precisi, è la conseguenza non di irresistibili fenomeni naturalistici, ma essenzialmente di imposizioni derivanti da risoluzioni di organismi economici sovranazionali, che hanno alterato radicalmente (v. p.9) il mandato, cooperativo e riequilibratore, originariamente previsto dai trattati che li hanno istituiti, ovvero di imposizioni poste da nuovi trattati che hanno dato luogo al fenomeno del "diritto internazionale privatizzato": privatizzato sugli interessi della ristretta elite che ne impone il contenuto attraverso la sistematica capture dei delegati statali che vanno a negoziare (come ci attesta la lettura di "The Bad Samaritans").

2. Quindi, limitare tale gigantesca concentrazione di potere politico, prima ancora che economico, che vanifica ogni traccia di democrazia dei popoli sovrani (che formalmente dovrebbero decidere se aderire a questi trattati secondo il criterio della democratica decisione fondata sull'interesse nazionale), sarebbe protezionismo; o addirittuta "turbonazionalismo".
C'è un'inesorabile illogicità in tutto questo, una strumentalità manipolatrice che stride con il fatto che gli stessi sostenitori del globalismo liberoscambista si scagliano contro le fake-news, quando il loro gigantesco, e praticamente monopolistico (in senso mondiale), sistema mediatico e di condizionamento culturale, si fonda sulla sistematica diffusione, ultradecennale, di slogan offerti come "fatti" e mirati a nascondere la realtà e gli effetti della globalizzazione istituzionalizzata per via di trattato.

3. Dunque, in questo processo di alterazione sistematica dell'opinione di massa, non c'è mediazione: o il liberoscambismo distruttore della dignità mondiale del lavoro e disarticolatore esplicito di ogni forma di welfare, o la feroce condanna di ogni istinto di sopravvivenza di comunità sociali e di interi popoli, con la demonizzazione di qualunque cosa che assomigli ad un recupero della dimensione solidaristica dell'interesse nazionale: l'individualismo metodologico hayekiano, malthusianamente sterminatore dei deboli e dei "perdenti" della globalizzazione, vuole Elysium e lo vuole senza tollerare obiezioni.

Trump riscopre l'interesse del popolo che lo ha eletto, e di cui si afferma essere parte, e condanna un establishment che si è contraddistinto per uno spietato egoismo, a malapena mascherato dai diritti cosmetici del politically correct, che serve a generare i conflitti sezionali (p.4) su cui prospera il potere sempre più ristretto dei sempre più privilegiati?
Ovviamente, essendo uno di questi privilegiati, è un traditore

4. Ma non possono dirlo così, sic et simpliciter: parte piuttosto l'accusa di populismo, il debunking un tanto al chilo, finanziato da non si bene chi, e alimentato da strani fuoriusciti dai "servizi" occidentali, l'anatema di nazionalista-e-quindi-guerrafondaio, dimenticando, con una faccia tosta che solo la dittatura mediatica prezzolata può consentire, che mai tanti conflitti, in tutto il mondo, sono stati alimentati, sovvenzionati e tenuti in vita a oltranza, come da quando vige il Washington Consensus e l'€uropa della pace e della cooperazione.

Il fatto è che "protezionismo" è un concetto "relazionale": come dice Bazaar, si definisce in funzione dell'oggetto, cioè di ciò che si vuole veramente proteggere.
In tal senso, la globalizzazione istituzionalizzata attuale è la più grande e violenta forma di protezione degli interessi di un'elite sempre più arroccata che si sia mai vista nella Storia.

5. Lo stesso liberoscambismo è, da sempre nella Storia, il protezionismo di coloro che, raggiunta la posizione dominante nei commerci e nei vantaggi comparati della propria produzione industriale, toglie la scala agli altri, in basso, e gli impone, irridendoli moralisticamente (!), di sforzarsi di salire.
Con la gigantesca truffa delle riforme strutturali imposte a suon di condizionalità a Stati esautorati di ogni democrazia, in forza del debito verso il sistema privato bancario mondiale, che si assicura previamente di disarticolare la sovranità monetaria e la praticabilità di uno sviluppo socialmente sostenibile nei singoli paesi del mondo.

Persino il paese leader di questo movimento, cioè gli USA, coi suoi neo-cons, coi suoi ignorantissimi "intellettuali" teorici della "fine della Storia", (già: basta cancellarne i fatti e alterarla a proprio piacimento e finanziare i politici locali affinchè tengano il gioco, contro i popoli che li eleggono!), non ne può più.
Trump, potrà piacere o non piacere ai gusti estetici e etici dell'opinione pubblica occidentale e, in particolare, €uropea.
Ma si rassegnino, i cultori ben pasciuti di questa estetica moraleggiante che finisce sempre per sostenere, da sinistra specialmente, le stesse visioni delle elites, e del FMI, di World Bank, di Goldman & Sachs, di JP. Morgan, dell'OCSE, della Commissione UE e della BCE, - insomma del capitalismo iperfinanziarizzato che prospera sul debito e fa pagare le insolvenze che provoca ai cittadini, contribuenti e/o risparmiatori. 
Trump è solo il primo vagito di una reazione della comunità vera dei popoli oppressi.

6. Non sarà certo eliminando lui, con le trappole e i pozzi avvelenati disseminati dentro l'apparato dell'US Government, dagli interessi oligarchici che esprimono, a titolo privatizzato, gli interessi dell'oligarchia globalista, che si fermerà la marea ormai montante della insofferenza di schiaccianti maggioranze popolari contro questo paradigma antiumanitario.

Abbiamo già detto, più volte, che lo stesso termine protezionismo designa realtà storiche che, nella stessa letteratura economica, sono diverse se non opposte. Lo ripetiamo perché non fa male:
a) Il protezionismo adottato da Potenze imperialiste è l'altra faccia del liberoscambismo, perché ne costituisce l'evoluzione, conservativa delle posizioni dominanti raggiunte e, al tempo stesso, anche l'utile strumento oppositivo alla contenibilità di tali posizioni da parte di altri competitor statuali.
Questa evoluzione (connaturale agli interessi consolidati delle oligarchie che hanno promosso l'imperialismo liberocambista nella fase di conquista) può logicamente preludere al vero e proprio conflitto armato tra potenze imperialiste: ciascuna supportata dalle rispettive nazioni satellite, colonizzate politicamente o economicamente.
b) Il protezionimsmo adottato da ordinamenti nazionali in via di sviluppo, e non dominanti sui mercati internazionalizzati, è invece un ragionevole strumento di crescita del c.d."infant capitalism", come spiegato da Chang ne "I Bad Samaritans" con riguardo a casi non certamente guerrafondai quali la Corea o, oggi, in UE, la "fascista" Ungheria. 
6.1. Quando, dunque, non si tratti di Stati che, dal loro passato imperialista e colonialista, risultino ossessionati dalla egemonia sugli altri, il "protezionismo" nelle sue varie e modulabili forme, si rivela in definitiva uno strumento di avvio della democrazia economica e socialmente inclusiva; al contempo, se lealmente riconosciuto in funzione delle diverse esigenze di sviluppo della varie società statali, è uno stabilizzatore degli interessi dell'intera comunità internazionale a una convivenza pacifica".

7. Ma il fenomeno (apparentemente) nuovo, in cui si inscrive l'affacciarsi sulla scena di Trump, - e che una volta compreso fa capire perché persino fermare un presidente eletto della più potente nazione del mondo si rivelerà inutile-, è un altro.
Infatti, il paradigma della illimitata libertà di circolazione dei capitali, delle banche centrali indipendenti che generano l'idea cialtronica che gli Stati siano debitori di diritto comune, e della conseguente "lotta all'inflazione", contrabbandata come la "più iniqua delle imposte" (v. addendum)alimenta la terroristica confusione tra l'inflazione galoppante-brutta (che si instaura proprio laddove inizia a imporsi il liberoscambismo, o la c.d. "apertura delle economie", ai paesi economicamente più deboli, al fine di creare lo stato di necessità strumentale ad asfaltare ogni vagito democratico), con la presunta virtù della deflazione strisciante e permanente. 
Ma tutto questo genera la deindustrializzazione nelle democrazie (ex) avanzate, e la più devastante disoccupazione strutturale (come indica Rodrik, già citato), e pone anche i paesi un tempo prosperi, come gli USA, nella condizione disastrosa di continui stati di eccezione  finanziari e di vulnerabilità dei conti con l'estero, che, nel lungo periodo, ormai trascorso, genera il legittimo "rigetto" del potere istituzionale da parte del corpo sociale.

8. Quindi, non siate così tracotanti (segno della paura che vi inizia ad assalire), membri dell'elites e manutengoli mediatici che vi identificate in loro: se eliminate Trump, il problema rimarrà e, anzi, avrete ulteriori e più pesanti dosi della stessa reazione. Magari veramente incontrollabili e non mediabili. 
Quindi un beffardo contrappasso, proprio per voi: voi che, per risolvere la crisi che avete deliberatamente creato, sperando di farla franca per i secoli a venire, avete sempre propugnato, appunto, che occorressero "ulteriori dosi dello stesso veleno" (per usare l'espressione, per una volta felice, di Roubini), cioè incessanti "riforme strutturali".
Trump, infatti, dalle nomine di staff, alla coerenza complessiva di ciò che potrà portare a compimento, è pur sempre, in sé, un accettabile compromesso
Membri dell'elite e del suo establishment mediatico-espertologico-orwelliano, sappiate che è nel vostro interesse che almeno corregga, e pure rapidamente, gli orrori più eclatanti del globalismo istituzionalizzato e antidemocratico: non vi conviene, se foste mai stati capaci di comprensione e non in preda al delirante moralismo neo-liberista, che Trump fallisca.

9. Vi conviene, piuttosto, prendervi una bella pausa e augurarvi che Trump, coscientemente o meno (nessuno può scommettere sulla sua consistenza "culturale"), attui esattamente ciò che, negli anni '40 - quando per voi i "mulini" non erano più così bianchi e covavate la rivincita nel risentimento, senza aver evidentemente appreso la grande lezione della crisi del 1929-,  indicava Kalecky (v. p.5):
...In un’economia nella quale l’attrezzatura produttiva è scarsa è quindi necessario un periodo di industrializzazione o ricostruzione […]. In tale periodo può essere necessario impiegare controlli non dissimili da quelli impiegati in tempo di guerra.» (10). Un’affermazione come questa basta da sola a mostrare tutta l’inconsistenza e la superficialità dell’identificazione, che tanto spesso si è voluta fare, fra keynesismo e politiche keynesiane, basate esclusivamente sul sostegno della domanda aggregata".

Se, anziché con la politica dell’offerta, il miglioramento dei conti con l’estero viene perseguito per mezzo della deflazione, il freno che ne deriva alla formazione di capacità produttiva tenderà ad aggravare ulteriormente la situazione. «E’ un affare molto serio - ha scritto un altro keynesiano della prima generazione, Richard Kahn - se l’attività produttiva deve essere ridotta perché la produzione a pieno regime comporta un livello di importazioni che il paese non può permettersi. Ed è un affare particolarmente serio se la riduzione in esame prende largamente la forma di una riduzione degli investimenti, inclusi gli investimenti volti alla formazione della capacità produttiva capace di farci esportare più beni a prezzi più concorrenziali e di diminuire la nostra dipendenza dalle importazioni.» (11). 

Se proprio occorre ridurre gli investimenti, afferma ancora Kahn, tale riduzione deve essere «altamente discriminatoria»: bisogna, cioè, tentare di «stimolare gli investimenti nelle industrie esportatrici e in quelle capaci di sostituire le importazioni, particolarmente nei settori in cui è l’attrezzatura produttiva a rappresentare la strozzatura, e di scoraggiarli in tutti gli altri settori. Le restrizioni monetarie possono, tuttavia, essere caricate di un contenuto discriminatorio solo con difficoltà ed entro limiti piuttosto ristretti. Vi sono qui, per eccellenza, forti ragioni per ricorrere a metodi alternativi di scoraggiare gli investimenti, e particolarmente a quei metodi che operano attraverso controlli diretti» (12).
Dal fatto che la sostituzione delle importazioni e il potenziamento della capacità di esportazione sono obiettivi di medio o lungo termine, mentre la deflazione va evitata fin dall’inizio (anche per non pregiudicare il raggiungimento degli obiettivi suddetti), può discendere la necessità di imporre controlli amministrativi sulle importazioni di particolari merci, e dunque sulla loro distribuzione all’interno del paese".
10. Ma i tedeschi, no, non capiranno mai che tutto questo devono augurarselo (finché sono in tempo...e non sono mai in tempo, come insegna la Storia): basta guardare in TV un intervento qualsiasi di Piller-Gumpel (mi rifiuto di distinguere tra l'uno e l'altro, anche perché, in genere, la mia mano, al comparire di un qualsiasi esponente della premiata ditta, corre alla fondina...del telecomando).

15 commenti:

  1. Risposte
    1. Grazie Poggio. Però, Draghi omette a mio avviso una specifica importante: ok pagare, ma con quale moneta? Non è detto che siano costretti a saldare in "Euro"... anche perchè se Italia, Spagna, Grecia escono, l'Euro cessa di esistere...quindi dovremmo pagare in una moneta...che non esiste più? E poi sarebbe a livello di Banca Centrale, con possibilità di, in caso sovranità monetaria ri-acquisita e unita al Tesoro, swap con valute in entrata da attivo commerciale e, perchè no, avanzo primario...

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  2. MY PINK NIKE SNEAKERS

    Dopo la lezione di storia della psicoanalisi di Barba(in)papà, per tutto il resto c'è NYT ..

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    1. Come sempre, a pensar male... grazie Poggio... in prima battura mi è sembrato molto, molto, molto strano che, il giorno dopo insediamento, in 50 città di tutto il mondo le "donne" si siano messe in contatto fra loro per fare una manifestazione contro Trump... non lo si fa più fra villaggi vicini, lo si fa in 50 nazioni diverse?!?! Pfui... Ma poi, a che pro? Perchè Trump ha detto: "Uniti rifaremo grande l'America"? Cioè, voler rifare grande una nazione comporta la misoginia? Ma che diamine! Che fake new è?!?!

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    2. Se è per quello, è ancor più strano che il giorno dopo Draghi se ne sia uscito come ha fatto e che pure qualche pavido politico italiano attendista abbia riscoperto di colpo la politica economica o le leggi fondamentali dello stato, il cui significato di fondo era chiaro persino a una incompetente totale come la sottoscritta...
      inquietante è dire poco.

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    3. @Flavio

      Ci sono uomini che odiano le donne, altri che ne fanno "uso", altri ancora che .. ;-)

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  3. I “tracotanti … membri dell'elites e manutengoli mediatici” sono sostanzialmente in preda all’isteria. Sono un fenomeno clinico. E’ uno spettacolo seguire i molti Severgnini, vere sentinelle della democrazia, che parlano di Trump. Sono stati tutti assunti per essere indignati a tempo pieno, in servizio permanente effettivo, ma si accorgono che cominciano a fare cilecca. Ignorano il diritto costituzionale, la storia e l’economia e persino il buon senso, e sono stati pasciuti a pane e democrazia cosmetica-obamiana, come il nostro ex Premier, vero prodotto d’origine controllata (in tutti i sensi).

    D’altronde, se non ci fossero i media (con la loro servitù espertologica-pecorile) a coltivare la mediocrità umana, chi mai potrebbe occuparsi di quest’ultima? Continuano a mandare in onda in modo ossessivo il discorso di commiato del filantropo Obama, con inquadrature chirurgiche a tutta la famigliola emozionata e commenti intelligenti al seguito. Che teneroni e che moralisti da avanspettacolo. Scene da libro Cuore all’incontrario. Tra un pò ci diranno che dobbiamo rimpiangere pure il fascismo.

    Ed io sto con Keynes, il quale nel 1944, in una lettera indirizzata ad Hayek dopo aver letto quella ciofeca dal titolo “The Road to Serfdom”, scrisse:

    “… Direi che ciò che vogliamo non è zero pianificazione, o anche meno pianificazione, anzi direi che quasi di sicuro ne vogliamo di più. Però la pianificazione dovrebbe avvenire IN UNA COMUNITÀ IN CUI PIÙ PERSONE POSSIBILI, LEADER E SEGUACI, CONDIVIDANO IN PIENO LA SUA POSIZIONE MORALE…Una pianificazione moderata sarà innocua se coloro che la gestiscono sono GIUSTAMENTE ORIENTATI NELLE MENTI E NEI CUORI RIGUARDO ALLA QUESTIONE MORALE. In realtà è già così per alcuni di loro. Ma il guaio è che esiste anche un settore importante che potremmo quasi affermare voglia la pianificazione non per goderne i frutti ma perché moralmente ha idee esattamente opposte alle sue e vorrebbe servire non Dio bensì il diavolo.

    No, quel che ci serve è il ripristino del retto pensiero morale, UN RITORNO AI GIUSTI VALORI ETICI NELLA NOSTRA FILOSOFIA SOCIALE. Se soltanto lei potesse volgere la sua crociata in quella direzione non sembrerebbe e non si sentirebbe così tanto Don Chisciotte. LA STO ACCUSANDO DI AVERE FORSE CONFUSO UN TANTINO ETICA E PROBLEMI MATERIALI. Le attività pericolose possono essere svolte in tutta sicurezza in una comunità che pensa e sente in maniera retta, ma sarebbe la via per l’inferno se fossero svolte da chi pensa e sente in maniera errata…” [N. WAPSHOTT, Keynes o Hayek, Milano, 2015, 178]. Questa è per gli agitati moralisti mediatici, che ovviamente non la capiranno mai.

    Sono sicuro che la nostra Costituzione sarebbe piaciuta da matti a Keynes

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    1. @francesco .. ;-)

      CILECCA
      ci|léc|ca s.f. av. 1400; etim. incerta.
      RE tosc. beffa, scherno | estens., promessa non mantenuta

      LECCARE
      lec|cà|re
      v.tr. (io lécco)sec. XIII; etim. incerta, prob. affine al lat. lingĕre.

      1. AD far scorrere ripetutamente la lingua su qcs.: leccare un francobollo, il cane lecca la ciotola, la mano al padrone; asportare con la lingua piccole quantità di qcs., spec. di un alimento: leccare un gelato, un ghiacciolo

      2. BU fig., spec. delle fiamme, del fuoco e sim., toccare leggermente, lambire

      3. CO fig., adulare bassamente e servilmente: spera di essere promosso leccando i professori

      4. CO fig., rifinire con eccessiva cura un’opera, un lavoro e sim.

      (De Mauro)

      :-)

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    2. Bravo Francesco...
      Gli "agitati moralisti" avevano paura del comunismo, un tempo (o almeno potevano fingerlo con qualche ragione).
      Oggi hanno solo odio per la democrazia...

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    3. Hanno sempre bisogno di un nemico ideologico contro cui dirigere il veleno in una sorta di guerra permanente. Gli americani hanno fatto scuola.

      Essendo venuto meno il comunismo, hanno pensato bene di prendersela con la democrazia. Sono menti elementari, anzi insetti.

      Con questi soggetti dovremo ricostruire l'Italia perche', come all'indomani del '48 nessuno era piu' fascista, il giorno dopo il crollo del condominio europeo nessuno sara' antidemocratico.

      La vita e' meravigliosa!

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  4. Liberoscambismo = pace; protezionismo (o più in generale, autonomia politica nazionale) = guerra. Ancora qui stiamo.

    "Ho menzionato incidentalmente che il nuovo sistema potrebbe essere più favorevole alla pace di quanto lo sia stato il vecchio. Vale la pena di riprendere questo aspetto e di insistervi.
    La guerra ha parecchie cause. Dittatori e simili, cui la guerra offre, almeno come aspettativa, una piacevole eccitazione, trovano facile operare sulla bellicosità naturale dei loro popoli. Ma al di sopra di ciò, a facilitare il loro compito e ad alimentare la fiamma popolare, vi sono le cause economiche della guerra: la pressione della popolazione e la lotta per la conquista dei mercati in concorrenza. A questo secondo fattore, che ha probabilmente rappresentato una parte principale nel diciannovesimo secolo, e potrebbe ancora rappresentarla, si riferisce in particolar modo questa discussione.
    Ho indicato nel capitolo precedente che, in un sistema interno di laissez faire e con un sistema aureo internazionale, come era conforme alla ortodossia nella seconda metà del diciannovesimo secolo, un governo non aveva alcun mezzo disponibile per mitigare la depressione economica all’interno salvo la lotta di concorrenza per la conquista dei mercati. Erano infatti esclusi tutti i provvedimenti atti ad alleviare uno stato di sottooccupazione cronica o intermittente, salvo le misure intese a migliorare le partite correnti della bilancia commerciale.
    Così, mentre gli economisti erano abituati ad applaudire il sistema internazionale prevalente, in quanto esso offriva i frutti della divisione internazionale del lavoro e al tempo stesso armonizzava gli interessi delle diverse nazioni, esso conteneva nascosta un’influenza meno benigna; ed erano mossi da buon senso e da una corretta valutazione del corso reale degli eventi quegli uomini di stato i quali ritenevano che se un paese vecchio e ricco avesse trascurato la lotta per i mercati, la sua prosperità sarebbe andata discendendo fino a svanire. Ma se le nazioni possono imparare a crearsi una situazione di piena occupazione mediante la propria politica interna (e, dobbiamo aggiungere, se esse possono anche raggiungere l’equilibrio nella crescita della popolazione), non è più necessario che forze economiche importanti siano rivolte al fine di contrapporre l’interesse di un paese a quello dei suoi vicini. Sarebbero sempre possibili la divisione internazionale del lavoro e i prestiti internazionali, a condizioni appropriate. Ma non esisterebbe più un motivo urgente perchè un paese si trovi costretto a svendere le sue merci in un altro o a respingere le offerte del suo vicino, non perchè ciò fosse necessario a metterlo in grado di pagare ciò che esso desiderasse acquistare, ma con lo scopo esplicito di sconvolgere l’equilibrio dei pagamenti in modo da volgere la bilancia commerciale a proprio favore.
    [continua]

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  5. Il commercio internazionale cesserebbe di essere quello che è attualmente, un disperato espediente per preservare l’occupazione interna forzando vendite di merci sui mercati stranieri e restringendo gli acquisti – metodo che, ove avesse successo, sposterebbe semplicemente il problema della disoccupazione nel vicino che ha la peggio nella lotta – ma sarebbe uno scambio volontario e senza impedimenti di merci e servizi in condizioni di vantaggio reciproco.” (J. M. Keynes, Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta, UTET, Torino, 2013 [ed. orig. 1936], pp. 469-70).

    Se solo la storia insegnasse qualcosa… Purtroppo aveva ragione Hegel quando diceva che insegna solo che non insegna mai niente.

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  6. "Lo stesso liberoscambismo è, da sempre nella Storia, il protezionismo di coloro che, raggiunta la posizione dominante nei commerci e nei vantaggi comparati della propria produzione industriale, toglie la scala agli altri, in basso, e gli impone, irridendoli moralisticamente (!), di sforzarsi di salire."

    Come non essere un totale e pieno accordo con il famoso calcio alla scala, kicking away the ladder come dice H.J. Chang (sempre lui):
    "Thus seen, contrary to the popular belief, Britain ‘s technological lead that enabled this shift to a free trade regime had been achieved “behind high and long-lasting tariff barriers” (Bairoch, 1993, p. 46). And it is for this reason that Friedrich List, the nineteenth-century German economist who is mistakenly (see section 3.2 below) known as the father of modern “infant industry” theory, wrote the following passages.

    “It is a very common clever device that when anyone has attained the summit of greatness, he kicks away the ladder by which he has climbed up, in order to deprive others of the means of climbing up after him. In this lies the secret of the cosmopolitical doctrine of Adam Smith, and of the cosmopolitical tendencies of his great contemporary William Pitt, and of all his successors in the British Government administrations.

    Any nation which by means of protective duties and restrictions on navigation has raised her manufacturing power and her navigation to such a degree of development that no other nation can sustain free competition with her, can do nothing wiser than to throw away these ladders of her greatness, to preach to other nations the benefits of free trade, and to declare in penitent tones that she has hitherto wandered in the paths of error, and has now for the first time succeeded in discovering the truth [italics added]” (List, 1885, pp. 295–6).".

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  7. Come dire, la storia ci ha educato che, negli USA, il Nord benevolo non ne poteva più del Sud latifondista, sfruttatore, schiavista... ma nella realtà:
    "Around the time of independence, the southern agrarian interests opposed any protection, and the northern manufacturing interests wanted it, represented by, among others, Alexander Hamilton, the first Secretary of the Treasury of the United States (1789–1795)...

    In fact, it was Alexander Hamilton in his Reports of the Secretary of the Treasury on the Subject of Manufactures (1791) who first systematically set out the infant industry argument, and not the German economist Friedrich List, as it is often thought (Corden, 1974, ch. 8; Reinert, 1996)...

    In his Reports , Hamilton argued that the competition from abroad and the “forces of habit” would mean that new industries that could soon become internationally competitive (“infant industries”) would not be started in the United States , unless the initial losses were guaranteed by government aid (Dorfman & Tugwell, 1960, pp. 31–32; Conkin, 1980, pp. 176–77). According to him, this aid could take the form of import duties or, in rare cases, prohibition of imports (Dorfman & Tugwell, 1960, p. 32). He also believed that duties on raw materials should be generally low (p. 32)... Between 1816 and the end of the Second World War, the U.S. had one of the highest average tariff rates on manufacturing imports in the world (see table 1). Given that the country enjoyed an exceptionally high degree of “natural” protection due to high transportation costs at least until the 1870s, we can say that the U.S. industries were literally the most protected in the world until 1945...".

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  8. "Abraham Lincoln was a well-known protectionist who had cut his political teeth under the charismatic politician Henry Clay in the Whig Party, which advocated the “American System” based on infrastructural development and protectionism, thus recognizing that free trade was in the “British” interest (Luthin, 1944, pp. 610–11; Frayssé, 1986, pp. 99–100). Moreover, Lincoln thought the blacks were racially inferior and slave emancipation was an idealistic proposal with no prospect of immediate implementation (Garraty & Carnes, 2000, pp. 391–92; Foner, 1998, p. 92). He is said to have emancipated the slaves in 1862 as a strategic move to win the war rather than out of some moral conviction (Garraty & Carnes, 2000, p. 405).".

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