domenica 3 giugno 2018

LA FORZA NEGOZIALE ITALIANA E' RICORDARSI DELLA PROPRIA FORZA

https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/bilancia-pagamenti/2018-bilancia-pagamenti/statistiche_BDP_20180518.pdf (ultimo "Bollettino" Bankitalia).

https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/ALL/?uri=CELEX%3A52017DC0771

1. Fiorenzo solleva un punto interessante, sul piano delle descrizioni linguistiche che possono dare origine (o meno) a una "comunicazione" aderente all'interesse esclusivo della Nazione
Naturalmente, tutti i processi comunicativi e mediatici, pur potendo apparire logicamente conseguenziali a certe premesse linguistico-descrittive, costituite nel caso da indicatori della realtà economica (mi riferisco anzitutto al saldo delle partite correnti con l'estero e alla posizione netta sull'estero), dipendono dalla corretta individuazione e applicazione di regole di inferenza che consentono la deduzione delle conseguenze logiche e delle parole che le esprimono.
Ma è anche vero che i presupposti-premesse del ragionamento quando consistono in concetti politico-economici, richiedono una messa a punto del significato espanso dei dati e delle loro serie storiche: si tratta cioè di affrontare un discorso che dia conto sia delle più ampie necessarie implicazioni degli indicatori prescelti, sia del perché della scelta di "quegli" indicatori, che, inevitabilmente, a loro volta sono significativamente connessi al quadro generale macroeconomico e, all'interno di questo, all'evoluzione della struttura del capitale nazionale: specificamente della tipologia e qualità delle c.d. filiere produttive.
In sintesi: quando operiamo deduttivamente nel campo delle scienze sociali, abbiamo a che fare inevitabilmente con un metalinguaggio.
Ovverosia con una sintassi composta da proposizioni significanti "molecolari" (la cui "verità" dipende dall'aderenza ai fatti delle proposizioni atomiche, secondo un'interessante teoria cognitiva, c.d. "delle descrizioni", elaborata da Bertand Russell). 

2. Fatta questa premessa metodologica (mi auguro chiarificatrice), veniamo quindi al commento di Fiorenzo al precedente post:
"Chiedo scusa sia per l'OT che per la possibile scemenza che sto per scrivere, ma vorrei chiedere se la deflazione fiscale operata da Monti non sia alla base della forza contrattuale dell'Italia di oggi, che può sedersi al tavolo delle trattative vantando sia un avanzo primario che un rispettabile surplus commerciale.
E dunque se sia possibile ipotizzare che, quando Monti afferma di aver salvato l'Italia, magari si riferisca proprio a questi risultati; ottenuti certamente al prezzo di un forte aumento del rapporto debito/Pil, il quale tuttavia, in caso di uscita e ridenominazione, sarebbe un problema secondario rispetto ai vantaggi di un buon avanzo primario e di un rispettabile surplus commerciale.

p.s. se l'ho sparata troppo grossa cancella il commento ;-)".

3. Il "paradosso" apparente che propone Fiorenzo non è controintuitivo, tutt'altro: ha fatto bene a porsi il quesito.
Rammento che però, ponendoci sul piano della scomposizione delle proposizioni molecolari fino a rinvenire proposizioni atomiche sufficientemente attendibili (attraverso più gradi scomposizione, data la complessità del contesto, sul piano del quadro macroeconomico e delle interpretazioni stratificatesi negli anni), viene evidenziato un nodo preliminare dal punto di vista logico.
Per chiarirlo senza fare un trattato, schematizzo e rinvio a precedenti post linkati nella spiegazione schematica che propongo.
Ed il nodo è questo: l'efficienza mostrata dall'Italia nell'aggiustamento "Draghi" (qui, p.1), perché di questo parliamo quando facciamo riferimento alla ristrutturazione avvenuta con una decisiva accelerazione con la "cura Monti" - ed è una sintesi anche questa, poiché Tremonti aveva già iniziato e altri, in diverse condizioni cicliche, prima di lui (qui, pp. 4-6 e qui più diffusamente). - avviene a costo di una riduzione tale dei consumi e degli investimenti (nel medio periodo, soprattutto questi) da innescare una deindustrializzazione

4. Notare che questa (relativa) efficienza non dipende dall'esatto rispetto della "filosofia" dell'aggiustamento, che è imperniato sul parametro produttività-competitività, e che avrebbe richiesto una correzione verso il basso del costo del lavoro ancora più intensa. 
Dipende invece dal fatto che la situazione italiana, come stock di impianti (sia pure falcidiato dall'aggiustamento), diversificazione e ampiezza delle competenze, capacità di sviluppo-ricerca-innovazione, parte pur sempre da un punto relativamente elevato, quantomeno rispetto a paesi come Grecia, Portogallo e, sostanzialmente, la stessa Spagna. O l'Irlanda, che è forse il modello di specializzazione industriale, a proprietà estera quasi totalitaria, che costituisce il punto di arrivo verso il quale ci spinge l'€uropa. Con l'aggiunta di un livello retributivo (retribuzione oraria; v. sotto) che ci spinge verso...l'est europeo e i balcani.


Questo aspetto disfunzionale dell'aggiustamento deflattivo "puro",  esclusivamente condotto sul rapporto tra importazioni e prodotto nazionale, è ben evidenziato da Kaldor, Kahn e Caffè. E più tardi praticamente da...tutti, in primis Krugman, Stiglitz e poi lo stesso De Grauwe; almeno quando non finge di non sapere cosa ci sia scritto nei trattati e non idealizza le prospettive austero-espansive in Ue-m.

5. Ora, un indebolimento strutturale per via di consolidamento deflattivo - di tipo salariale, considerandosi (nella visione  ordoliberista e mercantilista esplicitamente traposta nei trattati) s olo questo "volano" come rilevante per l'abbassamento del CLUP e considerandolo altresì come unica leva per la ripresa degli investimenti privati -, è evidentemente connotato dal simultaneo manifestarsi di due obiettivi, insiti (altrettanto strutturalmente) nei trattati e nella moneta unica: 
a) la gerarchizzazione industriale selettiva (e per noi peggiorativa) determinata dai ricardiani vantaggi comparati (qui, p.2); 
b) la progressiva acquisizione del controllo delle residue filiere "competitive" da parte degli investitori esteri, (cioè, di cui in larga parte abbiamo perso il controllo proprietario, ovvero in cui siamo price-taker ).
Continuare a condividere questa prospettiva, perseguita dalla "cura Monti" e proseguita nell'assunto politico della doverosità dell'incondizionata osservanza dei parametri del fiscal compact, con ogni evidenza, non è una condizione autosufficiente di forza (negoziale di fronte alle istituzioni Ue): la riconquista competitività selettiva e del surplus commerciale con l'estero, è un indicatore di vitalità, certamente superiore a quella che probabilmente si aspettavano (al varco) gli spennatori professionali dell'Ital-tacchino.
Ma, per l'appunto è l'indicatore di una vitalità paradossale; quella nel perseguire una collocazione regressiva nelle gerarchie economico-politiche interne all'eurozona e, in generale, ai mercati "globalizzati".

6. La nostra forza, cioè, è nel potenziale di cui questa vitalità, mostrata coi risultati ottenuti sugli indicatori sopra evidenziati, è un sintomo: cioè l'Italia non è la Grecia, il problema non è il debito pubblico, - e anzi, il dirlo e seguire politiche di austerità a prescindere dal ciclo economico, serve a renderlo un problema- e l'Italia deve difendere e semmai ampliare le sua capacità produttive con un adeguato livello di incentivazioni ad investimenti in settori produttivi che rimuovano le strozzature attuali (determinate dallo spiazzamento deflazionista sui servizi labor-intensive) e incentivino la "sostituzione" delle produzioni estere che, essenzialmente, un cambio eccessivamente alto ha reso un'importazione "strutturale".

7. La nostra forza "negoziale", quindi, deriva non dalla cura Monti, ma dalla dimostrazione che potremmo pure cavarcela aggiustando la struttura industriale alla pressione, free-trade e finanziaria, del modello dei trattati; ma tutto questo, preliminarmente, dipende da una precedente e diversa realtà.
E cioè l'Italia era un paese a capacità industriale (in senso lato) particolarmente ricca, diversificata ed efficiente; ed anche deturpata da politiche economiche e fiscali per noi geneticamente sbagliate rimane sempre abbastanza forte da non essere ricattabile e soggiogabile nel modo che fa comodo ai nostri competitors interni all'eurozona.
Oggi, più che mai, se vogliamo salvarci, dobbiamo rammentarcelo e rammentarlo ai nostri euro-partner. La nostra forza contrattuale quindi dipende da questo.

15 commenti:

  1. «l'efficienza mostrata dall'Italia nell'aggiustamento "Draghi" avviene a costo di una riduzione tale dei consumi e degli investimenti (nel medio periodo, soprattutto questi) da innescare una deindustrializzazione.»

    E certamente non potevano non saperlo, visto che tutto il percorso di costruzione dell'UE è costellato di tracce del dibattito fondamentale: obbligare gli Stati al pareggio di bilancio usando regole più o meno coercitive. Ma il problema che mi pongo è se (e come) il combinato disposto della resilienza del sistema Italia, dimostratasi superiore alle attese, e di una situazione contabile favorevole che è anche una conseguenza dell'aggiustamento "Draghi", possa essere strumentalmente utilizzato nel dibattito televisivo come elemento giustificatorio delle azioni dei governi Monti e successivi.

    Sarà un po' come sostenere che le corna salvano il matrimonio. D'altra parte nel pop universo nel quale siamo immersi basta molto di meno per sostenere qualsiasi tesi.

    Vedremo come se la caveranno i nuovi arrivati, ad esempio nel giustificare l'aumento dell'iva con la necessità di finanziare la flat-tax e il reddito di cittadinanza. Il dibattito tra i liberalsovranisti e i liberalunionisti si prospetta interessante.

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    1. Non se la "caveranno". Ormai nessuno può più cavarsela senza affrontare il nodo della inconciliabilità delle politiche espansive (a prescindere dal problema dell'osservanza delle regole fiscali europee) con la conservazione di un surplus delle partite correnti. O almeno di una crescita non piombata dall'aumento dell'indebitamento con l'estero.

      L'ordine internazionale del mercato è un sistema politico-istituzionale assolutamente rigido (nelle sue regole fondamentali), di tipo teologico: peerciò non ammette autocorrezione perché non prevede "scientificamente" alcun margine di errore (ma solo l'insufficienza della correzione dei prezzi verso il basso; soprattutto dei salari).

      Liberal-qualsiasicosa non è mai in grado di risolvere problemi di crescita (diffusa e "pluriclasse") e di evitare l'assorbimento delle crisi a carico del mercato del lavoro.
      In sostanza oscillano, tutti e comunque, tra precario equilibrio della sottooccupazione e crisi conclamate risolte con l'austerità "espansiva".

      E direi che dalla prossima grande crisi non siamo lontani.
      Certamente non è stato fatto nulla per evitare il consueto "aggiustamento".

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  2. Ma infatti la politica economica obbligata dai trattati non può essere altro che beggar thy neighbour oriented (per chi se lo può permettere) e Monti, come sappiamo e come ci ha detto, non ha fatto altro che distruggere domanda interna con tutti gli effetti devastanti conseguenti. Il suo vero compito non era riportare il debito pubblico sotto controllo (cosa che infatti non è accaduta , anzi il contrario) bensì raddrizzare brutalmente e grossolanamente la competitività del paese, riducendo il debito estero italiano e così rassicurando Germania & Co .
    Ovviamente per fare questo si è distrutta la domanda interna e contemporaneamente aumentato il debito pubblico (capolavoro delle regole dei trattati), ed il solo surplus commerciale non è sufficiente in un paese come l'Italia a far crescere il PIL in misura sufficiente per ridurre il rapporto Debito/PIL.

    E qui sta tutto il punto politico immediato e dirimente che si pone di fronte al nuovo "governo del cambiamento", votato dalla maggioranza degli italiani che chiedono lavoro, lavoro e poi anche lavoro (vero):
    con un surplus di CA pari 47 MLD si è aperto un discreto spazio fiscale per fare politiche espansive in deficit (ciò che occorrerebbe); VORRÀ E/O POTRÀ questo governo farle? E dal momento che le idee (e le azioni) camminano sulle gambe degli uomini (in questo caso un governo formato da una coalizione di partiti e uomini pur diversi), vorranno e/o potranno marciare all'unisono in tal senso?
    Vedremo. Per me rimane sempre un "programmino" mica da poco, dato l'ambiente in cui si deve operare...

    P.s. 1: per la nascita del "governo del cambiamento" un grande ringraziamento a uomini come LBC, Bagnai, Borghi, Foa, Giacchè, Rinaldi e quanti in questi anni, sfidando il pensiero unico, hanno combattuto per portare luce laddove regnavano le tenebre.

    P.s. 2: ok questo governo s'aveva da fare a tutti i costi il prima possibile... Però, anche considerando la sterilizzazione, se non l'amputazione, della nostra Costituzione prodotta dai Trattati, la mancata nomina di Savona da parte del PdR rimane comunque un pericoloso precedente che meriterebbe di essere in qualche maniera parlamentarizzato, anche solo per utilizzarlo in sede istituzionale come apripista ai temi di critica di questo blog.
    La settimana scorsa dopo aver letto su Twitter diverse interpretazioni sul tema (Paladin, Calamandrei, et altri) mi sono andato letteralmente a spolverare un vecchio testo universitario (non avrei mai pensato di ritornarci...): Istituzioni di diritto pubblico, Barile, ed. 1978. Lapidario nel scrivere la stessa interpretazione dei suddetti (d'altronde era stato allievo di Calamandrei). Poi mi sono visto questo ed ho pensato che in tutti questi anni molto pop (come i concerti) non solo gli economisti si sono "venduti" al frame ma anche i costituzionalisti, perfino gli allievi del suddetto Prof. Barile. Non sia mai che debbano essere da meno!
    Ora non ho mezzi per allegare la pagina di Barile ma garantisco sul concetto: esplicito, circostanziato e netto. Sarebbe interessante fare un'analisi comparata tra il testo di Barile e lettera dei suoi allievi...






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    1. « "La situazione è molto complessa. Ma sarebbe opportuno rimuovere ogni equivoco possibile sulla legittimità dell'azione e delle scelte del presidente della Repubblica" dice Massimo Luciani, docente di diritto costituzionale alla Sapienza, in una intervista al Corriere della Sera. "Non ci sono i presupposti per la violazione dell'articolo 90. Perché il presidente Mattarella ha esercitato i suoi poteri costituzionali". E vi rientra il veto sul ministro dell'Economia "perché l'articolo 87 prevede atti controfirmati dal presidente del Consiglio, ma firmati dal capo dello Stato. E' ovvio che debbano essere condivisi. Altra cosa è l'opportunità. Per qualcuno può esserlo stato. Ognuno è libero di valutare" »

      Tu quoque Luciani...

      Ora; l'erudizione tecnica non compete ai non competenti :-) Ma:

      1 - la cultura generale permette di leggere gli autori che hanno le competenze;

      2 - la coscienza morale permette di confrontarsi con chiunque e, soprattutto, comprendere chi l'abbia o meno.

      L'essere "talebani", quando si parla di Etica, è una tautologia quando si riconosce che l'etica È prassi.

      Poi, certo, c'è « l'opportunità politica »...

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    2. @Bazaar
      ok il tuo commento mi ha sollecitato a vincere una certa pigrizia e pertanto ti rispondo allegandoti il link al testo di Paolo Barile di cui sopra. Credo di avere inteso il senso del tuo commento, se non è così me lo farai notare.
      Sono perfettamente consapevole di non avere l'erudizione tecnica per competere su quanto scritto dal Prof. Luciani, come sono anche consapevole del fatto che l'istituzione pubblica Università mi ha obbligato (giustamente) a passare un esame di diritto pubblico pena il non conseguimento di una abilitazione. Pertanto dopo aver letto Barile e Luciani la mia coscienza mi fa porre alcuni dubbi e domande che così sintetizzo:
      1. <...E vi rientra il veto sul ministro dell'Economia "perché l'articolo 87 prevede atti controfirmati dal presidente del Consiglio, ma firmati dal capo dello Stato. E' ovvio che debbano essere condivisi...>
      Ecco questa ai miei orecchi suona come una tautologia (mi posso sbagliare...): qui di ovvio c'è solo l'ovvietà che se un atto è controfirmato da entrambe le parti è per forza di cose condiviso (a meno che non si voglia dimostrare un vizio di volontà di una parte). In altre parole mi sembra che il richiamo all'art. 87 non sia utile per interpretare la fattispecie di un PdR che si rifiuta di nominare un ministro proposto dal PdC perché non ne condivide il possibile futuro indirizzo politico governativo (è stato chiaramente e solennemente detto, è agli atti) (Ben inteso è sempre e solo un mio dubbio). E che si fa in questo caso (inedito perché privo di precedente prassi, come dirò al punto successivo)? Che si fa se il PdC non vuole fare sostituzioni e/o adeguarsi alla moral suasion del PdR? Si torna a votare? E se dopo che si è rivotato la maggioranza suggerisce un nuovo PdC, nominato dal PdR, che però ripropone un altro ministro sgradito a cui non vuole rinunciare, che si fa? Si rivota ancora?
      Tutto ciò si chiama impasse istituzionale? Sono stati, in questo solo caso, così imprevidenti i nostri padri costituzionali mentre scrivevano una costituzione non a caso fondata sul lavoro e definita la più bella del mondo?
      2. Invece, leggendo Barile, si evince una lettura sistematica della stessa quando fa riferimento al potere di controllo sull'indirizzo costituzionale proprio del PdR ben diverso dal potere d'indirizzo governativo proprio del Governo e del suo PdC, che deve ricevere la fiducia da un Parlamento (art. 94 Cost.) eletto dal popolo sovrano (art. 1 Cost.).
      Ecco diciamo che la mia morale mi porta in questo caso a convivere molto meglio con quanto descritto (in questo caso) da Barile.
      3. Infine non risulterebbe mai essersi verificato, fino ad ora nella storia repubblicana, un rifiuto di nomina di ministro per ragioni esplicitamente politiche (non di garanzia costituzionale), almeno non si è mai palesato all'esterno. E qualora ci sia stato si è risolto con l'accettazione più o meno tacita del PdC al "diktat" del PdR, non palesandosi alcun conflitto di poteri.
      Quindi mi verrebbe da dire che non vi è prassi in materia e pertanto è poco etico prendere posizioni acritiche e/o dogmatiche sull'accaduto.
      Con tutto il rispetto dovuto alla carica del Presidente della Repubblica.
      Link:
      https://drive.google.com/file/d/1RjGSZGsQoBvWN-rXyUbiHI_h-q1yaxPs/view?usp=sharing

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    3. Sì, pensavo proprio a questo: il "principio di autorità", la coscienza morale volta alla prassi di cui lo studio è parte, al di là della professione, ed ironizzavo sul concetto di "opportunità politica" che, da una parte è fondamentale, dall'altra fa a pugni con il commento "tecnico-specialistico" e dall'altra ancora questa "opportunità" è limitata dalla Costituzione... o non è opportuno dirlo? :-)

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  3. "Beggar thy neighbour": quando un gruppo di proprietari di ranch spende più energie per rubarsi i cavalli che per portarli al pascolo. Si aggiunga il divieto di alzare recinti e si ottiene l'UE, che sta per Unione Equina.

    Sta andando in scena il tentativo di alcuni di riportare i cavalli al pascolo, col piano B consistente nel minacciare che, se gli altri non faranno lo stesso, forse (dico: forse) verranno piantati dei cartelli per segnalare il confine, sul presupposto che i furti avvengono perché gli altri non si accorgono di aver superato i limiti. Finirà come è sempre finita: con una grande sparatoria, inutili danni e nuove recinzioni più alte che pria. Dopo, ma solo dopo, al sabato sera tutti al saloon, dove a sparacchiarsi a vicenda non saranno i mucchi selvaggi, ma singoli cow boys ubriachi.

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  4. Da quello che leggo, sembra (dico sembra) che le posizioni assunte dall'UE e dalla Germania siano quanto meno attendiste. Il sostegno venuto da oltre oceano al debito italiano è poi certamente un fattore positivo.
    Il compito di questo Governo, che pertanto potrebbe avere più forza negoziale di quanto sembra, non sarà comunque facile. Tutti i media italiani (e quando dico 'tutti' è esattamente 'tutti': tre reti RAI, tre reti Mediaset, La7, in aggiunta a tutti i maggiori quotidiani nazionali), sono contro. La maggioranza parlamentare non è amplissima (soccorre FdI), e la 'tenuta' politica del Gruppo M5S rimane, a mio avviso, un'incognita. Insomma, non sarà facile governare.
    Però, pur perfettibile, è tutto quello che abbiamo: l'alternativa vista a partire dal novembre 2011, infatti, era quella di avere, a Palazzo Chigi, un commissario liquidatore per conto terzi.

    Non credo che si arriverà, concretamente, a un'uscita dall'euro. Molto più realisticamente, è probabile che vengano concessi, dopo trattativa, dei margini di flessibilità più ampi, di tipo francese o spagnolo. A meno che, alla fine, non sia la Germania a far saltare il banco, dopo aver mediaticamente costruito la favola che 'è colpa degli italiani scrocconi'....

    Vedremo.

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    1. Concordo sul fatto che i media siano "tutti contro". Concordo anche sulla flessibilità, anche se Cesaratto nutre dei dubbi viste le dichiarazioni/non dichiarazioni sul cammino che si vorrebbe intraprendere in tal senso.

      Sul fatto che sia le Germania a far saltare tutto potrebbe essere un'opzione per nulla campata in aria visto che l'Italia, in merito agli arrivi, si sta avvicinando all'Austria ed al gruppo Visegrad (a cui si aggiungerà la Slovenia dopo ultime elezioni se governo va in porto).

      Ulteriore terreno di battaglia sarà inoltre il discorso sul budget europeo, su cui la Merkel ha già posto paletti (si FMI europeo, no condivisione debito). Vedremo.

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  5. Oggi il già senior Advisor di Moody's e consulente Goldman Sachs, agente di riscossione dei crediti tedeschi che nel 2012 ha salvato l'Italia portando il debito pubblico al 132% del pil, in aula, rivolgendosi al pdc rievoca la troika.

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    1. L'intervento di Monti lo trovo, dal mio punto di vista, assolutamente non condivisibile.
      Dire "La troika è stata evitata, con lo sforzo di risanamento fatto all'interno del Paese, grazie a un lungo braccio di ferro con la Germania", mi ricorda tanto le posizioni di quei repubblichini secondo le quali Mussolini aveva messo in piedi Salò per salvare l'Italia ed evitare -del pari- "umiliazioni".

      Salò non avrebbe salvato (e non salvò) nulla dell'Italia. Così come dell'Italia nulla ha salvato il governo Monti (e il debito salito dal 118 a oltre il 130% del PIl parla da solo, tanto per dirne una).

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    2. Monti andrebbe espulso dal senato, se mai si introducesse un sistema per farlo, tanta era la malafede, l'ipocrisia e l’odio per la democrazia che ha caratterizzato il suo intervento.. e che in generale ha sempre caratterizzato il suo pensiero e l’azione del suo governo.

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  6. "LA FORZA NEGOZIALE ITALIANA E' RICORDARSI DELLA PROPRIA FORZA"

    Ma teniamo anche a mente che la forza è nulla senza controllo...

    Confido quindi molto nell'implacabile e rapida attuazione dello 'spoils system', specialmente alla RAI.

    http://www.treccani.it/enciclopedia/spoils-system/

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    1. Mah! Così arriveranno altri maiores domus a parlar bene del reddito della gleba e della flat tax?

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    2. Certo arriveranno altri.
      A parlare di cosa non lo so, quello che so è che sarà difficile raggiungere le vette di faziosità piddina...

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