martedì 31 maggio 2016

LA NOSTAGLIA (ARTISTICA) DELLA LIRA E GLI STATI UNITI D'EUROPA CHE NON VI SARANNO MAI.


1. Oggi ho ricevuto, al mio indirizzo mail più "privato", questa una mail con questo contenuto:


2. Il mittente risulta essere questo:
"Storia d'Italia (dem@iperjob.com)"Cioè un operatore che, nella sua attività, utilizza una peculiare (ed "efficace") tecnica promozionale "personalizzata" che tende ad assumere una veste tale da evitare di essere relegata in "spam", come mera pubblicità (sottolineo che le parti in neretto non sono una mia aggiunta, tranne il passaggio sulla "forma di comunicazione personalizzata" e quello sul rischio di "essere considerata spam"):
"DEM è l’acronimo di Direct Email Marketing, un’efficace tecnica comunicativa e pubblicitaria che utilizza messaggi di posta elettronica per diffondere in modo capillare un messaggio commerciale.
Il testo dei messaggi è accompagnato da immagini del prodotto o del servizio pubblicizzato e, nella maggior parte dei casi, da collegamenti che portano direttamente al sito del soggetto promotore.
Il Direct Email Marketing, essendo una forma di comunicazione personalizzata che raggiunge il potenziale cliente nella sua casella di posta elettronica, non è soggetto a concorrenza diretta, al contrario di quanto avviene, ad esempio, nelle campagne di keyword advertising, dove il messaggio pubblicitario appare spesso vicino a quello di aziende concorrenti.
Tra le forme di Direct Marketing, quella operata via e-mail è senza dubbio una delle più moderne ed efficaci, e garantisce molti vantaggi in termini di creatività, di impatto (grazie all’invio di e-mail su indirizzi privati, ovviamente autorizzati alla ricezione) e di contenimento dei costi.
E’ inoltre una forma pubblicitaria che permette di avere riscontri in tempi rapidi, e viene sempre più apprezzata, perché garantisce ottimi ritorni di investimento (ROI) a fronte di costi di esecuzione contenuti.
Anche relativamente alle forme di DEM è necessario in ogni caso porre particolare attenzione alla pianificazione e messa in opera della campagna promozionale: una comunicazione sbagliata, troppo aggressiva o mal realizzata rischia di essere considerata spam dal ricevente (o addirittura dal suo client di posta elettronica), con il rischio di vedere vanificato il proprio investimento".

3. Seguendo le indicazioni sullo schema di funzionamento illustrate qui sopra, apro perciò il "collegamento" contenuto nella mail "personalizzata" che mi porta a questo risultato (nella parte essenziale e riproducibile senza particolari accorgimenti, pur nei limiti di formato consentiti dalla piattaforma):

Richiedi informazioni sulla Lira, il GIORNALE della LIRA in OMAGGIO per te!

IL GIORNALE
DELLA LIRA

La storia della Lira attraverso un collage di notizie dalle prime pagine dei quotidiani dal 1945 al 2000: un appassionante viaggio nella memoria raccontato ammirando la finezza artistica e tecnologica delle banconote e delle monete più famose di quegli anni.

Scopri le nostre collezioni dedicate alla Lira: riconiazioni degli esemplari più belli della Lira e le prime Banconote Coniate mai realizzate al mondo.



4. Molto bene, tutto appare abbastanza chiaro: nell'ambito di una promozione "personalizzata" di un prodotto come la "Storia della lira", Editalia- Gruppo Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, ritiene che esso, appunto, possa interessare a me e proprio a me. Per di più "in omaggio"; anche se, devo confessare, non avendo attivato la finestra di "richiesta" o il numero verde che compaiono accanto all'advertisement sul sito linkato dalla mail, non posso sapere se sia un omaggio vero e proprio o piuttosto collegato all'abbonamento a una diversa forma di pubblicazione ovvero all'acquisto di altra opera storico-monografica.

Editalia, infatti, un'impresa che nasce nel 1952, "è un’azienda leader in Italia nel campo dei multipli d’arte, della medaglistica e dell’editoria di pregio. Le sue opere nascono dal sapiente incontro, tutto italiano, tra artisti, artigiani e istituzioni, grazie alla valorizzazione del patrimonio del “saper fare” di botteghe e laboratori tradizionali, alla diffusione presso collezionisti privati e imprese, alla collaborazione con la Zecca dello Stato e la Scuola dell’Arte della Medaglia.

L’azienda di oggi ha raggiunto un alto livello d’eccellenza in quanto ha saputo valorizzare al massimo le esperienze della sua storia precedente. Editalia nasce infatti nel 1952 come casa editrice specializzata in libri d’arte, spesso in collaborazione con la Galleria Nazionale d’Arte Moderna per cui ha curato la pubblicazione dei cataloghi di mostre d’avanguardia, le prime in Italia di artisti come Burri, Capogrossi, Accardi. Ha anche una galleria d’arte in cui espone opere uniche e stampe dei maggiori artisti italiani del ’900. Pubblica per molti anni la rivista “Qui arte contemporanea”, che Editalia ha voluto celebrare in una mostra alla GNAM nel 2012, in occasione dei 60 anni di attività dell’azienda. La mostra ha decretato il successo del Progetto Arte, che oggi affianca al catalogo storico una serie di multipli e libri d’artista realizzati in diverse tecniche artigianali ad opera di artisti del calibro di Carla Accardi, Mimmo Paladino, Jannis Kounellis, Joe Tilson, Emilio Isgrò, Giosetta Fioroni.

Nel 1991 Editalia entra a far parte del Gruppo Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato. Amplia quindi la sua attività (grazie anche all’acquisizione nel 2005 della società Sipleda), ad altri settori della produzione artistica, quali la grafica d’arte, la scultura e gli smalti. Soprattutto inaugura il fiorente filone della medaglistica e della riconiazione di monete, con il progetto Storia della Lira, recentemente arricchito dall’invenzione delle originalissime banconote coniate, ispirate ai modelli della Banca d’Italia.

Nel 2007 è cominciata una speciale partnership con Ferrari, di cui Editalia è licenziataria esclusiva a livello mondiale per la creazione di opere artistiche ed editoria di pregio ispirate al marchio automobilistico.

Nel 2015 Editalia ha aggiunto nel suo portfolio un’altra collaborazione istituzionale. Con la Soprintendenza del Castello Sforzesco di Milano ha realizzato, in scala ridotta e in tiratura limitata, la riproduzione della Pietà Rondanini di Michelangelo, scelta come icona del patrimonio artistico di Milano in occasione dell’Expo".

5. Veniamo all'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato come "capogruppo" cui pare appartenere Editalia. Sul suo sito, si autopresenta nei termini indicati al "chi siamo" nella homepage del suo sito.
Alcuni dati essenziali: l'Istituto è stato trasformato in s.p.a. nel 2002, cioè allorché la materiale circolazione dell'euro è divenuta corrente in Italia, ed ha come "unico azionista il Ministero dell'economia e delle finanze".

C'è anche da dire che  il d.lgs. 21 aprile 1999, n.116, ha stabilito l’avvio di un processo di ristrutturazione industriale e di privatizzazione dell’istituto. Pare però, per quanto dato di ricostruire, che questa privatizzazione non sia stata ancora realizzata. Le ultime notizie al riguardo che ho reperito sono del 2007:
 -"Se prima erano solo rumors o indiscrezioni senza fondamento, ora, essendo prevista dalla programmazione del Dpef, la cosa acquista consistenza. Certo non e' un progetto di breve periodo ma richiedera' anni".
Il presidente dell'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato (Ipzs), Mario Murri, commenta cosi' la novita' contenuta nel Dpef 2008-2011 che parla di cessione di quote dell'Istituto di piazza Giuseppe Verdi, detenuto al 100% dal Tesoro. 
"L'ho appreso dai giornali - afferma Murri - perche' ancora non ho avuto modo di leggere il Dpef". A ogni modo, prosegue il presidente della Zecca di Stato, "si e' scelto di seguire un percorso che oramai e' comune a tutta Europa. Anche in altri Paesi - spiega - i Poligrafici sono stati ceduti a privati". Sul tipo di strada che potrebbe essere scelta dal Tesoro per la privatizzazione Murri afferma che quote potrebbero essere cedute "a privati o a fondi di private equity".

6. Insomma, l'azionista unico (attuale) MEF, attraverso i suoi rappresentanti amministratori, nella catena di controllo che arriva fino a dem@iperjob.com, mi vuole omaggiare de "Il Giornale della Lira", ritenendomi "personalmente", un possibile interessato particolare a compiere, tra l'altro, "un appassionante viaggio nella memoria raccontato ammirando la finezza artistica e tecnologica delle banconote e delle monete più famose di quegli anni".
Ora, questa finezza artistica e, per di più "tecnologica", tutta "nazionale" evidentemente, sarebbe apprezzabile (solo) in termini di "viaggio nella memoria".  
Una memoria, si deve supporre, che serve a riscontrare quanto abbiamo perduto sul piano della "finezza artistica e tecnologica". Ma mi domando: solo questo? 
Non è che forse, involontariamente, partendo da questa perdita, oggettivamente enunciata nella promozione di tale prodotto editoriale, si alluda ad una perdita molto più estesa e sostanziale?L'unico dubbio è che si tratti di un messaggio "personalizzato". Cioè destinato a soddisfare la particolare curiosità e tendenza di una nicchia di "nostalgici" un po' bizzarri, in fondo in fondo: e sempre, dunque, sfruttabili se non altro a fini commerciali. Come se gli venisse dato uno "zuccherino" consolatorio ad una memoria un po' fuori dal tempo ma comunque rispondente a un segmento di mercato. Ma è "l'omaggio" che mi lascia un po' interdetto.In verità non oso approfondire, per quella strana diffidenza che gli "omaggi" pubblicitari suscitano ormai in chi se li vede recapitare.Chissà se qualcun altro di voi ha ricevuto la stessa "proposta di omaggio" e sa dirmi qualcosa di più.  7. In fondo, si tratta pur sempre di un "omaggio" dello Stato italiano, nella sostanza: non è leggermente contraddittorio incentivare in modo così evidente la "nostalgia" della lira, quando sappiamo che l'euro è una "scelta irreversibile"? Lo dice Draghi, anzitutto, come ben sappiamo: "Provate a digitare su un motore di ricerca, ad esempio Google, la scritta “Draghi l’euro è irreversibile”. Ebbene, nelle prime due posizioni troverete due diversi articoli entrambi tratti da Il Sole 24 Ore e con titoli simili: il primo è “Draghi: l’euro è irreversibile, l’Unione non esploderà” ed il secondo “Draghi: l’euro è irreversibile. L’uscita non è prevista dai trattati”.Nel 2012, "bacchettava":"...coloro che prefigurano una esplosione della moneta unica dicendo che costoro mal conoscono il capitale politico che i nostri dirigenti hanno investito in questa unione”. Aggiungendo: “...qualsiasi movimento verso un’unione finanziaria, di bilancio e politica é inevitabile e condurrà alla creazione di nuove entità sovranazionali”.Nel 2015 ribadisce:“Lasciatemi sottolineare che l’irreversibilità dell’euro ha fatto parte dell’architettura dell’Unione europea fin dal Trattato di Maastricht”. E “come ho affermato ripetutamente anche di fronte al parlamento europeo, il ritiro di uno Stato membro dall’euro non è previsto dai trattati”.    Il nostro Presidente della Repubblica, per altro senza menzionare la moneta unica, il 26 aprile 2016 (traiamo dalla stessa fonte),  precisa:"Intervenendo sul numero speciale della rivista di Massimo D’Alema “Italianieuropei”, pubblicato in occasione dell’anniversario del 25 Aprile,  Mattarella scrive L’Europa è il nostro destino e la nostra opportunità”. 
  8. La difficoltà insormontabile, sia alla irreversibilità dell'euro, in quanto per essere sostenibile dovrebbe condurre alla ben nota "unione politica e di bilancio" comune a tutti gli Stati membri (qui, p.VI.3, sub n.2 ), cioè federali, come negli Stati Uniti, (e in omaggio alla ormai celebre teoria delle aree valutarie ottimali), sia al "movimento verso un'unione finanziaria, di bilancio e politica", che è evidentemente strettamente connesso all'euro, viene però da fonti molto ufficiali delle massime istituzioni europee:Il conte Hermann Van Rompuy, da presidente pro-tempore del Consiglio europeo, ha infatti dichiarato, con dovizia di spiegazioni, che "l'Unione europea non diventerà mai gli "Stati Uniti d'Europa"Per parte sua, in pieno 2015, il Presidente della Commissione europea Juncker, a sua volta, ha dichiarato "Non avremo mai gli Stati Uniti d'Europa". E l'attuale presidente dello stesso Consiglio europeo, Donald Tusk, ribadisce: "Dobbiamo farci guidare dal senso della ragione e del tempismo. Non dalla utopia di un'Europa senza Stati nazionali".
Ora qualche domanda mi pare legittima: Draghi, conosce queste posizioni? E quali conclusioni ne trae rispetto alla sua asserzione, così sicura, circa l'inevitabilità di un'unione politica e di bilancio? E ancora: in concreto, il Presidente della Repubblica immagina, nei suoi effetti pratici, sociali ed economici, quale destino costituirebbe, per noi italiani, un'Europa in cui di ineluttabile, secondo risultanze politiche "europee" ufficiali e non prudentemente ignorabili, ci sono la mera irreversibilità dell'euro unita alla certezza che non vi sarà mai una diversa unione politica e la messa in comune di un bilancio federale?  Perché qui stiamo parlando, allo stato, di un'unione economica e monetaria: non considerare questa (dura) realtà economica e monetaria, espressa nei trattati e nella esclusività degli effetti di tale tipologia sulle vite dei cittadini coinvolti,  pone dei naturali problemi etici: cioè fino a che punto scelte economiche e monetarie debbano e possano lecitamente determinare il destino di comunità sociali fatte di persone e delle loro speranze di "dignità" del lavoro, di benessere e di eguaglianza di fatto, di soddisfacenti legami familiari, di rapporti comunitari solidali? Questi problemi etici non si possono nascondere dietro idee utopistiche che non hanno mai trovato riscontro nella realtà dei trattati e che, anzi, la realtà applicativa, passata e attuale, contraddice apertamente: la stessa Corte costituzionale aveva evidenziato che il limite di accettabilità degli effetti dei trattati europei era nel loro non riflettersi sui rapporti etico-sociali e politici: una conclusione già al tempo molto discutibile, come abbiamo ampiamente illustrato. Ma che oggi, risulta addirittura miope e inadeguata; anzi "inattendibile". 11. Questi problemi etici sono quelli che la nostra Costituzione aveva posto al vertice dei principi e dei valori enunciati come inderogabili. Questa lezione dei Costituenti è forse divenuta irrilevante e, pur essa, obsoleta? Eppure questi interrogativi esigono una risposta, nel passato (recente) come nel presente: più che mai.Le soluzioni uniche, i destini ineluttabili, d'altra parte non sono accettati neppure nelle scelte economiche, secondo la più "normale" (ovvero "mainstream") teoria scientifica (cioè persino microeconomica). Perché, e in ragione di quali valori effettivamente realizzati, lo dovrebbero diventare solo perché sono in tal modo interpretati dei trattati soggetti all'art.11 della Costituzione? 

24 commenti:

  1. Sì, ma il monoteismo più adorato dai terrestri ha insegnato che non c'è altra etica al di fuori di quella "naturale": sai com'è, c'è il "picco del petrolio", la sovrappopolazione, il riscaldamento globale, i panda... Gaia!

    È una questione di R-E-S-P-O-N-S-A-B-I-L-I-T-À.

    Bisogna piantarla con questo immaturo antropocentrismo: l'essere umano è un virus.

    Dai, parliamoci chiaro: i panda sono assolutamente più simpatici e morbidosi di quei ceffi segnati di chi ha asfaltato per una vita intera strade, ed ora è imbruttito dalla disoccupazione, dall'alcool o dal gioco...

    Tutte le star - che di gusto ne hanno letteralmente da vendere - difendono gli animali, quei teneri e cucciolosi pelosoni... che ti guardano con quegli occhioni!

    Ma si possono immaginare contesse o dive del cinema difendere dei minatori? Avete presente che mani callose hanno costoro?

    Gli animali Sì, ma le bestie No. Eddai!

    Stendiamo poi un velo pietoso sui fantozziani impiegati: un atroce, orripilante, esperimento di ingegneria sociale.

    We are the children, we are the world: anche i bambini sono tanto belli. Adottiamoli a distanza! Chissà mai che quegli esserini tanto carucci ma urlanti, poco adatti all'epidermide senza smagliature della donna VIP, possano effettivamente crescere...

    Anzi: poiché quando diventano adolescenti e brufolosi impestano le strade, è meglio sedarli secondo un percorso terapeutico: psicofarmaci infantili, marijuana e varie sintetiche. Discoteca e disoccupazione. Bingo!

    Siamo in troppi: l'evoluzione della specie ha scelto che la specie superumana deve tutelare Gaia come i sacerdoti del Tempio; quella subumana deve "rientrare morbidamente"... facendo cortesemente posto a chi dovrà sostituirla.

    (Cosa si vuol che faccia la classe proletaria se non copulare come bestiame e produrre offerta di mocciosi indipendentemente dalla domanda del padrone?)

    Com'è cambiata, infatti, la narraFFione dominante! Durante le proteste dei subalterni si spingeva a lavorare e a non scioperare se si voleva fare all'amore.



    Ora si spinge a non far lavorare per evitare che la plebaglia si riproduca.

    Non credo che la Storia occidentale abbia mai avuto delle classi dirigenti tanto indegne, inadeguate, ignoranti, barbare ed incivili come quelle attuali.

    Siamo al punto per cui è immorale non reagire come i francesi.





    (Con i Bitcoin Editalia potrà cambiare core business e divertirsi a fare "mining" e a scoppiar bolle di crittovalute...)


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  2. Sono preoccupato: quale livello di minor abbrutimento sul lavoro autorizza una certa qual riproducibilità, cioè quando si perviene alla qualificazione di "bestia"? O basta, a rendere inaccettabile la riproduzione, quella generale di "virus", inclusiva di tutta la specie (sub)umana?

    Trattandosi di un "destino" (ergo ineluttabile), suppongo in realtà che sia solo una questione di tempi operativi (ovvero di cronoprogramma): il congegno messo oculatamente in atto, dovrebbe ben presto omogeneizzare le varie categorie di lavoratori, in ogni parte di...Gaia, in modo da rendere meno incerta la condizione transitoria attuale degli addetti ai "servizi" e colmare così anche le disomogeneità generazionali.

    Da queste premesse, che mi paiono rispondere a principi scientifici e naturali inoppugnabili, non comprendo bene la posizione di chi fa i comitati per le famiglie e per l'obiezione di coscienza all'aborto o alla pillola del giorno dopo e, però, vuole l'euro o, come Andreatta, la moneta unica mondiale.
    Credo che siano degli eretici che non hanno ben compreso la distinzione tra le varie specie abitanti la Terra...

    In ultima analisi, mi sa che l'ingegneria sociale debba essere perfezionata in ingegneria genetica in modo da stabilizzare gli umanoidi come cloni sterili, possibilmente privi di spinte sessuali-riproduttive che mi paiono francamente un inutile ostacolo al progresso e alla piena produttività del lavoro.

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  3. Per quanto riguarda la Lira invece credo che l'idea sia quella di relegarla definitivamente nelle "cose" attinenti alla storia.
    Quindi il passato, quindi da superare e superato, da tenere in soffitta o in cantina come ricordo di un epoca che non c'è più.
    Nelle loro intenzioni sarebbe già "vintage".
    E non credo possa resuscitare emozioni in quella generazione che è convinta che l'euro la abbia salvata dall'"incapacità" delle generazioni successive. Men che meno ne susciterà in quella che verrà.

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    1. Ma certo che è così: i miei interrogativi erano palesemente ironici...mi pareva
      "...soddisfare la particolare curiosità e tendenza di una nicchia di "nostalgici" un po' bizzarri, in fondo in fondo: e sempre, dunque, sfruttabili se non altro a fini commerciali. Come se gli venisse dato uno "zuccherino" consolatorio ad una memoria un po' fuori dal tempo ma comunque rispondente a un segmento di mercato".

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    2. A volte leggo i suoi post con troppa serietà :), chiedo venia.

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  4. “una nicchia di nostalgici un po' bizzarri” e ovviamente…anziani, i quali sarebbero “i ricchi italiani”, ovvero quella fetta di popolazione che quindi alimenterebbe il mercato del conio estinto, a quanto pare redditizio. “La nostalgia è un lusso da persone che non hanno grane”. Il mercato, attraverso l'associazione "a un ricordo piacevole alterato dalla mitologia del passato", spolpa dove c'è ciccia. In effetti le nuove generazioni questa mitologia nemmeno se la sognano. E se lo dice un professore emerito di psicologia! (http://www.vice.com/it/read/macro-mercato-nostalgia-lira-493)

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    1. Mi stai dando dell'anziano e per di più "ricco italiano"?
      Il primo in fondo ci starebbe pure, ma sul secondo...
      Credo che a me l'abbiano inviato perché intercettato con ricerche on web come tizio che menziona la lira e argomenti affini. Nelle dark room, infatti, "tutte le vacche sono nere".

      A ben pensarci, rimando dell'idea che sia un sedativo per baby-boomers un po' dissidenti ma considerati agevolmente controllabili con qualche etichetta "culturale"

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  5. No, non mi permetterei mai:-), anche se la vecchiaia ognuno se la guadagna. E le nuove generazioni, francamente, non avranno nemmeno questo diritto. Però a pensarci bene, credo che nel Suo caso abbiano commesso un errore. Dall'intervista il prof. però mi sembra abbastanza lucido

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  6. Quanto al "ricco", credo che nemmeno Lei sia immune da deflazione salariale strisciante!!

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    1. Se rinascessi invece di studiare per i concorsi, accetterei il posto in banca (con corso per direttivi) che mi offrirono nel lontano 1982; magari oggi ero a.d. o d.g. di qualche bancona e mi divertivo a vedere gli altri agitarsi (facendo il gioco dell'avversario). Magari...

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  7. Molto meglio che Lei sia qui, mi creda. E poi, di questi tempi, il redde rationem non risparmierà nessuno, proprio nessuno. La crisi ha spaccato la società, ma non l'ha fatto in una sola volta. Prima ha toccato gli operai, e gli altri stavano a guardare pensando "sono al sicuro"; poi ha toccato anche questi ultimi, mentre il pensionato leggeva il giornale sul divano pensando a sua volta di essere al sicuro. Adesso arriva anche il turno anche dei pensionati. Risultato: perdita della coscienza collettiva. Adesso ci tocca (semmai succederà) ricostruire tutto nel senso già spiegato da Gramsci: prima bisogna che le singole classi riacquistino coscienza della loro condizione, come "corporazione" e poi che la coscienza diventi generale ed egemonica. Nelle condizioni culturali in cui versiamo, tuttavia, è praticamente utopia. Non ne usciremo democraticamente, ma almeno è nostro dovere provarci

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  8. Che poi ce ne fosse una, dico una, che sia nuova. A proposito della critica ecologica alla "sviluppomania" scriveva Caffè (I ricchi hanno un alibi, Il Mondo, 8 agosto 1974 ora in La solitudine del riformista, Bollati Boringhieri, Torino, pag. 125), recensendo il libro di Wilfred Beckerman In Defence of Economic Growth: "In definitiva, ciò che va corretto non è di certo la preoccu­pazione per la difesa dell’ambiente, bensì la possibilità che essa finisca per distrarre l’attenzione dai reali problemi dell’umanità, che sono ancora problemi di povertà e di inadeguatezza delle condizioni elementari di vita di larga parte dell’umanità stessa.
    Questi problemi non impongono di «mitizzare» lo sviluppo economico, ma non possono essere affrontati con il rinunciare a considerarlo come obiettivo essenziale della politica economica.
    E in questi termini, con una accentuazione polemica che mi sembra del tutto giustificata, che lo stesso Beckerman sintetizza il significato essenziale del suo volume.

    La tesi da me esposta è che il movimento ostile allo sviluppo economico,
    malgrado il fervore morale che ostenta, costituisce di fatto la reazione della sezione più ricca della comunità mondiale, che considera l’ulteriore svi­luppo economico come pregiudizievole ai propri privilegi e teme, spesso erroneamente, che quegli aspetti della qualità della vita ai quali essa può permettersi di attribuire un valore elevato, possano essere sacrificati dall’accresciuta produzione di beni che sono tuttora fondamentali per garan­tire un tenore di vita decente ai componenti più poveri delle società pro­gredite e ai disperatamente poveri che costituiscono la maggioranza della popolazione mondiale.

    Il che, se non è proprio l’intera storia, ne è sicuramente una
    parte essenziale."

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    1. Caro Arturo, c'è sempre un filo conduttore a queste vicende "culturali"; e sempre è stato nascosto dal sistema mediatico, seguendo le opportune forme e modalità nel tempo.
      Tra l'altro nascosto pure goffamente, come dimostra il fatto che scoprirlo e riportarlo alla luce è periodicamente possibile: usando la logica.
      Purtroppo, allo stesso tempo, pare altrettanto inutile.
      Ma oggi c'è il "referendum", e dobbiamo accontentarci...

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    2. Certo che, Arturo, con la tua inesauribile riserva di annotazioni e appunti filologicamente correlati, trasformi in scienza qualsiasi moto di coscienza.

      Questa è creatività.

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    3. È vero. Per me Arturo è The Machine.
      Si scherza, eh, ma mica tanto. ;)

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    4. Infatti non riesco a capire come mai, nella lettura delle dinamiche, l'una escluda l'altra irrimediabilmente.
      Come se sviluppo, demografia e distruzione del territorio fossero strettamente concatenati.
      Pare uno dei soliti Totem disseminati sul percorso.

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    5. Il problema è che, storicamente, sviluppo economico, sviluppo demografico e distruzione ambientale sono andati di pari passo, in Italia.
      Ovviamente, non era necessario che andasse così, però così è andata.
      Non è un caso che in Costituzione la parola 'ambiente' non compaia.
      Si parla solo di tutelare il paesaggio, alquanto triste ma quello era il modello culturale dell'epoca: l'ambiente era un "pasto gratis" da consumare per favorire lo sviluppo.

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    6. Questa tesi, per quanto diffusa, è alquanto riduzionistica: in realtà, la legislazione urbanistica e edilizia, e la pianificazione complementare (piani industriali et similia), nelle sue forme più distruttive, si colloca temporalmente a valle dell'irrompere della legislazione di origine europea.

      Come già più volte detto, il problsi ema non è tanto quali standard di protezione si pongano, ma come controlli preventivamente la loro effettiva applicazione nonché come verifichi i processi di ridislocazione della discrezionalità autorizzativa che (senza controlli preventivi) gli è connessa.

      In una tecnocrazia (pop: e l'ambientalismo ne è il massimo campo di applicazione), il neo-liberismo degli oligopoli multinazionali al comando ci sguazza e non c'è standard che non sia da ESSI calibrato per agevolare le loro corsie preferenziali, a scapito degli operatori tagliati fuori dal processo regolatorio. Lobbies...

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    7. Poi, se leggi il libro di Sonia, ti rendi conto di cosa abbia combinato quel branco di zucche vuote sociopatiche che si fa chiamare "êlite"...


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    8. Sono sorprendenti le parole di Caffè citate da Arturo; dimostrano la sua grande intelligenza e la sua corretta capacità di analisi dell'ideologia globalista dell'elite, ripresa ai nostri giorni da molti siti che Umberto Eco definirebbe complottisti.
      In effetti ha ragione quarantotto; dal mio punto di vista non possiamo incolpare la Costituzione di effetti che hanno cause nella costruzione europea e in una classe dirigente miope; come non possiamo incolpare la Costituzione se adesso è stato approvato il jobs act di Renzi.
      Poi ci sono da fare delle distinzioni su cosa si intende come ambientalismo:
      1-C'è un ambientalismo che si occupa di problemi reali ampiamente documentati, di inquinanti reali, come le scorie radioattive ad esempio, e di reale tutela del territorio e del paesaggio da abusi di ogni genere; questo ambientalismo dovrebbe prevedere un corretto intervento dello Stato.
      2-C'è poi un altro ambientalismo propalato da organismi sovranazionali come l'IPCC, la Commissione Europea, il Club di Roma, Greenpeace, il WWF, ecc., organismi svincolati da ogni potere democratico, che hanno diffuso un mantra a livello globale, creando, ad esempio, allarmismo riguardo al cosiddetto global warming da CO2 antropogenica, diffondendo "verità" che sono tutt'altro che scientificamente provate. Costoro demonizzano l'industrialismo tout court e la crescita economica, auspicano la decrescita "felice" e il ritorno alla natura a zappare nei boschi, come nei "bei" vecchi tempi andati. Quindi costoro sono contro il benessere degli uomini (non tutti, loro che sono l'1% continueranno naturalmente a vivere nei lussi), che sono pronti a sacrificare di fronte a Gaia, cioè al "nuovo" idolo pagano, per salvare il quale si sarebbe disposti a sopprimere milioni di individui appartenenti alle classi subalterne (i cattivi produttori di CO2). La loro propaganda poi si chiude sempre con la demonizzazione degli Stati nazionali, accusati di essere incapaci di contenere la CO2 antropogenica, e con l'auspicio di "soluzioni globali" sovranazionali, che hanno sempre l'obiettivo di sottrarre dal controllo dello stato ambiti fondamentali, per poi delegarli ad organismi non eletti che basano la loro credibilità su ricerche manipolate se non palesemente false, come accertato dopo aver avuto accesso ai vari documenti degli scandali Climategate.
      Si leggano anche siti di ricercatori indipendenti, come quello sotto linkato, per farsi un quadro più chiaro della situazione:
      http://www.climatemonitor.it/
      Questo Caffè era un genio ad avere intuito ciò; ricordiamo che il primo rapporto sui limiti dello sviluppo del Club di Roma venne redatto nel 1972, mentre la citazione di Caffè è del 1974. Sicuramente Caffè si era reso conto di cosa stava bollendo in pentola.

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    9. Mi pare, però, che stiamo parlando di due cose diverse (se sbaglio correggetemi, ché qui, su questo blog, c'è da imparare "a pacchi" come diciamo noi ggiovani...)
      È ineccepibile la descrizione di 48 dei meccanismi di governo del territorio, come è appropriato il richiamo di Bazaar allo studio di Sofia / Romina Raponi sui finanziamenti comunitari.
      Ma - ed era ciò che volevo evidenziare col mio precedente commento - senza "incolpare" la Costituzione per un qualcosa che (forse) non prevede, ma che poteva comunque facilmente ricavarsi dalle norme in materia di salute, condizioni di lavoro etc., il disastro comunitario si è innestato su una mentalità, tuttora esistente, secondo cui l'ambiente è un "di più", un lusso rispetto alle necessità dello sviluppo (ed essendo un lusso, indovinate un po' chi saranno quelli che, purtroppo, dovranno rinunciarvi nella presente e futura congiuntura astrale...).
      Si è considerato lo sviluppo come un qualcosa di separato e logicamente precedente rispetto alla tutela ambientale ("prima facciamo lo sviluppo, poi con la ricchezza e le conoscenze tecnologiche portate dallo sviluppo sistemiamo un po', forse, almeno nelle località di villeggiatura, l'ambiente rovinato") invece di considerare l'ambiente come uno dei fattori dello sviluppo.
      Così facendo si sono cancellate le tradizioni di utilizzo delle risorse secondo criteri ambientali E sociali sostenibili (si accennava qualche post addietro alla gestione comune di pascoli e foreste in ALCUNE zone d'Italia...).
      Col risultato che, NON attuata la Costituzione, l'unico ambientalismo rimasto in campo è quello peloso delle nostre care elites, che l'ambiente lo odiano e lo temono (non sapendo provare altri sentimenti) e per renderlo meno unfit alle loro esigenze lo devono mettere in sicurezza riducendo all'innocuità le belve che lo abitano.

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    10. Avevo inteso: se non ti basta il riferimento, già compiuto, a come il sistema abbia sostanzialmente "simulato" la priorità ambientale per imporre standard sostanzialmente concordati da incumbent dei vari settori di mercato (a scopo di regolazione indiretta pro-oligopolio), ma senza che ci sia mai stata una ratio di limitare le emissioni e gli inquinamenti più prevedibili, basti pensare:

      a) alla violazione dell'art.41 Cost. che contiene clausole fin troppo chiare nel riferirsi alle esternalità dell'attività industriale e alla loro prevenzione via interventi che (da almeno 30 anni) sono stati visti come un male ex se;

      b) alla violazione dell'art.32 connessa a tale disattivazione dell'art.41, norme dal cui combinato emergeva tutta la legittimazione dello Stato a occuparsi eccome di tutela ambientale, senza dover rinunciare allo sviluppo;

      c) alla violazione dello stesso art.42 Cost. (funzione sociale della proprietà connessa alla proprietà pubblica: es; l'edilizia popolare o le opere pubbliche e gli impianti realizzati dal settore pubblico), in relazione sempre all'art.41 e allo stesso art.9, determinata dal progressivo abbandono del livello di tutela urbanistica, programmata, del territorio (in cui, a livello sistemico, gli inattuati regolamenti di "ornato" avrebbero consentito una tutela paesaggistica-architettonica "consentanea" all'ottima legge del 1939 di tutela di paesaggio e beni artistici);

      d) in generale, alle norme su privatizzazioni e limitazioni di bilancio fiscale pubblico che rendono quasi impossibile, sul piano strutturale delle funzioni, l'intervento, il controllo repressivo e successivo e la effettiva sanzione di comportamenti, privati e corruttivi del pubblico. Tipico esempio, dagli anni '90, l'aver scatenato gli appetiti degli enti locali, rispetto a introiti di pianificazioni e condoni, dopo averli affamati coi vari "patti di stabilità". Oppure, la destrutturazione-spalmatura degli organi statali periferici per via di federalismo e trasferimenti di confuse funzioni coesistenti, da cui il venir meno di uffici-funzioni come il Genio civile e un efficace enforcement della sicurezza sul lavoro (lasciateli lavorare! Ci penserà la sussidiarietà, più vicina ai cittadini!)

      E potrei andare avanti, citando altre continuative disapplicazioni dell'indirizzo costituzionale (ma anche del buon senso), pre e post vincolo europeo.

      Su tutto, come tratto unificatore, va sempre ricordata la prevalenza del "Quarto Partito" come vero motore dell'indirizzo politico legislativo, nel senso supply sider e il legame che, fin dagli anni '50, tale Quarto Partito avesse con le varie Commissioni e istituzioni europee che si sono succedute (generando l'uso di farsi scrivere "letterine" dall'Europa per fermare ogni riforma fastidiosa o indurre ogni riforma...strutturale deflazionista, cioè il "meno Stato= meno interesse pubblico" effettivamente realizzabile).

      Spero di aver chiarito il punto un po' meglio, in termini di pertinenza degli argomenti utilizzati.

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    11. «prima facciamo lo sviluppo, poi con la ricchezza e le conoscenze tecnologiche portate dallo sviluppo sistemiamo un po', forse, almeno nelle località di villeggiatura, l'ambiente rovinato»

      Sembra poco saggio, ma da un punto di vista di politica economica ed industriale non è così.

      Credo tu non abbia avuto modo di leggere cosa auspicava Keynes "per i nostri nipoti".

      È noto che le esternalità negative si risolvono «diventando ricchi».

      Oppure con Malthus...

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  9. Credo siano ormai almeno due o tre anni che - periodicamente - ci sono spot in tv con "iniziative commerciali" simili. La prima volta che ne ho visto uno ho avuto la spontanea ed immediata sensazione che volessero cominciare a ventilare l'idea di un suo possibile ritorno...

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