Nel precedente post abbiamo accostato la rinuncia "di fatto" della Francia al fiscal compact, e quindi alle politiche deflattive ("Mantenga" l'inflazione...), agli sviluppi dello scenario economico internazionale preannunziati dal G20 di Pietroburgo, e l'insieme di questi effetti, in un apparente paradosso, al Tramonto dell'euro.
In effetti, la "eccezione" Francia dovrebbe consentire alla Germania di mantenere in vita l'euro non tanto per avvantaggiarsi di una possibile espansione del proprio export nell'area euro, obiettivo a cui realisticamente pare aver rinunziato (in questa fase), quanto alla possibilità effettiva, per l'attuale maggioranza di governo di:
- presentarsi alle elezioni di settembre con il distintivo dello "sceriffo" anti-inflazione;
- poter sfruttare il "fiscal compact" come strumento di definitiva spinta alla "deindustrializzazione avanzata" dei concorrenti nell'area "occidentale" (con le svendite generalizzate degli assets dei paesi debitori dell'area UEM). Potendo così rivolgersi a "est" per perseguire quel ruolo di potenza commerciale globale non più minacciato a occidente dalla concorrenza dell'eurozona, sostanzialmente ridotta a "area economica esclusiva" di tipo coloniale.
- presentarsi alle elezioni di settembre con il distintivo dello "sceriffo" anti-inflazione;
- poter sfruttare il "fiscal compact" come strumento di definitiva spinta alla "deindustrializzazione avanzata" dei concorrenti nell'area "occidentale" (con le svendite generalizzate degli assets dei paesi debitori dell'area UEM). Potendo così rivolgersi a "est" per perseguire quel ruolo di potenza commerciale globale non più minacciato a occidente dalla concorrenza dell'eurozona, sostanzialmente ridotta a "area economica esclusiva" di tipo coloniale.
Sia sufficiente o meno questa strategia a garantire la prosecuzione della prosperità germanica, essa si fonda essenzialmente su quattro presupposti:
a) che l'Italia (come più importante economia "servente" del disegno deflazionista egemone) continui nella sua politica economica di austerity, prona agli interessi esclusivamente tedeschi;
b) che sia sufficiente garantire l'eccezione "politica" francese dai vincoli del fiscal compact, consentendole di non ridurre il deficit, per dare quel tanto di sostegno pubblico all'economia transalpina da impedirne l'entrata in recessione, disinnescando quindi una intempestiva fuoriuscita dall'euro;
c) che, al contempo si riesca ad evitare la reazione politica degli altri paesi mediterranei, Spagna in testa, ma anche Portogallo e Grecia, magari saldatasi con quella della Francia e, in estrema ipotesi, della stessa Italia;
d) che, infine, la convenienza russa a prestarsi da gigantesco hub-corridoio per le merci cinesi e da "riserva" di materie prime a prezzi privilegiati (grazie anche alla forza valutaria mantenuta dai tedeschi ad ogni costo), trovi sufficiente remunerazione nel travaso di merci e tecnologie tedesche, riuscendo a garantire simultaneamente il rafforzamento dell'economia russa e la sua integrazione stabile con quella tedesca (il famoso disegno della neo-egeomonia congiunta "drang nach ost").
Ora il punto è che questa strategia può realizzarsi solo se tali condizioni di svilupperanno congiuntamente in un timing opportuno. Se nel breve periodo anche solo una di tali condizioni politiche ed economiche non dovesse avverarsi, il disegno fallirebbe.
Diciamo subito che la condizione sub d) (il versante russo-cinese) è quella temporalmente più "lontana" (sebbene già in fase di avveramento) nella cronologia del "piano", essendo evidentemente pregiudiziale la "soluzione" (finale?) del problema UEM.
E diciamo altrettanto che, data la sua "audacia" politico-internazionale, questa fase "finale" è quella di realizzazione più incerta, includendo ostacoli politici sia nella imprevedibile instabilità politica russa, sia nella comprensibile reazione degli USA, che rischiano, come già evidenziato, un isolamento economico senza precedenti, che si tradurrebbe nella loro definitiva "svalutazione" sulla scena poliica mondiale.
E diciamo altrettanto che, data la sua "audacia" politico-internazionale, questa fase "finale" è quella di realizzazione più incerta, includendo ostacoli politici sia nella imprevedibile instabilità politica russa, sia nella comprensibile reazione degli USA, che rischiano, come già evidenziato, un isolamento economico senza precedenti, che si tradurrebbe nella loro definitiva "svalutazione" sulla scena poliica mondiale.
Impossibilitata a raggiungere il rilancio della propria dimensione industriale, già intrapreso da Obama, e vedendo avverarsi le condizioni per la perdita della stessa capacità del dollaro di costituire il mezzo di pagamento del commercio mondiale, l'America si troverebbe a fronteggiare, indebolita, anche la reazione del sub-continente Americano e l'erosione dei "restanti" BRICS.
Mai come ora per gli USA, (nonostante la smentita delle analisi frettolose in senso diverso, tanto alla moda nella politica italiana), hanno interesse ad una partnership rafforzata con l'Europa, per conservare la domanda e il sostegno politico di quella che è sempre rimasta l'area economico-commerciale più importante del mondo. Ma di questo abbiamo già parlato e vedremo quali saranno gli sviluppi.
Ma è la condizione sub b) quella che attira maggiormente l'attenzione in termini di attualità.
Se non altro perchè la condizione a) (Italia che cessa di essere servente degli interessi tedeschi) è "culturalmente" ancora troppo lontana, data la forte radicazione, nella maggioranza dell'opinione pubblica, dell'idea che l'euro sia una sorta di "male necessario" (per proteggersi dalla Cina....?), legato al mito, ormai dogmatizzato, dell'Europa come "sogno" di futura prosperità, a sigillare il quale i media italiani spargono la loro ormai vacillante (ma non abbastanza) opera di sedazione della "ragione".
Dunque l'interrogativo cruciale per la Germania è: è sufficiente a garantire la propria strategia di colonizzazione europea, via euro, consentire alla Francia di "non ridurre" il deficit nella misura prevista dal fiscal compact?
Se diamo retta a Carlo Pelanda, parrebbe di sì, col solo inconveniente che tale "accordo" farebbe fuori l'Italia. Infatti, posto che il cambio di paradigma di USA, Giappone e emergenti Sudamericani tende ora a orientare la politica monetaria non più sul mantenimento di un certo tasso di inflazione, ma su un obiettivo di riduzione della disoccupazione, l'effetto "svalutativo"-inflattivo di ciò implicherebbe una contrazione dell'export dell'area euro di circa il 30%.
L'attenuazione del rigore, dunque, permetterebbe alla Francia di rinunziare a richiedere politiche monetarie di "svalutazione competitiva", in modo da far arrivare la Merkel in posizione vantaggiosa alle elezioni e solo poi, pervenire a un nuovo accordo Francia- Germania di allentamento dello stesso fiscal compact.
Non ci soffermeremo nè sulla terminologia nè sulla attendibilità di concepire la politica monetaria come decisiva per la formazione del livello dei prezzi; quel che è certo è che nella visione di Pelanda, alla fine, con un pò di politica monetaria espansiva e un futuro "ammorbidimento" del rigore, sostanzialmente consentiranno "via inflazione" di "evitare una depressione". D'altra parte, a parte la (non trascurabile) incompatibilità della simultanea applicazione di principi neo-classici e curva di Philips di tipo "keynesiano", con previsione "sovversiva" dell'abbandono, in UEM, del dogma della politica monetaria "credibile" (cioè solo deflazionistica e come tale capace di riportare la disoccupazione al suo livello "naturale"), Pelanda, (laureato in scienze politiche e studioso dei "sistemi") è uno dei tanti che sosteneva che l'agenda Monti è irrinunciabile.
Se dobbiamo invece dar retta a Jacques Sapir (qui nella traduzione di "Vocidall'estero"), prestigioso economista francese, la risposta è negativa:
"La Francia è, come sappiamo, una delle meno integrate nella zona euro in quanto solo il 50% del nostro commercio internazionale si svolge con i nostri partner. Vale a dire che il resto del commercio internazionale della Francia si basa sulla sterlina, il dollaro, lo Yen o anche altre valute. È per questo che un aumento dell'euro ha delle conseguenze disastrose per la nostra economia. L'impatto è stato calcolato nell'1% in meno di crescita ogni volta che l'euro si apprezza del 10%. Oggi, e tenuto conto che la zona euro è in recessione, il potenziale di crescita trainata dalle esportazioni sta in gran parte al di fuori della zona euro. Ciò suggerisce che il potenziale impatto dell'aumento dell'euro rispetto alle altre valute avrà conseguenze ben più gravi di quello che è stato calcolato nel 2008, e si può supporre che dovremmo affrontare una contrazione di -1,2% per un apprezzamento del 10% dell'euro.
Dunque l'interrogativo cruciale per la Germania è: è sufficiente a garantire la propria strategia di colonizzazione europea, via euro, consentire alla Francia di "non ridurre" il deficit nella misura prevista dal fiscal compact?
Se diamo retta a Carlo Pelanda, parrebbe di sì, col solo inconveniente che tale "accordo" farebbe fuori l'Italia. Infatti, posto che il cambio di paradigma di USA, Giappone e emergenti Sudamericani tende ora a orientare la politica monetaria non più sul mantenimento di un certo tasso di inflazione, ma su un obiettivo di riduzione della disoccupazione, l'effetto "svalutativo"-inflattivo di ciò implicherebbe una contrazione dell'export dell'area euro di circa il 30%.
L'attenuazione del rigore, dunque, permetterebbe alla Francia di rinunziare a richiedere politiche monetarie di "svalutazione competitiva", in modo da far arrivare la Merkel in posizione vantaggiosa alle elezioni e solo poi, pervenire a un nuovo accordo Francia- Germania di allentamento dello stesso fiscal compact.
Non ci soffermeremo nè sulla terminologia nè sulla attendibilità di concepire la politica monetaria come decisiva per la formazione del livello dei prezzi; quel che è certo è che nella visione di Pelanda, alla fine, con un pò di politica monetaria espansiva e un futuro "ammorbidimento" del rigore, sostanzialmente consentiranno "via inflazione" di "evitare una depressione". D'altra parte, a parte la (non trascurabile) incompatibilità della simultanea applicazione di principi neo-classici e curva di Philips di tipo "keynesiano", con previsione "sovversiva" dell'abbandono, in UEM, del dogma della politica monetaria "credibile" (cioè solo deflazionistica e come tale capace di riportare la disoccupazione al suo livello "naturale"), Pelanda, (laureato in scienze politiche e studioso dei "sistemi") è uno dei tanti che sosteneva che l'agenda Monti è irrinunciabile.
Se dobbiamo invece dar retta a Jacques Sapir (qui nella traduzione di "Vocidall'estero"), prestigioso economista francese, la risposta è negativa:
"La Francia è, come sappiamo, una delle meno integrate nella zona euro in quanto solo il 50% del nostro commercio internazionale si svolge con i nostri partner. Vale a dire che il resto del commercio internazionale della Francia si basa sulla sterlina, il dollaro, lo Yen o anche altre valute. È per questo che un aumento dell'euro ha delle conseguenze disastrose per la nostra economia. L'impatto è stato calcolato nell'1% in meno di crescita ogni volta che l'euro si apprezza del 10%. Oggi, e tenuto conto che la zona euro è in recessione, il potenziale di crescita trainata dalle esportazioni sta in gran parte al di fuori della zona euro. Ciò suggerisce che il potenziale impatto dell'aumento dell'euro rispetto alle altre valute avrà conseguenze ben più gravi di quello che è stato calcolato nel 2008, e si può supporre che dovremmo affrontare una contrazione di -1,2% per un apprezzamento del 10% dell'euro.
Supponendo, in un'ipotesi molto ottimista, che questo apprezzamento duri solo per il primo semestre, alla fine dell'anno ci troveremmo di fronte a un'ulteriore contrazione dello 0,6% della nostra crescita. Abbiamo già spiegato perché la previsione del governo di una crescita dello 0,8% non ha alcuna possibilità di materializzarsi 1 .
La prognosi più ottimista è di una crescita zero (0,0%) e la prognosi pessimistica è di circa -0,5%. A queste cifre dovrebbe pertanto essere aggiunto, se l'apprezzamento durerà solo un semestre, un ulteriore effetto di -0,6%, che, darebbe luogo a una evoluzione del PIL francese nel 2013 compresa tra -0,6% e -1,1%. Il divario con le ipotesi su cui era stato programmato il bilancio per il 2013 sarà dall' 1,4% all' 1,9%, il che implica una perdita di produzione di 28-38 miliardi di euro e una perdita di gettito fiscale di 12,6-17,1 miliardi.
A queste cifre va aggiunta la crescita della disoccupazione dovuta a questa ulteriore diminuzione dell'attività. Si possono quantificare queste conseguenze tra i 120.000 e i 180.000 disoccupati in più, in aggiunta all'aumento già previsto per il 2013. Tale aumento della disoccupazione, naturalmente, comporterà dei costi supplementari (in sussidi di disoccupazione). Il deficit indotto sarà dunque la somma delle diminuzioni delle entrate e di questi costi supplementari, tra i 15 e i 19,6 miliardi, dallo 0,75% all'1% del PIL.
La Commissione europea probabilmente non avrà altra scelta che lasciar perdere. Ma è chiaro che l'obiettivo del 3% del disavanzo pubblico non sarà raggiunto nel 2013 né nel 2014, e che bisognerà attendere fino al 2020 perché la Francia abbia, in queste condizioni e con questa politica, un equilibrio di bilancio.
La Commissione europea probabilmente non avrà altra scelta che lasciar perdere. Ma è chiaro che l'obiettivo del 3% del disavanzo pubblico non sarà raggiunto nel 2013 né nel 2014, e che bisognerà attendere fino al 2020 perché la Francia abbia, in queste condizioni e con questa politica, un equilibrio di bilancio.
Ma questo non fa che evocare le conseguenze immediate e meccaniche dell'aumento dell'euro. In realtà, esso aggraverà la perdita di competitività delle imprese francesi, causando un ulteriore calo degli investimenti e nuove chiusure delle industrie. Le capacità di ripresa dell'economia sono particolarmente suscettibili al calo degli investimenti. Anche se, scenario improbabile, ci fosse una ripresa dell'attività economica mondiale nel 2014, la Francia non sarebbe in grado di avvantaggiarsene. In effetti, l'aumento l'euro vale ad annullare gli effetti delle misure adottate dal governo, e in particolare quelle del patto "sulla competitività del lavoro". Questo aumento sprofonderà le imprese francesi. Il governo non avrà altra scelta che cercare di comprimere un po' di più i salari, e di conseguenza la domanda delle famiglie, con conseguenze prevedibili di disoccupazione, o uscire da questo quadro politico distruttivo lasciando la zona euro e svalutando il franco."
Naturalmente, le forze della finanza "al potere" non si arrendono.
E infatti, conformi all'idea che l'euro sia un "sistema di potere" ("loro"), abbandonano i dogmi neo-classici (nulla più che uno strumento e lasciati al loro destino in caso di necessità), in un modo diverso da quello indicato da Pelanda, e cercano di mantenere in piedi il "fogno" con un misto keynesian-montiano (la "chimera" anti-Sedan), come ci spiega il Sole24ore:
"La svalutazione competitiva? La sta facendo la Francia, tutta da sola, e in modo da colpire soprattutto i partner di Eurolandia.
Naturalmente Parigi non tocca la leva del cambio, perché non può farlo, ma ha trovato il modo di simulare con la politica fiscale gli effetti di un deprezzamento dell'euro, e lo ha usato con spregiudicatezza. I risultati potrebbero vedersi presto. L'idea è semplice. Cosa fa una svalutazione? Rende più costose le importazioni e più competitive, nel prezzo, le esportazioni. Si possono ottenere gli stessi risultati con strumenti fiscali (e si parla, quindi, di svalutazione fiscale).
Si aumenta l'Iva, dunque: questo non tocca i beni esportati, ai quali non si applica, ma pesa (anche) sui prodotti importati. Nello stesso tempo si danno crediti fiscali alle aziende, o in alternativa si riducono le tasse sul lavoro, il cuneo fiscale, o semplicemente si tagliano le tasse sulle aziende le quali, conservando i margini, possono abbassare i prezzi delle esportazioni.
Parigi sta facendo esattamente questo: su ispirazione di Philippe Aghion, uno degli studiosi più attenti al tema della crescita economica (strutturale) e consulente del presidente François Hollande, ha adottato l'anno scorso questa politica: più Iva - l'anno prossimo aumenterà l'aliquota più alta e ne sarà introdotta una nuova - e crediti fiscali per 20 miliardi.
Aghion si è ispirato al lavoro di Gita Gopinath, 41 anni, economista indiana dell'Università di Harvard che a sua volta, in un lavoro con Emmanuel Farhi e Oleg Itskhok, ha reso attuali alcune proposte avanzate da John Maynard Keynes nel 1931, - prima della Teoria Generale.
L'economista di Cambridge invitava però a usare i dazi, che colpiscono direttamente le importazioni, invece delle imposte sui consumi (che sono molto regressive, nel senso che pesano soprattutto sui meno ricchi). Per i risultati occorrerà aspettare che la politica vada a regime.
Una simulazione svolta sulla Spagna da José Boscá, Rafael Doménech,e Javier Ferri per la Bbva, mostra che la svalutazione fiscale ha davvero effetti su esportazioni e importazioni, ma di gran lunga inferiori rispetto alla svalutazione monetaria.
L'effetto complessivo sulla crescita è anche qualitativamente diverso: un deprezzamento del cambio porta a un aumento del Pil nel primo anno, ma l'effetto si riduce fortemente nel secondo; la svalutazione fiscale, al contrario, ha effetti relativamente limitati il primo anno, più robusti nel secondo, con un risultato medio leggermente migliore. Una "vecchia" analisi della Banca di Francia, precedente la crisi, ha trovato che un taglio di 1,5 punti percentuali nei contributi finanziato da un aumento dell'Iva genererebbe in teoria 30mila posti di lavoro, che salgono a 300mila se le misure puntassero soprattutto ai salari più bassi.
Inutile dire che da ciò, prosegue il Sole24ore, nasce un piccolo problemino di "coordinamento" delle politiche economiche e fiscali, come si affrettano a precisare dal FMI, mentre "esperti danesi" lamentano una "politica protezionistica". Ovviamente nessuno si rammenta che la Germania, a suo tempo, agendo sul costo del lavoro e relativo welfare, abbia già abbondantemente fatto la stessa cosa, come abbiamo spiegato abbondantemente qui.
Ma niente paura: Germania e Francia si sono già accordate e probabilmente imporranno al resto dell'UE l'innalzamento del tetto pro-capite dei sussidi di Stato alle imprese.
"Si è discusso di alzare l'attuale soglia de minimis dagli attuali 200 mila euro a 500 mila, ma noi siamo non favorevoli ad un aumento di questa soglia", ha detto Moavero, precisando che con l'Italia si schiera "un buon numero di paesi" nel respingere la revisione.
Allo stato attuale, ha spiegato il ministro, "esiste una maggioranza di paesi che non vuole ritoccare la soglia" e quindi "siamo fiduciosi che Almunia agisca con rigore", ossia rispettando l'orientamento maggioritario degli Stati membri. La contrarietà del ministro, di Almunia e della maggioranza dei Paesi facenti parte dell’Ue ha origine anche dall'esperienza passata: già durante la crisi finanziaria 2008-2009 il tetto agli aiuti di Stato erano stati aumentati a 500 mila euro per le banche.
Moavero ha ricordato che, secondo un rapporto della Commissione sugli effetti di quell'innalzamento temporaneo, "la grande maggioranza degli aiuti è stata erogata in un solo Stato: la Germania" con il rischio "di una distorsione delle eguali condizioni competitive del mercato".
Anche in questo caso, dunque, un nuovo ammorbidimento delle norme sugli aiuti di Stato "si tradurrebbe in una distorsione delle pari condizioni di concorrenza sul mercato interno" fra "gli Stati membri che hanno capacità di intervento pubblico e altri che non possono permetterselo, perché fortemente indebitati" o comunque sottoposti ai programmi di austerità voluti dall'Europa, che chiede loro "di non eccedere nella spesa pubblica nazionale".
Allo stato attuale, ha spiegato il ministro, "esiste una maggioranza di paesi che non vuole ritoccare la soglia" e quindi "siamo fiduciosi che Almunia agisca con rigore", ossia rispettando l'orientamento maggioritario degli Stati membri. La contrarietà del ministro, di Almunia e della maggioranza dei Paesi facenti parte dell’Ue ha origine anche dall'esperienza passata: già durante la crisi finanziaria 2008-2009 il tetto agli aiuti di Stato erano stati aumentati a 500 mila euro per le banche.
Moavero ha ricordato che, secondo un rapporto della Commissione sugli effetti di quell'innalzamento temporaneo, "la grande maggioranza degli aiuti è stata erogata in un solo Stato: la Germania" con il rischio "di una distorsione delle eguali condizioni competitive del mercato".
Anche in questo caso, dunque, un nuovo ammorbidimento delle norme sugli aiuti di Stato "si tradurrebbe in una distorsione delle pari condizioni di concorrenza sul mercato interno" fra "gli Stati membri che hanno capacità di intervento pubblico e altri che non possono permetterselo, perché fortemente indebitati" o comunque sottoposti ai programmi di austerità voluti dall'Europa, che chiede loro "di non eccedere nella spesa pubblica nazionale".
Avete capito Moavero? Non potendo sostenere, davanti all'opinione pubblica italiana, che il debito pubblico NON sia il problema e rivelare ciò che la stessa Commissione ammette, cioè che NON c'è un pericolo di insolvenza pubblica italiana, invece di negoziare un aumento della spesa pubblica italiana per "investimenti" (che pure era stata sbandierata come "risultato" della linea amichevol-prona di Monti alla Merkel), si rafforza l'idea che "non possiamo permettercelo", mentre la Francia con un probabile deficit 2013 sopra il 4% e una spesa pubblica al 56% del PIL lo sostiene a piè pari.
Ma torniamo "a bomba": tutto questo agitarsi vetero-keynesiano e "protezionisitico", ante "Teoria generale", consentirà alla Francia di scampare al trattamento PIGS e di finire in recessione prolungata e "colonizzata"?
Certo l'idea di riconquistare la "parità" politica con la Germania e violare impunemente gli artt.5, 34, 107 e 119-121, del Trattato sul funzionamento dell'Unione, non è male: specie perchè l'Italia e la Spagna hanno compatte maggioranze politiche (di qualunque segno: è il PUDE, bellezza) che sono dedite alla "colpevolizzazione" e alla deindustrializzazione dei rispettivi popoli.
Ma quello che dice Sapir fa dubitare di ciò, sul piano economico: la Francia non può beneficiare sufficientemente del vantaggio competitivo accentuato sul versante partner UEM, proprio perchè realizza il suo (maggiore e crescente) export "atteso" già oggi fuori da tale area, che andrebbe comunque in ulteriore crisi da domanda.
Insomma, questa politica, non è somunque sufficiente a neutralizzare gli effetti del super-euro.
Se l'ostinazione pre-elettorale della Merkel farà arrivare, come è probabile il super-euro a 1,40, non basterà accanirsi sul beggar thy neighbour dei vicini UEM in drammatico calo della domanda interna, accentuandolo. Non solo ma le stesse politiche sono già in parte programmate da paesi come l'Italia, che ha infatti in "scadenza" un ulteriore aumento dell'IVA 2013 che diverrebbe inevitabile, mentre, in generale, questa distorsione fiscale, condurrebbe a un vantaggio per i beni e servizi "non tradable" (cioè non trasferibili con esportazione) dei vari paesi UEM, neutralizzando il re-indirizzo della domanda di tali paesi sui beni francesi.
Ammesso che, "sfiga" estrema, della Francia, l'Italia con un governo di centro-sinistra non completi il quadro di "simmetrica ritorsione", procedendo a un contemporaneo sgravio fiscale contributivo e fiscale, sbloccando (in qualche modo e in qualche misura) i famosi "crediti delle imprese" (magari accentuando la flessibilità del lavoro, come pare sbandierato in campagna elettorale), cioè sfruttando la maggior elasticità dell'economia italiana, quanto al commercio estero, al tasso di cambio reale.
Cioè, in pratica, tutti gli effetti principali delle politiche di Hollande sono vanificabili da una guerra commerciale tutti contro tutti (il Nobel per la pace all'UE, anfatti), mentre la Germania gongola della lotta all'inflazione e quindi l'euro forte e la prosecuzione dell'austerity sul lato della domanda interna (non sia mai che non si adottino politiche pro-lavoro e non imperialiste commerciali), porteranno alla recessione "comune", coordinata e armonizzata come prescrive il "vero" significato del Trattato (TFUE), quello applicato nella prassi e che volevano applicare fin dall'inizio.
Ed è per questo che Lars Seier Christensen, della Saxo Bank dice "the whole thing is doomed" (l'euro ndr.) e che venderebbe l'euro non appena si approssimi alla soglia di 1,40 sul dollaro.
Ed è per questo che la condizione sub b) non ha grandi speranze di verificarsi: la Francia entrerà in recessione, esattamente come prevede Sapir, e la sua unica alternativa sarà quella, PRIMA, di "comprimere ulteriormente i salari", peggiorare il quadro e, POI, dopo aver inflitto inutili sofferenze ai francesi e agli altri partners UEM, "uscire da questo quadro politico distruttivo lasciando la zona euro e svalutando il franco".
Certo non sarà una passeggiata di salute, ma il disegno della Germania fallirà, lasciando un cumulo di macerie in Europa e l'incognita di una ricostruzione in cui non sarà chiaro, come nel 1945, che le responsabilità delle oligarchie finanziarie sono inescusabili.
Intanto pare che anche la Bulgaria sia messa molto male.
RispondiEliminaMi sono informato un attimo e ho visto che....ha la moneta nazionale agganciata a cambio FISSO all'euro dal 99! e poi.... prima ancora era fissata al marco!!!
cioè capiamoci un attimo: i tedeschi hanno colonizzato tutta europa (compreso l'est) e nessuno ha fatto niente? cioè cerchiamo di capire...la Francia come ha potuto permettere questo? gli USA perchè lo hanno permesso?
Speravo che il blog lo avesse fatto comprendere come lo abbiano potuto permettere: un misto di fanatismo ideologico "deflattivo" (facente capo al Washington-Berlin consensus e innescato dalla logica del creditore bancario al potere), di revanchismo politico-sociale (autorizzato dalla caduta del muro di Berlino e iniziato in europa dalla Thatcher), che hanno dato luogo a un fenomeno di generalizzata incompetenza politico-fiscale.
EliminaIl tutto sigillato dal non poter sopportare, le classi politiche che hanno avallato tutto questo senza capire bene dove avrebbe portato, il costo autodistruttivo dell'ammissione della verità (una volta manifestatasi)
Un idea di come nacque: "The main policy objective of central bank independence is price stability. This is not the same as macroeconomic stability, as we know. But it is the only rationale for the so-called independence of central banks. The result has been the colossal expansion of interest payments from governments to the private banks. Using Eurostat numbers, Simon Thorpe found interest payments for 2011 in the European Union amounted to 370.8 billion euros (11% more than in 2010). That’s a whopping 2.9% of the EU’s GDP.". E ora una domandina facile facile...da dove provengono gli enormi utili delle banche? Risposta... ;) e a proposito di Russia ...
EliminaTi ringrazio per la risposta. Però io, al di là degli interessi delle oligarchie finanziarie, vado proprio più sul livello terra-terra. Perchè la Francia non ha impedito la "colonizzazione" est-europea (che a quanto pare risale a vecchia data) alla germania? anche lì sono state scientemente perseguite politiche contrarie agli interessi nazionali fin dal principio?
EliminaLa risposta di Flavio ti da la dimensione economica dei termini dello scambio: l'espansione tedesca a est-europeo (non parliamo della Russia) è stata vista come un male minore per poter far sopportare il passaggio al capitalismo senza generare modelli instabili (per loro) di neo-democrazia del lavoro. E poter così proseguire nello smantellamento del welfare via trasformazione dei tagli alla spesa in interessi sul debito, basato su un caposaldo "moraleggiante": state vivendo al di sopra delle vostre possibilità e c'è la concorrenza "globale" . E ricordi tutto il florilegio delle varie "sfide in un mondo nuovo" le "frontiere della globalizzazione", la "nuova geo-politica", il supposto "tramonto della superpotenza USA" (pochi giorni fa riaccreditato in un discorso di Napolitano). Suvvia, terra-terra sono stati i "missili" diretti all'incentriolamento di massa; le ideologie e la propaganda che hanno occultato le varie "mosse" sono state ben calcolate. Certo, e te l'ho segnalato, on hanno fatto gli interessi nazionali "generali", perchè le politiche neo-classiche sono una bufala per incompententi. Ma gli interessi dei sistemi bancari nazionali, quelli sì. E finora gli è bastato...
Elimina@Luca: Innanzitutto mi scuso, il link esatto da associare alla parola "come" nel mio commento precedente è questo http://triplecrisis.com/central-bank-autonomy-a-dangerous-mirage/ . Un punto importante di questo articolo riporta: "The collapse of the Bretton Woods system had critical implications for the financial sector. As it created new risks for investors who now had to meet the challenge of flexible exchange rates (the “privatization of exchange risk” as Eatwell and Taylor aptly describe this), it also opened new opportunities for speculation in the foreign exchange markets. Financial liberalization was needed for the arbitraging operations that capital required to take advantage of the opportunities flexible exchange rates offered. And while this was being considered and promoted on all fronts, the idea of central bank independence came to life.".
EliminaIl sistema di Bretton Woods dava al sistema finanziario la possibilità di non dover avere a che fare con la seccatura dei cambi (negli investimenti pesa e non poco). Mettici poi il fatto che l'inflazione degli anni '70 dovuta alla guerra dello Yom Kippur del '73 ed alla rivoluzione iraniana del '79 hanno provocato una fiammata inflattiva "inaspettata" che ha bruciato le aspettative finanziarie degli operatori. Cambi fissi e inflazione "stabile" sono il luogo ideale dove fare investimenti. Chi non sarebbe d'accordo!! ;) La deregulation finanziaria voluta dai neoclassici voleva appunto tentare di limitare al massimo i rischi derivanti da cambi flessibili ed inflazione.
In merito all'UE: il capitalismo maturo del centro Eurozona necessitava di sbocchi per a) i propri capitali b) le proprie merci. L'imperialismo monetar mercantilista centro europeo mirava a questo: al Lebensraum, dove fare investimenti sicuri e esportare la sovra produzione. Il "sogno" europeo tendeva invece ad una europeizzazione della Germania ed a un patto di aiuto reciproco. Da come la penso io, quest'ultimo ideale non era sbagliato di per sè. Ma non poteva prescindere dal fatto che la potenza regionale era, è e rimaneva per gli anni a venire la Germania. Non si sono creati i presupposti logici per un bilanciamento in sede europea degli interessi di ogni nazione che avrebbe composto il futuro assetto dell'UEM. Nemmeno passi vitali quali incentivazione mobilità lavoratori, sistemi previdenziali univoci, mercati del lavoro sincronici. Nonostante i fallimentari referendum degli ultimi decenni sulla Costituzione europea proprio in terra di Francia ed Irlanda, si è deciso di proseguire sulla strada dell'Unione. Questa Unione ora è germanizzata. Non, come pensavano i promotori del disegno, il contrario purtroppo. E sappiamo bene come le oligarchie tedesche abbiano nello scorso secolo virato su politiche autodistruttive. Il loro gioco è stato strumentale ai propri interessi. Cambi fissi ed inflazione strisciante (2% o giù di lì) rendono il sistema "finanziariamente" sicuro (nel senso di guadagno sicuro). Mettiamoci poi l'indipendenza delle banche centrali, che costringe la nazioni a pagare fior fior di interessi alle banche private, ed il gioco è fatto. Un fiume enorme di denaro da poter convogliare verso investimenti produttivi e non, ed instabilità di un sistema in cui non esiste più la differenziazione fra banche commerciali e di investimento danno vita all'economia delle bolle. La Germania ed il centro UEM hanno privilegiato i propri interessi a danno degli altri, le classi dirigenti della periferia hanno assecondato tutto ciò un po’, credo, per ignoranza (economica), molto perché comunque le classi dominanti non hanno oramai più nazione. Guardiamo i big player mondiali. Sono, appunto, mondiali: il loro paese è il mondo. Non di certo l’Italia o la Grecia o il Portogallo. E se ne fregano delle sofferenze della povera gente. Diamo poi uno sguardo all’informazione: chi controlla i grandi media italiani ad esempio? Le banche… fai 1 + 1, vedrai quanto incazzato sarai dopo ;) …
EliminaBravo Flavio, le tue spiegazioni sono più espanse delle mie che tendo a dare troppe cose "scontate" nel riassumere con formule di sintesi.
EliminaMa il punto su cui dissento è che non può mai essere buona l'idea di rendere più europea la germania. E non solo perchè, come abbiamo visto proprio su "area euro e mercantilismo...", il "patto di aiuto reciproco" non ha mai funzionato.
Ma perchè culturalmente gli europei sono già "europei", cioè espressioni di matrici culturali distinte e fortemente radicate in una storia plurimillennaria.
E in tal senso le barriere linguistiche e persino "climatiche", sono importantissime e rendono irrealistico concepire una vera mobilità del lavoro. Solo la disperazione può spingere in tal senso (o la protezione della propria ricchezza nei paesi che fanno dumping fiscale).
Per il resto, l'emigrazione intraeuropea (e il Friuli ne sa qualcosa) rimane un fenomeno di "sottomissione": cioè i processi assimilativi sono unilaterali e il multiculturalismo europeo, quando riferito all'insediamento (e non alla normale penetrazione commerciale) semplicemente non si verifica in termini di "coesistenza-fusione-nuovo paradigma dialettico".
Sarebbe invece più corretto parlare di "unificabilità" culturale dell'intero occidente sulla base della "americanizzazione" comune durante il "secolo breve".
Hanno fatto più Rambo e Blade Runner e John Travolta e Madonna ecc. che decenni di oscuri proclami europeisti e di "considerato" delle direttive UE.
Anzi, è ormai ovvio che le idee europeiste, inficiate ALLA BASE, dal disconoscimento "razzista" franco-tedesco della pari dignità delle altre tradizioni-lingue-culture (e dal provincialismo autodenigratorio italiano, persino verso gli spagnoli), è un motivo di irrealistica forzatura anche delle culture oltre che il connesso riflesso di un tentativo di colonizzazione concordata (che alla Francia è pure andata male)
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
EliminaMa 48, concordo. Il mio era solo il voler evitare un giudizio negativo su tutto l'assunto europeo di per sè, non voleva essere un endorsement all'europeizzazione della Germania. Non so se mi sono spiegato... ;)
EliminaOk, l'ho capito.
EliminaMa mettiamola così: la europeizzazione dei crucchi è un problema che non sussiste (ognuno può già - da secoli- rivendicare di essere europeo nel suo specifico).
I crucchi però rispettano solo quelli che "temono" e che li obbligano, con la forza del diritto, a rispettare gli impegni (non a caso a noi imputano questo "loro" difettuccio).
Se ognuno se ne sta a casa proprio a curare la democrazia e la prosperità interne, si può negoziare molto meglio sui reciproci impegni :-)
Se ci si presenta a voler trovare per forza (per ideologia insensata) un accordo e l'altra parte lo sa, l'accordo sarà...l'euro
Ma sono d'accordo. Infatti, come si dice in gergo, "si stava meglio quando si stava peggio"!!
EliminaCaro Quarantotto,
RispondiEliminail tempo anche per i tedeschi è scaduto (sono già in recessione). Le economie orientali e occidentali stanno facendo svalutazioni difensive e i loro vicini ad est sono già ora terra bruciata. Il loro piano economico era destinato al fallimento e così sarà. Restano da quantificare i danni ulteriori che verranno perpetrati. Anche la loro economia che è cresciuta solo grazie alla domanda estera si è gonfiata in una sorta di bolla che esploderà nel giro dei prossimi 12 mesi. Quali saranno le conseguenze politiche di ciò resta da vedere, ma le crescenti frizioni sociali nei paesi periferici e quello che si scateneranno nel centro non lasciano presagire nulla di buono. Nervi saldi gente, tempi bui sono all'orizzonte.
Eh sì, è solo una questione di vedere quanti danni ancora potranno provocare: come nel 1943. Solo che da qui alla capitolazione del 2015 (senza formalizzarsi sui mesi :-)), ce ne corre, dato che i PUDE al crepuscolo saranno animati dalla feroce autodifesa del proprio potere e troveranno nei "mazzieri" bancari franco-tedeschi un sostegno disperato e violento
EliminaLa metafora della roulette russa mi sembra perfetta per descrivere la follia dell'establishment europeo.
RispondiEliminaMentre l'analisi mi riporta a quanto ben sintetizzato da questo vecchio , ma sempre attuale post, di Voci dalla Germania :
http://vocidallagermania.blogspot.it/2012/12/italia-ufficiale-pagatore-deuropa.html
Ciò che conta è la capacita di negoziare, e dato che nel nostro paese i negoziatori sono camerieri al soldo della Germania, va da sè che i Francesi e i Tedeschi riescano ad anteporre i loro interessi, a quelli dell'unione. Come abbiamo sempre detto , e come evidenziato da Marco Bessi e 48, questo circolo vizioso non potrà essere spezzato dagli escamotage di Francia e Germania (ma non violano i trattati questi signori della legalità?) anch'esse saranno colpite inevitabilmente,il punto come già detto è che nel frattempo potremmo subire i danni di questa follia eurista.
Secondo me oggi noi dobbiamo aver chiaro un fatto, che siamo in guerra e ci sono dei collaborazionisti, parlare di --Norimberga ha un senso per questo, perchè difficilmente quanto sta avvenendo verrà dimenticato .
Che poi tutti negoziano anche Cameron:
http://vocidallagermania.blogspot.it/search?updated-min=2013-01-01T00:00:00-08:00&updated-max=2014-01-01T00:00:00-08:00&max-results=31
Eurasia arriviamo... ;-)
RispondiEliminaRicordo che politiche deflattive, di austerità, di affamameto del popolo , storicamente portano le seguenti conseguenze:
In Francia: portano alla rivoluzione
In Germania : portano alla guerra
In Italia.....portano all' emigrazione...
E lor signori lo sanno, o almeno credo che non siano così stupidi da ignorarlo (per quanto possa sbagliarmi e sovrastimare gli "euro-boys").
Dopo l' analista economico (Bagnai) e l' analista giuridico (48), urge analista strategico-militare; d' altronde siamo in guerra e noi siamo pure un paese occupato....
Sarebbe interessante per esempio sapere se nei manuali di strategia militare esistano dei parametri, dei termometri, per misurare la tenuta e la stabilità sociale.
ps: mi permetto di dissentire su un punto: Dove parli di instabilità politica in riferimento alla Russia, bene, credo che se c'è un paese politicamente stabile al mondo, oggi, questo è certamente la Russia di Putin.
E voi Don Marco, mi volete fare torto, e si capisce, perchè qua, l'analisi strategica è bella che fatta (e infatti trovatemi un altro posto dove sia stata fatta accussì) :-)
EliminaQuanto alla stabilità politica della Russia, ero in dubbio se esprimermi in quel modo. Consapevole che un attento commentatore avrebbe potuto accorgersi della vaghezza della locuzione.:-)
Per ragioni di brevità e per non affaticare OT il discorso principale (Francia) ho evitato di espandere il tutto.
La realtà è che se mandi in deficit strutturale bdp la Russia, per importazione di:
a) beni strumentali-tecnologie su larga scala;
b) merci di largo consumo (auto e elettrodomestici) ad alto prezzo unitario, consumo sostenuto da credito bancario dell'esportatore germania;
c) riversamento in germania, partita redditi CAB, dei profitti delle società miste di gestione di ferrovie e miniere;
hai voglia, per la Russia, a cercare di compensare con energia-materie prime: prima o poi l'indebitamento estero russo, con esposizione essenzialmente verso la Germania, potrebbe indurre la germania stessa a fare il solito gioco dei "rientri" dei crediti erogati e della escussione della garanzia.
Questa sarebbe costituita dalle immense infrastrutture costruite in partnership o inerenti all'industia mineraria o i suoi stessi diritti di sfruttamento.
Per quanto si possano foraggiare (anche sottobanco) gli oligarchi, la crisi di liquidità e la conseguente austerity che si cercherebbe di imporre ai russi, una certa instabilità dovrebbe suscitarla...no?
Sinceramente non credo che i russi si facciano mettere i piedi in testa dagli starnieri, con Eltsin hanno già dato...
EliminaE non credo neanche che Putin sia disposto ad un gioco del genere.
E' vera una cosa: A Putin la politica di austerità imposta all' Europa non fa comodo; la crisi certo, non è un gran affare per gli esportatori di materie prime...
Tuttavia penso che Putin abbia in mente un disegno piu' ampio; ha piu' volte parlato nei mesi scorsi , di un nuovo ordine mondiale MULTIPOLARE e l' economia russa si integra alla perfezione con quella tedesca ...a meno che non prevalga la solita propensione all' egemonia tedesca (s' intende).
L' avvicinamento Russia-Germania va avanti da anni ormai: Qualche flash:
-Dove è andato a "lavorare" Shroeder dopo la fine della sua cancelleria?
-Angelona , con nutrita pattuglia di confindustriali allemanni è recentemente andata -in molto amichevole visita- in Russia, rastrellando parecchie commesse
-Le politiche tedesche sono state sempre piu' divergenti da quelle angloamericane (si pensi all' Iraq, alla Libia)
Una cosa mi ha fatto un po' ricredere di recente: Lo stop tedesco agli aiuti finanziari russi a Cipro. Ma sai com'è; anche Molotov e Ribbentrop avevano firmato accordi per una spartizione ben precisa delle colonie....e Cipro è "provveditorato" tedesco....
Però una cosa sono le dichiarazioni politiche (pubbliche e di "intenti"), una cosa sono le reali dinamiche economiche.
Elimina"Integrarsi perfettamente con l'economia tedesca" (e Putin il primo nella storia moderna che ci riuscirebbe?), è una formula del tutto generica che non descrive cosa potrebbe probabilmente accadere.
Quello che è certo è che:
-1) i russi esportano (solo) materie prime varie (energetiche in primis) a una paese comunque produttore ma sempre più di "semilavorati", laddove, nota bene, gli effettivi importatori delle materie prime sarebbe quelli delle industrie "secondarie" ausiliarie della lavorazioni tedesche.
Quindi, materie prime meno necessarie (energia forse un pò meno, ma i tedeschi stanno provvedendo) e import dalla Russia in prospettiva di calo (specie se riuscisse di ridurre anche l'Italia a "hub" generalista di semilavorazione, processo ben avviato;
- 2) partenariato russo-tedesco nella gestione dei grandi servizi a rete a tecnologia tedesca;
- 3) rendita da posizionamento e "effetto imitazione" tra le oligarchie-classi emergenti russe rispetto ai marchi tedeschi (importeranno audi e mercedes o citroen-toyota preferibilmente? idem per settori beni di consumo elettrodomestici);
- 4) credito crescente del sistema bancario tedesco sia per il consumo russo dell'export tedesco di beni "alto di gamma",sia per l'obiettivo differenziale export-import a favore della Germania (creato dalla cessione di tecnologie-impianti dell'industria "pesante").
Rinvio a Flavio per i dati :-)
Insomma, Putin potrà pure avere molte bombe atomiche e essere uno che va per le spicce, ma questi sono i trend economici.
E certo se "espropria" e nazionalizza le reti e le infrastrutture con partenariato straniero, si becca comunque una notevole instabilità nello scenario internazionale: end of credit and flow of tecnologies...
Certo quando gli squilibri commerciali dell'aggressivo imperialismo commerciale tedesco vanno troppo verso est, il rischio non è solo di veder "soffrire" i russi (popolo), ma un pò più ehm..."esplosivo".
Oh, poi, tecnologicamente attrezzata e piena di capitali, la Germania non ci mette nulla a riarmarsi e a contro-dissuadere qualsiasi interlocutore, senza più limitarsi a riarmare gli altri, anche sul piano nucleare. Fa impressione, ma i fatti ormai sono questi:
http://bortocal.wordpress.com/2012/06/05/282-passa-per-la-germania-il-riarmo-nucleare-di-israele/comment-page-1/
http://www.wallstreetitalia.com/article/1338376/europa/che-scandalo-spese-militari-atene-volute-da-francia-e-germania.aspx
effettivamente "mettersi in società" con i tedeschi non è sempre raccomandabile....:-)
EliminaCertamente la corsa al riarmo su scala mondiale è il dato piu' inquietante (e sottaciuto) di questi ultimi anni.
Eh sì, tra l'altro la Francia ha (quante? più di 200?) testate nucleari, la Russia qualche migliaio, e anche la Gran Bretagna ne ha circa 150.
EliminaNon cominciamo a pensare queste cose che mi viene l'ansia, lo so che c'è di mezzo la Germania...
No, non accadrà nulla di questo genere: questa è la volta della "farsa"...nella vecchia Europa occidentale. Sarà l'inutile e assurda cancellazione del benessere dei popoli nell'area UEM a far crollare tutto. Certo l'assurdità durerà comunque troppo, ma non si butteranno le bombe per farsi dispetto tra banchieri. E' importante capire come i banchieri e la finanza in generale è priva di qualsiasi scrupolo, ma vive asetticamente, senza voer mai vedere il mondo reale su cui incide. La guerra guerreggiata è troppo "reale" per loro. E legittima il potere delle caste militari, cosa che a loro non va bene affatto. Diverso è se, come componente delle "aspettative razionali" rispetto al buon andamento delle transazioni, decidano di utilizzare la forza dissuasvia preventiva delle tecnologie militari. Ma utilizzarle "dentro casa" è un altro discorso. Magari in medio oriente; ma neppure nelle steppe siberiane, dato che i Russi non sono esattamente "inermi" da questo punto di vista. E neppure i cinesi. Ma raggiungere la "parità" dissuasiva, per la germania, può essere un buon affare per garantire la parità di forza negoziale economica...Ma è, come abbiamo visto qui, il disegno di un'elite finanziaria che non può riuscire per il suo eccesso di ambizione e avidità
EliminaGrazie per la pazienza. davvero vi avrei voluti come insegnanti di Storia alle superiori.
RispondiEliminaun giorno vi chiederò anche qualcosa sulle dinamiche economiche della prima metà del 900 magari.
Grazie ancora.
Ciao Quarantotto, Post e discussione che ne è seguita da incorniciare. Se posso vorrei chiudere perchè tutto questo è stato possibile, secondo la mia modesta opinione. In Italia ad opporsi al progetto neo liberista dovrebbe essere stata la sinista ex PCI ex PDS ex DS a difesa delle classi che lei rappresentava. Al contrario abbiamo constatato che invece di contrastare questo progetto da un punto di vista prima culturale e poi politico, ne è stata la massima artefice della sua realizzazione. Come è stato possibile, li hanno tutti comprati? No niente complotti, è che i vertici di quell'area politica sono
RispondiEliminasempre stati ELITARI e ferocemente antikeynesiani. Per esprimere meglio il concetto uso a prestito le parole del Prof Cesaratto:
"La parte maggioritaria della sinistra italiana, e in particolare la sua influente componente Amendoliana, avrebbe sempre visto la spesa pubblica, gli avanzamenti dei ceti popolari, un regolato conflitto sociale piegato agli interessi dei lavoratori non come l’essenza dell’autentico riformismo, ma come sovversivi. La logica dei sacrifici è profondamente installata nella tradizione maggioritaria della sinistra italiana, mentre i suoi economisti di riferimento, ieri come oggi, non hanno sufficientemente rotto con la teoria economica prevalente per cui hanno assecondato tale servitude all’ideologia dominante."
Insomma tradotto i vertici della sinistra hanno sempre usato il proprio popolo come carne da macello per i prorpi obiettivi Elitaristi.
E poi, e qui non so se la sparo grossa, ma per la teoria che gli opposti estremismi tendono a congiungersi, trovo un'affinità intellettuale impressionante fra i piani quinquennali sovietici ( controllo della produzione,= domanda dei beni esogena) e chi vuole controllare l'immissione della moneta, in quanto esogena.
Per chiudere entro in empatia con Sandra Moro e vado oltre, per questi non solo ci vorrebbe una Norimberga, ma dopo come pena dovrebbero per un paio di anni lavorare come operai nella catena di montaggio di Marchionne.
Ottimo Mauro, punti condivisibili.
EliminaE tra l'altro, questo accurato punto di vista di Sergio ho avuto modo di sentirmelo esporre personalmente la scorsa primavera e mi accese subito una lampadina.
Quanto alla pena da infliggere sono d'accordissimo (l'alternativa non è più una miniera siberiana: là pare che siano contenti di andarci :-))
ottimo; ottimo commento!
EliminaA integrazione; vorrei dire che tempo fa ascoltavo una intervista a Zingales nella quale raccontava che -tra gli economisti italiani che aveva conosciuto in America dove erano andati a studiare- quelli che piu' entusiasticamente e acriticamente (per lui era bene...ovviamente) avevano abbracciato la dottrina (neo) liberista erano proprio quelli di sinistra (e credo che intendesse proprio quelli marxisti) che avevano abbandonato con gran convinzione l' egualitartismo per la "meritocrazia" (che non ho mai ben capito precisamente in cosa consiste...e soprattutto quali sarebbero gli esempi da seguire...)
A me questa cosa non stupì affatto (ovviamente) e la risposta che mi ero dato ricalca molte parti del commento a cui sto rispondendo.
Quarantotto, se non ti ho frainteso il pude francese potrebbe resistere ad un paio di anni di recessione prima di gettare la spugna. Nel frattempo l'Italia subirà gravissimi danni.
RispondiEliminaNel momento che questa tragica unione dovesse sciogliersi, l'opinione pubblica, temo, frastornata ed impaurita cercherà disperatamente una narrazione degli eventi per elaborare l'accaduto. Ecco io ho paura che le forze politiche, per allontanare da se la responsabilità per i danni inutilmente provocati, tenteranno di colpevolizzare ulteriormente il popolo italiano che così finirà per vivere la liberazione dalla maledetta moneta come un'umiliazione ed una sconfitta.
Come dire: "Prodi padre della Patria vi aveva portato in Europa ma voi popolo minore non siete stati all'altezza, avete sprecato il dividendo, non avete accettato i necessari sacrifici, avete seguito le sirene del populismo, siete indegni corrotti e privi di virtù, vostra è la colpa penitenziagite etc etc"
Sussurrato con il tono giusto questo messaggio potrebbe passare.
PS: comunque sempre meglio questo scenario da popolo umiliato e deriso a breve termine che i 70 anni infernali preconizzati da Soros!
Può essere: ma non è probabile che rimangano in sella quando la verità, certo in termini semplificati inevitabili, ma aderente ai fatti, uscirà presso l'opinione pubblica. Il termine di 2 anni, peraltro non riguarderà la verità, che emergerà prima, ma il processo di intera neutralizzazione della residua forza "istituzionale" della ideologia-euro-deflazione-a carico-dei-salari.
EliminaIl pericolo sarà quello "inglese" Blair Cameron, cioè che riescano a farci passare dall'euro agli italian-tea party. Solo che anche il modello inglese di deflazione-compressione della domanda interna è al tramonto. Come dimostrano i casi Obama, Abe-Aso, "Mantenga" ecc...hopefully
La loro narrazione non è stata completamente rovesciata manco da syriza nella sofferente Grecia dove la verità è muta ma visibile come un morto a galla nella fontana del paese. Guardando all'eurobarometro:
RispondiEliminahttp://ec.europa.eu/public_opinion/archives/eb/eb78/eb78_first_en.pdf
il consenso per l'euro è ancora maggioritario nell'eurozona e persino nei PIGS.(fuori dall'eurozona è al 30%).La UE in Italia gode di maggior fiducia rispetto alle istituzioni nazionali (così ci sbranano meglio). Pare che gli italiani che descrivono la UE come democratica stiano calando e tuttavia questo non sembra intaccarne la buona reputazione (brrrr).
Voglio dire, la verità è già fuori ma le manca di essere riconosciuta. I Fassina-leaks,le sparate di Grillo o Berlusconi aiutano ma non bastano. Bagnai, questo blog e altri armano un piccolo esercito di formiche ma aiuterebbero anche giravolte tattiche ed endorsement di personaggi riconoscibili e con buona reputazione (mi riferisco a volti noti tipo Benigni o Angela) cosicché il seme del dubbio germogli.
Spero proprio aumenti la pressione anche a livello di G20! Devono cominciare ad avere paura di perdere su tutti i tavoli. Il "sobrio" sotto soglia alla Camera e senza più sponde in USA sarebbe ideale.
Grazie Quarantotto e a presto!
Hei a ben vedere questo ommento andava più opportunamente sotto il post successivo!
Elimina