martedì 25 novembre 2014

L'ASTENSIONISMO? PER CAPIRE BASTA STUDIARE IN ALBANIA

Libero 14 nov 2014
In continuità col post di ieri, in cui la questione "astensionismo elettorale" era proiettata sulla incomprensione, da parte della politica, degli effetti del modello economico e sociale che l'acritico "più Europa" sta imponendo al nostro Paese, vi riporto questa significativa conversazione nata da un commento di Flavio.
Quest'ultimo rispondeva a sua volta a questa mia notazione:
"...ad essere pratici, entro poco, il problema sarà "essere rieletti o andare a lavorare". In Italia. Fattore da non trascurare...
Tanto più che Confindustria vaga nel buio, non pervenuta neppure a se stessa, visto che l'unica cosa che sanno ripetersi è che con l'euro pagano meno le importazioni e il costo del lavoro può essere illimitatamente compresso.
Peccato che, mentre si estinguono (i fatturati e la proprietà italiana), gli altri europei hanno praticamente già mollato l'UEM".

Così, dunque, Flavio:
"Collegandomi a importazioni e costo del lavoro, segnalo l'interessante studio di Klodian Muco dell'Università di Argirocastro, Albania.
Fa specie leggere (soprattutto dopo dati snocciolati da Poggio): 
 "...nell’ultimo decennio oltre ventisettemila aziende italiane hanno delocalizzato la produzione all’estero, creando oltre 1.5 milioni di posti di lavoro esteri e lasciando allo stato una fattura da 15 miliardi di euro per gli ammortizzatori sociali... soltanto il 10% di queste aziende sono andate oltre i confini europei (soprattutto in Asia) mentre la restante parte sono rimaste in Europa, in Austria, Svizzera, Germania, e soprattutto nei paesi balcanici... 
Secondo un studio condotto dalla Confindustria Balcani nel 2012, il salario medio in Romania è di 350 euro mentre in Albania è ancora più basso, 250 euro. Il salario medio nell’area balcanica è di 411 euro, circa tre volte in meno rispetto al salario medio in Italia. 
Ma il livello dei salari non è l’unico vantaggio per spostare la produzione nell’area balcanica. Anche le condizioni fiscali sono molto attraenti per gli imprenditori stranieri. Per queste ragioni un grande numero di imprese italiane si è spostato nell’area in questione: 17.700 imprese di cui 15700 solo in Romania. 
Nelle imprese italiane con sede nell’area balcanica lavorano oltre 900.000 persone, di cui 800.000 soltanto in Romania (Confindustria Balcani, 2012). 
Questo trend negli ultimi anni sta cambiando: secondo stime non ufficiali, l’entrata della Romania nell’UE ha determinato la “fuga” delle imprese italiane in altri paesi non aderenti all’UE, come per esempio l’Albania... le aziende che spostano la produzione all’Est non chiedono solo una manodopera a bassissimo costo e relativamente specializzata ma vogliono anche una manodopera poco tutelata..."

"E poi dicono che l'UE non è "solo" un trattato free-trade, con tutti i suoi effetti di specializzazione irreversibile e di depauperamento strutturale dei paesi industrialmente meno attrezzati (e parliamo di cultura, a partire dall'alto, cioè da chi riveste il ruolo di imprenditore).

Sottolineo che "l'eccesso di tutela" del lavoro che ora viene ritenuta esistere persino in Romania, null'altro è che l'indice di una "cultura di impresa" ormai divenuta religione unica per gli operatori economici italiani. Una vocazione che altro non è che l'abbandono, - per motivi in definitiva valutari e di staticità nel concepire prodotti e processi-, delle filiere capital intensive a caratterizzazione IRS.

Che è poi l'altra faccia della medaglia della fuga dei cervelli, o quantomeno del personale qualificato, - con sostanziale trasferimento, a favore di paesi terzi più dotati di imprenditori desiderosi di mantenere tali filiere strategiche-, della spesa pubblica investita nel creare queste competenze.
Il che spiega anche perchè, in fondo, nell'investimento in istruzione, ricerca e formazione, i nostri governi, condotti con mano salda da questa cultura "imprenditoriale", non credano ormai più.
E non si rendono conto che attrarre i famosi IDE, cioè imprese multinazionali che trovino conveniente produrre in Italia avendo, nelle illusioni del mainstream, competenze e know-how "di punta", non è questione che sia risolvibile allineandosi al ribasso, per retribuzioni e prima ancora per qualificazione della manodopera, ai paesi dell'Est europeo."

Aggiungeremmo un ulteriore chiosa: l'imponente aumento del carico fiscale sulle imprese e sul lavoro, nasce in Italia dal concomitante effetto di:
a) contrazione della base imponibile dovuta all'adozione di una moneta unica imperniata sulla sostanziale (ed immutabile) parità col marco ed ai suoi effetti di perdita della domanda estera (o di aumento delle importazioni, che produce lo stesso effetto di squilibrio), riduttiva del PIL;
b) imposizione immediata, a partire dall'applicazione dei criteri di convergenza di Maastricht, di limiti imperativi (derivanti da un trattato internazionale e contrari all'art.11 Cost. per i loro obiettivi effetti "in partenza) alla riduzione del deficit e dello stesso debito pubblico, con conseguente contrazione della domanda interna, e quindi del PIL (sotto la voce consumi e investimenti, pubblici e privati), determinata dalle misure che hanno attuato, lungo oltre 20 anni, tali limiti fiscali;
c) interazione e induzione reciproca di questi due fattori nel determinare il calo della base imponibile e quindi la crescente impossibilità di raggiungere i target fiscali medesimi, se non a costo di una continua escalation di nuove tasse e tagli alla spesa pubblica.
Va poi considerato che quest'ultima tende a riespandersi per via della disoccupazione crescente così indotta in via strutturale, che obbliga qualsiasi Stato ad effettuare interventi, in ogni forma, di sostegno ai disoccupati così creati. E ciò a prescindere dalla specifica legislazione che sia prevista in un singolo ordinamento per questi stabilizzatori "automatici" attivati in caso di diffusa e crescente disoccupazione.

 Cassa integrazione

INUTILE DIRE CHE LA CORRUZIONE NON C'ENTRA NULLA. E CHE L'EVASIONE, IN UNA SITUAZIONE DEL GENERE, DIVIENE L'ALTERNATIVA QUASI NECESSITATA DI CHI, NON VOLENDO RICORRERE ALLA DELOCALIZZAZIONE E ALLA ELUSIONE FISCALE (che implicano perdita di ricchezza e di gettito ben più imponenti), tenta disperatamente di sopravvivere producendo in Italia.
Alla disperazione di imprese sopravvissute (ma per quanto ancora?) e di disoccupati non vengono fornite risposte, se non acuendo tale schema distruttivo per via delle pretese €uropee, ribadite in occasione di ogni manovra fiscale italiana.
Questo spiega l'astensionismo.
MA NON SPIEGA PERCHE' L'INFORMAZIONE ITALIANA NON SIA IN GRADO DI PARLARE DI QUESTA MACROSCOPICA REALTA' PATOLOGICA...

21 commenti:

  1. 48, all'Ocse aspettano come al solito la ripresa dell'export. Anche io ne sono convinto. Dici che il traino arriverà dagli USA o dalla Cina? Oppure dal Nord Europa?

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  2. Parlo -ovviamente- da non economista: la mia personale impressione è che si stia solidificando -e su più livelli- una sorta di "visione ragionieristica del mondo" secondo la quale basta semplicemente ridurre i costi per avere successo, che tutto ciò che costa di più (dal lavoro ai beni di consumo), è un furto perpetrato da abili malfattori, che il debito è brutto, che si è vissuto al di sopra dei nostri mezzi e così via.
    Innanzitutto, molti assunti sono contraddetti dalla realtà. Una Kia non è un'Audi e un ingegnere o un medico non sono equiparabili a chi incolla la suola alla scarpa (con tutto il rispetto per quest'ultimo lavoro). Anche il ruolo ed il posto hanno la loro rilevanza, dato che nemmeno a Bruxelles (odierna capitale della giustizia morale), vediamo il nobile lavoratore generico guadagnare di più di un inutile dipendente del Parlamento europeo.
    Nel successo di un'azienda, poi, valgono anche le idee e spesso chi ha avuto quelle migliori ha sopportato anni di perdite continuando a "crederci", per poi, alla fine, vincere.
    Il pensiero -sempre ragionando in modo accessibile all'uomo medio della strada- è anche contraddittorio. Fino al 2008, quelli che "lo Stato deve essere come una famiglia", incitavano i padri di famiglia a spendere a deficit. Tanto c'erano economisti che dicevano che "qualcuno, alla fine, ci avrebbe messo tutti i soldi", giusto? Eccoli gli ordoliberisti: cicale privilegiate che predicano la morale della formica a cicale non privilegiate (la odiata media borghesia), che, in fondo, cicale nemmeno erano. Gli era semplicemente stato detto che non erano diventati più poveri perché la carta di credito era un ottimo sostituto della scala mobile.
    Ma poi non capisco: si vuole uniformare il paese alla Foxconn e poi ci si lamenta se il giovane di talento si ritrova a lavorare da Mc.Donald's o se ne va all'estero? Se i lavori "belli e buoni" sono solo quelli è logico che l'ingegnere se ne vada: per lui non c'è semplicemente più posto. E non ne esisteranno nemmeno di nuovi: la generazione 300 euro non avrebbe i soldi nemmeno per pagare un'università pubblica ai figli (posto che esista ancora).
    Sullo "Statocattivo", il "cambiare tutto per non cambiare niente" di Graziani dovrebbe bastare, ma volendo, anche qui, rimanere nell'orizzonte dell'uomo comune, basta osservare una cosa: gli imprenditori, ai "tempi de Craxi", pagavano le mazzette perché gli conveniva. Non gli fosse convenuto, il sistema sarebbe morto prima ancora di nascere: il potere, non è mai stato nemico del denaro.
    Ma i sacerdoti del ragionierismo e dell'ipocrita morale della formica -da ideologi puri quali sono- sono totalmente insensibili a qualsiasi obiezione, teorica o pratica. Se costa meno è meglio, se costa più è un furto, la colpa è dello Stato cattivo e dobbiamo tutti imparare dai serbi. Amen. E se anche in Germania le infrastrutture cadono a pezzi ed il pareggio di bilancio strozza l'economia, è un dettaglio trascurabile.

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  3. FRANCESCO RITORNA DALLA GUERRA ..
    (riso amaro :-) )

    “.. ma è mai possibile, oh “porco” di un cane che le vicende, in codesto reame, debban risolversi tutte con QUATTRO .. “
    “Si, ma perché Voi il sire che CINQUE milalire, son prezzo di favor ..!”

    E’ immaginifico fantasticare dell’oggi, del domani e del domani dopo di “sbocciauture” salvifiche.
    Un PRIMO alla corte dei MERCANTI ricordando i SECONDI, quando il TERZO s'apre il tavoletto della terzina tarocca.

    Ma chi è il regista del FILM proiettato il giorno in cui le Acciaierie di Piombini (svendute ai Lucchini) vengono acquistate dagli algerini?

    Tiremm innaz ..!

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    1. Ora il Sole si avvede acriticamente della salvezza formato slogan incontrovertibile!
      300 miliardi di euro in tre anni!
      Vale a dire lo 0,8% all'anno del PIL UE!
      IL NUOVO NEW DEAL che ci porterà fuori dalla crisi!

      Ma non solo: si tratta di briciolette usate a mo' di carri armati di Mussolini (erano 4: ma nelle filsate erano fatti girare tante volte per dare l'illusione delle "divisioni corazzate").
      Infatti, il grosso del pomposo "effetto leva" sarebbe imputabile, niente di po-po-dimeno che a 80 miliardi di fondi strutturali del bilancio UE "NON ANCORA EROGATI": cioè SOLDI GIA' VERSATI DAGLI STATI EMETTENDO PROPRIO DEBITO PUBBLICO: rammentiamo che l'Italia ha diritto - teorico- ad avere erogazioni di fondi UE per una quota annuale IN MEDIA INFERIORE DI 6,7 MILIARDI RISPETTO A QUANTO VERSIAMO.

      Il resto verrebbe dal misterioso capitale della BEI (ne parleremo, è tutto un programma!), sottoscritto per 10 miliardi (ma non si sa: gli Stati avrebbero prestato garanzie per oltre il triplo...non si sa e non si deve sapere), moltiplicabili per 18 (???) di raccolta obbligazionaria (debito puro coi privati da retribuire)
      Per arrivare a 300 si raccolgono altri 40 miliardi di prestiti obbligazionari..pure, ma in project bond, cioè retribuzione potenzialmente perenne di altri privati, grandi operatori finanziari naturlamente.

      E dire che la Repubblica questa estate aveva detto in parte la verità (in parte) sui miliardi "finti" di Juncker.
      http://clericetti.blogautore.repubblica.it/2014/07/17/renzi-e-i-miliardi-finti-di-juncker/

      Ma il "Sole" annuncia a gran voce il "cambio di passo" della UEM (che è poi solo la UE) verso nuovi orizzonti gloriosi.
      Confindustria non pervenuta a se stessa, insisterà: riforme strutturali, meno tasse e meno costo del lavoro. Poi tanto c'è la manna di Juncker

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    2. Ah, dimenticavo, ecco cosa diceva Fortis sull'UEM prima di divenire il consulente economico di Palazzo Chigi
      http://www.capiredavverolacrisi.com/italia-non-e-la-pecora-nera-dellue-e-dovrebbe-comunicarlo-meglio/
      Insomma, la crisi italiana non ha a che fare con l'euro: è solo una questione di comunicazione (del fatto che saremmo meno in crisi degli altri. Per il resto tutto bene. Quando "si comunica", si sa, il più è fatto...)

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    3. Il brutto, o il bello, fate vobis, di queste ultime settimane è che tutti corrono a sproloquiare su questi fantomatici 300MLD di piano Juncker! Una tristezza infinita messo in rapporto a quanto, pochi giorni fa, metteva in luce il Tesoro... la Germania ne ha già spesi 240, di miliardi, per salvare i suoi istituti di credito (per non parlare di altri paesi...). E, se è come dice il Sole, si appresta a sganciarne di altri se continuiamo nell'andazzo attuale... altro che i 300mld del piano Juncker... qui si foraggiano i bonus e le buonuscite dei banchieri mentre la povera gente tira la cinghia... ma non è una novità...

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    4. Considerando la burletta (o vaudeville) dei test bancari UE, comprendiamo un'altra cosa, fondamentale: la Francia, come aveva anche accennato la Granville, tiene la Germania per le cosiddette e viceversa.
      La sottoscrizione di debito francese da parte dei tedeschi è la necessità assoluta che tiene ancora in piedi l'euro. Lo dice anche Fortis sopra linkato (se mai ci fosse bisogno di conferma).

      Ora è chiaro che:
      a) i crukki non possono ripetere sulla Francia il "colpaccio" del 2011 sul debito italiano;
      b) la risposta francese infatti sarebbe un semplice e definitivo "arrivederci e grazie" all'UEM, condito dall'apertura di un contenzioso sulle violazioni tedesche ai trattati da opporre alla regolazione dei crediti target-2 ed alla ripartizione degli attivi BCE (che sarebbe inevitabile e porterebbe all'attribuzione pro-quota di un infernale serie di valutazioni degli attivi del relativo balance sheet);
      c) l'effetto svalutativo dei titoli francesi sui bilanci del disastrato sistema bancario tedesco aprirebbe un effetto domino sul criterio mark to fantasy degli assets complessivi, cioè quelli ulteriori rispetto all'impatto dei valori dei titoli francesi pubblici in portafoglio.

      I banchieri interessati cercheranno di salvare ricchissime buonuscite in tutta Europa, comunque. Ma lo potrebbero fare solo se continuassero a controllare le politiche dei governi in nome dell'avete vissuto al di sopra delle vostre possibilità. Cioè se godessero in tutta €uropa della stessa copertura mediatica di cui godono in Italia...

      Ma questa mi pare una...non-possibilità, nel senso di "opzione praticabile": voglio dire in Italia sì, in Portogallo e Spagna forse, ancora, ma in generale i disoccupati che perderebbero la casa in Francia (come pure in Olanda e in Belgio, per dire), magari avrebbero un "certo qual" peso politico.
      Aggiungici che gli USA sono una pentoletta a pressione poco controllabile, ormai (v.link che hai messo più sopra) e che se arriva la bolla, arriva proprio...

      E allora come se ne escono?
      Un'idea ce l'avrei. Ma comunque il gov€rno incontestabile dei banchieri non ha un futuro troppo rassicurante e spendibile.
      Solo in Italia non ce ne siamo accorti...

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    5. Almeno negli USA (per altri motivi però) la gente si fa sentire. Emblematico il primo cartello...

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    6. "Altri" motivi? Ti dò una chiave di lettura unificante: il concetto di "esternalità" dei meccanismi del fantastico libero mercato. Non vengono più considerate eppure hanno risvolti sempre più ramificati e complessi.
      Solo che mancano persino gli economisti in grado di impostare un ragionamento su queste dinamiche (in Italia conosco solo Cesare Pozzi).

      Negli USA iniziano a sentire molto concretamente come i costi non sono più solo quelli che mettono nei loro schemini "econometrici".
      Non è questione solo di debitori insolventi, da un certo punto in poi di questa voluta ignoranza: è questione di disperazione umana senza via d'uscita. E' questione di truffatori che non trovano neanche più convenienza a mettere su il banchetto delle 3 carte: è il bello che non sanno spiegarsi perchè...

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    7. Anche perchè la gente, visto ciò, si chiede (scusa lo sproloquio): "Ma dove cazzo sarebbe il trickle down!?!?!?!?"

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  4. Molte delle imprese sopravvissute, in effetti lo sono fittiziamente, con rivalutazione dei cespiti (legge 02/2009) e l. stabilita' del 2014 , questa fatta a dic. 2013 da letta, cioe' hanno dato la possibilita' di rivalutare la rivalutazione.....gia' fatta nei bilanci 2008 su capannoni che oggi non hanno quasi piu' valore....poi ci sono le cessioni di immobili tra aziende dello stesso gruppo per creare plusvalenze, cessioni di rami d'azienda sempre a soc. del gruppo, con perizia di parte, sempre per creare plusvalenze e far risultare che l'azienda abbia sempre un valore.....espedienti allegramente permessi dall'occidente in bancarotta....per quanto riguarda chi ha perso il lavoro, l'assegno medio e' stato di ben 5000 euro nel 2013 http://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=1&cad=rja&uact=8&ved=0CCMQFjAA&url=http%3A%2F%2Fwww.economy2050.it%2Fcosto-ammortizzatori-sociali-2013%2F&ei=hvp0VK_tEMffaqXIgdAP&usg=AFQjCNFsqot6JrGZlbT51H_mXXmdjV9D_w&sig2=ovFHYI0npHp-VRtq34Q5qA&bvm=bv.80185997,d.d2s
    mi aspetto forti tensioni da fine anno....e l'ascesa definitiva di Salvini.

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  5. TIRA('NA) BRUTTA ARIA

    Tempi duri anche per le ex stelline della televisione italiana: oggi a Milano - presso la Terrazza Martini - si è tenuta la presentazione della neonata emittente televisiva albanese Agon Channel, di proprietà dell'imprenditore italiano Francesco Becchetti.
    E fin qui si potrebbe dire: chi se ne frega! ; invece, la singolarità di codesta notizia - all'apparenza frivola - nasce con la crisi di ascolti e, soprattutto, di introiti pubblicitari che ha colpito il "mondo fatato" della TV, costringendo diverse "figure di spicco" e qualche "onesto rincalzo" a dotarsi di un biglietto destinazione Tirana, reinventandosi emigranti di lusso per immergersi nel rutilante mondo della TV shqiptare.

    L'elenco delle "personalità" è impressionante e fa male osservare impotenti la continua delocalizzazione delle "eccellenze" italiane: Simona Ventura, Sabrina Ferilli, Luisella Costamagna, Pupo, Maddalena Corvaglia, Alessio Vinci, Antonio Caprarica, Barbara D'Urso ecc.
    Anche il Corriere della Sera ha trattato l'argomento in questi termini: "[...] In sostanza è un’impresa che mette insieme due esperienze che rispondono a filosofie opposte: quella capitalistica della delocalizzazione e quella partecipata della condivisione (ma non certo a fini filantropici). Il risultato è che si ottimizzano i costi in due modi: uno perché in Albania il lavoro costa meno, due perché registi e tecnici vengono condivisi a seconda delle necessità[...]"

    Abbracciamo con sincero trasporto gli amici albanesi, ai quali va tutta la nostra più profonda solidarietà e simpatia in questo difficile momento della loro storia.

    PS: In occasione della 2° candelina di Orizzonte48: AD MULTOS ANNOS !!

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    1. Oh grazie! In questi ultimi giorni ne sto vedendo di tanti e tali "colori" che il compleanno mi era praticamente sfuggito (se non ci fosse stato Sergio Govoni a ricordarselo per primo! :-))

      Quanto a Pupo: almeno ha un certo coraggio.
      Quello che manca a "dissidenti" italici vari che non diventano mai "transfughi" e meno che mai "emigranti". Credo dipenda dal fatto che riescono a "lavorare" a buone retribuzioni anche così come stanno.

      Quanto agli albanesi, beh, gli auguro solo di non prendere l'entrata nella UE-UEm come segno di "progresso". Ma è un augurio vero: per quanto a Coudenhove-Kalergy credo che sarebbero potuti apparire come i candidati quasi perfetti!
      Che poi si becchino in (quasi) autoproduzione delocalizzata quello che si sono beccati comunque per anni, alla fine, è un fatto inesorabile.
      L'eccellenza del made in Italy non può essere fermata da questi stupidi e fascisti (su Marte) confini...

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  6. ma la Camusso che chiede l'intervento dell'Europa per tutelarci dalla "violazione dei diritti umani che causerebbe il Jobs Act"?

    ma qua bisogna BERE DI MENO.

    non c'è altra spiegazione. io davvero ormai mi metto a ridere. cosa altro dovremmo fare se non ridere?

    dopo ANNI di richieste di liberalizzazione totale del mercato del lavoro la Camusso, per opporvisi, si appella all'europa. ma stiamo guardando il cinepanettone dai....non può essere vero.

    http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/11/26/jobs-act-cgil-pensa-ricorso-corte-ue-viola-i-diritti-fondamentali/1234687/

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    1. Alla Camusso risponde Confindustria, ed è all'altezza: "vede" una ripresa imminente.
      Sicuri che sia solo alcool? Un tempo la LSD arrivava dalla virtuosa Europa del nord...

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    2. E non solo vuole "riforme strutturali" e taglio della "spesa pubblica improduttiva" e ora anche la flexicurity. Che v'avevo detto?
      http://orizzonte48.blogspot.it/2014/11/flexicurity-e-reddito-di-cittadinanza.html

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  7. Buonasera a tutti e complimenti per le analisi e i commenti; devo ringraziarvi perchè devo dire che, grazie ai vostri impagabili sforzi, sopporto con animo più tranquillo la mia quotidianità, avvicinata in pochi anni al ruvido della lotta per la sopravvivenza. Le questioni messe in luce col vostro taglio, supportate da robuste prove scientifiche, che ho avuto il piacere di ritrovare nei manuali e nei testi, mi hanno consentito di spostare il peso della mia condizione da me stesso al panorama economico generale; mi sento ormai estraneo agli asti e ai risentimenti che nei colloqui quotidiani spesso mi vengono sbattuti in faccia, conscio del fatto che sono diretti contro i bersagli sbagliati.

    Accettate questi apprezzamenti perchè oggi, come non capita spesso ormai, sul lavoro ne ho graditi oggi altrettanti e devo dire che incoraggiano molto e ripagano degli sforzi impiegati.

    Grazie ancora quindi e buon proseguiemento.

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  8. LA COVA PARASSITA
    (OTC: per la serie “fiabe esopiche” che andrebbero raccontate alla genia giovane – e meno - affinché quello che si vive non abbia più accadere)


    Quando una patologia viralmente infestante minaccia un organismo, questo reagisce naturalmente allertando e predisponendo misure per debellare o limitarne gli effetti.

    Ciò accade, o dovrebbe accadere - in misura diversamente simile con le differenze che derivano, o dovrebbero derivare, dal contributo sussidiario degli appartenenti – nelle comunità civiche che predispongono, o dovrebbero predisporre, con lungimiranza, misure di prevenzione e reagiscono, o dovrebbero reagire, opportunamente agli eventi che ne minacciano l’identità e la civiltà costruita.

    Può succedere – nell’uno me nell’altro caso – che l’infestante sia tanto potente e invasiva, oppure tanto modificata e mascherata, che le misure predisposte risultano poco efficaci oppure che l’infestante sia proprio un CUCULO che, nei giorni della schiusa precoce, manifesta la propria natura sbarazzandosi delle uova legittime e, con l’inganno, essere allevato come unico erede del nido.

    Va da se che le uova della cova parassita siano deposte scientemente in 20 nidi diversi di “colombe” e “passeri solitari” ma mai in quello di una gazza o di un falco che ne coglierebbero presto la differenza ricorrendo a contromisure alla illegittima invasione.

    Va da se, comunque, che - fin dalle osservazioni tramandate da Aristotele (Historia animalium VI,7 – 350 a.C. ca) - non si sia verificata l’invasione duratura di cuculi osservando, invece e ancora, il ristabilirsi di equilibri dinamici tra gli abitatori del “ricco sottobosco”.

    Va da se il continuare a confutare scientificamente come inevitabile nel “bosco” degli umani, la presenza ingombrante di cuculi che inoculano scientemente elementi virali continuamente modificati – da ultimi i prossimi ERF (European Redemption Fund .. redenzione da che?) e TTIP (Transatlantic Trade & Invetment Partership .. parternariato a favore degli interessi di oligopoli “liberistici” e “libertini” sovranazionali protetti da arbitrati extra-giudiziari?) in “colombe” e “passeri solitari” con l’irrazionale e illegittima pretesa che vincoli e condizionalità esterne servono a ristabilire un “equilibrio”.

    Va da se che l’ennesima applicazione del “metodo Junker (1)” con il piano di ”stimolo” gli investimenti (ndr, sottolineo non attività fisiologiche) in UE/UEM si stia dimostrando come ulteriore tentativo (disperato) di imbonire “colombe” e “passeri solitari” mentre i “falchi” (Wiedmann e Schauble) girate le spalle volano altrove.


    (1)"Prendiamo una decisione, poi la mettiamo sul tavolo e aspettiamo un po’ per vedere che succede. Se non provoca proteste né rivolte, perché la maggior parte della gente non capisce niente di cosa è stato deciso, andiamo avanti passo dopo passo fino al punto di non ritorno"

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  9. Continuano a far circolare grafici nei quali viene evidenziata la % di svalutazione subita dall’euro a partire, in genere, dal ‘99, e fino al ‘12/’13. Dai grafici, viene evidenziato come il processo svalutativo segue un andamento sostanzialmente costante, fino ad arrivare ad una somma nominale di circa il 32,8% ed a una somma % (quindi effettiva e corrispondente alla reale perdita del potere di acquisto da parte dei consumatori) del 38,3%. L’intento è quello di convincere l’opinione pubblica del fatto che il malessere avvertito e la crisi incombente non avrebbero nulla a che fare con il corso dell’€ e che tale processo di svalutazione sarebbe fisiologico e nella norma! Tali rappresentazioni sono scorrette e, forse, in qualche caso, addirittura false. La stranezza più evidente e contrastante con la comune conoscenza delle cose così come “percepite”, in tali grafici e rappresentazioni, la si riscontra in corrispondenza degli anni tra il ‘01 ed il ‘02, poiché sembrerebbe che l’incremento svalutativo del 2002 , rispetto al 2001, sia stato solamente del 2,8%. Ma è proprio così? No e per un motivo assai semplice: pur non potendo negare valore ai fini della speculazione e della ricerca delle scienze statistiche, ove queste fondano in modo sostanzioso sulle medie, orbene, entro il limite ristretto della mia cultura casereccia, resto fermamente ancorato alla satira trilussiana relativa al consumo medio pro-capite di polli. Dico meglio: quel 38,3%, che comunque è di per se una bella botta, postulato che sia veritiero, stante la situazione data, nulla dice circa gli effetti reali esplicati sul contesto economico produttivo e delle famiglie, cioè sul mercato interno. Anzi, non è affatto veritiero, avendo impattato in modo differenziato ed inversamente proporzionale sulle fasce reddituali, poiché,
    1) Inflazione speculativa da trascinamento del cambio lira-euro,
    2) Aumento selettivo dei prezzi (maggiore ed immediato per beni di largo consumo e I^ nec.),
    3) Impatto differenziato degli aumenti per fasce di reddito,
    4) Blocco degli aumenti stipendiali,
    5) Delocalizzazione selvaggia migliaia d’imprese,
    6) Riduzione degli organici della P.A.,
    7) Deflazione salariale (grazie anche a politiche “razziste” facilitative d’immissione di manodopera d’immigrazione priva di tutele),
    8) Mantenimento ingiustificato di alti livelli dei tassi bancari,
    9) Diminuzione dell’erogazione del credito,
    10) Aumento generalizzato della pressione fiscale,
    11) Elevato costo dei carburanti e conseguente alto costo del trasporto su strada (preponderante in Italia),
    12) Ecc.,
    hanno determinato nei fatti e precipuamente per scelte politiche, a partire dalle classi meno abbienti e dai settori commerciali e produttivi in diretta connessione con queste, l’asfissia progressiva del mercato interno (come di un albero che comincia a marcire dalle radici), fin, tra l’altro, all’evidente paralisi del mercato immobiliare, alla sparizione di centinaia di migliaia (?) di esercizi commerciali ed all’abbattimento della produzione industriale. In definitiva, nel suo complesso, oggi l’Italia, tutta intera, vale meno ed i suoi cittadini sono trattati come pedine umane su un campo di battaglia! E quel 38,3%? Lasciamo perdere: se dobbiamo rifarci ad un “indizio” più veritiero, dobbiamo rifarci all’art. 9, commi 1°-2°, del D.L. n. 452 del 28.12.2001 (approvato quindi alla vigilia dell’entrata in circolazione effettiva dell’€), convertito dalla L. 27.02.2002, n. 16. Eh si: a Roma già sapevano del rapporto reale di conversione ammazza-italiani al banco della frutta (ma non solo) Lira/Euro: 1000 lire (al 31.12.2001) = 1 euro (all’01.01.2002)! Continuare su questa strada sarebbe eversivo, prima ancora che criminale e pure guerrafondaio (Perché, ne son certo, se mai ci sarà (come seguito a questa guerra “anomala” continentale che ha già “decimato” il “futuro” di una generazione di nostri giovani), e Dio non voglia, una terza guerra mondiale (guerreggiata), ebbene: non scoppierà in una qualsiasi parte del mondo: scoppierà di nuovo qui!

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