martedì 2 dicembre 2014

THATCHER'S TOUCH: MA COSA MANCA ANCORA DA REALIZZARE? NON BASTA (e avanza) L'EURO?

Ogni tanto qualche politico italiano, e anche qualche giornalista, in vena di "rinnovamenti" e proposte "vincenti", menziona la Thachter come modello per le politiche da adottare in Italia; naturalmente, per uscire dalla crisi.
Ad altri, l'accusa di thatcherismo viene invece mossa e cerca di negare, per la verità senza offrire spiegazioni sostanziali, di alcun tipo, rispetto alle accuse.

E' allora utile vedere un po' di dati relativi alla fantastica performance della lady di ferro.
Rammentiamo che ella fu primo ministro dal 1979 al 1990.
Vediamo come andò la crescita dl PIL:

Thatcher growth

Una perfomance non eccezionale, considerato il biennio iniziale di recessione e circa un paio d'anni per tornare ai livelli anteriori all'inizio delle sue politiche economiche.
Segue poi una certa crescita e, se vogliamo, un lascito recessivo conseguito alle vicende dello SME, cui il Regno Unito aveva improvvidamente aderito, finendo nel calderone della speculazione monetaria non meno dell'Italia. E ci finì, quindi, nonostante la flessibilità del lavoro e le privatizzazioni, che oggi ci vengono sbandierate come riforme strutturali, senza alternative, per uscire da una crisi a innesco monetario, cioè dovuta a squilibri commerciali (indebitamento privato, da correggere) connessi all'adozione della moneta unica.

La gran mossa della Thachter fu quella di distruggere il settore manifatturiero per spiazzare sui servizi l'occupazione desindacalizzata e, ovviamente, precarizzata
"Manufacturing jobs lost, but more service jobs created. A net of 1.6 million jobs were created under Thatcher. The manufacturing industry lost 1.9 million, while the services sector grew by 3.6 million"
Thatcher jobs 

La disoccupazione complessiva fu opportunamente mantenuta  a un livello  tra l'enormemente e il rimarchevolmente più alto che nel periodo precedente (all'era Thatcher),  anche di fronte a periodi di relativa ripresa degli impieghi.
I livelli di disoccupazione non tornarono mai, in epoca Thatcher, a quelli antecedenti al suo irrompere al governo: tutt'al più si accontentò di "lasciare" quando tale tasso era ben al di sopra persino del dato sulla disoccupazione rilevabile negli anni della recessione (espansiva?), che si curò di provocare come prima "mossa" politico-economica. 
Notare, (v. grafico sotto), che in termini di disoccupazione, rispetto ai picchi anni '80, persino la crisi finanziaria post 2007 deve essere parsa agli inglesi un problema "minore".
Tra l'altro, per i nostri politici che volessero imitarla, "per risolvere la crisi", si può notare che già lo stanno facendo benissimo, visto che perdita di posti nel manifatturiero e livelli di disoccupazione al picco sono attualmente, grosso modo, coincidenti. Ma in Italia, il picco è stato non solo superato ma anche mantenuto ben più a lungo. Naturalmente, in nome dell'€uropa e della competitvità (mica possono fare tutto da soli!).
Thatcher unemployment

Inutile dire che l'ineguaglianza, - seguendo le politiche di privatizzazione, liberalizzazione e precarizzazione del lavoro-, crebbe in modo esponenziale. Una performance di "Gini" che rimane fondamentalmente la migliore tra quelle realizzate da Margaret:
Thatcher Gini

Il bello è che disse che non si curava della distribuzione purchè, comunque, "ognuno stesse meglio di prima". Ma neppure questo corrispose alla realtà, che, more solito, fu nascosta dalla "doppia verità". Come oggi in Italia, riguardo alla Thatcher...come pure su tutto il resto. Una volta pagato l'affitto il povero, nel corso degli anni '80, era certamente più povero e la sua condizione non migliorò affatto (e non è che l'era Blair abbia poi migliorato le cose. Ma non può sorprendere):
Thatcher income

Ovviamente questi meravigliosi risultati di: a) crescita (spettacolare, no?); b) livelli (dis)occupazionali; c) distribuzione del reddito, si unirono al Grande Obiettivo, alla Missione Suprema che invocano praticamente tutti i partiti italiani: il taglio della spesa pubblica (in rapporto al PIL...e tralasciamo come e perchè questa non ebbe, com'è evidente, più alcun effetto redistributivo, e quindi di sostegno alla crescita: questo è un concetto troppo sofisticato da comprendere dai nostri propugnatori della spending-(cut)-review).
Notare che nel periodo iniziale di recessione la spesa su PIL aumenta (subito dopo un immancabile taglio iniziale!), sia perchè non cresce, anzi diminuisce, il PIL (ovvietà che sfugge ai nostri urlatori sulla "spesa pubblica mostruosa!"), sia perchè qualcosa bisognava pur fare per non far morire per strada i disoccupati, quasi triplicati in soli tre anni:
Thatcher TME

Infine arriviamo all'inflazione
Se qualcuno avesse dei dubbi su come il calo dell'inflazione, - e i conseguenti tassi reali positivi che fanno tanto "stabilità finanziaria"...a carico pubblico-, siano legati a politiche che perseguano deliberatamente alta disoccupazione e tagli salariali, nonchè la riduzione della spesa pubblica, qui ne abbiamo un attestato inequivocabile:
Thatcher inflation
Certo nel finale, si è un pochino persa, ma ormai era un paese di servizi e il manifatturiero sventrato costringeva alla importazione, mentre il dollaro era piuttosto in ascesa...

A proposito, anche in Italia il prodotto del manifatturiero cala, - più che proporzionalmente che nel resto d'Europa!-, da quando c'è l'€uro, e salgono i servizi non-tradable deflazionati (elaborazione Commissione UE su dati Eurostat):
 
 Increasing share of services in manufacturing sectors
 




Sarà la Cina? Naaah, in effetti, se guardate bene, il manifatturiero tedesco ci ha guadagnato; e pure la Romania, se per questo. Chissà com'è...(Se può consolarvi, la Finlandia di Olli ha fatto peggio di noi).
Ma questo è un altro discorso. 
Quello che vorremmo capire è: ma tutti questi "nuovi e vecchi" leader, cosa esattamente vorrebbero realizzare di quanto fatto dalla Thatcher che non sia stato già ampiamente attuato?
Lasciatemi indovinare: tagliare la spesa pubblica e privatizzare.
Ma a tagliare la prima in recessione non ci riuscì neppure Margaret, come abbiamo visto, mentre quanto a privatizzazioni, non risulta che siamo secondi a nessuno.

TREMONTI: PRIVATIZZAZIONI, NEI MIEI 3 ANNI ITALIA DA RECORD

Però rammentiamo che: 

"...Alla luce di questi risultati e soprattutto della nostra pressione fiscale da record ci chiediamo che benefici abbiano portato le privatizzazioni della grande impresa pubblica.

La riduzione della presenza dello Stato nel sistema produttivo avrebbe dovuto rendere il Paese più efficiente e competitivo, arginare la spesa, migliorare i servizi, creare uno Stato che costasse di meno e ridurre il debito pubblico. Dal 1992 al 1999 le privatizzazioni hanno portato nelle casse dello stato 178.000 miliardi di lire (ai prezzi del 1992), ma vantaggi sulla nostra vita e su quella del Paese non si sono visti.
Il sistema produttivo e finanziario pubblico è passato ai privati. 
Lo Stato ha rinunciato al controllo sul settore bancario – assicurativo, su quello delle telecomunicazioni, dell’energia, della siderurgia, dell’editoria e su quello alimentare (vai QUI per maggiori dettagli), ma la nostra economia non ha ottenuto i miglioramenti sperati. La pressione fiscale che nel 1985 era il 33,6% del Pil nel 2000, raggiungeva il 42,2%. Non è aumentata né la produttività, né l’efficienza, né la competitività, e il debito pubblico ha continuato la sua corsa..."

ADDENDUM. Più sotto nei commenti, Bargazzino e Flavio sollevano e analizzano il profilo del legame tra crescita e boom del Brent scoperto nel Mare del Nord.
Per capire però gli effetti di una "terziarizzazione finanziaria deflattiva", con riduzione della spesa pubblica di sostegno all'economia "reale", dobbiamo sempre ricorrere alla verifica degli effetti sulle partite correnti del paese interessato
Dati dai quali si conferma che il valore aggiunto riviene sempre dal mantenimento di un nucleo manifatturiero la cui proprietà e la cui capacità di innovazione siano legate al "territorio" (inteso come controllo del processo interno alla comunità politica interessata).

L'articolo dice cose standard ma interessanti, evidenziando come solo recessioni e deprezzamenti della sterlina, con un certo prevedibile lag, hanno consentito sporadici saldi positivi, o un qualche miglioramento del deficit, in una società che cresce sui soli consumi. Insomma, il consumismo senza senso evidenziato da Rawls non paga neppure...

 

UK current account percent gdp 

14 commenti:

  1. ...e nel 2013, il regista inglese Ken Loach ha realizzato il documentario, "The Spirit of '45".

    (Alessandra da Firenze e, per svariate ragioni, da Irlanda, Inghilterra e Grecia)

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    1. Ma possibile che in tutto il mondo a parlare di lotta di classe senza ipocrisie sognanti sia rimasto solo Ken Loach?

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    2. Che dire...io stasera inizio il mio lavoro occasionale (no partita iva, sic!) di formatore (formazione in corsi per adulti, ragazzi e bambini dietro incarico del così detto, "privato sociale" e associazionismo).

      Ho 56 anni, e tutte le volte devo essere io a richiedere che mi venga rilasciata una lettera di incarico (chi me la deve fare mi sbuffa dietro ma anche davanti...) che arriva sempre all'ultimo tuffo.

      Sai che ti dico, Prof. Luciano, la lotta di classe sono io a farla per me...che mal di stomaco però.

      (Alessandra da Firenze e come sopra...grazie a te Prof., a Bagnai, a Borghi, a Rinaldi e via e via. Non c'è solo Ken Loach; voi, con il vostro stile e le vostre arti individuali non siete da meno; io e tanti altri, non siamo da meno)

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  2. Mi ricordo che, sui famosi "libri di economia del primo anno", il cosiddetto "equilibrio di monopolio" era descritto in maniera sufficientemente chiara: massimo vantaggio per il monopolista (profitti), massimo svantaggio per i consumatori/fruitori dei servizi (prezzi elevati a fronte di servizi scadenti).
    Dato che la stragrande maggioranza delle privatizzazioni concernono settori dove si opera in condizioni di monopolio totale o quasi totale, la politica sottesa a ciò dovrebbe apparire chiara.
    Rimanendo sul "terra terra", credo basti considerare il caso di autostrade. Sarebbe, curioso, ad esempio, effettuare un'indagine e vedere, a partire dalla privatizzazione, di quanto sono aumentati i prezzi (in termini nominali e reali), e ciò a fronte di quale effettivo progresso qualitativo ed infrastrutturale.....

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    1. E' stata fatta, l'indagine, dall'economista italiano Massimo Florio, con studio citato più volte in vari post.http://orizzonte48.blogspot.it/2013/04/1.html (qui par.5; on line si trovava ancora il libro sul tema, ora solo in vendita).
      Effettua calcoli su tutti i settori itaiani, accertando invariabilmente una dinamica prezzi-tariffe superiori all'inflazione.
      Come rilevato anche da studio Corte dei conti (che a sua volta, qui è stato numerose volte linkato).

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  3. Il grafico sull' indice di Gini è più che sufficiente per spiegare il gran spellar di mani dei giornalisti e della classe dirigente italiota per la babbiona nazistoide.

    Tra l' altro.

    Avrei voluto vedere la babbiona senza il mare (letteralmente) di petrolio del nord...(sarebbe interessante dare una occhiata all' evoluzione nel periodo "thatcheresco" della bilancia import-export di petrolio della Gran Bretagna)
    "Dettaglio" non proprio trascurabile -unitamente ai vantaggi "di risulta" di essere il centro di un "ex" impero (oltre che spregiudicata potenza militare e nucleare)- che i "Sacconi-Caproni" si guardan bene dal considerare...

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    1. Bargazzino, se vuoi ci sono due articoli, questo e questo scovati sul Guardian, che possono dare un'idea di quanto lo UK ci potesse guadagnare (anche in termini sociali) da tale scoperta...

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    2. Eccerto! E' un "particolare" "strangely invisible"

      " Tony Blair felt able to say that North Sea oil was "utterly essential to Mrs Thatcher's electoral success"."...

      Comunque. Voglio dire. Al di la della bieca propaganda:
      Quella potè "parare il colpo" della distruzione scentemente organizzata del manifatturiero britannico con quel "mare" di petrolio.
      Gli "astuti" "Sacconi-Caproni" come pensano di compensare?

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  4. intanto pare che abbiamo perso anche South Stream.

    ma le azioni private di Saipem ed Eni chi le possiede? perchè se il 70% è privatizzato....i possessori non saranno contenti di questo....

    giusto per capire chi non ha fatto le dovute pressioni al governo perchè difendesse meglio l'interesse, non dico nazionale che è bestemmia, ma almeno dei privati che sono entrati.
    per capire chi c'è dietro.

    perchè a sto punto sarebbe un ulteriore autogol clamoroso, questo direi davvero clamoroso, incassato senza colpo ferire e senza far praticamente niente per evitarlo. giusto per capire chi è così bravo a tutelare i propri interessi.

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    1. Ciao Luca. Allora dal grafico del sito di ENI si desume che la mano pubblica è poco sopra il 30%. Il resto degli investitori lo puoi desumere da questi documenti, cmq dovrebbe essere Gruppo Bancario Mediolanum, Fideuram, Sicav, Pioneer Investments ecc. se non erro... investitori istituzionali e retail...

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    2. La valutazione borsistica di Saipem momentaneamente è veramente ridicola.
      Sarebbe un occasione per il tesoro di aumentare la propria quota,

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  5. Sull'argomento segnalo questo libro http://www.amazon.it/vorrebbe-una-Thatcher-Antonio-Caprarica/dp/8820053322 di cui vidi, ahimè, la recensione su RAI2 tempo fa. Allora non conoscevo ancora il blog ma mi sembrò una trasmissione indecente. E pensare quanto eravamo lontani dal Regno Unito ai tempi della Thatcher!
    Arriverà mai il giudizio universale?

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    1. Se guardi bene bene, tale libro è indicato tra i primi links del post (è il 2° per la precisione) :-)

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  6. Perche' non riesco a vedere le chart di questo post? Sono io oppure e' caitato qualcosa?

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