1. E parliamo del nuovo Addendum emanato dalla BCE e che, dovrebbe (salvo ripensamenti, v. infra) entrare in vigore dal 1° gennaio 2018.
La "disputa" col parlamento UE sulla competenza o meno della stessa BCE avrebbe un rilievo marginale, poiché è incentrata su profili giuridici invocati "fuori tempo massimo": primo fra tutti quello per cui, nell'UE, possa vigere una "riserva di legge" parlamentare, smentito dalla stessa impostazione dei trattati che fa del parlameno un co-decisore subordinato all'agenda delle altre, e più importanti, istituzioni della effettiva governance €uropea, come ci conferma l'interpretazione autentica di Barroso.
Adesso, quindi, pare oggettivamente cavilloso invocare la chimera della Rule of Law in accezione assembleare-elettiva, dopo decenni di costruzione tecnocratica e ideologicamente antiparlamentarista dell'UE, cioè quando ormai la prevalenza del soft-law in ambito €uropeo si è innalzata a prassi applicativa dei trattati, in una forma talmente consolidata che rende del tutto improbabile l'accoglimento da parte della Corte di giustizia UE di un (traumatico?) ricorso del parlamento UE contro "l'atto" della BCE come autorità di vigilanza.
2. Ribadiamo cosa sia il soft law, nelle sue variegate forme, ma unitario nella sua natura e finalità sostanziale:
"La locuzione soft law, prestito non adattato dall'inglese[1], indica nel linguaggio giuridico norme prive di efficacia vincolante diretta.
Il concetto nasce nel diritto internazionale degli anni settanta del XX secolo come strumento alternativo al trattato internazionale, utilizzato quando, per vari motivi, le parti non vogliono o non possono ricorrere al medesimo.
Il concetto è piuttosto sfumato, denotando una variegata gamma di fenomeni normativi: dai codici di autoregolamentazione adottati da singole imprese o altre organizzazioni, ai codici deontologici o simili adottati da associazioni professionali o di categoria; da taluni atti di diritto internazionale, alle raccolte di principi e regole, di origine spontanea, elaborate da organizzazioni nazionali o internazionali, governative o non governative, sebbene le loro norme possano essere successivamente recepite in un trattato". (NdQ: o in altra fonte riconducibile a trattati, come appunto un Addendum BCE)
3. Il problema del soft-law rispetto all'instaurazione dell'Unione bancaria in tutti i suoi strumenti volti a perseguirne i reali obiettivi (qui, p.2: non quelli improvvidamente dichiarati dai nostri politici) lo abbiamo già affrontato e in questo caso il suo meccanismo ritorna con manifesta evidenza: esso ha a che vedere con l'ordine internazionale dei mercati, in questo caso finanziari, che si impone attraverso trattati intrecciati ai più diversi livelli, creando quella "medievale" pluralità di fonti, sottratte al controllo democratico dei parlamenti dei popoli che ne subiscono le previsioni, ed il cui contenuto è caratterizzato dalla indeterminatezza dei precetti, in quanto il testo relativo è disseminato di concetti che rinviano ad un'amplissima discrezionalità tecnica.
E la discrezionalità tecnica, esercitata da organi legittimati dal diritto di organizzazioni internazionali "specialistiche" ovvero da organizzazioni economiche sovranazionali con funzioni di "indirizzo", ma che si ritagliano perciò uno spazio di supremazia incontrastabile, è la più forte dislocazione del potere decisionale e dello stesso indirizzo politico nel nostro tempo (qui, p.3):
"Il metodo è il seguente: la
forza bruta dei mercati, organizzata in istituzioni sovranazionali
composte da esponenti del mondo bancario-finanziario designati,
all'interno della relativa comunità di privati stakeholders, da governi
composti e comunque istituzionalmente condizionati da tali stakeholders,
decide le vite dei cittadini di uno Stato (formalmente) democratico,
fino a intaccarne gli interessi materiali più direttamente legati al
benessere "minimo e fondamentale".
4. Lo schema è puntualmente confermato dall'Addendum "alle linee guida della BCE per le banche sui crediti deteriorati (NPL): livelli minimi di accantonamento prudenziale per le esposizioni deteriorate":
A) la sua "base" normativa è meticolosamente indicata nelle "linee guida" e nei "principi fondamentali", dettati per un'efficace vigilanza bancaria (rigorosamente "prudenziale", cioè, v. qui, p.2, fondata su indici cautelativi generali a controllo eventuale e comunque successivo allo svolgimento dell'attività vigilata), dal Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria (CBVB).
Segue lunga elencazione di "fonti" collegate a e derivate da "Basilea 2" nonché dei conformi e, a loro volta, "tecnicamente indeterminati" articoli della "Quarta direttiva sui requisiti patrimoniali" (Capital Requirements Directive, CRD IV: ovvero "Direttiva 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, sull’accesso all’attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento, che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE (GUL 176 del 27.6.2013, pag. 338).(pagg.3-4 dell'addendum);
B) c'è un'ambiguità sostanziale sul grado sfumato di vincolatività (già di per sè "prudenziale"), del livello minimo di accantonamenti da disporre in relazione ai crediti "deteriorati" (NPE) ma non ancora "in aperta sofferenza" (NPL), con previsioni disseminate di sfumature di ragionevolezza e di valutazioni che la BCE "potrebbe" differenziare caso per caso.
A titolo di esempio (enfasi sulla terminologia confermativa), ma rammentando che la norma giuridica, in quanto vincolante, "dispone" in modo inequivoco, in omaggio alla "certezza del diritto" e al principio di tipicità legale degli obblighi imposti dalle "Autorità", e si esprime quindi all'indicativo e non al "condizionale":
"Le banche sono incoraggiate a colmare potenziali lacune rispetto alle aspettative prudenziali minime appostando il massimo livello di accantonamenti possibile in linea con il principio contabile applicabile. Se il trattamento contabile applicabile non consentisse di raggiungere i livelli minimi di accantonamento prudenziale, la banca dovrebbe rettificare di propria iniziativa il capitale primario di classe 1, conformemente al disposto dell’articolo 3 del CRR in merito all’adozione di requisiti più stringenti.
Le banche dovrebbero riferire in merito al raggiungimento dei livelli minimi di accantonamento prudenziale definiti nel presente addendum almeno con frequenza annuale e motivare eventuali scostamenti all’autorità di vigilanza (cfr. sezione 5, concernente le comunicazioni all’autorità di vigilanza).
Scostamenti rispetto ai livelli minimi sono ammissibili qualora una banca sia in grado di dimostrare, nel quadro di un processo periodico di “conformità o spiegazione” e sulla base di evidenze accettabili, che:
a) la calibrazione dei livelli minimi di accantonamento prudenziale non si giustifica per uno specifico portafoglio o esposizione (ad esempio il debitore effettua, in modo verificabile, regolari pagamenti parziali che corrispondono a una frazione significativa dei pagamenti originariamente stipulati per contratto, ovvero l’applicazione dei livelli minimi darebbe luogo a una copertura superiore al 100% dell’esposizione in combinazione con requisiti patrimoniali di primo pilastro per il rischio di credito); oppure
b) l’applicazione dei livelli minimi non è ragionevole in circostanze giustificate (ad esempio “pulling effect” su tutte le esposizioni in bonis di un debitore). Al processo di “conformità o spiegazione” farà seguito una valutazione di vigilanza in merito agli scostamenti e alle relative giustificazioni".
C) In questo quadro di "concetti indeterminati", la discrezionalità tecnica sulla casistica "valutabile", però, immette criteri, o precetti (ad applicazione sempre indeterminata) draconiani. Sempre a titolo esemplificativo:
"Per le esposizioni interamente garantite e per quelle parzialmente garantite il valore della garanzia reale dovrebbe essere rivisto regolarmente in conformità alle linee guida sugli NPL, e ogni variazione dovrebbe essere presa in considerazione tempestivamente ai fini della costituzione dei livelli minimi di accantonamento. Dato il rischio di esecuzione intrinseco nella realizzazione del valore della garanzia reale, le banche dovrebbero esaminare con molta attenzione i casi in cui la parte garantita dell’esposizione aumenta nel tempo. Tali casi andrebbero corroborati da solide evidenze che dimostrino la sostenibilità dell’aumento delle valutazioni come altresì illustrato nelle linee guida sugli NPL con riguardo ai beni immobili".
5. E però, tutto questo, pur disseminato in una pletora di previsioni dall'evidenziato carattere indeterminato, si appoggia sul presupposto, enunciato in premessa (pag.4), di una ben precisa conseguenza perentoria e vincolante, con un elevatissimo carattere di sanzione conformativa (la più forte e onerosa per gli operatori bancari):
"Laddove i livelli di accantonamento fossero ritenuti inadeguati a fini prudenziali, le autorità di vigilanza sono tenute ad assicurare che le banche riesaminino e innalzino il relativo grado di copertura dei rischi in modo da soddisfare le aspettative di vigilanza".
6. In sostanza i livelli minimi degli accantonamenti, per crediti classificabili, - coi nuovi criteri ABE-, come NPE a partire dal 1° gennaio 2018, "indipendentemente dalla loro classificazione in qualsiasi momento anteriore a tale data", tenendo conto della "anzianità" del "deterioramento" (appunto riclassificato dal 1° gennaio 2018), sono rideterminati proprio in funzione di una obbligatoria "revisione" del valore delle garanzie.
Conseguenza lampante e inevitabile, rispetto alla congiuntura italiana del mercato immobiliare, che include non solo immobili residenziali ma anche i complessi aziendali delle PMI: ciò determina un inevitabile innalzamento della parte "non garantita" e quindi da coprire con accantonamenti al 100% da...subito
7. Ed infatti, tali livelli "minimi" (ossimoro, trattandosi del 100%) di accantonamento sono rideterminati, appunto, al 100% del valore nominale del credito iscritto in bilancio, nel modo seguente: le maggiori coperture valgono, da subito, e poi via via sui futuri incagli, per la parte non garantita dei crediti (in Italia la gran parte) "incagliati" da almeno 2 anni (anzianità che si calcola a ritroso dal momento della nuova classificazione), ma anche per la parte garantita degli "incagli" con almeno 7 anni di anzianità (riclassificata).
Spero sia chiaro come, secondo questa complessiva disciplina, la "parte garantita" tenderà inevitabilmente a decrescere, per l'appunto, una volta assolto l'obbligo di "rivedere regolarmente" il valore della garanzia reale.
8. Ora la "stabilità" finanziaria, sempre invocata come ragione immanente di tutta la disciplina bancaria dettata per l'eurozona, non viene certo tutelata dall'introduzione di norme del genere quantomeno rispetto alla realtà italiana: tale stabilità coincide con la capacità/aspettativa di restituzione dei debiti da parte di ogni tipo di debitore.
La BCE non può non essere consapevole che questo modo di applicare i criteri largamente indeterminati (e non direttamente precettivi) di Basilea 2 (e fonti susseguenti), si innesta nell'eurozona e, in particolare, sul sistema economico italiano che, è impegnato in un "aggiustamento" (qui p.1, nella spiegazione dello stesso Draghi) mirato esclusivamente a rendere sostenibile l'euro attraverso il "consolidamento fiscale", che drena incessantemente liquidità e diminuisce occupazione stabile (e quindi debitori solvibili e garantiti), redditi da lavoro e fatturati delle imprese, che si fondano prevalentemente sulla domanda interna (in quanto, ovviamente, non coinvolte nella ristrutturazione competitiva per una crescita esclusivamente determinata dalle esportazioni: ma anche in tal caso, secondo l'Istat, tali imprese "Global" dipendono al 55% dalla domanda interna medesima, cfr. p.11).
9. In questa situazione, infatti, i valori immobiliari (residenziali e aziendali) sono destinati ad una gigantesca depatrimonializzazione, in gran parte verificatasi: Bankitalia, con un recente (e moderato) studio, fa emergere, al 2016, una perdita di "valore" della ricchezza patrimoniale immobiliare italiana di circa 300 miliardi dal 2012 e di 600 dal "picco" del 2010.
Cosa vi sia di "ragionevole" e di funzionale alla tutela del risparmio in tutto ciò non è dato di comprendere: quello che si comprende è che se entrerà in vigore l'Addendum (la Nouy "apre" a uno "slittamento" ma sempre molto sul vago) le esigenze di accantonamenti aggiuntivi, da effettuare con "capitale primario di classe 1", - non certo disponibile all'interno del sistema bancario italiano già messo a dura prova dalla prima "dose" di applicazione dell'Unione bancaria -, a fronte di una parte garantita del credito in costante e inevitabile diminuzione, avranno conseguenze devastanti sia per il sistema bancario italiano che, ancor peggio, per i debitori in difficoltà.
10. I crediti incagliati e in sofferenza di questi ultimi, - imprenditori giugulati dalla caduta della domanda interna ("letteralmente uccisa" diceva Monti) e mutuatari spesso disoccupati o precarizzati- saranno sottoposti a esecuzione con assegnazione diretta (qui, p.5), in varie forme nuove e in crescente progettazione, dei beni costituenti la garanzia, al sistema bancario o, ancor più, ai cessionari (a prezzi stracciati) dei crediti stessi.
L'intero patrimonio immobiliare e il capitale fisico investito in aziende andrà ulteriormente in sovraofferta (sul mercato delle esecuzioni forzate privatizzate), cioè i prezzi di "realizzo" da parte di oculati acquirenti, per lo più, inevitabilmente, stranieri, diverranno stracciati.
Si avrà così l'innesco di una colossale svendita della ricchezza patrimoniale privata italiana a favore di acquirenti opportunisti che, in assenza di queste regole, e quindi dell'Unione bancaria e dell'euro, non avrebbero mai sognato un tale ben godi.
11. In pratica, le nuove regole dell'Addendum agiscono in modo analogo al bail-in, nei termini che avevamo segnalato qui: preso atto della difficile praticabilità politica del ricorso al bail-in sistematico, e opposta dal governo italiano una certa resistenza con la preferenza (autopreservativa) per il burden sharing (che significa sacrificio "solo" di azionisti e creditori subordinati, e non anche dei correntisti-depositanti, con ricapitalizzazione pubblica e risanamento successivo mediante svendita delle sofferenze e successiva cessione sul mercato "privato" delle banche risanate con debito pubblico aggiuntivo), si ricorre ad un diverso sistema di accelerazione della depatrimonializzazione bancaria e di realizzo, in rivalsa, sul patrimonio privato di famiglie e imprese.
11.1. E tutto origina dal "fate presto" cioè dall'euro, in un processo a cascata che, sempre nell'appartenenza all'eurozona, trova il suo innesco e la sua giustificazione "etica" (ancora qui, pp.4-6).
"Dunque, occorre, con ogni mezzo, porre gli italiani nella condizione di DOVERSI indebitare (preferibilmente verso creditori esteri) e di essere "vincolati" a "realizzare" la loro garanzia patrimoniale, così ghiotta, escogitando una serie di meccanismi collegati per renderli insolventi (cioè incapaci di ripagare il debito con i loro redditi).
L'effetto sostanziale e "ultimo"
di questa artefatta manovra basata sul "fate presto" e sulla
fantasticazione della insostenibilità del nostro debito pubblico, (che,
infatti, a seguito di queste politiche, è aumentato rispetto al PIL e
diviene poi realmente a pericolo insostenibilità, essenzialmente per la
mancata crescita del numeratoro PIL, cioè dei redditi degli italiani), è stato dunque l'impoverimento e il conseguente dilagare delle insolvenze dei privati cittadini (per mutui sulla casa e per crediti vari al consumo) e delle imprese
(che non solo fronteggiano una crescente pressione fiscale, indotta da
queste politiche, ma non hanno più chi, sul mercato interno, compra ciò
che producono).
... L'Unione bancaria ha un grande pregio agli occhi di ESSI (che perseguono gli
obiettivi dell'oligarchia mondialista di Wall street e passano per la
Commissione UE, via imposizione del paradigma pro-Germania): è estremamente efficiente nello spalmare l'effetto dell'insolvenza su tutti i patrimoni mobiliari, allargando a dismisura la "responsabilità patrimoniale" di sistema a soggetti che, pure, possono NON aver affatto contratto debiti "incagliati": cioè TUTTI gli azionisti, TUTTI gli obbligazionisti e, soprattutto, TUTTI i correntisti.
Ma siccome dal bail-in deriva anche l'obbligo della banca assoggettata di imporre il "rientro" di tutti i crediti comunque erogati, il meccanismo incide pure sui mutui ipotecari e, comunque, su tutto il mercato immobiliare che va in ulteriormente accelerata sovraofferta di (s)vendite".
11.2. Invece del bail-in avremo dunque i "nuovi livelli minimi" di accantonamento per incagli e sofferenze, con anzianità riqualificata a ritroso proprio a partire, e proprio per i crediti "garantiti", dalla crisi euroindotta. Per l'anno che verrà, la musica non cambia: l'Ital-tacchino è sempre il pezzo forte del menu dell'€uropa della pace e della cooperazione.
E va rilevato che, comunque, 7 anni di anzianità dell'incaglio, calcolati a ritroso dal 2018 (sia rinviata o meno l'entrata in vigore delle "linee" sui nuovi livelli di accantonamento e sulla revisione dei valori delle garanzie sottostanti), travolgono le posizioni dei debitori non in default, ma solo in temporanea difficoltà, che hanno ottenuto crediti erogati poco prima della "cura Monti", e che quindi avevano un profilo di merito/rischio, e potevano offrire valori di garanzia, stimati nelle ben più favorevoli condizioni anteriori alla "distruzione della domanda interna".
11.4. Sintesi riassuntiva:
con l'addendum si arriva, prima di tutto, a porre uno standard di ricapitalizzazione insostenibile (nella situazione relativa dell'economia italiana e anche in assoluto).
Da ciò si innesca una corsa verso 3 esiti vincolati (nel senso di concretamente inevitabili):
a) il bail-in per sostanziale conclamata insolvenza della banca incapace di ricostituire il suo capitale a fronte delle svalutazioni in bilancio dei suoi attivi e delle garanzie;
b) la riuscita della ricapitalizzazione, laddove, per ragioni forse casuali, i crediti erogati, e garantiti, negli ultimi 7 anni presentassero un (anomalo) basso grado di "incagli" (se non fossero garantiti l'anzianità per attualizzare l'obbligo di accantonamenti al 100% sarebbe di 2 anni); comunque in tal caso, il capitale utilizzato verrebbe, inevitabilmente, da soggetti finanziari esteri che assumerebbero il controllo della banca "fortunella";
c) un burden sharing con successivo intervento di ricapitalizzazione pubblica: e qui, però, di fronte al volume di capitale aggiuntivo imposto da accantonamenti al 100% (unito alle svalutazioni delle garanzie), - diciamo una cinquantina di miliardi - lo Stato italiano si troverebbe in condizioni critiche e con la probabile opposizione delle autorità UE bancarie e sulla "concorrenza".
ERGO: dopo inenarrabili drammi altamente mediatizzati, si tornerebbe all'ipotesi a) (che comunque, tra l'altro, conduce poi a delle new-banks acquisite da investitori esteri, cioè all'esito dell'ipotesi b).
E va rilevato che, comunque, 7 anni di anzianità dell'incaglio, calcolati a ritroso dal 2018 (sia rinviata o meno l'entrata in vigore delle "linee" sui nuovi livelli di accantonamento e sulla revisione dei valori delle garanzie sottostanti), travolgono le posizioni dei debitori non in default, ma solo in temporanea difficoltà, che hanno ottenuto crediti erogati poco prima della "cura Monti", e che quindi avevano un profilo di merito/rischio, e potevano offrire valori di garanzia, stimati nelle ben più favorevoli condizioni anteriori alla "distruzione della domanda interna".
11.4. Sintesi riassuntiva:
con l'addendum si arriva, prima di tutto, a porre uno standard di ricapitalizzazione insostenibile (nella situazione relativa dell'economia italiana e anche in assoluto).
Da ciò si innesca una corsa verso 3 esiti vincolati (nel senso di concretamente inevitabili):
a) il bail-in per sostanziale conclamata insolvenza della banca incapace di ricostituire il suo capitale a fronte delle svalutazioni in bilancio dei suoi attivi e delle garanzie;
b) la riuscita della ricapitalizzazione, laddove, per ragioni forse casuali, i crediti erogati, e garantiti, negli ultimi 7 anni presentassero un (anomalo) basso grado di "incagli" (se non fossero garantiti l'anzianità per attualizzare l'obbligo di accantonamenti al 100% sarebbe di 2 anni); comunque in tal caso, il capitale utilizzato verrebbe, inevitabilmente, da soggetti finanziari esteri che assumerebbero il controllo della banca "fortunella";
c) un burden sharing con successivo intervento di ricapitalizzazione pubblica: e qui, però, di fronte al volume di capitale aggiuntivo imposto da accantonamenti al 100% (unito alle svalutazioni delle garanzie), - diciamo una cinquantina di miliardi - lo Stato italiano si troverebbe in condizioni critiche e con la probabile opposizione delle autorità UE bancarie e sulla "concorrenza".
ERGO: dopo inenarrabili drammi altamente mediatizzati, si tornerebbe all'ipotesi a) (che comunque, tra l'altro, conduce poi a delle new-banks acquisite da investitori esteri, cioè all'esito dell'ipotesi b).
P.S.
Di questo rassicurante understatement di Bankitalia ne riparliamo qualche mese dopo che l'Addendum sarà entrato in vigore (quale che sia la data relativa), via via che BCE potrà esigere e verificare la revisione dei valori delle garanzie immobiliari (specialmente se verrà introdotta una nuova, o reiterata, imposizione patrimoniale, magari straordinaria, sulla ricchezza immobiliare; e anche mobiliare, peraltro, dato che i mutui ormai si restituiscono col risparmio che spiega la preferenza per la liquidità degli italiani):
L’obiettivo cruciale della riforma di Basilea 3 non è quello di inasprire i requisiti prudenziali delle banche ma quello di assicurarne la comparabilità. Si vuole evitare che l’uso di modelli interni possa determinare un’eccessiva variabilità tra banche nei livelli minimi di capitale richiesti e, in particolare, evitare che un uso eccessivamente spinto di questi modelli da parte di alcuni istituti «outlier» possa ridurre troppo i requisiti prudenziali.
È questo il messaggio principale espresso ieri dal vicedirettore generale della Banca d’Italia, Luigi Federico Signorini, nel corso del suo intervento al Comitato esecutivo dell’Abi, l’Associazione bancaria italiana, voluto per fare il punto sui lavori del comitato di Basilea per completare la riforma.
Signorini ha spiegato che il principio della sensibilità al rischio viene mantenuto e che i metodi di calcolo dei requisiti dovranno essere rigorosi e sensibili al «rischio effettivo».
«Non si devono aumentare in modo significativo i requisiti patrimoniali – ha aggiunto – e la riforma deve essere attuata con tutta la gradualità necessaria» come indicato dal gruppo dei Governatori del G20. La Banca d’Italia condivide pienamente questa posizione: «Le banche che adottano il modello standard approvato dal Comitato di Basilea, che in Italia sono la maggioranza – ha affermato Signorini – per definizione non sono outlier, e a nostro avviso il modello standard non dovrebbe prevedere, in media, incrementi».
Soddisfatto per le rassicurazioni della Banca d’Italia è il direttore generale dell’Abi, Giovanni Sabatini. «Dall’incontro sono emerse importanti convergenze» ha spiegato al termine dell’incontro. Sabatini, che è anche presidente del Comitato esecutivo della Federazione bancaria europea, ha sottolineato come sia importante che il lavoro del Comitato di Basilea rispetti il mandato ricevuto e non ci siano significativi aumenti dei requisiti di capitale. Secondo l’Abi riguardo al modello standard per i requisiti di capitale «si va nel senso auspicato dalla Federazione bancaria europea».
L’obiettivo cruciale della riforma di Basilea 3 non è quello di inasprire i requisiti prudenziali delle banche ma quello di assicurarne la comparabilità. Si vuole evitare che l’uso di modelli interni possa determinare un’eccessiva variabilità tra banche nei livelli minimi di capitale richiesti e, in particolare, evitare che un uso eccessivamente spinto di questi modelli da parte di alcuni istituti «outlier» possa ridurre troppo i requisiti prudenziali.
È questo il messaggio principale espresso ieri dal vicedirettore generale della Banca d’Italia, Luigi Federico Signorini, nel corso del suo intervento al Comitato esecutivo dell’Abi, l’Associazione bancaria italiana, voluto per fare il punto sui lavori del comitato di Basilea per completare la riforma.
Signorini ha spiegato che il principio della sensibilità al rischio viene mantenuto e che i metodi di calcolo dei requisiti dovranno essere rigorosi e sensibili al «rischio effettivo».
«Non si devono aumentare in modo significativo i requisiti patrimoniali – ha aggiunto – e la riforma deve essere attuata con tutta la gradualità necessaria» come indicato dal gruppo dei Governatori del G20. La Banca d’Italia condivide pienamente questa posizione: «Le banche che adottano il modello standard approvato dal Comitato di Basilea, che in Italia sono la maggioranza – ha affermato Signorini – per definizione non sono outlier, e a nostro avviso il modello standard non dovrebbe prevedere, in media, incrementi».
Soddisfatto per le rassicurazioni della Banca d’Italia è il direttore generale dell’Abi, Giovanni Sabatini. «Dall’incontro sono emerse importanti convergenze» ha spiegato al termine dell’incontro. Sabatini, che è anche presidente del Comitato esecutivo della Federazione bancaria europea, ha sottolineato come sia importante che il lavoro del Comitato di Basilea rispetti il mandato ricevuto e non ci siano significativi aumenti dei requisiti di capitale. Secondo l’Abi riguardo al modello standard per i requisiti di capitale «si va nel senso auspicato dalla Federazione bancaria europea».
"Il metodo è il seguente: la forza bruta dei mercati, organizzata in istituzioni sovranazionali composte da esponenti del mondo bancario-finanziario designati, all'interno della relativa comunità di privati stakeholders, da governi composti e comunque istituzionalmente condizionati da tali stakeholders, decide le vite dei cittadini di uno Stato (formalmente) democratico, fino a intaccarne gli interessi materiali più direttamente legati al benessere "minimo e fondamentale".
RispondiEliminaArturo30 marzo 2016 20:58
Galbraith...e pure Caffè: “Spostata l’attenzione dal corpo sociale alle singole unità economiche; diffuso l’insegnamento che, in un ambiente di adatte leggi e istituzioni, i singoli sarebbero in grado di perseguire congiuntamente il loro personale interesse e quello della comunità; era naturale che l’accertamento minuzioso del comportamento delle singole unità economiche, analogamente ad ogni ingerenza dello Stato, dovesse essere considerata come un’interferenza ingombrante e ingiustificata, al di là di ben circoscritti limiti. Il tempo si è incaricato di porre in luce l’inconsistenza logica e l’inutilità pratica di questa linea di pensiero: le decisioni economiche rilevanti non sono il risultato dell’azione non concordata delle innumerevoli unità economiche operanti nel mercato, ma del consapevole operato di ristretti gruppi strategici in grado di limitare l’offerta e di influire sulla domanda, orientandola a loro piacimento." (Contabilità sociale nell’economia britannica, «Cronache sociali», n. 16, agosto 1948 nel solito La dignità del lavoro).
Visto che la contabilità sociale britannica era proprio il bersaglio immediato della Via verso la schiavitù, questa è una risposta ad Hayek.
Bazaar30 marzo 2016 22:31
Ma guarda un po': anche Galbraith e Caffè complottisti....
«le decisioni economiche rilevanti non sono il risultato dell’azione non concordata delle innumerevoli unità economiche operanti nel mercato, ma del consapevole operato di ristretti gruppi strategici in grado di limitare l’offerta e di influire sulla domanda»
È vero che è la domanda fare l'offerta: ma in regime di concorrenza oligopolistica l'offerta può decidere di lasciare a pancia vuota i figli dei lavoratori, e può scegliere cosa sia ciò in cui gli uomini debbano credere e ciò per cui debbono affannarsi....
http://orizzonte48.blogspot.com/2016/03/lintegrazione-economica-in-europa-i.html?showComment=1459364334200#c492942968251287964
Tra l’altro…. vorrei ricordare questo commento, (che mi sembra più o meno in linea a questo post):
RispondiEliminaDuccio Tessadri27 gennaio 2016 23:39
“Certo che è veramente incredibile l'inganno pluridecennale che abbiamo subito (e personalmente mi sto convincendo che l'inganno c'era già fin dai Trattati istitutivi degli anni 50 ...).
Penso che finirà male, molto peggio di quanto possiamo pensare. Anche oggi che abbiamo preso un po' di consapevolezza, grazie a blog come questo, credo che non riusciamo veramente a immaginare quanto finiremo male.
Finirà male, infinitamente peggio dei nostri peggiori incubi.
Le banche saranno gli esattori del sistema, accorpate, fuse, burocratizzate, disumanizzate da ogni rapporto col territorio, spietate, rapide ed efficienti grazie alle nuove procedure esecutive (bella la frase "velocizzare le cosiddette procedure concorsuali per ridurre sensibilmente il tempo che l’istituto impiega per far rientrare i crediti sofferenti, che derivano da prestiti e finanziamenti non ripagati da famiglie e imprese"...).
Per inciso, l'insistenza sui debiti non restituiti da imprese e famiglie come causa primaria della messa a rischio dei risparmi dei cittadini è un ulteriore, efficacissimo strumento di divisione sociale: il nemico è l'imprenditore che si è indebitato per pagare gli stipendi ... bastona il cane che affoga, no?
L'esproprio dei beni dei debitori (resi) insolventi sarà lo strumento per la finale riduzione in schiavitù dei cittadini. Non saremo proprietari di niente, ogni bene e ogni servizio sarà un debito da ripagare e un modo per tapparci la bocca. Lavoreremo per loro.
I beni espropriati verranno "messi a credito" o dalle banche stesse o dalle caritatevoli organizzazioni para-istituzionali che le avranno acquistate alle aste o con procedure di vendita diretta.
Nemmeno quando avremo perso tutto ci lasceranno stare, non ci lasceranno mai in pace, i paranoidi cinici e psicotici che ci comandano da decenni. Lavoreremo per loro. La schiavitù per debiti.
Quarantotto28 gennaio 2016 19:20
Non c'è dubbio: se in sè uno Stato senza moneta e con l'obbligo del pareggio di bilancio doveva arrivare ad avere cittadini/ex risparmiatori trasformati in debitori di massa, - auspicabilmente espropriabili a piacimento e senza effettive garanzie giurisdizionali da privati operatori -, questa €-soluzione dei NPL implica la brutale accelerazione dell'intero processo.
Probabilmente in vista - e come giustificazione a posteriori- dell'analogo sistema di rating per i titoli del debito pubblico.
Inutile dire che le banche (le poche che rimarranno in piedi), si trasformeranno inevitabilmente in tante €-equitalia private, in posizione di monopolio concertato (che avranno tutto l'interesse a rafforzare), IN MANO A ESATTORI ESTERI.”
http://orizzonte48.blogspot.com/2016/01/basta-un-invito-non-esagerare-quando-ti.html?showComment=1453934366889#c5175971830213085924
Sì, "azzeccato".
EliminaCon una precisazione: con l'addendum si arriva prima a porre uno standard di ricapitalizzazione insostenibile (nella situazione relativa dell'economia italiana e anche in assoluto).
Da ciò si innesca una corsa verso 3 esiti vincolati:
a) il bail-in per sostanziale conclamata insolvenza della banca incapace di ricostituire il suo capitale a fronte delle svalutazioni in bilancio dei suoi attivi e delle garanzie;
b) la riuscita della ricapitalizzazione, laddove, per ragioni forse casuali, i crediti erogati negli ultimi 7 anni presentassero un (anomalo) basso grado di "incagli"; comunque in tal caso, il capitale utilizzato verrebbe, inevitabilmente, da soggetti finanziari esteri che assumerebbero il controllo della banca "fortunella";
c) un burden sharing con successivo intervento di ricapitalizzazione pubblica: e qui, però, di fronte al volume di capitale aggiuntivo imposto da accantonamenti al 100% (unito alle svalutazioni delle garanzie), - diciamo una cinquantina di miliardi- lo Stato italiano si troverebbe in condizioni critiche e con la probabile opposizione delle autorità UE bancarie e sulla "concorrenza".
ERGO: dopo inenarrabili drammi altamente mediatizzati, si tornerebbe all'ipotesi a) (che comunque, tra l'altro, conduce poi a delle new-banks acquisite da investitori esteri, cioè all'esito dell'ipotesi b).
Domanda: come può durare qualsiasi legislatura di fronte a prospettive di rapida perdita del consenso (scontata) del genere?
con un "Governo Tecnico"? http://orizzonte48.blogspot.com/2017/10/lipotesi-calamandrei-la-prossima.html?spref=tw (parte 5)
RispondiElimina“possiamo dire che il pareggio di Bilancio posto in Costituzione, produrrà la distruzione del risparmio del settore privato”
RispondiEliminamauro gosmin4 febbraio 2016 08:07
Ciao Quarantotto, possiamo dire che il pareggio di Bilancio posto in Costituzione, produrrà la distruzione del risparmio del settore privato, che a sua volta si tradurrà in distruzione d'investimenti interni ( dovremo sperare in quelli esteri, ma sempre un debito sono), che a loro volta faranno precipitare la nostra produttività che è già ferma da 20 anni, (causa cambio sopravalutato, flessibilizzazione del lavoro e consolidamento fiscale che si protrae da quella data) la quale farà perdere ulteriore competitività al sistema Italia, mandando fuori mercato un altra fetta di aziende, e questo produrrà ulteriore disoccupazione, che a sua volta andrà contrarre le entrate dello Stato, che produrrà l'aumento del rapporto debito/pil, che renderà insostenibile il rapporto Pil/spesa pensionistica, che renderà insostenibile la spesa sanitaria e tutto questo si ritorcerà ancora contro il sistema bancario, che a sua volta ridurrà l'erogazione del credito e via all'infinito in questo circolo cumulativo negativo, che produrrà la morte dell'intero sistema economico/finanziario e alla fine politico sociale del Paese.
Mi rifiuto di credere che se l'ho capito io, grazie alla tua opera di divulgazione, che non sono certo un' aquila, non lo capiscano i giudici della Corte Costituzionale, è un qualcosa di Kafkiano.
Quarantotto4 febbraio 2016 08:22
No, tu sei un cittadino italiano fortemente "partecipante", che ha ritenuto giusto informarsi e porre a frutto conoscenze dei mercati finanziari che aveva già acquisito.
La tua posizione, periò, è enormemente più consapevole di chi, come i giuristi, anche altamente qualificati, ha seguito il flusso (divenuto mainstream) della la dottrina accumulatasi sotto la vigenza del "vincolo esterno" (cioè a partire dall'esigenza di dare copertura all'insalvabile "divorzio").
Non a caso, ne "La Costituzione nella palude" cito Pietro Barcellona (suggeritomi a suo tempo da Arturo):
"Quando il potere è saldamente in mano alle potenti lobbies degli affari e della finanza, dei circoli mediatici e della manipolazione, i giuristi si abbandonano al cosmopolitismo umanitario e si arruolano nel "grande partito" dlle buone intenzioni e delle buone maniere; magari fornendo una inconsapevole legittimazione al mantenimento dello stato di cose esistenti".
E fornendola, tale legittimazione, anche al rafforzamento dello stato di cose "sopravvenuto" se, appunto, imposto sempre dalle lobbies degi affari e della finanza e della manipolazione mediaticamediatica
http://orizzonte48.blogspot.com/2016/02/lart47-cost-come-la-linea-del-piave.html?showComment=1454569654818#c3731147281403388866
infatti Basso:
“… La Corte Costituzionale ha sempre rivendicato a sé la natura di corpo politico prima ancora che di corpo giudicante e, come tutti i corpi politici, è soggetta a subire l’influenza del momento politico. La Corte Costituzionale … oggi sembra a poco a poco orientata verso quella che è la funzione tradizionale delle Corti Costituzionali che è funzione nettamente conservatrice…” [5].
http://orizzonte48.blogspot.com/2017/03/corte-costituzionale-diritti.html?spref=tw
Allora i post te li mando prima di pubblicarli: così mi fornisci i links e i passaggi per renderli armonici (senza sforzi sovrumani da parte mia) :-)
EliminaArruolato....
LOL :).... Presidente non esageri :)
EliminaComunque Presidente…….“Uomini decisamente di altri tempi”.
Elimina“… è rimasta una profonda volontà democratica e uno spirito unitario che ha affratellato in un primo momento i partiti: sarebbe stato difficile, almeno ai grandi partiti di massa, non tenere conto che erano stati loro i partiti della Resistenza, che comunisti, socialisti, democristiani avevano combattuto assieme per queste stesse idee generali. Che qualcuno si richiamasse, come il mio amico La Pira, a qualche realtà trascendente, non aveva nessuna importanza: avevamo però combattuto insieme per un certo tipo nuovo di Italia. Fu questo, secondo me, il cemento che unì almeno i tre grandi partiti di massa…
Insieme abbiamo elaborato la Costituzione, e io ho conservato un ricordo vivissimo della prima sottocommissione della commissione dei settantacinque, dove socialisti, comunisti e democristiani abbiamo insieme steso la prima parte della carta fondamentale. Insieme con me e con i miei colleghi socialisti c’erano i comunisti Togliatti e Concetto Marchesi, fra i democristiani c’erano La Pira, Dossetti e Aldo Moro, allora giovanissimo, c’era Corsanego che era un uomo di alto valore, c’era Tupini, presidente della prima sottocommissione.
E noi potemmo lavorare, come ha ricordato La Pira, IN COMUNIONE DI SPIRITI perché su molte cose, non su tutte (l’art. 7 sta a testimoniare i nostri dissensi), eravamo d’accordo: INNANZI TUTTO SUL FATTO CHE AL CENTRO DELLA COSTITUZIONE, AL CENTRO DELLA VITA DELLA REPUBBLICA, AL CENTRO DELLA DEMOCRAZIA, CI DOVESSE ESSERE L’UOMO, il valore dell’uomo, ma non l’uomo isolato, non l’uomo singolo nell’individualismo settecentesco e ottocentesco, l’individuo contrapposto alla collettività, l’uomo nel senso liberale della parola, MA L’UOMO COME ESSERE SOCIALE, l’uomo come membro della collettività, quindi l’uomo come centro di rapporti umani. Questo credo sia stato l’elemento fondamentale che ci ha unito e ci ha permesso molte volte di andare avanti anche abbastanza rapidamente.
Forse La Pira ricorderà, come al di fuori delle sedute ufficiali (di cui gli storici della Costituzione trovano traccia non nei verbali stenografici, che non esistono, ma nei verbali sommari che esistono e che però non sono esattissimi: io l’ho constatato per quanto mi riguarda), ci si riuniva anche in riunioni private in cui c’erano i tre professori della DC, La Pira, Dossetti e Moro, c’ero io per il PSI e c’era Togliatti per il PCI… Quindi I TRE PARTITI LAVORARONO VERAMENTE IN UNO SPIRITO DI FRATERNITÀ, DI UNITÀ…” [L. BASSO, Interventi in Stato e Costituzione. Atti del Convegno organizzato dal Comune di Alessandria, a cura di F. Livorsi, Venezia, Marsilio, 1977, 65-70]. Uomini decisamente di altri tempi.
http://orizzonte48.blogspot.com/2017/06/res-publica-delenda-est-tra-emergenze.html?showComment=1498744335240#c609675408528578974
p.s. quando leggo queste cose... mi viene il magone
La quintessenza del processo di concentrazione (espropriativa) ad opera delle oligarchie finanziarie. L’imperialismo de l€uropa americanizzata.
RispondiEliminaHanno letto Lenin Lenin e ripropongono lo stesso modello, gli stessi metodi, le loro “frascherie teoriche” (in cui va annoverato l’Addendum), e qualche responsabile da dare in pasto alla gente come nelle cronache di questi giorni:
"Il dominio delle nostre grandi banche sulla Borsa ... non è che l'espressione della completa organizzazione dello Stato industriale tedesco. Mentre così si riduce il campo delle leggi economiche operanti automaticamente e si amplia in modo straordinario quello della regolamentazione cosciente per opera delle banche, cresce a dismisura la responsabilità di poche teste dirigenti verso l'economia nazionale”.
Così scrive il professore tedesco Schulze-Gaevernitz, l'apologeta dell'imperialismo tedesco, un'autorità per gli imperialisti di tutto il mondo, un uomo che tenta di celare le "inezie", vale a dire che questa "cosciente regolamentazione" per opera delle banche consiste nel fatto che un gruppetto di monopolisti, "integralmente organizzati", spoglia letteralmente il pubblico…
i rappresentanti della scienza borghese tedesca -e non di quella sola- come Riesser, Schulze-Gaevernitz, Liefmann, ecc., sono, senza eccezione, apologeti dell'imperialismo e del capitale finanziario. Essi non svelano, anzi occultano e abbelliscono il "meccanismo" della formazione dell'oligarchia, i suoi metodi, l'entità delle sue entrate (così "lecite" come "illecite"), LA SUA COLLUSIONE CON I PARLAMENTI, ecc. Essi sfuggono alle "questioni maledette" con frasi ampollose quanto oscure, richiamandosi al "senso di responsabilità" dei direttori di banche, levando alle stelle il "senso del dovere" dei funzionari prussiani e occupandosi con grande serietà dei particolari di progetti di legge poco seri sul.. "sorveglianza" e sulla "regolamentazione" e di frascherie teoriche… L'ultima parola dello sviluppo del sistema bancario è sempre il monopolio”.
Insomma – utilizzando ancora le parole di Lenin - “...attraversiamo uno speciale periodo di politica coloniale mondiale, strettamente collegato con la più recente " fase di sviluppo del capitalismo", con il capitale finanziario”. Una manciata di banche a livello mondiale vogliono tenere in pugno la vita di milioni di schiavi in totale balia di qualche psicopatico amministratore delegato.
“… Il quadro italiano è tetro, ma non perché io mi diverta a essere una Cassandra... È tetro perché tetra e spaventosa è la nostra realtà. Su che cosa possiamo sperare? Su un movimento dal basso, per quanto ciò possa apparire utopistico. Solo lo sviluppo della coscienza delle masse può dare un esito positivo alla famosa alternativa di Engels: “socialismo o barbarie”… L’unica salvezza sta nella nostra presa di coscienza: del resto io ho sempre considerato Il Capitale di Marx come “una sociologia della conoscenza”. Siamo abituati a vedere il mondo rovesciato: si tratta di “rimetterlo dritto”… ” [L. BASSO, Un governo a sinistra? L’America non lo permetterà mai, Lo Speciale, 11 febbraio 1975, n. 6, 20-21].
Lenin-Basso: e c'è chi parla di loro, e persino di Gramsci, come pensatori superati di una realtà che non c'è più. Dopo che ESSI, quella stessa realtà, hanno fatto di tutto per riprodurla. Nei minimi dettagli!
EliminaInfatti ha ragione Bazaar:
EliminaBazaar13 ottobre 2017 22:38
“Comincio a pensare che chiunque abbia messo in campo per decenni sterminate risorse per portare, by stealth, avanti questo progetto, sapesse cosa stesse facendo ma, allo stesso tempo, lo facesse senza sapere dove si sarebbe andati veramente a finire.
Apprendisti stregoni.
Grandi intelligenze messe insieme a far disastri. La fallacia di composizione dei neuroni.
Le "menti raffinatissime".
Falsa coscienza e sociopatia.
L'elitismo, il sentimento antidemocratico e l'accanimento anticomunista sono frutto di un disturbo della personalità.
Il titanismo dei potenti si mostra per quello che è quando la realtà materiale, su cui si fonda l'etica materiale del socialismo tanto odiata, porta il suo conto. I titani si svegliano e si guardano vacui e spaventati allo specchio: nani in preda alle proprie infantili insicurezze.
Il determinismo, la negazione del libero arbitrio e del politico, possono essere riassunti nell'acronimo TINA. Che sta per TIRANNIA.
Un sistema sociale che non ammette alcuna alternativa si chiama per definizione tirannia.
La tirannia de "lo vuole L'€uropa" che diventa la grundnorm della diatopica costituzione flessibile.
Per l'incertezza del diritto. Per la fine dello stato di diritto. Per la fine dello Stato e degli interessi generali che questo dovrebbe perseguire.
Complimenti. “
Quarantotto13 ottobre 2017 23:37
“Ma il conto sta per riarrivare, inesorabile. Se non fosse che lo pagheremo materialmente anche noi, nel nostro piccolo ma in via principale, i prossimi 2-3 anni saranno...interessantissimi”
http://orizzonte48.blogspot.com/2017/10/nuova-legge-elettorale-lelissi-difesa.html?showComment=1507927101656#c7091532433651803217
Post bellissimo che mostra con la forza della logica l'ineluttabilità della Caporetto che abbiamo di fronte.
RispondiEliminaA me il gioco delle parti tra parlamento europeo e bce (uso le minuscole intenzionalmente) ha fatto tornare alla mente un altro famoso precedente di 'soft law' (ante litteram).
https://it.wikipedia.org/wiki/Donazione_di_Costantino
Tuttavia rammento che circa un secolo fa il capitalismo italiano non ebbe timore di armare ed appoggiare lo squadrismo per regolare con la violenza il conflitto distributivo interno.
Voglio proprio vedere il quarto partito odierno, per quanto ignorante, indebolito e costituito da una stragrande maggioranza di imbelli mezze calzette conformist€, assistere, senza fare nulla, all'esito finale della decisione idiota dei primi anni ottanta di usare il 'vincolo esterno' per comprimere la quota salari, cioè alla distruzione finale dei salari, del proprio potere ed all'esproprio della ricchezza nazionale.
Per quello che riguarda questo passo:
"In questa situazione, infatti, i valori immobiliari (residenziali e aziendali) sono destinati ad una gigantesca depatrimonializzazione, in gran parte verificatasi: Bankitalia, con un recente (e moderato) studio, fa emergere, al 2016, una perdita di "valore" della ricchezza patrimoniale immobiliare italiana di circa 300 miliardi dal 2012 e di 600 dal "picco" del 2010."
non resta che citare Merriner S. Eccles.
"It is utterly impossible, ..., for the rich to save as much as they have been trying to save, and save anything that is worth saving. They can save idle factories and useless railroad coaches; they can save empty office buildings and closed banks; they can save paper evidences of foreign loans; but as a class they can not save anything that is worth saving, above and beyond the amount that is made profitable by the increase of consumer buying. It is for the interests of the well to do – to protect them from the results of their own folly – that we should take from them a sufficient amount of their surplus to enable consumers to consume and business to operate at a profit. This is not “soaking the rich”; it is saving the rich. Incidentally, it is the only way to assure them the serenity and security which they do not have at the present moment."
Da:
https://londonbanker.blogspot.it/2011/09/testimony-of-marriner-eccles-to.html
Storicamente però ESSI o sono stati (purtroppo) 'salvati' da una guerra vinta o sono stati spazzati via da una rivoluzione.
In entrambi i casi, parafrasando Keynes, è molto più onorevole fallire combattendo che riuscire a farsi espropriare in maniera conv€nzionale.
Ma quanto piace il soft law agli aedi della globalizzazione e della sua “governance”!
RispondiElimina"Lo strumentario giuridico può essere prodotto da soggetti istituzionali o semi-pubblici (quali le grandi associazioni internazionali) alle prese con la scommessa della globalizzazione: in tal caso l’inventiva giuridica corrisponde alla ricerca di formule e strumenti che sappiano mediare tra le tradizionali misure normative e finalità che invece sono piuttosto comunicative, promozionali e di indirizzo." (M. R. Ferrarese, Le istituzioni della globalizzazione, Il Mulino, Bologna, 2000, pag. 92).
Effettivamente l'"inventiva" nell’affrontare la "sfida" di sottrarsi a qualsiasi tipo di controllo popolare e responsabilità politica non si può negare abbondi.
Il “solito” Luciani:
“Anzitutto, appare evidente che l’apertura del procedimento amministrativo comunitario, mentre non basta a garantire la migliore realizzazione delle finalità pubbliche, è imputabile alla volontà della Commissione di trovare un proprio spazio di autonomia, instaurando un (appunto autonomo) canale di collegamento con la società civile europea. Quella società civile, però, è composta essenzialmente da soggetti del pluralismo organizzato forti socialmente e in genere anche economicamente, capaci di “stare”, anche fisicamente, a Bruxelles e sovente dotati (grazie alla normativa comunitaria o statale) di poteri di self regulation.
In secondo luogo, se si dice che quelli di soft law sono “strumenti di prescrizione imperfetti”, ma indispensabili per fornire un “quadro di riferimento programmatico vincolante”, si dice cosa apparentemente contraddittoria, ma in realtà esatta: il soft law (ancor più della soft regulation, intesa come regolazione attraverso strumenti normativi tradizionali, che tuttavia lasciano margini flessibili di adeguamento e spazi discrezionali di esecuzione e attuazione) è tutt’altro che soft, perché è capace di improvvise rigidità vincolanti se, oltretutto a discrezione di soggetti non democraticamente controllabili (giudici, organi tecnici, esecutivi in sede di negoziato con altri esecutivi), lo si erge a paradigma di decisioni o di comportamenti.
Se si mettono insieme le due cose, dobbiamo constatare che un sistema del genere non assicura la certezza del diritto e non sa garantire i diritti degli individui singoli (non organizzati) e comunque dei soggetti deboli. L’elasticità e la mancanza di forme non sono necessariamente “miti” e un ordinamento con un sistema delle fonti disordinato e un’amministrazione che agisce per princìpi e programmi non è necessariamente un ordinamento capace di erogare prestazioni soddisfacenti in termini di rendimento democratico.”
Soprattutto "organi tecnici". Direi.
EliminaIn realtà, poi, aggiungerei che non è solo il "rendimento democratico" a risultare insoddisfacente; è proprio il risultato effettuale, cioè rapportato alla coerenza tra obiettivi dichiarati e obiettivi effettivamente perseguiti, che lascia molto a desiderare; considerato che "la tecnocrazia" è invariabilmente fondata sul principio assiologico della naturalità autonoma delle leggi del mercato e che queste si manifestano nella realtà storica economica con un'irresistibile prevalenza dell'assetto oligopolistico.
Ed è da questo assetto, caratterizzato dalla prevalenza di interessi economico-finanziari manifestamente avulsi "da", e anzi contrari "a", l'interesse economico delle comunità nazionali "recessive" nella competizione mercatistica, che si ricavano oggettivamente gli obiettivi effettivamente perseguiti.
A quanto ho capito, da neofita, comunque si provi ad applicare l’addendum sarà una carneficina (mi corregga se sbaglio) ma mi sfugge un aspetto: se il sistema bancario semplicemente non si conformasse, quali sarebbero le possibili conseguenze?
RispondiEliminaIl sistema bancario è soggetto alla vigilanza per ogni singola banca (con requisiti dimensionali che l'assoggettano alla competenza BCE).
EliminaSe non si adeguano le SINGOLE BANCHE di cui sia, di volta in volta, valutata l'insufficienza di capitale primario di tipo 1 destinato a fornire i "livelli minimi di accantonamento", la BCE come "autorità di risoluzione", "risolverà" d'imperio, con la sua autorità, la banca, sottoponendola a una serie di misure (praticamente soppressive) che culminano nel bail-in (cioè nella sopportazione delle perdite da parte di tutti i creditori della banca, o nel caso, delle varie banche sottoposte a risoluzione, compresi obbligazionisti, di ogni tipo, e correntisti).
Peraltro con una semplice ricerca sul blog si possono trovare tutti i post in cui questi meccanismi sono stati esposti e la filosofia complessiva che li ha ispirati.
http://www.amministrazioneincammino.luiss.it/app/uploads/2017/09/Rossi-Bail-in.pdf
"che culminano nel bail-in (cioè nella sopportazione delle perdite da parte di tutti i creditori della banca, o nel caso, delle varie banche sottoposte a risoluzione, compresi obbligazionisti, di ogni tipo, e correntisti)."
EliminaDa ricordare questo splendido commento di Bazaar:
"I soldi del bail-in sono andati alle famiglie che non hanno potuto ripagare il mutuo perché il capofamiglia ha perso il lavoro.
Sono andati alle imprese che sono fallite con il magazzino pieno.
ESSI hanno deciso che ad ogni imprenditore impiccato deve corrispondere un risparmiatore suicidato.
Si chiama Open Society.
L'istituto di credito non facilita più la trasformazione del risparmio in investimento: ha per missione il controllo demografico.
Quindi le sofferenze bancarie vengono ripagate con quelle dei famigliari delle vittime.
A livello micro.
A livello "macro" i soldi del bail-in sono il colossale traferimento di patrimonio dalla comunità sociale italiana verso quella tedesca, insieme ai redditi futuri degli asset che sono stati svenduti o distrutti.
In pratica, i frutti di generazioni di ciò su cui si basa la nostra Repubblica - il lavoro - vengono saccheggiati e depredati dal capitale internazionale con il collaborazionismo di tutta la classe politica e della grande industria, mentre le classi subalterne imprenditoriali e salariate non hanno le risorse culturali per capire come mai la speranza di vita crollerà.
Stiamo assistendo ad un genocidio al rallentatore.
Volevamo un mondo in qualche modo migliore? Ci sarà, ma senza di noi.
Almeno che non si trovi lo spillo con cui accoppare l'elefante.
E conviene ragionarci in fretta."
(Bazaar)
http://orizzonte48.blogspot.com/2015/12/sommario-mergenziale-di-fine-anno.html?spref=tw
Commento che definerei "ormai celebre"...
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