venerdì 22 febbraio 2013

"DECRESCISMO" E "TEORIA DEI MERCATI SATURI": KEYNES E' CATTIVO...E LA MANO INVISIBILE DEI NEO-CLASSICI METABOLIZZA LE "SINISTRE"

 

 

Commentiamo questo articolo (in alcune estese parti: l'intero è una punizione francamente eccessiva), rinvenuto anche in rete dopo la pubblicazione sull'Internazionale del 23 dicembre 2011. L'interesse non è certamente per l'obiettiva (in)attendibilità delle tesi in esso sostenute, ma per il loro valore "sintomatico" eloquente. Cioè il portato di una cultura che facendo leva sulla diffusa ignoranza di elementari principi economici, può alterare la percezione del "mondo" di vasti strati della popolazione.

La matrice dell'occultamento dei dati legati all'effettiva e corretta applicazione dei principi keynesiani, accomuna la teoria della "decrescita" alle teorie neo-classiche "deduttivistiche", cioè basate sulla soggettività arbitraria delle ipotesi di partenza, sviluppate poi in proposizioni di apparente buonsenso.

E non a caso: la teoria decrescista dei "mercati saturi", che "colpevolizza" le masse nei paesi occidentali, si basa su un sistematico abuso di teorie antropologiche che non hanno alcuna attinenza con la proiezione politico-economica che se ne vuole trarre. E che in sostanza appare "l'altra faccia della medaglia", sul versante della "sinistra", della pseudo-antropologia evolutiva da cui muove Von Hayek.

Entrambi gli approcci sono alla base del "debitopubblicocastacriccacorruzionespesapubblicaimproduttivabrutto".

Con lo stesso risultato: la creazione di un luogo comune manipolatore e condiviso che pone le classi dominanti al riparo da ogni consapevolezza democratica sui loro effettivi disegni e fa accettare alle disprezzate masse un virtuoso impoverimento, illudendole, per di più, di una conquistata superiorità etica. 

(nota metodologica: non ho inserito links perchè quelli pertinenti sono cosparsi per tutto il blog e poi ci penserete voi stessi, se vorrete, a segnalarmi i vostri più "eloquenti. E' un pò come in quei disegni da colorare per bambini: come vedrete il livello scientifico è più o meno quello)

 "La fine del capitalismo" di Wolfgang Uchatius, Die Zeit

Negli ultimi anni le economie dei paesi avanzati hanno prodotto un benessere fittizio, alimentato da consumi crescenti finanziati con il debito. La crisi ha dimostrato che il sistema così com’è non funziona più.

E qui mi casca subito l'asino: gli ultimi anni quali? E in quali economie dei paesi avanzati? La crescita dei paesi avanzati negli "ultimi anni", almeno a partire dall'inizio dell'era della liberalizzazione dei capitali, delle banche centrali indipendenti e della deflazione forzata, ha diffusamente registrato la flessione della dinamica incrementale dei consumi.
Cioè si aumentano i consumi meno di prima, si cresce perciò di meno di prima, e il consumo è sempre più sostenuto dal credito erogato dalla finanza dei paesi che, al loro interno, comprimono la domanda e, in primo luogo, proprio i consumi, proprio per poter esportare nelle economie produttive più deboli, e con più alta inflazione, che sono poste in crescente condizione debitoria verso l'estero, precipitandole poi in crisi economiche da bolle creditizie ove fasi di recessione, prolungate come non mai nel passato, sono caratterizzate, semmai, sistematicamente dal crollo dei consumi.


È arrivato il momento di cercare un’alternativa.
Ma davvero? Detto da un tedesco risulta alquanto paradossale, visto che è il paese che, per definizione, da decenni comprime i salari e, quindi i consumi interni, proprio per basarsi sulla esportazione, e cioè sui consumi degli "altri". L'appello, quindi, suona molto come un espediente moralista, basato su presupposti falsificati, per compattare un paese nello sforzo dell'imperialismo mercantilistico.

Molte migliaia di anni prima della grande crisi finanziaria, nel deserto africano del Kalahari viveva il popolo dei boscimani !kung. Uomini e donne piccoli e tenaci che uccidevano antilopi e zebre con le frecce avvelenate. Prima di mangiarle, però, ne dividevano le carni perché, secondo la tradizione, la preda di un cacciatore apparteneva anche agli altri.
All’inizio degli anni ottanta i !kung vivevano ancora nel Kalahari. Mentre il resto del mondo aveva inventato l’automobile, la bomba atomica e gli scambi azionari, loro continuavano a tirare frecce avvelenate. E continuavano a dividere tutto. Ma non è durato molto. Un giorno un antropologo statunitense ha notato alcuni importanti cambiamenti nei villaggi !kung. I cacciatori restavano a casa, le capanne erano costruite in modo che i vicini non potessero vedere cosa succedeva all’interno, e quasi tutte le famiglie si erano procurate una cassa con il lucchetto per custodire il loro patrimonio. Cos’era successo? Niente di particolare: il governo del Botswana aveva cominciato a scambiare merci con i !kung. L’economia di mercato era sbarcata anche nel deserto del Kalahari. Un piccolo popolo aveva scoperto i piaceri della proprietà. Per i !kung, quello è stato l’inizio del capitalismo.
Ecco che emerge l'antropologismo propagandistico: il capitalismo nasce quando nasce la proprietà? E solo perchè il "governo" (???) "scambia" merci con i cacciatori-raccoglitori? Le soluzioni sono due: o si trattava di baratti, oppure qualcuno doveva aver fatto credito ai !kung.
In entrambi i casi, se questi non hanno cambiato (in quel momento...) le loro abitudini, di caccia-raccolta, il capitalismo non può essere iniziato, dato che si tratterebbe solo di una alterazione non decisiva dei beni disponibili. Se questi, come presumibile, ne facevano un uso diretto individuale, si verifica, limitatamente a quei beni, solo il venir meno della ragione cooperativa della caccia e della raccolta, ma la "produzione a fine di scambio" (non di autoconsumo) non si verifica e quindi non ci sono !kung "capitalisti". Avremo solo cacciatori-raccoglitori inquinati nel loro mondo dall'immissione di beni di utilità superiore a quella espressa dall'autoproduzione a uso individuale (magari attrezzi per scavare, particolari vestiti che consentono di risparmiare il tempo di raccolta e tessitura di quelli scarnamente già utilizzati). L'articolo nel suo pressappochismo non entra nei dettagli perchè l'autore difetta di queste nozioni elementari.
Insomma, per come ci è raccontato in questo esordio, parrebbe un triste episodio di sussidiazione a scopo di assimilazione, con il pericolo della fine della cultura indigena, ma senza la specializzazione di ruoli sociali, la divisione del lavoro e la segnalata finalità di produzione a fini di scambio, con l'introduzione di una qualche forma di moneta, che caratterizza una forma basica di capitalismo. L'assimilazione distruttiva, piuttosto, si verificherà, come vedremo, allorchè l'etnia in questione viene costretta a un sistema educativo-formativo che gli fa perdere i suoi skills naturali, evolutisi in quella situazione climatica e ambientale, da cui vengono fisicamente espropriati. 

Nel frattempo da noi è cominciata la fine del capitalismo, almeno nella forma in cui lo conosciamo oggi. Per capire cos’è successo  è utile richiamare l’immagine usata dall’economista austriaco Joseph Schumpeter per descrivere l’essenza del capitalismo: la macchina. Una metafora perfetta, dal momento che il successo dell’economia di mercato è legato indissolubilmente alle innovazioni tecnologiche, come la macchina a vapore, la locomotiva, l’altoforno e la catena di montaggio. Per questo è facile descrivere l’intero sistema come un’unica grande macchina che produce sempre qualcosa e in quantità sempre maggiori. Oggi, per esempio, un tedesco ha a disposizione televisori, libri, mobili, radio, fotocamere digitali, lavatrici, cellulari, automobili, computer. In totale possiede diecimila oggetti diversi. E dal momento che le aziende producono sempre nuovi oggetti, si può dire che la macchina raggiunge il suo scopo solo se le persone continuano a comprare.
Aridaje! Ricomincia a esortare i tedeschi a comprimere ulteriormente i consumi, facendo, strano caso, gli interessi delle elites industriali e finanziarie, che certamente non si sentono coinvolte nel mero possesso di televisori e lavatrici...

Una cifra illuminante.
Alla fine degli anni ottanta la grande macchina ha ricevuto un nuovo inaspettato slancio. Dopo la caduta del muro di Berlino il capitalismo si è diffuso in tutto il mondo, fino agli angoli più remoti dell’Europa orientale, dell’Asia e dell’Africa. Ha trovato nuovi mercati dappertutto: in Ucraina, Romania, India, Cina, Vietnam, Cambogia e perfino tra i !kung. Dopo essersi sviluppato nei paesi industrializzati dell’Europa e del Nordamerica, il capitalismo ha realizzato la sua espansione globale in diverse fasi, tutte innescate da una forte crescita economica.
Ora, quindi, la macchina capitalistica dei paesi industrializzati dovrebbe andare al massimo e l’economia dovrebbe crescere a ritmi senza precedenti. Dovrebbe, ma in realtà è successo il contrario, qualcosa di strano e inaspettato.
Facce capì, Wolfgang: il capitalismo si è diffuso in tutto il mondo "dopo la caduta del muro di Berlino"? "fino agli angoli più remoti dell'Europa orientale"? O piuttosto ha trovato "nuovi mercati"? Che volevi di'? Sì perchè non è proprio la stessa cosa: il capitalismo, almeno nelle forme basiche dette sopra, preesisteva e cercava comunque di scambiare (indipendentemente da chi sia il proprietario dei mezzi di produzione e da quale sia lo specifico regime della proprietà individuale), e quindi di "commerciare", sempre e comunque, in tutto il mondo, o almeno coi vicini (entro certi limiti "politici" che erano propri dei paesi del socialismo "reale"): quello che può essere cambiato è il regime giuridico degli scambi internazionali, quale l'esistenza di dazi, di limiti legali all'apertura al commercio estero, e, soprattutto, di limiti alla circolazione dei capitali. Insomma, non ci descrive il capitalismo che si estende, ma una sua forma, peraltro già esistente, ma in diversa misura, che è quella della "apertura" dei mercati. Il che è un pò diverso, Wolfgang.



La macchina non funziona più come prima.
Una cifra è illuminante: 354 miliardi di euro. Rappresenta la crescita del pil tedesco tra il 2000 e il 2006, quindi prima dell’inizio della crisi. Se consideriamo che i tedeschi sono 82 milioni, questo significa che in quegli anni il loro reddito medio è cresciuto di 4.317 euro. Una cifra inferiore al passato. Ma non bisogna essere troppo avidi. Del resto, con 4.317 euro si possono comprare un bel po’ di cose. Il vero significato dei 354 miliardi di euro è un altro. Lo si capisce quando si confronta questa cifra con l’aumento del debito pubblico tedesco tra il 2000 e il 2006: 342 miliardi. È quasi la stessa cifra del pil. Già prima della crisi, quindi, la Germania ha raggiunto il suo benessere indebitandosi sempre di più. In pratica, il paese si è fatto prestare il benessere. La crescita è stata fasulla. La macchina dell’economia tedesca corre, ma corre a vuoto.
Questo non basta per far dubitare del capitalismo. L’inizio del terzo millennio non è stato facile per le imprese tedesche. I costi del lavoro sono alti, la concorrenza sul mercato internazionale è feroce, l’economia tedesca è ingessata da un numero eccessivo di leggi. Forse, quindi, non siamo di fronte a un problema del capitalismo, ma a un problema esclusivamente tedesco. In fondo, ci sono diversi modelli di macchina capitalistica: accanto al sistema tedesco, per esempio, ci sono quello francese, l’americano, il giapponese.
Oh! Finalmente Wolfgang ci fornisce il dato di questa "spaventosa" crisi: ma come il PIL cresce meno di prima e tu non sai che ciò vuol dire che c'è (anche) esattamente quel minor incremento, o addirittura il decremento, dei consumi, ciò che contraddice in partenza la tua stravagante ipotesi? Comunque sia apprendiamo quale sia il segno "inequivocabile" della crisi del capitalismo immaginario/decrescista di Wolfgang: è aumentato il debito pubblico! E te pareva!
Ma la perla è che il "vero significato" della crescita del PIL, (peraltro esemplificata intempestivamente, per il 2000-2006, e proprio laddove, in Germania, si è pacificamente verificata una flessione, output-gap, rispetto alla crescita possibile in quegli anni in confronto alla media europea), è che ci sia stato un incremento del debito pubblico "eccessivo" (peraltro, per come ce la presenta è manifestamente falso: il debito pubblico ha un incremento indicato dello 0,96% del PIL, quindi inferiore all'incremento del PIL stesso e ciò avrebbe dovuto condurre a un decremento del rapporto debito/PIL). Comunque sia 'sto debito è eccessivo, per Wolfgang: sì ma rispetto a quali parametri misurabili e significativi di sostenibilità?
Ovviamente Wolfgang non ne sa nulla di nulla. Per lui il debito (pubblico? privato? e che importanza ha? Sempre di colpa si tratta e non bisogna troppo sottilizzare, anche se il debito pubblico non ha nulla a che fare coi consumi privati) semplicemente non può aumentare: se aumenta in termini assoluti, anche se diminuisce in rapporto al PIL, nella sua mentalità, vuol dire che si è consumato di più di quello che si poteva...il che non torna aritmeticamente, ma a lui non importa. L'importante è poter dire che si è "vissuti al di sopra delle proprie possibilità"! E giù tutti a bersela, compresi i lettori italiani dell'Internazionale.
Peccato che l'aumento del debito di quegli anni, in Germania, sia dovuto non all'aumento dei consumi, smentendo l'ipotesi "sfortunata", (poteva pure sceglierselo un altro periodo!), ma al contrario a un aumento della disoccupazione, con intenzionale conseguenza della compressione salariale, sostenuto il tutto però da un notevole incremento del welfare sociale, previsto dalle riforme Hartz: cioè semmai il debito abbia avuto un incremento (sempre che la cifra dell'aumento sia "reale", cioè al netto dell'inflazione, ma chiederemmo troppo a Wolfgang), ciò è stato dovuto, come è noto, a tutti tranne che a Wolfgang, non all'aumento dei consumi ma all'aumento del deficit pubblico, cioè al maggior indebitamento da spesa pubblica che unilateralmente e in violazione degli scopi cooperativi del trattato UEM la Germania ha posto in essere per poter esportare di più.
 

Ognuno si distingue leggermente dall’altro in base alle leggi, ai contratti di lavoro, ai governi e ai sindacati. (Ecco appunto: i tedeschi si vogliono distinguere ma non per consumare di più; al contrario per impedirsi di consumare troppo e per indurre gli altri paesi a consumare la loro produzione).
Ma forse negli altri grandi paesi industrializzati la macchina ha continuato a correre. E invece no. La situazione è la stessa dovunque. Che si tratti del capitalismo liberista statunitense, di quello centralizzato francese o del sistema giapponese basato sulla logica del consenso: se si toglie la scorza dei debiti, il frutto della crescita economica è minimo.
Ma che dice? Negli altri paesi UEM, compresa la Grecia (ma forse i PIGS non sono paesi ma "sotto-paesi" indegni di essere considerati occidentali e capitalisti, limitati a USA, Francia e Giappone), nel periodo 2000-2006, si cresceva eccome e il debito diminuiva, non aumentava: il debito (tedesco) aumenta se aumento la spesa pubblica sociale per welfare per disoccupazione provocata a fini di deflazione salariale. Lo ripeto perchè Wolfgang sicuramente non l'ha ancora capito e, c'è il caso, neppure i suoi lettori italiani, dato che in maggioranza discorsi di questo tipo li eccitano e li spingono persino a votare..contro ogni logica e interesse personale :-)

Attenzione, non stiamo parlando di come evitare il problema dell’indebitamento. Anzi, per essere chiari, è bene sapere che i debiti sono l’essenza dell’economia di mercato. Il nostro capitalismo funziona così: qualcuno – lo stato o un imprenditore privato, poco importa – si fa prestare del denaro, diciamo un milione di euro, e lo usa per produrre oggetti che possano piacere alla gente.
Decide, per esempio, di investire il milione di euro in acciaio. Compra gli strumenti necessari per lavorarlo, assume lavoratori e alla fine fabbrica delle automobili che vende in blocco per due milioni di euro. In questo modo si crea il plusvalore, il benessere, la vera crescita economica. È così che si avvia la macchina della ricchezza e i diecimila prodotti a disposizione di un tedesco diventano ventimila. Con questo obiettivo, secondo la logica del capitalismo dei paesi sviluppati, lo stato chiede in prestito un milione di euro (???...rectius "logica di Wolfgang", ndr). Oggi, però, il plusvalore e il benessere sono entità molto labili. Infatti crescono solo i debiti.
Non c'è dubbio: ha le idee inguaribilmente confuse. E notare che è riuscito a non usare MAI LA PAROLA "BANCHE". Vorrà dire qualcosa?
Perchè mai, infatti, un imprenditore pubblico o privato chiedendo credito alle banche (e dillo! Wolfgang!), cioè contraendo debito privato, dovrebbe incrementare il debito pubblico? Wolfgang non lo sa (o forse è abituato alla massiccia tendenza al sussidio pubblico alle esportazioni dei tedeschi, e da' per scontato che il capitaslimo funzioni sempre così. E' una sagoma!) . E temiamo che, alla sua età e con la sua sicumera, non lo capirà mai. Sta di fatto che afferma, senza alcuna vergogna o dubbio, che ogni investimento (privato, anche se effettuato da un'impresa pubblica), normalmente finanziato dal sistema bancario (privato), "nella logica del capitalismo", si traduce automaticamente in equivalente ammontare di debito pubblico!!!



Allora ci dev’essere qualcosa che frena la macchina del capitalismo.
Beh, sì, la "logica di Wolfgang" che appoggia incondizionatamente il mercantilismo imperialista e la compressione della domanda mondiale determinata da enormi e prolungati squilibri delle partite correnti...a favore di paesi come la Germania.
Dev’essere un fenomeno recente, perché fino a pochi decenni fa l’economia cresceva in Germania, in Giappone e negli Stati Uniti. Dev’essere così forte da neutralizzare la spinta che il capitalismo ha ricevuto dagli sterminati mercati dell’Europa orientale e dell’Asia. E la causa non può essere legata a un singolo paese, altrimenti questo periodo di stasi non si manifesterebbe contemporaneamente, come oggi, in tanti paesi diversi. Cos’hanno in comune i tedeschi, i francesi, i giapponesi e gli statunitensi? L’abbondanza.
Oh! Ecco la "pensata": il problema è l'abbondanza, cioè si consuma troppo e, nella "logica decrescista di Wolfgang" si è automaticamente indebitati e colpevoli!
Peccato che il Giappone, gli USA e ora anche i Francesi (a modo loro, visto che devono coesistere con i vari Wolfgang) siano intenzionati a riprendere a crescere proprio adottanto una politica inversa a quella della "pensata": cioè rilanciando la domanda interna e perciò i redditi disponibili, che poi si tramuteranno in maggiori consumi. E magari anche in un aumento in termini assoluti del debito pubblico: ma, Wolfgang, crescendo in termini di PIL più dell'aumento della spesa pubblica - grazie al "moltiplicatore" di questa, che sfrutta proprio la propagazione dei consumi, smettendo cioè di comprimerli- e quindi del debito pubblico. Il cui valore in rapporto al PIL tende così a diminuire. E perciò, attraverso i consumi interni, incentivati dalla spesa pubblica, incrementando il deficit, pubblico (in termini assoluti ma non relativamente al PIL) finisce la "colpa" e persino la tua ipotizzata "crisi finale del capitalismo".



Quando gli economisti si riferiscono alle persone, usano spesso il termine “consumatori”, perché è questo il ruolo dei cittadini nella catena economica. Invece del verbo “consumare” si potrebbe usare anche il termine “comprare”. Un tempo avevano lo stesso significato. Si leggevano libri appena comprati, si indossavano magliette nuove, ci si divertiva con un nuovo giocattolo. Ma per fare tutto questo ci vuole tempo. Se il tedesco medio usa almeno una volta nella vita le diecimila cose che ha comprato, non resta molto tempo per comprarne di nuove.  Quindi il consumo, fattore essenziale del capitalismo, può frenare la macchina. Per continuare a far crescere l’economia, infatti, bisogna comprare senza sosta.
A questo punto sorge un altro problema: come convincere le persone a comprare senza consumare (questa è una vera chicca, da parte di uno che si permette di criticare Keynes senza avere idea di cosa sia la domanda aggregata, ndr.), accumulando libri dimenticati sulle mensole, vestiti nell’armadio, giocattoli nelle camere da letto dei bambini, con il solo scopo di impacchettarli e abbandonarli al più presto per comprarne di nuovi. Con la pubblicità si possono convincere la persone, ma è un processo difficile e costoso, e a volte non funziona. Così la macchina del capitalismo finisce per rallentare e bloccarsi.
Wolfgang, le tue storielle sono divertenti, in fondo, ma te lo devo dire: il consumo è "roba" prodotta, che poi, tradotto in pratica, è occupazione...lasciamo perdere se di magliette o giocattoli o, piuttosto, di pannelli solari, materiali per la coltura idroponica o superconduttori: dipende dagli investimenti tecnologici che si fanno, Wolfgang, e questi vengono finanziati (dalle banche, anche se hai difficoltà a nominarle: perche?) come debito privato e però portano a redditi privati da profitto e da retribuzioni dei lavoratori. Se smetti di comprarti tutte quelle magliette (i libri magari continua: però leggiteli, pure Scumpeter che diceva cose ben diverse se lo vuoi capire) e comprimi comunque i consumi, comprimi la produzione-occupazione, e quindi i redditi e quindi i risparmi e quindi gli investimenti diventano più costosi e...addio investimenti in tecnologie innovtive, ecologiche, e addio alla decrescita felice. Avrai il nuovo medioevo, "felice" per chi avrà la forza fisica, la prepotenza, le spade e le mazze ferrate per rendere gli altri servi della gleba "decresciuti e felici". Proprio come vuoi tu, Wolfgang.



Mercati saturi Questa è la definizione che mi piace di più: fa tanto Von Hayek, e trasmette con rara espressività il fastidio per gli zotici che passano il tempo a fare shopping, o anche solo la spesa, quando sono "unfit" e dovrebbero morire in qualche oscuro angolo di freddo e possibilmente fame, come "decrescendo felicemente" sta accadendo agli unfit greci.
Ormai è evidente che i paesi sviluppati si stanno avvicinando sempre più a questo punto. Beh, Wolfgang, io te l'ho spiegato perchè: tu non mi vuoi ascoltare. Ma poi che succede se quelli che fanno l'opposto di quello che predichi tu con la "pensata" ricominciano a crescere? Magari puoi iniziare a studiare l'economia.
I negozi non sono vuoti, anzi. Le persone comprano, anche se meno rispetto agli anni scorsi. Ma perché la macchina continui a funzionare, devono comprare sempre di più ogni anno. Solo che non è facile. I mercati sono saturi. Ogni tanto viene lanciato
un nuovo smartphone, un nuovo computer portatile. Ma di più non si può fare. Che meraviglia. Siamo sazi, come prevedeva un famoso economista. Quest’economista aveva profetizzato che i suoi nipoti da grandi sarebbero stati otto volte più ricchi dei loro nonni e che un simile mondo dell’abbondanza avrebbe soddisfatto i bisogni “assoluti” della popolazione. L’economia avrebbe smesso di crescere e il capitalismo avrebbe esaurito il suo compito di colmare le lacune della società. Le persone sarebbero state felici. Quell’economista era John Maynard Keynes. Lo ha scritto nel saggio Possibilità economiche per i nostri nipoti. I suoi “nipoti” siamo noi.
Ah finalmente ci siamo: l'attacco a Keynes è arrivato! Facciamo così: tu non consumare, non comprare magliette e giocattoli e addestrati all'uso dello spadone, della mazza ferrata e alle "tecniche di combattimento su terreno innevato", di grande utilità nella Pomerania o nella Alta Sassonia del XIII secolo, ma almeno leggiti per bene Keynes e non lo estrapolare su sintesi avulse dalla "Teoria generale", in modo almeno da capire come funziona la domanda aggregata e, prima a ancora, come e perchè il PIL sia composto in un certo modo. E include i consumi, a prescindere dalla composizione dei beni "offerti" secondo le decisioni degli inprenditori; decisioni assunte, in un certo momento storico, secondo la tecnologia e il livello di occupazione e di reddito che porta a meglio soddisfare i bisogni individuali diffusi e quelli collettivi (cioè sti benedetti consumi che hanno saturato la tua "mente" e non certo la capcità di inoovazione e differenziazione dei prodotti da parte degli imprenditori).
Insomma, Wolfgang, le tecnologie che servono solo, come pensi tu, a produrre beni superflui: certo la gran parte lo potrebbero essere in Pomerania nel XIII secolo, tanto che non si viveva abbastanza a lungo per avere la memoria del possesso di un giocattolo: bastava ricordarsi di aver mangiato, qualche volta, carne anzichè patate. Ma quelli erano tempi felici!



Da allora, in effetti, il reddito pro capite dei paesi sviluppati è cresciuto otto volte. Ma con il tempo la crescita economica è arrivata a un punto morto. Molte persone non l’hanno presa affatto bene. Da tempo in paesi come la Germania o gli Stati Uniti il “tasso di felicità” sociale non cresce più. Aveva smesso di farlo già negli anni settanta, quando c’erano sei o settemila cose da comprare. Invece è aumentato il numero di persone che si ammalano a causa dello stress. Alcuni cominciano a usare la formula “capitalismo senza crescita”. Non suona male. Sarebbe come dire: benessere senza stress. Se il reddito fosse diviso in modo più equo e si distribuisse lo sforzo in modo da impegnare tutti, allora le persone si accontenterebbero di quello che hanno. Così diceva Keynes. Pensava che la macchina capitalistica si sarebbe spenta da sola e avrebbe lasciato la gente in pace. Per capire che questo ragionamento è sbagliato basta sfogliare un giornale, accendere la tv o visitare un paio di siti internet. Oppure possiamo immaginare una rappresentazione teatrale all’aperto. C’è un’opera che va in scena dal settembre del 2008, quando la banca d’investimento statunitense Lehman Brothers è fallita.
S’intitola Crisi finanziaria. In realtà non parla di una crisi finanziaria né di una crisi del debito. O meglio, ne parla, ma come conseguenza di qualcos’altro...Purtroppo, però, avevano già debiti eccessivi. Per anni hanno sperato di poterli ridurre attraverso una crescita maggiore, che avrebbe assicurato più entrate fiscali. Ma la crescita non c’è stata, le entrate neanche e ora, attraverso il salvataggio delle banche, i debiti sono cresciuti all’inverosimile. Così è cominciata la crisi del debito...

Cioè facce capì, anche perchè neppure stavolta nomini le banche (come lo era Lehman Brothers o lo è Deustchebank): chi sperava di ridurre di debiti eccessivi attraverso la crescita? I debitori privati che si erano messi a investire nel settore immobiliare privato? E chi glielo aveva fatto quel credito privato? Forse delle "banche" che poi lo avevano trasformato in obbligazioni frazionate poi in indifferenziati titoli derivati OTC, collocati presso i risparmiatori? E che c'entra allora l'abbondanza (di beni di consumo), di cui hai parlato prima? Wolfgang, ragioniamoci insieme: se erano risparmiatori privati che si rivolgevano a investitori privati che si intrecciavano con le banche nel cercare di lucrare interessi su titoli che avevano come "sottostanti" dei debiti contratti per investimenti immobiliari, che c'entrano i consumi? Come avrebbero causato, i consumi di troppi giocattoli e magliette, in questo meccanismo, il debito pubblico? Non ti pare che manchi qualche passaggio e dimentichi che la crisi del capitalismo provenga, con riferimento a questo fenomeno, dal "moral hazard" delle banche e da una grande accumulazione di risparmio, che E' IL CONTRARIO DEL CONSUMO? E POI CHE C'ENTRA KEYNES CON LA LOGICA DEL PROFITTO A BREVE E CON LA CREAZIONE DELLE BOLLE SPECULATIVE DI IMPIEGO DEL RISPARMIO CHE LUI PUNTUALMENTE, E CON ESATTEZZA SENZA PRECEDENTI, DENUNZIAVA?

...Il vero problema è che manca la crescita.
Le misure adottate in tre anni di crisi hanno avuto l’obiettivo di accelerare la crescita dell’economia rimettendo in moto la macchina capitalistica, ma ci hanno anche permesso di comprendere la vera natura della crisi. I governi di Germania, Stati Uniti e Giappone hanno abbassato le tasse, hanno stanziato sussidi, hanno introdotto premi di rottamazione per le automobili. Tutto per spingere le persone a spendere. Forse così si risolve tutto, hanno pensato. Forse la gente ricomincerà a spendere e le imprese torneranno a crescere. Forse gli indiani e i cinesi potranno comprare tutte le automobili e le lavatrici prodotte dalle fabbriche tedesche.
Wolfgang: le misure adottate dai tuoi governanti, imposte a tutta Europa, "in tre anni di crisi", nel 2011, non avevano rimesso in moto nessuna macchina capitalistica (intesa come investimenti e consumi): la crescita non solo non si è accelerata, fino al 2011, ma quelle stesse misure, volte a proteggere i crediti delle banche tedesche per i crediti (anche al consumo...dei beni tedeschi), hanno provocato la recessione CON IL "CROLLO" DEI CONSUMI. E non solo, ma scaricando gli errori speculativi del sistema bancario tedesco, commessi per sfruttare i tassi differenziati di inflazione degli altri paesi UEM, sui debiti pubblici, che sono aumentati come CONSEGUENZA del comportamento delle banche, che hanno ottenuto di trasformare le proprie sofferenze-buchi di bilancio, in salvataggi a carico degli Stati, cioè in debito pubblico, spremendo i cittadini e comprimendo i consumi e i redditi, cosa che, per te, dovrebbe essere la chiave di uscita dalla crisi! 
Da qui vi lascio la "pensata" tutta d'un fiato (più o meno :-)). Solo sottolineando come la storia del "telefonino che fa volare" la dica lunga sulla confusione mentale di uno che critica Keynes perchè...usava la parola capitalismo. Sapendo di che parlava. Mentre Wolfgang non ha idea di che si tratti, facendo coincidere il credito privato contratto per investimenti privati col debito pubblico e quest'ultimo (non si sa come) con i consumi privati.



Qualcuno inventerà un prodotto sensazionale che scatenerà un’enorme fame di consumi. Un telefonino con cui è possibile volare, per esempio.
Se non dovesse funzionare, resterebbero due strade per il futuro del mondo industrializzato. La prima consiste nello stimolare a tutti i costi la crescita per tenere in vita l’economia, com’è successo finora, aumentando la spesa pubblica e di conseguenza i debiti. E quindi producendo nuove scorie, cioè le emissioni di anidride carbonica causate dalla macchina capitalistica. La loro quantità è legata al numero di oggetti posseduti dalle persone.
Questi effetti sono sempre stati difficili da giustificare, ma in passato le emissioni potevano essere considerate come il prezzo da pagare per il benessere, come la condizione necessaria per la creazione di nuovi posti di lavoro e la crescita del plusvalore. Si poteva perfino sostenere che se fosse aumentato il benessere, ci sarebbero stati più soldi per finanziare lo sviluppo delle energie pulite.  Ma se la crescita è fittizia e consiste semplicemente nell’evitare il prossimo crollo delle borse, allora bisognerebbe chiedersi perché i paesi industrializzati continuano a bruciare petrolio e gas. Per ora, però, si sorvola sulla domanda, la risposta può aspettare domani. Quello che conta oggi è che la macchina continui a funzionare in qualche modo, fino alla prossima crisi.

Wolfgang, non ce la faccio più devo intervenire; sta storia della "crescita fittizia" realizzata tramite i consumi, criticando Keynes, senza saperne una cippa, mentre i crolli delle borse dipendono dal crollo dei consumi e quindi della domanda, è un pò troppo grossa.

La seconda strada è più faticosa e non sappiamo dove porta. Consiste nel cercare le risposte ad altre domande più impegnative. La società si può organizzare in modo da accontentarsi di conservare il benessere invece di aumentarlo? Cosa bisogna fare perché sia la felicità delle persone a crescere e non il fatturato delle imprese? È possibile dare alla natura un valore superiore a quello dei diecimila oggetti? Insomma, esiste un’alternativa al capitalismo?


Il punto di vista dei poveri (Qui il "decrescista felice" vira sul Von Hayek "puro": evviva!)
È una domanda antichissima. Nel corso dei secoli è stata fatta migliaia di volte da marxisti, romantici, teologi della liberazione, sindacalisti, terzomondisti. Ma è stata formulata sempre dal punto di vista dei poveri, basandosi quindi sull’idea che il capitalismo non riesca a eliminare la miseria. Per questo alcuni hanno cercato di inventarsi un sistema che eliminasse la povertà più velocemente di quanto facciano le economie di mercato. Con un po’ di sforzo si possono trovare molti esempi.
 Ci sono gli insegnamenti del mahatma Gandhi, secondo cui ognuno deve procacciarsi da sé vestiti e cibo per sfuggire alle logiche di mercato. Oppure c’è il sogno di un’autogestione anarchica, secondo cui nessun uomo può arricchirsi sulle spalle degli altri, un “sogno” diventato (breve) realtà durante la guerra civile spagnola. E poi c’è il socialismo, nelle sue molteplici varianti, che ha adottato l’idea di poter condurre metà dell’umanità verso un mondo migliore e che successivamente è stato sconfessato proprio da questa metà dell’umanità.

Tutti questi tentativi sono naufragati e alla fine si sono rivelati meno efficaci, a livello sociale, della macchina capitalistica, che non ha prodotto solo un’opulenza apparente e a tratti oscena, ma ha anche salvato dalla povertà centinaia di milioni di cinesi, indiani, sudcoreani, vietnamiti e brasiliani. Il capitalismo, quindi, non morirà per la miseria, ma probabilmente per la ricchezza che ha creato (ma Wolfgang, mo' che c'entra sta tirata? Ce l'hai pur con Gandhi? Non avevi detto che non si cresce più e che il problema è che cresce solo il debito? Non è che forse ti da' fastidio che la ricchezza sia diffusa a quelli che prima erano poveri e ora li vuoi convincere ad accettare la compressione dei consumi voluta dalla Merkel-BundesBANK? Non è che  i poveri di questa ricchezza ne sono indegni e "unfit"? Non è che qualcuno ti ha spiegato queste cose, dicendoti di criticare Keynes e di non usare mai la parola "banche"? E hai fatto tutto da solo leggendo Von Hayek, magari su un "riassunto" in qualche libro decrescista?) .

 Il capitalismo ha alleviato le sofferenze delle persone: per questo una rivoluzione dal basso sembra impensabile, così come un nuovo sistema economico progettato dall’alto.

Il denaro che alla fine del novecento è arrivato ai !kung non è rimasto a lungo da quelle parti. Alcuni pensavano che la sabbia del Kalahari nascondesse dei diamanti e così i !kung sono stati cacciati dalle loro terre.
Oggi alcuni di loro fanno i domestici in qualche fattoria, altri lavorano come braccianti per pochi soldi, altri ancora sono diventati alcolizzati o conducono una vita solitaria nelle riserve naturali, dove provano di nuovo a cacciare come si faceva una volta. Forse un’alternativa al capitalismo non serve solo ai paesi industrializzati. Anche i !kung ne hanno bisogno.
Ecco Wolfgang: lo dici anche tu, senza averlo capito, che per i !kung non era iniziato il capitalismo. Era invece arrivata la sua proiezione imperialista, monoculturale, quella che porta i forti a schiacciare i deboli per impadronirsi delle loro risorse. Li hanno cacciati perchè volevano le risorse e che avessero ricevuto delle piccole proprietà di beni individuali per "corromperli" non cambia nulla.
Li potevano pure direttamente cacciare così come stavano, metterli subito in qualche riserva, passargli cibi calorici alcolici e la "scuola" e farne, senza piccole "donazioni" iniziali (come la famose perline dell'800), degli sradicati senza terra e senza cultura. E' questo il fenomeno: mica i consumi e l'abbondanza. E' lo sterminio dei deboli quello che conta.
E si può benissimo fare, rispetto ai paesi "già" capitalisti, anche raccontando suggestivamente alla gente, senza saper veramente spiegare perchè, che i consumi equivalgano a debiti, peggio se a debito pubblico, senza mai nominare le banche. E la deflazione. E la compressione salariale.
E invece criticando Keynes: a prescindere, così, perchè ci sta nel discorso..."de sinistra", a protezione dei poveri, il cui "punto di vista" è sbagliato: "sai, come gli dai du' soldi in mano, questi consumano e...sporcano". In una confusione che protegge la vere cause della crisi che possono continuare ad agire indisturbate, nel senso di colpa generale.

22 commenti:

  1. Piccolo addendum: oltre a non menzionare mai direttamente la banche, è riuscito anche a non parlare mai di "occupazione-disoccupazione". 'Sti poveri, so' "così", si sa, nascono come funghi e te li ritrovi lì che vogliono consumare...

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  2. Ma infatti il connubio tra il moralismo della deflazione e quello della decrescita è -forse- uno tra i prodotti peggiori del neoliberismo odierno. Un ciarpame di ipocrisia che si commenta da solo (ti faccio diventare povero per il bene del mondo, dato che se sei ricco sporchi!), propugnato da chi prima sparge in giro titoli derivati per tre volte il pil mondiale e poi dice che "indebirarsi è brutto"!!!

    Facciamo così: prima Monti & Co. vanno a vivere a Corviale o alle Vele di Scampia, zappando allegramente qualche metro quadrato della terra lì intorno e vivendo dei frutti che ne trarranno. Poi, io, orripilante prodotto della cultura del ceto medio, mi degnerò di seguirli nel loro virtuoso percorso. La validità di un'idea, non la dà forse la coerenza di chi la propugna?

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    1. Questa "proiezione" delle rispettive responsabilità nell'attuale disastro ce la siamo più volte detta :-)
      In questo post, però, cerco di evidenziare una corresponsabilità più insidiosa e meno appariscente, ma egualmente cruciale in termini "causativi" della legittimazione del regime: quella della stampa "PUDE", implicita o esplicita, che fa il gioco dei mazzieri bancari apparendo persino "etica" e "anticapitalista" (cioè decrescista).
      Vorrà dire che la simpatica residenza a Scampia, con annesso lavoro nei campi, vedrà una più larga manodopera. Per coerenza ai vari Wolfgang "nostrani" dovrebbe persino piacere

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  3. ...e se è riuscito a non nominare mai le banche, qui intese come banche commerciali, cioè entità che prestano al fine di creare realtà produttive, o al più consumo (nel quale non ci stanno solo le BMW e le TV al plasma, ma anche la casa, il cibo e fra non molto, le tasse universitarie e le spese mediche), figuriamoci quanto gli si aprirebbe l'universo se gli spiegassimo che esistono pure le grandi banche d'affari.
    Quelle con una certa degenerazione del capitalismo non c'entrano proprio nulla eh..., ma meglio non farglielo sapere, del resto è solo da qualche decennio che Keynes ha teorizzato a quali distorsioni va incontro il capitalismo se l'aspetto finanziario prende il sopravvento su quello produttivo.
    Ma magari l'autore lo vedrebbe come preferibile e auspicabile rispetto al debito da consumo.
    Se si creano bolle finanziarie, infatti, non si fa altro che trasferire numeretti digitali tra banche di diversi paesi e quelli mica inquinano!!

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  4. Mi ero già espressa ieri sul ruolo della stampa e quindi non posso che condividere questa ulteriore analisi.
    Il tuo appello alla coerenza mi suona lievemente ironico...:)
    I Wolfgang de nonatri ma anche quelli esteri sembrano tutti cresciuti a pane e decalogo di Chomscky.

    Distrarre , colpevolizzare creare il probema fornire soluzioni, insomma tutto secondo copione.

    Tuttavia in queste indegne farse qualcosa sfugge, ad esempio sfugge l'adozione della teoria keynesaina applicata a sè stessi...la stampa italiana sopravvive anche grazie a contributi statali.
    A quanto pare il modello keynesiano non va bene per nessuno tranne che per Io (Stampa ma anche grandi aziende come Fiat, o "grandi prenditori" che hanno beneficiato delle privatizzazioni e delle cartolarizzazioni, che dire poi delle banche...).
    Insomma un panorama desolante se non ci fosse il web...

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    1. Ma tu non sai che Wolfgang, nella sua sterminata "logica", ha pure ambizioni di storico e rideisegna la sroria medievale coi criteri di oggi, per dire che gli italiani, nel 300 inventarono il debito pubblico, ceh siccome nell'articolo attuale segnerebbe la "fine del capitalismo", a rigore della sua ferrea "logica", sarebbe dunque nato già morto
      http://italiadallestero.info/archives/12341
      Insomma, chi "muove i fili" di gente come lui (anche italiana)? E perchè finiscono in Italia a parlare sempre in TV, anche se poi si scopre che non avevao competenze in economia? E soprattutto, quand'è che faranno delle lezioni di economia per i vari Mentana, Gaballo e Gruber, magari trasmettendo in diretta l'esama orale finale?

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    2. Infatti sostengono delle tesi a dir poco ardite...
      Vanno in TV senza rispetto per la verità e neppure per la logica, e i giornalisti non fanno domande non dico incalzanti ma almento pertinenti, per dire Mentana a Boldrin ha fatto dire la qualunque, sulle privatizzazioni ha osato solo controbbattere : ma forse se vendiamo a stranieri non è proprio un bene ( o roba simile) e lui il genio del nulla ha risposto che in Germania nessuno si pone il problema se una loro banca è stata rilevata da Unicredit....ti pare la risposta di un economista? In un quadro di crisi di domanda lui risponde come uno studente impreparato... e va avanti con la commedia del fermare il declino. Lui ? Ah ah ah . No comment.

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    3. Ma vedi uno come Boldrin gli serve: accreditandolo come autorevole, possono poi presentarsi, al governo, con idee leggermente meno "eccessive" per dire che in fondo loro sono per un "compromesso". Naturalmente "equo" e a favore del lavoro (flessibile, mooolto flessibile: che vi credevate?)

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    4. "in Trincea siamo tutti keynesiani" -Robert Lucas.

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    5. Che serva (a )qualcuno è palese:)
      Il compromesso con il 2% , praticamente il nuovo Casini. Non contano nulla eppure si esprimono come vincenti, che mestizia.
      Guarda io sogno sempre più Norimberga, e ne ho ben donde:)

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    6. Ma è peggio di così: non è un compromesso per farne alleati politici, ma un compromesso ideologico, propagandistico per poter dire "vedete questa (Bolrdin) sarebbe a rigore la via da seguire, ma siccome sono equo e de sinistra, noi la rendiamo meno efficiente e più equa per venirvi incontro, anche se non dovremmo eh..."

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    7. Con quel ghigno altro che rigore...
      Secondo me fa la fine di Monti dice cose incredibili cui crede solo la sinistra , ma poi cosa vuol dire sinistra? Passare da Marx al liberismo sfrenato, da Gramsci a Prodi, dalla difesa dei lavoratori alla svalutazione dei salari può definirsi di Sinistra tutto ciò?
      Utilizzano un'identità che non esiste più. In realtà essi sono più a destra di Forza Nuova.

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  5. Anche io da tempo noto il connubio; la "convergenza parallela" "austro-sovietica" incentrata sulla fobia irrazionale del debito.

    interessante notare al riguardo il curriculum politico di Merkel e Napolitano....Nonché di una miriade di paraintellettuali (piu' che altro paracu*i) di "formazione" marxista, il "nostro" Wolfgang Uchatius è davvero un perfetto esempio.

    leggevo tempo fa un articolo che parlava di Chausescu, ebbene, lui riusci' ad abbattere; addirittura ad eliminare il debitopubllico (che per ovvie ragioni era interamente estero) con gli esiti che ben conosciamo; per i rumeni e per Chusescu stesso....

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    1. Eh, lo so da questo punto di vista (gli esiti) i rumeni hanno avuto più culo dei greci (e forse presto anche di noi)

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  6. Quarantotto ha scritto: E soprattutto, quand'è che faranno delle lezioni di economia per i vari Mentana, Gaballo e Gruber, magari trasmettendo in diretta l'esama orale finale?

    Ciao Quarantotto e anche l'esame di Diritto Costituzionale con te esaminatore, quanto mi piacerebbe :):):)

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    1. Troppo bbbbùono, don Mauro. In effettti conosco vari costituzionalisti che li promuoverebbero :-( (tristezza)

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  7. eccheccazzo : nientepopodimenoché "La fine del capitalismo" (delirio di onnipotenza? : avanti col TSO)

    E credo, in effetti che, dopo questo, parecchi che sparano scemenze in TV cominceranno a ponderare con maggiore razionalità le loro comparsate.

    ps PUD€ al 100%

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    1. Ma come ci siamo detti con Sandra "il declinante prevalente" serve al PUDE non come alleato ma come accreditamento della tesi che posizioni più sfumate, le chiameranno "eque", sono invece quelle giuste e da accettare per "promuovere la crescita attraverso i necessari sacrifici".
      Per questo ci occuperemo da vicino del PUDE "dal volto umano", post-montiano...e molto presto, vedrai

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  8. [OTissimo] PRIMA PAGINA del 23/02/2013
    con Marcello Sorgi
    http://www.radio3.rai.it/dl/radio3/programmi/PublishingBlock-546fce50-63a7-4a3a-a677-c01b234511bd-podcast.html
    ultimi 10minuti circa :'senza euro torna economia rurale di sussistenza con orti capre ecc..' in risposta ad un ascoltatore
    che dice L'eu e l'euro sono incostituzionali...
    ps:me lo hanno segnalato! non ascolto media italiani!!!

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    1. Il problema è che i media italiani non ascoltano "noi". Ma in compenso la gente incomincia a capire che il tutto è incostituzionale (inutile cercare di spiegarlo a Sorgi)

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  9. "L'esempio positivo è l'Irlanda: l'aggiustamento portato fino in fondo ha dato frutto".
    Così Pier Carlo Padoan sul Messaggero del 22-3-2013:
    http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/getPDFarticolo.asp?currentArticle=1SS12V
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    Eccola qui la ricetta sinistra dell'economia neoclassica per l'Italia: rilancio economico (via esportazioni) e povertà (interna).

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    1. Eh sì: pecato che anche la Francia voglia intraprendere la stessa strada, ma senza farsi legare le mani sul deficit...In tutta questa bella cooperazione europea, si stagliano quesi pensatori economici rigorosamente disgiunti dai fatti.
      Ma stiamo già iniziando a vederli "da vicino" (il post successivo oggi pubblicato è il primo di una "serie") :-)

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