venerdì 10 maggio 2013

L'EUROPA DELLE BANCHE, SACCOMANNI E LE SUPPLY SIDE POLICIES UE

Dunque riassumiamo.
Imposta in Europa, di sicuro in Italia, la dottrina delle banche centrali indipendenti, un "gruppo di banchieri" si chiude in una stanza e tira fuori Maastricht.
Cioè (a tacere del resto, che conta però molto meno se conservi la sovranità monetaria e quindi quella fiscale), un'area valutaria (non)ottimale in cui il potere di mettere moneta, per gli Stati aderenti, apparteniene ad una banca centrale indipendente, non correlata ad alcun governo fiscale dell'area stessa. E quindi una moneta unica affidata esclusivamente alle determinazioni di tale banca indipendente circa i tassi e le operazioni sulla liquidità: il tutto, con certezza, nell'ambito di una politica monetaria "credibile" nel senso predicato dai Lucas e dai Sargent, che cioè fosse esclusivamente (nel tempo ciò ha superato per default ogni altro dato normativo dei trattati), volta a garantire la stabilità dei prezzi, cioè a combattere l'inflazione.
Convinti che ciò portasse al costante riequilibrio dei mercati in base alla legge della domanda e dell'offerta, garantendo il livello "naturale" di piena occupazione. Cioè di "qualsiasi" livello implicato da una stabilizzazione dei prezzi verso il basso e conforme alle scelte di investimento delle imprese, orientate in base alla "aspettative razionali": che poi,in pratica sono quelle di soggetti monopolisti o oligopolisti, cioè i meno soggetti possibile alla "forte competizione", accuratamente rafforzati in tali posizioni dalla restante legislazione UE, creativa di un minuzioso dumping normativo, e  orientate sul bench mark dei rendimenti finanziari, agevolato dalla rendita di posizione sul mercato. Nonchè partecipanti al gigantesco festino dell'acquisizione, sempre in posizione di rendita, delle imprese pubbliche.
Tant'è che l'effetto spiazzamento dei maggiori investimenti che la contemporanea limitazione della presenza statale dall'economia avrebbe dovuto portare non si s'è mai registrato. E perchè mai avrebbe dovuto, quando la redditività è affidata alle operazioni sui titoli finanziari e alla deflazione del lavoro?
A loro volta le piccole e medie imprese, quelle più soggette alla predicata "forte competizione", non rientranti in questo disegno di "tutela dall'alto", erano destinate a soccombere come obsolete rappresentanti di un mondo capitalista superato, incapace sia di contrattare il costo del lavoro con la dovuta logica deflattiva, sia di effettuare gli investimenti e la propagandata "ricerca" che la forte competizione richiederebbe.
Ma tale concorrenza, in realtà, è stata alterata, da un lato, dal dumping stesso (che in realtà ha ratificato e incentivato le tendenze inevitabili del capitalismo contemporaneo), dall'altro dal meccanismo di area valutaria imperfetta, cioè non affidato a trasferimenti che consentano di compensare gli inevitabili squilibri commerciali tra stati aderenti.
Squilibri commerciali anzi ben prevedibili dall'inizio, specie tralasciando intenzionalmente di perseguire le pur previste politiche coordinate in capo economico, tributario e del lavoro: il tutto per consentire, in violazione di qualsiasi spirito cooperativo intrinseco ai trattati, di concorrere essenzialmente sulla competitività (relativa) di prezzo, determinata dall'abbassamento dell'inflazione mediante riforme del lavoro e svalutazione dei tassi di cambio reale in forma aggressiva verso i componenti della stessa area valutaria. Strategie, cioè, di mercantilismo, per di più attuate dagli Stati che, già in precedenza, perseguivano inflazioni tradizionalmente più basse, al fine apertamente teorizzato di espandersi commercialmente a danno degli altri, nella stessa area valutaria.
Nel quadro monetarista acriticamente recepito, corredato del divieto di ogni forma di credito erogabile agli Stati da parte della banca centrale "unica",  ciò ha significato diluire costantemente l'immissione nel sistema economico di liquidità ad alto potenziale.
Ma non ovviamente per le banche, a seconda della necessità, creata patologicamente dalla loro "universalità", cioè dalla indiscriminata vena speculativa perseguita coi soldi dei depositanti e sottratta, per sistema normativo progressivamente rafforzato, a seri controlli sia interni che esterni sui bilanci: i cui problemi emergono invariabilmente in condizioni "critiche", cioè non in base a controlli effettuati in base a criteri prudenziali concreti e mirati, ma a voragini ormai manifestatesi ed al cui ripianamento hanno di recente provveduto gli Stati aumentando il debito pubblico da collocare a crescenti interessi...presso la banche stesse.

Quindi la BCE ha voluto praticare costantemente tassi di interesse fissati anelasticamente verso l'alto, ritardando ogni correzione anticiclica, seppure nel senso limitato che ciò può comportare, e ottenendo di avere un cambio valutario, verso l'esterno dell'area, in costante rafforzamento.
Le banche hanno potuto così vivere il calo dei tassi dovuto alla discesa dell'inflazione, registratasi in tutto il mondo a partire dagli anni '90 (e anche prima), senza rischi di cambio nei rapporti con le aree commerciali di naturale maggior interscambio e fruire, in definitiva, di interessi reali positivi, rispetto all'inflazione, sia sui titoli del debito pubblico sia sui crediti erogati. Con il connesso vantaggio di potersi scegliere il paese e i titoli più vantaggiosi all'interno dell'area valutaria per concedere il credito ed accumulare interessi più alti di quelli ottenibili nel proprio paese. Una situazione che, nonostante gli strepiti del 2011, non è sostanzialmente venuta meno, anzi, è stata corretta, a garanzia dei sistemi bancari creditori, con politiche di consolidamento fiscale imposte ai paesi-sistemi debitori, che hanno essenzialmente inciso sui redditi dei cittadini e sulla loro occupazione.
Insomma, una vera manna bancaria, non correlata a un fiorire dell'intermediazione creditizia sull'economia reale, proprio per il carattere "universale" che ha trascinato profitti e liquidità verso gli impieghi speculativi finanziari, che si sono aggiunte, come dimostrano i casi tedesco e francese (e in misura molto più limitata e contingente quello italiano), a quelli dettati dalle convenienze dei differenziali di inflazione e di rendimento negli stessi paesi dell'area, alimentando regolarmente bolle speculative immobiliari e di credito al consumo drogato (verso la importazione).
Ovviamente, non poteva esaurirsi in ciò un'area valutaria, dato che la moneta era destinata comunque a regolare i pagamenti, il credito e in generale l'attività economica delle comunità statali interessate. Ora, nonostante che così non potesse funzionare, perchè ha il "piccolo inconveniente" di distruggere la domanda aggregata (occupazione, consumi e investimenti non finanziari), nei paesi debitori, si dice che bisogna andare avanti ad ogni costo. In Italia, soprattutto.

Ed infatti, di tutto questo non si tiene in alcun conto ancora oggi, ripetiamo, e lo si propone come un "obolo" indispensabile per poter fruire degli immaginari vantaggi, non altrimenti indicati (se non in ridicoli spot progandistici relativi al turismo in altri pesi UEM), che il sistema avrebbe comportato.
Di sicuro per le banche e di sicuro per il fronte della grande industria che ha potuto giovarsi del sostegno del sistema a giustificazione "lovuolel'europa", nello sterilizzare il costo del lavoro, vedendo accolte le misure di riforma del relativo mercato, nel senso della precarizzazione e della concertazione moderatice coi sindacati, e, ancor più, nel senso della costante e crescente deprivazione del sostegno pubblico all'economia, accoppiandosi questa anomala etero-sovranità monetaria con limiti di deficit e vincoli di consolidamento del bilancio, uniti alla privatizzazione delle attività economiche degli Stati: cioè, come si è detto prima nel descrivere la vera natura della "forte competizione UE" alla cessione, a prezzi accuratamente depatrimonializzati, a investitori privati, di settori ad alto flusso di cash, altamente vantaggiosi, per lo più in posizione di rendita monopolistica e oligopolistica, con ulteriore spinta ad accentrare il profitto e al peggioramento del livello dei servizi e dell'onere tariffario per gli utenti. Senza alcun progresso tecnologico e miglioramento dell'efficienza, rimasti un mito sulla carta smentito clamorosamente dai fatti

Ora, ieri sera mi è capitato di sentire un'intervista a Saccomanni fatta da una giornalista che andava avanti a fare le domande, con aria sussiegosa e padrona di sè, senza in realtà ascoltare le risposte. Era evidente che non ne comprendeva il senso, e che non aveva alcuna idea del quadro ora sommariamente descritto, e che quindi sarebbe stato persino inutile che cogliesse il senso effettivo delle risposte, essendo la tipa avvolta nell'idea che, insomma, in fondo il problema è il debito pubblico e Saccomanni, dall'alto della sua indiscussa competenza, confermava questo dogma da ogni poro.
La cosa che mi ha fatto sobbalzare, però, è stata la risposta del ministro circa i vantaggi concreti che la "chiusura" della procedura di deficit eccessivo aperta contro l'Italia avrebbe comportato. Concetto ripetuto cripticamente dal ministro da quando si è praticamente insediato. Tale risposta è stata che, ad esempio, l'Italia avrebbe potuto accedere a un finanziamento europeo magari con un co-finanziamento Ma cosa ha voluto dire?
Non poteva logicamente riferisi ai fondi europei del bilancio UE 2014-2020, che, a parte la tormentata vicenda della loro approvazione in misura ridotta, rinviata al vertice del prossimo 22 maggio, ci vede come contribuenti netti, più della Germania (in percentuale pro-capite sul PIL), e che dovrebbero costituire una voce di entrata che non richiede altro che la nostra regolare contribuzione e la capacità di spendere effettivamente tali "restituzioni" (che sono in passivo, nel senso che se non ci fosse l'UE, avremmo più soldi dei contribuenti italiani a disposizione).

Due ulteriori premesse.
Nella intervista e nelle dichiarazioni non compariva alcuna analisi delle emergenze dell'economia reale e delle loro cause. Non si diceva quindi come si sarebbe potuta affrontare la disoccupazione e la, evidentemente connessa, crisi delle imprese costrette a chiudere per mancanza di crediti erogati da parte del sistema bancario.
Che è poi un altro modo di dire che, essendo ovvia la rinuncia all'autofinanziamento (un tempo sistema diffuso per il reinvestimento nelle imprese italiane), si pone un problema, grande come l'Everest, di domanda: prima estera, determinato dal tasso nominale  di cambio fisso e dalla rivalutazione cumulativa dell'inflazione sul rasso di cambio reale, che aveva affossato nella stagnazione la nostra industria; poi interna, conseguente a tutto il resto delle politiche fiscali imposte dall'adesione all'UEM, che aveva proprio condotto alla recessione.
Quindi, per Saccomanni una problema di domanda non c'è. L'occupazione, ormai è scontato, si rilancia con le riforme strutturali: cioè con....disoccupazione e precarietà, tanto la competitività dipende solo dal costo del lavoro. E comunque non è problema degno di essere rimesso in discussione.
C'è solo il problema di "un'intera revisione della tassazione sugli immobili" e di "riduzione della tasse sul lavoro e sulla impresa, finanziandola con delle formule che non prevedano altro debito", come detto nel reportage dell'intervista televisiva rinvenibile sul Sole 24 ore.
Detto che la riduzione di tasse sul lavoro e sulla impresa non si capisce come sia effettuabile senza "altro debito", tranne tagliare ulteriormente la spesa pubblica, (cosa poco prima esclusa nella stessa intervista: il bilancio è bello stirato e "senza pieghe" e non ci sarà bisogno di una nuova manovra" in corso d'anno....????), si tratta pur sempre di supply side policies, cioè politiche sul lato dell'offerta.
Le stesse che hanno scarsa efficacia in situazione di cambio valutario che deprime le aspettative di vendita dei nostri prodotti all'estero, e che ha provocato, da 15 anni (almeno), per l'accumulo di indebitamento di sistema e l'output gap del nostro PIL da deficit commerciale (con crescente difficoltà a rispettare i parametri fiscali di Maastricht dato il calo della base imponibile), lo stesso credit crunch, e che è ben descritto dalle leggi di Thirlwall e Verdoorn sulla crescita e la produttività.
Che naturalmente Saccomanni non considera, neanche per un attimo. Contentandosi (ma non è il solo) di vedere il calo delle importazioni dovuto allo spaventoso calo dei consumi, cioè alla recessione, mentre il volume delle esportazioni rimane sostanzialmente invariato (cioè è solo calo della domanda e non c'è alcuna ripresa industriale).

E qui si innesta la seconda premessa: dal reportage del Sole scompare l'accenno al fnanziamento europeo e al cofinanziamento, proprio quello che la intervistatrice non ha, guarda un pò, "raccolto" e cercato di approfondire. 
Ma sono sicuro di non essermelo sognato (era presente anche Sofia con cui abbiamo prontamente commentato il "liscio" della giornalista).
Forse Saccomanni si riferiva veramente ai fondi UE ordinari, cioè al bilancio nel quadro finanziario 2007-2013,  e che per poter sfruttare occorrerebbe evidentemente "prendere tempo" (uscendo dalla procedura di deficit presso la Commissione).
Solo che la storia del "cofinanziamento" lascia presagire una linea di credito aggiuntivo già contrattata dall'Italia per proprie esigenze con una favorevole valutazione di criteri. In più questo finanziamento, coerentemente con  le premesse (si spera), non dovrebbe creare "altro debito", ed essere consentito in quanto si sia fuori dalla procedura UE per deficit eccessivo.
Ci soccorre questo articolo de "Il Giornale": "In realtà, il governo italiano non sembra affatto intenzionato a chiedere slittamenti per il raggiungimento del target. Oggi abbiamo un deficit certificato dalla Commissione al 2,9% per il 2013, con la previsione di una sua discesa al 2,5% nel 2014. Una circostanza che consente di sbloccare 12 miliardi di co-finanziamenti europei da dedicare agli investimenti."
Ma che roba è? Parrebbe trattarsi di questo (dal portale UE delle PMI): cioè di finanziamenti a cui avrebbero accesso le imprese italiane, a quanto pare, in quella misura di 12 miliardi, e che sarebbe una forma alternativa al finanziamento bancario e direttamente gravante sui loro bilanci, quindi non creativa di "altro debito pubblico". O ancor meglio di questo, cioè dei "finanziamenti alla politica regionale e di coesione per il periodo 2007-2013" che "ammontano a 347 miliardi di euro (pari al 35,7% del bilancio totale dell’UE per tale periodo), ossia poco più di 49 miliardi di euro l’anno" di cui all'Italia spettano (in parziale restituzione di quanto già erogato come contributi)  circa 28 miliardi per l'intero periodo 2007-2013.
Insomma, noi paghiamo, caricando anticipatamente sul nostro debito pubblico le contribuzioni al bilancio dei vari fondi UE, ma poi i soldi ci vengono ridati solo se rispettiamo i limiti di deficit, sforati magari anche per aver dovuto contribuire al bilancio UE! E naturalmente sforati per una recessione indotta dal consolidamento di bilancio impostoci dalla UEM e comunque reso arduo dal meccanismo dell'euro e dei tassi di cambio reali sfavorevoli e invece svalutati dalla Germania (come ormai denunzia persino il Belgio)
Ma non altrettanto accade, evidentemente, per tutti gli altri paesi UEM, dato che siamo i soli oltre alla Germania a presentare un deficit sostanzialmente in linea col 3%, almeno tra quelli "non disagiati", cioè classificati come beneficiari dei fondi UE per il loro ritardo economico-industriale rispetto a determinate percentuali del PIL medio UE.

Ma veniamo al dunque: davvero si pensa che con supply side policies per 12 miliardi - mentre si preparano inevitabili altri tagli della spesa pubblica "improduttiva" cioè quella sulle funzioni e sulla struttura della pubblica amministrazione-, corrisposti non si sa bene quando, l'Italia possa risolvere i propri problemi di domanda?

Anche perchè le "aspettative" di ulteriori politiche del governo, che ci si attende che Saccomanni attui senza indugi, e sulle quali le sue dichiarazioni risultano pefettamente in linea, sono così descritte dall'editoriale odierno dello stesso Sole 24 ore:
"Rimodulazione dei fondi europei, tagli alla spesa improduttiva, riduzione del perimetro dello Stato, dismissioni immobiliari, risparmi sugli interessi sul debito: si individuino le fonti di finanziamento e si presenti un piano trasparente di intervento."
Il tutto perchè "urge una strategia complessiva del Fisco per la crescita" e sempre, però, nel rispetto degli obiettivi di consolidamento del bilancio e di riduzione del deficit. Cioè proseguendo in pareggio di bilancio, con tagli alla spesa pubblica, in base a meccanismi già innescati dai precedenti governi, ma non ancora portati a compimento, e quindi incidenti in pieno nei prossimi esercizi, senza bisogno di manovre aggiuntive.

La verità?
Questi signori non hanno la più pallida idea di come fronteggiare la crisi.
La BCE, grande regista di tutta la strategia UEM, non trova di meglio di ammettere di aver sottovalutato gli effetti depressivi a fa il "mea culpa" (sempre sul Sole, pag.8), affrettandosi ad aggiungere però, che per la crescita bisogna completare i "primi passi" verso la (indovinate?) completa riforma del mercato del lavoro per raggiungere la competitività. Non gli basta continuare a toppare, e a prendere per buona la linea che ha provocato la crisi da domanda: devono aggiungere altra deflazione salariale. Non sia mai che la domanda si riprenda e le teorie mainstream-Von Hayek ne risultassero smentite. Riduciamo il perimetro dello Stato e il salario: poi se va male lo stesso, un bel "mea culpa" e tutti a...Davos.
In Italia nessuno è sfiorato dal dubbio: si sentono in una botte di ferro. Abbiamo la soluzione. Nel 2014, dovendo portare il deficit pubblico da 2,9 (se pure mai fosse rispettato) a 2,5 "ce la faremo", perchè usciremo dalla recessione, coi tagli della spesa e delle detrazioni fiscali.
Vogliamo scommettere?

20 commenti:

  1. se poi va male lo stesso... ovviamente sarà perché non hanno inciso abbastanza a fondo o con sufficiente rapidità. Ricordi Monti che voleva cambiare la "mente" degli italiani?
    La strategia funzionerà meglio quando saranno i lavoratori (razionali&felici) ad autoridursi il salario. Gli imprenditori daranno il via a copiosi investimenti privati per occupare lo spazio dello stato in benevola e razionale ritirata e i risparmiatori (sempre razionali) spenderanno fiduciosi, pregustando futuri cali di imposte.
    Ma ci credono davvero?

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    1. Il punto è che se anche non ci credessero (i pochi non incompetenti), perchè qualche dubbio i risultati lo farebbero venire persino a loro, come fanno a ribellarsi al sistema bancario che li tiene in pugno?

      Politici, bankitalia, commissione UE, stampa, università?
      Per ribellarsi dovrebbero perdere una posizione di privilegio personale: non certo quella della casta (che hanno individuato loro stessi per deflettere e per trovare uno sfogo al malcontento). PIUTTOSTO Il PRIVILEGIO BASATO SULLA CREDIBILITA'.
      Ma tra la sicurezza di perdere tutto e subito e quella di continuare a far perdere gli "altri" prendendo tempo, scelgoo ovviamente la seconda e possono sfangarsela per qualche anno.
      Magari sperando che l'equilibrio internazionale produca qualcosa che li costringa a dire: "bisogna cambiare perchè obbligati da nuovi assetti sovrananzionali" (metti che USA e Giappone, con tutto il resto del mondo, per la verità, funzionassero abbandondando il paradigma neo-classico...cioè poi il fulcro dell'ipotesi frattalica).
      Ora paiono indecisi: le manovre Monti si rivelano prive di copertura perchè in pratica i gettiti non solo quelli: per via del moltiplicatore, tra l'altro.

      Tra un pò saranno completamente con le spalle al muro, rivelando la complessiva inconsistenza del PUD€.
      E con la fine dei tecnici banco-bankitalia finirà ogni spendibiità pubblica. I professori vari (Giavazzi Alesina) non sarebbero capaci di durare un giorno al governo, con la spocchia intollerante che li porterebbe a decisioni manifestamente folli...Stanno per finire tutte le carte.
      Bisognerà essere pronti al crollo...

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    2. Secondo me hanno -i vari Sacco(d' Italia)manni e soci- la seguente speranza:

      Siccome, grazie alle note politiche espansive (ovviamente non lo ammeteranno MAI) di Usa e Giappone e in generale del resto del mondo, ripartirà la domanda aggregata globale , noi EUROpa(che manco te lo sto a dì, basiamo la crescita della nostra economia SOLO ed ESCLUSIVAMENTE sulle esportazioni) ci attaccheremo a questa crescita.

      Ti dico questo perchè è un "sentore" diffuso in tante dichirazioni: Di Draghi, di Saccomanni stesso nella intervista da te citata (la dove dice: "sembra che la crescita ripartirà tra fine 2013 e inizio 2014").
      Tanto , lo sai qual' è l' idea che professano tutti gli euristi: Mercantilismo (di matrice teutonica) a gogo.

      Credo che si chiami "politica dei due stadii" almeno a sentire il prf. marcello De Cecco (http://www.repubblica.it/economia/affari-e-finanza/2012/12/10/news/austerit_e_crescita_gli_usa_salvano_la_ue-48431446/)

      Ovviamente, questo ci fa capire come in Europa siamo veramente retrogradi e ultra-conservatori (parlo della classe dirigente).
      Prima si "strigne stringne strigne" e poi si espande , ma solo ed esclusivamente perchè a trainare sono gli altri. Solo ed esclusivamente perché se tutti fossero come noi, saremmo destinati , noi uomini, al medio evo e all' estinzione, non avendo noi la benché minima visione del futuro. Noi europei non lo facciamo il futuro, lo facciamo fare agli altri, perché noi , classe dirigente europea, siamo totalmente incapaci di inventare qualcosa di nuovo, in quanto MORTI dentro.

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    3. D'accordo. Ma per quanto qui ne abbiamo già discusso, rimane il fatto che l'europa è bloccata inesorabilmente e blocca il resto del mondo. Tanto più che già gli USA premono sul Giappone per allentare le svalutazione dello yen. Sulla non germanizzabilità dell'intera UEM l'atteggiamento di USA e Giappone è già un segnale decisivo. Lasciano cadere i corsi: e Sapir ha già comprovato che la Francia non può reggerlo a lungo. Meno che mai consolidando.
      Si ritorna all'oltranzismo italiota fuori della realtà fino alla fine, come dicevo a Lorenzo...

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  2. Oggi mi sento un po' pessimista, lo premetto.

    Tuttavia, credo si sia superato (o, se vogliamo essere meno catastrofici, si sta superando), quel punto di non ritorno oltre il quale ogni azione, pensiero o politica diventano inutili e tutto vene automaticamente rimesso alle dinamiche della Storia (per farla breve: le cose andranno come dovranno andare). Se vogliamo cercare dei precedenti storici in cui quel punto fu varcato, la prima data che mi viene in mente è quella del 10 giugno 1940.

    Guardando la televisione e leggendo i giornali, osservando l'ennesima riproposizione becera di certe dispute bizantine su indennità e diarie (come l''ennesimo scambio di battute Letta-Grillo), mi rendo conto di come gli eventi siano incredibilmente "oltre" tutto ciò. Eppure, anche se lo spiegassimo in tutte le lingue, la gente, "eccitata" dalla propaganda mediatica e distrutta da 30 anni di politiche socialmente devastanti, non ci starebbe a sentire. Continuerebbe a dar ragione a "loro", così come il 10 giugno del 1940 i loro nonni esultavano sotto al balcone di palazzo venezia senza nemmeno sapere cosa REALMENTE significavano le parole che venivano pronunciate da quel tizio, pieno di patacche, "lassù".

    Come altro interpretare le parole che sento, quando parlo con altri, da persone anche dotate di rilevante cultura? Che sostengono più che gli shock petroliferi è stata la scala mobile a creare l'inflazione negli anni '70? O quelle di chi mi dice che il tedesco non è più povero: ha solo una cultura del consumo diversa dal napoletano "che non tende a riparare le cose ma a buttarle" (e se gli citi le riforme hartz non sa nemmeno COSA SIANO....)?
    Mi sento come uno che ha capito che l'importante è desistere. Che la storia faccia il suo corso: io spero solo di salvare mia figlia così come i miei nonni permisero ai miei genitori di superare la guerra. Non credo mi sia rimasto altro (se non questo ed altri blog e la preziosa comunità -ancora più preziosa delle informazioni- che vi ho trovato).

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    1. Ma no Lorenzo: anche nel 1943 la situazione era quella. Dalla coscienza diffusa degli italiani non si DEVE MAI attendere una comprensione non conformista e allineata. Solo eventi dissonanti che non possono essere nascosti nella cortina del conformismo, come lo sbarco in Sicilia e il bombardamento su Roma, li smuovono veramente.
      Ma ci siamo vicini: il punto è proprio che l'europa, col calo della domanda di cui la stessa Italia è stato il traino più forte, non consente non solo di andare avanti così a tedeschi e ovviamente francesi, ma neppure agli USA e al resto del mondo.
      Quando l'impotenza del regime che in fondo ha sempre più il suo fulcro in Roma e Bruxelles, (credo con stupore degli stessi tedeschi), sarà in breve evidente a tutto il mondo, i famosi mercati non potranno ignorare l'inerzia suicida, favorevole solo alla Germania.
      E, magari già dal prossimo g8 o g20, (non il g7 di oggi, tra banchieri centrali disorientati dopo decenni di spocchiosa sicurezza) che attacchi espliciti veranno lanciati. Ma come fanno a fare manovre su manovre ogni due o tre mesi, da 0,5 punti di PIL, da adesso in avanti? Eppure non possono farci nulla e non c'è la minima traccia di un rimedio adeguato producibile dall'UE.
      Non ti voglio tranquillizzare :-), ma anche se oggi gli italo-conformisti si lamentano snza capire, i fatti li sopravanzeranno prima di quanto credano

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    2. Soprattutto ora che anche negli USA capiranno cosa significa l'austerity (in crisi) grazie al Sequester...

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    3. A proposito: ma quando I talebani dell'€uro parlano di "difendere I poveri", si riferiscono a questo?

      http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/economia/2013/05/10/Inflazione-piu-colpite-famiglie-povere-20-7-anni-_8682612.html

      Fantastico......

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    4. "Così sti zotici se imparano ad avere la propensione al consumo più alta, perchè pensano solo a magnà"
      firmato "Von Hayek"

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    5. in che senso "il regime ha sempre più il suo fulcro in Roma e Bruxelles"?

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    6. E' evidente: sono, "par excellence", i due luoghi di maggior radicazione di classi dirigenti che, per la compromissione-identificazione assoluta con il meccanismo UEM, hanno la coazione e la convenienza maggiore alla autodifesa ad oltranza dell'attuale assetto.

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    7. senza che però il fulcro di Roma abbia un qualche potere decisionale...paradossale.

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    8. Il potere decisionale, se ci pensi bene, sull'Italia lo hanno ben esercitato da noi: con la teoria del vincolo esterno, che ci blocca da 20-30 anni, dandogli una legittimazione che non avrebbero mai avuto a favorire l'oligarchia. E da cui ora non vogliono e possono sottrarsi

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  3. “Conversazioni di caminetto"
    Non voglio santificare nessuno ma solo evidenziare un esempio di pragmatismo da parte
    del paese liberista per definizione. Roosvelt come voi ben sapete non era comunista.

    http://www.storiafilosofia.it/grande-crisi-e-new-deal/

    "Per rendere l’economia ancora più vivace, sulla scia del modello inglese, Roosevelt decise di abbandonare il sistema di cambio fisso per consentire una maggiore libertà nell’uso della spesa pubblica e nella nuova politica di opere pubbliche.
    Per risollevare il settore agricolo, elaborò un programma col quale sosteneva i prezzi dei prodotti crollati durante la crisi e concedeva sussidi governativi a coloro i quali avessero ridotto la produzione e le terre coltivate, per garantire i redditi degli agricoltori che rappresentavano la potenziale domanda d’acquisto per i beni prodotti dall’industria.
    Sollecitò la ripresa del settore industriale, invitando le industrie a mantenere alti sia i prezzi, che i salari.
    Nonostante l’iniziativa privata venisse un po’ penalizzata dai programmi del Presidente, in meno di 2 anni la disoccupazione era diminuita e oltre 2 milioni di persone erano tornate a lavorare. In breve tempo nacquero leggi tramite le quali si dava assistenza alla disoccupazione.
    Si cercava in pratica di creare un “Welfare State“. Lo stato interveniva garantendo ai cittadini condizioni di esistenza minime, con sussidi alla disoccupazione, salari minimi, pensioni e servizi sociali gratuiti.
    Con il “Wagner Act” si dava riconoscimento giuridico ai sindacati e si obbligava le aziende a riconoscere come vincolanti i risultati della contrattazione collettiva."

    Concordo con Baragazzino : questi sono morti e non se ne sono accorti.

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  4. Lo so che è eurista, ma così in basso non lo avevo mai visto cadere. Anche peggio del suo articolo sul Papa. Scrive su una nave in gran tempesta ... e mica solo il capitano e i nostromi sono completamente ubriachi.

    La stampa internazionale ha colto “la mossa del cavallo” di Enrico Letta come una sferzata. [...] Una novità importante e che lo qualifica come un leader europeo di grande livello.

    Un pezzo di rara comicità. Almeno prima scriveva articoli a razionalità dimidiata (condivisibili ma solo a metà), ma ora ha tolto la metà sbagliata.

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  5. A PENSAR MALE SI FA PECCATO ..

    Il Giulio, l’ “uno” a suo modo, è stato un gran cultore della “ragione” e, con onore e pentimento, ci ha lasciati portandosi via una “scatola nera” dell’Italia repubblicana, quelle dei “sensi”, dei “perchè”, dei “se nè a’nata a cerca’ di una metà abbondante del cielo.
    http://www.youtube.com/watch?v=FASPIpON1qw


    Rimane l’altra meta, quelli dei “grand commis” nuovamente schierati per un nuovo grande blitzrieg della Storia.
    Ultimo atto di “ortotteri altri”, trapassato anch’esso tra le righe delle “veline”, è stata la costituzione formale di SGR, previsto (ndr, cioè visto prima e con lungimiranza) dal DL n. 87/2012 per gestire il “fondo dei fondi”, il patrimonio pubblico “aggredibile” dai “mercati”, stimato tra 240 e 320 miliardi di €, per sistemare i maiali che vivono sopra le proprie possibilità.
    http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-05-01/dismissioni-arriva-123002.shtml?uuid=AbxBt6rH

    Leggendo il commentario di @Giovanni che riporta le virate degli “altri” Giulio, fondatore sempre tra gli “altri” delle congregazioni del “mezzo sigaro toscano”, balenano su Damasco i “soliti” bagliori: gli “sp(r)itz” “fortunosi” della nuova economia nella nuova società di Vincenzino, di (s)Nicola, di PiGi .. ops di Giulio, l’ “altro”, e delle “fila” per 3 con il resto di 2, no worry be happy, dal “piatto” cola sempre qualche grasso da leccare come l’altro banchetto del “drago” raccontato in differita dalla Corte dei Conti
    (http://www.corteconti.it/export/sites/portalecdc/_documenti/controllo/sez_centrale_controllo_amm_stato/2010/delibera_3_2010_g_relazione.pdf)

    Di nuovo, questa volta si aggiungono i “vincoli” esterni e le “condizionalità” automatiche dei trattati.
    Ma, trattati da chi?

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    Risposte
    1. Emerge sempre più che gettiti mal stimati inseguono impatti su valori patrimoniali e basi imponibili che gli svaniscono costantemente sotto il naso, finendo il tutto in un sistema di regalia del valore pubblico nonchè di dissesto fiscale distruttivo dell'economia reale.
      Punto fondamentale su cui si rifiutano di prendere atto, non cambiando nè nomi nè ideologia.

      E ormai non potrebbero neanche più: pensa che mentre Pompei riaffonda nel fango, hanno significativamente trovato i soldi per restaurare e far "riemergere" il bunker di Kesserling!
      Allegramente acclamati verso il disastro, mentre il resto del mondo ricalibra il paradigma della crescita come se fosse un altro pianeta.
      http://www.channelnewsasia.com/news/business/international/g7-set-for-second-day-of-talks-on-growth/671192.html

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  6. Esodo 10 (più o meno ...)

    "14 Le cavallette assalirono tutto il paese e vennero a posarsi in tutto il territorio. Fu una cosa molto grave: tante non ve n'erano mai state prima, né vi furono in seguito.
    15 Esse coprirono tutto il paese, così che il paese ne fu oscurato; divorarono ogni erba della terra e ogni frutto d'albero che la grandine aveva risparmiato: nulla di verde rimase sugli alberi e delle erbe dei campi in tutto il paese."

    Questi ortotteri (significherà qualcosa di particolare?), quando hanno divorato tutto il commestibile, passano in altra zona.
    Ciò che anche le istituzioni UE pensano di fare in eurozona (in combutta coi fiancheggiatori locali).
    Le cavallette, tuttavia, assaltano una zona alla volta. Questi moltiplicano i fronti aperti contemporaneamente (hanno fretta e con buoni motivi).
    Per il loro precursore, austriaco di nascita, fu un errore. Alla fine ci si accorge che non c'è più tempo. (singolare quanto sia importante un'entità che "non esiste" : secondo Gödel in presenza di Einstein taciturno)
    Il nipote di gianniletta ha il cerino acceso in mano. Tanti auguri e distinti ...

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  7. GIRI DI GIOSTRA

    Confesso di aver avuto più di un dubbio prima dell’invio di questo intervento, vuoi perchè OTC rispetto al tema, vuoi perchè palese abuso di ospitalità per eccesso di egotismo, poi alcune riflessioni sulla normalizzazione della distopia, della schizofrenia patologica di molti paladini della “società aperta” di K Popper e sulla evoluzione darwiniana del pensiero dei “cattivi” maestri (esempi se ne sprecano e in tema del blog, von Hayek/Popper, Barbara Spinelli/Altiero, M Monti/ J Tobin, M Draghi/ F Caffè .. io/mio padre) m’hanno indottto all’ “enter”.

    Di Tiziano Terzani ricordiamo gli “altri” giri di giostra raccontati con gli occhi fieri di un’umanista universale cresciuto tra gli Altiero, i Balducci, i La Pira.
    Giri di giostra lieve(mente) dissimili da quelli offerti a George Soros che, vestiti abiti della filantropia, si reca, ieri 11 maggio 2013, alla consegna del premio Terzani 2013,

    Rimango forti e chiare le dichiarazioni del Soros al Guardian dopo il blitzrieg del 1992 vs SME (ndr, probabile la stessa nel 1997 dopo la crisi asiatica) :
    “Sono certo che le attività speculative hanno avuto delle conseguenze negative. Ma questo fatto non rientra nel mio pensiero. Non può. Se io mi astenessi da determinate azioni a causa di dubbi morali, allora cesserei di essere un efficace speculatore. Non ho neanche l’ombra di un rimorso perché faccio un profitto dalla speculazione sulla lira sterlina. Io non ho speculato contro la sterlina per aiutare l’Inghilterra, né l’ho fatto per danneggiarla. L’ho fatto semplicemente per far soldi”.

    Terzani ben conosceva che ci sono pasti “aggratis” come intuiva che la globalizzazione dell’economia e della finanza avrebbe condizionato la Storia e che un giorno, poi, avrebbe cercato un “buon” maestro disposto a rivelargli i segreti di una materia a lui sempre ostile (ndr, da giovine promessa rifiutò tra difficoltà economiche la proposta di una brillante carriera in Banca Toscana.

    Chissà se lui, il Tiziano come da motivazione del premio 2013 e su proposta della “Tarzani’soon”, avrebbe scelto G Soros come “buon” maestro.

    Rimane, anche in questa storia, il “sogno“ de “L’indovino un giorno mi disse ..” e, come sempre, “pecunia non olet” accanto alla riedizione dei “sassi” di Piero Calamandrei.

    ps: la notiza del bunker di Kesserling ma turbato ....

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