1. C'è un concetto "base" che torna prepotentemente alla ribalta in questi giorni, di fronte al dilagare della sovraesposizione mediatica di accadimenti come gli sgomberi di immobili occupati commettendo illeciti penali non "giustificabili" secondo alcuna interpretazione costituzionalmente (cioè democraticamente) orientata, ovvero come la violenza sessuale di gruppo posta in essere da stranieri, probabilmente a loro volta illecitamente presenti sul territorio nazionale (e, nel caso, oltretutto, in danno di altri stranieri che invece erano più che lecitamente entrati come turisti, categoria di cui si esalta l'oggettiva utilità in termini di saldo attivo delle partite correnti dei conti con l'estero, salvo poi contraddire questa auspicata propensione produttiva del territorio italiano attraverso destrutturazione e degrado permanenti perseguiti con l'austerità fiscale che incide su ogni livello di gestione del territorio. Fenomeno che è il naturale corollario degli obiettivi intermedi di pareggio strutturale di bilancio e della privazione della sovranità monetaria imposti dall'appartenenza alla moneta unica).
1.1. Il concetto base è il seguente: l'antisovrano ha paura della sovranità popolare perché non vuole la democrazia.
E non vuole la democrazia (a meno che non sia "liberale", cioè ridotta a mero processo elettorale idraulico che azzera ogni reale possibilità di scelta popolare dell'indirizzo politico da seguire), perché (come dice Barroso, una volta per tutte, richiamando il ruolo imperituro de L€uropa nelle nostre vite quotidiane) la considera inefficiente dal punto di vista allocativo.
E ciò in quanto, appunto, le risorse (monetarie) sono limitate, corrispondono ad un dato ammontare di terra-oro come fattori primi di ogni possibile attività economica, e la titolarità, preesistente e prestabilita, della proprietà di questi fattori precede ogni calcolo economico: cioè legittima un equilibrio allocativo che riflette una Legge naturale a cui asservire ogni attività normativa e amministrativa dello Stato, e rende un diritto incomprimibile il ritrarre un profitto da questa titolarità incontestabile, anche a scapito dell'interesse di ogni soggetto umano che non sia (già) proprietario di questi fattori della produzione.
Il merito che si autoattribuisce il capitalismo è quello di attivare una capacità di trasformazione delle risorse (limitate) per moltiplicare i beni suscettibili di essere acquisiti in proprietà (questo sarebbe il dispiegarsi dell'ordine del mercato, fin dai tempi della teorizzazione ecclesiastica), essenzialmente oggetto di consumo, e di permettere, nel corso di tale processo, l'impiego lavorativo di moltitudini di esseri umani che, in tal modo, sarebbero in grado automaticamente di procurarsi i mezzi di sostentamento.
2. Di conseguenza, come trapela anche da autori (neo)neo-classici (cioè neo-liberisti) del nostro tempo, (eloquente in tal senso è "La nascita dell'economia europea" di Barry Eichengreen, che ho avuto modo di rileggere questa estate, non senza un certo disagio sulla disumana dissonanza cognitiva che ne emerge), il profitto è l'unico motore possibile della società e della sopravvivenza della specie.
Pertanto, i governi debbono esclusivamente preoccuparsi di garantirne la continuità (e ce ne accorgeremo presto, ancora una volta, quando si dovranno "fare gli investimenti" per risolvere la "crisi" dell'acqua), assicurando, nell'unica dialettica considerata razionalmente ammissibile, l'esistenza istituzionale di un mercato del lavoro che vincoli, a qualsiasi prezzo sociale, la massa dei lavoratori non-proprietari a condizioni di mera sussistenza.
3. La moneta gold standard, o qualsiasi soluzione similare, ed anche più rigida, come l'euro, che rendono le politiche di stabilità monetaria indipendenti da ogni altro obiettivo politico (qui, p.17.1.), sono perciò un totem irrinunciabile innalzato sull'altare dell'unico diritto possibile e legittimo, essendo tutti gli altri diritti degli odiosi privilegi clientelari frutto di clientelismo e corruzione, (come ci illustrano con alti lai indignati contro la "giustizia sociale", intesa come "corruzione legalizzata", Spinelli, Hayek e Einaudi).
E l'unico diritto legittimo è, naturalmente, quello al profitto derivante dalla "data" allocazione delle risorse limitate in capo ai pochi grandi proprietari; i quali, in termini di equilibrio allocativo ideale, dovrebbero anche essere gli unici proprietari.
Qualsiasi alterazione di questo equilibrio è considerata razionalmente intollerabile e pone in pericolo l'equilibrio allocativo efficiente che, dunque, è prima di tutto un assetto di potere politico.
Lo Stato che abbia deviato da questo assetto, ponendo in essere divergenti condizioni di redistribuzione di tali risorse, ex ante (o ex post: ma queste ultime sono dotate di un'ambiguità che le rende asservibili anche ad obiettivi del tutto opposti a quelli della tutela del lavoro, come ci insegnano Pikketty, qui, p.8, e l'Unione bancaria), deve "ricostruire", anche con ampi e notevoli interventi, prolungati per tutto il tempo necessario, la razionalità indiscutibile di questa Legge sovrastatuale e perenne.
4. Come si ricollega tutto questo agli episodi di reato (e di loro difficoltosa repressione) posti in essere da "immigrati" a vario titolo nel territorio nazionale?
In modo alquanto coerente con il funzionamento progressivo del sistema di ripristino, accelerato da L€uropa, dell'assetto allocativo efficiente.
L'euro costringe alla svalutazione del tasso di cambio reale e consente che ciò si realizzi unicamente attraverso la riforma incessante del mercato del lavoro-merce (come spiega benissimo Eichengreen parlando del gold standard), cioè al fine di porre in condizioni di progressiva "mera sussistenza", l'insieme dei soggetti non proprietari estranei al controllo dell'oligopolio concentrato e finanziarizzato (una condizione di "classe" che eccede di gran lunga quella del solo lavoratore dipendente, qui, p.4).
5. Il costo politico di tale continuo aggiustamento, in costanza di suffragio universale (condizione mantenuta obtorto collo e in vista di una sua definitiva e formale abolizione), può essere sopportato solo "sostituendo" le classi sociali impoverite, e in precedenza titolari delle aspettative di tutela sociale apprestate, (formalmente ancora oggi), dalla Costituzione, con un adeguato contingente di soggetti "importati", se e in quanto siano sradicati, per inconciliabile vocazione culturale, da questo precedente assetto sociale democratico.
Questi nuovi "insediati" sono dunque preferibilmente (cioè intenzionalmente) prescelti in quanto inclini a considerare la comunità di insediamento come un'organizzazione aliena, i cui precetti normativi fondamentali debbano, al più presto, cedere di fronte alla pressione numerica dei nuovi arrivati e delle loro esigenze primarie (rivendicate esplicitamente come le uniche da considerare, a detrimento di ogni situazione di crescente povertà degli autoctoni, che si lasciano governati dalla condanna a un senso di colpa inemendabile).
L'intera operazione di reinsediamento demografico è pianificata e incentivata attraverso organizzazioni - private ed espressione del perseguimento degli interessi dei grandi gruppi economici che dominano il diritto internazionale privatizzato- che inoculano e rafforzano, nei gruppi etnici reinsediati, questa idea di ordinamento giuridico arrendevole e di aspettativa incondizionata alla redistribuzione ex post di risorse in danno delle classi più povere e deboli in precedenza viventi sul territorio da "trasformare".
6. "Agenti di influenza" (NB: la fonte linkata è ufficiale dell'AISI-governo.it), appositamente predisposti sia all'interno del sistema mediatico dello Stato nazionale di "accoglienza", che operanti nell'organizzazione, reclutamento e agevolazione del reinsediamento, si preoccupano essenzialmente di rafforzare e rendere irreversibile l'idea che le leggi statali nazionali che vietano comportamenti incompatibili con l'ordine pubblico e l'interesse generale della comunità "ricevente", e da trasformare a tappe forzate, siano sostanzialmente immorali o troppo difficili da applicare e perciò oggetto di urgenti riforme (ad es; il cosiddetto ius soli), o, ancor meglio, di desuetudine: cioè di accettazione diffusa della loro inapplicazione in nome di un prevalente "stato di necessità" che si fonda sull'inevitabile "scarsità di risorse".
7. Senso di colpa indotto in via propagandistica dagli "agenti di influenza" e scarsità di risorse, come parametro ormai metanormativo e supercostituzionale, costituiscono un combinato tale che si ottiene anche l'effetto più ambito, come evidenziava Rodrik, da parte delle elites timocratiche che guidano l'operazione: lo scatenarsi del conflitto sezionale tra poveri importati, cittadini esteri, e cittadini impoveriti soggetti all'accoglienza in funzione di fissazione deflattiva dei livelli retributivi.
Il porre i vari pezzi di non-elite uno contro l'altro, scardina ogni senso di reazione alla manovra aggressiva di classe condotta dalle oligarchie cosmopolite, e alla sottrazione della sovranità democratica che, appunto, (così Luciani, p.7) si caratterizzava su una "concezione ascendente", cioè per la sua titolarità "di popolo", e sull'idea di Nazione; l'unica storicamente tale da individuare in senso coesivo e solidale una comunità sociale sufficientemente univoca per determinare gli interessi comuni che la sovranità persegue per sua natura (qui p.11.3 e, prima ancora, come rammentava Lord Beveridge, cfr; p.5 infine).
7.1. L'attitudine distraente del conflitto sezionale si manifesta, per la verità in tutto il mondo occidentale, in modo da amplificare il potere degli agenti di influenza delle elites che hanno buon gioco nello stigmatizzare quell'odio che hanno accuratamente infuso e alimentato nel corpo sociale delle non-elites: e questo fino al punto da delegittimare, nei fatti narrati in modo da forzare etichette di condanna ipocritamente "etica", quelle che sono esattamente le reazioni naturali, quasi meccanicistiche, che avevano inteso deliberatamente suscitare.
Il senso di colpa, in precedenza diffuso a livello di preparazione mediatico-culturale dell'operazione, può quindi essere addebitato al corpo sociale aggredito in base a "fatti" che corrispondono anch'essi alla meccanica calcolata dell'intolleranza che si intendeva suscitare.
8. Il cerchio si sta chiudendo, dunque.
L'unica risposta rimasta è la consapevolezza. E la consapevolezza ci riporta alla rivendicazione della effettiva legalità costituzionale. Oltre di essa c'è solo il territorio di nessuno dello stadio pre-giuridico dei puri rapporti di forza, come ci avvertiva Calamandrei, rapporti imposti dall'ordine internazionale dei mercati.
Il conflitto sezionale che questo ordine mira a portare alle sue conseguenze estreme non deve essere l'inganno finale con cui si autodistrugge la sovranità democratica, in una trappola innescata da odiatori dell'umanità, tanto apparentemente astuti quanto, in sostanza, rozzi e primordiali.
8.1. Basterebbe rammentare due semplici passaggi. Il primo, già citato, è di Rodrik (qui, p.4):
"...riportiamo un significativo brano di Dani Rodrik che, sebbene riferito alle dinamiche dei paesi in via di sviluppo, per
le condizioni create dal liberoscambismo sanzionato dal vincolo esterno
"valutario", ci appare eloquente anche per la Grecia e, di riflesso (mutatis mutandis, in una sostanza però omogenea), per tutti i paesi coinvolti nell'area euro.
Da rilevare che questa spiegazione ci dà ben conto dei sub-conflitti "sezionali" (p.11.1.), in funzione destabilizzatrice della democrazia, che fanno capo ai "diritti cosmetici" e alle identità etnico-religiose-localistiche, conflitti che sono una vera manna per le elites:
"Le conseguenze politiche di una prematura deindustrializzazione sono più sottili, ma possono essere più significative.
I partiti politici di massa sono stati tradizionalmente un sotto-prodotto dell'industrializzazione.
La politica risulta molto diversa quando la produzione urbana è
organizzata in larga parte intorno all'informalità, una serie diffusa
di piccole imprese e servizi trascurabili.
Gli
interessi condivisi all'interno della non-elite sono più ardui da
definire, l'organizzazione politica fronteggia ostacoli maggiori, e le identità personalistiche ed etniche dominano a scapito della solidarietà di classe.
Le elites non hanno di fronte attori politici che possano reclamare di rappresentare le non-elites e perciò assumere impegni vincolanti per conto di esse.
Inoltre, le elites possono ben preferire - e ne hanno l'attitudine- di dividere e comandare, perseguendo populismo e politiche clientelari, giocando a porre un segmento di non elite contro l'altro.
Senza la disciplina e il coordinamento che fornisce una forza di lavoro organizzata, il negoziato tra l'elite e la non elite, necessario per la transizione e il consolidamento democratico, ha meno probabilità di verificarsi.
In tal modo la deindustrializzazione può rendere la democratizzazione meno probabile e più fragile."
9. Il secondo è di Chang (qui, pp.8- 8.1.):
"I salari nei paesi più ricchi sono determinati più dal controllo dell'immigrazione che da qualsiasi altro fattore, inclusa la determinazione legislativa del salario minimo.
Come si determina il massimo della immigrazione?
Non
in base al mercato del lavoro ‘free’ (ndr; cioè globalizzato) che, se
lasciato al suo sviluppo incontrastato, finirebbe per rimpiazzare
l'80-90 per cento dei lavoratori nativi (ndr; oggi è trendy dire
"autoctoni"), con i più "economici", e spesso più produttivi,
immigranti. L'immigrazione è ampiamente determinata da scelte politiche.
Così, se si hanno ancora residui dubbi sul decisivo ruolo che svolge il
governo rispetto all'economia di libero mercato, per poi fermarsi a
riflettere sul fatto che tutte le nostre retribuzioni, sono, alla
radice, politicamente determinate."
...
I vari Paesi hanno il diritto di decidere quanti immigranti possano accettare e in quali settori del mercato del lavoro (ndr; aspetto quest'ultimo, che i tedeschi, ad es; tendono in grande considerazione).
Tutte le società hanno limitate capacità di assorbire l'immigrazione, che spesso proviene da retroterra culturali molto differenti, e sarebbe sbagliato che un Paese vada oltre questi limiti.
Un afflusso troppo rapido di immigrati condurrebbe non
soltanto ad un'accresciuta competizione tra lavoratori per la conquista
di un'occupazione limitata, ma porrebbe sotto stress anche le
infrastrutture fisiche e sociali, come quelle relative agli alloggi, all'assistenza sanitaria, e creerebbe tensioni con la popolazione residente.
Altrettanto importante, se non agevolmente quantificabile, è la questione dell'identità nazionale.
Costituisce
un mito - un mito necessario ma nondimeno un mito (ndr; rammentiamo
che lo dice un emigrato)- che le nazioni abbiano delle identità
nazionali immutabili che non possono, e non dovrebbero essere, cambiate.
Comunque, se si fanno affluire troppi immigrati contemporaneamente, la
società che li riceve avrà problemi nel creare una nuova identità nazionale, senza la quale sarà difficilissimo mantenere la coesione sociale. E ciò significa che la velocità e l'ampiezza dell'immigrazione hanno bisogno di essere controllate".
Stupri e occupazioni di immobili sono qualcosa che, dunque, corrisponde ad un effetto ben prevedibile dell'operazione che si sta ponendo in essere: l'obiettivo è proprio quello di "porre sotto stress le instrastrutture fisiche e sociali" della comunità statale "attaccata", per distruggerne ogni "identità nazionale" per mezzo di una ben preparata condanna mediatico-moralistica e, attraverso di essa, ogni "coesione sociale".
E' questo valore, infatti, il principale ostacolo al pieno ripristino dell'ordine internazionale dei mercati (cioè dell'assetto allocativo efficiente che predica il solo diritto al profitto di pochi proprietari).
10. Riforme in stato di eccezione permanente, accoglienza illimitata, distruzione definitiva della legalità costituzionale sono tutt'uno, dunque, con la cinicamente calcolata diffusione dei reati commessi dagli immigrati. E con la loro enfatizzazione, intenzionalmente diffusiva dell'odio che intendono addebitarci, per poi reprimerlo anche con la forza delle armi. Armi di ogni tipo: il primo sono gli agenti di influenza che, secondo la teorizzazione che ne fa la stessa intelligence, sono destinati a influenzare e controllare l'azione dei governi presso cui tali agenti operano, rispondendo a interessi e direttive ostili alla Nazione infiltrata.
Non ci cascate.
Difendete la Costituzione democratica: con tutti i mezzi che essa offre. Il primo, però, e il più importante, è dentro di voi.
Perché i veri avversari, ci avvertivano i Costituenti, sono quelli che non credono nelle Costituzioni...
Il liberoscambismo di matrice anglosassone (con la prima banca centrale indipendente) fa sempre da modello per l'elite.
RispondiEliminaPer l'elite la costituzione ideale è quella non scritta inglese, cioè un documento riscrivibile a piacere che quando serviva di saccheggiare i vascelli spagnoli o di vendere gli irlandesi come schiavi alle colonie americane lo permetteva e quando serviva una coperta legale allo sfruttamento coloniale la forniva.
A ben vedere la stessa costituzione USA è stata calpestata senza pietà ('riscritta') in occasione della guerra di secessione, in cui l'abolizione della schiavitu' fu solo una utile foglia di fico per coprire le nudità della imposizione violenta del modello di produzione del nord (per es. il Kentucky combatté con i nordisti ed aboli' la schiavitù solo molti anni dopo la fine della guerra e lo stesso Lincoln nel suo discorso di insediamento accettava la schiavitù purche i secessionisti rientrassero nell'unione).
I tentativi di continua riscrittura della costituzioni post 1945 procedono senza sosta e quando falliscono si ottengono gli stessi effetti con i trattati (o con l'annessione, come nel caso DDR).
Sarei già molto contento se potessimo mettere un 20 tra Orizzonte e 48.
Come dire...Noi nordisti (capitale industriale) liberiamo voi schiavi al Sud (meno sviluppato) dalle catene...vi riconosciamo tutte le dovute cosmesi antirazziste (uguaglianza formale) e vi trasformiamo in proletariato industriale (mercato della schiavitù salariata comprensivo di uno straordinario esercito di riserva. Per la (solita) serie: l'operaio costa meno dello schiavo.
RispondiEliminaComunque il documento 'intelligence' è una roba.
..nemmeno Orwell con la consulenza di Kafka. Era la prima volta che leggevo una cosa simile...eh..e io che mi stupivo dell'action painting:)
Bravo: hai fatto bene a leggertelo.
EliminaSpesso i links vengono trascurati obbligandomi a ripetere il discorso in modo più esplicito: colpa mia, probabilmente. Ormai ogni post mi obbliga a scrivere tanto per rammentare ogni singolo passaggio.
Eppure la fatica maggiore è proprio mettere i links per consentire di rimettersi "in pari" a chi è rimasto indietro...
<>
EliminaTi ringrazio perché i links e il glossario mi hanno permesso di iniziare a capire qualcosa...il livello dei post è elevatissimo (pure quello dei commenti a volte non scherza...) e sono proprio uno di quelli rimasti indietro ...di qualche anno!
Per quel pochissimo che si può, proviamo a disinnescare la trappola con la storia e la razionalità.
RispondiEliminaTornando, non casualmente, alle vicende americane, vale la pena citare dal rapporto del Comitato sull’immigrazione, interno al marxista e combattivo American Socialist Party, pubblicato nel 1908 (qui la fonte da cui citerò: pagg. 75-77).
Il Comitato raccomanda di vietare l’immigrazione, in particolare “from specific and definite nations. This exception refers altogether to the mass immigration of Chinese, Japanese, Coreans and Hindus to the United States. We advocate the unconditional exclusion of these races, not as races per se—not as peoples with definite physiological characteristics—but for the evident reason that these peoples occupy definite portions of the earth in which they are so far behind the general modern development of industry, psychologically as well as economically, that they constitute a drawback, an obstacle and menace to the progress of the most aggressive, militant and intelligent elements of our working class population.
The larger and more powerful elements of our ruling classes, the great capitalists, the real and effective opponents of the militant working class, are the real beneficiaries of immigration from those countries, and being well aware that these immigrants are accustomed to a much lower standard of living and do not easily assimilate with the other elements of our population, use every means, legal and illegal, to encourage the immigration of these peoples to a point where it becomes an effective competitor against the progressive elements of the working class, serves to lower their standard of living, and constitutes a formidable factor in perpetuating division among the workers by subordinating class issues to racial antagonisms and thus tends to prolong the system of capitalistic exploitation.”
“The exclusion of the above-mentioned peoples does not prevent the disintegration of the middle classes, but it does, on the other hand, assist the workers by lessening the unemployment, maintaining the standard of living, minimizing the number of possible strike-breakers and lessening the various race problems which tend to confuse and divert the working class in its struggle for final emancipation.”
“The Committee has arrived at this conclusion after several years of careful study of all available data. So far as the time limits of this convention permit, individual members of this Committee are prepared to state the general and specific reasons that have led them to the position taken in this report.”
Naturalmente erano esclusi i rifugiati politici, di cui si riteneva doverosa l’accoglienza.
Ovvero, in generale: “L’unione dei “proletari di tutto il mondo” nel conflitto di classe interno a ciascuna nazione è inconcepibile, a meno di ipotizzare che i rapporti di forza tra capitale e lavoro siano sufficientemente omogenei nei diversi contesti geopolitici. Prima vengono i rapporti di forza all’interno delle singole nazioni e i loro esiti: se questi sono abissalmente diversi, allora nelle nazioni più sviluppate un conflitto interno alla classe lavoratrice, indigena e immigrata, è inevitabile, con conseguente indebolimento generale del suo potere contrattuale.” (Barba e Pivetti, La scomparsa della sinistra in Europa, Imprimatur, Reggio Emilia, 2016, s.p.).
Oltre ad essere fondati sull’esperienza, mi sembrano abbastanza lineari come ragionamenti. Aiutano anche a capire, ce ne fosse bisogno, dove sta, e da quali interessi è incarnato, il problema.
Mi leggi nel pensiero in termini quasi sincronici :-)
EliminaChe post.
RispondiEliminaRicordiamoci che tutto ciò è teorizzato dai padri fondatori della "democrazia" americana affinché la democrazia americana non potesse mai realizzarsi: il Federalist n.10 dovrebberselo imparare a memoria tutti gli imbecilli e, ormai, diciamolo!, traditori della Patria e della classe lavoratrice, che compongono gli europeisti "di sinistra".
(I liberali sono sempre stati collaborazionisti ma non traditori: rispettabili nemici. Un po' sociopatici e col genocidio facile, ma nemici manifesti - almeno per chi non si limiti a comprare libri da esporre nella propria biblioteca)
Mai come ora, però, le nostre menti elementari che berciano contro i musulmani, sono risultate tanto pericolose. Dopo aver creato confusione e propagato falsa coscienza, ora si prestano - da bravo gregge livoroso che bela i frame degli spin doctor credendoli farina del loro sacco - a fornire pretesti per far scattare qualsiasi forma di repressione.
Bravi. Complimenti.
Anticomunismo e islamofobia: dei geni.
Vabbè, fiato sprecato.
Riflettevo poi, pensando ai Padri fondatori statunitensi, che i neoliberisti non hanno fatto altro che riprendere e rimettere a nuovo -hayekianamente - strategie di controllo sociale vecchie di secoli; al limite aggiornate con la tecnologia moderna.
La vera differenza, in realtà, è che i neoliberisti non sono altro che liberali classici con il minus di essere infinitamente più limitati intellettualmente e più ignoranti in modo manifesto e raccapricciante.
Dei macellai ubriachi messi a fare gli ingegneri sociali.
Con che faccia! Tutte le maggiori massonerie europee, la Chiesa Cattolica tramite il decrescista Bergoglio a predicare l'accoglienza, nello stile: l'accoglienza vi renderà liberi.
Complimenti a tutti.
Eufemisticanente, possiamo asserire di assistere ad una colossale figura di merda di fronte alla Storia.
C'e da osservare che poco tempo dopo il 1812 (quando la Casa Bianca fu incendiata dalle truppe inglesi) il fronte liberoscambista anglosassone si ricompatto' e fu enunciata la dottrina Monroe (che definisce il continente americano come mercato di sbocco esclusivo degli USA).
EliminaAlla luce della dottrina Monroe era del tutto pacifico che alla secessione sarebbe necessariamente seguita la guerra degli stati unionisti contro quelli secessionisti.
Le potenze europee, che ben avevano recepito la dottrina Monroe, si affrettarono infatti a tagliare i rapporti commerciali con la confederazione (contribuendo alla sua sconfitta militare).
Bazaar,
Eliminamagari mi sono perso qualche post precedente di 48....ma non mi è chiaro che gioco stiano giocando le gerarchie della Chiesa e il gaucho che le guida.
Possibile che guardino solo agli introiti delle Caritas e a un sogno ingenuamente mondialista, quando secoli fa i cardinali costruivano fortezze ai confini dello stato papale?
possibile che non si rendano conto a fianco di chi sono schierati e quali sofferenze preparano per il "gregge"?
@Luca Cellai
EliminaChang fa notare che il fronte liberoscambista è rappresentato dagli stati del sud, economicamente fondati su schiavitù e latifondi e, di conseguenza, strutturalmente collaborazionisti coi britannici a causa dei "vantaggi comparati".
Tanto che il "partito sudista" era pubblicamente tacciato di essere filobritannico.
Chiaramente, il problema di annichilire la forte aspirazione democratica dei singoli stati nazionali nordamericani prima di essere vincolati dalla federazione - che erano oggettivamente molto libertari rispetto allo stato oppressivo che la putrida "nobiltà" imponeva ai popoli europea - concentrava la discussione dell'élite americana proprio intorno al "check & balance" per produrre istituzioni "federali" che garantissero l'alternanza nella dialettica governo opposizioni tra interessi della proprietà terriera del sud e della borghesia mercantile del nord.
Contemperando la comune esigenza di non permettere strutturalmente la solidarietà di classe dei lavoratori, e, quindi, la democrazia, tramite la natura divisiva della grande federazione ed i suoi corollari di inconciliabilità di interessi molto diversi tra ceti che avrebbero gli stessi interessi di classe. Ossia, il federalismo nasce con l'intento di provocare artificialmente conflitti sezionali non di classe. Così, la sanior pars, può governare indisturbata esclusivamente su indiscutibili ed eticissimi "principi".
La tradizione hamiltoniana liberista ma non liberoscambista, volta a proteggere l'infant capitalism del nord, troverà poi naturale sbocco con Lincoln.
Certo è che la dottrina Monroe segna l'indipendenza nazionale degli USA che, in qualche modo, possono sviluppare la propria industria nazionale ed essere loro ad imporre il "libero scambio" agli altri.
Infatti, dalla Hazard Circular del 1862 si evince che al capitale britannico sta bene che gli USA si emancipino definitivamente e non rimangano ad esportare patate e cotone - come vorrebbe la logica ricardiana di specializzazione - poiché de facto hanno dimostrato la forza per entrare nell'élite delle "potenze imperialiste": aboliscano pure la schiavitù ma che si attengano totalmente al "protocollo" liberale: scarsità delle risorse tramite controllo privatistico dell'emissione monetaria. Che Lincoln la pianti col "crimine" di soddisfare la domanda di denaro per lo sviluppo dell'economia. Non si vorrà mica rischiare di arricchirsi tutti e far finire l'ordine secolare che permette esorbitanti privilegi ai pochissimi, no?
Schmitt si sgola per decenni a dire, poi, che ogni volta che si parla di Occidente e occidentali, si parla sempre e solo di dottrina Monroe. Quando l'Occidente avrà compreso Russia, Iran, Corea del Nord, Siria e Cina... bè, anche degli USA non ci sarà più bisogno. Tutto sarà Occidente per la gioa del Grande Oriente. E, come sapevano i Founding Fathers, l'umanità si schiavizzerà in un'impersonale tirannia a cui non parteciperanno neanche le stesse élite con la loro infantile vocazione mondialista.
@Morob
Non credo che la Chiesa Cattolica sopravviverà: Bergoglio, dalle lettere della Clinton, pare essere una Primavera Araba in versione vaticana.
La politica cattolico-romana, dato l'infantile disegno di massima dei mondialisti, non può che convergere al monoteismo originario: d'altronde, come diceva Disraeli, il cristianesimo è ebraismo per il popolo.
One money, one market, one religion: two classes and two morals. No people, no persons: only empty individuals: masters and slaves.
Il mondialismo e, di conseguenza, l'afflato antidemocratico, antisociale e, in definitiva, antiumano e antievangelico del cattolicesimo romano viene analizzato e dibattuto nei suoi elementi strutturali qua.
QUA
EliminaL'hai detto: antievangelico. Bergoglio passerà, fa parte della storia, e della dottrina, che i molti passino ma la Chiesa resti. Lo spero da critica ma umile osservatrice.
EliminaLa reductio ad Bergoglium è solo un modo di nascondere a se stessi una consapevolezza che si ha il dovere di rendere processo cognitivo (preferibilmente studiando): l'essenza del fenomeno precede e prosegue prescindendo da figure storiche contingenti, che invece SONO e rimangono il prodotto necessitato di una struttura e di una funzione (se vuoi chiamala "missione") immutabili Semmai mutano alcune forme fino al dispiegarsi della loro intenzionalità storica: ed è questo il senso della (ri)convergenza al monoteismo originario. Esso è stato sempre lì, assumendo una "forma" epocale (di un'epoca che volge comunque al termine) e che l'ha esteso a masse in precedenza inimmaginabili.
EliminaQuesta SOSTANZA immutabile, anzi, costituisce un carattere intenzionalmente voluto e orgogliosamente rivendicato.
http://orizzonte48.blogspot.com/2017/08/lascienza-di-einaudi-tra-vescovi.html?showComment=1504138492131#c8870282669348673164
(Voler intendere un commento di Bazaar partendo da una "precomprensione" legata al momento storico - e psicologico- attuale, è ficcarsi in un "euroboro" concettuale: gli esseri umani vogliono veramente essere liberi? La democrazia è un'inutile aspirazione solo perché tensione umanista priva di riscontro storico? E l'umanesimo è legato all'uomo quale noi diamo per scontato, come essere difettoso - e perciò "colpevole"- bisognoso di protezione eteronoma di fronte all'Infinito?)
Tornando un attimo al documento...mi ha fatto effetto proprio il registro asettico da manualetto 'Edizioni Simone'con tanto di 'note' e Autorevoli Dottrine (di "autorevoli" autori). Manca la giurisprudenza!...eh eh..:):):)
RispondiEliminaMa del resto..un bell'esempio di pianificazione dell'impatto emotivo (anti-stato oriented) non può considerarsi proprio l'articolo ALLUCINANTE di Mr. Rothbard linkato credo tre o quattro post fa? Ma ci rendiamo conto di cosa circola?
Elenco alcune delle considerazioni secondo me più devastanti per chi non avesse il tempo di di andarsi a leggere tutto il 'saggio'...
Saggio di critica cinematografica
RispondiEliminaOvvero
Dei disturbi comportamentali di Rothbard [matematico,economista,Austrian School]
Hollywood has brought us two great, romantic genres, two forms of movies where the war of good versus evil could play itself […] one of my favorites:
The Bounty Hunter, in which Henry Fonda heroically plays a PRIVATIZED and HIGHLY EFFECTIVE law enforcer hated – naturally – both by the villains and by THE SHERIFFS and DEPUTIES whom he outcompetes for far higher pay). Unfortunately […] the leftist insistence in the later Westerns for the Indians to be the Good Guys and the whites the Bad.. […] the insistence on destroying familiar heroes […] helped destroy the Western genre.
The key to The Godfathers […] is […] the fact that the Mafia, although leading a life outside the law, is, at its best, simply entrepreneurs supplying the consumers with goods and services of which they have been unaccountably deprived by a Puritan WASP culture
[…fin qui nulla di strano; ma ora arriva un DSM: THE GOLD COLLECTION …al fulmicotone!]
1. The unforgettable images of mob violence juxtaposed with solemn Church rites were not meant, as left-liberals [pericolosissimi!] would have it, to show the hypocrisy of evil men […NO?]. For these Mafiosi, […] represent one important way in which Italian Catholics [ITALIANO CATTOLICO = MAFIOSO = OTTIMO IMPRENDITORE…COME SI DIRÀ A BREVE] make their way in, a totally alien world dominated by WASP Puritan insistence that a whole range of products eagerly sought by consumers be outlawed.
2. […] the point is that since the government police and courts will not enforce contracts they deem to be illegal, debts incurred in the Mafia world have to be enforced by violence [!!!], by the secular arm. But the violence simply enforces the Mafia equivalent of the law: the codes of honor and loyalty without which the whole enterprise would simply be random and pointless violence.
RispondiElimina3. In many cases, especially where "syndicates" are allowed to form and are not broken-up by government terror, the various organized syndicates will mediate and arbitrate disputes, and thereby reduce violence to a minimum [microeconomia! concorrenza perfetta tra trust mafiosi: STATO NON TI INTROMETTERE altrimenti li costringi A FARE I MAFIOSI! LASCIAMOGLIELO SOLO ESSERE!. Just as governments […] are supposed to be enforcers of commonly-agreed-on rules and property rights, so "organized crime," when working properly, does the same. EXCEPT that in its state of illegality it operates in an atmosphere charged WITH DIFFICULTY AND DANGER [beh…mi sembra ovvio no? Poverini...concorrenza sleale da parte dello StatoBrutto detentore del MONOPOLIO della forza in quanto sovrano!!!]
4. […] our leftist culture hates and reviles the Mafia and organized crime, WHILE it lovingly excuses, and apologizes for, chaotic and random STREET PUNKS VIOLENCE which amounts to "anarchy" in the bad, or common meaning. […] street violence embodies the ideal of left-anarchism [!!]
5. TOP. One great scene in The Godfather embodies the difference between right and left anarchism. One errant, former member of the Corleone famiglia abases himself before The Godfather (Marlon Brando). A certain punk had raped and brutalized his daughter. He went to the police and the courts, and the punk was, at last, let go (presumably by […] a soft judicial system). This distraught father now comes to Don Corleone for justice. Brando gently upbraids the father: "WHY DIDN'T YOU COME TO ME? WHY DID YOU GO TO THE STATE?" THE INFERENCE IS CLEAR: THE STATE ISN'T ENGAGED IN EQUITY AND JUSTICE; TO OBTAIN JUSTICE, YOU MUST COME TO THE FAMIGLIA.
Finally, Brando relents: "What would you have me do?" The father whispers in the Godfather's ear. "No, no, that is too much. We will take care of him properly." So not only do we see anarcho-capitalist justice carried out, BUT IT IS CLEAR THAT THE MAFIA CODE HAS A NICELY FASHIONED THEORY OF PROPORTIONATE JUSTICE [Capito? Aveva ragione Santi-Romano col suo istituzionalismo/pluralismo degli ordinamenti! E c'è pure il rispetto del principio di proporzionalità nella comminazione della pena! L’ Illuminismo giuridico di Beccaria!]
IN A WORLD WHERE THE IDEA THAT THE PUNISHMENT SHOULD FIT THE CRIME HAS BEEN ABANDONED AND STILL STRUGGLED OVER BY LIBERTARIAN THEORISTS IT IS HEART-WARMING TO SEE THAT THE MAFIA HAS WORKED IT OUT IN PRACTICE.
6. [PARAGONE TRA I DUE FILM] But how in contrast does GoodFellas handle this conflict? […] whereas in Godfather, everyone knows that disobedience to the Don will bring swift retribution, ….[!!!] the other WISEGUYS DISOBEY DON CICERO AND NOTHING HAPPENS TO THEM. WHAT KIND OF DON IS THAT? [= Don Cicero NON è il modello d’impresa di riferimento! IL PADRINO!...Lui sì che è un Dio dell’allocazione delle risorse scarse!!!]
Poi quando il "brunoleoncino" ti dice che che per avere una giustizia efficiente devi privatizzare i tribunali e metterli in competizione sulla trasparenza...manteniamo la calma.
"Benito Mussolini, nel periodo compreso tra il 1918 e il 1924, operò come
RispondiEliminaagente di influenza britannico48 al soldo del Security Service (meglio conosciuto
come MI5). In particolare, durante la sua attività di direttore del giornale
Popolo d’Italia, si occupò di gestire una campagna stampa a favore
della Gran Bretagna e della Francia, volta a sensibilizzare positivamente
l’opinione pubblica italiana in merito all’impegno del Paese nel primo conflitto
mondiale contro gli imperi dell’Europa Centrale. Successivamente,
dopo la sua ascesa al potere politico nel 1922, Mussolini adottò alcune decisioni
in linea con il progetto britannico di sabotare il processo di indipendenza
energetica che l’Italia stava avviando in quella fase storica. Una delle
misure adottate in tale direzione, fu la decisione di Mussolini di sopprimere
la Direzione Generale dei Combustibili (DGC), istituita con il compito
principale di ridurre la dipendenza energetica dell’Italia dagli altri Paesi e
dalle compagnie petrolifere straniere (molte delle quali britanniche)."
Obiettivo che perseguì ben oltre 1924
Segue:
Notare che dal materiale desecretato dei servizi inglesi e statunitensi visionato da Fasanella e Cereghino, emerge come lo stesso assassinio di Matteotti può essere coerentemente relazionato alle politiche energetiche, in cui tanto i britannici quanto quanto gli americani erano coinvolti su suolo italico.
EliminaMatteotti tornava da Londra dopo pare aver ricevuto documentazione compromettente sui "giochi petroliferi" tra fascisti, americani ed inglesi: la mano assassina fu fascista. Ma, a quanto pare, i mandanti no.
Gli Einaudi, i Montanelli, gli Scalfari, i Barzini, i Severgnini, hanno tutti qualcosa in comune; sicuramente, direi, non è l'amore per la Patria e per gli Italiani.
La questione dell'autorazzismo è documentata essere una forma di colonialismo.
L'analisi marxiana porta con certezza a questa conclusione: razzismo e manipolazione del guilt system (autorazzismo, moralismo clericale o laico-politically-correct), sono secolari strumenti usati dall'imperialismo e dalle ierocrazie, nella versione internazionale di lotta di classe e oppressione dei subalterni.
Il riscontro empirico esiste, e Fasanelle e Cereghino riportano l'esempio del nostro Paese.
L'unico familismo amorale è quello delle grande dinastie che controllano oligopolisticamente gran parte delle risorse del pianeta.
"Quando l'Italia stava per diventare potenza petrolifera...... La grande occasione risale nel 1932 quando spira il mandato inglese imposto sull'Irak dopo la fine della prima guerra mondiale, e il governo di Bagdad cerca allora di mostrare la sua nuova sovranità col sottrarre i giacimenti dalla destra del Tigri al controllo di una società a capitale misto anglo-franco-americano, per girarli a una nuova società di cui è socia al 25 per cento anche l’Agip. Nel 1934 le difficoltà finanziarie dei partner permettono alla nostra società di Stato di accrescere la propria quota al 44 per cento. Nel 1935 un’analoga contingenza porta l’Agip alla maggioranza assoluta del 52 per cento, mentre le prime prospezioni danno risultati spettacolari: 500 tonnellate giornaliere nel primo dei due punti considerati e addirittura 2000 nel secondo. E nell’ottobre di quello stesso 1935 è aperto un pozzo che dà ben 20.000 barili al giorno. La relazione che arriva a Mussolini riferisce che in tutto l’Agip in Iraq ha già raggiunto “la quantità di circa 32.000 barili al giorno, corrispondenti a 1.750.000 tonnellate all’anno”. Un mare di greggio che avrebbe reso l’Italia del tutto autonoma dal punto di vista energetico e perfino esportatrice. Ma il Duce quelle carte non le legge quasi, distratto come è dall’impresa coloniale vecchio stampo che ha deciso di condurre in Etiopia. Anzi, proprio per finanziare quella guerra dispendiosissima che agli inizi del ’36 ordina all’Agip di liquidare tutto. Per 350.000 sterline, offerte dalla Chase Bank, il tesoro petrolifero italiano in Iraq torna alla Ipc: la stessa società cui il governo di Bagdad l’aveva sottratto quattro anni prima."
RispondiEliminaSe poi pensiamo come è stata combattuta la seconda guerra mondiale dai Capi di Stato Maggiore dell'esercito Italiano molti conti potrebbero tornare. Il sospetto di avere sempre avuto fin dall'Unità d'Italia una classe dirigente nella sua quasi totalità al soldo d'interessi di centrali estere è molto forte. Come dimenticare gli attacchi contro Enrico Mattei dalle colonne del Corriere della Sera condotti da Indro Montanelli nei giorni che precedettero "l'incidente" aereo che costò la vita al Presidente dell'Eni?
Aggiungo che mi sono dimenticato d'inserire la fonte concernente lo scritto sul petrolio irakenno :
RispondiEliminaMussolini e il petrolio iracheno
di Maurizio Stefanini - 08/09/2007
Mauro Canali
MUSSOLINI
E IL PETROLIO IRACHENO
Einaudi, 204 pp., euro 15
Mussolini era un agente francese: ci sono le ricevute con cui la SFIO (perché in Francia i socialisti possono essere patriottici) lo pagò per favorire l'intervento.
Elimina(E comunque basta con la leggenda nera autorazzista del "tradimento degli ammiragli" e altre amenità: il fronte italiano non poteva andare diversamente, è un miracolo che siamo riusciti a combinare qualcosa.
Il disastro di "Compass" è identico al disastro di Barbarossa e ha le stesse origini - incapacità di pensare i carri come forza mobile indipendente dalla fanteria - però nessuno da ai sovietici - e prima agli anglo-francesi in Piccardia - degli incompetenti: meditiamoci su.
Per non parlare poi, appunto, del cd. "Tradimento della marina", perla del revisionismo fascista e dell'autorazzismo radical chic: il disastro della Marina Italiana è dovuto al radar (che non potevamo sviluppare per problemi di soldi, grazie de Stefano) ed Enigma (l'"invincibile" macchina crittografica crucca, putacaso).
Anzi, sapete come nasce la leggenda nera degli italiani nella 2GM? La inventano gli inglesi per coprire Ultra, contando che i crucchi avrebbero creduto più facilmente all'incompetenza italiana che alla fallacia della loro super-macchina. Ergo, ogni volta che propagandiamo la leggenda del tradimento degli ammiragli diffondiamo una panzana razzista inglese pensata per far abboccare il pregiudizio anti-italiano tedesco!)
Sui rapporti tra Inghilterra e Fascismo ne parlano anche Cereghino e Fasanella (2014): Il golpe inglese, ChiareLettere.
EliminaVerosimile che Mussolini, e in realtà tutti gli interventisti che fecero capo a Salandra (l'attore principale della vicenda), fossero "incentivati" sia dai francesi che dagli inglesi. Che, infatti, con quei pagamenti pre-intervento giustificarono poi l'esclusione italiana dalle riparazioni dovute ai vincitori e "vincolarono" l'Italia all'inflazione/svalutazione successiva alla guerra, perseguita per mantenere intatti i profitti delle commesse (spesso "avariate") pagate, a monte, coi finanziamenti anglo-americani.
EliminaPeraltro, non mi pare che Mauro abbia parlato del tradimento degli ammiragli: la questione del radar e di "enigma", con la conseguente mistificazione autoassolutoria tedesca in funzione anti-italiana (gli anglosassoni parteggiano sempre per i tedeschi per disprezzare gli odiati "papisti" latini), è arcinota e non posta in contestazione dalla storiografia più diligente.
Il cd. Tradimento degli Ammiragli è oramai una metonimia del fantasioso tradimento sistemico delle FFAA regie, certo nella Dolchtosslegende fascio-tedesca secondo cui la Germania hitleriana ha perso la 2GM per colpa del tradimento italico a fronte di una cameratesca collaborazione mussoliniana. Stesso humus sociale in cui oggi cresce la destra sciovista e piagnona di cui parla Baazar supra.
EliminaÈ una storiella fastidiosa comune anche nella "storiografia" diffusa. Volendo denunciarla, spero di non aver fatto torto a Mauro per troppa enfasi.
C’è qualcosa di mio da aggiungere. Al Mussolini incentivato dai francesi e dagli inglesi aggiungo un Mussolini convinto di poter cavalcare le situazioni con i piedi in due staffe, soprattutto dopo il successo di Monaco. L’ordine alle truppe, nelle prime due settimane di guerra, di non attaccare, non trova altre giustificazioni. Il tradimento della guerra filo tedesca mi apparve chiaro dalle parole di un mio testimone di nozze: il gen. Alessandro Piazzoni, già comandante della 101a divisione motorizzata Trieste che non completò l’accerchiamento dei neozelandesi ordinato da Rommel: “Perché siete rimasti fermi a Bu Cremisa?”La risposta fu chiara: “Bastico non voleva che vincessero i tedeschi” Ma è sulla Marina e sul radar che mi soffermo. Guerra d’Etiopia: Marconi piomba nello studio del Duce:”Possiamo vedere di notte!” Nulla! Poi, 1939. Sul tetto dell’Accademia Navale, a Livorno, girano due radiotelemetri o radar realizzati dal prof. Tiberio. Uno è quello giusto e vede gli aerei a 30 chilometri. Alla dimostrazione assistette l’allora comandante dell’Accademia Angelo Jachino, l’uomo della notte di Matapan (1941), che nei suoi libri auto assolutori non sapeva del radar. I radar italiani? All’armistizio, i tedeschi portarono in Germania la catena di montaggio del radar Folaga. Su Matapan, sul sacrificio, voluto (per salvare l’ammiraglia), della 1a Divisione incrociatori, ho scritto e riscritto e ricordo le parole d’uno zio acquisito: L’ammiraglio Mario De Monte, in guerra, Capo Ufficio Intercettazioni Estere del SIS, Servizio Informazioni Segrete: “Quella volta, i miei colleghi hanno esagerato”. Ma chi erano i colleghi e chi erano gli ammiragli traditori? Ho ascoltato e letto molto dall’ammiraglio Luigi Donini, sottordine di Mario De Monte e decrittatore di fama mondiale. L’ordine d’Operazioni trasmesso alla Squadra Navale per radio, anziché a mano; i messaggi inglesi alla Mediterranean Fleet sull’operazione italiana in Egeo. Particolarmente, il primo, trasmesso a brevissimo tempo dalla trasmissione del nostro. Neanche il tempo di decrittarlo. E il secondo: “Quanto qui contenuto,probabilmente, si riferisce al precedente messaggio..! Ah, ecco! Il primo non era stato ancora decrittato, ma era giunto il testo via telefono.Come? Il Capo Ufficio Spionaggio del SIS, capitano di fregata Max Ponzo nato al Cairo e figlio di un agente dell’Intelligence Service, aveva per suocero il legale dell’Ambasciata Britannica presso la Santa Sede, aperta a Roma per tutta la guerra. Ponzo, all’armistizio, consegnò agli americani una relazione (che ho in copia) sul SIS con allegati nomi, cognomi, indirizzi e numeri di telefono di tutto il personale del Servizio Informazioni Segrete e fu nominato capo del Servizio, per volontà alleata. Al suo Ufficio soltanto (senza obbligo di registri contabili) poteva appartenere la macchina cifrante della Regia Marina Hagelin presa dagli inglesi probabilmente a Castelrosso, ma 2 mesi dopo Matapan. C’era, poi, l’ammiraglio Franco Maugeri decorato dagli americani con la loro più alta decorazione. Dal giugno 1941, fu a capo del SIS e c’erano gli ammiragli del turno di guardia a Supermarina, che trasmettevano i messaggi con l’Enigma, sfondata dagli inglesi e c’era, infine, una principessa; ma in casa Savoia nulla si faceva che il re non volesse. La divisività è la nostra caratteristica peculiare.
EliminaMussolini fu introdotto nel giro dei finanziatori dei 'rivoluzionari di professione' da Angellica Balabanoff mentre era rifugiato in Svizzera (in quanto renitente alla leva).
EliminaInvece Hitler fu istruito da questo altro personaggio dei servizi USA.
Gli fece scrivere il Mein Kampf, gli scrisse gran parte degli inni hitleriani e rientrò negli USA pochi anni prima dello scoppio della II GM.
Fu lui che assicuro' i finanziamenti esteri (intelligenti pauca) che resero possibile l'ascesa del partito nazionalsocialista.
Le sue foto col fuhrer, molto comuni negli anni 30, sono ormai introvabili...
https://en.wikipedia.org/wiki/Ernst_Hanfstaengl
Hai fatto bene a ricordare "renitente alla leva".
EliminaLo stesso Hitler in guerra fece il furiere portamessaggi e, alla prima bomba esplosagli vicino, ebbe crisi di nervi tanto che fu ricoverato in ospedale psichiatrico per traumatizzati per il resto della guerra. Poi fece eliminare lo psichiatra che l'aveva avuto in cura, redigendo una impietora diagnosi (il relativo documento era in mano a aristocrazia che intendeva usarlo per ricattarlo...).
Un attimo: il Mussolini interventista fu finanziato prima di tutto da industriali italiani interessati all'intervento - in particolare Fiat, Ansaldo, Edison, Parodi - con l'intermediazione di Filippo Naldi, sollecitato dal ministro di San Giuliano (per tutto questo: De Felice, Mussolini il rivoluzionario, Einaudi, Torino, 1965, pagg. 273 e ss.) e forse dallo stesso Salandra.
Elimina“How long Naldi served as the foreign minister’s liaison vis-à-vis the press is uncertain, but it may well be that he lost this position only upon Di San Giuliano’s death on 16 October 1914. It is established fact that the Consulta regularly spent substantial funds to influence the content of the Italian press. Once Di San Giuliano actually told British Ambassador Rennell Rodd that one review (La Vita Italiana all’estero) received 3000 francs a year. The Consulta maintained a secret fund specifically for this purpose. One memorandum listing disbursements from this fund survives in the papers of Prime Minister Antonio Salandra. Although without date, evidence suggests it was written in the spring of 1914. This document indicates several journals had recently received annual payments.” (William A. Renzi, Mussolini's Sources of Financial Support, 1914-1915, “History”, giugno 1971, n. 187, p. 191).
Tra i finanziatori stranieri, i più generosi furono i francesi, con cui Mussolini prese accordi già nel ‘14, che potevano disporre di cospicui “fondi segreti” stanziati per influenzare l’opinione pubblica all’estero. I socialisti, il cui appoggio a una macelleria delle classi popolari con accumulo di una montagna di debiti di guerra (che “dà un’idea del tributo che il proletariato e le classi non abbienti «dovranno» pagare per decenni alla borghesia internazionale, per essersi degnata di conceder loro la possibilità di sterminare milioni di fratelli”, come scriveva Lenin nel ‘17), faticherei un po’ a caratterizzare in termini di “patriottismo”, furono tra gli intermediari: “Mussolini poteva contare d’altra parte sull’appoggio dei socialisti francesi che, avendo aderito all’Union sacrée, avevano dei posti nel governo e, attraverso Jules Guesde, il controllo sui fondi segreti.” (Luc Nemeth, Dolci corrispondenze. La Francia e finanziamenti a “Il Popolo d’Italia” 1914-1916, Italia contemporanea, 1998, n. 213, pag. 609. Per quanto ne so è l’articolo basato sulla più vasta ricerca negli archivi francesi).
Poi ci sono gli inglesi, che lo finanziarono nel ’17, per combattere l’ondata pacifista (cioè per spezzare gli scioperi) che si stava diffondendo dopo Caporetto: lo sappiamo dal ’54, quando Hoare lo scrisse nelle sue memorie, e se n’è trovato riscontro archivistico qualche anno fa.
Sollecitò, anche se non è chiaro se ottenne qualcosa, finanziamenti anche presso il governo russo (ne parlano sia De Felice che Renzi).
Quanto a Hitler, la questione mi pare molto OT. Per il momento mi limito a suggerire di prendere Sutton e simili con molta cautela.
@Arturo
EliminaMussolini nell'Agosto 1914, da direttore dell'Avanti, scrisse il famoso articolo interventista "per la palingenesi del sistema politico italiano e dell'organizzazione del sistema economico, giuridico e sociale".
Nell'Ottobre 1914 fu quindi espulso dalla direzione dell'Avanti e dal partito socialista.
Angelica Balabanoff nelle sue memorie (all'epoca erano ancora amanti) scrisse che non riusci' mai a capire i motivi della sua improvvisa conversione (da non interventista ad interventista) e da dove arrivo' il denaro, visto che fino ad Agosto Mussolini era solo benestante, ma non cosi' ricco da aprire un nuovo giornale tutto suo e diventare editore....
Il 15 Novembre 1914 infatti Mussolini, divenuto PROPRIETARIO del Popolo d'Italia (da dipendente dell'Avanti che era fino al mese prima), inizia la sua parabola politica che, come per le pubblicazioni del giornale, si interrompe bruscamente il 25 Luglio 1943.
Oggi sappiamo CON CERTEZZA (documenti de-secretati inglesi) che le sterline per l'acquisto delle rotative, l'assunzione delle maestranze, i locali, la carta ed il materiale da stampa, la distribuzione su tutta Italia (perche' fu a tiratura nazionale ed in breve tempo divenne il terzo quotidiano nazionale), le forni' il governo si sua Maesta'.......
Per quello che riguarda Hitler bisogna poi leggersi il Mein Kampf (e' una zozzeria ma bisogna farlo se si vuole capire!).
Siccome il Mein Kampf fu scritto (e rivisto varie volte fino alla stesura finale da Hanfstaengl) con lo scopo (non dichiarato) di sbloccare i fondi per pagare il personale del nascente partito nazionalsocialista (il cui manifesto iniziale era come noto una scopiazzatura indegna del Manifesto del Partito Comunista con cui non si andava da nessuna parte), esso conteneva apertis verbis i punti chiave su cui i finanziatori anglosassoni erano particolarmente sensibili:
1) l'ammissione che la I guerra mondiale fu un errore da parte della Germania perche' l'Inghilterra andava considerata come un impero con cui allearsi e non un nemico (e che per il trattato di Versailles 'chi ha avuto, avuto, chi ha dato ha dato, come nella celebre canzone napoletana);
2) che Inghilterra e Germania dovevano invece distruggere insieme il comunismo, spartirsi la Russia ed utilizzare gli slavi come esercito industriale di riserva;
3) che per aderire alla secolare politica estera inglese (nessuna potenza egemone in Europa) la Germania nazista avrebbe coltivato l'alleanza con l'Italia fascista (allora molto apprezzata da Churchill e da tutta l'elite inglese) per bilanciare il peso dell'impero francese.
Ancora a maggio 1941 Hitler era cosi' convinto di riuscire a stipulare la pace con l'Inghilterra (prima di lanciare l'attacco alla Russia del suo alleato Stalin il 22 Giugno) da mandare in missione il suo braccio destro Rudolph Hess nel suo volo senza ritorno sulla Scozia.
Chissa' di quanti altri documenti disporranno gli storici del futuro che, volendo, potrebbero fare luce su tutti i retroscena.
Ovviamente gli storici anglosassoni (i vincitori) tendono a nascondere tutto, ma se venissero sconfitti e cominciassero a pubblicare gli storici russi......
Scusa Luca, ti spiace indicarmi la fonte precisa relativamente ai finanziamenti inglesi a Mussolini già nel ‘14? Voglio dire, alla domanda "chi paga?", giustamente martellata dall'Avanti all'apparire de Il popolo, la risposta la sappiamo ed è quella che ho ricordato: Mussolini era in contatto da mesi con Naldi, che gli procurò i primi finanziamenti, in particolare attraverso degli anticipi in conto pubblicità attraverso una società creata per l'occasione, cioè l'Agenzia italiana di pubblicità, e tutti i contatti necessari per avviare il giornale (è vero poi che nel novembre del ’14 il futuro “duce” fece anche un tentativo a Ginevra in cui ebbe forse i primi contatti coi francesi).
EliminaHo letto il Mein Kampf, insieme ad altre cosette (da Kershaw a Tooze passando per Hillgruber). Niente di tutto ciò che ricordi, sorvolando pure sul fatto che alla fine la Gran Bretagna di fare il junior partner della Germania invece che degli Stati Uniti (prospettiva che non si capisce bene come potesse riuscire gradita a questi ultimi) se ne guardò bene (ma non senza prima aver dato ampia corda al Fuehrer con l’appeasement, cosa che però non è un mistero, nemmeno nelle sue motivazioni anticomuniste), prova l’esistenza di finanziamenti anglosassoni di rilevante entità per l’ascesa del nazismo (che peraltro era piuttosto difficile da prevedere negli anni ’20). Chi l’ha sostenuto, per esempio Sutton e i Poole (non esattamente dei russi), a parte la stravaganza delle motivazioni ipotizzate, ha dato prova di notevole sciatteria, per esempio attribuendo particolare fede a fonti notoriamente inattendibili (come le memorie di Thyssen), o citando documenti da archivi mai visitati. Le conclusioni di Turner (German Big Business and the Rise of Hitler) sono, per quanto mi risulta, il punto di vista generalmente accettato dall’odierna storiografia. Se poi ci sono novità, sono ovviamente interessato a conoscerle.
@Arturo
EliminaDei finanziamenti inglesi al giornale di Mussolini lo lessi la prima volta su un articolo di Nikolai Starikov (un politico russo).
Quando l'argomento fu toccato su Goofynomics ci fu un lettore che posto' un estratto di un libro recente (di cui non ricordo il titolo) con l'importo esatto in sterline liquidato ogni mese.
Ora è chiaro che ci fu una molteplicità di fonti di finanziamento e la cosa mi sembra pacifica.
Il libraccio di Hitler lo lessi nella traduzione inglese del 1939 che tempo fa dovrei aver anche riportato nel commento ad un post precedente.
In Goofynomics riportai anni fa anche gli estratti esatti da cui era possibile dedurre filologicamente quanto esposto in precedenza.
Ora riprovo a ricercare tutto da capo.
Segnalo infine che probabilmente Hess non ebbe successo perché in quel momento la Germania era divenuta la potenza egemone in Europa.
Per non tediare ulteriormente i lettori ho trovato un link al libro di Starikov in cui furono esposte per la prima volta (a quanto ne so) gran parte delle ipotesi riassunte nel mio post (vedi pag. 36-49, il libro e' ora anche acquistabile su Amazon e non so per quanto tempo ancora sara' scaricabile).
Eliminahttp://lit.md/files/nstarikov/who_set_Hitler_against_Stalin.pdf
L'edizione del 'libraccio' (ora mi sembra che non si puo' piu' scaricare, ma solo leggere on line) e' invece questa:
https://archive.org/details/meinkampf035176mbp
Ho letto il capitolo su Mussolini (6) in Rouble Nationalization di Starikov. Esile è un eufemismo. Non c'è nessuna prova archivistica diretta; l'autore non conosce l'italiano ed è quindi costretto ad ignorare completamente la vastissima e ottima bibliografia nella nostra lingua, limitandosi a poche opere in inglese (ma manca per esempio il lavoro di Renzi, che dimostra, sui documenti del Foreign Office, che gli inglesi erano perfettamente a conoscenza dell'offerta fatta da Mussolini ai russi di organizzare incidenti per fomentare un casus belli con l’Austria, ma lasciarono cadere la proposta).
EliminaTutta l’argomentazione è costruita da una serie di superficiali illazioni, la più grossolana delle quali secondo me è quella che sarebbe stato Mussolini stesso l'uomo determinante per l'intervento (pag. 150: “It was he who managed to turn the tide and finally solve the issue of Italy’s participation in the war.”). Bum! Tesi cara agli agiografi di regime, chiunque sappia qualcosa della storiografia del periodo ne conosce benissimo l’infondatezza. L’incendiario editoriale del 15 maggio, la prova della “minaccia” a un governo esitante, è definito dal De Felice (op. cit. pag. 314) “patetico”, proprio perché sappiamo dalla corrispondenza di Mussolini in quei giorni che il nostro era distrutto e dava per scontata la sconfitta. (Mentre d’altra parte il re, che s’era ormai impegnato all’intervento, fu ben felice di riassegnare l’incarico a Salandra, che non aveva bisogno di particolari minacce esterne per essere spinto alla guerra).
Insomma, capisco che la Russia sia in una situazione molto difficile, ma usare la storia per combattere battaglie politiche, per quanto giuste, secondo me non è mai una strategia apprezzabile. Soprattutto non produce lavori che lo sono, almeno dal mio punto di vista, tanto più quando si tratta della storia del nostro paese. Poi ognuno naturalmente si regolerà come crede.
E mentre l'"opinione pubbblica" è distratta (chissà perché i liberali non hanno nulla da ridire alla pubblicità dell'opinione..sarà che l'hanno ampiamente privatizzata) cadono un po' di cimici: il camerata Amato fa strane dichiarazioni (http://www.eunews.it/2017/07/11/fiscal-compact-amato-pareggio-bilancio/89979). Prove generali di 8 settembre o scarico-coscienza fisiologica mentre nessuno ci fa caso?
RispondiElimina(Notavo in ogni caso che il numero di "influenzati" è incredibilmente elevato nei social media - salva una distorsione ottica dovuta ai miei contatti. Troppi perché si possa parlare di bot/influencers. Credo che gli scienziati del futuro studieranno con perversa curiosità la diffusione di memi tossici nella noosfera. Gramsci li definirebbe moderni "romanzi d'appendice".
Sarebbe stato "bello" per noi che fb fosse un'invenzione fascista: avremmo il polso della noosfera all'indomani dell'8 settembre.)
Grazie anche per questo post, Presidente.
RispondiElimina“… lo scatenarsi del conflitto sezionale tra poveri importati, cittadini esteri, e cittadini impoveriti soggetti all'accoglienza in funzione di fissazione deflattiva dei livelli retributivi”.
E di fronte alla deflazione salariale, come si debbono comportare le parti in causa (mi mancava la metafora dei “vasi comunicanti”)? Ecco la risposta che fornisce l’ineffabile Einaudi allorché immigrati sono stati gli italiani in Svizzera (il paradigma del lavoro-merce è invero omnibus. Si sa, nella difesa del capitale, i liberisti sono per l’integrazione. Sempre):
“…Il fatto che gl’Italiani diventano ognora più numerosi in Isvizzera … dimostra che l’emigrazione nostra è grandemente proficua all’Italia e alla Svizzera ad un tempo. E’ utile all’Italia perché sfolla il mercato del lavoro e permette che si instauri fra la mano d’opera sovrabbondante ed il capitale scarso per cause naturali ed artificiali un equilibrio più favorevole al conseguimento di un massimo benessere individuale e sociale.
È proficua alla Svizzera per le opposte cagioni. Mentre da noi scarseggia il capitale e sovrabbonda la popolazione, nella Svizzera il capitale è disponibile in copia per tutte le intraprese private e pubbliche e difettano invece relativamente i lavoratori.
La emigrazione nostra pone riparo a questo difetto di squilibrio. Accade qualcosa di simile a ciò che si verifica quando si mettono a contatto due vasi comunicanti: l’acqua del vaso dove il livello è più alto si riversa nel vaso dove il livello è più basso finché l’equilibrio sia raggiunto. Grazie agli Italiani gli Svizzeri hanno potuto utilizzare certe porzioni del proprio capitale che altrimenti sarebbero rimaste inutili; ed oramai, come dimostra molto bene il Sella e come riconosce apertamente nella lettera- prefazione Numa Droz, i tre milioni di Svizzeri non potrebbero fare a meno dei centomila Italiani che lavorano e faticano sul suolo ingrato della Confederazione. Come questo accada è cosa chiara. I capitalisti non impiegano il proprio denaro se non quando le ultime porzioni del capitale impiegato abbiano almeno una produttività uguale al loro costo.
L’imprenditore svizzero di case, quando l’immigrazione italiana non era ancora incominciata, e il salario del muratore indigeno era, supponiamo, di 7 franchi al giorno, si decideva a costruire case soltanto finché il valore della casa costrutta fosse stato eguale al costo del lavoro e dei materiali impiegati . Siccome il costo del lavoro era alto, le case dovevano avere altresì un grande valore, il che non poteva darsi ove se ne fossero costrutte troppe. Il capitale quindi che si poteva impiegare nell’arte edilizia era limitato dalla quantità e dal costo della mano d’opera indigena.
Sopravvenuti gl’Italiani, i salari furono ribassati a 4 e 5 franchi al giorno. Gli stessi imprenditori di prima possono ora costrurre un numero maggiore di case; perché l’accresciuto numero e il diminuito costo della forza-lavoro permettono di impiegarla proficuamente anche se per la maggiore offerta di case il prezzo sul mercato, a parità di altre circostanze, venga a diminuire. Quel che si dice dell’industria edilizia, si può ripetere per qualsiasi altra industria. Grazie agli Italiani si costruiscono case, traforano montagne, si compiono lavori di sterro, si esercitano alberghi per mezzo di un capitale che altrimenti sarebbe rimasto inutilizzato od avrebbe emigrato all’estero. (segue)
Tutto ciò fa si che il prezzo delle cose necessarie alla vita venga scemato d’assai; che i salari antichi abbiano una maggiore potenza di compra e che in massa si accresca il campo d’impiego della popolazione operaia nella Svizzera. Rimangono certamente danneggiati dalla immigrazione nostra quei 100.000 circa operai svizzeri appartenenti ai due o tre mestieri ai quali gl’Italiani muovono concorrenza. MA È UN CARATTERE INEVITABILE DI TUTTE LE BENEFICHE TRASFORMAZIONI SOCIALI CHE IL PASSAGGIO DA UNO STATO AD UN ALTRO NON SI POSSA SCOMPAGNARE DAL DANNO DI UNA MINORANZA. Chi per togliere questo danno volesse impedire la trasformazione sociale, e nel caso nostro CHI, PER IMPEDIRE IL RIBASSO DEI SALARI nell’arte edilizia svizzera, volesse ostacolare l’immigrazione italiana, ragionerebbe come i ludditi i quali infrangevano i telai meccanici perché facevano concorrenza ai telai a mano.
RispondiEliminaIl rimedio migliore che si possa suggerire agli operai svizzeri non è già di adottare provvedimenti protezionistici contro i nostri immigranti, MA DI ADATTARSI IL PIÙ RAPIDAMENTE POSSIBILE ALLA TRASFORMAZIONE SOCIALE, BENEFICA PER LA INTIERA SOCIETÀ, emigrando all’estero o trasferendosi verso impieghi superiori … che sono resi accessibili dalla cresciuta produttività del capitale…
Di fronte alla ostilità degli Svizzeri per degli esseri sudici, vestiti di stracci, che mangiano aglio e cipolle e dormono a mucchi accovacciati in luride tane, i nostri operai provano in sulle prime come un senso di amor proprio offeso e di sprezzo che li induce a mantenersi ancora più appartati di prima. Ma questo periodo di segregazione è di breve durata. A mano a mano che gli operai nostri si innalzano nella gerarchia sociale, e aumentano i loro guadagni, i rimpatrii diventano meno prolungati e diminuisce il bisogno di tesaurizzare per la famiglia lontana o per allargare il microscopico campicello abbandonato al paese natio. Accade allora che l’operaio rinuncia per un inverno a fare ritorno in patria e chiama a sé la famiglia o si ammoglia con una figlia di altri immigrati o con una donna del paese…
Abituati a vedersi rimunerati in proporzione della propria operosità ed iniziativa gli Italiani imparano ad aver fiducia in sé stessi E A NON ASPETTARE LA FORTUNA DALLA PROVVIDENZA GOVERNATIVA” [L. EINAUDI, L’emigrazione temporanea italiana, in Nuova antologia, 1 agosto 1900]. Amen.
La vera sinistra, come si evince anche dalla fonte riportata dall’ottimo Arturo, dovrebbe opporsi a tale scempio dei “vasi comunicanti” che trasforma i lavoratori-liquidi in semplice posta di bilancio delle imprese. Tanto più se, come in Italia, esiste un testo chiamato Costituzione repubblicana cha vieta una tale mattanza sociale.
Tant’è, il vero problema dell’esasperazione e del disagio giustificati della gente non deve essere affrontato. I liberisti hanno studiato a menadito la psicologia delle masse, oracolo di tutti i vecchi e nuovi Pinoch€t, e non perdono occasione per inquinare il dibattito.
Le Bon aveva detto bene affermando che i popolani non vanno guidati con le leggi, ma con lo studio di ciò che li impressiona e li seduce. Si intervenga quindi sul meno evoluto “cervello rettile”. Creati i presupposti ad hoc ed ottenuto la reazione di stomaco desiderata dai malcapitati, si impone loro la qualsiasi, con la tecnica del “dagli all’untore”. Che sarà immancabilmente fascista, pupulista, xenofobo e, per non farci mancare nulla, pure “imprenditore della paura” (così dixit la discepola di Soros). Insomma, come sempre cornuti e mazziati.
Meno male che questo sarebbe solo un blog!
E il bello è che il premio per una vita di miseria, sradicamento e sofferenza, è esplicitamente proposto come "innalzamento nella gerarchia sociale".
EliminaE' dunque questo il concetto chiave che va riaffermato ad ogni costo (la gerarchia sociale è il segno incontestabile della virtù e della razionalità trascendente): inutile sottolineare che l'ascesa in questa gerachia debba essere altrettanto limitata ed incerta da non porne mai in contestazione i vertici immutabili.
L'elevazione massima consentita consiste nel passare dalla condizione di bruto e di rifiuto umano a quella di obbediente lavoratore tollerato in quanto costo ridotto che aumenta i profitti. E solo fino a che li aumenti..
Orwell afferrmó che le guerre sono scatenate dalle elites oligarchiche contro il proprio popolo, al fine di mantenervi intatta la struttura sociale (la propensione ad essere controllate). Verrebbe da ritenere che non vi sia nulla di meglio della politica liberista per ottenere quanto da loro auspicato. Una volta innescato il processo è come una slavina, porta al disastro.
RispondiElimina(dalla Francia) interessantissimo anche, sotto l'angolo del "controllo sociale", l'articolo pubblicato nel nov. 33 sulla 'Critique sociale' dalla nostra filosofa Simone Weil, le sue 'Riflessioni sulla guerra' -furono tradotte quasi contemporaneamente in italiano, da compagni anarchici in esilio. Insisteva sul fatto che ogni guerra, anche quando proseguendo uno scopo moralmente giustificato, ha SEMPRE quanto conseguenza il rinforzamento permanente -benche dovuto a circostanze eccezionali- dei poteri dello Stato...
EliminaCertamente: dello Stato "liberale", cioè quello "comitato d'affari del grande capitale". Non certo dello Stato democratico fondato sulla partecipazione di tutti i lavoratori alla vita politica, sociale e culturale del paese (in piena occupazione come obbligo costituzionale a carico di parlamento-governo).
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