Abbiamo di recente analizzato come, alla base del divorzio e della svolta "europeista" vi fosse una precisa interpretazione economica:
"il monetarismo di
matrice friedmaniana mostra la sua suggestione monopolizzatrice,
evocata dallo "Statuto della moneta" quale indicato dal governatore
Ciampi, - subentrato a Baffi-, mentre lo SME implica quella politica di alti tassi che introduce l'atteggiamento unidirezionalmente "severo" (cioè solo in senso deflattivo) che da allora in poi caratterizza la banca centrale. Ogni banca centrale "occidentale", caduta preda "della", e mai più uscita, "dalla" precomprensione monetarista.
...Ora politica monetaria severa e politica dei redditi, cioè controllo dell'inflazione scontando la relazione inversa tra aumento della disoccupazione e costo del lavoro, (lasciato al solo libero gioco di domanda e offerta), sono i capisaldi dell'ordoliberismo.
Che, da quel momento (SME+divorzio), tramuta la sua strategia, in precedenza congeniale alla competitività mercantilista tipica della Germania, in una identificazione totale con la "costruzione europea"
...L'ordoliberismo, abbiamo visto, abbraccia senza esitazione la versione della politica economica monetarista, elemento (non unico) che accomuna, con esplicita ammissione e testimonianza scientifico-biografica degli interessati, Hayek, von Mises e lo stesso Roepke."
Vediamo ora come funzionò nel suo paese di origine il monetarismo.
Certo, negli USA aveva, nel 1980 (come in Italia nello stesso periodo), un presupposto diverso: fronteggiare la congiuntura variamente definita come stagflazione, conseguita alle crisi politico-petrolifere ed alla "esagerata" rincorsa salariale determinata dalle pressioni sindacali.
In UEM, dal 2009 (in crescendo dal 2011), in modo ancor più demenziale, il monetarismo quale "pilastro" ordoliberista è invece applicato, sicuramente a livello di BCE, - e di convinzione tedesca molto forte all'interno della BCE, e anche fuori (v. questione OMT) - in relazione ad una crisi da domanda determinata dalla correzione fiscale degli squilibri commerciali all'interno di un'area valutaria volutamente imperfetta.
Ma tant'è, la pre-comprensione dei banchieri è ancora "legge" assoluta in Europa.
Rimane il fatto che, come vedremo, in una situazione del genere, di tutto si ha bisogno fuorchè di un'ulteriore riforma del lavoro in senso deflattivo-salariale. Semmai di un'euro-break concordato, soluzione lineare alla correzione degli squilibri commerciali, ma pare una pallida chimera...
Il monetarismo svolse un ruolo comunque epocale di rimodellamento sociale negli stessi USA, la cui Fed non è certamente più la stessa dei tempi di Paul Volcker; rimane però che l'America non è, in seguito, più uscita dai parametri di politica economica che si affermarono da quella pur fallimentare esperienza. Che anzi furono aggravati dalla politica pro-finanza privata dell'era Clinton, tra abolizione del Glass-Steagall e imposizione del deficit-cap, misure strutturali su cui ancora oggi gli USA combattono invano, non potendo neppure dare la colpa delle crisi al...mercato del lavoro.
E questo per vari motivi, che sarebbe complesso ora esaminare, ma che possono riassumersi nella irreversibilità delle riforme neo-liberiste, pubblico-finanziarie e del mercato del lavoro (in concomitanza con l'espandersi del liberoscambismo, per gli USA segnatamente il NAFTA).
Comunque, proprio perchè le stesse condizioni di "irreversibilità" stanno affermandosi in Italia, vediamo (sempre dal nostro J.K. Galbraith, "Storia dell'economia", pagg.305 ss.) quali siano gli effetti di...Milton Friedman (e, in UEM, dell'ossequio ad Hayek e Roepke):
"Il monetarismo...l'effetto di restrizione indotto dagli alti tassi (reali) di interesse sulle spese per beni di consumo e sugli investimenti...aveva funzionato, com'era evidente, producendo una grave crisi economica, un rimedio non meno doloroso del male.
Il "successo" di questa politica negli USA fu il risultato anche di una circostanza affine e poco prevista dagli economisti:...l'eccezionale vulnerabilità della moderna società industriale ad una combinazione di politica monetaria restrittiva, degli alti tassi di interesse, e dei risultanti tassi di scambio avversi (ndr: cioè una moneta troppo forte..cosa che ci riporta gli attuali giorni dell'euro).
Che la disoccupazione - indotta dalla politica monearista e da alti tassi di interesse- diminuisse il potere di contrattazione dei sindacati non era affatto sorprendente.
L'economia ortodossa accettava che la disoccupazione avesse l'effetto di condurre a diminuzioni di salari; era in tal modo che si conseguiva la piena occupazione neo-classica. Il sindacato era una forza che si opponeva a questo assestamento; se la disoccupazione era abbastanza grave, il sindacato doveva cedere"
Quindi: moneta forte e politica monetaria restrittiva basata su tassi reali positivi portano al cedimento del sindacato.
Non basta poi urlare in piazza (o in un talk show) se questi fattori che determinano l'elevato tasso di disoccupazione non vengono rimossi. Bisognerebbe combatterli e non ignorarli: ci senti Landini?
Prosegue Galbraith:
"Risultò però imprevisto l'effetto sulle imprese. Nelle industrie dell'acciaio, dell'automobile, della macchine utensili, delle attività estrattive, nelle linee aeree ...l'effetto complessivo di quella politica, compresa la concorrenza straniera, condusse ad una riduzione delle vendite, determinò un'estesa inattività degli impianti e minacciò il fallimento e la cessazione delle attività.
In questa situazione i sindacati furono costretti non solo a dimenticarsi degli aumenti salariali ma anche a contrattare su riduzioni dei salari stessi e delle forme di assistenza.
Pur potendo ignorare in qualche misura le sfortune dei lavoratori disoccupati - la maggioranza era ancora occupata e aveva ancora una voce in capitolo decisiva-, non potevano i sindacati ignorare la minaccia della disoccupazione per tutti i lavoratori, minaccia che si sarebbe potuta concretizzare se uno stabilimento o un'intera industria avessero dovuto chiudere.
E quella divenne una prospettiva verosimile all'inizio del 1980 in un certo numero di industrie pesanti americane.
In precedenza non ci si era resi conto che un'azione forte del sindacato richiedeva una posizione forte dell'imprenditore. L'indebolimento della posizione di quest'ultimo determinava un grave indebolimento anche del sindacato..."
Quindi inutile prendersela con questo o quel datore di lavoro, se hai una moneta troppo forte, e quindi, "tassi di scambio avversi" e tassi di interesse reali positivi, mentre la leva fiscale agisce in senso pro-ciclico: altro che evasione, patrimoniale e corruzione!
Il sindacato comunque, permanendo queste condizioni, indotte in Italia dalla "costruzione €uropea", è destinato ineluttabilmente "non solo a dimenticarsi degli aumenti salariali ma anche a contrattare su riduzioni dei salari stessi e delle forme di assistenza".
E questo che vuoi Landini?
Certo che fa pensare il fatto che Friedman prevedesse disastri per l' euro CONCEPITO SULLA BASE DELLE SUE TEORIE (e ne era ben consapevole!).
RispondiEliminaPosso fare una piccola divagazione?
Allargando lo sguardo a quel periodo (anni '80) mi permetto di fare una ipotesi:
Le oligarchie atlantiste, secondo me, congegnarono un disegno molto articolato.
Da una parte effettuarono una sorta di "ristrutturazione" industriale con i meccanismi indicati in questo blog (alti tassi, delocalizzazioni) per "affamare la bestia" (cioe' il popolo, non lo Stato , come usano dire) e dunque contrarre la domanda di petrolio, dall' altra, immisero (via Thatcher e sauditi) quantita' enormi di petrolio sul mercato globale. Chi ne fece le spese (oltre ai lavoratori) ?
No, Friedman aveva ben chiaro cosa fosse avere la propria moneta e un'OCA funzionale. E' il suo concetto di Res Publica che diverge da quello keynesiano..e della parte finale del New Deal.
EliminaQuello che conta - a fronte di politiche di "stabilità" e di controllo dell'inflazione- è chi controlla le istituzioni. I grandi creditori o i piccoli creditori (di retribuzione)...destinati a divenire massa sterminata di piccoli debitori?
Ma Friedman non li vuole insolventi: l'UEM invece sì.
Perchè la ristrutturazione industriale (rectius: dei "rapporti" industriali) parte come rivincita liberista territorialmente indifferenziata (all'intero dell'UE), ma finisce per essere colonizzazione industriale degli oligopoli dei paesi più forti.
Si. Finisce per essere colonizzazione degli oligopoli dei paesi forti. E anche (il "dispositivo connesso"...al crollo del prezzo del greggio) colpo del ko per l' URSS. Io oggi ci vedo un certo parallelismo (MA DALL' ESITO ASSAI PIU' INCERTO) con la Russia di quel cattivone di Putin (con pero' una fiducia interna quasi al 90%....ed esterna al?)
EliminaMi par di capire, Professore, che rispetto agli USA, dove il monetarismo applicato ha comunque impattato su un ambiente politicamente e socialmente omogeneo, in UE l'applicazione pratica delle teorie ordoliberiste interseca una realtà eterogenea che determina un'alleanza, per certi aspetti non ovvia ed esaltatrice del naturale portato di illiberalità delle stesse, tra gli interessi, ormai incontrastati, di una grande finanza “sovrastatale” ed i “persistenti” interessi nazionali di alcuni Stati, nei quali la difesa dei propri apparati industriali ed il mantenimento dello status economico dei propri cittadini (quindi la tenuta sociale) dall'avanzata deflazionistica non può che realizzarsi a detrimento dei propri alleati (a patto di conquistare nuovi sbocchi mercatali in ambiti extra UE, a compensazione del crollo del mercato interno dei Paesi dell'Unione).
RispondiEliminaE' così?
Ma se così dovesse essere…
Se cogli la caratteristica ORDOLIBERISTA DELLA GRADUALITA', tatticamente rapportata alle varie fasi storiche (incombenza, crisi e poi scomparsa del socialismo sovietico collettivista), si comprende come da schema di ripristino DISSIMULATO del liberismo tout-court, tipicamente tedesco, divenga il drive della costruzione UE.
EliminaTagliando fuori, come ormai superflua, ogni classe politica legata alla vecchia funzione di mediare tra preservazione predominanza capitalista e spinte comuniste in Occidente.
La governance passa direttamente agli emissari organici al capitalismo finanziario, free-trade, divenuti INCONTRASTATI
DUE PATER E TRE AVE MARIA, POI RITORNANO
RispondiEliminaCome non ricordare A Greenspan – indiscusso padrone della US FED per 20 anni (1987-2006) – che “candidamente” si assolve - “ I still dont fully undestand waht happenig” - davanti alla Corte USA e le conclusioni della US FCIC – senza scorrere le 545 pagine di oltre 700 testimonianze, la sintesi del The Guardian.
Come non ricordare le abili “manovre” monetarie - segrete alla stessa amministrazione USA – predisposte a partire dal 2008 da US FED al grido di “to big to fail” - 16.000 mld US$ - oppure i 4.500 mld (n)€ predisposte in UEM.
Come non ricordare le informazioni desecretate dopo 50 anni sul progetto EURO federalista , la crisi della “sedia vuota” del 1965 innescata da De Gaulle dopo aver preso a calci R Marjolin, vice-presidente francese della Commissione europea nel 1965 con R Triffin a capo progetto della moneta unica europea sul quale chiedeva riservatezza e mandandolo in US Federal Reserve a chiedere la convertibilità delle disponibilità francesi di “verdoni” in metallo “giallo” come previsto a Bretton Wood.
Come non ricordare. nel Bel Paese, il divorzio BdI/ Tesoro (1981), ), la stagione delle privatizzazioni e “saldi” (1992, Amato, Ciampi e Draghi), la “legge” Draghi” di riforma bancaria (1994/98, il TUF che, con legge delega, liberalizza definitivamente i mercati e gli intermediari finanziari autoregolamentati per renderli coerenti e competitivi con il resto dell’UE), la secretazione degli atti di politica monetaria imposti con D.M. 561 del 13/10/1995 dal primo governo “tecnico” di L Dini (appoggio di PDS, Lega e PP).
Ci sarebbe altro da aggiungere alla lista impietosa di fatti e misfatti che sgretolano la democrazia parlamentare repubblicana trasformandola nella melma “idraulica” che vediamo in Grecia.
Da quanto mi par di capire, sembra che si stia lentamente enucleando, nel panorama politico e sociale italiano, un coacervato che comincia lentamente a raccogliere chi inizia a capire le disastrose conseguenze del regime attuale. In particolare:
RispondiEliminaa) La lega, che rappresenta -in buona parte- quella media e piccola imprenditoria "tipica" dell'Italia che da un lato non è più rappresentata (se lo fosse mai stata), da Confindustria, e dall'altro è avversata dalla cosiddetta sinistra dei diritti cosmetici in nome dell'internazionalismo europeista e dell'odio ideologico verso la piccola e media borghesia.
b) Quella che potremmo definire una "sinistra in fieri", che ben potrebbe inperniarsi su Landini e raccogliere da un lato gli "esuli" del PD (i vari Fassina, Mineo, Cuperlo), e dall'altro quella che potremmo definire la "parte buona" del M5S.
c) a livello mediatico, con tutti i suoi difetti, vedo in Travaglio e nel suo quotidiano gli unici "oppositori" (metto la parola opportunamente tra virgolette),al vasto apparato comunicativo del regime. Sono stati, peraltro, gli unici (tra i media),a denunciare apertamente l'autoritarismo sotteso alla riforma costituzionale.
Soffermiamoci su questa "sinistra in fieri" e su quello che potrebbe esserne l'organo di stampa.
Il problema di Travaglio e del Fatto è che sono troppo ubriacati dalla loro "teoria della corruzione". Denunciano sì la deriva autoritaria del regime, ma faticano a comprenderne le vere ed autentiche cause, finendo per sposare, sotto molti aspetti, il pensiero di chi vuole l'involuzione. Sotto questo aspetto, in redazione dovrebbero cominciare a rivoluzionare proprio la "dottrina della corruzione" cogliendo il collegamento con l'organizzazione liberista della cosa pubblica, basata su sistemi spurii "pubblico/privato" che sono il vero humus di sprechi, clientelismi e corruttele. Quanti anni di Renzi dovranno passare, prima che ci arrivino?
La "sinistra in fieri", allo stesso tempo, trova il problema nei suoi stessi rappresentanti.
Cosa vogliono i dissidenti PD? Sopravvivere politicamente o dare tutela ai tanti lavoratori salariati che ne sono sprovvisti? Pertini, quando si oppose al fascismo, non lo fece calcolando il suo futuro politico. Lo fece perché era la cosa da fare, anche se ciò significava, in quel tempo, morire politicamente (e non solo). Fassina, Cuperlo ed altri devono avere il coraggio di correre i loro rischi. Lo avranno?
Lo stesso Landini, non potrà tutelare i "suoi" lavoratori, se non recupera la necessaria comprensione economica. Finché la protesta sindacale rimarrà appiattita in generici slogan da sinistra cosmetica, denunciando le conseguenze senza comprendere le cause, di strada se ne farà poca. Analogamente a Travaglio ed al Fatto, il rischio è di rimanere all'interno delle categorie di pensiero su cui si fonda il sistema che si pretende di combattere.
@Poggio: in effetti gli antefatti dei tempi della guerra fredda e lo snodarsi di quelli del "post" paiono il consueto smooth operating che rivela per ESSI (succedutisi in tutte le epoche) la democrazia è una mera facciata, insopportabilmente fastidiosa.
Elimina@Lorenzo: non saprei veramente comprendere il punto di arrivo "interiore" di questi vari protagonisti, variamente suddivisi in chi "sa" ma non "può" e in chi "può" ma non "sa" o non vuole sapere (come Travaglio).
E dico interiore perchè il vissuto non può che giocare un ruolo decisivo nel legare gli uomini a una "traiettoria personale" che diviene poi un ostacolo al cambiamento, sempre interiore, di consapevolezza.
La negazione-rimozione delle cause accomuna Travaglio e Landini. Per altri si tratta di trovare una "motivazione": a me non importa neppure quale possa essere, a livello "interiore", purchè facciano la cosa giusta.
Ormai non abbiamo più tempo per sottilizzare sul livello di purezza etica di scelte di sopravvivenza della democrazia
ad esempio: in questo articolo, la percezione delle conseguenze risulta chiara (o quasi).
Eliminahttp://www.ilfattoquotidiano.it/2014/11/04/matto-renzi-izner-oettam/1191714/
Non fa una piega. Eppure, se si salisse di un gradino per capire la causa di questa involuzione, cosa risponderebbe l'autore? Che non è l'Europa il problema, bensì la corruzzzzione...... :-(
Thomas Palley dipinge nel suo The theory of global imbalances: mainstream economics vs. structural Keynesianism l'era del neoliberismo globale e la "rinomina" come "barge economics"...
RispondiElimina"to question mainstream economics’ celebratory stance toward globalization..."
EliminaMI piace!
Ne parleremo proprio il 22 a Londra.
Personalmente rammenterò Joan Robinson
Per me questo paper è da leggere, soprattutto quando dice: "The starting point for the structural Keynesian perspective is the recognition that globalization is a different phenomenon than free trade. The critical change is increased international mobility of means of production (capital and technology) resulting from improvements in transportation, communication, and ability to manage globally diversified production networks.
EliminaThis created the possibility of a new global production zone model configured on the principle of global cost arbitrage.
The new model can be labeled “barge economics” (Palley, 2007b) because it is as if factories are placed on barges that float between countries to take advantage of lowest costs – which can be due to under-valued exchange rates, low taxes, subsidies, absence of regulation, or abundant cheap exploitable labor. Trade remains central because goods must cross borders and hence the need for trade agreements.
However, barge economics is fundamentally different from comparative advantage trade theory. Free trade is about cross-border exchange of goods and services but production is immobile. Globalization is about creating flexible international production networks configured on the principle of global cost arbitrage.".
Condividendo ovviamente la sveglia indirizzata a un comunque migliorato Landini...vorrei però puntualizzare che è invece più che lecito prendersela col datore di lavoro se questo è parte integrante e magari anche motore decisionale del processo tutt'ora in atto qui sopra descritto.
RispondiEliminae in molti casi italiani è esattamente quanto succede.
Allora se la dovrebbe prendere con l'imprenditore in quanto illegittimo decisore politico extraistituzionale; e non parlare di corruzione ed evasione, meri effetti del "motore decisionale".
EliminaInoltre non tutti gli imprenditori (specie PMI) sono coinvolti nel maccanismo decisionale ma, come tutti i cittadini, subiscono una disinformazione che neppure gli fa percepire la causa del sacrificio del rispettivo interesse.
Comunque la si voglia mettere non si comprende, o non ci si preoccupa veramente di farlo, la dinamica attuale del mercato del lavoro.
E perciò, urlando in piazza gli slogan sbagliati, si finisce "non solo a dimenticarsi degli aumenti salariali ma anche a contrattare su riduzioni dei salari stessi e delle forme di assistenza".
Allora se la dovrebbe prendere con l'imprenditore in quanto illegittimo decisore politico extraistituzionale; e non parlare di corruzione ed evasione, meri effetti del "motore decisionale".
Eliminaquesto infatti è il prossimo passo che vorrei attendermi da Landini. del resto è un ex operaio. alcuni progressi dobbiamo riconoscerglieli da due anni fa ad oggi. quantomeno abbastanza da lasciare il beneficio del dubbio che proprio in malafede non sia. poi vedremo....
cmq sia non direi che il piccolo imprenditore sia esattamente il suo bersaglio preferito....dato che molte delle vertenze in atto in cui Landini stesso si spende vengono da multinazionali....
Non voglio fare una difesa del nostro eh? cerco solo di vedere i piccoli progressi che cmq ha fatto....anche se so bene che non è abbastanza. ma le cose che dice Landini sulla UE nell'ultimo mese sono cmq inedite per un sindacalista italiano....erano inedite....speriamo lo siano sempre meno....anche se per ora lui pare l'unico perchè appena ci spostiamo fra Camusso e compagnia la disfatta è totale.
però ecco la differenza fra Landini e gli altri sindacalisti di vertice oggi è quantomeno percepibile.
Senti: la parte essenziale dell'analisi di Galbraith qui riportata segnala, da 30 ANNI, come in una società capitalista complessa non si possano ignorare gli effetti sulle stesse imprese delle politiche (monetarismo, BC indipendente, deflazione salariale e flessibilità senza redditi e senza investimenti IRS) che gli imprenditori invocano; certo preda anch'essi di visione a dir poco pressapochista.
EliminaMa questa analisi non può divenire SOLO ORA oggetto di una perdonabile evoluzione, cioè un punto di arrivo ammissibile nel tempo, per un sindacalista.
E' proprio il punto di partenza che, è il caso di dirlo, dovrebbe, o avrebbe dovuto costituire, IL MINIMO SINDACALE, DI COMPRENSIONE e di capacità di TUTELA.
Il resto sono pie illusioni, a questo punto: se non altro perchè eventuali "piccoli progressi" risulterebbero COMUNQUE ORMAI GRAVEMENTE TARDIVI.
Beninteso: BEN VENGANO. fosse solo per il disperato tentativo di salvare il salvabile.
Ma rimango in attesa piuttosto scettico. E credo realisticamente...
lo scetticismo sulla comprensione delle cause è da me condiviso.
Eliminaquello sulla realizzazione di quel che ci attende nel prossimo futuro e del fatto che questa tendenza sia condivisa e auspicata dalle stesse istituzioni UE.... sì e no.
CGIL e CISL sono parte integrante del sistema. e ne sposano gli slogan appieno senza scostarsi nella loro analisi di una virgola. mai sentito nominare la UE alla Camusso ma sento sempre invece la parola patrimoniale.
da parte FIOM invece qualcosa si muove. so benissimo che è una foglia in un uragano. è che evidentemente in mezzo a tanto deserto pure una goccia d'acqua mi sembra un lago.
Ciao Luca consentimi gentilmente di dissentire; L'Italia è una Repubblica fondata sul Lavoro. Chi doveva difendere con il petto e con i denti questo valore? I rappresentanti dei lavoratori oppure i datori di lavoro? mi sembra una domanda ovvia. Di Vittorio nel 1952 parlava di portare la Costituzione dentro i luoghi di lavoro. Questi si sono fatti scippare Costituzione e Sovranità a cominciare dal compagnao Sandro che, mentre festeggiava i gol di Rossi e Tardelli non si era accorto che gli avevano sfilato lo Stato da sotto il naso. O è lo Stato che regola il mercato o è il mercato che regola lo Stato. Se lo Stato è indipendente la Banca centrale è un organo ausiliario a suo servizio. Se la Banca centrale è indipendente è lo Stato che dipende da essa, come vorrei poterlo gridare al compianto compagno Sandro.
RispondiEliminaPoi nel 1992 la Sovranità che apparteneva al popolo l'abbiamo regalata ad un consorzio di banche. Se il capitale nostrano legittimamente pensava di trarne un grosso profitto ( sbagliando i calcoli) cosa pensavano di guadagnare i Sindacati per i loro iscritti da un assetto istituzionale economico come Maastricht? Guarda che la classe dirigente sindacale a livello provinciale non sa nemmeno di cosa parlano i trattati e se provi a dirglielo ti gurdano come un alieno, non rendendosi conto che sono loro separati dalla realtà. Questi non capiscono proprio che quello che loro chiamano Europa, altro non è che il trionfo del liberismo, il quale con il loro aiuto fattivo e determinante ha raggiunto il suo fine ultimo: La creazione del grande mercato senza Stato o meglio con gli Stati spogliati delle loro prerogative essenziali.
La Sovranità apparteneva al Pololo e lo stesso se la deve riprendere se vogliamo rilegittimare la nostra Carta Costituzionale, piaccia o non piaccia agli Elitari. Se questo non accadrà ci troveremmo sempre in uno stato di sospensione della nostra Carta Costituzionale, euro o non euro.
Un Salutone Mauro.
Lo ribadisco per Luca e a tuo elogio (di chiaroveggenza):
Elimina"Poi nel 1992 la Sovranità che apparteneva al popolo l'abbiamo regalata ad un consorzio di banche. Se il capitale nostrano legittimamente pensava di trarne un grosso profitto ( sbagliando i calcoli) cosa pensavano di guadagnare i Sindacati per i loro iscritti da un assetto istituzionale economico come Maastricht? Guarda che la classe dirigente sindacale a livello provinciale non sa nemmeno di cosa parlano i trattati e se provi a dirglielo ti gurdano come un alieno, non rendendosi conto che sono loro separati dalla realtà. Questi non capiscono proprio che quello che loro chiamano Europa, altro non è che il trionfo del liberismo, il quale con il loro aiuto fattivo e determinante ha raggiunto il suo fine ultimo: La creazione del grande mercato senza Stato o meglio con gli Stati spogliati delle loro prerogative essenziali."
Mauro ma su questo infatti non ho nulla da obiettare...e ci mancherebbe.
Eliminaio mi limito a storcere il naso davanti all'enfasi che si pone in certi passaggi....dato che a mio modo di vedere l'imprenditore italiano...il grande imprenditore....è assolutamente colpevole dello stato attuale delle cose come appunto è stato precisato qui sopra "IN QUANTO DECISORE ILLEGITTIMO".
poi ovvio che il lavoro l'avrebbero dovuto difendere altri. che ancora oggi non capiscono. se avessero capito, o se avessero voluto capire, non saremmo in questa situazione. ma la mia puntualizzazione non è assolutamente in opposizione al tuo ragionamento.
Impeccabile direi Luca e Luciano. Ma il problema è generale a mio avviso. Ormai molti anni fa mi trovavo a parlar di Lehman nell'immediatezza del tracollo con un ragazzo americano di cui ho oggi perso le tracce. Lui, da giovane focoso, non aveva alcuna difficoltà a parlar di plotoni di esecuzione. Io, pur nella mia ignoranza - oggi appena mitigata grazie a voi - delle cose economiche, non riuscivo tuttavia ad esimermi dal fargli notare come lui avrebbe voluto mettere al muro proprio coloro a cui a livello nazionale/federale, si era affidato, ad esempio, ogni tipo di piano pensionistico. Alberto nell'altro blog ha scritto di non aver mai ben compreso le cause di Lehman. Chissà, forse un giorno gli storici indicheranno quell'episodio come lo spartiacque che segna il momento in cui questo liberismo di cui bene scrivete l'ha vinta non sulla nostra modesta provincia di periferia ma sul centro stesso dell'impero. E forse nessuna considerazione storica può aiutare a questo punto a prescindere da istanze di tipo metodologico. Voi ce le vedete la Russia e la Cina nei panni del Turco? Io no. Mi sembrano più probabili riedizioni su larga scala di scenari à la Bava Beccaris
RispondiEliminaCiao e buon lavoro!
carlo (quello del flauto)