domenica 22 settembre 2019

LA CRISI ANARCOIDE ED EGOISTICA DELL'EUROZONA: SI POTREBBE EVITARE?

1. Vi segnalo una meritoria rassegna compiuta da Maurizio Blondet sulle "crisi di vocazione" che, riguardo alla funzionalità dell'attuale paradigma di governo internazionalizzato dei mercati, e della sua forma più estrema, costituita dall'eurozona, stanno colpendo eminenti economisti ortodossi  (cioè neo-liberisti, oggi ben paludati nelle vesti ordoliberiste in €uropa e, nell'intero "mondo occidentale", neo-keynesiane), nonché commentatori economici che si esprimono sulle più prestigiose testate mainstream.

Il post di Blondet si può suddividere in due parti principali (per ciascuna fornirò alcuni links a chiarimento e giustificazione fenomenologica del riassunto che mi accingo a proporvi):
A - la prima parte, relativa a voci "liberali" (e quindi pro-mercati) che rilanciano l'idea di una fine ordinata della moneta unica, imperniata sulla preliminare uscita "dall'alto" della Germania; una certa qual novità, in questo campo, sarebbe l'intensificazione delle voci di economisti "ufficiali" tedeschi in tale direzione. 
Relativamente a questa prima parte, l'amico Musso saprebbe sicuramente come rielaborare uno schema coerente di interessi e obiettivi perseguiti, a breve termine (consiglio di leggere tutto il thread linkato), proprio dagli esponenti di vertice dell'establishment tedesco.
Vale la pena di sottolineare questo diverso punto di vista: in sostanza, tali interessi e obiettivi tedeschi, passerebbero piuttosto, secondo Musso, per una volontà tedesca di cacciare noi dall'euro, passando per un'anticamera costituita dalla c.d. segregazione italiana, in modo da regolare a proprio favore (di super-creditori essenzialmente finanziari, e ormai non più commerciali) la questione dei saldi attivi Target-2 (fortemente negativi per l'Italia, terra di esportatori di capitali in cerca di rifugio dal naufragio dell'EZ). 
Ed infatti, nella visione di Sinn, economista eminente e forse il più rappresentativo dei falchi tedeschi, questi saldi costituirebbero delle riserve attive, e fruttifere di interessi perpetui, a favore della Banca centrale tedesca; il che è la negazione in termini della natura politica "sovrana/sovranazionale" dell'UE e della qualificazione del diritto europeo come fonte inserita al vertice della gerarchia delle fonti di ogni singolo Stato-membro: ma sappiamo come la negazione di ciò, per la Germania, sia un punto irrinunciabile. 
La pretesa "Target2 = credito attivo esigibile a favore della Bundesbank-Germania federale", giuridicamente, è fortemente dubbia  (v. anche qui) e può essere avanzata solo sulla base di rapporti di forza che apprestino una lettura del tutto peculiare del regime attuale dei poteri e del ruolo istituzionale della BCE; cioè sfruttandone il bias interpretativo nel senso dell'autoconservazione, a qualunque costo, della moneta unica. Ovvero, come mostra anche la modifica del trattato ESM attualmente in dirittura d'arrivo, nel senso della costrizione d'imperio dell'Italia a rimanervi, aggiungendo previsioni non contenute negli originari trattati UE, mediante la creazione di costi vertiginosamente crescenti per un'eventuale uscita italiana;

B - la seconda parte, più ampiamente dedicata al tema generale, potremmo dire, della crisi dell'attuale fase della globalizzazione, si richiama a un articolo di Wolf sul Financial Times (che peraltro si è attestato su questa linea almeno dal tempo della campagna elettorale perduta dalla Clinton), e al mutamento apparente di rotta della "Scuola di Chicago", esternato dalla (prestigiosa) voce di Zingales.
In entrambi i casi si pone l'accento sull'inversione del rapporto strumentale tra finanza e economia reale (il cui fulcro però è incentrato su fattori istituzionali, cioè di diritto pubblico, volontariamente accettati dai parlamenti dei singoli Stati interessati: a) liberalizzazione globalizzata della circolazione dei capitali; b) BC indipendenti dai governi nazionali ma esponenziali degli interessi del settore bancario a cui garantire, questa la pensata originale, tassi reali positivi anzitutto nei confronti degli Stati nazionali "debitori"). 
Conseguentemente a tale (ormai notoria) inversione, si constata (da parte di Wolf) il calo diffuso della produttività nei principali paesi OCSE, la natura dannosamente speculativa del capitalismo dei rentiers (o anche CEO capitalism, definizione che ne costituisce l'altra faccia della medaglia), condita da un (ormai sempre più diffuso) richiamo al recupero della (mitologica) libertà di concorrenza, in contrapposizione all'affermarsi di una struttura monopolistica, e quindi "patologica", dei mercati globali (che trova la sua massima espressione nei giganti della c.d. economia digitale). 
A questo punto della vicenda della globalizzazione, free-trade e iper-finanziarizzata, si dice, la struttura monopolistica sarebbe da correggere con un rilancio dell'azione antitrust, (che per la verità è già stato attivato), addirittura in un rivisto paradigma che supererebbe quello degli ultimi decenni, pro-concentrazione industrial-finanziaria e basato sull'indulgenza implicita nel concetto dominante di workable competition
Questo concetto risulta tipicamente elaborato, e rafforzato, allorché si è andata formando l'idea guida, monetarista, delle banche centrali indipendenti e quindi della mitologia einaudiana e hayekiana (ante e post la rottura del sistema monetario mondiale di Bretton Woods) della moneta stabile, connessa ad una generale adozione forzata (TINA) delle politiche deflattive, - fiscali e relative al regime del mercato del lavoro-, imposte a livello globale dal Washington Consensus.

2. Con quest'ultimo link alle vicissitudini del Washington Consensus mi fermo e tento di trarre una breve conclusione a questo commento "annotato" (dai links).

Se esaminiamo attentamente l'insieme delle politiche "codificate" nel WC (sempre qui, p.4), - senza darle per scontate e rendendosi conto di quanto le corrispondenti linee di azione fiscale ed economica, siano penetrate nel comune sentire "riflesso" (e non più cosciente) delle opinioni pubbliche e degli stessi elettorati occidentali-, possiamo scorgere che i ripensamenti e le perplessità che si manifestano oggi, e non solo da oggi, si muovono pur sempre entro i limiti di quella cornice.
Si tratta insomma del dibattito, e dell'apparente dissidio, che si sta manifestando all'interno di un blocco di potere "globale", e ad ovvio epicentro (quantomeno originario) negli Stati Uniti: ci sono dei conservatori illuminati e dei conservatori assolutamente rigidi nelle loro convinzioni
Come cercheremo di approfondire in futuro, inevitabilmente su questo blog. 
Entrambi questi fronti combattono una lotta contro il tempo; gli uni per cercare di prevenire la definitiva perdita di controllo politico, sociale e culturale, che deriverebbe dalla prossima recessione mondiale (che starebbe già manifestandosi), gli altri per massimizzare e consolidare, al più presto, i vantaggi già ottenuti
Questi ultimi, sfortunatamente tutti collocati all'interno degli Stati-membri dell'eurozona (in una formale quanto fragile, se non fanatica, professione di fede nelle regole che la governano) agiscono tatticamente, senza curarsi di una visione cooperativa di lungo termine (gli stessi trattati Ue sono proiezione di questa prospettiva oggettivamente antisolidaristica),  legati a una visione che il free-trade porta connaturalmente con sé: una tendenza morale, tipica dei tedeschi, per cui l'imperialismo sarebbe consentito in virtù di una primazia di popolo, di una "missione" che può assumere nel tempo molte forme, ma che, adeguandosi con enorme solerzia alla rivoluzione liberale, ha rigenerato, per così dire, la propria legittimità.

3. Ebbene, l'incapacità dei paesi dominanti dell'eurozona, almeno nelle sedi istituzionali Ue, di avere anche solo "un piede" nella fazione più moderata - specialmente quando è in gioco l'atteggiamento verso la congiuntura italiana-, fa pensare che l'approccio alla prossima fase recessiva mondiale non sia affrontato con la minima saggezza e che si sia destinati a una crisi anarcoide e egoistica dell'eurozona.
Una gestione improvvida e caratterizzata, appunto, da infiniti tatticismi puntigliosi, come è accaduto per la Brexit, che lasceranno sul campo i "caduti" della facciata cosmetica che ha finora dissimulato l'intera costruzione europea (il mito, incontratato e, sembra, incontrastabile della "purezza originaria").
La speranza è che ciò non accada.
Ma porterebbe molta chiarezza, rispetto agli intenti del vari protagonisti e alle rassicurazioni dei popoli coinvolti, se, invece di negare, addirittura, la sfumature conservative che si contrappongono (almeno nel resto del mondo), si facesse un salto di qualità che superasse del tutto un paradigma ormai irrecuperabile e disastroso (e qui tocca citare ancora Larry Summers, che è passato dalla "contesa" con Stiglitz, sopra linkata, addirittura a una critica radicale al paradigma compromissorio del liberismo neo-keynesiano).
L'aupicio (per la verità piuttosto disperato) è che se si rammentasse, almeno in Italia, la legalità costituzionale che, nella ormai "sconosciuta" Costituzione economica, appresta tutte le soluzioni che consentirebbero un rilancio della crescita e della democrazia sostanziale nel nostro Paese; in uno con una prospettiva che rilanci la pace e la giustizia tra le Nazioni, in condizioni di parità con i nostri vicini europei.

5 commenti:

  1. Accipicchia, Summers che cita Palley! Direi che è un po’ come se Tabellini citasse Cesaratto.

    D’altra parte ero già rimasto molto colpito dai termini con cui si esprimeva in quell’articolo sulla curva di Phillips linkato tre post fa: “the most important factor explaining it is that the bargaining power of employers has increased and that of workers has decreased”. “Summers argues that unions have long played a crucial role in the American economy in evening out the bargaining power between employers and employees, and thus America needs its unions more than ever.

    Dopo ammissioni come queste non vedo cosa resti in piedi dell’edificio marginalista-neoclassico. Le implicazioni in termini di policy dovrebbero essere di vasta portata (ricordo appunto le posizioni di Palley).

    Altro che Costituzione invecchiata!

    Resta il problema che c’è chi capisce che il conflitto sociale conviene vincerlo, ma stravincerlo no, e chi no. E mi sovviene un passo di Anschluss di Giacchè: “Il gioco è sempre lo stesso. E anche lo stile: «la tendenza alla totalità» che un Honecker in carcere ravvisava come caratteristica costante degli esponenti del capitale tedesco, o se si preferisce dell’establishment di quel paese, l’abbiamo ahimé vista davvero all’opera più volte, in questi mesi. L’utilizzo al limite del cinismo di rapporti di forza favorevoli, il rifiuto di compromessi accettabili, la convinzione integralistica dell’assoluta superiorità del proprio punto di vista, e soprattutto la difesa accanita degli interessi delle proprie banche e delle proprie grandi imprese. È l’atteggiamento tipico di chi può vincere molte battaglie ma finirà per perdere la guerra. Perché stravincere è molto più difficile che vincere.

    Un caloroso ben ritrovato anche da parte mia! :-)

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    1. Mi hai "bruciato" la sorpresina che volevo inserire nel post sulla crisi (presunta) del funzionamento della curva di Phillips :-)
      (Poiché, ahimé, presumo che i lettori dei links siano ben pochi...)

      Comunque inoltrarsi nel retropensiero degli esponenti del pensiero economico mainstream è un bel guazzabuglio: dove vogliono andare a parare veramente?
      Insomma, perché Summers, col suo enorme peso (che è da supporre non sia venuto meno), scavalca a sinistra Stiglitz?

      Apparentemente si cercano soluzioni neo-(vetero)istituzionaliste per resettare la società in una modalità che non renda il conflitto sociale esplosivo; e questo presuppone che il lavoro che sta svolgendo Trump non sia così atipico e bizzarro come si vuol far credere: è una fase, quella dello smontaggio del Washington Consensus, - partendo, nel caso, dagli squilibri commerciali e da "l'esorbitante privilegio"- che gli USA dovevano comunque affrontare. Chiunque ci fosse in tolda di comando...Che poi il POTUS è sempre espressione di un gruppo prevalente di potere, che va ben oltre la sua connotazione durante la campagna elettorale e la cifra di comunicazione personale che presceglie; sarebbe ingenuo pensare il contrario (nonostante la delirante versione che viene data in Italia e in Ue).

      Probabilmente ci si sta preparando, da parte di alcuni che possiedono più dottrina e più conoscenza delle vere condizioni culturali (impveritissime) in cui versa l'establishment che ha finora guidato la globalizzazione.

      Non mi avventuro sulle tendenze che emergono dalla macchina propagandistica del capitale cosmopolita dei rentiers ("l'economia circolare"...): mi riservo di approfondire. Ma intanto una cosa mi pare emergere: ESSI sono su un'irresistibile parabola discendente.
      E questo li rende ancora più pericolosi e folli..

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  2. Resta il fatto che tutti (pure Summers) partono - o fanno finta di partire - da un presupposto errato, e cioè che FINO AD ORA siano state implementate, sempre e comunque, politiche keynesiane. Cioè l'ortodossia non presuppone che "In principio Dio creò" il liberismo, parafrasando la Genesi. Se sbagli "l'impostazione" anche il risultato finale ne sarà influenzato. Solo riconoscendo che fin'ora tutto è stato PRO mercato e CONTRO il sociale, si può capire come si è arrivati fino a qui e dove si sta andando, altrimenti non si capirà mai "il da farsi". Ma fanno finta, ad esempio per l'Italia, che abbiamo sempre fatto deficit (dove ciò che conta è avanzo/disavanzo primario). Ma tant'è, loro sono gli "studiosi", noi i poracci.

    Paradossalmente siamo ancora qui appesi alla bona voluntas teutonica (!!!), da cui aspettiamo una fuoriuscita dall'EZ. Pace all'anima nostra.

    Nel frattempo tutto il manifatturiero globale è in flessione e quando arriverà a (dati ufficiali) US sarà recessione globale conclamata. EZ è uno zombie che cammina (manifatturiero 40 con zona rossa ai 50 già ampiamente sfondata quindi), soprattutto a livello bancario (DB, CZB) con QE Infinity Draghi e QE mascherato da RePo overnight in USA (si dice soprattutto a causa banche estere, DB?). Che altro c'è da aggiungere? Forse il fallimento di Thomas Cook?

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    1. Stavolta ti ho anticipato io...la reticenza di Summers e il problema strutturale permanente di caduta della domanda a livello globale sono il tema del prossimo post; appena pubblicato :-)

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    2. Vero, praticamente siamo arrivati alla stessa conclusione ;)

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