Questo nuovo post di Sofia ci racconta una "svolta": molti, troppi, ancora non l'hanno capita! Semplicemente perchè "è accaduto" contemporaneamente all'instaurazione del nuovo paradigma orwelliano. Il bis-linguaggio, ai nostri giorni, riscrive la Storia: ma non falsandola completamente. Semplicemente rendendola più soavemente "pop" e...omettendo la parte che non può veramente essere "detta"
Quello che il film “Pride” di Matthew Warchus non racconta: perché è più facile trovare immagini e raccontare con le parole di un diritto cosmetico (tale divenuto al tempo in cui il film è stato prodotto), piuttosto che descrivere la cruda verità della rivincita del neo-liberismo.
Quello che il film “Pride” di Matthew Warchus non racconta: perché è più facile trovare immagini e raccontare con le parole di un diritto cosmetico (tale divenuto al tempo in cui il film è stato prodotto), piuttosto che descrivere la cruda verità della rivincita del neo-liberismo.
Il tema centrale del film “Pride”
di Matthew Warchus è quello di una frangia politicizzata di gay e lesbiche che
sostiene lo sciopero dei minatori inglesi nel 1984. Il regista, a dire il vero,
dedica solo un minimo spazio a quello che è stato definito lo sciopero più
lungo (lo sciopero durò dal marzo 1984 al marzo 1985) e una delle battaglie più
sanguinose del movimento operaio britannico, iniziato a partire dallo Yorkshire
del sud, dopo che Ian McGregor (presidente dell'Ufficio Nazionale del Carbone -
NCB), annuncia la chiusura di 20 pozzi (su 176 circa) e la perdita di 20.000
posti di lavoro, compensati da aumenti salariali del 5,2%.
Lo sciopero dei minatori,
però, non può essere compreso guardando solo al 1984-85. Il suo retroterra era
la crisi degli anni 1971-73 e che segnò la fine del boom post-bellico. In quel periodo il governo conservatore di Heath dichiarava di voler mettere
mano alla cronica mancanza di produttività dell’industria inglese (dovuta ad
una mancanza di investimenti, sia prima che dopo le nazionalizzazioni degli
anni 1940), facendone pagare il prezzo alla classe lavoratrice, tagliando i
salari (attraverso inflazione più alta e minori posti di lavoro).
Questo fece esplodere una ondata di
mobilitazione in tutte le industrie statali, ma in modo particolare nel settore
del carbone. In quell’occasione i minatori riuscirono a spuntarla e ad ottenere
aumenti salariali.
Ma il governo laburista, ossessionato dal pareggio dei
conti, nel 1976 chiese aiuto al FMI. I tagli alla spesa pubblica chiesti dal
FMI come condizione dei prestiti concessi furono portati avanti dal ministro
del tesoro di allora e portarono, dopo l’ “inverno dello scontento” (1978-79), alla
fine del “Vecchio Partito Laburista” e aprì la strada ai 18 anni successivi di governo
conservatore.
Il partito dei conservatori era tornato all’opposizione (dopo il 1975) e, sotto la guida di Margaret Thatcher, molto
più preparato. Tanto che predispose (nel 1979) un documento
confidenziale: il c.d. rapporto Ridley (dell’allora Ministro
dell’Industria e del Commercio Nicholas Ridley, nominato dalla Thatcher)
che funge da piano d’azione
per le privatizzazioni.
Secondo questo rapporto il principale problema
politico-economico che il governo conservatore doveva affrontare era il “settore pubblico e nazionalizzato, nel quale
i lavoratori sono molto ben organizzati”(v. Soggettività
al lavoro: operai italiani e inglesi nel post-fordismo Di Giuliana
Commisso – Rubettino Editore
2004).
Ai primi posti nella lista dei potenziali oppositori ai
conservatori si trovavano i lavoratori della nazionalizzata British Leyland, i
ferrovieri, gli addetti al servizio delle acque e, certamente, i minatori.
Sul piano economico il rapporto Ridley prevedeva di:
- sopprimere le aziende nazionalizzate che non garantivano
profitti in taluni settori, come la siderurgia, le ferrovie e il carbone;
- aprire al capitale privato e dare in concessione le
aziende che rendevano, come le acque e
le miniere;
- privatizzare e intaccare il monopolio statale nei
settori in espansione come le telecomunicazioni;
- stabilire un sistema misto pubblico-privato nella
sanità, tra ospedali, municipalità e ditte private.
Lo stesso rapporto forniva indicazioni precise sulla
necessità di ampliare le possibilità di intervento poliziesco e di concedere ai
tribunali poteri legali sufficienti a dichiarare illegale ogni efficace
risposta di lotta.
Si tratta di un piano di battaglia in base al quale la Thatcher e Ridley
privatizzarono freneticamente tutto quello che poterono (appoggiati anche dai
media - che condannavano duramente gli
scioperi - su cui aveva avuto un effetto rigenerante la Guerra delle Falkland e l’ondata
di fiducia che aveva determinato nei circoli della classe dirigente): tra il
1981 e il 1985 vendettero la British Aerospace; nel 1983-84 la Associated British
Ports, nel novembre 1984 la
British Telecom, nel dicembre 1986 la British Gas. E poi le
imprese pubbliche dell’acqua e dell’elettricità.
In tutto questo, ovviamente, i sindacati vennero decimati
(a
cominciare da quelli della British Leyland, per arrivare ai siderurgici, a
quelli del pubblico impiego e poi a quelli dei minatori e dell'industria del
carbone).
Tornando allo sciopero
dell’84, il sindacato dei minatori chiede una politica di sovvenzioni statali
al settore, come quella che nel 1982 stanzia 17 miliardi di sterline in Francia
e Belgio, 8 in
Germania e solo 3 nel Regno Unito, che è il secondo produttore europeo. Si
mostrarono solidali allo sciopero la maggior parte dei minatori (soltanto una
quarantina di pozzi rimasero in attività), l’opinione pubblica nazionale e
internazionale, ma nulla di tutto questo servì a fronteggiare l’ondata
inarrestabile del liberismo.
E non furono risparmiati strumenti
e mezzi per portare a termine gli obiettivi del rapporto Ridley: dalla
repressione poliziesca, alle multe e confische di beni delle organizzazioni
sindacali che organizzarono o appoggiarono i picchetti in altre regioni.
Addirittura la Thatcher escogitò l’idea
di spingere molti lavoratori ad acquistare le proprie case popolari perché
questo li avrebbe intrappolati nella cosiddetta “democrazia dei proprietari di
immobili”, dove il pagamento delle rate del mutuo è più importante di ogni
tendenza all’impegno militante. Il trucco non funzionò solo perché le società
di costruzioni non osarono pretendere il pagamento delle rate arretrate dei
mutui mentre lo sciopero era in corso.
Per comprendere l’importanza
di quell’evento e dei riflessi su tutto il mondo industriale basta leggere
questo articolo del Workers’ Voice del 18 Settembre 1984: “Una
vittoria dei minatori non solo aprirà la strada a una rinnovata offensiva del
resto dei lavoratori inglesi che, finora, sono stati intimiditi dalla
disoccupazione e dalla serie di sconfitte degli ultimi cinque anni. Sarà
cruciale anche per l'equilibrio delle forze di classe nell'intera Europa: il
significato dello sciopero dei minatori inglesi mette in ombra tutti gli
episodi di lotta di classe in Europa dopo le sconfitte in Polonia nel 1980-81.
La rinascita embrionale della lotta di classe, come visto nello sciopero
generale del settore pubblico in Belgio l'anno scorso, e la lotta dei
metalmeccanici in Germania quest'anno, sarà spinta ad un nuovo slancio o alla
ritirata, a seconda dei risultati della battaglia attuale nel settore del
carbone in Gran Bretagna.”
Dopo un anno la spuntò la Lady di ferro e le sue
politiche ultraliberiste, mentre le miniere di carbone chiusero e gli sconfitti
furono i minatori, i sindacati, insieme ad una idea storica di lavoro e di
disegno di una società civile.
Con la fine dello sciopero la
rivendicazione principale un po' in tutti i bacini minerari fu il reintegro dei
licenziati (la stragrande maggioranza dei licenziamenti era avvenuta da parte
del NCB dopo condanne individuali emesse dai tribunali per delitti pretestuosi,
quali il "furto" di carbone di bassa qualità o il blocco stradale
durante i picchetti; vi erano, inoltre, numerosi minatori imprigionati per
condanne legate allo sciopero). Significativo, inoltre, fu che un sondaggio
organizzato alla fine dello sciopero rivelò che il 57% dei minatori era favorevole al blocco
degli straordinari, pur consapevole che non avrebbe ricevuto alcun aumento
salariale.
Subito dopo la fine dello
sciopero, il NCB annunciò nuovamente l'intenzione di chiudere moltissimi pozzi
(evento che avrebbe causato la perdita di 23.000 posti di lavoro) e a nulla
valsero gli attacchi di Andrew Glyn, economista consigliere del NUM (Sindacato
nazionale dei minatori) il quale evidenziava come gli argomenti del governo in
favore delle chiusure nei bacini carboniferi non tenessero conto dei costi
sociali di una massa crescente di disoccupati (indennità di licenziamento,
sussidi, ecc.) né della riduzione delle entrate fiscali: "La chiusura di 60 pozzi costerà al governo
900 milioni di sterline l'anno, due volte e mezza di più della somma delle
sovvenzioni necessarie per mantenerli in attività". Pubblicò anche un
opuscolo che proponeva la nazionalizzazione immediata delle banche e di altri
istituti finanziari, come elemento cardine nella lotta contro la
disoccupazione.
Insomma in questo breve
importantissimo spaccato - non riportato e neppure accennato nel film- si
ritrovano tutti gli strumenti e le strategie del liberismo, dalle
privatizzazioni, alla deflazione salariale, allo smantellamento dei sindacati.
I livelli dei salari reali hanno avuto un andamento pressoché
decrescente a partire dagli anni 70; la classe dirigente ha trasferito la
produzione industriale fuori dal paese dove può sfruttare i lavoratori a salari
minimi.
Nell’arco di un decennio il numero di addetti nel settore
del carbone passa da 181.000
a 8.000, quasi tutti in autogestione, col Regno Unito
che importa oggi 40 milioni di tonnellate di carbone l’anno.
Viene smantellato il welfare britannico, insieme al suo
movimento sindacale. Smantellamento che, ovviamente, è risultato più
semplice nel momento in cui la macchina delle privatizzazioni (con la chiusura
delle miniere ritenute improduttive) e il parallelo processo di deflazione
salariale avevano ormai preso l’avvio.
E’ di tutta evidenza, infatti, che la forza dei sindacati
è tanto maggiore, quanto minore è il livello di disoccupazione. Anzi,
poiché la forza contrattuale dei lavoratori è tanto maggiore quanto più
la domanda del loro lavoro è rigida, il
paradosso è che i sindacati sono tanto più deboli quanto più sono necessari
(per l’ulteriore aspetto del ruolo dei sindacati nella costruzione europea si
rimanda a questo
precedente post).
Non senza conseguenze sulla "equa" distribuzione del reddito...
Prima dell’era Thatcher
i sindacati avevano in mano tutta la contrattazione collettiva, ed esistevano
addirittura i “closed shops”, ovvero accordi secondo i quali
l’imprenditore assumeva solo iscritti al sindacato; e per rimanere dipendenti si
doveva rimanere iscritti al sindacato stesso. Con gli Employment Act degli anni ‘80 questo
potere fu fortemente minato, fu stabilita una maggioranza dell’80% dei
lavoratori per approvare l’esistenza di “closed shops”; fu introdotta la
necessità che vi fosse l’assenso di una forte maggioranza dei lavoratori per
ottenere l’autorizzazione di picchetti;
fu previsto un aumento delle multe per i sindacati per azioni illegali, e limiti
ai casi in cui i sindacati potevano essere chiamati a contrattare con gli
imprenditori; i datori di lavoro furono autorizzati a licenziare chi scioperava
oltre i tempi in precedenza stabiliti.
Come ribadito anche dall’ormai noto Massimo
Florio, le privatizzazioni della Thatcher non portarono alcun vantaggio
economico, né una diminuzione del
costo dei servizi, ma solo ad un vantaggio economico/politico: la riduzione
agli incentivi alle imprese pubbliche e la caduta a picco di uno dei più importanti
sindacati inglesi che in quelle imprese erano particolarmente influenti.
Il processo di privatizzazione britannico procedette
parallelamente al più grande attacco mai condotto contro la working class in
Europa, il cui culmine è rappresentato dallo sciopero dei minatori tra il
1984 e il 1985 contro la chiusura delle attività e contro i licenziamenti
che ciò provocava: 20.000 lavoratori e un notevole aggravio della povertà.
Tutto venne diretto con raggelante inflessibilità dalla Iron
Lady che, dinanzi allo sfacelo sociale portato in piazza dai minatori
in sciopero, affermò: “Abbiamo dovuto combattere il nemico nelle Falklands.
Dobbiamo essere sempre consapevoli del nemico qui, un nemico molto più difficile da combattere e molto
più pericoloso per la libertà”.
Quel nemico era la classe operaia che lottava
per il proprio lavoro, il proprio salario e la propria dignità.
"The success of the Conservative economic narrative has allowed the coalition to pursue a destructive and unfair economic strategy, which has generated only a bogus recovery largely based on government-fuelled asset bubbles in real estate and finance, with stagnant productivity, falling wages, millions of people in precarious jobs, and savage welfare cuts.
RispondiEliminaThe country is in desperate need of a counter narrative that shifts the terms of debate. A government budget should be understood not just in terms of bookkeeping but also of demand management, national cohesion and productivity growth. Jobs and wages should not be seen simply as a matter of people being “worth” (or not) what they get, but of better utilising human potential and of providing decent and dignified livelihoods. Ways have to be found to generate economic growth based on rising productivity rather than the continuous blowing of asset bubbles.
Without a new economic vision incorporating these dimensions, Britain will continue on its path of stagnation, financial instability and social conflict.". Sono passati circa 30 anni, ma nello UK, così come in tutti gli altri paesi cosiddetti Occidentali, la musica è sempre la stessa...
E invece il "piano...inclinato" ha ulteriori implicazioni, sociologicamente e istituzionalmente importanti, che stiamo allegramente subendo senza altra reazione che l'ottuso livore della guerra tra impoveriti.
EliminaProssimamente su questi schermi...l'informazione è morta, la democrazia è walking dead, la miseria s'aggira famelica sull'uscio...e il messaggio orwelliano prosegue indisturbato
Senz'altro OT se non si stesse battendo il ferro della flat-tax. Ma la fig. 1 lo chiamava a gran voce
RispondiEliminaps si trovano solo dati USA (?)
Credo che si possa cercare. Ma il dato saliente va ricercato "a monte".
EliminaL'imposizione diretta progressiva può includere anche quella patrimoniale, rammentiamo: purchè quella sui redditi non sia lasciata inalterata in progressività che fanno restringere in elusione-evasione la base imponibile.
Problema non da poco e su cui non si vedono riflessioni...et pour cause.
Prossimamente su questi schermi :-)
A me pare che Borghi, ad esempio, una sua idea di Flat Tax l'abbia messa giù. Non sarà manna dal cielo, ma almeno è un abbozzo e diciamo che almeno evasione/elusione sono "scoraggiate" con questo sistema... sempre naturalmente in ottica del "dopo" ecc...
EliminaE' prudente apprezzamento quello formulato conoscendo il complesso delle politiche fiscali-tributarie in cui si collocherebbe rale misura (di per sè non univoca e sufficiente a prevenire elusione ed evasione e quindi a garantire riemersione della base imponibile)
EliminaMa la tassazione, se funzionasse correttamente l'emissione del denaro, sarebbe un elemento neutro.
EliminaUn'imposta del 10%, mi spiego, è alta se viene usata dallo stato per drenare liquiditá per pagare interessi sul debbitto. Una del 90 invece potrebbe essere corretta qualora effettivamente spesa a favore della collettività.
Flat tax di Borghi, per il resto, mi sembra incostituzionale poiché la scelta di fondo fu di redistribuire la ricchezza mediante tassazione progressiva dei redditi.
La teoria generale dell'imposta in scienza delle finanze (materia per lo più abbandonata e sostituita da "teoria e pratica dei patti di stabilità") considera questi e numerosissimi altri aspetti.
EliminaPer verificare la NON progressività della flat-tax occorrerebbe comunque valutare la "progressività di sistema"; cioè dell'intero sistema tributario (cui fa riferimento la Costituzione).
Per tale motivo ho rammentato che l'imposizione diretta (essendo quella INDIRETTA di scarsa, non nulla però, attitudine a realizzare la progressività) è anche patrimoniale: su questo si innescano sia problemi di scelta sociologica-ideologica, che congiunturali.
Per un esempio di combinazione "produttivistica" di imposizione diretta progressiva che intersechi i due piani v.qui:
http://orizzonte48.blogspot.it/2013/02/la-vera-lotta-allevasione-patrimoniale.html
Peraltro ho già visto pesanti ironie di espertoni al riguardo (forse riferite a raffazzonate ipotesi governative e pikketiane): ma ciò, semmai, conferma che, alle dovute condizioni (tra cui un effettivo controllo transnazionale delle basi imponibili) si tratta di una via tecnicamente conforme a Costituzione e a buon governo fiscale.
Per il resto, è Natale e...transeat
Auguri
Complimenti a Sofia per il post, colgo l'occasione per fare gli auguri di Buon Natale a lei, a Quarantotto e a tutto il blog.
RispondiEliminaUna piccola considerazione: qui in Italia il processo di privatizzazione e di smantellamento dell'industria pubblica italiana è avvenuto senza nessuna resistenza, anzi è stato accompagnato da trepida esultazione da gran parte del mondo della Sinistra. Si potrebbe riassumere il tutto con questa frase: E' ora che anche gli sfaccendati della Sip inizino a lavorare.
La cosa tragicamente interessante della ricostruzione storica del post, è che in Italia l'onda del contagio non si fece attendere a lungo: se pensiamo a come l'allineamento fosse già implicito nei contenuti negoziati, fin dai primi anni 80, in vista dell'Atto Unico
Eliminahttp://orizzonte48.blogspot.it/2014/10/1978-e-1992-parte-ii-1992-tra-favolosi.html
Post bellissimo.
RispondiEliminaComplimenti.
In questi mesi posso dire - grazie a tutti - di aver introiettato centocinquanta anni di lotta sindacale e di socialismo: nel senso più profondo.
Senza il lavoro che si sta facendo qui mancherebbe un supporto fondamentale al ricordo e al senso del progresso, nel suo impellente senso di urgenza storica.
Ogni processo, ogni dinamica storica, anche la più organizzata, feroce e reazionaria, ha in se stessa - inevitabile - la sua violenta antitesi come necessità.
La distopia orwelliana è incentrata su un'illimitata asimmetria informativa e su una nevrosi cognitiva fondata sulla menzogna della propaganda totale.
Il Lavoratore, oggi indivduo solo, nevrotico, senza valori, senza né identità né coscienza di classe, avrà un giorno la necessità di riscoprire - magari in scritti custoditi da una comunità di Trantor - quegli strumenti di dialettica che riporteranno - come il sarto con la sua spola - il molteplice all'Uno.
Un posto per ogni cosa, ogni cosa al suo posto.
Ed è una necessità: come è necessità che anche la Matrix più perfetta abbia al suo interno un baco.
Nessuno - neanche chi si crede superiore alla Legge per "spirito" o "sangue" - sfugge all'entropia che, prima o poi, ci rende tutti uguali.
Non bisogna cercare la "pace": è necessario cercare il conflitto. Più è duro sarà conflitto maggiore sarà la democrazia.
Il funzionalismo è la più subdola delle ideologie reazionarie: e il socioliberalismo inglese ne è intriso.
Ma la sofferenza inflitta negli ultimi quarant'anni - trasformata tramite manipolazione della coscienza collettiva - in livore, ha la necessità di essere trasformata in rabbia dirompente, un urlo viscerale, pathos allo stato puro, che deve trovare la parole - il logos - tramite gli strumenti dialettici forniti da chi ha la responsabilità di promuoverli.
Buon Natale
Buon Natale !
RispondiEliminaAnche a te caro Stefano (grazie dei sempre preziosi commenti)!
EliminaLASSU' & LAGGIU'
RispondiElimina” Era festa dovunque: in ogni chiesa, in ogni casa: intorno al ceppo, lassù;
innanzi ad un Presepe, laggiù: noti volti tra ignoti riuniti in lieta cena;
eran canti sacri, suoni di zampogne, gridi di fanciulli esultanti, contese di giocatori…
E le vie delle città grandi e piccole, dei villaggi, dei borghi alpestri o marini, eran deserti nella rigida notte.
E mi pareva di andar frettoloso per quelle vie, da questa casa a quella, per godere della raccolta festa degli altri:
mi trattenevo un poco in ognuna:
poi auguravo .. “
un caro abbraccio a tutti quelli che ANIMANO LE RAGIONI DELLA CONSAPEVOLEZZA con l'augurio che ritorni ad essere PATROMONIO NECESSITATO di CIO' CHE NON POTREMMO MAI ESSERE.
Che dire ... grazie !!
Un abbraccio e tanti auguri a te!
Elimina"La chiusura di 60 pozzi costerà al governo 900 milioni di sterline l'anno, due volte e mezza di più della somma delle sovvenzioni necessarie per mantenerli in attività". Ennesimo articolo sconcertante, direi. Ma li', almeno, hanno provato a lottare.... forse nell'italiano medio c'e' un qualcosa di atavico, ereditario, che lo porta a pensare che di qualcosa sara' pur colpevole ( "anche se ancora non ho capito di cosa, lo capiro' poi...") portandolo quindi ad accettare CRISTIANAMENTE la punizione. Be' se e' cosi' direi che comunque oggi, a fine 2014, ABBIAMO GIA' DATO. PUO' BASTARE COSI'.
RispondiEliminaBuone feste a tutti.
Un post magistrale che meriterebbe ampia diffusione. Non ho altro da aggiungere.
RispondiEliminaLa battuta finale di Ken Loach è anch'essa da incorniciare.
Sentiti auguri a tutto il blog. E speriamo che il 2015 ci porti sorprese inaspettate!
Auguri a tutti!
RispondiEliminaQuesto post mi è stato veramente prezioso.
RispondiEliminaNonostante conoscessi già molti dettagli e avessi ricordi personali (privilegio dell'età), solo adesso colgo un quadro generale in cui i pezzi si combinano e prendono un senso compiuto. Un particolare grazie a Sofia.
(Lo capissero gli imprenditori! Sono rimasti al problema di "tagliare le unghie ai sindacati" e chiunque lavori per questo, lavora per loro "a prescindere". E poi chiudono "per le tasse" o "per i cinesi"...)
Sì e da questo loop non c'è via d'uscita attualmente. Neppure di fronte a un evidente processo di colonizzazione; stanno perdendo tutto e non identificano correttamente i meccanismi causa/effetto. Prendersela per le tasse con uno Stato che ha perso la sovranità è come prendersela con la moglie divorziata se ha un altro uomo. O qualcosa del genere: non so più come dirlo. Mancano le risorse culturali e nulla di buono si vede all'orizzonte.
EliminaSolo il riflesso pavloviano di una reazione scomposta e irragionevole...